Guida alla musica sacra – Cesar Geantă

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Cesar Geantă

Guida pratica alla musica

PREFAZIONE

La lettura di questo piccolo manuale mi ha riportato alla memoria la mia esperienza con la musica. Elemento capace di grandi benedizioni e grandi maledizioni.

Sono nato nel lontano 1941 nella colonia valdese dell’ Uruguay.

Già nel 1951, merito di ottimi insegnanti, la musica per me era un linguaggio, un piacere, e purtroppo un elemento di vanto e di esaltazione dell’ego quando mi esibivo.

Ho iniziato a studiare la fisarmonica all’età di 10 anni con una delle migliori insegnanti in Uruguay, pianista e concertista.

Suonavo musica classica con la fisarmonica. Una cosa particolare per l’epoca e per un tale strumento, che era percepito come folcloristico tuttofare.

Grazie a ciò vinsi un concorso musicale e cominciai una tournée in tutto l’Uruguay con altri concertisti classici.

Formammo un quintetto del quale ero il solista.

Continuai a fare concerti nei vari teatri e anche in TV, sui 4 canali televisivi nazionali dell’epoca.

Avevo iniziato l’università di scienze economiche e per 4 anni ho lavorato in banca. Lasciai tutto per il mio grande amore: il successo!

La musica mi richiedeva sempre più tempo, e dato che ero l’unico a fare concerti di musica classica con la fisarmonica, la mia popolarità cresceva.

Amavo morbosamente la musica per le emozioni che produceva nel cuore carnale, e la popolarità che mi dava.

Su tale scia, sono venuto in Italia nel 1967, con una borsa di studio del governo uruguaiano per perfezionarmi nello strumento.

Iniziai a lavorare su uno strumento particolare che avrebbe rivoluzionato, secondo i miei sogni, lo scenario musicale della fisarminica a piano e a bottoni.

Al termine della prima borsa di studio, il governo italiano dell’epoca me ne diede un’altra per continuare a perfezionare il prototipo di una fisarmonica capace di eseguire composizioni organistiche.

Il prototipo da me creato, aveva bottoniere indipendenti, come l’organo. Era dunque un organo portatile.

In attesa del mio sogno, da buon musicista squattrinato e sognatore, mi accontentai di insegnare musica in diverse scuole, ma dopo 9 anni, la mia presentazione del prototipo venne ignorata poichè la fisarmonica era appena stata riconosciuta come cattedra al conservatorio.

Inoltre, l’arrivo dell’elettronica distrusse i miei progetti finanziari e musicali, e rimessi i piedi a terra, abbandonai il progetto.

Dopo aver frequentato decine di denominazioni, filosofie orientali, circoli culturali e dopo varie vicissitudini, il Signore mi ha condotto verso l’avventismo, e nel 2000 sono stato battezzato.

Dopo la mia conversione pian piano mi sono reso conto della pericolosità della musica mondana mascherata dalla religiosità.

Ho notato nel corso degli anni, una progressiva decadenza della profondità del contenuto espressivo della musica di adorazione. E posso confermare in prima persona tutte le cose contenute in questo libretto.

Siamo dinnanzi ad un’azione pianificata da parte del nemico per corrompere la lode, l’adorazione e la consacrazione del popolo di Dio.

Nell’ ultimo decennio assistiamo a livello globale anche da parte di leader dei dipartimenti musicali del nostro movimento, ad un deperimento di stile e di linguaggio musicale, mascherato da testi teologicamente corretti.

Tale confusione ha un effetto deleterio sulla percezione musicale individuale e sull’esperienza collettiva dello spirito di adorazione mondanizzandone le emozioni.

Giovani, leggete questo libro per non fare i miei errori da ambizioso musicista concentrato sulla mia gloria.

Responsabili di chiesa, leggete questo libro per offrire un servizio di culto a Dio selezionando nel timore dell’Eterno, musicisti consacrati del calibro levita.

Genitori, leggere questo libro per selezionare la musica da avere in casa e da far entrare nelle orecchie dei vostri figli.

Anziani, non temete di essere marginalizzati, se indicherete ai vostri figli, nipoti, o confratelli le cose che non sono secondo la volontà di Dio. Dio ve ne renderà onore.

Che il Signore ci aiuti a rendere la musica nelle nostre chiese sempre più vicina ai cori angelici che Ellen White sentì.

Euclides Semino

Maestro di Musica

INTRODUZIONE

Questa guida può rappresentare un modesto inizio di consapevolizzazione per coloro che sono interessati agli inni religiosi, riguardo al fatto che il ruolo scatenante della potenza dello Spirito Santo è svolto principalmente dalla musica.

La Parola sacra, accompagnata da musiche divertenti, rimane senza la potenza dello Spirito Santo, e un altro spirito prende il controllo sulle emozioni del fedele, annientando la sfera della coscienza razionale.

Particolari manifestazioni del potere divino, registrate nella Bibbia, ebbero luogo in seguito a canti ispirati dallo Spirito di Dio, il che dimostra in modo evidente il ruolo primario della musica nel culto.

Satana, l’ex musicista celeste, lo sa, quindi si è sforzato, ed è riuscito, a pervertire la musica che Dio ha lasciato per benedire l’umanità caduta.

CAPITOLO 1 – IL POTERE SOPRANNATURALE DELLA MUSICA SACRA

La musica sacra, nella sua forma più pura, è una manifestazione sonora e armoniosa dell’amore divino. L’amore divino, a sua volta, è la forza che unifica e sostiene tutta la creazione al di sopra della forza di gravità o della forza di attrazione universale. L’amore, come principio, governa i mondi abitati del cosmo e sostiene la loro esistenza per l’eternità. L’amore, infatti, è alla base di tutto ciò che esiste nell’universo e si manifesta su due piani: spirituale e materiale. Sul piano spirituale: la vita e la legge morale; mentre sul piano materiale: le leggi della fisica, dell’alimentazione e della musica.

Queste affermazioni sarebbero semplici speculazioni filosofiche se non fossero supportate dalla parola ispirata dell’Eterno. Infatti, la Bibbia dichiara:

  • “Dio è amore” {1 Giovanni 4: 8, 16}.
  • “Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui”

{Colossesi 1: 17}.

  • “Poiché in lui viviamo, ci muoviamo e siamo” {Atti 17: 28}.
  • “Dov’eri tu quando io gettavo le fondamenta della terra? Dillo, se hai tanta intelligenza. […] quando le stelle del mattino cantavano tutte insieme e tutti i figli di DIO mandavano grida di gioia?” {Giobbe 38: 4, 7}.
  • “La mia mano ha fondato la terra e la mia destra ha spiegato i cieli” {Isaia 48: 13}.

La musica sacra era presente alla creazione dei mondi, dei pianeti abitati, e sarà presente anche alla ricreazione di questo pianeta ribelle, quando l’armonia dell’universo sarà ripristinata dalla distruzione del male e della morte.

  • “E vidi come un mare di vetro, misto a fuoco e, in piedi sul mare di vetro, quelli che avevano ottenuto vittoria sulla bestia, sulla sua immagine, sul suo marchio e sul numero del suo nome. Essi avevano le cetre di Dio, e cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello” {Apocalisse 15: 2-3}.

La musica sacra fu presente in tutti i grandi eventi che ebbero a che fare con il piano della salvezza per il nostro pianeta:

  • Alla creazione {Giobbe 38: 4, 9}.
  • Quando Israele passò attraverso il Mar Rosso {Esodo 15}.
  • Alla conquista di Gerico {Giosuè 6: 16}.
  • Alla ricostruzione del tempio di Gerusalemme {Esdra 3: 10-11}.
  • Alla consacrazione delle mura dello stesso tempio {Neemia 12: 27}.
  • Alla nascita del nostro Signore Gesù {Luca 2: 13-14}.
  • Al Suo ritorno {Apocalisse 19: 5-6}.

Questa musica non è di natura umana, ma di natura divina. Trae maestà dalla maestà di Dio, mansuetudine dalla Sua mansuetudine, purezza dalla Sua purezza, solennità dalla Sua solennità e immortalità dalla Sua immortalità.

Il suo potere soprannaturale non risiede nella sua struttura o nella sua interpretazione, ma nell’onnipotenza dello Spirito Santo che l’accompagna.

Ecco i passaggi che confermano questa verità:

  • Alla conquista di Gerico, lo Spirito di Profezia ci dice che le mura della città erano tenute dagli angeli con le loro mani e abbattute al suono delle trombe il settimo giorno {Giosuè 6}.
  • Di Saul ci viene detto che quando incontrò il gruppo di profeti che suonavano strumenti, “Dio gli mutò il cuore in un altro” e iniziò anche lui a profetizzare {1 Samuele 10: 9}.

Sia i santi angeli che lo Spirito di Dio accompagnano gli uomini pii quando cantano inni sacri e li aiutano nei loro bisogni attraverso opere soprannaturali.

  • Il caso del re Giosafat, presentato in {2 Cronache 20}, è significativo: “Dopo essersi consigliato con il popolo, stabilí quelli che dovevano cantare all’Eterno e dovevano lodarlo per lo splendore della sua SANTITA’, mentre camminavano davanti all’esercito e dicevano: «Celebrate l’Eterno, perché la sua benignità dura in eterno». Quando essi cominciarono a cantare e a lodare, l’Eterno tese un’imboscata contro i figli di Ammon e di Moab, e quelli del monte Seir che erano venuti contro Giuda, e rimasero sconfitti” {2 Cronache 20: 21-22}.
  • In {2 Re 3} viene descritta un’altra spedizione militare che si trovò in grande difficoltà: “Il re d’Israele, il re di Giuda e il re di Edom si misero in marcia; dopo aver compiuto un percorso intorno al deserto per sette giorni venne a mancare l’acqua all’esercito e alle bestie che li seguivano” {2 Re 3: 9}. Chiedendo consiglio al profeta Eliseo, esso egli disse loro: “«Ma ora conducetemi un suonatore». E avvenne che, mentre il suonatore arpeggiava, la mano dell’Eterno fu sopra Eliseo. Allora egli disse: Così parla l’Eterno: «Scavate molte fosse in questa valle». Poiché così dice l’Eterno: «Voi non vedrete né vento né pioggia; tuttavia, questa valle si riempirà di acqua; e berrete voi, il vostro bestiame e le vostre bestie da soma»” {2 Re 3: 15-17}. Il racconto biblico continua descrivendo come avvenne esattamente questo miracolo, determinando una grande vittoria militare contro il re di Moab.
  • Il caso di Saul, re d’Israele, è il più noto. Lo spirito maligno che tormentava la sua anima si allontanava da lui, quando “Davide prendeva l’arpa e la suonava con la mano; allora Saul si sentiva risollevato e stava meglio, e il cattivo spirito si allontanava da lui” {1 Samuele 16: 23}.

Se la musica non esprime nulla, come alcuni sostengono, perché in alcune situazioni, attraverso il canto, vengono accolti i santi angeli e lo Spirito Santo, mentre in altri casi, vengono allontanati, accogliendo al loro posto i demoni e Satana? Com’è possibile che alcune musiche abbiano effetti benefici su piante e animali, mentre altre le danneggiano? Esiste solo una spiegazione: Dio ha la sua musica ma anche Satana ha la sua musica, e l’uomo brancola tra queste due.

La composizione musicale dell’uomo (la musica dei grandi maestri) si è sviluppata a partire dal culto religioso giudaico-cristiano, e in larga misura ha conservato le qualità della musica originaria, grazie alle grandi ispirazioni, attraverso la bellezza della rivelazione e della tradizione. Per questo si chiama “musica colta”, dal culto religioso, dall’adorazione; il problema principale è che l’adorazione è stata pervertita ed è avvenuto un passaggio dalla musica sacra a quella profana, dallo spirituale al carnale, dalla solennità alla frivolezza, dalla sobrietà al divertimento. Oggi la musica sacra è trattata come un elemento decorativo, nel migliore dei casi. Si è perso il “segreto” del potere soprannaturale della musica, l’unica che può innescare le manifestazioni dello Spirito Santo registrate nella Bibbia e nella storia sacra dell’umanità.

I grandi riformatori conoscevano questo “segreto”, di cui si servirono con successo nella loro opera di rinascita e di riforma. Presenteremo alcuni dei messaggeri di Dio più rappresentativi che hanno cambiato il mondo, portando insieme alle Sacre Scritture anche la musica sacra.

  • Jan Hus e Jerome di Praga – non furono solo riformatori religiosi ma anche compositori di inni cristiani che ispirarono i credenti chiamati “fratelli moravi” nella loro lotta per la libertà sociale e la libertà di coscienza. La loro raccolta di inni rivela un alto senso di “discernimento degli spiriti” nella musica di culto.
  • Martin Lutero – è stato un bravo scrittore di inni e un grande riformatore musicale e religioso. Portò con sé due famosi compositori dell’epoca convertiti alla riforma: Ludwig Senfl e l’anziano Johann Walter. Questi due maestri compilarono le prime magistrali raccolte di inni protestanti con un’autentica musica sacra.
  • Jean Calvino – non era un musicista, ma affidò il suo movimento religioso alla musica di maestri riconosciuti a livello internazionale che adottarono la riforma ugonotta avviata dal loro amico, apportando un’eccezionale musica spirituale. Claude Goudimel e Claude Le Jeune sono i collaboratori musicali più importanti di Calvino.
  • I fratelli John e Charles Wesley – i fondatori della Chiesa metodista, non furono solo riformatori religiosi ma anche autori di inni sacri (testo e musica).
  • Dwight Lyman Moody – uno dei grandi predicatori dell’Ottocento, ebbe come collaboratori nelle sue campagne evangelistiche, musicisti professionisti di primo piano dell’innologia cristiana neo-protestante. Tra questi ricordiamo Ira D. Sankey, George Stebbins, Philip Bliss. I grandi risvegli religiosi del diciannovesimo secolo in Inghilterra e negli Stati Uniti, i più grandi dagli anni Cinquanta, devono molto alla musica sacra.

Come il contadino prepara il campo prima della semina, lo ara e poi sminuzza le zolle, così l’evangelista deve preparare il campo del cuore prima di seminare la parola di Dio. Questo viene fatto con l’aiuto della musica sacra. Un canto ispirato, con una melodia pura e celeste, può portare l’anima in un’area di pace e dimenticanza di sé o del mondo, preparandola alla semina spirituale evangelica. Se il messaggio del vangelo si trasmette solo sotto forma di educazione religiosa, a livello intellettuale, non comporterà grandi cambiamenti a livello di opere, anche se produrrà ferme convinzioni. C’è più bisogno dello Spirito Santo che di sante teorie. La musica è l’unico dono divino che può attrarre lo Spirito Santo, o respingerlo, a seconda della sua qualità. La musica esalta la Parola, solo se addolcisce anche il cuore, tuttavia, l’incoerenza tra testo e musica annulla il messaggio spirituale espresso dalla Parola.

Una particolare attenzione deve essere rivolta verso il satanismo che è stato introdotto nella musica di Dio. Gli evidenti prestiti dalla musica del grande Ribelle sono facilmente apprezzati dalla maggior parte degli amanti della musica, ma che dire di quelle allusioni nascoste del messaggio satanico che alimentano il sentimentalismo volgare e persino la sensualità mondana; ovvero quelle canzoni lascive, con un ritmo che fa ballare, con preposizioni brevi, cliché ritmico-melodici ostinatamente ripetuti, con stereotipi ritmico-melodici in simmetria, tipici della musica coreografica o da salone?

Quando il ruolo della musica viene deviato dal culto all’intrattenimento, vengono anche trascurate le piccole somiglianze tra i valori sacri e quelli satanici, che respingono lo Spirito di Dio e attirano gli spiriti maligni.

CAPITOLO 2 – I PERIODI DELL’EVOLUZIONE DELLA MUSICA CULT

  1. Ars antiqua (1160-1325). Si passa dalla musica monodica (omofonica) a quella polifonica. Compaiono la “musica mensurata” e le prime opere per più voci (mottetti).

Rappresentanti di spicco: Leonino e Perotino, Philippe de Vitry (anche a Parigi).

  1. Polifonia di Ars nova (XIV-XV secolo) e si inizia ad usare il cromatismo.

Tra i rappresentanti più notevoli: Guillaume de Machault (1300-1372, Francia) e Francesco Landino (1325-1397, Italia).

  1. Rinascimento (XV-XVI secolo). La polifonia raggiunge uno sviluppo particolare attraverso la tecnica delle imitazioni a 3, 4, 6 e più voci. Rappresentanti della polifonia rinascimentale: Johannes Ockeghem, Iacob Obrecht, Josquin des Pres, G. P. Palestrina, Andrea Gabrieli, Gesualdo da Venosa, Cl. Monteverdi, Orlando di Lasso.
  1. Età barocca (XVII secolo-metà del XVIII secolo). Segni caratteristici del barocco: grandioso, festoso. L’obiettivo è quello di riprodurre attraverso la musica l’affettività umana, il pathos delle più svariate esperienze e ricerche, in un perfetto equilibrio. Lo stile polifonico viene perfezionato.

Rappresentanti: Bach, Telemann, Händel (Germania), A. Corelli, A. Vivaldi, Locatelli, Tartini (Italia), François Couperin, J. Ph. Rameau (Francia) e Chr. Gibbons, Purcell (Inghilterra).

  1. Classicismo (XVIII secolo – 1750, anno della morte di Bach fino al XIX secolo – 1827, anno della morte di Beethoven). La musica strumentale si sviluppò in modo tale da raggiungere le vette della perfezione nelle forme di sonate, sinfonie, concerti.

Rappresentanti: Haydn, Mozart, Beethoven.

  1. Romanticismo (prima metà XIX secolo). Appaiono nuove forme musicali, come il poema sinfonico, l’ouverture del concerto, la sinfonia programmatica, la ballata, la rapsodia, il notturno, l’elegia, ecc. Caratteristiche: soggettivismo affettivo, sviluppo dell’orchestrazione. Rappresentanti: fr. Schubert, M. I Glinka, Mendelsohn Bartholdy, R. Schumann, H. Berlioz, P. Chopin, P. Liszt, G. Verdi, R. Wagner.
  1. Neoclassicismo (seconda metà del XIX secolo). È caratterizzato da un ritorno a forme classiche equilibrate, sebbene sia stato utilizzato un linguaggio romantico (armonia e orchestrazione).

Rappresentanti: Johannes Brahms, P.I. Ciajkovskij, C. Franck.

  1. Le scuole nazionali (si formano nella seconda parte del XIX secolo, nei paesi europei, sulla base del folclore nazionale).

– Russia: Gruppo dei “Cinque” – M. Balakirev, C. Kiui, M. Musorgsky, I. Borodin, R. Korsakov.

– Repubblica Ceca: B. Smetana, A. Dvořák,

– Norvegia: E. Grieg,

– Spagna: I. Albeniz, E. Granados,

– Romania: Al. Flechtenmacher, E. Caudella, G. Musicescu, T. Cerne, G. Ştefănescu, C. Dimitrescu, Gh. Dima, I. Muresianu, C. Miculi, E. Mandicevschi, C. Porumbescu, I. Vidu.

Caratteristica generale: con il linguaggio romantico si cerca di capitalizzare le intonazioni folcloristiche nazionali, utilizzando il più delle volte la “citazione folcloristica”.

  1. Sinfonia postromantica: conserva la chiarezza della forma, l’equilibrio della costruzione, il lirismo e il colore orchestrale. Rappresentanti: A. Bruckner, G. Mahler, H. Wolf, R. Strauss, M. Reger.
  1. Musica moderna:

Impressionismo – (Francia) Cl. Debussy e M. Ravel.

Espressionismo – (Austria, Vienna) Schönberg, A. Berg, A. Webern. Caratteristiche: sforza di rinnovare il linguaggio musicale utilizzando i dodici semitoni della gamma (musica dodecafonica) in serie irripetibili (serialità) oltre che per effetti extramusicali. Vengono utilizzati anche atonalismi, bitonalismi, politonalismi. Vengono utilizzate procedure matematiche, ecc.

  1. Neoclassicismo: è una risposta alle esagerazioni e al soggettivismo del post-romanticismo, nonché una reazione alle immagini sfuggenti dell’impressionismo. Si persegue la rivalutazione delle tradizioni folcloristiche.

Rappresentanti: A. Honegger, D. Milhaud, F. Poulenc, O. Messiaen, P. Hindemith, A. Cassela, O. Respighi, B. Britten.

  1. Le nuove scuole nazionali (XX secolo). Caratteristiche: Hanno portato un nuovo colore, specifico, del folclore di ogni paese. Hanno rinnovato il linguaggio musicale attraverso nuove sonorità popolari (modali) specifiche delle rispettive aree geografiche. Hanno fatto una sintesi tra la lingua occidentale e quella orientale (vedi P. Constantinescu, G. Enescu, S. Toduţă, ecc).

Rappresentanti: B. Bartok, L. Janacek, V. Novak, Szymanowski, M. de Falla. J. Sibelius, S. Rachmaninov, A. Scriabin, Glazunov, I. Stravinsky, S. Prokofiev, D. Sostakovich, D. Kabalevski, A. Haciaturian, Ch. Ives, E. Varese, G. Gershwin, D. G. Kiriac, A Castaldi, Al. Alessandrescu, J.N. Ottescu, D. Cuclin, M. Andricu, T. Rogalski, M. Jora, A. Zirra, C. Georgescu, M. Negrea, S. Drăgoi, T. Ciortea, S. Toduţă, Z. Vancea, P. Constantinescu, G. Enescu

CAPITOLO 3 – BREVE STORIA DELLA MUSICA SACRA

Nell’antichità la musica religiosa era indissolubilmente legata all’attività religiosa di adorazione, di culto, da cui prende il nome. La Bibbia è una preziosa fonte di informazioni in questo campo. Essa presenta alcuni momenti della storia del popolo d’Israele, scanditi da canti memorabili, come: il Cantico di Mosè, durante l’attraversamento del Mar Rosso {Esodo 15}, il Cantico di Debora, dopo la sconfitta di Jabin, re di Canaan {Giudici 5}, Il Cantico di Anna, la madre di Samuele {1 Samuele 2}, i salmi di Mosè, Davide, Salomone e altri compositori del Tempio di Gerusalemme.

Nel popolo d’Israele si cantava molto. Il canto era il supporto dell’educazione religiosa per eccellenza. La gioventù veniva educata attraverso canti, le cui parole richiamavano la storia tumultuosa degli antenati: i miracolosi interventi divini all’uscita dall’Egitto, i 40 anni di peregrinazione nel deserto, la sconfitta dei popoli cananei, così come anche le cronache di famiglia – le genealogie. Tutti questi elementi della storia, come anche i consigli e le norme morali, furono trascritti in musica, per essere più facili da ricordare e tramandare ai discendenti.

La fonte di ispirazione per i canti fu la natura con tutte le sue bellezze e meraviglie, esperienze religiose personali o di gruppo, e puro amore prematrimoniale (vedi il Cantico dei Cantici). Se all’inizio dell’insediamento in Canaan la musica si manifestò spontaneamente nella vita degli israeliti, insieme allo sviluppo sociale si cristallizzò un sistema educativo organizzato in cui la musica occupava un posto di primo piano.

Colui che avviò questo sistema educativo fu Samuele, attraverso le Scuole dei Profeti. Grazie a Samuele e alla sua iniziativa, il regno d’Israele fiorì a tutti i livelli: economico, culturale, artistico e religioso. L’apice di questo sviluppo fu raggiunto durante il regno di Davide (1063-1028 a.C.) e nella prima parte del regno di Salomone (1028-988 a.C.). Durante il periodo in cui questi due re regnarono, anche il canto nel Tempio di Gerusalemme era organizzato in base alla competenza e alla performance artistica. Furono selezionati i migliori strumentisti, diplomati alle Scuole dei Profeti (tra i Leviti), per il servizio alle cerimonie sacre secondo un ordine ben stabilito.

Vi erano 4000 strumentisti, di cui 288 vennero selezionati sotto la guida di Asaf, Jeduthun e Heman, come maestri permanenti, sotto la supervisione dello stesso re Davide {1 Cronache 25}. Tra gli strumenti si ricordano: cembali, liuti, arpe, flauti e trombe.

Tra la musica degli ebrei e quella dei popoli idolatri vi era una netta differenza in termini di messaggio affettivo. La musica sacra ebraica era caratterizzata da santità e solennità, mentre la musica pagana serviva solo per il divertimento e la dissolutezza.

Nel periodo profetico, prima della cattività assira e poi babilonese, si può osservare anche nella musica la decadenza spirituale del popolo di Dio.

La conformità con il mondo idolatra, sia nel culto che nella musica, portò all’alienazione da Dio di un popolo privilegiato dal cielo e, infine, alla sua distruzione.

Questo è ciò che scrive il profeta Amos, nell’anno 802 a.C.:

“Io odio, disprezzo le vostre feste, non provo piacere nelle vostre solenni assemblee. Anche se mi offrite i vostri olocausti e le vostre oblazioni di cibo, io non le gradirò, né riguarderò con favore ai sacrifici di ringraziamento di bestie grasse. Allontana da me il rumore dei tuoi canti, perché non voglio udire la musica delle tue arpe” {Amos 5: 21-23}.

I musicisti al tempo di Amos avevano rinunciato al repertorio dei salmi e avevano adottato uno stile musicale, rumoroso, più ritmico, più moderno. Se la musica dei salmi veniva cantata parlando, cioè nel ritmo della parola, sia con la voce che con gli strumenti, la musica dei popoli vicini veniva cantata con ritmi forti e con una dinamica adeguata, a seconda delle esigenze delle danze rituali. Niente di nuovo sotto il sole, oggi si ripete lo stesso fenomeno.

Pochi credenti hanno il senso di distinguere gli spiriti nell’arte dei suoni per notare che non tutti i tipi di musica si adattano al messaggio evangelico, per poter costituire un sacrificio e un culto accettevole a Dio. Il più delle volte vengono portate proprio questo tipo di offerte, vere offese rivolte alla Divinità: testi sacri intonati in modo mondano, su ritmi danzanti, amplificati artificialmente dai cosiddetti negativi, creando un’atmosfera carnevalesca.

La Parola di Dio permette solo un certo tipo di musica, ovvero quella musica che proviene proprio dalla Parola stessa.

E.G. White ascoltando la musica classica in due occasioni, ne raccomandò vivamente la promozione nelle scuole e nelle chiese avventiste come l’unica musica che gli ricordasse le armonie del cielo udite nelle sue visioni.

La musica classica, per definizione, è valida in tutte le epoche storiche e in tutte le aree geografiche, come le Sacre Scritture. Piante e animali la riconoscono, rispondendo alle sue armonie, attraverso un’accelerazione del loro metabolismo, crescita e fertilità. Solo l’orecchio perverso dell’uomo moderno non ne nota i benefici, ha bisogno di tempo e buona volontà per capirla e amarla.

È vero che nel corso di centinaia di anni la musica religiosa e la musica profana si sono compenetrate, influenzate a vicenda. La musica profana ha contribuito molto a rinnovare i mezzi espressivi della musica sacra (ritmo, armonia, forme, strumentazione), ma dopo aver superato un certo limite, si sono separate definitivamente e irrevocabilmente. Grandi compositori, che erano anche persone di fede, sapevano cosa adottare e cosa rifiutare in termini di innovazione e rinnovamento del linguaggio musicale, affinché le loro creazioni non si discostassero dall’ideale sacro del loro servizio: la gloria di Dio e la nobilitazione dell’anima umana attraverso la vicinanza al suo Creatore.

Molti degli inni, che attraverso le loro melodie hanno portato grandi benedizioni ai fedeli nel corso della storia dell’umanità, erano in origine creazioni folcloristiche.

La composizione dei primi repertori di inni protestanti di M. Lutero e dei suoi collaboratori – Johann Walter e Ludwig Senfl – è stata eseguita riprendendo alcuni noti canti popolari, a cui si sono aggiunti versi religiosi e proprie composizioni originali.

Il famoso corale Ein feste Burg ist unser Gott (Forte Rocca è il nostro Dio), originariamente, è una canzone di Meistersänger Hans Sachs,

al quale M. Lutero applicò i versi, con i quali divenne famoso in tutto

il mondo.

Anche J.S. Bach si servì di canzoni popolari tedesche, modificandone il testo, per le sue grandi opere.

(George Pascu e Melania Boţocan, Book of Music History, vol.1, Vasiliana Publishing House, Iași, 2003, pagina 160).

Quello che va sottolineato è che queste canzoni popolari usate dai grandi compositori sono ispirati ispirate dallo stesso Spirito che discende dal Padre celeste {Giacomo 1: 17}.

In tutte le culture esistono perle del genio popolare ispirate alle bellezze della natura o ai puri sentimenti di un vero amore che si prestano all’ambito della musica sacra.

Non tutti i dilettanti (e nemmeno i professionisti) sono capaci di tali prestiti. Per una giusta valutazione è necessaria non solo la formazione professionale, ma anche il raro dono del discernimento degli spiriti, di cui parla Paolo in {1 Corinzi 12: 10}.

Tornando alla musica dell’Antico Testamento, possiamo notare l’uso di melodie popolari nel canto di alcuni salmi, in quanto specificate nei loro sottotitoli (Salmo 9, Salmo 45, Salmo 56, Salmi 57-58, Salmo 60).

Le melodie dei rispettivi canti popolari erano conformi al testo letterario che, a sua volta, si ispirava all’opera di Dio. Entrambi gli elementi (melodia e testo) si inseriscono nella stessa atmosfera.

Anche i testi popolari originali erano molto diversi dal folclore odierno. L’argomento di quei testi era sobrio, di carattere filosofico, come si evince anche dal titolo. Coloro che prendono brani dal repertorio della musica d’intrattenimento contemporanea, vi applicano testi religiosi e li promuovono nella Chiesa in vari modi, non hanno alcuna giustificazione per il loro approccio, facendo riferimento alle pratiche sopra elencate. Gli esempi presentati sono tanto lontani da ciò che si fa oggi quanto il cielo lo è dalla terra. Se il genio popolare si ispira alla natura (l’opera di Dio), gli autori dei successi moderni si ispirano alla sala da ballo e ai locali notturni (l’opera di Satana).

Seguendo il filo d’oro della musica sacra, così come presentata nelle Sacre Scritture e in alcuni documenti extrabiblici, troviamo che i 150 salmi, con la loro musica, continuarono ad essere la base del canto ecclesiastico nel Nuovo Testamento così come durante il Medioevo, con influenze fino ai giorni nostri.

L’apostolo Paolo esorta i credenti di Colossesi: “istruendovi ed esortandovi gli uni gli altri con salmi, inni e cantici spirituali” {Colossesi 3: 16}.

L’apostolo Giacomo dà la stessa esortazione: “c’è qualcuno di voi sofferente? Preghi. C’è qualcuno d’animo lieto? Canti inni di lode” {Giacomo 5: 13}.

Da questi testi comprendiamo che i primi cristiani continuarono ad usare le musiche e i testi degli antichi salmi ai quali aggiunsero canti di lode e canti spirituali. Quali erano queste due categorie di canzoni? Erano nuovi inni con melodie più attraenti e più facili da memorizzare, su versi simmetrici, con un tema cristiano: lode e adorazione portati a Dio, il Signore Cristo, per il Suo sacrificio, l’esperienza della conversione, della rinascita, ecc.

Plinio il Giovane (I secolo) parla nelle sue lettere del canto antifonale dei cristiani, e Tertulliano (160-240 d.C.) cita il canto della salmodia e degli inni.

La monaca spagnola, Etheria, visitò Gerusalemme nel 385 d.C. e scrisse nel suo diario di aver ascoltato salmi, responsori e antifone.

La salmodia era il canto dei salmi, al ritmo della parola del sacerdote o del cantore. Quando ci sono anche risposte dall’assistenza, questo tipo di canto è chiamato canto responsoriale, e quando due cori o due gruppi cantano alternativamente, questo modo di cantare è chiamato antifonico. Un testo biblico conferma il canto antifonale in {Neemia 12: 24}. Il canto antifonico dei salmi non va confuso con le antifone che erano brani melodiosi, su versi misurati, composti da musicisti o con melodie tratte dal folclore.

In Siria sono nate le prime comunità cristiane organizzate e, anche lì, sono state poste le basi della musica religiosa cristiana.

Va notato un fenomeno specifico di qualsiasi sviluppo musicale, cioè l’influenza e la trasformazione del repertorio cristiano iniziale secondo l’ethos di ogni singolo popolo, insieme alla diffusione del cristianesimo nel mondo.

Una grande influenza sulla musica paleocristiana fu la cultura greca in quanto i primi paesi in cui si diffuse il cristianesimo furono dominati da questa cultura.

A Costantinopoli, l’antica Bisanzio, si sviluppò un secondo grande centro musicale, dopo quello in Siria, che irradierà la luce della musica cristiana in tutta Europa, compresa la sua parte occidentale, con l’antica capitale, Roma.

La musica bizantina è un prodotto dell’interferenza tra la musica ebraica, la musica greca e la musica delle popolazioni autoctone. Grazie alla teoria dei modi greci, l’innologia bizantina è sistematizzata su voci (echi) e sviluppata in varie forme musicali (tropi, condaci, canoni) da personaggi famosi di questo genere musicale: Anastasie, Roman Melodul, Ioan Kukuzel e altri.

In Occidente, Roma rappresentava l’unico centro culturale religioso che rivaleggiasse con Bisanzio. I vescovi di Roma si tenevano aggiornati sugli sviluppi bizantini, attraverso diplomatici che fungevano da ambasciatori. Così, la musica bizantina, insieme a quella locale occidentale, contribuì alla formazione di diversi stili di musica sacra nelle chiese di Francia, Isole Britanniche, Spagna, Germania, Italia, secondo gli stili: gallico, celtico, ispano-mozarabico, milanese (ambrosiano) e romano.

Papa Gregorio Magno fu colui che unificò tutti questi stili attraverso il suo Antifonario, facendolo diventare “l’unico repertorio ispirato dallo Spirito Santo”. L’unificazione dei repertori cattolici mirava a creare un clima spirituale comune, ciò aiutava a difendersi meglio dall’influenza della musica pagana o dalla sua penetrazione nella Chiesa.

Prima di diventare papa, Gregorio I ricoprì la carica di nunzio pontificio (ambasciatore) a Bisanzio (Costantinopoli), dove imparò il canto saltico che vi si praticava, nonché gli elementi necessari della teoria musicale.

Una volta arrivato il Pontefice Massimo, prese l’iniziativa di introdurre i 150 salmi, portati dall’Oriente, come base della liturgia cattolica universale. Così, con ordini scritti, istituì scuole di cantori (Schola Cantorum) nel paese, così come nei paesi controllati dalla Chiesa per imporre il suo Antifonario (Salterio bizantino) obbligatorio in latino. Questa musica, di estrema austerità, si chiamerà musica gregoriana, dal nome di chi l’ha promossa, e in seguito costituirà la base dell’intera cultura musicale europea, perché era vietato ai compositori trarre ispirazione da fonti diverse da quella gregoriana; l’autorità papale era universale e assoluta.

Questo ebbe anche un lato positivo, oltre al fatto che frenò a lungo lo sviluppo dell’arte musicale nel suo insieme. I musicisti dipendevano dalla chiesa ed erano obbligati a rispettare il divieto, e questo contribuiva a trasmettere la solennità e l’esigenza del contenuto affettivo della musica, impedendo che decadesse nel sentimentalismo e nella frivolezza.

Il mantenimento di questa attitudine artistica e la formazione di gusti elevati nella musica di culto europea è dovuto principalmente alla sana tradizione della musica sacra cattolica.

Per quanto riguarda la notazione musicale sia in Oriente che in Occidente, il sistema di scrittura delle melodie, fino all’XI secolo, era primitivo, impreciso, solo approssimativamente in termini di altezza e durata dei suoni.

Il monaco italiano Guido d’Arezzo (995-1050 d.C.) è colui che propone un modello preciso di scrittura dell’altezza dei suoni, su uno spartito a quattro righe. Il suo sistema si dimostrò così pratico e ingegnoso che permise uno straordinario sviluppo della teoria e della pratica musicale fino ad oggi, lasciandosi molto indietro la musica bizantina con la sua scrittura goffa e inadeguata per gli sviluppi moderni dell’arte dei suoni.

L’invenzione della partitura a quattro linee, e poi a cinque linee, facilitò

l’inclusione di un ampio registro di suoni naturali e cromatici, grazie ai tre tasti (G, C, F, il più comune dei sette tasti esistenti) e alle linee aggiuntive.

Nei secoli successivi, XII e XIII, la durata dei suoni fu specificata attraverso un’apposita grafica, all’interno della musica misurata come necessità per sincronizzare il canto polifonico.

La musica sacra passa così a uno stadio espressivo più elevato: dalla monodia (cantare con una sola voce) alla polifonia (cantare con più voci). Il canto polifonico nel servizio religioso portava maggiore attrattiva, attraverso il messaggio prevalentemente musicale a scapito del messaggio letterario che diventava tanto più inintelligibile quanto maggiore era il numero delle voci. La musica inizia ad affermarsi come fattore modellante autonomo, soprattutto attraverso la combinazione di voci umane e strumenti in mottetti e messe.

Nel XVI secolo, la polifonia vocale raggiunge l’apice del suo sviluppo attraverso i maestri della scuola italiana:

Giovanni Pierluigi da Palestrina (1526-1594),

Luca Marenzio (1553-1599),

Gesualdoda Venosa (1560-1614),

Claudio Monteverdi (1567-1643) ecc.;

Della scuola fiamminga:

Adrian Willaert (1480-1562),

Jakob Arkadelt (1504-1560),

Orlando di Lasso (1530-1594);

E quelli della scuola tedesca:

Johann Walter (1496-1570),

Johann Eckhard (1553-1611),

Hans Leo Hassler (1564-1612);

Michael Pretorio (1571-1621).

Il XVI secolo fu anche chiamato il secolo d’oro della polifonia corale. Il mottetto, la missa e il canone, forme musicali specificamente ecclesiastiche, raggiungono la perfezione attraverso la costruzione dotta delle voci, che vengono imitate, seguite, a scapito del testo letterario che diventa inintelligibile. La musica, attraverso il suo virtuosismo, diventa fine a sé stessa incidendo sul messaggio del testo sacro.

Questa crisi viene superata solo dall’emergere e dall’imposizione di un fenomeno socio-religioso che promuove una musica pragmatica, secondo le esigenze spirituali degli aderenti a questo fenomeno. Si tratta dell’apparizione della riforma di M. Lutero in Germania e nei paesi vicini, così come di quella di J. Calvino.

Martin Lutero (1483–1546 d.C.) riformò non solo la dottrina cattolica, ma anche lo stile musicale folto, sovraccaricato di voci, raccomandando lo stile omofonico del corale in cui tutta la massa dei credenti viene coinvolta, accompagnata dall’organo. In questo modo, le idee proclamate nel testo vengono comprese e diffuse tra grandi masse di persone, convertendo quante più persone possibile al movimento di riforma nei paesi cattolici.

Tutti i riformatori del XVI secolo, come Hus e Jerome nella Repubblica Ceca Boemia e come Wycliffe in Inghilterra, avevano gli stessi ideali per i quali si battevano, ovvero: il servizio divino nella lingua del popolo, l’abolizione del sistema sacerdotale, musica al servizio dell’ideologia protestante da cantare in comune, la Bibbia da tradurre e offrire ai credenti secondo il principio riformatore “Sola Scriptura”.

Martin Lutero propagò la corale, mentre Calvino e gli ugonotti francesi scelsero il salmo come forma di canto comunitario. Sia la corale che il salmo come forma compositiva sono canti semplici, facili da memorizzare, che utilizzano un accompagnamento, un’armonizzazione della melodia monodica principale, cioè l’accordo. Se per la corale si usavano note diverse e ritmi complementari, i salmi usavano solo la seconda e la quarta nota e venivano cantati senza organo.

Lutero, lui stesso musicista, collaborò con Johann Walter e Ludwig Senfl, due rinomati artisti che aderirono alla Riforma e che composero le prime raccolte di corali protestanti.

  1. Calvino, non essendo un musicista, contestava la musica strumentale della chiesa, ritenendola inadatta al servizio divino, considerando gli strumenti, a suo avviso, di Satana.

È interessante notare che Calvino beneficiava anche dell’aggregazione di alcuni famosi musicisti che stimolarono e svilupparono ad un alto livello artistico la musica dei salmi approvata dal riformatore. Dopo la partenza di Calvino dalla Francia e il suo insediamento a Ginevra, la musica ugonotta continuava ad affermarsi, grazie a questi brillanti musicisti.

Tra i più noti: Claude Le jeune, (1528-1600) Claude Goudimel, (1505-1572) e L. Bourgeois (1510-1557).

Questi geniali musicisti erano anche veri cristiani che servirono la causa di Cristo con sacrifici e sofferenze, ad esempio Claude Goudimel suggellò la propria fede con la sua stessa vita. Come pastore ugonotto, fu ucciso nel massacro della notte di San Bartolomeo, nel 1572. La maggior parte degli ugonotti erano cittadini e facevano parte dell’aristocrazia francese. La musica che praticavano era semplice, tratta da canti popolari di carattere tranquillo, il testo proveniva dai salmi, i versi erano simmetrici, divisi in sillabe e alternati in rime. L’inno “Inchinarsi a Dio”, di L. Bourgeois, è un tipico salmo ugonotto.

I rispettivi salmi non venivano cantati solo in chiesa, ma anche al lavoro, nelle officine, a casa, in famiglia, così come quando ci si difendeva nelle battaglie, o durante le guerre di religione contro i cattolici.

Sia la corale protestante che il salmo ugonotto furono usati dai grandi compositori dell’epoca (Johann Walter l’Anziano, Ludwig Senfl, Claude Lejeune, Claude Goudimel, nonché da quelli successivi).

J.S. Bach elaborò centinaia di corali tedesche e salmi ugonotti, da queste modeste melodie creò veri e propri capolavori, arricchendo grandemente il repertorio per organo e coro con opere di riferimento.

Anche Felix M. Bartholdy si ispirò dai salmi e dalle corali protestanti. I suoi salmi con accompagnamento orchestrale e organo seguono lo stesso orientamento verso la solennità, il lirismo e la chiarezza delle idee musicali. Nella sinfonia V in re RE maggiore, “Riforma” – cita la corale “Forte Rocca è il nostro Dio” che sviluppa apaticamente con mezzi sinfonici, creando un’atmosfera festosa e celebrativa di gratitudine a Dio.

A ragione, si dice che tutta la musica sinfonica dei grandi classici tragga il suo succo dalla musica protestante e soprattutto dalle corali di J.S. Bach.

La musica della Riforma del XVI secolo influenzò anche l’innologia neoprotestante del XIX secolo nel Nuovo Mondo. I primi coloni americani portavano con sé l’amata musica dei salmi e delle corali come un tesoro inestimabile, la cantavano negli incontri di culto e nella vita quotidiana, mentre lavoravano la terra o nelle officine. Era il loro sostegno morale nella condizione di pellegrini in cui si trovavano a causa delle persecuzioni cattoliche nel vecchio continente. Le successive generazioni di compositori ispirarono proprio a questo repertorio quando sentirono il bisogno di rinnovamento e diversificazione nella musica sacra battista, metodista, presbiteriana, ecc.

Ecco l’elenco dei compositori neoprotestanti che hanno posto le basi dell’innologia evangelica in ordine cronologico:

Thomas Hastings (1784 – 1872) “Guarda nelle nuvole, Egli ritorna”

Lowell Mason (1792 – 1872) “A chi mi rivolgerò”

William Bradbury (1816 – 1858) “Così qual sono”

George F.Root (1820 – 1895) “Vieni a Gesù oggi – non tardare”

Willian H. Monk (1823 – 1881) “Rimani con noi”

John B. Dykes (1823 – 1876) “Grande sei tu, Signore!”

Robert Lowry (1826 – 1899) “Desidero la tua presenza”

William Doane (1832 – 1915) “Oh Gesù, che nome dolce”

William J. Kirkpatrick (1838 – 1921) “Lascia che le lampade ardano”

Phoebe P. Knapp (1839 – 1908) “Quanto sono felice ad avere Gesù”

J.D. Sankey (1840 – 1908) “Con Gesù trovai la santa pace”

James Mc.Granaham (1840 – 1907) “Oh, che gioia indicibile”

George Stebbins (1846 – 1945) “La tua volontà, Signore!”

James E. White (1849 – 1928) “Come sorgente d’acqua viva”

Daniel B. Towner (1850 – 1919) “Ovunque con Gesù”

Edwin Excell (1851 – 1921) “Vieni alla scuola del sabato”

Franklin Belden (1858 – 1945) “Anche se non sappiamo quando”

Leila N. Morris (1862-1929) “Deh più vicino”

Grand C. Tullar (1869 – 1945) “Veder Cristo faccia a faccia”

Questo elenco potrebbe essere completato con altri nomi di pregevoli compositori di inni neo-protestanti. Ci siamo soffermati sui più noti tra di loro, e i titoli citati accanto a ciascuno appartengono ai traduttori rumeni, poiché compaiono nelle raccolte di inni della Chiesa Avventista del Settimo Giorno in Romania.

L’innologia neo-protestante si è sviluppata, in larga misura, negli Stati Uniti a causa del fatto che qui in essi si sono create le condizioni sociali e spirituali più favorevoli. In nessun altro luogo del mondo si sono radunate così tante forze creative, e nessun paese cristiano ha incoraggiato la creazione di questo tipo di musica, così come è avvenuto negli USA.

Fin dalla sua fondazione, l’America protestante ha creato leggi ferme in materia di libertà di coscienza, separazione tra Chiesa e Stato, diritto di associazione, ecc., elementi che assicuravano il quadro ottimale per lo sviluppo della religione, sotto le più svariate dottrine cristiane.

È sorprendente che i giornali americani del diciannovesimo secolo, così come varie case editrici, pubblicassero regolarmente testi di inni in circolazione di massa, da cui i compositori attingevano per scrivere gli inni, rendendo sempre più vario il repertorio degli inni.

Le campagne di evangelizzazione, le crociate, come venivano anche chiamate, stimolarono la creazione di inni, perché i leader musicali di queste crociate incoraggiavano coloro che avevano talento poetico a scrivere versi da pubblicare e cantare dal coro che accompagnava l’evangelista.

È il caso del grande predicatore D. L. Moody che prese come suoi collaboratori musicali alcuni dei più validi compositori di inni per garantire la parte musicale dei programmi di evangelizzazione, con la musica più ispirata possibile.

Successivamente, presenteremo i nomi degli autori di versi più noti del patrimonio innologico neo-protestante, in generale, nonché il loro contributo allo sviluppo di questo genere letterario.

  1. Isaac Watts (1675 – 1748) fu chiamato il padre dell’innologia inglese. Discendente da una famiglia ugonotta, pubblicò: Hymns and Spiritual Songs (1707) e Paraphrasing the Psalms of David (1719).
  2. Charles Wesley (1708 – 1788) pastore metodista inglese, scrisse oltre 6500 inni (testi e anche alcune canzoni).
  3. William Williams (1719 – 1791) scrisse oltre 800 inni.
  4. Fances (Fanny) Crosby (1820 – 1915) – scrittrice americana cieca, una delle personalità più famose del settore. Ha collaborato con famosi compositori evangelici:

George Root, William Doane, W. Kirkpatrick.

  1. Horatio Gates Spafford (1828 – 1888), autore dell’inno When I Have Peace of God, musica di Philip Bliss. Questo inno è stato scritto in seguito alla perdita di quattro figlie in un naufragio, dopo la morte di un altro figlio e l’incendio della sua casa. È un inno di un’ispirazione celeste che l’ignorante e gli ignoranti la deformano e la profanano in ogni modo.
  2. Daniel Webster Whittle (1840 – 1901) collaborò con i musicisti di inni Ph. Bliss e James McGranaham, nonché con l’evangelista D. L. Moody. Scrisse più di 200 inni.
  3. Iulia H. Johnston (1849 – 1919) scrisse 500 inni.
  4. Johnson Oatman (1856 – 1922), è considerato il più grande

prolifico scrittore di inni (paroliere). Era un ministro metodista americano e scrisse 3000 inni, collaborando con compositori come: C. H. Gabriel, W. J. Kirkpatrick e Edwin Excell.

  1. Leila N. Morris (1862 – 1929) scrisse oltre 1000 inni.
  2. Thomas O. Chisholm (1866 – 1960), sacerdote metodista, che scrisse 1200 poesie e inni.
  3. James Rowe (1865 – 1933), uno dei più prolifici scrittori di inni (19.000 inni).

Come nel caso dei compositori, questo elenco può essere notevolmente ampliato aggiungendo altri nomi. Ho presentato gli autori più noti, soprattutto per la loro collaborazione con noti musicisti del mondo neo-protestante. Ciò che accomuna questi uomini di Dio è l’autenticità dei sentimenti espressi nei versetti, la sincerità del messaggio spirituale e la chiarezza dell’espressione poetica.

La maggior parte di questi inni sono stati scritti in seguito ad alcune delle esperienze di vita più dolorose, frutto di tumulti, delusioni, ma anche soluzioni attraverso il potere della fede nelle promesse divine. Questo è l’unico modo per spiegare la loro eccezionale vitalità, la bellezza melodica e la profondità della musica ispiratrice attraverso la quale hanno conquistato migliaia di anime per Cristo. Questo spiega gli incredibili successi registrati dai grandi evangelisti: Dwight L. Moody, George Whitefield, John Wesley, Charles Wesley, Billy Graham, ecc. Hanno capito che tipo di musica è compatibile con l’opera dello Spirito Santo e che tipo di musica ha effetti opposti.

Moody aveva come partner nel lavoro missionario musicisti professionisti e veri cristiani che assicuravano la guida corale e l’acquisizione di inni di alto livello artistico. Queste affermazioni si basano sulla qualità del repertorio da loro promosso e che è conosciuto grazie alla sua successiva diffusione, diventando un bene spirituale comune a tutte le denominazioni neo-protestanti. Ecco, a seguire, i compositori che hanno collaborato con D.L. Lunatico: Moody:

Ira Sankey (1840 – 1908), direttore musicale di Moody’s per 25 anni, George Stebbins (1846 – 1945) collaboratore di Moody’s per 25 anni, Daniel B. Towner (1850 – 1919), Philip Bliss (1838 – 1877).

I compositori di inni non hanno l’ampiezza e la portata dei grandi classici della musica universale, perché le dimensioni di un inno non possono essere paragonate a quelle di una sinfonia o di un concerto strumentale. Tuttavia, le loro influenze sull’anima umana vi possono essere paragonate.

La musica sinfonica, o vocale-sinfonica (cantate, oratori) si rivolge per eccellenza a un ristretto gruppo di ascoltatori, iniziati al linguaggio musicale accademico, mentre l’inno si rivolge a persone semplici, oltre che alle élite, grazie all’accessibilità del messaggio musicale-letterario.

Un inno con musica ispirata, perenne, con un forte messaggio evangelico può commuovere un cuore indurito, rendendolo ricettivo alla chiamata dello Spirito Santo, mentre una sinfonia potrebbe essere inefficace in questi casi.

Presenteremo i principali autori di inni, con brevi dettagli biografici.

  1. Thomas Hastings (1784 – 1872), compositore americano, figlio di un medico, autore di un numero impressionante di opere destinate all’attività religiosa. Ha composto musica per 1000 inni e 600 testi di inni. Fu un buon cristiano e un diligente propagatore dell’arte ecclesiastica tra i giovani. Ha pubblicato: Holy Music (1816) Musical Taste (1822) e Spiritual Songs for social Worship (1831 – 1832) – assistito da Lowell Mason, The Christian Psalmist (New York – 1836), Devotional Hymns and Poems (1850) e Church Melodies (1858).
  2. Lowell Mason (1792 – 1872), uno dei più importanti propagatori di autentica musica sacra sul suolo americano. Studiò musica con il professore tedesco Frederick L. Abel, che fondò l’Academy of Music di Boston nel 1833, insieme al musicista A. J. Showalter. Nel 1851 fece un tour in Europa, visitando le città di Lipsia e Dresda. Ha una musica solenne, di influenza tedesca. È l’autore del famoso inno Closer to You, God. Ha pubblicato 130 libri di musica.
  3. William Monk (1823 – 1889), compositore inglese, organista presso la St. Peter’s Church, a Londra, autore dell’inno Abide with us, O caro Salvatore. Questo inno è stato dichiarato il più popolare, su 400.000 inni cristiani nel mondo, dopo un sondaggio fatto negli Stati Uniti. l’inno Closer to You, God, era al secondo posto! di Lowell Mason. Lavorò anche come direttore del coro della chiesa, pubblicò il volume Hymns Ancient and Modern – London (1861).
  4. William H. Doane (1832 – 1915), compositore americano, collaboratore di F. Crosby. Ha composto oltre 2000 canzoni, è stato un eccellente inventore, editore e uomo d’affari.
  5. Edwin O Excell (1857 – 1929), compositore americano di inni. All’età di 20 anni divenne insegnante di musica e iniziò un viaggio in giro per il paese per fondare scuole di musica. È stato collaboratore dell’evangelista Sam Jones per 20 anni. Ha composto oltre 200 inni e pubblicato 50 libri.
  6. Daniel Towner (1850 – 1919) era a capo del Dipartimento di Musica del Moody Bible Institute – Chicago. Dal 1883 ha formato centinaia di giovani a servire il culto attraverso la musica. Ha pubblicato 14 volumi di inni raccolti e alcuni composti da lui. Ha collaborato con Moody. È autore di 2000 canzoni.
  7. Philip Bliss (1838 – 1876) morì prematuramente all’età di 38 anni, in un incidente ferroviario, insieme alla moglie. Se avesse lasciato solo l’inno di cui sopra, sarebbe rimasto ancora nella storia della musica sacra come uno dei compositori più ispirati. Ha pubblicato: The Charm (1879), The Song Tree (1872), The Sunshine (1873), The Joy (1873), Gospel Songs (1874), Gospel Hymns and Sacred Songs (1875).

Compositori avventisti americani:

  1. James E. White (1849-1928). Uno dei figli di James ed Ellen G. White.
  2. Franklin Belden (1858 – 1945) è il nipote di E.G. White.

Compose decine di inni, alcuni dei quali compaiono in raccolte di altre denominazioni, per il loro valore musicale.

CAPITOLO 4 – LA BIBBIA E GLI STRUMENTI UTILIZZATI NELLA MUSICA SACRA

I documenti scritti o iconografici dell’antichità mostrano il ruolo importante della musica, nelle cerimonie di culto dei vari popoli antichi, così come nella loro vita quotidiana. La più antica fonte di informazioni scritte sulla storia della musica universale è la Bibbia o la Sacra Scrittura. In essa troviamo scritto di un nipote di Caino, di nome Jubal, che era “il padre di tutti quelli che suonano la cetra e il flauto” {Genesi 4: 21}.

La musica era ed è usata sia dai servi di Dio che dai servi di Satana, costituendo uno dei più potenti fattori plasmanti dell’uomo, nel bene e nel male, a seconda del carattere della rispettiva musica.

Quando Dio scelse un popolo da educare per la salvezza, gli diede anche una musica adatta a questo progetto, una musica diversa da quella della musica pagana, idolatrica.

L’organizzazione dei servizi divini comprendeva anche l’organizzazione della musica religiosa. Questa organizzazione è composta da:

  1. Formazione di cantanti e strumentisti professionisti tra i leviti. Il loro talento musicale e la loro conoscenza dovevano essere raddoppiati da una grande devozione per la causa di Dio {Esodo 32: 26}.
  2. Gli strumenti musicali dovevano essere tra i più nobili che esistessero allora nella pratica musicale dell’epoca, così come il materiale di cui erano fatti.

Ecco gli strumenti usati ai tempi di Davide e i materiali con cui erano realizzati: arpe, liuti, timpani, flauti, trombe, cembali, tamburi.

Materiali menzionati nella Bibbia: legno di sandalo, oro, argento, cipresso {2 Cronache 9: 11; 2 Samuele 6: 5; Numeri 10: 12; 1 Re 10: 11-12}.

In {1 Cronache 23: 5} è specificato il numero di strumentisti attivi al tempo del re Davide: 4000 leviti, di cui 24 formazioni composte da 12 strumentisti d’élite, che affiancavano il coro. C’erano un totale di 288 strumentisti divisi in 12, in due orchestre, che cantarono insieme a due cori “faccia a faccia” in stile antifonale {Neemia 12: 24}.

Il modo di cantare i salmi era all’unisono, cioè sia gli strumentisti che i cantanti intonavano la stessa melodia con una sola voce. Il canto a più voci apparve molto più tardi, solo nel XII secolo dopo Cristo.

Dai resoconti biblici si deduce che la strumentazione della musica religiosa era piuttosto modesta per il fatto che la tecnica costruttiva era rudimentale. Tuttavia, l’impressione artistica e visiva di quell’insieme era magnifica per il gran numero di esecutori (coro e orchestra) e per il materiale con cui erano costruiti i rispettivi strumenti. La diversità timbrica che componeva tutto il suono risultante dal loro abbinamento non va trascurato né per gli strumenti a pizzico (liuto, arpa, cembalo), né per gli strumenti a fiato (trombe, flauti) e neanche per gli strumenti a percussione (timpani).

Seguendo la musica strumentale in tutta la sua evoluzione, nel corso dei secoli, fino ad oggi, notiamo una costante diversificazione e miglioramento da un’epoca all’altra, insieme alla tecnica costruttiva. La musica sacra selezionava tutto ciò che era più nobile in questo arsenale musicale tecnico e adottava una strumentazione che garantisse il massimo profitto spirituale.

Ecco l’apparato orchestrale impostato dai più grandi musicisti che hanno

servito quest’arte, portandola a vette mai viste prima, in tutta la storia dell’umanità:

  1. La famiglia degli strumenti ad arco e a corda: violino, viola, violoncello, contrabbasso.
  2. La famiglia degli strumenti a fiato: flauto, oboe, clarinetto, corno inglese, fagotto.
  3. La famiglia degli ottoni: tromba, trombone, tuba.
  4. La famiglia degli strumenti a percussione: il timpano, le bacchette, il triangolo, le campane.
  5. La famiglia degli strumenti a tastiera: organo, pianoforte, clavicembalo, celesta.

La musica sacra ha adottato tutta questa moltitudine di strumenti come i migliori in grado di esprimere il sentimento religioso. Gli aderenti alla musica ritmica nella Chiesa si affidarono al fatto che anche gli strumenti a percussione sono raccomandati nella Bibbia: tamburi, timpani, cembali. {Salmo 81: 2; Salmo 150: 4-5}.

Tuttavia, questi strumenti avevano un ruolo decorativo per enfatizzare alcuni momenti nello svolgimento della melodia e della storia, non avevano affatto un ruolo principale e dominante, come accade nella musica di intrattenimento. Come facciamo a saperlo? Dai resoconti scritti degli storici antichi che specificano il fatto che i salmi venivano cantati in stile responsoriale e antifonico, a ritmo con la parola.

Gli strumenti a percussione si possono trovare ancora oggi nella musica sacra, con effetti benedetti, senza attirare l’attenzione in modo ostentato o anche meno dominante.

Ad esempio, Bach usava i timpani nelle sue cantate; Haydn, Mozart, Beethoven, usano tamburi e timpani, nei loro capolavori senza snaturarne il carattere nobile o addirittura drammatico. Tutto dipende dal ruolo affidato a questi strumenti. Spesso sentiamo la domanda: possiamo presentare nella Chiesa strumenti diversi da quelli dedicati all’orchestra sinfonica, strumenti popolari: fisarmonica, armonica, cembali, o altri provenienti dall’ambito della musica profana come la chitarra elettrica, il sassofono, ecc.?

Ogni credente potrebbe rispondere a queste domande da solo. L’apostolo Paolo diceva: “quand’ero bambino, parlavo come un bambino, avevo il senno di un bambino, ragionavo come un bambino; quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino” {1 Corinzi 13: 11}.

Per l’infanzia musicale sono ammessi tutti gli strumenti, compresa la foglia, il flauto e altri oggetti che emettono suoni, ma sarebbe meglio conservare queste infanzie nelle nostre case. Sono utili ai principianti per avvicinarsi agli strumenti ideali, come pratica per essere in grado di suonare musica magistrale. Ma possiamo suonare o cantare in Chiesa solo quando siamo maturati artisticamente. Poiché è normale portare al nostro Padre celeste il sacrificio più elevato possibile in termini di contenuto e forma di presentazione.

L’ideale, nel culto attraverso la musica, non può essere realizzato a meno che non vi sia più valore nella qualità della musica e dell’interpretazione.

Certo, il nostro Signore riceve anche sacrifici amatoriali, con interpretazioni zoppicanti, ma questo non dovrebbe essere l’ideale accettato.

Lo spirito, la sincerità e i vincoli che guidano la nostra offerta musicale sono essenziali, ma non dimentichiamo la verità che non tutti noi siamo dotati per tale attività e che sono necessari ascoltatori competenti oltre che artisti praticanti.

La musica realizzata da bande di ottoni può essere collocata tra il genere divertente e il genere sinfonico. Oppure come musica militare, può essere accolta nella sua forma tradizionale nel repertorio specifico di: marce, valzer, pot-pourri, ecc. Tuttavia, resta inteso che, in questo caso, il suo posto è sul palcoscenico dei giardini pubblici o dei cortili dei reggimenti.

Ma per soddisfare le esigenze della musica sacra, deve essere affidata ad essa musica di sostanza religiosa, con un’adeguata orchestrazione e interpretazione. Sincopi, controtempi, cromatismi e ritmi eccessivi, tutti questi elementi caratteristici devono essere rimossi e devono essere introdotti quelli propri della musica spirituale. Per elementi propri della musica spirituale si intende: il passaggio dal pianissimo al forte in modo sottile, imitando il suono di un organo o un suono corale, mettendo il ritmo al servizio dell’espressività di frasi musicali, melodie tranquille, senza inutili ornamenti, accuratezza stilistica, sobrietà. Resta inteso che questi arrangiamenti orchestrali devono essere eseguiti da uno specialista qualificato nel campo.

CAPITOLO 5 – LA MUSICA NEL CULTO E NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI

La musica profana, folk o ambient, come viene anche chiamata, è diventata molto di voga nella società contemporanea a tal punto che non puoi sfuggirvi nemmeno in chiesa. I giovani, fin troppo ripieni di questo tipo di musica, la promuovono grandemente in attività sacre con l’indignazione dei genitori e dei nonni conservatori.

È molto strano che questi ultimi, non osando protestare, per motivi di imbarazzo, o per paura di diventare ridicoli, non disponendo nemmeno di argomenti musicali necessari, comincino gradualmente ad abituare il loro udito a quelle produzioni musicale che detestano, fino ad amarle!

È così che la musica profana religiosa guadagna terreno, sostituendo i vecchi inni d’inestimabile patrimonio ecclesiastico con un surrogato a buon mercato e nocivo, che, invece di purificare, diverte i fedeli, illusi di lodare Dio a causa dei testi, quando in realtà sono esattamente come ogni altro tipo di spettacolo profano. I primi passi passano inosservati, introducendo nel servizio divino piccole allusioni sonore, certe formule ritmico-melodiche del repertorio divertente, dopodiché seguono passi più grandi quando si riprendono interi canti profani a cui si adatta il testo religioso.

In alcune chiese neo-protestanti si pratica senza ritegno una vera ebbrezza di questo vino babilonese. Se accendi la radio sulla lunghezza d’onda che trasmettono queste chiese, o se acquisti una cassetta con musica cosiddetta religiosa intestata trasmessa alle radio cristiane, rimarrai sorpreso di trovare nuovi generi di musica religiosa al posto di quelli tradizionali. Non ascolterai più gli inni solenni del passato, né i salmi, né le corali, ma folk cristiano, rock neo-testamentario, blues neo-protestante, romanzi zingaro-apostolici, valzer evangelici, ecc., tutti con testi religiosi sul sacrificio di Gesù in croce, sul Suo ritorno, sul pentimento, sulla salvezza, ecc.

Rockers, chitarristi e artisti folk sono entrati nelle Chiese, e qui vi cantano dicendo di lodare il Signore; e sono scomparsi: il diacono musicale, il cantore o la cappella. In effetti, anche i cori sono in via di estinzione. Sono preferiti i solisti, gruppi speciali accompagnati da chitarre e organi elettronici o, più semplicemente, accompagnati da negativi, secondo il modello americano. Perché così? È più pratico, più interessante, più moderno. La musica classica di valore richiede ripetizione, bisogna essere professionali, avere un’alta qualificazione e tanto sacrificio. La musica divertente è molto più facile da eseguire.

Con l’adozione del nuovo modo di servire attraverso il canto, cambiano anche gli ideali dell’interpretazione. Si cercano strani suoni sorprendenti per l’udito. Ci sono eccessi nella pronuncia, deformando e forzando alcune vocali, suoni nuovi, inauditi si cantano con nuovi timbri e grazie all’elettronica si inventano accordi amalgamati e scioccanti, bombardando l’orecchio di cosiddette novità, per stupirne il cuore carnale. Ma in realtà non sono in grado di toccare quelle corde interiori dell’anima che hanno a che fare con la santificazione della vita. Soddisfano solo la curiosità, deliziano la natura terrena, la divertono e i bisogni spirituali rimangono irrisolti. Questi bisogni sono: fame e sete di purezza, santificazione, comunione con Gesù. L’anima deve uscire dalle miserie quotidiane, non può essere raggiunta attraverso musica divertente, non importa quanto nuova essa suoni. Gli accompagnamenti registrati, i negativi, per quanto sofisticati possano essere, non possono riempire il vuoto dell’anima, essendo asciutti, senza sostanza, senza contenuto perenne, impressionano solo l’orecchio esterno, senza toccare il cuore. Per raggiungere il cuore, la musica deve essere ispirata da Colui che conosce i segreti della composizione del cuore, e la via dell’interpretazione deve essere sulla stessa lunghezza d’onda della musica.

Esistono due gravi errori di pensiero nell’uso della musica:

  1. La musica classica seria è per gli anziani, i giovani hanno bisogno di musica più “frivola” [divertente o mondana]!
  2. Proprio come non adoriamo tutto il tempo, così non dovremmo ascoltare musica seria tutto il tempo.

Per rispondere all’errore del punto 1, abbiamo come argomento l’età dei compositori più geniali che siano stati in grado di generare la musica più matura, proprio in giovane età.

G.B. Pergolesi (1710 – 1736), visse solo 26 anni. Compose il capolavoro Stabat Mater, una delle musiche religiose più profonde e potenti mai scritte. Compose anche messe e sonate per la Chiesa, ugualmente nobili e stimolanti.

W.A. Mozart (1756 – 1791), visse 35 anni. Realizzò una musica solare, elegante, di un’ispirazione del tutto eccezionale. Il suo requiem eccelle in solennità, dramma commovente, tristezza struggente, umiltà esistenziale.

Franz Schubert (1797 – 1828) visse 31 anni.

F.M. Bartholdy (1809-1847) visse 48 anni.

  1. Schumann (1810 – 1856) visse 46 anni.

K.M. von Weber (1786 – 1826) visse 40 anni.

Fr. Chopin (1810 – 1849) visse 39 anni.

J.S. Bach (1685 – 1750) visse 65 anni, ma all’età di 35 anni compose le sue più importanti sonate per violino e violoncello. I Concerti di Brandeburgo furono composti all’età di 32 anni e il capolavoro Matthaus Passion all’età di 44.

Per l’errore del punto 2 c’è l’argomento della coerenza. Non puoi essere una persona spirituale solo in chiesa, mentre a casa sei mondano. In chiesa ascolti musica sacra e di qualità e a casa ascolti musica mondana e frivola. Un uomo, iniziato al linguaggio della Grande Musica, non sopporta più la musica a buon mercato, dedita a chi ha gusti ignoranti.

Fare musica, ha detto J.S. Bach, soprannominato “il 13° Apostolo”, è un atto di adorazione. Rifiutò di cantare opere dubbie, per non compromettere l’adorazione del Vero Dio. Ha preso sul serio il testo: “Non cessate mai di pregare” {1 Tessalonicesi 5: 17}.

Ma anche suonare la musica è un atto di adorazione. L’apostolo Paolo scriveva ai Corinzi: “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra cosa, fate tutte le cose alla gloria di Dio” {1 Corinzi 10: 31}. Secondo questo testo potremmo anche dire: “se ascoltiamo o leggiamo musica, dovrebbe essere per la gloria di Dio”.

Qualsiasi produzione letteraria o musicale trae la sua ispirazione direttamente o indirettamente, più vicino o più lontano, da Dio o da Satana. La maggior parte delle opere sono miste.

Proprio come gli alberi sono conosciuti dai loro frutti, così i prodotti spirituali sono conosciuti dai loro effetti. Esistono anche libri di letteratura innocua e divertente, così come vi è musica allegra, felice, rilassante, ma sia la letteratura che la musica di questo tipo devono avere una caratteristica obbligatoria comune: la moralità.

Questo è ciò che la madre di John Wesley gli raccomandava quando era studente all’Università di Oxford: “Se vuoi sapere quali piaceri e divertimenti sono buoni e quali no, cercali secondo questa regola: qualunque cosa indebolisca la tua mente o sminuisca il tuo vigore di coscienza, che oscuri la tua comprensione per le cose divine e ti tolga il gusto, il piacere per le cose spirituali, sì, qualunque cosa accresca il potere del corpo sull’anima, questi saranno peccati per te”.

Verso la fine del XIX secolo, gli inni evangelici (che promuovono il vangelo) declinarono a causa dell’influenza della musica mondana che penetrò massicciamente nelle chiese neo-protestanti.

Insieme a questo declino, si perdette la solennità dei sermoni e dei servizi divini, in generale. È il periodo della competizione tra i predicatori popolari per il numero di ascoltatori, per celebrità ed efficienza missionaria, a tutti i costi. La stampa dell’epoca riporta ogni genere di curiosità praticata dai protagonisti della parola e della musica.

Vengono avviati concorsi tra i cori per vedere quale è più bravo nel canto o quale presentava un repertorio più elettrizzante. Vennero introdotti elementi teatrali sui palchi e sui pulpiti, per illustrare meglio le predicazioni: agnelli di gesso, croci, martelli, chiodi, sedie da frantumare con l’ascia, ecc.

La teatralità e l’umorismo dei relatori rendevano questi raduni dei veri e propri spettacoli di intrattenimento dove risate e applausi come lo erano nei teatri.

Anche gli elementi satanici fanno spettacolo. I ritmi esacerbati della musica prendono il controllo delle masse di credenti che battono mani e piedi al ritmo dei tamburi. Il corpo ondeggia allo stesso ritmo, fino a crollare.

Una volta che la folla è caduta a terra, si dichiara che il raduno è controllato dallo Spirito Santo. I corpi, dominati da spasmi e tremori, rotolano in modo tale che un testimone oculare dichiara che “non si sapeva più di chi fossero le mani e i piedi, nello sconvolgimento generale”. Nelle tende adiacenti, dopo il tramonto, si verificavano atti di immoralità tra i giovani.

Tale manifestazione ebbe luogo anche nella chiesa Avventista del Settimo Giorno a Muncie (1900), nello stato dell’Indiana, quando inconsciamente venivano cantati inni satanici in una tenda, accompagnati da tamburi, organo e ottoni. Questo era un repertorio preso in prestito dai leader musicali che introdussero nel programma per renderlo più “attraente”. Presero una raccolta di canti profani dal carattere licenzioso, ma con testi religiosi adattati e li introdussero nel repertorio della chiesa. La collezione si chiamava “Giardino con le spezie”. Il risultato fu che Satana rivendicò il diritto d’autore, prendendo possesso dell’intera congregazione, migliaia di anime che tremavano e rotolavano sul pavimento, si disse essere una manifestazione dello Spirito Santo.

  1. White dichiarò che erano gli spiriti e i poteri satanici a controllare l’intera assemblea in quell’occasione. Ecco cosa ha scritto dall’Australia, dove si trovava in quel momento: “Il Signore mi ha mostrato che le cose che mi hai detto, accadute in Indiana, accadranno anche prima della fine del tempo di grazia. Ci saranno tutti i tipi di strane manifestazioni, grida e tamburi, musica e balli. Le menti degli esseri razionali diventeranno così confuse che non gli permetteranno di essere in grado di prendere decisioni corrette. Un frastuono assordante disturba il pensiero e altera quegli attributi che, se usati correttamente, potrebbe essere una benedizione. Il potere degli strumenti satanici si combina con i rumori e il trambusto, creando un’atmosfera carnevalesca, e questo fatto è considerato opera dello Spirito Santo. Cose che sono successe in passato accadranno in futuro. A proposito, Satana farà della musica una trappola.

Non permettiamo la presentazione di programmi strani, che non fanno altro che distrarre la mente dalle profonde emozioni provocate dallo Spirito Santo. L’opera di Dio è sempre stata caratterizzata da quiete e dignità” (Messaggi Scelti Vol. 2, 1908, pag. 38-39, 42).

CAPITOLO 6 – PRINCIPI TEORICO-PRATICI NELLA SCELTA DEI VERI VALORI MUSICALI

Motto: “Il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero vostro spirito, anima e corpo siano conservati irreprensibili per la venuta del Signor nostro Gesù Cristo” {1 Tessalonicesi 5: 23}.

Da questo testo biblico si comprende che l’uomo ha una costituzione tricotomica, a differenza degli altri mammiferi che sono dicotomici.

L’essere umano non è solo materia, ma anche affettività e spiritualità. Il corpo umano è solo la parte visibile della sua personalità; il vero “io” è nascosto alla vista fisica perché le emozioni e il pensiero sono un mondo segreto, intimo che vive in uno spazio diverso da quello tridimensionale, cioè nel trascendente. Il Signore Gesù, il Cristo, il Creatore e Salvatore di questa meravigliosa macchina, ha detto a un certo punto: “il regno di Dio è dentro di voi” {Luca 17: 21}, ma può essere valida anche l’alternativa: “il regno di Satana è dentro di te”. Tutto dipende dalla fonte a cui è connesso l’uomo, nel suo cuore, cioè dal cibo spirituale che riceviamo e dal maestro che abbiamo scelto.

Se gli antichi filosofi greci rappresentavano l’essere umano secondo un modello dicotomico, corpo e anima, la Bibbia, Verbo di Colui che ha creato questa creatura “così meravigliosa” {Salmo 139: 14}, ci presenta un modello ontologico completo: “a sua immagine Dio” {Genesi 1: 27}, corpo, anima e spirito. Il concetto pagano vedeva nell’uomo un’anima immortale, imprigionata in un corpo deperibile, tenuta prigioniera fino al “distacco”, al momento della morte fisica, dopodiché decolla verso le sfere celesti, mentre la Bibbia ci insegna che l’anima è mortale come lo è il corpo, così anche lo spirito; che questi tre elementi si completano a vicenda, sono inseparabili e si influenzano a vicenda e si mescolano, formando un’unica entità.

Cos’è l’anima? L’anima è il centro delle emozioni, dell’affettività, dei sentimenti non controllati dalla ragione, del subconscio. Testo biblico: “L’anima mia è profondamente triste, fino alla morte” {Matteo 26: 38}.

Cos’è lo spirito? Lo spirito è il centro della ragione, della volontà, dell’immaginazione, della creatività, dell’astrazione, dell’autocoscienza, della comunicazione attraverso il linguaggio nozionale, che ha sede nel cervello. Testo biblico: “Chi tra gli uomini, infatti conosce le cose dell’uomo, se non lo spirito dell’uomo che è in lui?” {1 Corinzi 2: 11}.

Pertanto, il corpo (soma) è il supporto materiale costituito da minerali, anatomicamente e funzionalmente organizzato secondo leggi biochimiche, l’anima è il centro dell’affettività e dell’inconscio, e lo spirito è la parte cosciente (ragione, auto- consapevolezza, creatività, comunicazione con Dio).

Tra i filosofi e gli psichiatri moderni, che sostengono la composizione tricotomica dell’essere umano, citiamo i più importanti: Sigmund Freud, Rudolf Steiner e Carl Young. Testi biblici: {Luca 11: 5, Matteo 13: 33, Matteo 12: 37}. Bisogna amare il Signore con: (1) – “tutto il tuo cuore”, (2) – “con tutta l’anima” e (3) – “con tutto il pensiero”.

L’impasto che fa lievitare tutto il lievito (le tre misure di farina, rappresenta il Vangelo di un Dio che plasma e trasforma le tre componenti dell’essere umano: corpo, anima, spirito. Lo stesso effetto modellante ha l’altro “impasto” chiamato nella Bibbia “il lievito dei farisei”, ma nel senso opposto.

L’impasto divino che il Cielo ha offerto all’umanità per restaurare l’immagine di Dio nell’uomo ha tre ingredienti: la preghiera, la Parola sacra (Bibbia) e la musica sacra. Questi tre elementi sono il mezzo attraverso il quale lo Spirito Santo realizza la rinascita, un lungo cammino, di cui il Signore Gesù parlò a Nicodemo nel Vangelo di Giovanni capitolo 3. Sono inseparabili.capitolo 3,.e sono inseparabili. Il testo letterario si rivolge allo spirito, la musica si rivolge all’anima.

La musica ha accompagnato l’atto della creazione “quando le stelle del mattino cantavano tutte insieme e tutti i figli di Dio mandavano grida di gioia” {Giobbe 38: 7}. La stessa musica accompagna anche l’atto della ricreazione dell’uomo dalla ribellione alla santificazione {Luca 15: 25}. La musica ha un ruolo importante nell’attività di Dio di creare i mondi nell’Universo e ricreare il nostro mondo perso nel peccato.

Fare della musica (di Dio) uno spettacolo, una festa leggera, un fattore di intrattenimento per la natura peccaminosa, significa declassarla, pervertirne lo scopo, negare il suo importante ruolo per cui ci è stata offerta da Dio per nobilitarci e farci avvicinare a Lui.

Sfortunatamente Purtroppo, la maggior parte delle persone tratta la musica sacra come un fenomeno acustico comune, con alcune virtù estetiche, per lenire l’udito, per creare un’atmosfera di conforto psicologico o per bandire il silenzio e la noia. Pochissimi sono coloro che intendono la musica, attraverso il suo linguaggio sublime, come cibo per l’anima e come atto di culto.

Quando il re di Sassonia, Augusto III, chiese di interpretare l’opera che gli era stata dedicata da un organista francese (Marchand), Johann Sebastian Bach la analizzò prima con gli occhi, dopodiché si rivolse al re, così: “Maestà! Io non posso suonare… La musica è un’arte bella, nobile, un dono di Dio, che non ci è stato dato per tali dilettantismi. Sono pienamente consapevole e so adorare Dio attraverso la mia arte. E proprio come nessun servitore di Dio può trasformarsi in uno sciocco, Sebastian Bach è l’ultimo a farlo” (A.E. Brachvogel, La tragedia di un genio, Musical Publishing House, Bucarest, 1969, pagina 28).

I grandi uomini attraverso i quali Dio ci ha inviato il Suo meraviglioso dono, chiamato Musica, erano consapevoli del loro scopo in questo mondo. Al di là delle debolezze e dei difetti umani, avevano un ideale per il quale lottavano e per il quale subivano ingiustizie, essendo questo ideale la rivelazione del Bello trascendentale, la glorificazione di Dio e la nobilitazione delle anime degli ascoltatori. Questo ideale non sempre corrispondeva alle preferenze del pubblico, ai gusti popolari, che portavano ostilità, smentite e umiliazioni a chi restava fermo nella propria posizione. C’erano anche alcuni che si sono compromessi per il bene della fama a buon mercato e del benessere materiale, ma non sono rimasti in questo stato ambiguo fino alla fine. Tutti i grandi maestri della musica universale hanno finalmente riconosciuto che la vera arte deve essere messa al servizio di Dio e del prossimo (come nel caso del compositore Franz Liszt). J. S. Bach ha scritto nella sua opera: The Cipher Bass: “Come per tutta la musica, lo scopo del Cipher Bass è lo stesso: la gloria di Dio e la rinascita dello spirito. Dove questo non viene preso in considerazione, non si può parlare di musica, ma solo di urla e chiacchiere diaboliche” (Wilhelm Moldovan: Homiletics, manoscritto).

E.G.P. Handel, in occasione della prima audizione, Messiah, dichiarò: “Non volevo intrattenere i miei ascoltatori, volevo renderli migliori” (Mircea Nicolescu, Händel, Casa editrice musicale dell’Unione di Compositori del R.P.R., Bucarest, 1963, pagina 251).

Dal motto di questo capitolo osserviamo che “il Dio della pace è Colui che santifica egli stesso completamente l’intero vostro spirito, anima e corpo”. Ma non lo fa senza la nostra collaborazione. L’uomo ha la sua parte nel processo di santificazione: il volere e il conoscere (imparare), facendo una buona selezione dei valori in termini di cibo per il corpo, l’anima e lo spirito.

Se i cibi puri per il corpo, presentati in Levitico capitolo 11, sono facilmente distinguibili, il cibo spirituale per l’anima è molto più difficile da identificare se non si conoscono i criteri di selezione. Questo è un campo astratto con molte sottigliezze, contraffazioni e tentazioni impossibili da evitare se non si ha una guida specializzata, senza le informazioni preliminari e senza una decisa volontà.

La musica è un cibo molto sottile, con enormi effetti sull’anima e sullo spirito. Può diventare una benedizione o una maledizione se non ne distinguiamo la qualità intrinseca, la composizione e, implicitamente, la fonte da cui ha origine. Anche la musica proveniente da fonti benedette, se usata in modo improprio, può avere conseguenze disastrose.

Sorge la domanda: qual è il potere della musica e in cosa consiste questo potere?

Prima di tentare di formulare una risposta, è necessario notare che l’attività dello spirito e dell’anima consiste nel pensare e nel sentire (affettività). Questi due fenomeni psichici sono i più impressionabili dagli effetti della musica. Il potere della musica non lo si trova in sé stessa, come energia esterna, ma nel risveglio e nell’amplificazione di energie interiori latenti.

Gli effetti della musica non sono determinati dalle sue vibrazioni, ma dalla risposta psichica a queste vibrazioni. Se lo spirito è nutrito di pensieri positivi e impregnato di convinzione riguardo alla profondità dell’amore divino, la musica amplifica questa filosofia che esiste nel cervello, e non ne porta un’altra dall’esterno. Nel caso della religione, la musica sacra esalta la Parola del Vangelo cantata o accompagnata, fissandola nella memoria affettiva in modo più profondo e permanente di quanto farebbe la memoria meccanica. Il fatto che la musica più pura non possa cambiare la filosofia di una persona, ma possa solo stimolarla, innescando e amplificando energie e convinzioni preesistenti nell’anima e nello spirito, può essere stabilito empiricamente.

È noto che i collaboratori di Hitler, i grandi criminali di guerra, erano grandi amanti della musica classica. Il solo ascolto di quella musica benedetta non serviva loro, fintanto che nelle loro menti e nelle loro anime erano fissate credenze razziali e idee criminali (alcuni conclusero che la musica classica creava mostri, ecco perché vi fu una così grande proliferazione di musica profana, dopo la seconda guerra mondiale).

È vero che la musica ispirata da Dio può imitare il pensiero e i sentimenti dell’uomo, ma ciò può avvenire solo a una condizione: che vengano rimosse tutte le barriere psicologiche sollevate dall’orgoglio, dall’odio, dall’egoismo e da ogni tipo di pregiudizio. La Bibbia ci mostra come il re Saul non si sia più sentito sollevato dalla musica di Davide dal momento in cui la gelosia prese il sopravvento sul suo cuore e cercò di ucciderlo.

In che modo la musica influenza la psiche umana? Le vibrazioni dei suoni musicali penetrano attraverso l’organo dell’udito nell’ipotalamo, dove si trova la “scheda di controllo” dei sentimenti.

Una volta generati i sentimenti di gioia, ad esempio – di bellezza, di elevazione spirituale, di gratitudine, di solennità, ecc. – prendono immediatamente forma quando raggiungono il piano superiore, nello spirito e si trasformano in immagini, quali: paesaggi naturali, mondi ultraterreni, scene di adorazione davanti al trono dell’Eterno, ricordi felici, ecc. Altri sentimenti possono essere trasformati a livello di pensiero cosciente, come: ideali di rettitudine, pensieri di perdono, riconciliazione, gentilezza, rimpianto o santo amore, ecc.

La musica superiore ha anche un lato intellettuale, nella sua composizione e manifestazione sonora. Questo significa che il suo messaggio è ricevuto anche in modo analitico. L’ascoltatore esperto non ascolta passivamente la retorica della rispettiva opera nel suo dispiegarsi temporale, ma analizza “al volo” i mezzi espressivi, gli effetti armonici e timbrici, l’architettura del brano, l’accostamento di accenti tonici e ritmici, nel caso di musica vocale o corale, ecc. Questa analisi a livello intellettuale influenza positivamente il quadro complessivo a livello affettivo, e il benessere dell’intero organismo fisico, attraverso correnti positive che migliorano la circolazione sanguigna, il polso, la pressione sanguigna, il funzionamento delle ghiandole con secrezione interna, i ritmi cerebrali, ecc., porta una sensazione di benessere generale.

Quali sono i mezzi espressivi della musica e come collaborano all’interno del discorso musicale?

Per “mezzo espressivo” si intende la totalità degli elementi attraverso i quali il fenomeno musicale si esprime, all’interno dell’opera d’arte. Questi sono: melodia, ritmo, metrica, armonia, polifonia, orchestrazione, dinamica, forma, testo letterario (nel caso della musica vocale e corale). Tra tutti questi parametri i più importanti sono la melodia, il ritmo e l’armonia, perché attraverso di essi si realizza il carattere di una musica. Gli altri elementi espressivi aiutano solo ad affermare quel carattere. Lo stesso Platone, nella sua opera La Repubblica, disse che, di tutti i mezzi di espressione musicale, il ritmo e l’armonia penetrano più profondamente nell’essere umano. È interessante come egli dia la priorità proprio al ritmo. Per armonia, i greci intendevano la melodia. L’armonia, nel senso odierno, è apparsa come scienza solo nel XVIII secolo. I greci non cantavano con più voci diverse, né altri popoli conoscevano la tecnica della polifonia o dell’armonia.

CAPITOLO 7 – IL BATTITO

Si dice che all’inizio ci fosse il ritmo.

“Il ritmo è la prima manifestazione degli elementi della musica. In effetti, l’uomo primitivo non manifestava niente di più nella musica che il ritmo” (Oscar Thomson, The International Cyclopedia of Music and Musicians, New York, 1958).

“La musica è indissolubilmente legata alla danza e l’elemento principale della musica arcaica è il ritmo” (Richard Wallascheek – Primitive Music).

“Gli strumenti a percussione sono il tipo più antico di strumenti musicali. All’uomo primitivo bastava usare pezzi di legno per aumentare la sonorità del battito delle mani, e durante la danza usare una tavola o uno scudo di legno. Allora apparve lo strumento musicale più rudimentale” (R.I. Gruber, Storia della musica Universale, vol. 1, pagina 2).

C’è una grande differenza tra le opinioni di questi studiosi, le cui citazioni appaiono così contrarie alle opinioni del Libro Sacro. Il concetto secondo cui la società umana si è evoluta dalla natura selvaggia alla civiltà urbana, con mezzi di produzione sempre più sofisticati, è attribuito alla filosofia evolutiva.

La Bibbia ci presenta il primo suonatore di strumenti musicali di nome Jubal, discendente di Caino, soprannominato “il padre di tutti quelli che suonano la cetra e il flauto” {Genesi 4: 21}. Quindi, Jubal non era un percussionista, ma un melodista, poiché la cetra e il flauto sono strumenti melodici. Questo credibile documento biblico antepone la melodia al ritmo, contraddicendo l’opinione generale degli specialisti della storia della musica universale.

Secondo la Bibbia, l’uomo è apparso nel mondo come un essere perfetto, non primitivo, come alcuni membri delle tribù selvagge che si trovano ancora oggi in luoghi inaccessibili della giungla. Il Creatore ha creato, attraverso il suo approccio demiurgico, un capolavoro con il quale ha concluso la settimana della creazione; un rappresentante della Sua autorità su tutta la creazione, dotato delle virtù e dei doni più scelti, compreso il dono della musica divina. Attraverso la caduta nel peccato si è istituita l’involuzione dell’umanità, non la sua evoluzione, in termini di capacità fisiche e intellettuali. È vero che da un punto di vista tecnologico c’è un’evidente evoluzione nello svolgersi della storia dell’umanità e implicitamente nello sviluppo della strumentazione musicale, ma l’uomo edenico possedeva lo strumento più perfetto per cantare: la sua voce, e le melodie apprese dagli angeli erano molto più magistrali e più edificanti delle successive creazioni dei grandi compositori classici.

Il modello evolutivo dal primitivismo alla civiltà moderna è valido solo per gruppi etnici geograficamente isolati, come le tribù Weda di Ceylon, che all’inizio del XX secolo vivevano ancora in modo semi-selvaggio, in foreste difficili da raggiungere, nutrendosi di selvaggina, miele selvatico e dei frutti degli alberi, come accadde anche dopo cataclismi di grandi dimensioni, come l’alluvione del tempo di Noè, quando i suoi lontani discendenti ricominciarono dalla grotta verso una vita sociale organizzata. C’è sempre stata una generazione di persone che ha portato ininterrottamente la conoscenza di Dio senza cadere nel deserto.

Tornando al ritmo musicale, possiamo affermare, sulla base di riferimenti biblici, che non ha avuto un ruolo principale o dominante nella musica edenica o post-edenica, almeno fino a Jubal. Il ruolo principale era ricoperto dalla melodia, il ritmo aiutava solo ad organizzare i suoni, conferendo espressività e chiarezza alla melodia e alle parole di accompagnamento.

Questo era e rimane il ruolo del ritmo nella musica ispirata da Dio. I grandi capolavori non sono imposti dal ritmo, ma dalla melodia, dall’armonia, dall’orchestrazione. Il ritmo è un elemento ordinatore e di sostegno del messaggio trasmesso attraverso la melodia e l’armonia o la polifonia.

Ma cos’è il ritmo musicale? La definizione più semplice è quella dei libri di testo scolastici: una sequenza di durate di suoni. Tuttavia, se approfondiamo il problema della funzione del ritmo, troveremo che ritmo significa: energia, simmetria o asimmetria, a seconda dei casi, suoni accentati o non accentati, battiti, controbattiti, sincope, ecc.

Sebbene non esista una definizione completa del ritmo musicale, unanimemente accettata dai teorici, possiamo comunque osservarne gli effetti benefici o dannosi, nel modo in cui viene utilizzato nella pratica musicale.

La musica delle popolazioni primitive è dominata dal ritmo. Infatti, la cosiddetta “musica”, praticata da alcune tribù, si riduce solo al ritmo. In mancanza di strumenti melodici, questi “strumentisti” svilupparono il ritmo solo come compensazione per la mancanza di melodia. Il ritmo eseguito su rudimentali strumenti a percussione serve per danze rituali e magie, comunicazione con gli spiriti, Woodoo, lavoro, gioco, eventi familiari, adorazioni, gare, combattimenti e iniziazioni varie che hanno un effetto ipnotico sui partecipanti.

L’esposizione prolungata a ritmi “forti”, porta a stati di estasi, possessione demoniaca, comportamenti incontrollati e atti di crudeltà simili a quelli osservati nei grandi concerti rock (Paul Hammel, The Christian and His Music).

Il ritmo, esagerato al dominio assoluto e tirannico, grazie all’amplificazione elettronica, può diventare un pericolo per la mente, l’anima e il corpo. Per il suo potere di manipolare i ritmi biologici, da un lato, e di stimolare la secrezione ormonale, dall’altro.

I partecipanti a tali eventi si comportano come posseduti da forze demoniache, gridano incontrollabilmente nel delirio generale, si agitano e commettono atti vandalici (casi riportati dalla stampa, per lo più negli USA).

Letteralmente, Platone dichiarò che il ritmo penetra nel più profondo dell’anima e con il ritmo – vero veicolo – penetra anche Satana, che ha ispirato tali “creazioni artistiche”.

Una volta raggiunto questo punto, è tempo di specificare che il ritmo musicale può avere più forme di manifestazione all’interno della stessa opera. Esistono brani musicali in cui il compositore utilizza ritmi complementari, intrecci armonici o polifonici (maiales), poliritmi e polimetri (ritmi complementari = ritmi che si completano all’interno di una battuta diversificando i valori di nota appartenenti alle voci che accompagnano il soprano).

Inoltre, tra la voce del solista e l’accompagnamento orchestrale o pianistico vengono utilizzati contrasti ritmici, pause, sincopi, controtempi, ecc., tutti volti ad evitare la monotonia e diversificare l’espressione del messaggio musicale.

Se i ritmi, i poliritmi e le polimetrie complementari sono tra i mezzi artistici più utili e benefici per esprimere la diversità di idee e sentimenti all’interno della musica accademica, le cose non sono le stesse nel caso della musica di intrattenimento, specialmente nelle sue forme aggressive e malvagie.

Non dimentichiamo che nella musica ci sono gli opposti buono-cattivo, verità-menzogna, morale-immorale, santo-peccatore, positivo-negativo, ecc.

Chi sono i padroni di queste forze antagoniste che combattono con tutti i mezzi per conquistare i cuori dalla loro parte, è noto dal “Libro dei libri”. In {Ezechiele 28: 12-18} scopriamo l’origine del male nell’Universo come un “cherubino protettore” – Lucifero – un musicista affermato, con la prima qualifica: percussionista, e con la seconda: melodista. Citazione: “la lavorazione dei tuoi tamburelli e dei tuoi flauti fu preparata per te nel giorno in cui fosti creato” {Ezechiele 28: 13}. Da ciò capiamo che prima che Lucifero fosse creato, Dio creò gli strumenti musicali che doveva maneggiare. Questi strumenti rappresentano i due aspetti di qualsiasi musica: ritmo e melodia.

Il tamburello è uno strumento con un ruolo ritmico – le percussioni – e il flauto per eccellenza, uno strumento melodico. Sebbene lo strumento a percussione sia menzionato prima di quello melodico, questo è l’ordine di importanza dell’ensemble sinfonico. Ascoltando il concerto per violino e orchestra di L. Van Beethoven, scopriremo che il violino – strumento melodico – domina il discorso musicale, invece, i tamburelli sono strumenti decorativi e si sentono di volta in volta, ma quando vengono sottolineati non hanno un ruolo di primo piano, come il gruppo ritmico nella musica profana. I tamburelli hanno lo stesso ruolo decorativo nelle cantate di Bach, come negli altri capolavori della musica classica universale.

Lucifero, il vero Satana – l’Avversario – questa personalità musicale di grande notorietà, conosce meglio di chiunque altro gli effetti nascosti del ritmo musicale sugli esseri intelligenti così come sugli organismi viventi in generale. Per questo ha pervertito il ritmo distorcendone la finalità di fattore ordinatore, espressivo, a elemento dominante, oppressivo, possessivo, vero strumento di soggezione demoniaca, stabilendo il gruppo ritmico e l’amplificazione elettronica. Il gruppo ritmico è composto dalla batteria jazz, gestita da una sola persona – il batterista – e la batteria, a sua volta, è composta da una grancassa con un pedale, un rullante, bonghi, a cui si aggiunge la chitarra elettrica – basso. Naturalmente, non tutti i gruppi rock hanno necessariamente questi strumenti a percussione.

Ogni percussionista sceglie, tra gli strumenti elencati, quelli che preferisce, essendo obbligatorio il tamburo. Gli organi elettronici professionali hanno il gruppo ritmico integrato al loro interno attraverso registri sonori.

Il basso elettrico va aggiunto anche agli strumenti a percussione veri e propri, perché da un contributo importante al ritmo che domina l’intero suono.

Il basso non ha alcun ruolo melodico, se non di rado, attraverso formule ritmico-melodiche brevi e penetranti, che esegue, una per ogni brano rock, separatamente. Per tutto un pezzo, il basso ripete la stessa formula ritmico-melodica fino a una saturazione eccessiva. Questa formula dal ritmo molto significativo, fatta di pochi suoni, ripetuti decine di volte ininterrottamente, con la massima amplificazione e sorretta dal battito dei tamburi, ha un effetto stupefacente, vertiginoso, affaticando la psiche e annullando ogni pensiero che potrebbe sorgere fuori dal programmato e introducendo così: dissolutezza, divertimento totale, non-stop.

Ciò che è molto strano e apparentemente inspiegabile è la penetrazione del basso e del gruppo ritmico nell’orchestrazione della musica sacra. Dapprima più timido, poi sempre più audace, questo gruppo ritmico di origine luciferina iniziò a farsi sempre più presente nella musica dedicata al culto. Di quale culto e di quale signore possiamo parlare in questo caso?

Questo “cavallo di Troia” che il nemico è riuscito a impiantare nel Tempio di Dio (via radio, cassette, CD, TV) ha e avrà alcune delle conseguenze più dannose per la spiritualità dei credenti, anche se il testo cantato con la voce è religioso. Quello che resta nell’anima di chi ascolta non è il testo, che spesso non viene nemmeno compreso, ma il ritmo che domina tutto l’essere e che annulla ogni traccia di solennità.

Il primo e più dannoso effetto, in questo caso, è l’allontanamento della presenza di Dio da intorno agli ascoltatori, lasciando vuoto il luogo, dove gli angeli malvagi, che hanno ispirato tale musica, si precipitano a insediare.

Quello che segue dopo questo scambio di posizioni è facile da immaginare. Il cristiano idolatra che adora i propri piaceri, i gusti naturali incolti e non santificati, scambia inconsapevolmente la benedizione della musica sacra, che rifiuta, con la maledizione della musica da intrattenimento, di cui è schiavo.

L’affermazione che la musica possa allontanare o invitare forze spirituali soprannaturali, benefiche o malvagie, a seconda dei casi, non è né gratuita né simbolica. Questo è un fatto reale che coloro che hanno il “dono del discernimento degli spiriti” {1 Corinzi 12: 10} provano nel modo più concreto: l’atmosfera creata dalla musica ispirata da Satana è terribile mentre quella che proviene dall’ascoltare la musica ispirata da Dio è di vera edificazione.

Per coloro che non possiedono questo dono eccezionalmente raro tra i mortali, raccomandiamo come argomento due casi presentati dalla Sacra Scrittura. Il primo si riferisce all’allontanamento dello Spirito maligno consentito da Dio che tormentava Saul, il primo re d’Israele, attraverso la musica sacra dell’arpa di Davide. “Ora, quando il cattivo spirito da parte di DIO investiva Saul, Davide prendeva l’arpa e la suonava con la mano; allora Saul si sentiva risollevato e stava meglio, e il cattivo spirito si allontanava da lui” {1 Samuele 16: 23}.

Nel secondo caso si tratta del profeta Eliseo e si riferisce alla benedizione di Dio. “Ma ora conducetemi un suonatore. E avvenne che, mentre il suonatore arpeggiava, la mano dell’Eterno fu sopra Eliseo” {2 Re 3: 15}.

Dai due esempi biblici emerge inequivocabilmente un’unica conclusione: attraverso la musica sacra si possono scacciare gli spiriti maligni e si può anche attirare la presenza dello Spirito di Dio beneficiando della Sua ispirazione.

Qualcuno potrebbe chiedere: chissà com’era quella musica suonata dall’arpa che portò pace a Saul e ispirazione a Eliseo? La risposta la troviamo nella natura: musica tranquilla, melodiosa, con un ritmo naturale e un’armonia basata sulla funzionalità tonale, come la troviamo nei grandi compositori classici, così benefica per gli organismi viventi.

Stimola la crescita delle piante e calma gli animali agitati, porta pace e gioia ai cuori alle persone, ecc., mentre la musica dominata da ritmi artificiali che ricordano aggregati in movimento, installazioni meccaniche in funzione, è distruttiva sotto tutti gli aspetti. Lo Spirito di Dio non si manifesta mai ad alta voce e in modo distruttivo, come fanno Satana e i suoi angeli.

Ci sono musicisti pretenziosi nel campo che negano queste realtà spirituali legate al potere della musica. Affermano che non esiste una differenza tra musica sacra e peccaminosa, oppure tra morale e immorale. Negano persino l’esistenza di Satana. Per loro, quanto sopra riportato, riguardo solo gli effetti positivi e negativi del fenomeno musicale, mentre il resto sono semplici speculazioni o finzioni.

Con tutti i loro titoli accademici e le loro pretese, tuttavia, non possono abolire alcuna di quelle realtà visibili agli uomini con un senso morale perfetto e libero da pregiudizi arroganti. Se un uomo è cieco dalla nascita e non vede i deliziosi colori dei fiori, non significa che non esistano, anche se lo scettico cieco ne metterebbe in dubbio l’esistenza.

L’argomento più accessibile sul potere della musica di influenzare la mentalità e l’affettività umana può essere trovato nella decadenza morale della società civile ed ecclesiastica sotto l’impatto della cultura americana dopo il 1989.

La pseudo-cultura che viene dal Nuovo Mondo che si diffuse come una piaga invadendo tutto, comprese le chiese, ha la musica come punta di diamante. Dovunque passi questa “cultura” appassisce e inaridisce il sentimento religioso, il tradizionale buon gusto artistico europeo, di essenza giudaico-cristiana, fatto che porta a una secolarizzazione, a una desacralizzazione di tutto ciò che era santo e degno nella pratica del culto (immagini, abbigliamento, disciplina cristiana, modo di predicare, atteggiamento comportamentale…), mettendo al posto dell’onore la soddisfazione della natura terrena e anche il divertimento. Il pianeta è inondato 24 ore al giorno da una musica pagana propagata attraverso ogni mezzo come un sacrificio continuo al grande “dio” che l’ha ispirata. Questo è quello che è stato definito “il grande ritmo universale” della musica rock e che gradualmente si è insinuato nella musica sacra sotto il titolo di “rock evangelico”.

Quali servizi vengono adempiuti adottando “il grande ritmo universale”? Si ottiene forse un vero culto al Signore mescolano elementi sacri con elementi secolari in cui il testo è religioso mentre la musica è quella dei luoghi di intrattenimento peccaminosi del mondo?

Ecco cosa troviamo scritto nel Libro Sacro riguardo al periodo dell’apostasia del popolo d’Israele: “Io odio, disprezzo le vostre feste, non provo piacere nelle vostre solenni assemblee. Anche se mi offrite i vostri olocausti e le vostre oblazioni di cibo, io non le gradirò, né riguarderò con favore ai sacrifici di ringraziamento di bestie grasse. Allontana da me il rumore dei tuoi canti, perché non voglio udire la musica delle tue arpe” {Amos 5: 21-23}.

Il popolo di Dio aveva raggiunto un livello di decadenza senza precedenti nella sua storia dovuto alla musica presa in prestito dai popoli pagani circostanti, insieme alla loro adozione idolatrica.

È noto dalla storia che nell’ambito del culto idolatrico veniva utilizzata musica fortemente ritmica e ad alto volume. Le danze rituali erano caratterizzate da movimenti rapidi di tutte le membra, con grida al suono di tamburi forti, “fino a fondersi con Dio”, dopodiché seguivano scene immorali, in genere promiscuità.

Questa musica chiassosa è entrata pian piano nei repertori dei musicisti ebrei come segno di emancipazione, come risultato di “evoluzione culturale” e “progresso”. I giovani volevano (come oggi) una musica più viva, più emozionante, cioè più “come il mondo” abbandonando il ruolo santificante della musica. Ciò che seguì dopo questo si sa dalla storia biblica e non solo: esilio, distruzione e rovina. Oggi la storia si ripete esattamente. Nella battaglia tra l’uomo “naturale” e l’uomo “spirituale”, cioè tra il corpo e lo spirito, il primo vince quasi sempre in termini di preferenze musicali. Basta guardare i programmi musicali delle emittenti radiotelevisive cristiane o i programmi nuziali, i brani di musica religiosa che vendono di più o i programmi di musica giovanile, per vedere questa triste verità.

Ci verrà anche detto che il Salvatore ha adattato il suo linguaggio al livello di percezione degli ascoltatori ed è vero che l’accessibilità è un criterio fondamentale nella comunicazione, ma nel caso della musica amata dalla maggior parte dei cristiani, non si tratta tanto di accessibilità quanto di mancanza di qualità. C’è musica sacra della più pura ispirazione così accessibile che anche i bambini la potrebbero capire dal primo ascolto. Ciò che sembra accessibile nella musica preferita di molti è il piacere dell’elemento ritmico, familiare fin dall’infanzia. Il ritmo è il primo punto di riferimento della libagione musicale che impariamo fin dall’infanzia, ma rimanere in questa fase, tutta la nostra vita, significa autocondanna all’ignoranza per tutta la vita.

La ninna nanna, al di là della melodia morbida e gentile, si svolge nel ritmo dell’oscillazione da una parte all’altra, anche i giochi dei bambini si svolgono ritmicamente; il battito delle mani e il conteggio si fanno con un certo ritmo, ecco perché i bambini prediligono strumenti ritmici, a percussione invece di strumenti melodici. La comprensione della melodia richiede un’evoluzione delle capacità psichiche per ricevere contemporaneamente le relazioni tra suoni, ritmo e timbro.

Il paragone con il linguaggio del Salvatore, per quanto riguarda la comunicazione attraverso la musica, è del tutto inappropriato. Le parabole del Signore eccellono per brevità e profondità, anche se il linguaggio è quello abituale e i soggetti sono tratti dalla quotidianità.

Con un linguaggio accessibile, puoi esprimere un contenuto profondo e versatile, come nel caso delle parabole bibliche e dei capolavori musicali classici. Le cose non stanno così nel caso della musica chiamata ingiustamente religiosa, prediletta dalla folla di appassionati di musica dai gusti poco sviluppati, dove il termine “accessibilità” si traduce con “semplicità volgare-sensuale”.

Se una musica semplicistica, di valore discutibile o addirittura imbarazzante, viene promossa solo per soddisfare il gusto degli ascoltatori, dov’è il ruolo educativo della chiesa in questo caso? Dove troviamo quella crescita che è richiamata alla nostra attenzione in {Efesini 4: 15} “dicendo la verità con amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo”.

Prima di procedere alle conclusioni pratiche, seguendo quanto fin qui esposto, possiamo affermare che il ritmo musicale è l’elemento primario in termini di attenzione con cui deve essere analizzato e utilizzato nella musica sacra. Quando componiamo, quando ascoltiamo, quando interpretiamo e quando selezioniamo la musica, è imperativo avere “quattro occhi” e altrettante orecchie per quanto riguarda il ritmo. Prima di questi passaggi, dobbiamo ricordare che il ritmo può svolgere il ruolo di servire l’espressività melodica oppure quello di tiranno dell’intera costruzione sonora, trascinandolo dietro di sé, dall’area della solennità a quella dell’intrattenimento.

Quando componiamo musica religiosa, dobbiamo scegliere una metrica e un ritmo in modo tale da poter riprodurre il più fedelmente possibile l’atmosfera e le idee contenute nel testo letterario. Un tempo ternario (misure di 3/8, 3/4, 6/8, 6/4, 7/8, 12/8) e un ritmo regolare possono facilmente portare la musica ad avere una natura ballabile se non usati con attenzione.

I maestri della musica sacra hanno sempre saputo tenere sotto controllo la tendenza di un metro ternario a decadere in valzer. È così che troviamo in Bach i ritmi complementari delle voci interiori e del basso che contrastano l’andatura scivolosa del soprano – verso la musica da ballo.

Per ridurre la sua tendenza alla musica da salotto, Bach oppone ritmi complementari alle altre voci, in modo che il gioco degli accenti e delle durate delle note dia un perfetto equilibrio ritmico secondo il significato delle parole. Un brillante esempio dell’uso di una metrica propria della musica da ballo (minuetto, mazurca, valzer) messa al servizio della più alta spiritualità sono le corali di J.S. Bach.

Ciò che caratterizza la musica religiosa commerciale, che inseguono soprattutto i giovani, è l’inavvertenza, la flagrante incoerenza tra il carattere del testo e quello della musica. La mancanza di comprensione del linguaggio della musica, del suo contenuto affettivo, porta ad alcune delle connessioni più bizzarre e sfortunate tra musica e testo letterario.

Associazioni come questa non sono rare:

  1. Mentre la musica esprime una chiara sensualità, il testo ci parla del Sacrificio sul Golgota.
  2. Mentre la musica esprime piacere sensuale, le parole ci parlano della santificazione della vita.
  3. Mentre la musica esprime sconforto, il testo ci dice quanto siamo felici accanto al “Signore”. Quale Signore?
  4. Mentre la musica esprime una confusione da discoteca, i testi parlano della seconda venuta di Gesù.

Nella culla di Babilonia viene servito il suo vino{Apocalisse 18: 3} e il modo più efficace per farlo è attraverso la musica (ritmo). Le chiese neo-protestanti, in particolare, sono roccaforti conquistate quasi interamente da questo “vino inebriante” che culla le coscienze in illusioni quali: che siamo salvati, che possediamo la verità dottrinale; che sono uscito da Babilonia; che noi siamo i figli di Dio, quando in realtà il dio del nostro “io” è pienamente soddisfatto e lo spirito muore di fame.

Chi compone e diffonde tale musica solo perché ricercata e perché porta profitto, dovrebbe chiedersi di quale “signore” sono al servizio e quale sarà la fine di un simile affare?

CAPITOLO 8 – RITMO E INTERPRETAZIONE DELLA MUSICA RELIGIOSA

L’interpretazione è un atto creativo nel senso che i segni grafici sulla partitura si trasformano in suoni musicali capaci di riprodurre l’atmosfera che ha generato la creazione della rispettiva opera. Molte volte un interprete geniale può anche sorprendere l’autore mettendo in evidenza alcuni dettagli nascosti dell’opera che parlano in modo più eloquente di quanto lo stesso compositore avrebbe potuto immaginare.

Nel dilettantismo e soprattutto in quello religioso domina il buon gusto dell’esecutore, sia esso pianista o direttore d’orchestra. Serve per modificare il ritmo, la melodia, l’armonia e il testo letterario con una sorprendente leggerezza e naturalezza. Frammenti dell’opera vengono amputati senza pietà, la tonalità cambia da una strofa all’altra, l’accompagnamento è improvvisato in ogni modo, per cui non sorprende assistere a una strana fusione di stili all’interno della stessa presentazione, come ad esempio:

  1. L’opera di forma pre-classica, con accompagnamento in stile romantico, che utilizza molti cromatismi e ornamenti melodici su ritmi di terzine e sedicesimi.
  2. L’opera corale-lirica e meditativa con accompagnamento agitato e rumoroso in cui le dita corrono su tutta la tastiera dal basso all’acuto e viceversa.
  3. Altri pianisti di tecnica più modesta si accontentano solo degli accordi della partitura corale che suonano arpeggiati o nello stile dell’accompagnamento del cembalo, spezzando in ottave i valori di quarta e seconda.
  4. Sono previsti anche accompagnamenti in stile jazz, con brevi sincopi, su valori di ottave o sedicesime, con accordi specifici di questo genere mentre il coro canta musica tranquilla, nel carattere del testo religioso di accompagnamento.

La mancanza di cultura e di buon gusto fa sì che altri estraggano ritmi danzanti anche da opere corali che hanno un evidente carattere solenne solo per placare la loro inquietudine interiore e la sete di movimento giocoso ad ogni costo.

Per evitare la monotonia armonica, si ricorre allo sviluppo arpeggiato dei rispettivi accordi attraverso formule ritmiche ternarie (Triletto), sia in misure di tre tempi che in misure di 2 o 4 tempi, secondo il modello della musica popolare.

Qualsiasi artista dilettante o professionista che sia anche un buon cristiano concorda sul fatto che ci deve essere una differenza tra la musica di Dio e la musica di Satana, tra la musica sacra e la musica mondana. Dov’è la differenza, se ritmi, intonazioni e armonie sono presi in prestito dal genere dello spettacolo? Teoricamente, siamo tutti d’accordo sul fatto che alcuni confini devono essere rispettati per garantire e preservare la netta differenza tra i due campi, ma le manifestazioni pratiche contraddicono le convinzioni teoriche.

La tendenza a “disegnare” tutti gli inni sacri sul retro della musica mondana è normale nell’epoca della “felicità e pace” – secondo l’espressione del poeta Panait Cerna. L’apostolo Paolo riconosce questa verità in {1 Corinzi 13: 11}. Il bambino ha tutto il diritto all’infanzia e il ritmo come gioco è specifico di questo periodo.

L’autore di questi versi fece lo stesso nella sua infanzia quando, essendo un fisarmonicista, stravolse tutti gli inni sacri del libro degli Inni cristiani, facendoli diventare: valzer, polke, mazurche e romanzi, ma con l’avanzare dell’età anche le richieste aumentarono.

Rimanere a questo livello per tutta la vita significa l’esistenza più triste, una situazione degna di compassione come la malattia chiamata “nanismo” (quando il corpo di un bambino non si sviluppa con l’avanzare dell’età).

L’apostolo Paolo dichiarò nel testo citato: “quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino”. Sfortunatamente, molti dei nostri coetanei rimangono per tutta la vita al livello della percezione musicale specifica delle epoche buie, giudicando la musica attraverso il prisma dell’impressione sensoriale e del ritmo, non da ciò che esprime attraverso il linguaggio sublime della melodia, dell’armonia, dell’orchestrazione.

L’infantilismo in musica si manifesta non solo nell’interpretazione e nella composizione, ma anche nella scelta, nella selezione della musica da ascoltare ed eseguire per le esigenze estetiche e spirituali.

Pertanto, l’apprezzamento di un’opera si basa sulla qualità del testo, ignorando il fatto che la melodia di un inno ha un valore indipendente anche se eseguita strumentalmente.

Un inno veramente prezioso non deve avere solo testi pregiati, ma prima di tutto musica di altissima qualità. La musica esprime sentimenti così vari e indefiniti che le parole non riescono nemmeno a suggerirli. Nel canto, la musica e la poesia si sostengono a vicenda.

L’esistenza del ritmo musicale in una composizione è essenziale. Senza il ritmo, la musica non sarebbe in grado di trasmettere idee e sentimenti, non sarebbe intelligibile e non sarebbe in grado di unirsi ai testi. Il ritmo musicale, infatti, nasce proprio da questo gemellaggio con il testo parlato. Il ritmo chiamato “parlando-rubato” è il ritmo del discorso cantato come salmodia tra gli ebrei o il canto liturgico tra gli ortodossi. Presso gli antichi greci c’era una sistematizzazione del ritmo musicale esattamente dopo quella della poesia basata su misure, come segue: ritmo giambico (ottavi, quarti); ritmo trocaico (quarti, ottavi); ritmo dattilico (quarti, 2 ottavi); ritmo anapestico (2 ottavi, quarto); ritmo peonico (quarti, ottavi, quarti).

Una misura era composta da più tempi composti e corrispondeva al metro in poesia.

Ho presentato questi dati molto brevemente per richiamare l’attenzione sul fatto che il ritmo musicale non era un’invenzione con uno scopo in sé, ma appariva come la necessità di rendere il significato di alcune idee poetiche (nel caso della musica con testo) mantenendo lo stesso ruolo nel caso della musica puramente strumentale.

L’emancipazione del ritmo e il cambio del ruolo da servo della melodia in quello di tiranno della melodia non avvennero per caso. Questo iper-sviluppo ritmico, raddoppiato dall’amplificazione elettronica, è opera del primo maestro percussionista dell’Universo, sotto il suo nome attuale, Satana, l’Avversario. Questa è la verità anche se infastidisce alcuni professionisti della musica ritmica o gli ascoltatori di tali prodotti.

È interessante notare che nella musica Satana ha proceduto come nella religione, sviluppando due estremi:

  1. Assenza di qualsiasi religione.
  2. La presenza della religione portava al fanatismo.

Anche nel campo musicale esistono questi due estremi:

  1. Assenza di ritmo.
  2. La presenza del ritmo che porta al parossismo.

Se Dio sceglie la via di mezzo, Satana sceglie i suoi due estremi. Questo non significa che il Diavolo non abbia lavoro da fare nella zona centrale. Si mescola ovunque, anche se ha gli estremi come suo terreno speciale e prescelto.

La domanda sorge spontanea: può esistere musica senza ritmo? Sì!

È l’ultima trappola attraverso la quale il Nemico vuole catturare anime sconsiderate, per controllarle e distruggerle. Negli ultimi anni è apparso sul mercato un tipo di musica chiamato New-Age o ambientalismo, in cui il ritmo è completamente regolare. È un’emissione continua di suoni bizzarri (elettronici) che non dicono nulla, proprio come una pasta sonora a volte appena percettibile, su cui sono ricamati suoni di pianoforte atonale, cinguettio degli uccelli, suono dell’acqua, sfarfallio, ecc. Questo sottofondo musicale sembra essere infinito e, attraverso l’assenza di qualsiasi ritmo, suggerisce la tranquillità tanto desiderata da ogni uomo contemporaneo. Tuttavia, questo silenzio suggerito nei primi momenti e nel mentre porta al vuoto intellettuale (come l’esercizio di meditazione dello Yoga), e alla fine porta a disturbi della percezione; ed infine alla malattia mentale.

Per concludere questo capitolo faremo un’interessante analogia tra la composizione dell’essere umano e la composizione della musica, basata su tre componenti: corpo, anima e spirito, rispettivamente, ritmo, armonia, melodia.

  • Il ritmo è stato giustamente chiamato lo scheletro della musica. Corrisponde al corpo fisico umano. I movimenti del corpo sono coordinati e stimolati dal ritmo, nell’arte coreografica e nella musica militare (marce – fanfara).
  • L’armonia corrisponde all’anima, producendo sentimenti indefiniti tra i due poli affettivi di base: gioia/tristezza.
  • La melodia corrisponde allo spirito, rivolgendosi soprattutto alla ragione.

Anche se queste componenti della musica si rivolgono prevalentemente ad ognuno dei compartimenti dell’essere umano, preso nel suo insieme, influenzano e modellano l’intero essere: corpo, anima, spirito, come un intero, e la musica sacra fa vibrare le corde più sottili dell’anima, che non possono essere raggiunte da alcun prodotto musicale mondano.

Come si può quindi accompagnare la musica sacra per il coro in modo che conservi le sue virtù espressive e non degeneri in un gioco divertente o in una semplice delizia sensoriale? L’accompagnamento più appropriato è quello melodico-armonico: organo o doppiaggio di voci corali con strumenti melodici: flauto, violino, viola, violoncello, senza formule ritmiche per attirare l’attenzione di ascoltatori superficiali. Questo modo solenne di accompagnamento è praticato da centinaia di persone da anni nella Chiesa, essendo essi musicisti di grande genio, uomini di Dio che insieme ai loro strumenti, fecero della musica sacra un sacrificio accettevole e un culto dell’arte più sublime. Con questo intendiamo le forme semplici – corali, salmi, inni – e non quelle forme grandi ed elaborate.

CAPITOLO 9 – MELODIA

La melodia è l’elemento primario e determinante della musica. Consiste in sequenze di suoni organizzati in modo intermittente e ritmico, in modo da esprimere idee secondo una logica e un ordine dal valore estetico, con un carattere ben definito nel messaggio.

In quanto monodia, nella sua forma più semplice, si riduce alla nozione di canto o inno (in un contesto religioso). In questa posizione, la melodia ha una sua autonomia ed è portatrice di un’energia in movimento, indipendente dal contesto armonico o letterario (stile monodico: melodia accompagnata). Ci sono anche brani derivanti da catene armoniche, più povere, diminuendo la melodica a favore dell’armonia.

Nel caso della polifonia (sovrapposizione di melodie) vengono preservati sia il carattere cantabile che il profilo (ed energia) di ogni singola voce.

La musica sacra utilizza tutte queste possibilità di espressione compositiva del linguaggio melodico, oltre a quello letterario. Così, nel corso dei secoli, gli inni sono stati cantati con una sola voce (unisono) da uomini e donne, sia in Oriente che in Occidente. Solo nel XII secolo apparvero i primi tentativi armonici su più voci (Leonino e Perotino), da cui progressivamente si svilupparono le regole del contrappunto e della polifonia. Nei secoli successivi (periodo rinascimentale) la musica acquista veste accademica, grazie allo sviluppo della polifonia, tanto che la melodia vera e propria (cantus firmus gregoriano), cantata dal tenore, si perde nel complesso tessuto delle 4, 6 o 8 voci, che sono eseguite simultaneamente o attraverso il canone. Questo tipo di canto raggiungeva una tale decadenza che le parole non potevano più essere comprese, e i cantanti potevano improvvisarle sul momento, o sostituirle con profane, perché non era il testo che contava, ma la maestria nell’intrecciare le voci, innanzitutto. Questa “crisi” della musica religiosa fu risolta da M. Lutero, che riformò non solo la teologia, ma anche la sua musica. Ottenne la collaborazione di due importanti musicisti convertiti alla Riforma, con il cui aiuto semplifica la musica di culto, conferendole il suo vero ruolo nel culto.

Così apparve la corale protestante, ovvero una melodia mobilitante, cantata da tutta la massa dei credenti, accompagnata dall’organo, attraverso la quale si evidenziano le nuove idee teologiche e lo spirito eroico necessario per la Riforma. Il corale “Ein feste Burg ist unser Gott” di M. Lutero mostra in modo eloquente il carattere della musica religiosa protestante. Ludwig Senfl e Johann Walter, “il Vecchio”, costituiscono le prime raccolte di corali che costituiscono un nuovo stile musicale da chiesa che continua ad arricchirsi in qualità e quantità, raggiungendo un numero impressionante nell’ordine delle migliaia.

In Francia, il movimento ugonotto creò la forma della melodia sacra, chiamata “salmo”, perché queste melodie avevano come testo di accompagnamento i Salmi tradotti dal poeta Clement Marot, in una lingua letteraria prescelta. La differenza tra salmo e corale è data dai valori delle note utilizzate. I maestri dei salmi ugonotti sono: Claude le Jeune, Claude Goudimel, Guillaume Franck, L. Bourgeois.

Dal punto di vista del sistema sonoro, sia i corali protestanti che i salmi ugonotti sono modalmente armonizzati (con accordi formati dal materiale sonoro dei modi medievali). Nel XVI secolo, quando si componevano questi canti, i due tipi di tonalità non erano definiti e sistematizzati: maggiore – minore, con le loro varianti. Al tempo di Bach, c’è stato un passaggio dall’armonia modale all’armonia diatonica basata sulla funzionalità, come la troviamo nella musica dei grandi classici.

Johann Sebastian Bach (1685 – 1750) armonizzò un numero impressionante di corali protestanti appartenenti agli antenati, come:

Hans Leo Hassler (1564 – 1612), Michael Praetorius (1571 – 1621), Johann Crüger (1598 – 1662), Georg Neumark (1621 – 1681), Philipp Nicolai (1556 – 1608), Johann Rudolph Ahle (1625 – 1673), Jacob Hintze (1622 – 1702), Jacob Regnart (1540 – 1599), Adam Krieger (1634 –1666), Andreas Hammerschmidt (1611) – 1675), oltre a decine di corali appartenenti ad altri autori anonimi. La raccolta dei 5000 corali (Lipsia 1687) alimentò il pensiero e il sentimento di Bach. L’arrangiamento a quattro voci creato da Bach risulta da un contrappunto libero attraverso il quale si muovono le voci di accompagnamento, guidate secondo i pilastri armonici (tonica, sottodominante e dominante) in modo da ottenere una polifonia basata sulle funzionalità, cioè un pensiero armonico verticale, ma anche orizzontale.

Ciò che J. S. Bach ottenne da queste modeste melodie supera ogni immaginazione dei rispettivi autori, assicurandone l’immortalità, soprattutto includendole nelle grandi opere vocali-sinfoniche: oratori, cantate, mottetti o in opere per organo.

Il pensiero armonico che sta alla base dell’approccio bachiano anticipò di un secolo il classicismo viennese dei tre grandi rappresentanti: Haydn, Mozart e Beethoven, maestri che perfezionarono il linguaggio armonico, come nuovo modo di esprimersi nell’arte dei suoni.

Sia le melodie corali armonizzate da Bach che le sue stesse melodie sono piene di nobiltà, ispirano purezza e portano il sigillo dell’immortalità. È doloroso che le persone religiose non conoscano e non traggano beneficio dal potere santificante di questi doni miracolosi del cielo, dati all’umanità proprio per questo scopo, e a scapito generale, promuovono un’educazione infantile, umiliante, usa e getta, frivola, musica divertente.

Il carattere dei canti deve corrispondere interamente al carattere della Parola sacra che pretendono di servire. Questo carattere deve promuovere le seguenti qualità: permanenza, profondità, nobiltà, solennità, maestria, ispirazione divina, accessibilità, diversità. Faremo riferimento, nell’ordine, a ciascuno di questi attributi.

Va da sé che per la valorizzazione di questo Verbo Eterno è necessaria anche una musica della stessa natura. L’unica musica degna di un gemellaggio così benedetto è la musica classica.

Il termine “classico” significa, per definizione, perfezione, perpetuità, universalità.

Per quanto riguarda la profondità melodica, si può dire che questa caratteristica derivi dal messaggio spirituale trasmesso, ovvero dal grado della sua impressionabilità e persistenza. Ci sono canzoni che colpiscono fin dal primo ascolto per la loro bellezza, cantabilità, ma che non durano nel tempo e canzoni che sono meno accessibili al primo ascolto, ma che scoprono le loro bellezze nascoste gradualmente, attraverso audizioni ripetute, mantenendo inalterata la loro freschezza con il passare del tempo. Cosa possiamo dire di quei brani privi di contenuto emotivo, che stimolano solo la natura al gioco e alla leggerezza? Purtroppo, tali canti sono preferiti dalla maggior parte dei cristiani, che non hanno il senso del “discernimento degli spiriti” di cui parla Paolo in {1 Corinzi 12: 10}. Alcuni nascono con questo dono di “discernere gli spiriti”, altri lo acquisiscono attraverso l’auto-educazione musicale, attraverso l’ascolto ripetitivo dei capolavori realizzati dai grandi compositori classici.

La nobiltà, la solennità della musica ecclesiastica consiste nella qualità dei sentimenti che essa crea nel cuore degli ascoltatori. Con questi sentimenti intendiamo impressioni, impulsi e immagini che appartengono al mondo celeste, spirituale. Una canzone che suggerisce immagini e pensieri mondani, come: luoghi di festa, divertimenti, erotismo, sensualità, non è adatta ad accompagnare testi evangelici, eppure questi tristi abbinamenti sono ormai i più diffusi nella musica religiosa commerciale.

L’accettazione di decine di questi prodotti, con effetti nocivi sulla spiritualità di chi li consuma, avviene, da un lato, per l’incomprensione del linguaggio musicale e, dall’altro, per l’attrattività dell’accompagnamento al testo letterario. Ad esempio: The Cheapest Songs of Commercial Religious Music, hanno notevoli testi poetici sia nella forma che nel contenuto, con i principali argomenti della Bibbia: il Sacrificio sul Calvario, il perdono, il ritorno di Gesù, ecc., ma il vero sacrificio deve essere senza macchia. Dio può solamente essere insultato da tali doppie offerte: testo ispirato dallo Spirito Santo – melodia ispirata dallo spirito del maligno.

Condizione imprescindibile è anche la padronanza della melodia e della sua veste armonica, quando portiamo a Dio “un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome” {Ebrei 13: 15}.

Eloquenti in questo senso sono le indicazioni circa la costruzione del Tabernacolo e poi del tempio di Gerusalemme. L’ornamentazione del luogo, il design degli oggetti di culto, il materiale utilizzato, erano tutti superlativi. I più abili maestri del tempo collaborarono alla costruzione di quella meraviglia. I sacrifici degli animali, primizie degli alberi e del campo, erano impeccabili e della migliore qualità. Anche oggi il Dio della verità e della bellezza non si sottrae alle esigenze dell’autentico culto. Lui è lo stesso, ieri, oggi e per sempre. Non illudiamoci che gli angeli perfezioneranno il nostro canto sciatto e superficiale, o addirittura lo accetteranno anche se tratto dal repertorio mondano, quando c’è un vasto tesoro di canzoni ispirate che ignoriamo deliberatamente. Proprio in questo modo si presenta Dio attraverso il profeta Malachia, in relazione al sacrificio portato alla “tavola del Signore” da alcuni fedeli:

“Voi dite pure: «Ah, che fatica!» e la trattate con disprezzo», dice l’Eterno degli eserciti. «Così voi portate animali rubati, zoppi e malati; questa è l’offerta che portate. Potrei io gradirla dalle vostre mani?», dice l’Eterno. «Maledetto il fraudolento che ha nel suo gregge un maschio e fa un voto, ma sacrifica all’Eterno un animale difettoso. Poiché io sono un Re grande», dice l’Eterno degli eserciti, «e il mio nome è tremendo fra le nazioni»” {Malachia 1: 13-14}.

I repertori di alcuni gruppi vocali, che stampano nastri, che partecipano ai servizi divini consacrati ai matrimoni, che compaiono anche nelle radio e nelle televisioni cristiane, sono saturi di musica rubata dalla tavola dei piaceri del mondo e portata alla “tavola del Signore”, come se fossero un sacrificio di culto.

Un musicista fuori dalla Chiesa, un buon conoscitore di stili musicali, sarebbe costernato nel sentire tali insulti portati al Grande Imperatore dell’universo. Ma come fa questo Dio, il cui Nome è temuto tra le nazioni, a considerare lo spettacolo rumoroso con negativi amplificati a sostegno di alcune melodie lascive, eseguite da alcune pseudo-star cristiane?

“Gli spiriti musicali da discoteche, saloni per feste, concerti, scene improvvisate, programmi radiotelevisivi, ecc. devono essere lasciati dove sono. Chi ne vuole essere attratto sa dove andarli a cercare. Il loro insinuarsi nella casa di preghiera è inammissibilmente favorito, se non incoraggiato, dai dirigenti che non possono, o non vogliono, discernere gli spiriti musicali. Inoltre, è facile vedere che quegli spiriti delle caverne, oltre a quelli di una leggerezza disarmante, hanno un vantaggio: non richiedono uno sforzo di assimilazione o un’istruzione speciale. Lavorano al sicuro sul terreno della minor resistenza di un quasi analfabetismo musicale. Il parallelo teologico rimanda proprio alle parole del Signore Gesù riguardo all’ampio sentiero che conduce alla perdizione, escludendo il controllo e lo sforzo. Come nella fede, l’accesso alle bellezze del paradiso sonoro avviene attraverso lo stretto sentiero” (Ovidiu Manole, Cantus Christianus, Editura Agape, Făgăraș, 1998).

“Nessuno può servire due padroni”, disse Gesù. Il Sovrano dell’universo non condivide la Sua gloria con gli idoli. Non si è mai unito a Satana per conquistare anime, che poi ha condiviso con il Suo nemico.

Dio non accetta “i servizi del diavolo” nella Sua opera di salvare l’uomo caduto.

In un’occasione, quando un indemoniato dichiarò che Gesù era il “Santo di Dio”, Cristo rimproverò lo Spirito, dicendo: “Ammutolisci ed esci da costui!” {Marco 1: 25}. Un’altra volta una donna che aveva lo spirito della divinazione gridò a Paolo e a Sila: “Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza». Ed essa fece questo per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: «Io ti comando nel nome di Gesù Cristo di uscire da lei». E lo spirito uscì in quell’istante” {Atti 16: 17-18}.

Dio ha forse bisogno dei mezzi pubblicitari di Satana? No, in alcun modo! La luce non può collaborare con l’oscurità nemmeno sulla bilancia. Coloro che ricorrono a tali metodi sentiranno un giorno le parole: “Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità” {Matteo 7: 23}.

Una melodia, per essere degna di accompagnare un testo letterario con un tema biblico, deve averne la stessa fonte di provenienza, scaturire dalla stessa fonte di ispirazione, dallo stesso Spirito: lo Spirito Santo.

Va da sé che una canzone del genere non può essere creata su ordinazione, non può essere composta da uno sforzo di volontà. Ci si deve aspettare che sia dato da Colui dal quale “ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre dei lumi, presso il quale non vi è mutamento né ombra di rivolgimento” {Giacomo 1: 17}.

Questo è l’ideale nella musica sacra. Il lavoro di elaborazione è duro, faticoso, con tagli, con restauri parziali o totali, fino alla forma definitiva.

A proposito di J. S. Bach, “il più grande e sublime melodista di tutti i tempi” (Victor Giuleanu, Ritmo musicale, vol.2, Editura Muzicală, Bucarest, 1969), sappiamo che creò una sua cornice ispiratrice eseguendo le opere dei suoi famosi predecessori su organo (Vivaldi, Pachelbell, Buxtehude, Schütz), che lo aiutò ad innescare la propria ispirazione.

Un altro metodo utilizzato era lo studio delle Sacre Scritture, come ci informa sua moglie, Ana Magdalena, nella sua cronaca dedicata al marito.

Lo sorprendeva spesso in ginocchio, con la Bibbia aperta alla descrizione fatta dagli evangelisti, a contemplare le scene finali della vita del Salvatore. Fu in questo modo che apparvero gli immortali “oratori” che portano i nomi dei quattro evangelisti, veri e propri monumenti sonori di musica universale, dedicati al Sacrificio del Golgota.

Ogni composizione musicale porta nella sua struttura lo stesso spirito che era animato dal suo autore al momento dell’elaborazione. L’esecutore non può cambiare questo Spirito del pezzo con quello di un altro. Attraverso i mezzi interpretativi è possibile migliorare l’immagine sonora di un brano mediocre, nel caso di un interprete geniale, o persino degradare questa immagine sonora, nel caso di un interprete dai gusti artistici perversi. Tuttavia, queste influenze interpretative non modificano lo sfondo e l’immagine complessiva dell’opera. Qualsiasi amante della musica iniziato al linguaggio della musica cult può distinguere un contenuto banale da uno nobile, non importa quanto l’esecutore cerchi di ridurre la distanza tra di loro.

In termini di accessibilità, la canzone dovrebbe essere semplice, ma non semplicistica. Per melodia semplicistica si intendono quei brani basati su un cliché ritmico, che si ripete in modo identico in tutte le frasi melodiche, dall’inizio alla fine. Ad esempio – gli inni [tratti dall’innario rumeno]: n. 121 (Ho visto Gesù), n. 230 (Giorno dopo giorno), n. 238 (Se ami il Signore), n. 743 (Libero nel Signore) ecc., rientrano in questa categoria. Ma anche quei brani che utilizzano stereotipi ritmico-melodici in eccesso, come ad esempio – gli inni [tratti dall’innario rumeno]: n. 439 (Vorrei portare al mondo), n. 637 (Tu mi parli, Gesù), n. 639 (Apri gli occhi!) ecc. Inni di questo tipo sono amati da alcuni credenti per i loro testi e per la facilità di memorizzare le rispettive melodie, ma queste due considerazioni non cambiano il carattere ballabile dei ritmi, soprattutto quando hanno un metro ternario.

Basta battere le mani al ritmo di una canzone per sapere se sta ballando o meno. La simmetria delle frasi e la ripetitività di alcune formule ritmiche rispondono a bisogni coreografici più che spirituali. La differenza tra una canzone semplicistica e una immortale è che la prima può essere moltiplicata in decine di variazioni utilizzando lo stesso cliché ritmico-melodico, mentre la seconda è inimitabile.

Alcuni dei problemi che l’accessibilità comporta è il divario tra il basso livello di comprensione di un linguaggio musicale elevato, da parte del pubblico, e il livello minimo accettabile, da parte del compositore, rispetto al grado di difficoltà di questo linguaggio.

Il compositore, consapevole della sua sacra missione, non accetterà mai di scendere a compromessi sulla qualità per essere accettato dal pubblico. Comporre canzoni per il gradimento della gente, per il gusto artistico incolto, persino perverso di molti, è un serio compromesso con conseguenze deplorevoli.

La contraddizione tra le richieste dell’autore e le preferenze semplicistiche della maggioranza, in termini di musica, può essere risolta amichevolmente. Il compositore deve offrire non solo della musica scelta, ma deve anche avere quelle conoscenze che aiutino a comprendere il messaggio musicale, e gli ascoltatori devono capire il loro bisogno di educazione artistica, progresso e crescita “a tutti gli effetti”.

Si è constatato che il passaggio da un repertorio corale di scarsa qualità ad uno di qualità artistica superiore è possibile in pochi anni, così che le stesse persone che hanno apprezzato le melodie profane, dopo un tempo relativamente breve di ascolto di musica magistrale, finiscano fino a considerare le vecchie preferenze come ingenue, infantili o non più adatte.

La diversità stilistica della melodia sacra deriva dalla moltitudine di temi letterari con cui si fonde. Eventi come il pentimento, il perdono, il ritorno di Gesù, la lode, la preghiera, la nascita del Signore, l’evangelizzazione, il matrimonio, ecc., possono offrire una grande varietà di stati d’animo che devono essere in armonia sia con il testo letterario che con l’accompagnamento. Non tutti i parolieri, però, riescono a scrivere versi in armonia con il carattere della melodia, né tutti i compositori a illustrare melodicamente le idee del testo.

I mezzi espressivi attraverso i quali si ottiene la diversità melodica sono: ritmo, armonia, tonalità, metrica e registro sonoro. Le sincopi solitamente non contribuiscono alla diversità, ma alla volgarità.

CAPITOLO 10 – ARMONIA

“L’inizio della melodia è l’elemento più nobile della musica. La melodia deve essere lo scopo principale del nostro studio. Componiamo sempre la melodia, il ritmo rimane flessuoso e deve cedere allo sviluppo della melodia; anche la vera armonia deve essere scelta in base alla melodia” (Olivier Messiaen, Technique de mon langage musicale).

Messiaen, uno dei grandi maestri della musica sacra moderna, afferma che la vera armonia è solo quella che deriva dalla melodia, cioè dal materiale sonoro melodico. Da qui si comprende che una melodia diatonica genera un’armonia diatonica, e una melodia cromatica genera un’armonia cromatica. Allo stesso modo, una melodia modale genera un’armonia modale, ecc.

Questo è uno dei principi base di un’armonizzazione magistrale. Questa regola applicata da tutti i grandi compositori nelle loro opere sfociò in quel linguaggio logico, unitario ed espressivo, che separa i capolavori dal resto dei brani mediocri.

Armonizzare una melodia classica con i cosiddetti accordi dissonanti moderni è un’anomalia ridicola, come quegli accompagnamenti pianistici, che soffocano una povera melodia corale con un diluvio di cromatismi e di note straniere che ricadono a cascata su tutta la tastiera del pianoforte. Tale vestizione armonica non ha nulla in comune con il materiale ritmico-melodico del canto di base. Proprio per questo sembra un corpo estraneo che annienta completamente il messaggio di quell’inno, creando un’immagine del tutto sonora rispetto a quella del brano vero e proprio.

Un’altra discrepanza relativa all’armonizzazione è legata all’uso abusivo degli accordi di fase secondaria. Divenne una vera e propria moda tra i pianisti, in particolare, armonizzare alcune melodie tonali quasi esclusivamente con accordi di passi secondari. Vengono costantemente evitati i pilastri tonali di base: la tonica dominante e gli accordi sottodominanti, creando così una confusione armonica e una sonorità timbricamente indefinita, una vera e propria anarchia acustica cambiando le funzioni tonali. Questa deturpazione della musica sacra equivale alla profanazione, all’annientamento delle sue virtù intrinseche, riducendola a semplice decorazione, senza idee, senza comunicazione, senza identità.

Nell’armonizzazione delle melodie sacre va evitato l’abuso degli accordi secondari per le ragioni sopra esposte, nonché l’eccesso di accordi “piccanti” creati artificialmente per motivi di novità, ad ogni costo. I giovani, in particolare, sono attratti dalla cosiddetta “musica giovane” in cui abbondano gli accordi di sesta aumentata, settima diminuita, nona, ecc., così come altri bizzarri aggregati sonori che suonano il più strani possibile, tratti dalla musica jazz.

Senza entrare nei dettagli tecnici per spiegare queste nozioni, per ragioni di spazio, si può fare un’osservazione generale sugli effetti che questi eccessi hanno sull’udito non perverso.

Il primo effetto è quello di una novità sconvolgente, dopodiché, attraverso la loro insistenza, questi strani accordi producono una sonora ebbrezza e poi dipendenza e necessità di dosi sempre maggiori. Così accade anche per i farmaci e le droghe. Qualsiasi accordo dissonante ha il diritto di esistere, quando non viene usato troppo frequentemente. Le spezie hanno il loro ruolo benefico nel cibo, ma un alimento composto solo da spezie diventa tossico.

Un’altra pratica sfortunata nell’armonia sacra contemporanea che si trova nella musica commerciale è condurre le voci in terze e seste parallele attraverso cambiamenti cromatici, un fatto che crea effetti di morbidezza, di sentimentalismo dolce e malaticcio.

La musica religiosa deve essere robusta, corroborante, con normali tensioni e soluzioni melodico-armoniche, non forzata, con un sistema di funzionalità tonali secondo il discorso musicale.

C’è una sostituzione di quella musica vigorosa della natura con un materiale debole e sintetico, così che invece dell’aria fresca naturale (montagne, colline, foreste, acque) l’ascoltatore è costretto a respirare un’aria inquinata e degradante.

Il classicismo musicale (compresa l’era romantica) ha creato un linguaggio perfetto per esprimere pensieri, sentimenti e bisogni dell’anima umani legati al culto. Quello che seguì nel XX secolo fu un ritorno alle antiche forme e mezzi (neoclassicismo, neoromanticismo), nonché a quell’avanguardia, senza alcun legame con i bisogni spirituali dell’uomo. L’esaurimento dei mezzi di espressione della musica è evidente.

Proprio come la Bibbia non può essere rivista, integrata, rinnovata o sostituita perché sarebbe superata o inefficace per l’uomo contemporaneo, così la musica classica è un tesoro completo, sufficiente e insostituibile per i bisogni dell’anima di qualsiasi uomo, indipendentemente dal tempo e dal luogo.

I mezzi moderni, introdotti dalle avanguardie nella composizione musicale (dodecafonismo, serialismo, atonalismo) così come quelli extramusicali, hanno disumanizzato la musica, riducendola a una semplice emissione sonora senza logica, senza espressione, senza contenuto, dove il rumore prende il posto dell’armonia. Inutile dire che queste innovazioni tecniche sono semplici tentativi disperati di trovare nuovi modi di linguaggio che possono essere usati solo come mezzi per descrivere calamità naturali, aree infestate, disastri prodotti da devastanti guerre o terrificanti immagini tratte dal libro dell’Apocalisse, come le illustrazioni di film horror, ma non possono essere impiegate come cibo spirituale.

La musica sacra ha uno scopo diverso da tali descrizioni. Anche l’iniziatore del dodecafonismo e del serialismo, il viennese Arnold Schönberg, dichiarò al termine delle indagini sul campo, che “i capolavori si possono ancora comporre nell’antico do DO maggiore”. Fino a quando non ne saranno composti di nuovi, abbiamo a nostra disposizione i capolavori classici, i grandi inni protestanti e neo-protestanti, i corali di J.S. Bach, i Salmi di Cl. Goudimel, di Cl. Le Jeune e i salmi da concerto di Telemann, F. M. Bartholdy, G. Musicescu, gli inni di Dykes, Lowell Mason e i mottetti di A. Bruckner, Haydn, Mozart, ecc.

Come dovrebbe essere scelta la musica per i servizi divini? Innanzitutto, deve essere originale, cioè scritta e dedicata a questo scopo, sia la melodia che il testo. Canti raccolti da fonti diverse, con dediche diverse, presi in prestito e usati per cantare un testo aggiunto, secondo le circostanze e le esigenze tematiche, non sono i sacrifici più adatti. Le offerte con destinazioni straniere, portate alla tavola del Signore, non onorano l’adoratore, tanto meno Dio.

L’incenso che veniva portato all’altare del tempio aveva una ricetta di ingredienti molto speciale, segreta e vietata per l’uso in altri luoghi. Colui che avrebbe osato portare un altro tipo di abbinamento, un’altra ricetta di incenso avrebbe pagato con la vita. Qualcuno pensa davvero che oggi si possano portare canti dedicati allo stadio, alle riunioni politiche o semplicemente agli spettacoli profani e portarli come offerte al Tempio senza conseguenze disastrose? Dio è lo stesso Sovrano immutabile che merita di ricevere solo sacrifici ispirati da Lui e da Lui solo.

Molte volte, in chiesa, i fedeli sono costretti ad assistere a un vero clamore prodotto dal cosiddetto negativo, con orchestrazioni da ristorante e solisti o formazioni “speciali” tipiche della musica profana, con terribili amplificazioni. Il pubblico guarda gli altri e nessuno osa dire nulla sullo shock prodotto da tale musica, in un posto del genere. Tutti hanno paura di essere ridicolizzati come lasciati indietro con la civiltà, come essere sopraffatti dallo spirito dei tempi, nel caso esprimano la loro insoddisfazione. I protagonisti però si fanno coraggio, visto che il pubblico non reagisce in alcun modo, e la prossima volta escogitano opere ancora più audaci. In questo modo si forma una nuova tradizione abituando l’udito ai suoni propri dei locali notturni e delle feste.

Una volta chiesi a uno degli interpreti se potesse ancora pregare in un’atmosfera così pagana. Mi rispose che era perfettamente in grado di pregare e che non gli dispiaceva affatto quel tipo di musica. Non c’è neanche da meravigliarsi. L’udito diventa perverso, ottuso come la coscienza. Una coscienza continuamente violata viene ridotta al silenzio e il rispettivo individuo può pregare vivendo sistematicamente nel peccato e nell’illusione. Non sempre il nostro giudizio e la nostra coscienza possono essere i nostri migliori consiglieri in tali questioni. Per questo Dio ha mandato la Sua luce attraverso i Suoi strumenti scelti, proprio per salvarci dall’errore.

Ogni osservatore obiettivo può notare che insieme alla libertà personale portata dalla democrazia, nel nostro Paese [Romania], anche lo spirito mondano è penetrato anche nella vita religiosa. Le Chiese neo-protestanti, in particolare, non erano preparate all’inaspettata libertà portata dal cambio di regime politico.

Le conversioni e l’accoglienza dei nuovi membri con così grande facilità hanno facilitato la penetrazione della musica profana nella maggior parte dei culti neo-protestanti, così come alcuni musicisti del genere folk, rock o manele (musica tradizionale rumena), che hanno accettato di cambiare le loro convinzioni religiose, ma non i loro gusti musicali.

In questo modo la Chiesa Avventista del Settimo Giorno si è “arricchita” con rapsodie, chitarristi folk e violinisti professionisti da ristorante, che ha mutato l’ambiente spirituale della chiesa in una festa a tutti gli effetti. I pastori assistono impotenti a tali spettacoli di intrattenimento pagani e non possono intervenire perché i violinisti sono stati pagati secondo tariffe negoziate e non possono più farseli nemici. I matrimoni sono occasioni in cui questo spirito, estraneo alla chiesa di Cristo, si manifesta liberamente.

Per correggere queste anomalie è necessaria un’azione sostenuta da parte della Chiesa per l’educazione culturale-artistica dei giovani Avventisti del Settimo Giorno, in particolare, di quelli che provengono da fuori; così che nel caso della conversione di alcuni rocker, violinisti o folkisti, non vi sia più il rischio che portino nella Chiesa la musica del luogo da cui provengono o il modo di interpretare quella musica. Questa guida musicale può essere un buon inizio nella lotta per preservare la purezza della musica sacra nella Chiesa Avventista del Settimo Giorno.

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