Il patto eterno – Ellet Joseph Waggoner

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IL PATTO ETERNO

ELLET JOSEPH WAGGONER

COMITATO RAW TRUTH

Traduzione: Maria Graur

Revisione: Lussorio Carboni

Impaginazione: Zoran Veleski

PREFAZIONE

Molti anni fa, durante un pomeriggio lugubre e piovoso, ero seduto in un tendone dove un servo del Signore presentava il Vangelo della Sua grazia; non una parola del testo o dei testi usati, né ciò che era stato detto da chi parlava, rimase nella mia mente, non fui consapevole di aver sentito una sola parola; ma, nel bel mezzo del discorso, ho avuto un’esperienza che è stata la svolta nella mia vita. Improvvisamente una luce mi brillò intorno, e il tendone parve illuminato, come se splendesse il sole; ho visto Cristo crocifisso per me, e mi è stato rivelato per la prima volta nella mia vita il fatto che Dio mi ha amato, e che Cristo ha dato Sé Stesso per me personalmente. Era tutto per me. Se potessi descrivere i miei sentimenti, non potrebbero essere compresi da coloro che non hanno avuto un’esperienza simile.

Credevo che la Bibbia fosse la parola di Dio, scritta da santi uomini che scrivevano mossi dallo Spirito Santo, e sapevo che la luce che venne a me era una rivelazione diretta dal cielo; perciò sapevo che nella Bibbia avrei trovato il messaggio dell’amore di Dio per i singoli peccatori, e decisi che il resto della mia vita doveva essere dedicata a trovarlo proprio lì e a renderlo chiaro agli altri. La luce che brillò su di me quel giorno dalla croce di Cristo, fu la mia guida in tutto lo studio biblico che feci successivamente; ovunque andassi nel Libro Sacro, trovavo Cristo presentato come potenza di Dio per salvezza degli individui.

La Bibbia non è stata scritta per altro scopo che per mostrare il modo di vivere. Contiene storie e biografie, anche queste sono parti del messaggio evangelico. Non una riga è scritta se non per rivelare Cristo; chi le legge per altro scopo che non per trovarvi la via della salvezza dal peccato, le legge invano; studiare alla luce del Calvario, è una delizia, e le cose che altrimenti sarebbero oscure sono chiare come il mezzogiorno.

Le pagine che seguono sono concepite come un aiuto per tutti coloro che sono interessati ai precetti e alle promesse della Bibbia nel loro vero contesto. Un filo rosso attraversa l’intera Bibbia: il patto eterno di Dio. Stando alla Croce, si può vedere l’opera del proposito eterno di Dio, che Egli aveva in Cristo, prima che il mondo cominciasse. La storia dal Paradiso perduto fino al Paradiso restaurato, è pronta per essere presentata in un grande panorama.

Io sono l’ultimo a sostenere che in questo libro sia stata detta l’ultima parola sul tema in questione, o su qualsiasi altra parte di esso. Questo non potrà mai accadere in questo mondo. La storia dell’amore di Dio non può mai esaurirsi; è infinita come Dio stesso. Queste pagine sono progettate per essere suggestive – un aiuto per ulteriori studi – ma questo non significa che ci sia alcun dubbio sulla veridicità di quanto qui presentato; lontano da esso. Ulteriori studi su questo argomento non capovolgeranno nulla qui esposto, ma potranno rivelare solo ulteriori verità sulla stessa linea d’onda. Questo non è detto con spirito di vanagloria, perché so in chi ho creduto e ho fiducia nel mio Maestro. Non c’è nulla di stravagante, nessun tentativo di originalità, ma solo la trascrizione di alcune delle ricchezze di Cristo. Se qualche lettore trae da queste pagine anche solo la metà del profitto che ne ho ricevuto scrivendole, allora la ricompensa per il lavoro sarà ampia.

Londra, Gennaio 1900, E.J.Waggoner.

 

CAPITOLO 1 – IL MESSAGGIO DELL’EVANGELO

 

L’annuncio ai pastori

Quando gli umili pastori nelle pianure di Betlemme furono stupiti dallo splendore della gloria del Signore tutta intorno a loro, mentre osservavano di notte i loro greggi, i loro timori furono placati dalla voce dell’angelo del Signore, che disse: “non temete, perché vi annunzio una grande gioia che tutto il popolo avrà; poiché oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, che è Cristo, il Signore” {Luca 2: 10-11}.

Con altre parole questo messaggio potrebbe essere reso anche così: “ecco, io vi annunzio il Vangelo, che sarà una grande gioia per tutti gli uomini”.

In quell’annuncio ai pastori, dunque, apprendiamo alcune cose molto importanti:

  1. Il Vangelo è un messaggio che porta gioia.

“Il Regno di Dio… è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” {Romani 14: 17}. Cristo è unto “con olio di letizia” {Salmi 45: 7} e dona “olio di gioia per il lutto” {Isaia 61: 3}.

  1. È un messaggio di salvezza dal peccato.

Prima di allora lo stesso angelo aveva predetto a Giuseppe la nascita di questo bambino e aveva detto: “Ed ella partorirà un figlio e tu gli porrai nome Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai loro peccati” {Matteo 1: 21}.

  1. È qualcosa che riguarda tutti.

“Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” {Giovanni 3: 16}. Questa è una certezza sufficiente per tutti; sottolineando il fatto che i poveri hanno nel Vangelo uguali diritti ai ricchi, il primo annuncio della nascita di Cristo è stato fatto a degli uomini nelle classi sociali più umili. Non fu ai sommi sacerdoti e agli scribi, né ai nobili, ma ai pastori, che fu data per la prima volta questa lieta novella. Perciò il Vangelo non è al di là della comprensione degli ignoranti. Cristo stesso è nato e cresciuto in grande povertà; Egli predicò il Vangelo ai poveri e “la gente comune lo ascoltava con gioia” {Marco 12: 37}. E poiché si presenta in questo modo alla gente comune, che costituisce la maggior parte del mondo intero, non c’è dubbio che questo sia un messaggio di portata mondiale.

“Il desiderio di tutte le nazioni”

Nonostante il Vangelo sia prima di tutto per i poveri, ciò non è qualcosa di meschino o ignobile. Cristo si è fatto povero perché noi potessimo diventare ricchi. Il grande apostolo, scelto per dare il messaggio ai re e ai grandi uomini della terra, disse, in vista della sua visita nella capitale del mondo: “Infatti io non mi vergogno dell’evangelo di Cristo, perché esso è la potenza di Dio per la salvezza, di chiunque crede” {Romani 1: 16}.

Desideri insoddisfatti

L’unica cosa che tutto il mondo sta cercando è il potere. Alcuni lo cercano per mezzo della ricchezza, altri attraverso la politica, altri attraverso l’apprendimento, e ancora in molti altri modi; ma in qualunque impresa si impegnino gli uomini, l’oggetto è lo stesso: un qualche tipo di potere.

C’è nel cuore di ogni uomo un’inquietudine, un desiderio insoddisfatto, messo lì da Dio stesso. Il folle ambizioso sforzo di alcuni di esaltarsi a spese degli altri, la lotta incessante per la ricchezza e lo sconsiderato tuffo in una vertiginosa spirale di piaceri, sono tutti tentativi vani di soddisfare questo desiderio.

Solo Cristo può soddisfare

Colui che ha impiantato quel desiderio è l’unico che può soddisfarlo. Dio è manifestato in Cristo, e Cristo è per davvero “il desiderio di tutte le nazioni” {Aggeo 2: 7}, tuttavia solo pochi credono che in Lui solo vi sia il riposo perfetto e la piena soddisfazione. Ad ogni mortale insoddisfatto è rivolto l’invito: “gustate e vedete quanto l’Eterno è buono; beato l’uomo che si rifugia in Lui. Temete l’Eterno, voi suoi santi, poiché nulla manca a quelli che lo temono” {Salmi 34: 8-9}. “O Dio, quanto è preziosa la tua benignità! Perciò i figli degli uomini si rifugiano sotto l’ombra delle tue ali; essi si saziano dell’abbondanza della tua casa, e tu li disseti al torrente delle tue delizie” {Salmi 36: 7-8}.

Il potere è ciò che gli uomini desiderano in questo mondo, ma il potere che cercano li rovinerebbe, mentre il potere che Dio desidera che essi abbiano è un potere che salva. Il Vangelo porta a tutti gli uomini questa potenza ed è niente di meno che la stessa potenza di Dio. “Gesù Cristo è la potenza di Dio” {1 Corinzi 1: 24}, affinché solo in Lui possano essere soddisfatti i desideri del cuore. Consideriamo la natura del potere che Egli dona, perché quando avremo scoperto di cosa si tratta, avremo davanti a noi tutto il Vangelo.

La forza del Vangelo

Nella visione che l’amato discepolo ebbe riguardo al tempo che precede la venuta del Signore, il messaggio dell’Evangelo che prepara gli uomini a quell’avvenimento viene così descritto: “Poi vidi un altro angelo che volava in mezzo al cielo e che aveva l’evangelo eterno da annunziare agli abitanti della terra e ad ogni, nazione tribù, lingua e popolo, e diceva a gran voce: Temete Dio e dategli gloria, perché l’ora del suo giudizio è venuta; adorate colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le fonti delle acque” {Apocalisse 14: 6-7}.

Il potere della creazione

La predicazione del Vangelo consiste nel predicare Dio come Creatore di tutte le cose, e invitare gli uomini ad adorarlo come tale. Ciò corrisponde a quanto abbiamo letto nell’Epistola ai Romani, ovvero che il Vangelo “è potenza di Dio per la salvezza”. Quale sia la potenza di Dio lo scopriamo poco più avanti, dove l’apostolo, parlando dei Gentili, dice: “poiché ciò che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, perché Dio lo ha loro manifestato. Infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, essendo evidenti per mezzo delle sue opere fin dalla creazione del mondo, si vedono chiaramente, affinché siano inescusabili” {Romani 1: 19-20}.

Ciò significa che fin dalla creazione del mondo gli uomini, usando i loro sensi, hanno potuto vedere l’eterna potenza di Dio perché è chiaramente discernibile nelle cose che Egli ha fatto. La creazione mostra la potenza di Dio. Quindi il potere di Dio è un potere creativo. E poiché il Vangelo è potenza di Dio per la salvezza, ne consegue che il Vangelo è la manifestazione della potenza creatrice per salvare gli uomini dal peccato.

Ma abbiamo anche imparato che il Vangelo è la buona novella della salvezza per mezzo di Cristo. Il Vangelo consiste nella predicazione di Cristo e Lui crocifisso. L’apostolo dice: “Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad evangelizzare, non però con sapienza di parola, affinché la croce di Cristo non sia resa vana. Infatti il messaggio della croce è follia per quelli che periscono, ma per noi che siamo salvati è potenza di Dio” {1 Corinzi 1: 17-18}.

E ancora: “ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che è scandalo per i Giudei e follia per i Greci; ma a quelli che sono chiamati, sia Giudei che Greci, noi predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio” {1 Corinzi 1: 23-24}. “Anch’io, fratelli, quando venni da voi, non venni con eccellenza di parola o di sapienza, annunziandovi la testimonianza di Dio, perché mi ero proposto di non sapere fra voi altro, se non Gesù Cristo e lui crocifisso” {1 Corinzi 2: 1-2}.

La predicazione di Cristo e di Lui crocifisso è la predicazione della potenza di Dio, e quindi è la predicazione del Vangelo, perché il Vangelo è la potenza di Dio. E questo è esattamente in armonia con il pensiero che la predicazione del Vangelo è l’annuncio di Dio come Creatore; poiché la potenza di Dio è potenza creatrice, e Cristo è Colui per mezzo del quale tutte le cose sono state create. Nessuno può predicare Cristo senza predicarlo come Creatore. Tutti devono onorare il Figlio come onorano il Padre. Qualunque predicazione non riesca a mettere in evidenza il fatto che Gesù Cristo è il Creatore di tutte le cose, non è una predicazione del Vangelo.

Creazione e Redenzione

“In principio era la Parola, e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio… Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (la Parola), e senza di lui nessuna delle cose fatte è stata fatta… E la Parola si è fatta carne, ed ha abitato fra di noi, piena di grazia e di verità” {Giovanni 1: 1-14}.

“Poiché in lui sono state create tutte le cose, quelle che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra, le cose visibili e quelle invisibili: troni, signorie, principati e potestà; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui, Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui” {Colossesi 1: 16-17}.

Prestiamo particolare attenzione a quest’ultimo testo, e vedremo come la creazione e la redenzione si incontrano in Cristo. Nei versetti poco prima si dice che Dio “poiché egli ci ha riscossi dalla potestà delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio, in cui abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue e il perdono dei peccati” {Colossesi 1: 13-14}.

E poi, dopo un’attenta osservazione su chi è Cristo, l’apostolo ci dice che abbiamo la redenzione attraverso il Suo sangue. Questa è la spiegazione: “poiché in lui sono state create tutte le cose”.

Creazione attraverso la Croce

Così la predicazione del Vangelo eterno è la predicazione di Cristo, potenza creatrice di Dio, l’unico per mezzo del quale può venire la salvezza. E il potere mediante il quale Cristo salva gli uomini dal peccato è il potere mediante il quale ha creato i mondi.

(a) Abbiamo la redenzione attraverso il Suo sangue.

(b) La predicazione della croce è la predicazione della potenza di Dio.

(c) La potenza di Dio è la potenza che crea.

(d) Perciò la croce di Cristo ha in sé la potenza creatrice, ovvero la potenza che redime.

Sicuramente questo potere è abbastanza per chiunque. Non c’è da stupirsi che l’apostolo abbia esclamato: “non avvenga mai che io mi vanti all’infuori della croce del Signor nostro Gesù Cristo” {Galati 6: 14}.

Il mistero di Dio

Per alcuni può essere un nuovo concetto che la creazione e la redenzione abbiano a che fare con la stessa potenza; questo è, e deve rimanere sempre, un mistero per tutti. Il Vangelo stesso è un mistero. L’apostolo Paolo desiderava le preghiere dei fratelli, perché gli fosse data la parola, “per far conoscere il mistero dell’Evangelo” {Efesini 6: 19}. Altrove dice di essere stato nominato ministro del Vangelo, secondo il dono della grazia di Dio, datagli mediante l’efficace opera della sua potenza, che “A me, il minimo di tutti i santi, è stata data questa grazia di annunziare fra i gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo, e di manifestare a tutti la partecipazione del mistero che dalle più antiche età è stato nascosto in Dio, il quale ha creato tutte le cose per mezzo di Gesù Cristo” {Efesini 3: 8-9}. Anche qui vediamo che il mistero del Vangelo è il mistero della creazione. Questo mistero fu reso noto all’apostolo per rivelazione. Come gli venne fatta conoscere la rivelazione, questo lo apprendiamo nell’Epistola ai Galati, dove dice: “Ora, fratelli, vi faccio sapere che l’evangelo, che è stato da me annunziato, non è secondo l’uomo, poiché io non l’ho ricevuto né imparato da nessun uomo, ma l’ho ricevuto per una rivelazione di Gesù Cristo” {Galati 1: 11-12}. E poi rende la cosa ancora più precisa, dicendo: “Ma quando piacque a Dio, che mi aveva appartato fin dal grembo di mia madre e mi ha chiamato per la sua grazia, di rivelare in me suo Figlio, affinché l’annunziassi fra i gentili, io non mi consultai subito con carne e sangue” {Galati 1: 15-16}.

La rivelazione di Gesù Cristo

Riassumiamo gli ultimi punti.

  1. Il Vangelo è un mistero.
  2. È un mistero che si conosce solo attraverso la rivelazione di Gesù Cristo.
  3. Non fu semplicemente Gesù Cristo a rivelarglielo, ma gli venne fatto comprendere che il mistero dalla rivelazione di Gesù Cristo era in lui.
  4. Paolo doveva prima conoscere il Vangelo, per poi poterlo predicare agli altri; e l’unico modo in cui poteva essergli fatto conoscere era che Cristo si rivelasse in lui.

La conclusione, quindi, è che il Vangelo è la rivelazione di Gesù Cristo, potenza di Dio, negli uomini. Questa conclusione è chiaramente affermata dall’apostolo in un altro luogo, dove dice “di cui sono stato fatto ministro, secondo l’incarico che Dio mi ha affidato per voi, per presentare compiutamente la parola di Dio, il mistero che fu tenuto nascosto per le passate età e generazioni, ma che ora è stato manifestato ai suoi santi, ai quali Dio ha voluto far conoscere quali siano le ricchezze della gloria di questo mistero fra i gentili, che è Cristo in voi, speranza di gloria” {Colossesi 1: 25-27}.

La vita di Gesù riprodotta negli uomini

Possiamo quindi essere pienamente certi del fatto che il Vangelo sia Cristo negli uomini, e la sua predicazione è far conoscere agli uomini il fatto che Cristo dimora in loro. E questo concorda con l’indicazione dell’angelo, secondo la quale avrebbero dovuto chiamare il nome di Gesù, Emmanuele, “che, interpretato, vuol dire: Dio con noi” {Matteo 1: 23}, e anche con l’affermazione dell’apostolo che il mistero di Dio è Dio manifesto nella carne. La vita di Gesù deve manifestarsi in carne mortale fino al Suo ritorno. Quando gli angeli fecero conoscere ai pastori la nascita di Gesù, fu l’annuncio che Dio era venuto all’uomo nella carne; e quando fu detto che questa buona novella doveva essere per tutti gli uomini, fu rivelato che il mistero di Dio che abitava nella carne umana doveva essere dichiarato a tutti gli uomini e riprodotto in tutti coloro che gli avrebbero creduto.

Ora riassumiamo brevemente tutto ciò che abbiamo imparato finora.

  1. Il Vangelo è la potenza di Dio per la salvezza. La salvezza avviene solo mediante la potenza di Dio, e dovunque c’è la potenza di Dio c’è salvezza.
  2. Cristo è questa potenza di Dio.
  3. Ma la salvezza di Cristo viene attraverso la croce; perciò la croce di Cristo è potenza di Dio.
  4. Quindi la predicazione di Cristo e di Lui crocifisso è la predicazione del Vangelo.
  5. La potenza di Dio è la potenza che crea tutte le cose. Perciò la predicazione di Cristo e di Lui crocifisso, come potenza di Dio, è la predicazione della potenza creatrice di Dio, preposta per la salvezza di uomini.
  6. E le cose stanno così perché Cristo è il Creatore di tutte le cose.
  7. Non solo, ma in Lui tutte le cose sono state create. Egli è il primogenito di tutta la creazione; quando Lui era l’unigenito, “dai giorni eterni” {Michea 5: 2}, tutte le cose sono state virtualmente create, perché tutta la creazione è in Lui.

La sostanza di tutta la creazione e il potere mediante il quale tutte le cose dovrebbero essere fatte apparire erano in Cristo. Questa è un’affermazione del mistero che solo la mente di Dio può comprendere.

  1. Il mistero del Vangelo è Dio manifestato nella carne umana.

Cristo sulla terra è “Dio con noi”. Dunque, Cristo che abita per fede nel cuore degli uomini è tutta la pienezza di Dio in essi.

  1. E questo significa niente meno che l’energia creatrice di Dio operante negli uomini per mezzo di Gesù Cristo, per la loro salvezza. “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura” {2 Corinzi 5: 17}. “Noi infatti siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le buone opere” {Efesini 2: 10}.

 

Tutto ciò è indicato dall’apostolo quando dice che predicare le imperscrutabili ricchezze di Cristo è far vedere a tutti “la partecipazione del mistero che dalle più antiche età è stato nascosto in Dio, il quale ha creato tutte le cose per mezzo di Gesù Cristo” {Efesini 3: 9}.

La condivisione del Mistero

Nella prossima parte della Scrittura abbiamo i dettagli di questo mistero ben riassunti:

“Benedetto sia Dio, Padre del Signor nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo… allorché in lui ci ha eletti prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi e irreprensibili davanti a lui nell’amore… avendoci predestinati ad essere adottati come suoi figli per mezzo di Gesù Cristo secondo il beneplacito della sua volontà, lode della gloria della sua grazia mediante la quale egli ci ha grandemente favoriti nell’amato suo Figlio, in cui abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia, che egli ha fatto abbondare verso di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà secondo il suo beneplacito che egli aveva determinato in se stesso, per raccogliere nella dispensazione del compimento dei tempi sotto un sol capo, in Cristo, tutte le cose, tanto quelle che sono nei cieli come quelle che sono sulla terra. In lui siamo anche stati scelti per un’eredità, essendo predestinati secondo il proponimento di colui che opera tutte le cose secondo il consiglio della sua volontà, affinché fossimo a lode della sua gloria, noi che prima abbiamo sperato in Cristo. In lui anche voi, dopo aver udita la parola della verità, l’Evangelo della vostra salvezza, e aver creduto, siete stati sigillati con lo Spirito Santo della promessa; il quale è la garanzia della nostra eredità, in vista della piena redenzione dell’acquistata proprietà a lode della sua gloria. Perciò anch’io, avendo udito della vostra fede nel Signore Gesù e del vostro amore verso tutti i santi, non cesso mai di rendere grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signor nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia lo Spirito di sapienza e di rivelazione, nella conoscenza di lui, e illumini gli occhi della vostra mente, affinché sappiate qual è la speranza della sua vocazione e quali sono le ricchezze della gloria della sua eredità tra i santi, e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi che crediamo secondo l’efficacia della forza della sua potenza, che egli ha messo in atto in Cristo risuscitandolo dai morti e facendolo sedere alla sua destra nei luoghi celesti” {Efesini 1: 3-20}.

Ora noteremo i diversi punti di questa affermazione.

  1. Tutte le benedizioni ci sono date in Cristo. “Certamente colui che non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà anche tutte le cose con lui?” {Romani 8: 32}.
  2. Questo dono di tutte le cose in Cristo è conforme al fatto che Egli ci ha scelti in Lui prima della fondazione del mondo, affinché in Lui potessimo ottenere la santità. “Poiché Dio non ci ha destinati all’ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo” {1 Tessalonicesi 5: 9}.
  3. In quella decisione fu determinato il destino di ognuno di diventare essere figli.
  4. Di conseguenza ci ha accolto in Colui che è amato.
  5. Nell’Amato abbiamo la redenzione attraverso il Suo sangue.
  6. Tutto questo ci fa conoscere il mistero, cioè che alla pienezza dei tempi Egli riunirà in una sola famiglia tutte le cose in Gesù Cristo, sia le cose che sono nei cieli che quelle sulla terra.
  7. Essendo questo il proposito di Dio, ne consegue che in Cristo abbiamo già ottenuto un’eredità; poiché Dio fa andare tutte le cose secondo la Sua volontà. “L’Eterno è la mia parte di eredità” {Salmi 16: 5}.
  8. Tutti coloro che credono in Cristo sono sigillati con lo Spirito Santo, che è chiamato Spirito Santo della promessa, perché Egli è il garante dell’eredità promessa.
  9. Questo sigillo dello Spirito Santo è il pegno della nostra eredità fino alla redenzione del possesso acquisito. “Non contristate lo Spirito Santo di Dio, col quale siete stati sigillati per il giorno della redenzione” {Efesini 4: 30}.
  10. Coloro che hanno lo Spirito come sigillo, sanno quali sono le ricchezze della gloria dell’eredità; cioè, la gloriosa realtà dell’eredità futura diventa loro già ora, attraverso lo Spirito.

Il Vangelo proclama un’eredità

In questo vediamo che il Vangelo rivela un’eredità; infatti, il mistero del Vangelo è proprio il possesso dell’eredità, perché in Lui abbiamo ottenuto un’eredità. Andiamo a vedere come ci viene presentata questa questione nel capitolo 8 di Romani. Non citeremo la Scrittura per intero, ma la riassumeremo semplicemente così: poiché tutti quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio sono figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi, eredi di Dio e coeredi di Cristo” {Romani 8: 14, 17}. L’unica cosa, al di sopra di ogni altra, che Cristo desidera che noi conosciamo è che il Padre ci ha amato proprio come ha amato Lui.

Eredi di tutte le cose

Ma di che cosa siamo eredi insieme a Cristo? Di tutta la creazione, perché il Padre lo ha costituito “erede di tutte le cose” {Ebrei 1: 2}, e ha detto: “Chi vince erediterà tutte le cose” {Apocalisse 21: 7}. E ciò è mostrato da quanto segue nell’ottavo capitolo dei Romani. Ora siamo figli di Dio, ma la gloria dei figli di Dio non appare ancora. Cristo era il Figlio di Dio, eppure non era riconosciuto come tale dal mondo; “La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui” {1 Giovanni 3: 1}. Possedendo lo Spirito siamo in possesso delle “ricchezze della gloria della sua eredità” {Efesini 1: 18}; e quella gloria, a tempo debito, si rivelerà in noi, in una misura di gran lunga superiore a tutte le attuali sofferenze.

“Infatti il desiderio intenso della creazione aspetta con bramosia la manifestazione dei figli di Dio, perché la creazione è stata sottoposta alla vanità non di sua propria volontà, ma per colui che ve l’ha sottoposta, nella speranza che la creazione stessa venga essa pure liberata dalla servitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Infatti noi sappiamo che fino ad ora tutto il mondo creato geme insieme ed è in travaglio. E non solo esso, ma anche noi stessi, che abbiamo le primizie dello Spirito noi stessi, dico, soffriamo in noi stessi, aspettando intensamente l’adozione, la redenzione del nostro corpo” {Romani 8: 19-23}. L’uomo per creazione era figlio di Dio; ma a causa del peccato divenne figlio dell’ira, figlio di Satana, al quale rese obbedienza, invece che a Dio. Ma per grazia di Dio in Cristo coloro che credono sono fatti figli di Dio e ricevono lo Spirito Santo. Così sono suggellati come eredi fino alla redenzione del possesso acquisito, cioè dell’intera creazione, che attende la sua redenzione quando la gloria sarà rivelata nei figli di Dio.

Il possesso acquisito

Riscatto significa riacquistare. Che cos’è che si deve ricomprare? Evidentemente ciò che era perduto; poiché proprio questo è ciò che il Signore è venuto a salvare. E cosa è stato perso?

L’uomo, in primo luogo; Poiché così dice l’Eterno: Voi siete stati venduti per nulla e sarete riscattati senza denaro” {Isaia 52: 3}.

Cos’altro è andato perduto? Necessariamente tutto ciò che quell’uomo aveva. E cos’era?

Il dominio dell’uomo

“Poi DIO disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su tutta la terra, e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Così DIO creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di DIO; li creò maschio e femmina. E DIO li benedisse e DIO disse loro “Siate fruttiferi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e sopra ogni essere vivente che si muove sulla terra” {Genesi 1: 26-28}.

Il salmista dice dell’uomo: “Eppure tu lo hai fatto di poco inferiore a DIO, e lo hai coronato di gloria e di onore. Lo hai fatto regnare sulle opere delle tue mani e hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi! Pecore e buoi tutti quanti, e anche le fiere della campagna, gli uccelli del cielo e i pesci del mare, tutto quello che passa per i sentieri del mare” {Salmi 8: 5-8}.

Il dominio perduto

Questo era il dominio originario dell’uomo, ma non fu conservato. Nell’epistola agli Ebrei vengono citate le parole del Salmista nel seguente modo: “Infatti non è agli angeli che egli ha sottoposto il mondo a venire, del quale parliamo, ma qualcuno ha testimoniato in un certo luogo, dicendo: Che cosa è l’uomo, perché tu ti ricordi di lui, o il figlio dell’uomo perché lo consideri? Tu lo hai fatto per un po’ di tempo inferiore agli angeli, tu lo hai coronato di gloria e di onore e lo hai costituito sopra le opere delle tue mani; tu gli hai posto tutte le cose sotto i piedi”. Infatti, nel sottoporgli tutte le cose non ha lasciato nulla che non gli fosse sottoposto. Tuttavia al presente non vediamo ancora che tutte le cose gli sono sottoposte, ma vediamo coronato di gloria e d’onore per la morte che sofferse, Gesù, che è stato fatto per un po’ di tempo inferiore agli angeli, affinché per la grazia di Dio gustasse la morte per tutti” {Ebrei 2: 5-9}.

In queste parole si apre alla nostra vista un’immagine meravigliosa. Dio ha posto la terra, e tutto ciò che le appartiene, sotto il dominio dell’uomo. Ma ora non è più così. “Non vediamo ancora che tutte le cose gli sono sottoposte” {Ebrei 2: 8}. Perché ora non vediamo tutte le cose sottoposte all’uomo? Perché l’uomo ha perso ogni cosa a causa della caduta. Ma vediamo che Gesù, che è stato fatto “inferiore agli angeli”, cioè fatto uomo, ha gustato la morte per ogni uomo, affinché tutti coloro che credono possano essere restituiti all’eredità ultima. In modo che, come Gesù morì e risuscitò, e proprio come con la Sua morte e risurrezione coloro che credono in Lui saranno salvati, così anche sarà restituita l’eredità perduta a coloro che sono stati redenti.

Il mondo a venire

Questo è indicato nelle prime parole del brano citato dal libro di Ebrei: “Infatti non è agli angeli che egli ha sottoposto il mondo a venire, del quale parliamo” {Ebrei 2: 5}. Ha dunque messo il mondo in soggezione all’uomo? Sì; poiché quando la terra fu creata, la sottomise all’uomo, e Cristo ha preso lo stato decaduto dell’uomo per redimere sia Lui che la Sua perduta possessione, poiché Egli è venuto a salvare ciò che era perduto; e poiché in Lui abbiamo ottenuto un’eredità, è chiaro che in Cristo abbiamo sottomesso il mondo a venire, che non è altro che la terra rinnovata com’era prima della caduta. Questo è mostrato anche nella profezia di Isaia: “Saranno tutti quanti svergognati e confusi, sì, se ne andranno tutti insieme coperti di vergogna i fabbricanti di idoli. Ma Israele sarà salvato dall’Eterno con una salvezza eterna; voi non sarete svergognati o confusi mai più in eterno. Poiché così dice l’Eterno che ha creato i cieli, Egli, il DIO che ha formato la terra e l’ha fatta; Egli l’ha stabilita, non l’ha creata informe ma l’ha formata perché fosse abitata: “Io sono l’Eterno e non c’è alcun altro. Io non ho parlato in segreto in un angolo oscuro della terra; non ho detto alla progenie di Giacobbe: Cercatemi invano Io, l’Eterno, dico ciò che è giusto e dichiaro le cose che sono rette” {Isaia 45: 16-19}.

Lo scopo di Dio non frustrato

Il Signore ha formato la terra per essere abitata, e siccome opera ogni cosa secondo il consiglio della sua volontà, è certo che il suo disegno si compirà. Ma quando ebbe fatto la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi, e l’uomo sulla terra. “Allora DIO vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono” {Genesi 1: 31}. Poi, poiché il disegno di Dio deve essere compiuto, è evidente che la terra deve ancora essere abitata da persone molto buone, e che deve essere in quel momento in una condizione perfetta.

Incoronato di Gloria

Quando Dio fece l’uomo, “lo incoronò di gloria e onore” e gli diede “dominio sulle opere delle sue mani”. Era quindi re, e come indica la sua corona, il suo regno era uno di gloria. Con il peccato perse il regno e la gloria, ” poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” {Romani 3: 23}. Allora Gesù entrò al suo posto e, mediante la morte, che ha osato per ogni uomo, divenne “coronato di gloria e di onore”. È “Cristo Gesù uomo” {1 Timoteo 2: 5}, che ha così riconquistato il dominio che il primo uomo Adamo aveva perso. Egli fece questo affinché Egli potesse portare molti figli alla gloria. In Lui abbiamo ottenuto un’eredità; e poiché è “Cristo Gesù uomo” che ora è “alla presenza di Dio per noi” {Ebrei 9: 24}, è chiaro che il mondo a venire, che è la nuova terra — “il primo dominio” — è ancora parte dell’uomo.

La maledizione che Cristo portò

Anche i seguenti testi fanno apparire questo: “così anche Cristo, dopo essere stato offerto una sola volta per prendere su di sé i peccati di molti, apparirà una seconda volta senza peccato a coloro che lo aspettano per la salvezza” {Ebrei 9: 28}.

Quando gli fu offerto, portò la maledizione, affinché la maledizione potesse essere rimossa. “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi (poiché sta scritto: “Maledetto chiunque è appeso al legno” {Galati 3: 13}.

Ma quando la maledizione del peccato venne sull’uomo, venne anche sulla terra; “Poi disse ad Adamo: “Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero circa il quale io ti avevo comandato dicendo: “Non ne mangiare”, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con fatica tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e triboli, e tu mangerai l’erba dei campi” {Genesi 3: 17-18}.

Quando Cristo era stato tradito dalle mani di uomini peccatori, “E, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra; e, inginocchiandosi davanti a lui, lo schernivano dicendo: “Salve, o re dei Giudei!” Poi, sputandogli addosso, presero la canna e con quella lo percotevano sul capo” {Matteo 27: 29-30}.

Così, quando Cristo portò la maledizione che venne sull’uomo, allo stesso tempo portò la maledizione della terra. Così quando viene a salvare coloro che hanno accettato il suo sacrificio. Viene anche per rinnovare la terra.

Il tempo della restituzione

Perciò l’apostolo Pietro disse: “E manderà Gesù Cristo, che prima vi era stato annunziato: “che il cielo deve ritenere fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, dei quali Dio ha parlato per bocca di tutti i suoi santi profeti fin dal principio del mondo” {Atti 3: 21}. Così abbiamo le parole di Cristo: “Ora, quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i santi angeli, allora si siederà sul trono della sua gloria. E tutte le genti saranno radunate davanti a lui; ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri. E metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il Re dirà a coloro che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo” {Matteo 25: 31-34}. Questa sarà la consumazionedell’opera del Vangelo.

L’inizio dell’eredità

Torniamo ora al primo capitolo di Efesini. Abbiamo appreso che in Cristo siamo predestinati ad essere adottati come figli; e se siamo figli siamo eredi di Dio e coeredi di Gesù Cristo. Perciò è che in Cristo abbiamo ottenuto un’eredità, perché Egli ha ottenuto la vittoria ed è posto alla destra del Padre, in attesa del tempo in cui i suoi nemici saranno fatti sgabello dei suoi piedi e tutte le cose saranno assoggettate sotto di Lui. Il fatto della nostra eredità in Lui è altrettanto sicuro quanto Egli ha vinto. Come pegno di questa eredità che abbiamo in Lui, Egli ha dato lo Spirito Santo. È della natura dell’eredità, e quindi fa conoscere quali sono le ricchezze della gloria dell’eredità.

Lo Spirito il garante

Lo Spirito è il rappresentante di Cristo. Perciò lo Spirito che dimora negli uomini è Cristo negli uomini la speranza della gloria. E Cristo negli uomini, è potenza creatrice negli uomini facendoli diventare creature nuove. Lo Spirito è donato “secondo le ricchezze della sua gloria” {Efesini 3: 16}, e questa è la misura della potenza mediante la quale dobbiamo essere rafforzati. Quindi la ricchezza della gloria dell’eredità, resa nota per mezzo dello Spirito, non è altro che la potenza mediante la quale Dio creerà tutte le cose nuove per mezzo di Gesù Cristo, come in principio, e mediante la quale creerà di nuovo l’uomo, affinché può essere adatto a quella gloriosa eredità. Così accade che quando lo Spirito è dato nella misura più piena, coloro ai quali è stato dato gustano “la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire” {Ebrei 6: 5}.

Una cosa del tempo presente

Quindi il Vangelo non tratta esclusivamente di promesse per il futuro.

È presente e personale. È la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede o è credente. Mentre crediamo di avere il potere, e quel potere è il potere con cui il mondo a venire deve essere preparato per noi, proprio come è stato creato all’inizio. Pertanto, nello studio della promessa dell’eredità stiamo semplicemente studiando il potere del

Vangelo per salvarci in questo presente mondo malvagio.

Chi sono gli eredi?

“Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa” {Galati 3: 29}.

Di cosa siamo eredi se siamo progenie di Abramo?

Evidentemente della promessa fatta ad Abramo. Ma se siamo di Cristo, allora siamo eredi con Lui; per coloro che sono di Cristo hanno lo Spirito, e coloro che hanno lo Spirito sono eredi di Dio e coeredi di Gesù Cristo.

Quindi essere coerede di Cristo significa essere erede di Abramo.

“Eredi secondo la promessa”. Quale promessa? La promessa di Abramo, ovviamente. E qual era quella promessa? Leggi {Romani 4: 13}, per una risposta.

“Infatti la promessa di essere erede del mondo non fu fatta ad Abrahamo e alla sua progenie mediante la legge, ma attraverso la giustizia della fede”.

Allora, coloro che sono di Cristo sono eredi del mondo. Lo abbiamo già appreso da molti testi, ma ora lo vediamo connesso in modo definitivo con la promessa fatta ad Abramo.

Abbiamo anche imparato che l’eredità deve essere conferita alla venuta del Signore, poiché è quando il Signore viene nella sua gloria che dice ai giusti: “Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che v’è stato preparato sin dalla fondazione del mondo” {Matteo 25: 34}.

Quando il mondo fu creato, fu concepito per essere l’abitazione dell’uomo, e gli fu dato. Ma quel dominio era perso.

È vero che gli uomini ora vivono sulla terra, ma non godono dell’eredità che Dio ha originariamente dato all’uomo. Quello era il possesso di una creazione perfetta da parte di esseri perfetti. Mentre la terra esiste per sempre, “I nostri giorni sulla terra sono come un’ombra e non c’è speranza.” {1 Cronache 29: 15}. Nessuno possiede davvero nulla di questo mondo. Gli uomini progettano, lavorano e combattono per accumulare ricchezza, e poi “periscono gli stolti e gli insensati, e lasciano ad altri i loro beni” {Salmi 49: 10}.

Ma Dio opera ogni cosa secondo il consiglio della sua propria volontà; nessuno dei Suoi propositi fallirà; e così, non appena l’uomo ebbe peccato e perse la sua eredità, una restaurazione fu promessa per mezzo di Cristo, in queste parole: “E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei; esso ti schiaccerà il capo, e tu ferirai il suo calcagno” {Genesi 3: 15}. Con queste parole era predetta la distruzione di Satana e tutta la sua opera. La “grande salvezza” è “stata inizialmente annunziata dal Signore” {Ebrei 2: 3}. “Poi il regno, il dominio e la grandezza dei regni sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutti i domini lo serviranno e gli ubbidiranno.” {Daniele 7: 27}. Questo sarà un vero possesso, perché sarà eterno.

La promessa della sua venuta

Tutto questo deve essere consumato alla venuta del Signore nella gloria, “che il cielo deve ritenere fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, dei quali Dio ha parlato per bocca di tutti i suoi santi profeti fin dal principio del mondo” {Atti 3: 21}. Perciò la venuta del Signore che restaura ogni cosa è stata la grande speranza posta davanti alla chiesa sin dalla caduta dell’uomo. I fedeli hanno sempre atteso con impazienza quell’evento; e sebbene il tempo sia sembrato lungo, e la maggior parte delle persone dubita della promessa, è sicura come la parola del Signore. La promessa, i dubbi degli increduli e la certezza dell’adempimento della promessa, sono vividamente esposti nella seguente parte della Scrittura:

“Carissimi, questa è già la seconda epistola che vi scrivo; in entrambe cerco di tener desto il vostro genuino modo di pensare facendo appello alla vostra memoria affinché vi ricordiate delle parole già dette dai santi profeti e del comandamento dello stesso Signore e Salvatore trasmessovi da noi apostoli, Prima di tutto dovete sapere questo, che negli ultimi giorni verranno degli schernitori, che cammineranno secondo le loro proprie voglie e diranno: “Dov’è la promessa della sua venuta? Da quando infatti i padri si sono addormentati, tutte le cose continuano come dal principio della creazione”. Ma essi dimenticano volontariamente che per mezzo della parola di Dio i cieli vennero all’esistenza molto tempo fa, e che la terra fu tratta dall’acqua e fu formata mediante l’acqua, a motivo di cui il mondo di allora, sommerso dall’acqua, perì, mentre i cieli e la terra attuali sono riservati dalla stessa parola per il fuoco, conservati per il giorno del giudizio e della perdizione degli uomini empi. Ora, carissimi, non dimenticate quest’unica cosa: che per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni come un giorno. Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni credono che egli faccia, ma è paziente verso di noi non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento. Ora il giorno del Signore verrà come un ladro di notte; in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi si dissolveranno consumati dal calore e la terra e le opere che sono in essa saranno arse. Poiché dunque tutte queste cose devono essere distrutte, come non dovreste voi avere una condotta santa e pia, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, a motivo del quale i cieli infuocati si dissolveranno e gli elementi consumati dal calore si fonderanno? Ma noi, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e nuova terra nei quali abita la giustizia” {2 Pietro 3: 1-13}.

Alcune verità chiaramente rivelate

Rileggi ora il brano e nota i seguenti punti:

  1. Coloro che si fanno beffe della promessa della venuta del Signore ignorano volontariamente alcuni degli eventi più chiari e importanti registrati nella Bibbia, vale a dire la creazione e il diluvio. Dicono che “tutte le cose continuano come erano dal principio della creazione”. Ma non c’erano, mentre Dio, che era lì, dice che le cose sono cambiate molto dalla creazione.
  2. La parola del Signore creò in principio i cieli e la terra. “I cieli furono fatti per mezzo della parola dell’Eterno, e tutto il loro esercito mediante il soffio della sua bocca” {Salmi 33: 6}. “Allora DIO vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono” {Genesi 1: 31}. Dopo qualche centinaio di anni, tuttavia, “Ora DIO guardò sulla terra ed ecco, era corrotta, perché ogni carne sulla terra aveva corrotto la sua condotta” {Genesi 6: 12}.
  3. Poi con la stessa parola con cui fu fatta la terra, fu ricoperta d’acqua, l’acqua che era stata immagazzinata fu fatta per contribuire per la sua distruzione. Per il diluvio la terra “perì”; la terra nella sua condizione attuale non ha quasi alcuna somiglianza con quella che esisteva prima del diluvio.
  4. Con la stessa parola con cui fu creata e distrutta la terra, la terra che è ora è custodita fino al tempo della perdizione degli uomini empi, quando sarà travolta da un lago di fuoco invece che da un fiume d’acqua.
  5. “Ma noi, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e nuova terra nei quali abita la giustizia” {2 Pietro 3: 13}. La stessa parola compie tutto.

Il grande culmine

Così sembra che la venuta del Signore sia stato l’unico grande evento verso il quale tutto tendeva sin dalla caduta. La “promessa della Sua venuta” è la stessa della promessa di un nuovo cielo e di una nuova terra. Questa era la promessa ai “padri”. Coloro che la deridono non possono negare che la Bibbia contenga la promessa, ma pensano che non ci siano probabilità del suo adempimento. Ignorano il fatto che le cose sono cambiate molto dalla creazione; e hanno dimenticato che la parola del Signore dura in eterno.

Il Signore non dimentica

“Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa “. Si noti che è il singolare, non la forma plurale della parola. Non sono promesse, ma promessa. È un fatto che il Signore non dimentica nessuna delle Sue promesse, ma questa Scrittura menziona una promessa precisa, vale a dire, la promessa della venuta del Signore e la restaurazione della terra. Sarà proprio una “terra nuova”, perché sarà riportata allo stato in cui era, quando fu fatta la prima volta.

La brevità di tempo

Ora, anche se è passato molto tempo, come conta l’uomo, da quando è stata fatta la promessa, “il Signore non è lento riguardo alla Sua promessa”. Mille anni sono per Lui come un giorno. Quindi è trascorsa, per così dire, appena una settimana da quando la promessa fu fatta per la prima volta, al momento della caduta. Sono passati solo pochi giorni per Dio da quando i “padri si sono addormentati”. Il trascorrere di qualche migliaio di anni non allontana di un briciolo l’adempimento della promessa di Dio. È sicura come quando è stata enunciata per la prima volta. Non ha dimenticato. L’unico motivo per cui ha ritardato così a lungo è che “…è paziente verso di noi non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento”. Quindi dice “E ricordate che la pazienza del nostro Signore è in funzione della salvezza” {2 Pietro 3: 15}, e accettare con gratitudine la gentilezza così gentilmente offerta, invece di considerare il suo misericordioso ritardo come prova della mancanza di buona fede da parte Sua.

Mille anni come un giorno

Non va dimenticato che mille anni per il Signore sono come un giorno, un giorno è per Lui come mille anni. Che cosa significa? Semplicemente che, secondo il modo contare degli uomini, il Signore potrebbe metterci molto tempo prima di realizzare i Suoi piani, ma ciò non dovrebbe essere preso come prova del fatto che Dio impieghi necessariamente tanto tempo per realizzare una certa opera… Un giorno vale quanto mille anni con il Signore, ogni volta che Egli sceglie di far compiere l’opera di mille anni in un solo giorno. E questo succederà ancora. “Infatti egli manda ad effetto la decisione con giustizia, perché il Signore manderà ad effetto e accelererà la decisione sopra la terra” {Romani 9: 28}. Un giorno basterà per l’opera di mille anni. Il giorno della Pentecoste è stato solo un esempio di quella potenza con cui l’opera del Vangelo deve ancora agire.

E ora che abbiamo avuto questo riassunto di ciò che realmente è il Vangelo del regno, e ci siamo riferiti alla promessa fatta ai padri come fondamento della nostra fede, possiamo procedere allo studio di quella promessa a cominciare da Abramo, di cui dobbiamo essere figli se dobbiamo essere eredi con Cristo.

CAPITOLO 2 – LA PROMESSA AD ABRAMO

Nello studio di questa promessa, bisogna sempre tenere a mente due parti della Scrittura. La prima è nelle parole di Gesù: “Voi investigate le Scritture, perché pensate di aver per mezzo di esse vita eterna; ed esse sono quelle che testimoniano di me” {Giovanni 5: 39}. “Infatti se voi credeste a Mosè, credereste anche a me, perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come crederete alle mie parole?” {Giovanni 5: 46-47}.

Le Scritture che contengono la Promessa

Le uniche Scritture ai giorni di Cristo erano i libri ora conosciuti come l’Antico Testamento; questi testimoniano di Lui. Sono stati dati per nessun altro scopo. Possono rendere gli uomini sapienti alla salvezza, mediante la fede “che è in Cristo Gesù” {2 Timoteo 3: 15}; e tra questi scritti i Libri di Mosè sono particolarmente indicati dal Signore come rivelatori di Lui. Chi legge gli scritti di Mosè, e tutto l’Antico Testamento, con ogni altra aspettativa che quella di trovare Cristo e la via della vita per mezzo di Lui, non riuscirà a comprenderli. La sua lettura sarà vana.

Le promesse di Dio in Cristo

L’altro testo è: “Perché il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che è stato fra voi predicato da noi cioè da me, da Silvano e da Timoteo non è stato “sì” e “no”, ma è stato “sì” in lui. Poiché tutte le promesse di Dio hanno in lui il “sì” e “l’amen”, alla gloria di Dio per mezzo di noi” {2 Corinzi 1: 19-20}. Nessuna promessa di Dio è mai stata data all’uomo se non per mezzo di Cristo. La fede personale in Cristo è l’unica cosa necessaria per ricevere ciò che Dio ha promesso, Dio non ha riguardi per le persone: offre gratuitamente le sue ricchezze a tutti; ma nessuno può averne parte se non quando riceve Cristo. Questo è perfettamente giusto, poiché Cristo è dato a tutti se solo lo vogliono.

La promessa

Tenendo presenti questi principi, leggiamo il primo racconto della promessa di Dio ad Abramo. “Ora l’Eterno disse ad Abramo: “Vattene dal tuo paese, dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, nel paese che io ti mostrerò. Io farò di te una grande nazione e ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai una benedizione. E benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà; e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra” {Genesi 12: 1-3}.

Una promessa evangelica

All’inizio possiamo vedere che questa promessa ad Abramo era una promessa in Cristo. “E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato le nazioni mediante la fede, diede prima ad Abrahamo una buona notizia: “Tutte le nazioni saranno benedette in te”, perciò coloro che si fondano sulla fede sono benedetti col fedele Abrahamo”. Da ciò apprendiamo che quando Dio disse che in Abramo dovevano essere benedette tutte le famiglie della terra, gli annunziava il Vangelo. La benedizione che sarebbe venuta sul popolo della terra attraverso di lui poteva essere ottenuta solo attraverso la fede.

Abramo e la Croce

La predicazione del Vangelo è la croce di Cristo. Così l’apostolo Paolo dice di essere stato mandato a predicare il Vangelo, ma non con sapienza di parole, perché la croce di Cristo non fosse resa inefficace. E poi aggiunge che la predicazione della croce è potenza di Dio per coloro che sono salvati (Vedi 1 Corinzi 1: 17-18). Questo non è che un altro modo per dire che cos’è il Vangelo, perché il Vangelo è la potenza di Dio per la salvezza. Perciò, poiché la predicazione del Vangelo è la predicazione della croce di Cristo (e non c’è salvezza con nessun altro mezzo), e Dio predicò il Vangelo ad Abramo quando disse: “In te saranno benedette tutte le famiglie della terra”, è molto chiaro che in quella promessa la croce di Cristo fu fatta conoscere ad Abramo, e che la promessa così fatta era quella che poteva essere ottenuta solo attraverso la croce. Questo fatto è reso molto chiaro nel terzo capitolo dell’Epistola ai Galati. Dopo la dichiarazione che la promessa di benedizione è per tutte le nazioni della terra attraverso Abramo, e che coloro che sono di fede sono benedetti con il fedele Abramo, seguono le parole: “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi (poiché sta scritto: “Maledetto chiunque è appeso al legno”), affinché la benedizione di Abrahamo pervenisse ai gentili in Cristo Gesù, perché noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede” {Galati 3: 13-14}. Qui abbiamo affermato nei termini più espliciti che la benedizione di Abramo, che doveva venire su tutte le famiglie della terra, doveva venire solo per mezzo della croce di Cristo.

Qualcosa da ricordare

Questo è un fatto che deve essere ben fissato nella mente proprio all’inizio. Tutti i malintesi delle promesse di Dio ad Abramo e alla sua discendenza sono sorti dal mancato vedere in loro il Vangelo della croce di Cristo. Se si ricorderà continuamente che tutte le promesse di Dio sono in Cristo, da godere solo per mezzo della sua Croce, e che di conseguenza sono spirituali ed eterne nella loro natura, non ci sarà difficoltà, e lo studio della promessa ai padri sarà un piacere e una benedizione.

La promessa ripetuta

Leggiamo che Abramo, in obbedienza alla chiamata del Signore, uscì dalla casa di suo padre e dalla sua terra natale. “E Abramo prese Sarai sua moglie e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano accumulato e le persone che avevano acquistate in Haran, e partirono per andarsene nel paese di Canaan. Così essi giunsero nel paese di Canaan. Abramo attraversò il paese fino alla località di Sichem, fino alla quercia di Moreh. A quel tempo si trovavano nel paese i Cananei. Allora l’Eterno apparve ad Abramo e disse: “Io darò questo paese alla tua discendenza”. Allora Abramo vi costruì un altare all’Eterno che gli era apparso. Di là si spostò verso la montagna a est di Betel, e piantò le sue tende, avendo Betel a ovest e Ai a est; e là costruì un altare all’Eterno e invocò il nome dell’Eterno” {Genesi 12: 5-8}.

Alcuni termini da fissare in mente

È meglio per noi percepire il vero significato delle promesse di Dio e dei rapporti con Abramo fin dall’inizio, e quindi il nostro studio successivo sarà facile, poiché non sarà che l’applicazione di questi principi. In quest’ultima scrittura vengono introdotti alcuni argomenti, che occupano un posto molto importante in questo studio, e quindi li noteremo qui.

La discendenza

Il Signore disse ad Abramo, dopo che ebbe raggiunto il paese di Canaan: “Alla tua discendenza darò questo paese”. Se ci atteniamo alle Scritture, non avremo un momento di difficoltà nell’accertare chi è il seme. “Ora le promesse furono fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza. La Scrittura non dice: “E alle discendenze” come se si trattasse di molte, ma come di una sola: “E alla tua discendenza”, cioè Cristo” {Galati 3: 16}. Questo dovrebbe per sempre dirimere la questione, in modo che non vi possa essere contestazione su di essa. Il seme di Abramo, al quale è stata fatta la promessa, è Cristo. Lui è l’erede.

Coeredi

Ma possiamo anche essere coeredi di Cristo. “Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è né Giudeo né Greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù. Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa” {Galati 3: 27-29}. Non si dimentichi che, sebbene ci siano molte migliaia incluse nella discendenza, c’è una sola discendenza, perché sono tutti uno in Cristo, che è il Seme.

Solo in Cristo

Coloro che sono stati battezzati in Cristo si sono rivestiti di Cristo, e quindi sono uno in Lui. Quindi, quando si dice che Cristo è progenie di Abramo, al quale sono state fatte le promesse, sono inclusi tutti coloro che sono in Cristo. Ma nulla al di fuori di Cristo è incluso nella promessa. Dire che l’eredità promessa alle progenie di Abramo potrebbe essere posseduta da chiunque tranne coloro che erano di Cristo mediante la fede in Lui, significa ignorare il Vangelo e negare la parola di Dio. “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura”. Perciò, poiché la promessa della terra era ad Abramo e alla sua discendenza, che è Cristo e a coloro che l’hanno rivestito mediante il battesimo, e che quindi sono nuove creature, ne segue che la promessa della terra era solo per coloro che erano nuove creature in Cristo, figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù. Anche questa è un’ulteriore prova che tutte le promesse di Dio sono in Cristo e che le promesse ad Abramo possono essere condivise solo attraverso la croce di Cristo. Che questo principio, quindi, non sia mai dimenticato nella lettura di Abramo e della promessa a lui e alla sua discendenza che il seme è Cristo e coloro che sono in Lui. Questo e nient’altro.

La terra

Abramo era nel paese di Canaan quando Dio gli disse: “Alla tua discendenza darò questo paese”. Rivolgiamoci ora alle parole che il martire Stefano, pieno di Spirito Santo, con il volto splendente come quello di un angelo, disse ai suoi persecutori: “Il Dio della gloria apparve ad Abrahamo, nostro padre, mentre egli era in Mesopotamia, prima che abitasse in Carran e gli disse: “Esci dal tuo paese e dal tuo parentado e va’ nel paese che io ti mostrerò”. Allora egli uscì dal paese dei Caldei e abitò in Carran; di là, dopo che suo padre morì, Dio lo fece venire in questo paese, nel quale ora voi abitate” {Atti 7: 2-4}. Questa non è che una ripetizione di quanto abbiamo già letto nel capitolo dodicesimo della Genesi. Ora leggi il versetto successivo: “E non gli diede alcuna eredità, neppure lo spazio per posarvi un piede. Ma promise di darlo in proprietà a lui e alla sua progenie dopo di lui, quand’egli non aveva ancora alcun figlio” {Atti 7: 5}. Impariamo qui che, sebbene a volte sia semplicemente affermato: “Alla tua discendenza io darò questa terra”, lo stesso Abramo fu sempre incluso nella promessa. Ciò è reso molto evidente dalle ripetizioni della promessa che seguono nel libro della Genesi.

Gesù e la risurrezione

Ma impariamo di più, ed è che Abramo in realtà non ricevette alcuna eredità di terra. Non possedeva tanto terreno da mettervi piede; eppure Dio l’aveva promesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui. Che diremo a questo? Che la promessa di Dio è fallita? No, in alcun modo. Dio “non può mentire”. “Egli rimane fedele” {2 Timoteo 2: 13}. Abramo morì senza aver ricevuto l’eredità promessa, eppure morì nella fede. Dobbiamo quindi imparare da questo la lezione che lo Spirito Santo ha voluto che gli ebrei imparassero, cioè che l’eredità promessa poteva essere ricevuta solo attraverso Gesù e la risurrezione. Anche questo è reso molto chiaro dalle parole dell’apostolo Pietro: “Voi siete i figli dei profeti e del patto che Dio stabilì con i nostri padri, dicendo ad Abrahamo: “E nella tua progenie tutte le nazioni della terra saranno benedette”. A voi per primi Dio, dopo aver risuscitato il suo Figlio Gesù, lo ha mandato per benedirvi, allontanando ciascuno di voi dalle sue iniquità” {Atti 3: 25-26}. La benedizione di Abramo, come abbiamo appreso, viene sui Gentili, o su tutte le famiglie della terra, per mezzo di Gesù Cristo e della sua croce; ma la benedizione di Abramo è connessa con la promessa della terra di Canaan. Anche questo doveva essere posseduto solo attraverso Cristo e la risurrezione. Se fosse stato altrimenti, Abramo sarebbe rimasto deluso, invece di morire nella piena fede della promessa. Ma anche questo apparirà più chiaramente mentre procediamo.

CAPITOLO 3 – COSTRUIRE UN ALTARE

Ovunque andava Abramo, costruì un altare al Signore. Mentre leggi questo, ricorda che la promessa che tutte le nazioni sarebbero state benedette in Abramo, specificava famiglie. “In te saranno benedette tutte le famiglie della terra” {Genesi 12: 3}. La religione di Abramo era una religione di famiglia. L’altare di famiglia non fu mai trascurato nella sua casa. Questa non è una figura retorica vuota, ma deriva dalla pratica dei padri ai quali è stata fatta la promessa, e di cui siamo partecipi se siamo della loro fede e pratica. Non avrebbe semplicemente comandato loro di farlo, e non avrebbe lasciato che la questione riposasse; ma Egli avrebbe comandato loro, e il risultato sarebbe stato che avrebbero osservato la via del Signore. Il suo insegnamento sarebbe stato efficace.

La natura dei giusti comandamenti

Possiamo essere certi che i comandamenti di Abramo ai suoi figli e alla sua famiglia non erano severi e arbitrari. Li capiremo meglio se consideriamo la natura dei comandamenti di Dio.

Essi “non sono gravosi” {1 Giovanni 5: 3}. «Il suo comandamento è la vita eterna» {Giovanni 12: 50}.

Sono viventi, in quanto portano con sé il compimento di ciò che richiedono. Colui che pensa di seguire l’esempio di Abramo che comanda la sua famiglia, con regole dure e arbitrarie, e facendo la parte di un giudice severo, o di un tiranno, minacciando ciò che farà se i suoi comandi non saranno obbediti e facendo rispettare i suoi comandi, non nello spirito dell’amore, perché hanno ragione, ma perché è più forte dei suoi figli, e li ha in suo potere, ha molto bisogno di imparare dal Dio di Abramo. “E voi, padri, non provocate ad ira i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell’ammonizione del Signore” {Efesini 6: 4}. Un comando che non implica istruzione, aiuto e addestramento, è solo lettera morta.

Allo stesso tempo possiamo essere certi che i comandi di Abramo non erano come i rimproveri deboli e petulanti di Eli ai suoi figli malvagi e indegni: “Perché fate tali cose? Poiché sento da parte di tutto il popolo delle vostre malvagie azioni. No, figli miei, perché le voci che sento di voi non sono affatto buone” {1 Samuele 2: 23-24}. Il giudizio si abbatté su Eli e la sua casa, «perché i suoi figli si sono resi spregevoli, ed egli non li ha frenati.». Abramo trasmise una benedizione per tutta l’eternità, perché i comandi che dava ai suoi figli avevano potere restrittivo.

La predicazione del Vangelo di Dio

Abramo doveva essere una benedizione per tutte le persone. Ovunque andasse, era una benedizione. Ma questa benedizione iniziò nella sua famiglia. Questo era il centro. Dalla cerchia familiare l’influenza celeste è passata ai vicini. E ora possiamo ben notare più da vicino l’affermazione che quando Abramo costruì un altare, “invocò il nome del Signore” {Genesi 12: 8}. Nella traduzione del Dr. Young è reso così: “Egli predicò nel nome di Geova”. Senza richiamare l’attenzione sui vari luoghi in cui si trova la stessa espressione, vale la pena notare che le parole ebraiche sono identiche a quelle usate in {Esodo 34: 5}, dove leggiamo che il Signore scese nella nuvola, si fermò presso Mosè “e annunziò il nome del Signore”. Possiamo quindi capire che quando Abramo eresse l’altare di famiglia non solo insegnò alla sua famiglia nel senso stretto, ma “proclamò il nome del Signore” intorno a lui. Come Noè, Abramo era un predicatore di giustizia. Come Dio predicò il Vangelo ad Abramo, così Abramo predicò il Vangelo agli altri. Il Signore non chiama nessun uomo solo perché egli stesso riceva il Vangelo, ma perché lo faccia conoscere a denti stretti. “E chi ode dica: «Vieni»” {Apocalisse 22: 17}.

Non dobbiamo, tuttavia, cadere nell’errore di supporre che Abramo era originariamente buono, e che era per questo motivo che Dio lo chiamava, o che non aveva nessuna delle tentazioni, e non era soggetto a nessuna delle debolezze, degli uomini comuni. La bontà non è naturale per l’umanità e Abramo era molto umano. Era una carne debole, mortale, peccaminosa, ma «…egli credette all’Eterno, che glielo mise in conto di giustizia» {Genesi 15: 6}. Alcune cose molto cattive sono registrate contro Abramo, e se le menzioniamo non è per denigrare lui, ma per mostrare Dio “che giustifica l’empio” {Romani 4: 5}. “Infatti tutte le cose che furono scritte in passato furono scritte per nostro ammaestramento, affinché mediante la perseveranza e la consolazione delle Scritture noi riteniamo la speranza” {Romani 15: 4}. Ignorare i peccati dei patriarchi, è privarci del conforto che Dio ha pensato per noi nel registrarli. Farne degli eroi, come se fossero naturalmente diversi dagli altri uomini, è rendere nulla la grazia di Dio. In due diverse occasioni Abramo mentì leggermente su sua moglie, mettendola in una posizione molto compromettente per proteggersi da un possibile pericolo. La sua linea d’azione in Egitto era estremamente rudimentale. E qui potremmo notare che tutto il legame del popolo di Dio con l’Egitto è stato a loro svantaggio. Mentre Abramo stava per entrare in Egitto, fece un piano per far passare sua moglie per sua sorella, affinché gli egiziani, allettati dalla sua bellezza, non lo uccidessero per possederla. Che Abramo ci pensasse o no, è molto evidente che mentre questo sotterfugio poteva salvargli la vita, era atto a mettere in pericolo l’onore di sua moglie, poiché se gli egiziani fossero stati inclini a rapire la moglie di un uomo, avrebbero avuto ancora meno esitazioni a prendere sua sorella. E questa stessa cosa è accaduta. “Quando infatti Abramo giunse in Egitto, gli Egiziani videro che la donna era molto bella. La videro anche gli ufficiali del Faraone e la lodarono davanti al Faraone e la donna fu portata in casa del Faraone. Ed egli trattò bene Abramo a motivo di lei. Così Abramo ebbe pecore, buoi, asini, servi, serve, asine e cammelli” {Genesi 12: 14-16}.

Una parte più vile e miserabile di questa non potrebbe essere interpretata da nessun uomo. Il faraone apprese, tuttavia, attraverso i giudizi di Dio che la donna era la moglie di Abramo, e non sua sorella, e quindi rimproverò con grande indignazione Abramo per la sua condotta non virile. Non solo, ma Abramo fu sommariamente mandato fuori dall’Egitto in disgrazia.

“Poi il Faraone diede alla sua gente ordini riguardo ad Abramo, ed essi fecero partire lui, sua moglie e tutto quello che aveva” {Genesi 12: 20}. Questo significa semplicemente che ad Abramo fu detto di uscire subito, e ai servitori del Faraone fu ordinato di condurlo via immediatamente. È stato umiliante, ma Abramo non aveva una parola da dire in sua legittima difesa. Eppure l’uomo che poteva essere colpevole di un atto così vile come questo, divenne il padre di tutti coloro che credono, e fu chiamato “l’amico di Dio” {Giacomo 2: 23}. Ecco dunque il conforto per tutti. “Ascoltatemi, voi che perseguite la giustizia e cercate l’Eterno! Guardate alla roccia da cui siete stati tagliati e alla buca della cava da cui siete stati cavati. Guardate ad Abrahamo vostro padre e a Sara che vi ha partorito, perché lo chiamai quando era solo, lo benedissi e lo moltiplicai” {Isaia 51: 1-2}. Grazie a Dio che Cristo non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori al pentimento! La bontà che è apparsa nella vita di Abramo è stata solo quella che il Signore dona a ogni peccatore che Lo accoglie.

Abramo e Lot 

“E Abramo era molto ricco di bestiame, d’argento e d’oro” {Genesi 13: 2}. “Anche Lot, che viaggiava con Abramo aveva greggi, armenti e tende. E il paese non era in grado di sostenerli, se essi abitavano assieme, perché i loro beni erano così grandi che non potevano stare assieme. Sorse perciò una contesa fra i pastori del bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di Lot. I Cananei e i Perezei abitavano a quel tempo nel paese. Così Abramo disse a Lot: «Deh, non ci sia contesa fra me e te, né fra i miei pastori e i tuoi pastori, perché siamo fratelli»” {Genesi 13:5-8}.

Il segreto della generosità di Abramo

Quando comprendiamo la natura della promessa di Dio a Abramo, possiamo capire il segreto della sua generosità. Supponiamo Lot abbia scelto la parte migliore del paese; che potrebbe fare la differenza con l’eredità di Abramo. Avendo Cristo, aveva tutto. Non ha cercato i suoi beni in questa vita presente, ma nella vita a venire. Avrebbe accettato con gratitudine qualunque prosperità il Signore gli avrebbe mandato; ma se le sue ricchezze in questa vita fossero state piccole, ciò non avrebbe diminuito l’eredità che gli era stata promessa.

Cristo nostra Pace

Non c’è niente come la presenza e la benedizione di Cristo per risolvere tutte le controversie, o per prevenirle. Nella storia di Abramo abbiamo un vero esempio cristiano. Come il maggiore avrebbe potuto difendere la sua dignità e rivendicare i suoi “diritti”. Ma non avrebbe potuto farlo da cristiano. L’amore “non cerca le cose proprie” {1 Corinzi 13: 5}. Abrahamo manifestò il vero Spirito di Cristo. Quando i cristiani professi sono desiderosi di comprendere le cose di questo mondo e sono preoccupati per il fatto di non essere privati di alcuni dei loro diritti, mostrano di essere ignari della eredità duratura che Cristo offre.

Una moltitudine innumerevole

La cortesia cristiana di Abramo, che era il risultato della sua fede nella promessa per mezzo di Cristo, non fu ignorata dal Signore. Leggiamo: “E l’Eterno disse ad Abramo, dopo che Lot si fu separato da lui: «Alza ora i tuoi occhi e mira dal luogo dove sei a nord a sud; a est e a ovest. Tutto il paese che tu vedi, io lo darò a te e alla tua discendenza, per sempre. E renderò la tua discendenza come la polvere della terra; per cui, se qualcuno può contare la polvere della terra, si potrà contare anche la tua discendenza. Levati, percorri il paese in lungo e in largo, perché io lo darò a te»” {Genesi 13: 14-17}.

Non dimentichiamo che “…le promesse furono fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza. La Scrittura non dice: «E alle discendenze» come se si trattasse di molte, ma come di una sola: «E alla tua discendenza», cioè Cristo” {Galati 3:16}. Non c’è altro seme di Abramo tranne Cristo e coloro che sono suoi. Perciò questa innumerevole posterità che fu promessa ad Abramo, è identica a quella di cui si parla nella seguente scrittura: “Dopo queste cose vidi una grande folla che nessuno poteva contare, di tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue; questi stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, coperti di vesti bianche e avevano delle palme nelle mani. E gridavano a gran voce, dicendo: «La salvezza appartiene al nostro Dio che siede sul trono e all’Agnello». Poi uno degli anziani si rivolse a me, dicendo: «Chi sono costoro che sono coperti di bianche vesti, e da dove sono venuti?». Ed io gli dissi: «Signore mio, tu lo sai». Egli allora mi disse: «Costoro sono quelli che sono venuti dalla grande tribolazione, e hanno lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello” {Apocalisse 7: 9-10, 13-14}.

Abbiamo già appreso che la benedizione di Abramo giunge su tutte le nazioni per mezzo della croce di Cristo, così che nell’affermazione che questa innumerevole compagnia ha lavato le loro vesti e le ha imbiancate nel sangue dell’Agnello, vediamo il compimento della promessa ad Abramo, di una discendenza innumerevole. “Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa” {Galati 3: 29}.

Il lettore non dovrebbe mancare di notare nella ripetizione della promessa nel tredicesimo capitolo della Genesi, che la terra figura in modo molto prominente. L’abbiamo trovata nei capitoli precedenti e la troveremo come la caratteristica centrale della promessa ovunque essa avvenga.

Abramo e Melchisedek. 

La breve storia di Melchizedek forma un legame che unisce noi e il nostro tempo più strettamente con Abramo e il suo tempo, e dimostra che la “dispensazione cristiana”, così chiamata, esisteva sia ai giorni di Abramo che ora. Il quattordicesimo capitolo della Genesi ci dice tutto ciò che sappiamo di Melchizedek. Il settimo capitolo di Ebrei ripete la storia e fa alcuni commenti su di essa. Inoltre abbiamo riferimenti a Melchizedek nel sesto capitolo e nel {Salmo 110: 4}.

La storia è questa: Abramo stava tornando da una spedizione contro i nemici che avevano portato via Lot, quando Melchizedek lo incontrò, portando pane e vino. Melchisedek era re di Salem e sacerdote dell’Altissimo Dio. In questa veste benedisse Abramo, e a lui Abramo diede la decima parte del bottino che aveva recuperato. Quella è la storia, ma da essa ci sono alcune lezioni molto importanti disegnate. In primo luogo apprendiamo che Melchisedek era un uomo più grande di Abramo, perché “Ora, senza alcuna contraddizione l’inferiore è benedetto dal superiore” {Ebrei 7: 7} e perché Abramo gli diede la decima parte di tutto.

Un Sacerdozio regale

Era un tipo di Cristo, ed era come Lui: “Fatto simile al Figlio di Dio” {Ebrei 7: 3}. Era un tipo di Cristo in quanto era sia re che sacerdote. “Il suo nome significa innanzitutto “re di giustizia” e poi anche “re di Salem” cioè “re di pace” {Ebrei 7: 2}, in modo che non era solo sacerdote, ma re di giustizia e re di pace. Così si dice di Cristo: “L’Eterno dice al mio Signore: “Siedi alla mia destra finché io faccia dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi”. L’Eterno ha giurato e non si pentirà: “Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek” {Salmi 110: 1, 4}. E il nome con cui Egli sarà chiamato è “L’Eterno nostra giustizia” {Geremia 23: 6}. Sacerdozio regale di Cristo è così esposto nelle Scritture: “Quindi parla a lui, dicendo: Cosa dice l’Eterno degli eserciti: Ecco, l’uomo, il cui nome è il Germoglio. Germoglierà nel suo luogo e costruirà il tempio dell’Eterno. Sì, egli costruirà il tempio dell’Eterno, si ammanterà di gloria e si siederà e regnerà sul suo trono, sarà sacerdote sul suo trono, e tra i due ci sarà un consiglio di pace” {Zaccaria 6: 12-13}. La potenza con la quale Cristo sacerdote fa la riconciliazione per i peccati del popolo, è la potenza del trono di Dio, sul quale siede. Ma la cosa principale con riferimento a Melchizedek, è che Abramo visse sotto la stessa “dispensazione” che viviamo noi. Il sacerdozio era lo stesso di allora. Non solo siamo figli di Abramo, se siamo fedeli, ma il nostro grande Sommo Sacerdote, che è passato nei cieli, è fatto Sommo Sacerdote per il giuramento di Dio, per sempre, “secondo l’ordine di Melchizedek.” “Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa” {Galati 3: 29}. “Abrahamo, vostro padre, giubilò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò»” {Giovanni 8: 56}.

Abramo un cristiano

Abramo quindi era un cristiano tanto quanto chiunque sia mai vissuto dopo la crocifissione di Cristo. “per la prima volta ad Antiochia, i discepoli furono chiamati Cristiani” {Atti 11: 26}. Ma i discepoli non erano diversi dopo essere stati chiamati cristiani da quello che erano prima. Quando erano conosciuti solo come ebrei, erano cristiani tanto quanto lo erano dopo essere stati chiamati tali. Il nome è di poco conto. Il nome “cristiani” fu dato loro perché erano seguaci di Cristo; ma erano seguaci di Cristo prima di essere chiamati cristiani, così come lo furono dopo, Abramo, centinaia di anni prima dei giorni di Gesù di Nazaret, era proprio quello che i discepoli erano ad Antiochia, chiamati cristiani; era un seguace di Cristo. Perciò era cristiano nel senso più pieno della parola: tutti i cristiani, e nessun altro, sono figli di Abramo.

Il titolo

Si noti che nel settimo capitolo degli Ebrei ci si riferisce al caso di Abramo e Melchisedek per la prova che il pagamento delle decime non è un’ordinanza levitica. Molto prima della nascita di Levi, Abramo pagò la decima. E li pagò anche a Melchisedek, il cui sacerdozio è il sacerdozio cristiano. Perciò quelli che sono di Cristo e quindi figli di Abramo, daranno anche la decima di tutto. Si noterà che la decima era cosa ben nota ai giorni di Abramo. Egli dava la decima al sacerdote di Dio come una cosa ovvia. Ha riconosciuto il fatto che la decima è del Signore. Quello scritto nel Levitico non è l’origine del sistema della decima, ma è semplicemente un’affermazione di un fatto. Anche l’ordine levitico “fu sottoposto alla decima in Abrahamo” {Ebrei 7: 9}. Non ci è detto quando fu reso noto agli uomini per la prima volta, ma vediamo che era ben noto ai tempi di Abramo. Nel libro di Malachia, che è rivolto in modo speciale a coloro che vissero poco prima del “grande e terribile giorno del Signore”, ci viene detto che coloro che trattengono la decima stanno derubando Dio {Malachia 3: 8}.

L’argomento è molto semplice: Abramo diede la decima a Melchisedek; il sacerdozio di Melchisedek è un sacerdozio mediante il quale vengono la giustizia e la pace; è il sacerdozio mediante il quale siamo salvati.

Abramo diede la decima a Melchisedek, perché Melchisedek era il rappresentante dell’Iddio altissimo, e la decima è del Signore. Se siamo di Cristo, allora siamo figli di Abramo; e quindi se non siamo figli di Abramo, allora non siamo di Cristo. Ma se siamo Figli di Abramo, noi faremo le opere di Abramo. Di chi siamo?

Pane e vino

Un altro elemento da non trascurare di sfuggita. È il fatto che Melchisedek, re di giustizia e di pace, e sacerdote dell’Iddio altissimo, portò ad Abramo pane e vino, di cui Cristo disse: “Questo è il mio corpo” e “questo è il mio sangue”. Si dice forse che il pane e il vino servivano per il ristoro di Abramo e dei suoi seguaci. Verissimo; ma ciò non toglie minimamente il significato del fatto, poiché continuiamo a mangiare la carne e a bere il sangue di Cristo.

Melchisedek uscì in qualità di re e sacerdote, e Abramo lo riconobbe come tale. Notare il collegamento in {Genesi 14: 18-19}: “Allora Melchisedek, re di Salem, portò pane e vino. Egli era sacerdote del Dio Altissimo. E benedisse Abramo, dicendo: «Benedetto sia Abramo dal Dio Altissimo, padrone dei cieli e della terra!”. È abbastanza evidente che il pane e il vino che Melchisedek ha portato alla luce, hanno un significato speciale dal fatto che era il sacerdote del Dio Altissimo. Gli ebrei ai tempi del Cristo hanno deriso l’affermazione che Abramo si rallegrò nel vedere il Suo giorno.

Non potevano vedere alcuna prova di questo fatto. Non possiamo vedere in questa transazione una prova che Abramo vide il giorno di Cristo, che è il giorno della salvezza?

CAPITOLO 4 – FARE UN PATTO

Il quindicesimo capitolo della Genesi contiene il primo racconto dell’alleanza stipulata con Abramo. “Dopo queste cose, la parola dell’Eterno fu rivolta in visione ad Abramo, dicendo: “Non temere o Abramo, io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima” {Genesi 15: 1}.

Dio la nostra parte

Dio disse che Lui stesso era la ricompensa di Abramo. Se lo siamo di Cristo, allora noi siamo il seme di Abramo, ed eredi secondo la promessa. Eredi di cosa? “…eredi di Dio e coeredi di Cristo” {Romani 8: 17}.

La stessa eredità è ricordata dal Salmista: “L’Eterno è la mia parte di eredità” {Salmi 16: 5}. Quindi anche qui abbiamo un collegamento per connettere tutto il popolo di Dio con Abramo. La loro speranza non è altro che la promessa di Dio ad Abramo.

Ciò che ereditiamo da Dio

“Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi, eredi di Dio e coeredi di Cristo,” {Romani 8: 16-17}. Pensa quanto si comprende nel fatto che siamo eredi di Dio. Siamo eredi di Dio, perché siamo suoi figli. Ora, ciò che un bambino eredita prima di tutto dal padre è il padre stesso: i suoi lineamenti, le sue caratteristiche. L’eredità della proprietà, se presente, è una questione secondaria. Così anche noi, essendo in Cristo figli di Dio, siamo eredi di Lui stesso, partecipi della natura divina. Proprio come con la nostra nascita naturale ereditiamo il peccato e la debolezza, così con la nuova nascita ereditiamo la rettitudine e la forza. La ricezione dello Spirito di Dio, potenza rigeneratrice, fa di noi la progenie diretta e immediata di Dio.

Quante volte siamo portati a lamentarci della nostra sorte, come eredi del peccato, oppure a scusare le nostre mancanze per il fatto che essendo nati con queste tendenze malvagie, non possiamo fare altrimenti, e non siamo responsabili. Ma Dio ha tolto ogni fondamento a una tale scusa, e nello stesso tempo ha rimosso ogni motivo di rimpianto per la nostra nascita ad un basso livello, o per accusarlo di qualcosa. La nuova nascita sostituisce completamente la vecchia. “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose antiche sono passate; ecco, tutte le cose sono diventate nuove; e tutte le cose sono da Dio” {2 Corinzi 5: 17}. Colui che prende Dio come parte della sua eredità, ha un potere che opera in lui per la giustizia, tanto più forte del potere delle tendenze ereditate al male, poiché il nostro Padre celeste è più grande dei nostri genitori terreni.

Figli non Servi

La promessa che Dio aveva fatto ad Abramo non era solo per lui, ma anche per la sua discendenza. Perciò Abramo disse al Signore: “Signore, Eterno, che mi darai, perché sono senza figli e l’erede della mia casa è Eliezer di Damasco?». Poi Abramo soggiunse: «tu non mi hai dato alcuna discendenza; Ora ecco, uno nato in casa mia sarà mio erede»” {Genesi 15: 2-3}. Abramo non conosceva il piano del Signore. Conosceva la promessa e ci credeva, ma poiché era vecchio e non aveva figli, supponeva che il seme che gli era stato promesso dovesse provenire attraverso il suo fidato servitore. Ma quello non era il piano di Dio. Abramo non doveva essere il capostipite di una razza di servi, ma di uomini liberi.

“Allora la parola dell’Eterno gli fu rivolta, dicendo: Questi non sarà tuo erede; ma colui che uscirà dalle tue viscere sarà tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Mira il cielo e conta le stelle, se le puoi contare», quindi aggiunse: «Così sarà la tua discendenza». Ed egli credette all’Eterno, che glielo mise in conto di giustizia…” {Genesi 15: 4-6}. “Amen”.

“E credette nel Signore”. La radice del verbo credere, è la parola “Amen”. La sua idea è quella della fermezza, del fondamento. Quando Dio ha pronunciato la promessa, Abramo ha detto “Amen”, o, in altre parole, ha costruito su Dio, prendendo la sua parola come un fondamento sicuro. (Confronta questo con Matteo 7: 24-25).

Un fondamento sicuro

Dio aveva promesso una grande famiglia ad Abramo. Ma questa casa doveva essere edificata sulla Parola di Dio, il Signore Gesù, e Abramo lo capì e cominciò subito a costruire su di essa. Gesù Cristo è il fondamento, “perché nessuno può porre altro fondamento diverso da quello che è stato posto, cioè Gesù Cristo” {1 Corinzi 3: 11}. La casa di Abramo è la casa di Dio, che è “edificata sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Gesù Cristo stesso la pietra angolare” {Efesini 2: 20}. “Accostandovi a lui, come a pietra vivente, rigettata dagli uomini ma eletta e preziosa davanti a Dio, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per essere una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Nella Scrittura si legge infatti: «Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, eletta, preziosa, e chi crede in essa non sarà affatto svergognato»” {1 Pietro 2: 4-6}.

Costruire su Dio

“Ed egli credette all’Eterno, che glielo mise in conto di giustizia” {Genesi 15: 6}. Come mai? Perché fede significa edificare su Dio e

la sua parola, e questo significa ricevere la vita di Dio nella sua parola.

Si noti negli ultimi versetti citati, da Pietro, che le fondamenta su cui è costruita la casa è una pietra viva. Il fondamento è un fondamento vivente, che dà vita a coloro che vi si avvicinano, affinché la casa che vi è edificata sia una casa viva. Cresce con la vita della fondazione. “Credete nell’Eterno, il vostro DIO e sarete saldi” {2 Cronache 20: 20}. In questo testo le parole “credete” e “saldi”, derivano entrambe dall’unica radice, “Amen”, e potremmo leggerle così: “Costruisci sul Signore tuo Dio, così sarai edificato”. Ma il fondamento su cui edifichiamo è giusto: «…l’Eterno è giusto; egli è la mia Rocca e non vi è alcuna ingiustizia in lui…” {Salmi 92: 15}. Perciò, poiché fede significa edificare su Dio e sulla sua santa parola, è evidente che la fede è giustizia per colui che la possiede e la esercita.

Gesù Cristo l’Amen

Gesù Cristo è la fonte di ogni fede. La fede ha il suo inizio e la sua fine in Lui. Non ci può essere vera fede che non sia centrata in Cristo. Perciò quando Abramo credette nel Signore, credette nel Signore Gesù Cristo. Dio non è mai stato rivelato all’uomo se non per mezzo di Cristo. {Giovanni 1: 18}. Il fatto che la fede di Abramo fosse una fede personale nel Signore Gesù Cristo, è ulteriormente dimostrato dal fatto che gli fu messo in conto di giustizia. Ma non c’è giustizia se non attraverso la fede di Gesù Cristo. Egli «è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione» {1 Corinzi 1: 30}. All’apparizione del Signore non avrà alcun valore se non «quella che deriva dalla fede di Cristo: giustizia che proviene da Dio mediante la fede,» {Filippesi 3: 9}. Ma poiché Dio stesso considerò la fede di Abramo come giustizia, è chiaro che la sua fede era centrata solo in Cristo, nel quale fu reso giusto.

E questo dimostra che la promessa di Dio ad Abramo avvenne attraverso Cristo solo. Il seme era solo ciò che è attraverso la fede di Cristo, poiché Cristo stesso è il seme. La posterità di Abramo, che doveva essere il numero delle stelle, sarà l’esercito innumerevole che laverà le sue vesti nel sangue dell’Agnello. Le nazioni che sarebbero venute da lui saranno “…le nazioni di quelli che sono salvati…” {Apocalisse 21: 24} (Confronta Matteo 7: 2). «Poiché tutte le promesse di Dio hanno in lui il «sì» e «l’amen», alla gloria di Dio per mezzo di noi” {2 Corinzi 1: 20}; Cristo stesso è “l’Amen” {Apocalisse 3: 14}.

Ad Abramo e alla sua Progenie

“In quel giorno l’Eterno fece un patto con Abramo dicendo: «Io do alla tua discendenza questo paese…” {Genesi 15: 18}. La stipulazione di questa alleanza è registrata nei versetti precedenti. In primo luogo abbiamo la promessa di un’innumerevole posterità e della terra. Dio disse: “Poi l’Eterno gli disse: «Io sono l’Eterno che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei, per darti questo paese in eredità»” {Genesi 15: 7}. Questo versetto deve essere tenuto a mente durante la lettura del versetto 18, per non avere l’impressione sbagliata che ci fosse qualcosa di promesso al seme di Abramo, che non lo includeva. “Ora le promesse furono fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza» {Galati 3: 16}. Nulla fu promesso alla discendenza che non fosse stato promesso anche ad Abramo. Abramo credette al Signore, eppure disse: “… Signore, Eterno da che cosa posso io sapere che l’avrò in eredità?” {Genesi 15: 8}. Quindi segue il racconto della divisione della giovenca, della capra e del montone. Questo è riferito a {Geremia 34: 18-20}, quando Dio rimproverò il popolo per aver trasgredito il patto.

Un tempo di attesa

Verso il tramontare del sole, un profondo sonno cadde su Abramo; ed ecco, uno spavento una oscurità profonda caddero su di lui. Allora l’Eterno disse ad Abramo: «Sappi per certo che i tuoi discendenti dimoreranno come stranieri in un paese che non sarà loro, e vi saranno schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma io giudicherò la nazione di cui saranno stati servi; dopo questo, essi usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te, te ne andrai in pace presso i tuoi padri, e sarai sepolto dopo una bella vecchiaia. Ma alla quarta generazione essi torneranno qui, perché l’iniquità degli Amorei non è ancora giunta al colmo»” {Genesi 15: 12-16}.

Abbiamo visto che questo patto era sulla giustificazione per fede. Poiché il seme promesso e la terra dovevano essere di Abramo mediante la fede nella parola di Dio, che gli era stata imputata per giustizia. Vediamo ora cos’altro possiamo imparare dai versi appena citati.

Aspettando nella tomba

Per prima cosa, apprendiamo che Abramo doveva morire prima che gli fosse concesso il possesso. Egli sarebbe morto in buona vecchiaia, e la sua discendenza sarebbe stata straniera in terra straniera per quattrocento anni.

Non solo lo stesso Abramo, ma anche i suoi immediati discendenti sarebbero morti prima che il seme venisse nella terra che era stata loro promessa. Sappiamo infatti che Isacco morì prima che i figli d’Israele scendessero in Egitto, e che Giacobbe e tutti i suoi figli morirono nel paese d’Egitto.

“Ad Abramo e alla sua discendenza furono fatte le promesse”. Il capitolo prima di noi dice la stessa cosa. È evidente che una promessa fatta al seme di Abramo non può essere adempiuta conferendo la cosa promessa solo a una parte della discendenza; e ciò che fu promesso ad Abramo e alla sua discendenza non può essere adempiuto a meno che Abramo lo condivide così come la sua discendenza.

La promessa della resurrezione

Che cosa dimostra questo? Semplicemente, che la promessa nel quindicesimo capitolo della Genesi, che Abramo e la sua discendenza avrebbero dovuto possedere la terra, si riferiva alla risurrezione dei morti, e niente meno che a questo. Questo è vero, anche se si dovrebbe affermare che il diciottesimo versetto esclude Abramo dal patto di cui si parla; poiché, come abbiamo visto, è chiaro che molti degli immediati discendenti di Abramo sarebbero morti prima del tempo della promessa; e sappiamo che Isacco e Giacobbe e i dodici patriarchi erano morti molto prima di quel tempo.

Anche se Abramo è escluso, tuttavia resta il fatto che la promessa alla discendenza deve includere tutta la discendenza, e non solo una parte; poiché la promessa è “sia assicurata a tutta la progenie” {Romani 4: 16}. Ma Abramo non può essere escluso dalla promessa. Pertanto abbiamo prove positive che in questo capitolo abbiamo la registrazione della predicazione di “Gesù e la risurrezione” {Atti 17: 18} ad Abramo.

Da compiere dopo la risurrezione

Questo ci permette di capire perché Stefano, quando era alla prova per la predicazione di Gesù, ha iniziato il suo discorso con un riferimento a queste stesse parole. Parlando della venuta di Abramo nella terra di Canaan, disse che Dio «… non gli diede alcuna eredità, neppure lo spazio per posarvi un piede. Ma promise di darlo in proprietà a lui e alla sua progenie dopo di lui, quand’egli non aveva ancora alcun figlio» {Atti 7: 5}. Riferendosi così a questa promessa, che era ben nota a tutti gli Ebrei, Stefano mostrò loro più chiaramente che poteva essere adempiuta solo mediante la risurrezione dei morti per mezzo di Gesù.

Il fondamento della fede

“E andrai in pace dai tuoi padri; sarai sepolto in una buona vecchiaia. Ma nella quarta generazione verranno di nuovo qui, perché l’iniquità degli Amorrei non è ancora piena” {Genesi 15: 15-16}. Da ciò apprendiamo come avvenne che Abramo morì nella fede, sebbene non avesse ricevuto la promessa. Se si fosse aspettato di riceverla in questa vita presente, sarebbe rimasto deluso quando la morte è venuta prima dell’adempimento della promessa. Ma Dio gli disse chiaramente che doveva morire prima che fosse adempiuto. Perciò siccome Abramo credette in Dio, è molto chiaro che capì della risurrezione e la cercò. Sì, ha trionfato in essa. La risurrezione dei morti, come vedremo, fu sempre la speranza centrale dei veri figli di Abramo.

Tempo dato agli Amorrei per il pentimento

Ma impariamo qualcosa di più. Nella quarta generazione, o dopo quattrocento anni, il suo seme doveva uscire dalla schiavitù, nella terra promessa. Perché non potevano possedere subito la terra? Perché allora l’iniquità degli Amorrei non aveva raggiunto il culmine. Ciò dimostra che Dio avrebbe concesso agli Amorrei il tempo di pentirsi o, in mancanza, di colmare la misura della loro iniquità, dimostrando così la loro incapacità di possedere la terra. Allora, come oggi, la longanimità del nostro Dio era salvezza.

E questo ci insegna ulteriormente che la terra che Dio ha promesso ad Abramo e alla sua discendenza potevano essere posseduti solo da persone rette. Dio non avrebbe scacciato dal paese quelli di cui c’era qualche apparente prospettiva che potessero diventare giusti. Ma il fatto che le persone che dovevano essere distrutte prima dei figli di

Abramo doveva essere scacciato a causa della loro malvagità, mostra che ci si aspettava che i possessori della terra fossero giusti. E così apprendiamo che la discendenza di Abramo, al quale era stata promessa la terra, dovevano essere persone rette. Questo è già stato dimostrato dal fatto che il seme fu promesso ad Abramo solo attraverso la rettitudine della fede. “Tutti quelli del tuo popolo saranno giusti; essi possederanno il paese per sempre, il germoglio da me piantato, l’opera delle mie mani, per manifestare la mia gloria” {Isaia 60: 21}.

CAPITOLO 5 – LA CARNE CONTRO LO SPIRITO

Un passo indietro

“Ora Sarai, moglie di Abrahamo, non gli aveva dato alcun figlio. Ella aveva una serva egiziana di nome Agar. Così Sarai disse ad Abramo: «ecco, l’Eterno mi ha impedito di avere figli; deh, entra dalla mia serva; forse potrò avere figli da lei». E Abramo diede ascolto alla voce di Sarai” {Genesi 16: 1-2}.

Questo fu il grande errore della vita di Abramo; ma imparò una lezione dal suo errore, e fu registrata allo scopo di insegnare quella lezione a tutti. Supponiamo che il lettore abbia imparato quanto segue: il Signore disse ad Abramo che Ismaele, figlio di Agar, non era l’erede che aveva promesso, ma che Sara, sua moglie, avrebbe dovuto dargli un figlio, e Agar e Ismaele furono mandati via, dopo la nascita di Isacco. Così possiamo procedere subito ad alcune delle lezioni importanti che sono suggerite da questi passaggi.

L’uomo non può fare l’opera di Dio

In primo luogo, dovremmo imparare la follia del tentativo dell’uomo di realizzare le promesse di Dio. Dio aveva promesso ad Abramo un’innumerevole discendenza. Quando la promessa fu fatta, era al di là di ogni possibilità umana che Abramo avesse un figlio da sua moglie, ma accettò la parola del Signore, e la sua fede gli fu messa in conto di giustizia. Questo di per sé era la prova che il seme non doveva essere un seme ordinario, ma che doveva essere un seme di fede.

Ma sua moglie non aveva la fede che aveva lui. Tuttavia pensava di avere fede, e anche Abramo senza dubbio pensava che nel portare avanti il suo consiglio stava lavorando in armonia con la parola del Signore. L’errore è stato nell’ascoltare la voce della moglie, invece che del Signore. Essi ragionavano che Dio aveva promesso loro una grande famiglia, ma che poiché era impossibile per lei avere figli, era molto evidente che Egli intendeva che essi avrebbero escogitato qualche altro mezzo per realizzarlo. Così la ragione umana si occupa delle promesse di Dio.

Lavorare contro la promessa, invece che per essa

Eppure com’era miope nell’intera faccenda. Dio aveva fatto la promessa; perciò Lui solo poteva adempierla. Se un uomo fa una promessa, la cosa promessa può essere compiuta da un altro, ma in tal caso colui che ha fatto la promessa non mantiene la sua parola. Quindi, anche se ciò che il Signore aveva promesso avrebbe potuto essere ottenuto con l’accorgimento adottato, il risultato sarebbe stato quello di impedire al Signore di adempiere la Sua parola. Stavano quindi operando contro Dio. Ma le Sue promesse non possono essere mantenute dall’uomo. Solo in Cristo si possono compiere. È abbastanza facile per tutti noi vedere questo nel caso davanti a noi; eppure quante volte, nella nostra esperienza, invece di aspettare che il Signore faccia ciò che ha promesso, ci stanchiamo di aspettare, e cerchiamo di farlo per Lui, fallendo.

I termini “Spirituale” e “Letterale”

Anni dopo la promessa fu adempiuta alla maniera di Dio, ma fu solo quando sia Abramo che sua moglie credettero pienamente nel Signore.

“Per fede anche Sara stessa, benché avesse oltrepassato l’età, ricevette forza per concepire il seme e partorì perché ritenne fedele colui che aveva fatto la promessa” {Ebrei 11: 11}. Isacco era il frutto della fede. “Infatti sta scritto che Abrahamo ebbe due figli: uno dalla serva e uno dalla libera. Or quello che nacque dalla serva fu generato secondo la carne, ma quello che nacque dalla libera fu generato in virtù della promessa” {Galati 4: 22-23}.

Molte persone trascurano questo fatto. Dimenticano che Abramo ebbe due figli, uno da una schiava e l’altro da una donna libera; uno nato secondo la carne e l’altro nato secondo lo Spirito. Da qui la confusione riguardo al seme “letterale” e “spirituale” di Abramo. La gente parla come se la parola “spirituale” fosse contraria a “letterale”. Ma questo non è il caso. “Spirituale” si oppone solo a “carnale”.

Lo spirituale è reale

Isacco nacque secondo lo Spirito, eppure era un bambino reale e letterale come lo era Ismaele. Quindi il vero seme di Abramo sono solo quelli che sono spirituali, ma questo non li rende meno reali. Dio è Spirito, eppure è un vero Dio. Cristo aveva un corpo spirituale dopo la sua risurrezione, eppure era un essere reale, letterale, e poteva essere gestito come gli altri corpi. Quindi i corpi dei santi dopo la risurrezione saranno spirituali, ma saranno reali. Le cose spirituali non sono cose immaginarie. Infatti, ciò che è spirituale è più reale di ciò che è carnale, perché solo ciò che è spirituale durerà per sempre.

Tutti i Veri Credenti sono Spirituali

Da questo caso, quindi, apprendiamo in modo più definitivo che il seme che Dio promise ad Abramo, che doveva essere come la sabbia del mare e le stelle del cielo per numero, e che doveva ereditare la terra, è un seme spirituale. Cioè, è un seme che viene attraverso l’azione dello Spirito di Dio. La nascita di Isacco, come quella del Signore Gesù, fu miracolosa. Era soprannaturale. Entrambi sono stati realizzati attraverso l’azione dello Spirito. In entrambi abbiamo un’illustrazione del potere mediante il quale dobbiamo diventare figli di Dio, e quindi eredi della promessa. Perché noi, anche ora su questa terra, dobbiamo essere completamente spirituali, altrimenti non siamo veri figli di Dio. La nostra vita quotidiana di lavoro e affari deve essere una vita spirituale. “Se lo Spirito di Dio abita in voi, non siete più nella carne ma nello Spirito” {Romani 8: 9}.

Il seme di Abramo secondo la carne sono gli Ismaeliti. Era un uomo selvaggio, o, come la Versione Riveduta (inglese) ha “Uomini Liberi”, “non Schiavi” né “Ismaeliti”. “Egli sarà tra gli uomini come un asino selvatico” {Genesi 16: 12}.

Inoltre, era figlio di una schiava, e quindi non un figlio nato libero. Ora il Signore aveva già assunto, parlando di Eliezer, servo di Abramo, che la discendenza di Abramo doveva essere libera.

Perciò se Abramo si fosse ricordato solo delle parole del Signore, invece di ascoltare la voce di sua moglie, si sarebbe risparmiato molti guai.

Vale la pena soffermarsi a lungo su questa fase dell’argomento, perché risparmierà molta confusione riguardo al vero seme di Abramo e al vero Israele. Lasciamo che i punti siano rammentati ancora una volta.

  1. Ismaele nacque secondo la carne e non poteva essere il seme. Perciò quelli che sono solo della carne non possono essere figli di Abramo, ed eredi secondo la promessa.
  2. Isacco nacque secondo lo Spirito, ed era il vero seme. “…perché uscirà da Isacco la discendenza che porterà il tuo nome” {Genesi 21: 12}. Perciò tutti i figli di Abramo sono i soli che sono nati dallo Spirito. “Ora noi, fratelli, alla maniera di Isacco, siamo figli della promessa” {Galati 4: 28}. Isacco era nato libero; e solo coloro che sono liberi sono i figli di Abramo: “Così dunque, fratelli, noi non siamo figli della schiava ma della libera” {Galati 4: 31}.

Che cos’è questa libertà

Che cos’è questa libertà, il Signore ha mostrato nel suo discorso agli ebrei, scritto nell’ottavo capitolo di Giovanni. “Gesù disse allora ai Giudei che avevano creduto in lui: “Se dimorate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Essi gli risposero: «Noi siamo progenie di Abrahamo e non siamo mai stati schiavi di nessuno; come puoi tu dire: “Diventerete liberi”? Gesù rispose loro: “In verità, in verità vi dico: Chi fa il peccato è schiavo del peccato. Or lo schiavo non rimane sempre nella casa; il figlio invece vi rimane per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi sarete veramente liberi” {Giovanni 8: 31-36}.

E in seguito dichiarò loro che: “Se foste figli di Abrahamo, fareste le opere di Abrahamo” {Giovanni 8: 39}.

Anche qui vediamo ciò che abbiamo appreso dalla promessa nel quindicesimo capitolo della Genesi, che il seme della promessa doveva essere un seme giusto, poiché era stato promesso solo per mezzo di Cristo, ed era stato assicurato ad Abramo solo attraverso la sua fede.

Il sunto della questione

Il sunto di tutta la faccenda è che nella promessa ad Abramo c’è il Vangelo, e solo il Vangelo; e ogni tentativo di far valere le promesse a chiunque non sia di coloro che sono di Cristo per mezzo dello Spirito, è un tentativo di annullare le promesse del Vangelo di Dio {Romani 4: 14}.

“Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa” {Galati 3:29}. “Ma se uno non ha lo Spirito di Cristo, non appartiene a lui” {Romani 8: 9}. Quindi, se un uomo non ha lo Spirito di Cristo, lo Spirito mediante il quale è nato Isacco, non è figlio di Abramo e non ha diritto a nessuna parte della promessa. Ma come l’eredità è tutta un dono, e lo Spirito Santo è la primizia o pegno dell’eredità, così lo Spirito è dato gratuitamente a tutti coloro che credono; e con lo Spirito Santo viene la giustizia di Dio.

CAPITOLO 6 – IL PATTO SIGILLATO

Ora passiamo a un testo che spiega la promessa meravigliosamente. Erano passati più di venticinque anni da quando Dio aveva fatto per la prima volta la promessa ad Abramo. Senza dubbio il tempo era stato prolungato dal passo falso che fece Abramo ascoltando i ragionamenti di sua moglie. Erano trascorsi più di tredici anni da quel momento. Ma Abramo aveva imparato la lezione, e così Dio poteva guidarlo un passo avanti.

“E quando Abramo aveva novantanove anni, il Signore apparve ad Abramo e gli disse: Io sono l’Iddio Onnipotente; cammina davanti a me e sii perfetto” {Genesi 17: 1}. Si può dire “eretto, o sincero”. Come in {1 Cronache 7: 33,38}, il significato è, cuore fermo. Dio disse ad Abrahamo di essere sincero davanti a Lui e non di doppio cuore.

Quando ricordiamo la storia scritta nel capitolo precedente, vediamo la forza di questa ingiunzione. Vediamo anche la forza dell’affermazione: “Io sono l’Iddio Onnipotente”. Dio gli avrebbe fatto sapere che era pienamente in grado di mantenere la Sua promessa e che quindi avrebbe dovuto fidarsi di Lui con un cuore perfetto o indiviso.

Un nuovo nome

“Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e DIO gli parlò, dicendo: «Quanto a me, ecco io faccio con te un patto: tu diventerai padre di una moltitudine di nazioni. E non sarai più chiamato Abramo, ma il tuo nome sarà Abrahamo, poiché io ti faccio padre di una moltitudine di nazioni” {Genesi 17: 3-5}.

Abramo e Abrahamo

Il nome Abramo significa “Padre dell’altezza”. Il padre di Abramo era un pagano e il nome potrebbe aver avuto qualche riferimento al culto dei pagani negli alti luoghi. Ma ora il suo nome diventa Abrahamo, “Padre di molti popoli”. Nel cambio di nome nei casi di Abramo e Giacobbe, abbiamo un accenno del nuovo nome che il Signore dà a tutti coloro che sono Suoi (Vedi Apocalisse 17: 3-12). “E sarai chiamato con un nuovo nome, che la bocca del Signore nominerà” {Isaia 62: 2}.

Nessun cambiamento nella promessa

Questo dare ad Abramo un nuovo nome non indicava alcun cambiamento nella promessa, ma era semplicemente un segno per Abramo che Dio intendeva cosa Egli ha detto. Il suo nome doveva ricordargli sempre la promessa. Alcuni hanno pensato che il conferimento di questo nuovo nome segnasse un cambiamento nella natura della promessa fatta; ma un’attenta considerazione della promessa come precedentemente registrata mostrerà che questo non può essere. Abramo era proprio lo stesso sia dopo il suo nuovo nome che prima. Fu mentre si chiamava ancora Abramo che credette Dio, e la sua fede nella promessa era considerata giustizia. Fu mentre si chiamava Abramo che Dio gli predicò il Vangelo, dicendo: “In te saranno benedette tutte le famiglie della terra” {Genesi 12: 3}.

Tutte le promesse sono in Cristo

Non possiamo fare alcuna distinzione nelle promesse di Dio ad Abramo, dicendo che alcuni di loro erano temporali, e solo per il seme carnale, e che altre erano spirituali ed eterne. “Perché il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che è stato fra voi predicato da noi… non è stato «sì» e «no», ma è stato «sì» in lui. Poiché tutte le promesse di Dio hanno in lui il «sì» e «l’amen», alla gloria di Dio per mezzo di noi” {2 Corinzi 1: 19-20}. “Ora le promesse furono fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza. La Scrittura non dice: «E alle discendenze» come se si trattasse di molte, ma come di una sola: «E alla tua discendenza», cioè Cristo” {Galati 3: 16}. Nota che le promesse, non importa quante siano, vengono tutte tramite Cristo. Si noti inoltre che l’apostolo parla di Abrahamo e non di Abramo. Non dice che alcune furono fatte ad Abramo e altre ad Abrahamo. E questo punto è ancora più enfatico quando leggiamo le parole di Stefano: “…Il Dio della gloria apparve ad Abrahamo, nostro padre, mentre egli era in Mesopotamia, prima che abitasse in Carran” {Atti 7: 2}. Sebbene allora fosse conosciuto come Abramo, la promessa era la stessa di quando era conosciuto come Abrahamo. Ogni successivo riferimento a lui nella Bibbia, anche alle prime promesse, usa il nome Abrahamo. Questo è il motivo per cui lo abbiamo indicato solo come Abrahamo. Si deve anche ricordare, se c’è l’inclinazione a fare distinzione nelle promesse, applicando alcune al seme carnale e altre al seme spirituale, che il seme carnale sono Ismaeliti e servi, e non i figli di Isacco. “…alla maniera di Isacco, siamo figli della promessa.” {Galati 4: 28-29}, e Isacco è nato dallo Spirito. Il seme di Abramo è Cristo, e coloro che sono Suoi mediante lo Spirito di adozione.

Cosa conteneva il Patto

Il Signore continuò, dopo aver detto ad Abramo del cambiamento del suo nome: “E stabilirò il mio patto fra me e te, e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto eterno, impegnandomi ad essere il DIO tuo e della tua discendenza dopo di te. E a te, e alla tua discendenza dopo di te, darò il paese dove abiti come straniero: tutto il paese di Canaan, in proprietà per sempre; e sarò il loro DIO» {Genesi 17: 7-8}. Esaminiamo in dettaglio le diverse parti di questo patto. La parte centrale di esso è la terra promessa, la terra di Canaan. È la stessa del quindicesimo capitolo. La promessa è di darla ad Abramo e alla sua discendenza. Il patto è lo stesso che vi fu fatto; ma qui lo abbiamo sigillato. Notate che è “UN PATTO ETERNO” che il Signore ha fatto con lui. È l’unico patto eterno di cui si parla così spesso nella Bibbia. È «… in virtù del sangue del patto eterno ha fatto risalire dai morti il Signor nostro Gesù Cristo…» {Ebrei 13: 20}, che gli uomini sono resi perfetti in ogni opera buona per compiere la volontà di Dio. Inoltre, la terra promessa in questo patto eterno doveva essere “UN POSSESSO ETERNO” sia per Abramo che per la sua discendenza. Nota bene che lo stesso Abramo, così come alla sua discendenza, aveva promesso che la terra sarebbe stata in possesso eterno. Non è un’eredità che deve essere semplicemente il possesso per sempre della sua famiglia, ma sia Abramo che la sua discendenza l’avrebbero posseduta insieme per un possesso eterno. Ma una terra può essere tenuta in possesso eterno solo da coloro che hanno VITA ETERNA.

Perciò in questo patto troviamo la promessa della vita eterna. Non potrebbe essere altrimenti, perché quando il patto fu stipulato per la prima volta, come riportato nel capitolo quindicesimo, ad Abramo fu detto che sarebbe dovuto morire prima che la terra fosse data in possesso; e Stefano disse che Dio non gliela diede tanto che non ci mise piede.

Pertanto potrebbe essere sua, solo attraverso la risurrezione; e quando avrà luogo la risurrezione, allora non ci sarà più la morte. Perché “Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo mutati in un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba; la tromba infatti suonerà, i morti risusciteranno incorruttibili e noi saremo mutati,poiché bisogna che questo corruttibile rivesta l’incorruttibilità e questo mortale rivesta l’immortalità” {1 Corinzi 15: 51-53}.

L’Alleanza è il Vangelo

Quindi vediamo che la stipulazione di questo patto eterno con Abramo fu semplicemente la predicazione del Vangelo eterno del regno e l’assicurargli una parte nelle sue benedizioni. La promessa ad Abramo era una promessa del Vangelo, e nient’altro, e l’alleanza era l’alleanza eterna, di cui Cristo è Mediatore. La sua portata è identica a quella del nuovo patto, in cui Dio dice: “Ma questo è il patto che stabilirò con la casa d’Israele dopo quei giorni» dice l’Eterno: «Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo” {Geremia 31: 33}. Ma ciò apparirà più chiaramente man mano che procediamo.

Un patto di giustizia

Il Signore disse ad Abramo dopo questa riaffermazione del patto con lui e la sua discendenza, “E sarete circoncisi nella carne del vostro prepuzio; e questo sarà un segno del patto fra me e voi” {Genesi 17: 11}. Ora, se ci volgiamo all’Epistola ai Romani, impareremo molto di più sul significato di questa transazione. Dobbiamo avere la Scrittura davanti a noi per poterla considerare con comprensione, e quindi la citeremo a lungo. “Che cosa diremo dunque in merito a ciò, che nostro padre Abrahamo ha ottenuto secondo la carne? Perché se Abrahamo è stato giustificato per le opere, egli ha di che gloriarsi; egli invece davanti a Dio non ha nulla di che gloriarsi. Infatti, che dice la Scrittura? «Or Abrahamo credette a Dio e ciò gli fu imputato a giustizia». Ora a colui che opera, la ricompensa non è considerata come grazia, ma come debito; invece colui che non opera, ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede gli è imputata come giustizia. Davide stesso proclama la beatitudine dell’uomo a cui Dio imputa la giustizia senza opere, dicendo: «Beati coloro le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. Beato l’uomo a cui il Signore non imputerà il peccato». Ora dunque questa beatitudine vale solo per i circoncisi, o anche per gli incirconcisi? Perché noi diciamo che la fede fu imputata ad Abrahamo come giustizia. In che modo dunque gli fu imputata? Mentre egli era circonciso o incirconciso? Non mentre era circonciso, ma quando era incirconciso. Poi ricevette il segno della circoncisione, come sigillo della giustizia della fede che aveva avuto mentre era ancora incirconciso, affinché fosse il padre di tutti quelli che credono anche se incirconcisi, affinché anche a loro sia imputata la giustizia, e fosse il padre dei veri circoncisi, di quelli cioè che non solo sono circoncisi ma che seguono anche le orme della fede del nostro padre Abrahamo, che egli ebbe mentre era incirconciso. Infatti la promessa di essere erede del mondo non fu fatta ad Abrahamo e alla sua progenie mediante la legge, ma attraverso la giustizia della fede” {Romani 4: 1-13}.

La benedizione è il perdono dei peccati

L’argomento dell’intero capitolo è Abramo e la giustificazione per fede. L’apostolo prende il caso di Abramo come un’illustrazione della verità presentata nel capitolo precedente, cioè che un uomo è reso giusto dalla fede. La benedizione che ricevette Abramo è la benedizione dei peccati perdonati, mediante la giustizia di Gesù Cristo. (Vedi versetti 6-9) Perciò quando leggiamo in {Genesi 12: 2-3}, che in Abramo siano benedette tutte le famiglie della terra, sappiamo che la benedizione di cui si fa riferimento è il perdono dei peccati. Ciò è dimostrato positivamente dagli {Atti 3: 25-26}: “Voi siete i figli dei profeti e del patto che Dio stabilì con i nostri padri, dicendo ad Abrahamo: “E nella tua progenie tutte le nazioni della terra saranno benedette”. A voi per primi Dio, dopo aver risuscitato il suo Figlio Gesù, lo ha mandato per benedirvi, allontanando ciascuno di voi dalle sue iniquità”.

Abramo fu benedetto per mezzo della Croce di Cristo

Questa benedizione giunse ad Abramo attraverso Gesù Cristo e la Sua croce, proprio mentre giunge a noi. Perché “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi… affinché la benedizione di Abrahamo pervenisse ai gentili in Cristo Gesù, perché noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede” {Galati 3: 13-14}. Così troviamo che le benedizioni dell’alleanza con Abramo sono semplicemente le benedizioni del Vangelo, e ci sono portate attraverso la croce di Cristo. Nulla era promesso in quel patto tranne quello che viene attraverso il Vangelo; e tutto ciò che il Vangelo contiene era in esso.

Il sigillo

La circoncisione fu data come sigillo di questo patto. Ma la promessa, il patto, la benedizione e tutto il resto giunsero ad Abramo prima che fosse circonciso. Quindi è il padre degli incirconcisi e dei circoncisi. Ebrei e Gentili sono allo stesso modo partecipanti al patto e alle sue benedizioni, a condizione che abbiano la fede che aveva Abramo.

Un sigillo di giustizia

In {Genesi 17: 2} ci viene detto che la circoncisione fu data come segno dell’alleanza che Dio fece con Abramo. Ma in {Romani 4: 2} ci viene detto che gli fu data come sigillo della giustizia che aveva per fede. In altre parole era l’assicurazione e il sigillo del perdono dei peccati attraverso la giustizia di Cristo. Perciò sappiamo che il patto, di cui la circoncisione era il sigillo, era un patto di giustizia mediante la fede; che tutte le benedizioni in esso promesse sono sulla base della giustificazione per mezzo di Gesù Cristo. Questo ci mostra ancora una volta che l’alleanza fatta con Abramo era il Vangelo e solo quello.

Una concessione di terra

Ma in questo patto la promessa centrale riguardava la terra. Tutta la terra di Canaan fu promessa ad Abramo e alla sua discendenza in possesso eterno. E allora fu dato il sigillo del patto, la circoncisione, un sigillo della giustizia che egli aveva mediante la fede. Questo mostra che la terra di Canaan doveva essere posseduta solo dalla fede. E qui abbiamo una lezione pratica sul possesso delle cose per fede. Molte persone pensano che una cosa posseduta dalla fede sia posseduta solo dall’immaginazione. Ma il paese di Canaan era un vero paese, e doveva essere effettivamente posseduto. Il suo possesso doveva essere acquisito, tuttavia, solo attraverso la fede. Cioè, la fede doveva dar loro il possesso. Questo era davvero il caso. Per fede il popolo attraversò il fiume Giordano e “Per fede caddero le mura di Gerico, dopo che vi avevano girato attorno per sette giorni” {Ebrei 11: 30}. Ma di questo ne avremo di più in seguito.

Canaan e la Terra

La terra di Canaan, che era stata promessa nel patto, doveva essere ottenuta mediante la giustizia della fede, che era stata suggellata dalla circoncisione, il sigillo del patto. Leggi ora {Romani 4: 13} ancora una volta, e vedremo quanto era implicato in questa promessa. “Infatti la promessa di essere erede del mondo non fu fatta ad Abrahamo e alla sua progenie mediante la legge, ma attraverso la giustizia della fede”. Questa rettitudine di fede ci viene raccontata nel versetto 11, fu suggellata dalla circoncisione; e la circoncisione era il sigillo del patto che abbiamo registrato in {Genesi 17}. Perciò sappiamo che la promessa della terra, che conteneva l’alleanza con Abramo, non era altro che la promessa di tutta la terra. Man mano che giungiamo all’adempimento della promessa, vedremo più chiaramente come può essere che la promessa della terra di Canaan includesse il possesso di tutta la terra; ma il fatto può essere qui brevemente indicato. Il patto in cui era promessa quella terra era, come abbiamo visto, un patto di giustificazione. La sua base era la giustificazione della fede. Era un patto eterno, che prometteva un’eredità eterna sia ad Abramo che al suo seme, che significava per loro la vita eterna. Ma la grazia regna attraverso la giustizia fino alla vita eterna solo per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. La vita eterna si può avere solo nella giustizia. Inoltre, poiché la promessa era ad Abramo, oltre che alla sua discendenza, e ad Abramo era stato assicurato che sarebbe morto molto prima che l’eredità fosse concessa, è evidente che essa si poteva ottenere solo mediante la risurrezione, che avviene alla venuta del Signore, quando l’immortalità è elargita. Ma la venuta di Cristo è “ai tempi della restaurazione di tutte le cose, dei quali Dio ha parlato per bocca di tutti i suoi santi profeti fin dal principio del mondo” {Atti 3: 21}.

Perciò siamo chiusi al fatto che l’eredità della giustizia, che era stata promessa ad Abramo in possesso eterno, che si sarebbe ottenuta mediante la risurrezione, alla venuta del Signore, era la “nuova terra nei quali abita la giustizia” {2 Pietro 3: 13}, al quale attendiamo secondo la promessa di Dio.

Il segno della circoncisione

E ora dobbiamo approfondire un po’ lo studio del sigillo del patto, cioè la circoncisione. Che cosa significa e che cos’è in realtà? Abbiamo imparato che significa giustizia per fede. Fu data ad Abramo come pegno del possesso di tale giustizia, o, come assicurazione che egli ci ha grandemente favoriti nell’amato suo Figlio, in cui abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia” {Efesini 1: 6-7}. Che cos’è realmente la circoncisione, può essere appreso dalla seguente scrittura: “Perché la circoncisione, è vantaggiosa se tu osservi la legge, ma se sei trasgressore della legge, la tua circoncisione diventa incirconcisione. Perciò se un incirconciso osserva gli statuti della legge, non sarà la sua incirconcisione reputata circoncisione? E se colui che per natura è incirconciso adempie la legge, non giudicherà egli te che con la lettera e la circoncisione sei trasgressore della legge? Infatti il Giudeo non è colui che appare tale all’esterno, e la circoncisione non è quella visibile nella carne; ma Giudeo è colui che lo è interiormente, e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito, e non nella lettera; e d’un tal Giudeo la lode non proviene dagli uomini, ma da Dio” {Romani 2: 25-29}.

Cos’è la vera circoncisione

La circoncisione era segno di giustizia per fede. Ma quella giustizia è la giustizia richiesta dalla legge di Dio. La circoncisione non ha mai portato a nulla, a meno che la legge non sia stata rispettata. Infatti, l’osservanza della legge è una vera circoncisione. Il Signore chiede verità nelle parti interiori. Uno spettacolo esteriore, senza rettitudine interiore, è un abominio per Lui. La legge deve essere nel cuore, altrimenti non c’è una vera circoncisione. Ma la legge può essere nel cuore solo per la potenza del Signore per mezzo dello Spirito. “Infatti noi sappiamo che la legge è spirituale…” {Romani 7: 14}, cioè è della natura dello Spirito Santo, e la legge può essere nel cuore solo quando lo Spirito di Dio vi abita. La circoncisione non è quindi niente di meno che il suggellamento della giustizia nel cuore per opera dello Spirito Santo. Questo è ciò che Abramo ricevette. La sua circoncisione era la scala della rettitudine di fede che aveva. Ma la giustizia della fede era quella mediante la quale doveva ereditare il possesso promesso. Perciò la circoncisione era il pegno della sua eredità. Ora leggi il testo seguente: “in cui abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia… In lui siamo anche stati scelti per un’eredità… In lui anche voi, dopo aver udita la parola della verità, l’evangelo della vostra salvezza, e aver creduto, siete stati sigillati con lo Spirito Santo della promessa; il quale è la garanzia della nostra eredità, in vista della piena redenzione dell’acquistata proprietà a lode della sua gloria” {Efesini 1: 7-14}.

Sigillato dallo Spirito

La parola di verità è il Vangelo di salvezza. Quando crediamo al Vangelo, siamo suggellati dallo Spirito Santo, e quel sigillo è il pegno o la certezza della nostra eredità, fino a quando non viene conferito alla venuta del Signore. Abramo ebbe, dunque, lo Spirito Santo come pegno dell’eredità che gli era stata promessa. Il possesso dello Spirito mostra che abbiamo diritto all’eredità, perché lo Spirito porta la giustizia e l’eredità è quella della giustizia. La giustizia, e solo quella, dimorerà nella nuova terra.

Circonciso e sigillato in Cristo

In armonia con il testo di cui sopra, abbiamo anche il seguente: “E voi avete ricevuto la pienezza in lui, essendo egli il capo di ogni principato e potestà, nel quale siete anche stati circoncisi di una circoncisione, fatta senza mano d’uomo, ma della circoncisione di Cristo, mediante lo spogliamento del corpo dei peccati della carne” {Colossesi 2: 10-11}. La promessa di Dio ad Abramo era stata fatta molto prima del tempo di cui stiamo scrivendo. La conclusione dell’alleanza è registrata nel capitolo quindicesimo della Genesi. Ma dopo che il patto fu stipulato, Abrahamo cadde nell’errore riportato nel capitolo sedicesimo. Vide il suo errore, se ne pentì, e si rivolse di nuovo al Signore in piena fede, ricevendo così l’assicurazione del perdono e dell’accettazione; e la circoncisione ne fu ricordata.

Non una cosa nuova

Le scritture che abbiamo letto nel Nuovo Testamento sulla circoncisione non sono l’affermazione di qualcosa di nuovo. La circoncisione è sempre stata proprio ciò che si dice che sia. Significava sempre giustificazione nel cuore e non aveva alcun significato quando quella giustificazione era assente. Questo è chiaramente indicato qui: “L’Eterno, il tuo DIO, ti ricondurrà nel paese che i tuoi padri possedettero e tu lo possederai; ed egli ti farà del bene e ti moltiplicherà più dei tuoi padri. L’Eterno, il tuo DIO, circonciderà il tuo cuore e il cuore dei tuoi discendenti, affinché tu ami l’Eterno, il tuo DIO, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, e così tu viva” {Deuteronomio 30: 5-6}.

Perché il segno esteriore?

Sorge molto naturalmente la domanda: perché il segno esteriore della circoncisione fu dato ad Abramo, se aveva già tutto ciò che implicava? Poiché la circoncisione è del cuore per mezzo dello Spirito, e non è altro che il possesso della giustizia mediante la fede, e Abramo l’aveva prima di ricevere il segno della circoncisione, perché il segno fu dato?

È una domanda ragionevole e fortunatamente può essere facilmente risolta. Il lettore noterà prima, però, che ciò che Abramo ricevette è in {Romani 4: 11}, chiamato “il segno della circoncisione.” La vera circoncisione che aveva già. In armonia con questo è l’affermazione che ciò che era nella carne, fatto dalle mani, era solo “chiamata circoncisione” {Efesini 2: 11}. Non era infatti circoncisione.

Solo un promemoria

Ora il motivo per cui fu dato questo segno, che era solo un segno, e che non portava nulla a chi lo possedeva, e che era un segno falso se non c’era nel cuore, la giustizia della fede, si vedrà quando consideriamo ciò che è avvenuto dopo il patto è stato fatto con Abramo. Aveva stipulato un accordo, il cui scopo era di realizzare la promessa del Signore. Abramo e Sara credevano che la promessa sarebbe stata loro, ma pensavano che dovessero realizzarla. Ma poiché la promessa era di un’eredità di giustizia, il pensiero che potessero realizzarla era in realtà l’idea molto comune che gli uomini possano realizzare la giustizia di Dio. Così, quando Dio ha ripetuto l’alleanza, ha dato ad Abramo un segno che avrebbe sempre dovuto ricordare il suo tentativo di realizzare la promessa di Dio e il suo fallimento. Non gli dava nulla, ma al contrario gli ricordava che non poteva fare nulla da sé, e che tutto doveva essere fatto in lui e per lui dal Signore. Il taglio di una porzione di carne mostrava che la promessa non doveva essere acquisita dalla carne ma dallo Spirito. Ismaele nacque secondo la carne, ma Isacco secondo lo Spirito.

Il segno pervertito

Lo stesso obiettivo fu servito anche dai suoi discendenti. Era di tenere continuamente davanti a loro l’errore del loro padre Abramo, e di metterli in guardia contro un errore simile. Era per mostrare loro che “la carne non giova a nulla” {Giovanni 6: 63}. In seguito essi pervertirono questo segno, e presumevano che il possesso di esso fosse una garanzia della loro giustizia, anche se essi osservavano la legge o meno. Essi credettero che essa portava loro giustizia e li rendeva i favoriti del Signore. Ma l’apostolo Paolo mostrò la verità riguardo alla questione dicendo: “I veri circoncisi infatti siamo noi che serviamo Dio nello Spirito e ci gloriamo in Cristo Gesù senza confidarci nella carne” {Filippesi 3: 3}. Gli ebrei lo consideravano il modo per essere giusti, perché confidavano nella loro giustizia; mentre il suo unico scopo era insegnare loro a non confidare in sé stessi.

CAPITOLO 7 – LA PROVA DELLA FEDE

Passiamo da un periodo di diversi anni. Il numero di anni che non possiamo dire, ma Isacco, il figlio della fede e della promessa era nato, ed era cresciuto per essere un giovane uomo. Nota: Che non fosse un bambino piccolo, come le nostre idee della parola “ragazzo”, potrebbe portarci a supporre, è evidente dal fatto che era in grado di portare il legno per il sacrificio sulla montagna. Giuseppe dice che aveva venticinque anni, e che l’età è indicata dalla cronologia a margine delle nostre Bibbie. La fede di Abramo era diventata più forte e più intelligente, perché aveva imparato che Dio adempie le Sue promesse.

Ma Dio è un insegnante fedele, e non permette ai Suoi allievi di lasciare una lezione finché non è completamente imparata. Non è sufficiente per loro vedere e riconoscere che hanno commesso un errore nella lezione che Egli ha dato loro. Tale riconoscimento, naturalmente, assicura il perdono; ma, dopo aver visto l’errore, devono tornare sullo stesso terreno, e forse molte volte, fino a quando non l’hanno imparato così bene che possono andare senza inciampare. È solo per il loro bene. Non è gentilezza da parte di un genitore o di un insegnante permettere ai suoi figli di passare lezioni non apprese, semplicemente perché sono difficili.

La prova

Dopo queste cose DIO mise alla prova Abrahamo e gli disse: «Abrahamo!». Egli rispose: «Eccomi». E DIO disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico figlio, colui che tu ami, Isacco, va’ nel paese di Moriah e là offrilo in olocausto sopra uno dei monti che io ti dirò” {Genesi 22: 1-2}.

Che cosa ha comportato

Per capire cosa significasse questa dimostrazione, dobbiamo avere un’idea più chiara di ciò che era legato in Isacco e di ciò che era stato abbracciato nella promessa che era stata fatta ad Abramo, che doveva essere realizzata attraverso Isacco. Abbiamo già studiato, e quindi dobbiamo solo ricordare il fatto. Dio aveva detto ad Abramo: “Nella tua discendenza saranno benedette tutte le famiglie della terra,” e, “In Isacco sarà chiamata la tua discendenza.” Come abbiamo visto, la benedizione era la benedizione del Vangelo, la benedizione che viene attraverso Cristo e la sua croce. Ma questo, poiché Dio lo aveva detto, doveva compiersi per mezzo di Isacco. Il seme della discendenza promessa, consiste di Cristo e di tutti quelli che sono Suoi, doveva venire attraverso Isacco. Vediamo così che alla vista dell’uomo, l’esigenza di Dio sembrava tagliare ogni speranza che la promessa fosse realizzata. Ma la promessa era la promessa di salvezza attraverso Gesù Cristo, il Seme. La promessa era stata molto esplicita: “uscirà da Isacco la discendenza che porterà il tuo nome.”, e quel seme era prima di tutto Cristo. Perciò Cristo Salvatore di tutti gli uomini poteva venire solo nella linea di Isacco. Ma Isacco era ancora un giovane e non sposato. Eliminarlo sarebbe stato, e gli uomini avrebbero avuto ragione, eliminare tutte le prospettive dell’arrivo del Messia, e quindi eliminare ogni speranza di salvezza. All’apparenza Abramo fu chiamato virtualmente a puntarsi il coltello alla gola e tagliare la speranza della propria salvezza.

Il test più severo possibile

Così possiamo vedere che non fu solo l’effetto paterno di Abramo ad essere provato, ma la sua fede nella promessa di Dio. Il più severo che nessun uomo sia mai stato chiamato a subire, perché nessun altro uomo poteva trovarsi nella stessa posizione. Tutta la speranza di tutta l’umanità era legata ad Isacco, e ad Abramo fu chiesto apparentemente di farlo con un colpo di coltello. Bene, colui che poteva fare una tale prova, potrebbe essere chiamato “il padre dei fedeli.” Possiamo ben credere che Abramo fosse fortemente tentato di dubitare che questo requisito venisse dal Signore; sembrava essere così direttamente in contatto con la promessa di Dio.

Tentazioni

Essere tentati, e dolorosamente tentati, non è un peccato. “Considerate una grande gioia, fratelli miei, quando vi trovate di fronte a prove di vario genere” {Giacomo 1: 2}. L’apostolo Pietro parla della stessa eredità che fu promessa ad Abramo, e dice che ne gioiamo grandemente, “A motivo di questo voi gioite anche se al presente, per un pò di tempo, dovete essere afflitti da varie prove, affinché la prova della vostra fede, che è molto più preziosa dell’oro che perisce anche se vien provato col fuoco, risulti a lode, onore e gloria nella rivelazione di Gesù Cristo, che, pur non avendolo visto, voi amate e, credendo in lui anche se ora non lo vedete, voi esultate di una gioia ineffabile e gloriosa, ottenendo il compimento della vostra fede, la salvezza delle anime” {1 Pietro 1: 6-9}. Queste tentazioni causano pesantezza, dice l’apostolo. Pesano. Se così non fosse, se non ci fosse voluto alcuno sforzo per sopportarle, non sarebbero state tentazioni. Il fatto che una cosa è una tentazione significa che è qualcosa che fa appello a tutti i sentimenti, e di tollerare quasi di farsi prendere la vita stessa. Perciò possiamo sapere, senza riflettere minimamente sulla fede di Abramo, che gli è costato un’inutile fatica obbedire al comando del Signore.

Nessuno libero dalla tentazione

Molti dubbi sono stati suggeriti alla sua mente. I dubbi vengono dal diavolo, e nessun uomo è così buono da essere libero dai suggerimenti di Satana. Anche il Signore stesso doveva portarli. Egli “uno che è stato tentato in ogni cosa come noi, senza però commettere peccato” {Ebrei 15: 15}. Il peccato non consiste nel sentire sussurrare dubbi del diavolo nelle nostre orecchie, ma nel nostro agire su di loro. Cristo questo non l’ha fatto. Né lo fece Abramo; eppure colui che pensa che il patriarca ha iniziato il suo viaggio senza prima avere una lotta dolorosa, deve essere inconsapevole non solo di ciò che è stato coinvolto nel test proposto, ma dei sentimenti di un padre.

Ciò che Abramo deve aver sopportato

Il tentatore avrà suggerito, “Questo non può essere il requisito del Signore, perché Egli vi ha promesso un’innumerevole posterità, e ha detto che deve venire attraverso Isacco.” Ancora una volta sarebbe venuto questo pensiero; ma non poteva essere accolto, perché Abramo conosceva bene la voce del Signore. Sapeva che la chiamata a offrire Isacco proveniva dalla stessa fonte della promessa. La ripetizione di quel suggerimento del tentatore avrebbe solo reso più sicuro il fatto che il requisito, era dal Signore. Ma questo non avrebbe posto fine alla lotta. Una forte tentazione di ignorare il comando sarebbe stato trovato nell’affetto per suo figlio. Il requisito sondato molto profondamente: “Prendi adesso tuo figlio, il tuo unico figlio che tu ami.” E c’era la madre affettuosa e fiera. Come poteva farle credere che era stato il Signore a parlargli? Non gli avrebbe rimproverato di seguire le fantasie di una mente disordinata? Come avrebbe potuto dirglielo? O, se avesse proceduto a fare il sacrificio senza farglielo sapere, come avrebbe potuto incrociarla al suo ritorno? Inoltre, c’erano le persone. Non lo avrebbero accusato di aver ucciso il suo figlio? Possiamo essere sicuri che Abramo ha avuto una lotta disperata con tutti questi suggerimenti che gli affollavano la mente e il cuore.

“Non ha vacillato affatto.”

Ma la fede ha ottenuto la vittoria. Il suo tempo di esitazione era passato da tempo, e ora “Neppure dubitò per incredulità riguardo alla promessa di Dio, ma fu fortificato nella fede e diede gloria a Dio” {Romani 4: 20}. “Per fede Abrahamo, messo alla prova, offrí Isacco e colui che aveva ricevuto le promesse offrí il suo unigenito anche se Dio gli aveva detto «In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome», perché Abrahamo riteneva che Dio era potente da risuscitarlo anche dai morti; per cui lo riebbe come per una specie di risurrezione” {Ebrei 11: 17-19}. Il tutto, dal primo all’ultimo, ha comportato la risurrezione dei morti. La nascita di Isacco è stata davvero la venuta della vita dai morti. Fu per la potenza della risurrezione. Una volta Abramo, dopo che ascoltò sua moglie, non riuscì a confidare nel potere di Dio di portargli un figlio dai morti. Si era pentito del suo fallimento, ma doveva essere testato su quel punto, per assicurarsi di aver imparato a fondo la lezione. Il risultato ha dimostrato che l’aveva imparata.

Il “Figlio Unigenito”

“Colui che aveva ricevuto le promesse ha offerto il suo figlio unigenito, di cui è stato detto, che in Isacco sarà chiamata la tua discendenza; conta che Dio è stato in grado di risuscitarlo anche dai morti”.

Notate l’espressione “il suo unico figlio generato”. Non possiamo leggerlo senza ricordare che “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il Suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna” {Giovanni 3: 16}.

Nell’offerta di Abramo del suo unigenito figlio abbiamo una figura di teorizzazione dell’unigenito Figlio di Dio. E Abramo lo ha capito. Aveva già gioito in Cristo. Sapeva che attraverso il seme promesso doveva venire la risurrezione dei morti; ed era la sua fede nella risurrezione dei morti, che può venire solo attraverso Gesù, che gli ha permesso di sopportare la prova. Abramo offrì il suo unigenito figlio, nella fiducia che sarebbe risuscitato dai morti perché Dio avrebbe offerto il Suo unigenito Figlio. Anzi, di più, Dio aveva già offerto il Suo unigenito Figlio, “preconosciuto prima della fondazione del mondo, ma manifestato negli ultimi tempi per voi” {1 Pietro 1: 20}, ma che doveva ancora manifestarsi.

La Parola che si auto-avvera

E qui possiamo vedere la meravigliosa fede di Abramo, e come comprendesse il proposito e la potenza di Dio. Perché il Messia, il Seme attraverso il quale tutte le benedizioni dovevano venire all’uomo, doveva nascere dalla linea di Isacco. Isacco doveva essere tagliato fuori senza un erede. Tuttavia Abramo aveva una tale fiducia nella vita e nella potenza della parola del Signore, che credeva che si sarebbe realizzata. Gli Ebrei credettero che il Messia che doveva venire dalla stirpe di Isacco, e la cui sola morte poteva distruggere la morte e portare la risurrezione, e che non era ancora venuto al mondo, aveva il potere di risuscitare Isacco dai morti, in modo che la promessa potesse essere adempiuta, e Lui è ancora non era nato nel mondo. Fede più grande di quella di Abramo non poteva esistere.

“La risurrezione e la vita”

In questo vediamo non solo la prova della preesistenza di Cristo, ma anche della conoscenza di Abramo di esso. Gesù disse: “Io sono la risurrezione e la vita” {Giovanni 11: 25}. Egli era il Verbo che era all’inizio con Dio, e quello era Dio. Era la risurrezione e la vita nei giorni di Abramo così come al tempo di Lazzaro. “In Lui era la vita” {Giovanni 1: 4}, anche la vita senza fine. Abramo ci credeva, perché aveva già dimostrato il suo potere, ed era fiducioso che la vita della Parola avrebbe portato Isacco in vita in modo che la promessa potesse essere mantenuta. Abramo partì per il suo cammino. Tre giorni proseguì il suo cammino stanco, in cui c’era tempo per il tentatore di assalirlo con ogni sorta di dubbi. Ma i dubbi furono pienamente dominati quando “il terzo giorno Abramo alzò gli occhi, e vide il luogo lontano” {Genesi 22: 4}. Evidentemente qualche segno che il Signore gli aveva dato apparve sulla montagna, e sapeva oltre ogni dubbio che il Signore lo stava guidando. La lotta era finita, e andò avanti fino al completamento del suo compito, pienamente certo che Dio avrebbe portato Isacco dalla morte. “Allora Abrahamo disse ai suoi servi: «Rimanete qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin là e adoreremo; poi ritorneremo da voi»” {Genesi 22: 5. Se non ci fosse una sola riga nel Nuovo Testamento su questa questione, potremmo sapere da questo versetto che Abrahamo aveva fede nella risurrezione. “Io e il ragazzo andremo laggiù e adoreremo, e torneremo da te.” Nell’originale è molto chiaro:

Andremo e torneremo da te. Il patriarca aveva così fiducia nella promessa del Signore che credeva pienamente che, anche se avrebbe dovuto offrire Isacco come olocausto, suo figlio sarebbe risuscitato, in modo che entrambi sarebbero tornati insieme. “Or la speranza non confonde” {Romani 5: 5}. Essendo stato giustificato dalla fede, aveva pace con Dio attraverso il nostro Signore Gesù Cristo. La prova della sua fede era stata pazientemente sopportata, perché dobbiamo sapere che l’amarezza della lotta era ormai finita, e una ricca esperienza della vita che è nella Parola era venuta a lui, producendo una speranza incrollabile.

Il Sacrificio Completato

Conosciamo tutti il risultato. Isacco portò la legna al luogo designato. L’altare fu costruito, e fu legato e posato su di esso. Abbiamo ancora la somiglianza con il sacrificio di Cristo. Dio ha dato il Suo Figlio unigenito, ma il Figlio non è andato a malincuore. Cristo “ha dato sé stesso per noi” {Tito 2: 14}. Così Isacco si è liberamente arreso come sacrificio. Era giovane e forte, e avrebbe potuto facilmente resistere o fuggire se avesse voluto. Ma non lo fece. Il sacrificio era suo e di suo padre. Come Cristo portò la sua croce, così Isacco portò il legno per il suo sacrificio, e docilmente cedette il suo corpo al coltello. In Isacco abbiamo un tipo di Cristo, che è stato “Come un agnello condotto al macello” {Isaia 53: 7}. La dichiarazione di Abramo, “Dio si procurerà un agnello”, era solo l’espressione della sua fede nell’Agnello di Dio.

Abrahamo quindi stese la mano e prese il coltello per uccidere suo figlio. Ma l’Angelo dell’Eterno lo chiamò dal cielo e disse: «Abrahamo, Abrahamo!». Egli rispose: «Eccomi». L’Angelo disse: «Non stendere la tua mano contro il ragazzo e non gli fare alcun male; ora infatti so che tu temi Dio, poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, l’unico tuo figliuolo». Allora Abrahamo alzò gli occhi e guardò; ed ecco dietro di lui un montone, preso per le corna in un cespuglio. Così Abrahamo andò, prese il montone e l’offerse in olocausto invece di suo figlio” {Genesi 22: 10-13}. La vita del figlio è stata risparmiata, ma il sacrificio è stato fatto come se fosse stato messo a morte.

L’opera della fede

Ci rivolgiamo a leggere ciò che questo passaggio ci insegna riguardo alla relazione tra la fede e le opere. “Ma vuoi renderti conto, o insensato, che la fede senza le opere è morta? Abrahamo, nostro padre, non fu forse giustificato per mezzo delle opere quando offrí il proprio figlio Isacco sull’altare? Tu vedi che la fede operava insieme alle opere di lui, e che per mezzo delle opere la fede fu resa perfetta. Così si adempì la Scrittura, che dice: «Or Abrahamo credette a Dio, e ciò gli fu imputato a giustizia»; e fu chiamato amico di Dio” {Giacomo 2: 20-23}.

Com’è possibile per chiunque supporre che qui ci sia una contraddizione o una modifica della dottrina della giustificazione per fede, presente negli scritti dell’apostolo Paolo? Tutte le Scritture insegnano che la fede funziona. “… La fede che opera mediante l’amore” {Galati 5: 6}. È dichiarata essere una cosa necessaria. I fratelli Tessalonicesi raccomandarono per la loro “opera di fede” {1 Tessalonicesi 1: 2-3}. Così il caso di Abramo è usato come illustrazione dell’opera della fede. Dio gli aveva fatto una promessa; aveva creduto alla promessa, e la sua fede gli era stata contata per giustizia. La sua fede era quella che opera la giustizia. Ora che la fede ha ricevuto una prova pratica, e le opere hanno dimostrato che era perfetta. Così si adempì la Scrittura che dice: “Abramo credette in Dio, e gli fu attribuita per giustizia.” Quest’opera era la dimostrazione del fatto che la fede gli era stata giustamente imputata per giustizia. Era la fede che agiva con le sue opere. L’opera che fece Abramo fu opera di fede. Le sue opere non produssero la sua fede, ma la sua fede produsse le sue opere. Era giustificato, non per fede e opere, ma per fede che opera.

L’amico di Dio

Ed è stato chiamato l’amico di Dio. “Gesù disse ai Suoi discepoli: Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udito dal Padre mio” {Giovanni 15: 15}. Amicizia significa fiducia reciproca. In perfetta amicizia ciascuno si rivela all’altro in un modo che non fa al mondo esterno. Non ci può essere amicizia perfetta dove c’è sfiducia e ritegno. Tra amici perfetti c’è una posizione perfetta. Così Dio chiamò Abramo suo amico, perché si capivano reciprocamente. Questo sacrificio rivelava pienamente il carattere di Abramo. Dio aveva detto prima: “Io lo conosco”, e ora di nuovo Egli disse: “Ora so che tu hai paura di Dio”. E Abramo da parte sua comprese il Signore. Il sacrificio del suo unigenito indica che conosceva il carattere amorevole di Dio, che per l’uomo aveva già dato il Suo unigenito Figlio. Erano uniti in un sacrificio e una simpatia reciproca. Nessuno poteva apprezzare i sentimenti di Dio così bene come Abramo. Nessun’altra persona potrà mai essere chiamata a sottoporsi alla stessa prova che Abramo ha sopportato, perché le circostanze non potranno mai più essere le stesse. Mai più il destino del mondo può essere legato in una persona diversa, e stare, per così dire, in equilibrio. Eppure ogni figlio di Abramo sarà testato, perché solo coloro che hanno la fede di Abramo sono i figli di Abramo. Ognuno può essere amico di Dio, e deve essere tale se è figlio di Abramo. Dio manifesterà Egli stesso al Suo popolo come non lo fa al mondo. Ma non dobbiamo dimenticare che l’amicizia si basa sulla fiducia reciproca. Se vogliamo che il Signore sia confidenziale con noi, dobbiamo fare di Lui il nostro confidente. Se confessiamo i nostri peccati, esponendo davanti a Lui in segreto tutte le nostre debolezze e difficoltà, allora Egli mostrerà Egli stesso che è un amico fedele e ci rivelerà il suo amore e il suo potere di liberarsi dalla tentazione. Egli ci mostrerà come è stato tentato allo stesso modo, soffrendo le stesse infermità, e ci mostrerà come superarle. Così, nell’amorevole scambio di confidenze, ci siederemo nei luoghi celesti in Cristo Gesù, e potremmo cenare insieme. Egli ci mostrerà cose meravigliose, perché “Il segreto dell’Eterno è rivelato a quelli che lo temono, ed egli fa loro conoscere il suo patto” {Salmo 25: 14}. Inoltre, Dio si mostrerà amico vero e fedele. Egli non tradirà la nostra fiducia. Non ripeterà mai la storia della nostra vergogna, che sussurriamo nel Suo orecchio. Egli getterà i nostri peccati dietro la sua schiena, seppellendoli nelle profondità del mare, in modo che quando li cercheremo non potranno essere trovati; ed Egli stesso non “li ricorderà più.” Questo è più di quanto qualsiasi amico terreno possa fare. Hai bisogno di un confidente. Non aver paura di affidarti al Signore. Non solo manterrà il tuo segreto, ma confidarlo a Lui è l’unico modo per impedire al mondo intero di scoprirlo. Felice è l’uomo che ha il Dio di Abramo come suo amico!

CAPITOLO 8 – LA PROMESSA E IL GIURAMENTO

Il sacrificio era stato fatto; la fede di Abramo era stata provata e trovata perfetta; ” L’Angelo dell’Eterno chiamò dal cielo Abrahamo una seconda volta e disse: “Io giuro per me stesso, dice l’Eterno, poiché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, l’unico tuo figlio, io certo ti benedirò grandemente e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; e la tua discendenza possederà la porta dei suoi nemici. E tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, perché tu hai ubbidito alla mia voce” {Genesi 22: 15-18}.

NOTA: “Benedicendo ti benedirò” e “moltiplicando ti moltiplicherò” è la traduzione letterale di un linguaggio ebraico molto comune. L’enfasi in ebraico è denotata dalla ripetizione. Messo nell’inglese ordinario, il testo sarebbe “certamente benedirò te e certamente moltiplicherò il tuo seme.” Esempi simili possono essere visti nel margine di {Genesi 2: 16-17}, “mangiare tu puoi mangiare,” e “morire tu devi morire,” per “tu puoi mangiare liberamente,” e “tu sicuramente morrai.” In {Esodo 3: 7}, “Ho sicuramente visto,” si verifica lo stesso modo di dire, “Vedendo ho visto.” In {Atti 7: 3}4, questa ripetizione enfatica è conservata in “Ho visto, ho visto” [I have seen, I have seen].

 Significato del giuramento

Nella Lettera agli Ebrei apprendiamo il significato del fatto che Dio giurò per Sé Stesso. Il lettore vedrà subito che la scrittura che segue fa riferimento diretto a ciò che è stato appena citato: “Quando Dio infatti fece la promessa ad Abrahamo, siccome non poteva giurare per nessuno maggiore, giurò per se stesso, dicendo «Certo, ti benedirò e ti moltiplicherò grandemente». E così, Abrahamo, avendo aspettato con pazienza, ottenne la promessa. Gli uomini infatti ben giurano per uno maggiore, e così per loro il giuramento è la garanzia che pone termine ad ogni contestazione. Così Dio, volendo dimostrare agli eredi della promessa più chiaramente l’immutabilità del suo consiglio, intervenne con un giuramento affinché per mezzo di due cose immutabili, nelle quali è impossibile che Dio abbia mentito, avessimo un grande incoraggiamento noi, che abbiamo cercato rifugio nell’afferrare saldamente la speranza che ci è stata messa davanti. Questa speranza che noi abbiamo è come un’ancora sicura e ferma della nostra vita, e che penetra fin nell’interno del velo, dove Gesù è entrato come precursore per noi essendo divenuto sommo sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek” {Ebrei 6: 13-20}.

Per il bene di chi?

Il giuramento non era per amore di Abramo. La sua fede in Dio era completa senza il giuramento di sostenere la promessa. La sua fede era stata fatta per essere perfetta, prima che il giuramento fosse dato. Inoltre, se fosse stato dato per il suo bene, non ci sarebbe stato bisogno di metterlo a verbale, dal momento che era morto molto prima che il verbale fosse stato scritto. Ma Dio volle mostrare più abbondantemente agli eredi la promessa dell’immutabilità del Suo consiglio, e così confermò la promessa con un giuramento.

In Cristo solo

E chi sono gli eredi della promessa? -La clausola successiva ci dice. Il giuramento era in modo che “potremmo avere una forte consolazione.” Il giuramento è stato fatto per il nostro bene. Questo dimostra che il patto con Abramo ci riguarda. Coloro che sono di Cristo sono la discendenza di Abramo, ed eredi secondo la promessa; e questo giuramento è stato dato per essere un incoraggiamento a noi quando fuggiamo per rifugiarci in Cristo.

Il giuramento e il Vangelo

Come chiaramente quest’ultimo riferimento ci mostra che l’intero patto con Abramo, con tutte le sue promesse incluse, è puramente Vangelo. Il giuramento sostiene la promessa; ma il giuramento ci consola quando fuggiamo per rifugiarci in Cristo; perciò la promessa si riferisce a ciò che si può guadagnare in Cristo.

Questo è mostrato anche nel testo che è stato ripetuto tante volte: “Se siete di Cristo, allora siete progenie di Abramo ed eredi secondo la promessa”. La promessa non aveva nient’altro in vista se non Cristo e le benedizioni che sono elargite attraverso la Sua croce.

Fu così che l’apostolo Paolo, la cui determinazione era di non conoscere altro che «Gesù Cristo e lui crocifisso” {1 Corinzi 2: 2}, poté anche dire che rimase e fu giudicato “…per la speranza della promessa fatta da Dio ai nostri padri” {Atti 26: 6}. È «speranza che ci è stata messa davanti» {Ebrei 6: 17-18} in Cristo, e che è resa «più chiaramente» sicura dal giuramento di Dio ad Abramo.

Il giuramento e il sacerdozio

Il giuramento di Dio confermò l’alleanza. Il giuramento con cui è stata confermata la promessa ci dà una forte consolazione quando fuggiamo per rifugiarci nel santuario dove Cristo è sacerdote per nostro conto, secondo l’ordine di Melchisedek. Perciò quel giuramento era lo stesso del giuramento che fece Cristo sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchisedek. Ciò è chiaramente indicato nell’affermazione che Cristo fu fatto sacerdote “ma costui con giuramento da parte di colui che gli ha detto: «Il Signore ha giurato e non si pentirà: Tu sei sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedek” {Ebrei 7: 21}, e che Egli è quindi in grado di salvare fino all’estremo quelli che vengono a Dio per mezzo di Lui.

Il Giuramento, la Garanzia della Nuova Alleanza

Inoltre, il giuramento con cui Cristo fu fatto sacerdote dopo l’ordine di Melchisedek era il giuramento con il quale “Gesù è diventato garante di un patto molto migliore” {Ebrei 7: 22}, anche il nuovo patto. Ma il giuramento con cui Gesù fu fatto sacerdote dopo l’ordine di Melchisedek era lo stesso giuramento con il quale l’alleanza con Abramo fu confermata.

Perciò il patto con Abramo è identico nel suo scopo con il nuovo patto. Non c’è nulla nel nuovo patto che non sia nel patto con Abramo; e nessuno sarà mai incluso nel nuovo patto, chi non è figlio di Abramo per mezzo del patto fatto con lui. Quale consolazione meravigliosa si perde per chi non vede il Vangelo e il Vangelo solo nella promessa di Dio ad Abramo. La “forte consolazione” che il giuramento di Dio ci dà, è in Cristo come “un misericordioso e fedele sommo sacerdote nelle cose che riguardano Dio, per fare l’espiazione dei peccati del popolo” {Ebrei 2: 17}. Come sacerdote Egli presenta il Suo sangue, attraverso il quale abbiamo la redenzione, e anche il perdono dei peccati. Come sacerdote Egli non solo fornisce misericordia per noi, ma “grazia per ricevere aiuto al tempo opportuno” {Ebrei 4: 16}. Questo ci è assicurato “senza favoritismi di persona” {1 Pietro 1: 17}, dal giuramento di Dio.

“Forte consolazione”

Ecco un’anima povera, timida, tremante, abbattuta e avvilita dal senso dei peccati commessi, e dalla generale debolezza e indegnità. Ha paura che Dio non lo accetti. Pensa di essere troppo insignificante perché Dio se ne accorga, e che non farebbe differenza per nessuno, nemmeno per Dio, se si perdesse. A questi il Signore dice: “Ascoltatemi, voi che perseguite la giustizia e cercate l’Eterno! Guardate alla roccia da cui siete stati tagliati e alla buca della cava da cui siete stati cavati. Guardate ad Abrahamo vostro padre e a Sara che vi ha partorito, perché lo chiamai quando era solo, lo benedissi e lo moltiplicai. L’Eterno infatti sta per consolare Sion, consolerà tutte le sue rovine, renderà il suo deserto come l’Eden e la sua solitudine come il giardino dell’Eterno. Gioia ed allegrezza si troveranno in lei, ringraziamento e suono di canti” {Isaia 51: 1-3}. Guarda ad Abramo, allevato da un pagano, e vede quello che Dio ha fatto per lui e quello che gli ha promesso confermando con un giuramento da Lui stesso, per te. Voi pensate che non farebbe alcuna differenza per il Signore se vi perdeste, perché siete così oscuri e insignificanti. La tua dignità o indegnità non ha nulla a che fare con la questione. Il Signore dice: “Io, proprio io, sono colui che per amore di me stesso cancello le tue trasgressioni e non ricorderò più i tuoi peccati” {Isaia 43: 25}. Per amor Suo? Sì, certamente; a causa del Suo grande amore dove Egli ci ha amati, Egli si è posto sotto vincoli per farlo. Egli giurò da se stesso di salvare tutti coloro che vengono a Lui attraverso Gesù Cristo e “Se siamo infedeli, egli rimane fedele, perché egli non può rinnegare se stesso” {2 Timoteo 2: 13}.

La vita di Dio promessa

Pensateci; Dio ha giurato per Sé stesso! Cioè ha promesso Sé Stesso e la Sua esistenza, alla nostra salvezza in Gesù Cristo. Si è messo in pegno. La Sua vita per noi, se siamo perduti mentre ci fidiamo di Lui. È in gioco il Suo onore. Non si tratta di sapere se siete insignificanti poco o niente. Egli stesso dice che siamo “come un nulla” {Isaia 40: 17}. Egli dice che “Voi siete stati venduti per nulla ” {Isaia 52: 3}, che mostra il nostro vero valore; ma siamo redenti senza denaro, anche dal prezioso sangue di Cristo. Il sangue di Cristo è la vita di Cristo; e la vita di Cristo donata a noi ci rende partecipi del Suo valore. L’unica domanda è: Può Dio permettersi di rompere o dimenticare il Suo giuramento? E la risposta è che abbiamo “affinché per mezzo di due cose immutabili, nelle quali è impossibile che Dio abbia mentito” {Ebrei 6: 18}.

Tutta la creazione data per il nostro riscatto

Pensa a cosa comporterebbe la rottura di quella promessa e di quel giuramento. La parola di Dio, che porta la promessa, è la parola che ha creato i cieli e la terra, e che li sostiene.

“Levate in alto i vostri occhi e guardate: Chi ha creato queste cose? Colui che fa uscire il loro esercito in numero e le chiama tutte per nome; per la grandezza del suo vigore e la potenza della sua forza, nessuna manca. Perché dici, o Giacobbe, e tu, Israele, dichiari: «La mia via è nascosta all’Eterno e il mio diritto è trascurato dal mio DIO”? {Isaia 40: 26-27}. La parte precedente di questo stesso capitolo parla della parola di Dio, che ha creato tutte le cose, e che sarà per sempre, e le parole sono citate dall’Apostolo Pietro, con l’ulteriore dichiarazione, “ma la parola del Signore rimane in eterno; e questa è la parola che vi è stata annunziata” {1 Pietro 1: 25}.

È la parola di Dio in Cristo che sostiene l’universo e custodisce le innumerevoli stelle al loro posto. ” Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui” {Colossesi 1: 17}. Così l’intero universo è in equilibrio per assicurare la salvezza di ogni anima che la cerca in Cristo. Il potere che si manifesta in esso è il potere promesso all’aiuto dei deboli. Finché esisterà la materia, solo la parola di Dio sarà sicura. “Per sempre, o Eterno, la tua parola è stabile nei cieli” {Salmi 119: 89}. Sarebbe una triste perdita per voi se doveste fallire la salvezza; ma sarebbe una perdita molto più grande per il Signore se doveste affrontare qualsiasi sua colpa. Sì, ancor di più, ogni anima che rifiuta la misericordia di Dio, e va alla distruzione è una perdita per Dio. “… Poiché siamo anche sua progenie” {Atti 17: 28} E nessun padre può vedere la sua progenie perire, e non soffrire. Proprio come c’è gioia in cielo per un peccatore che si pente, così è il loro dolore in cielo per ogni peccatore che va alla distruzione. Dio ama i peccatori proprio come ama il Suo unigenito Figlio, ed Egli stesso ha sofferto di più per salvarli di quanto possano soffrire.

Il Suo potere è uguale al Suo amore, in modo che nessuno che venga a Lui possa essere strappato dalla Sua mano. Canti allora l’anima dubbiosa: “Il suo giuramento, il suo patto, il suo sangue, sostienimi nell’inondazione del grano; quando tutto intorno alla mia anima cede,

allora è tutta la mia speranza e soggiorno”.

CAPITOLO 9 – LA PROMESSA DELLA VITTORIA

Il Seme al quale fu fatta la Promessa

Abbiamo notato la ripetizione della promessa e il giuramento che l’ha confermata. Ma c’è ancora una caratteristica molto importante della promessa che non è stata particolarmente sottolineata. È questa: “e la tua discendenza possederà la porta dei suoi nemici” {Genesi 22: 17}. Questo merita la massima attenzione, perché presenta la consumazione del Vangelo. Non si dimentichi mai che “ad Abrahamo e alla sua discendenza. La Scrittura non dice: «E alle discendenze» come se si trattasse di molte, ma come di una sola: «E alla tua discendenza», cioè Cristo” {Galati 3: 16}. C’è un solo seme, ed è Cristo; ma “voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo” {Galati 3: 27}, in modo che siano tutti uno in Cristo Gesù. E “se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa” {Galati 3: 29}. Il seme è Cristo e quanti sono suoi, e questo è tutto. La Bibbia ora qui espone qualsiasi altra progenie di Abramo. Dunque la promessa fatta ad Abramo era questa: Cristo e quelli che sono la Sua – la tua stirpe – possederà la porta dei suoi nemici. Per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo. La tentazione è arrivata, Satana, l’arcinemico di Cristo. Satana e le sue schiere sono i nemici di Cristo e di tutto ciò che è simile a Cristo. Sono i nemici di ogni bene e di tutti gli uomini. “Il nemico” che ha seminato la zizzania è il diavolo. Il nome “Satana” significa avversario. “Siate sobri, vegliate, perché il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare” {1Pietro 5: 8}. La promessa che la discendenza di Abramo dovrebbe possedere la porta dei suoi nemici, è la promessa della vittoria sul peccato e su Satana, attraverso Gesù Cristo.

Salvati dai nostri nemici, per vivere in santità

Questo è dimostrato dalle parole di Zaccaria, il sacerdote, quando era pieno di Spirito Santo. Egli profetizzò, dicendo: “Benedetto sia il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e compiuto la redenzione per il suo popolo; e ci ha suscitato una potente salvezza nella casa di Davide suo servo come egli aveva dichiarato per bocca dei suoi santi profeti fin dai tempi antichi, perché fossimo salvati dai nostri nemici e dalle mani di tutti coloro che ci odiano, per usare misericordia verso i nostri padri e ricordarsi del suo santo patto, il giuramento fatto ad Abrahamo nostro padre, per concederci che, liberati dalle mani dei nostri nemici, lo potessimo servire senza paura, in santità e giustizia davanti a lui tutti i giorni della nostra vita” {Luca 1: 68-75}.

Liberazione dal potere di Satana

Queste parole furono pronunciate in occasione della nascita di Giovanni Battista, il precursore di Cristo. Sono un riferimento diretto alla promessa e al giuramento che stiamo studiando. Sono stati sollecitati dallo Spirito Santo. Perciò seguiamo semplicemente lo Spirito quando diciamo che la promessa del possesso della porta dei nostri nemici significa liberazione dal potere delle schiere di Satana. Quando Cristo mandò i dodici, Egli “diede loro potere ed autorità sopra tutti i demoni” {Luca 1: 9}. Questo potere sarà con la Sua chiesa fino alla fine dei tempi, perché Cristo disse: “E questi sono i segni che accompagneranno quelli che hanno creduto: nel mio nome scacceranno i demoni…” {Marco 16: 17}. E ancora, “chi crede in me farà anch’egli le opere che io faccio; anzi ne farà di più grandi di queste, perché io vado al Padre” {Giovanni 14: 12}.

Il Potere di Satana è Morte per Peccato

Ma la morte è venuta dal peccato, e come Satana è l’autore del peccato, così ha il potere della morte. “Poiché dunque i figli hanno in comune la carne e il sangue, similmente anch’egli ebbe in comune le stesse cose, per distruggere, mediante la sua morte colui che ha l’impero della morte, cioè il diavolo, e liberare tutti quelli che per timore della morte erano tenuti in schiavitù per tutta la loro vita” {Ebrei 2: 14-15}. Una teologia derivata dal paganesimo può portare l’uomo a dire che la morte è un amico; ma ogni carro funebre e ogni lacrima amara versata per i morti, proclama che è un nemico.

La Bibbia lo dichiara e racconta della sua distruzione. A proposito ai fratelli, dice: “Perché, come tutti muoiono in Adamo, così tutti saranno vivificati in Cristo. Ma ciascuno nel proprio ordine: Cristo la primizia, poi coloro che sono di Cristo alla Sua venuta. Poi verrà la fine, quando rimetterà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo aver annientato ogni dominio, ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che Egli regni, finché non abbia messo tutti i nemici sotto i Suoi piedi. L’ultimo nemico che sarà distrutto è la morte” {1 Corinzi 15: 22-26}.

La venuta di Cristo è la fine

Questo ci dice che la fine è alla venuta del Signore, e che quando ciò avverrà tutti i nemici di Cristo saranno stati messi sotto i Suoi piedi, in accordo con la parola del Padre al Figlio, “Siedi alla mia destra finché io faccia dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi” {Salmi 110: 1}. L’ultimo nemico che sarà distrutto è la morte. Giovanni in visione vide i morti piccoli e grandi stare davanti a Dio per essere giudicati, all’ultimo grande giorno. Quelli i cui nomi non erano nel libro della vita dell’Agnello, furono gettati nel lago di fuoco. “Poi la morte e l’Ades furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda” {Apocalisse 20: 14}. “Beato e santo è colui che ha parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potestà la seconda morte…” {Apocalisse 20: 6}.

Tutto il Seme non ancora Consegnato

La promessa: “E la tua discendenza possederà la porta dei suoi nemici” {Genesi 22: 17}, non può essere adempiuta se non con la vittoria su tutti i nemici da parte di tutta la discendenza. Cristo ha vinto; e noi anche ora possiamo rendere grazie a Dio, che “ci dà la vittoria per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo” {1 Corinzi 15: 57}; ma la battaglia non è ancora finita, con noi; ci sono molti che saranno finalmente vincitori, che non si sono ancora arruolati sotto la bandiera del Signore; e alcuni che ora sono Suoi potrebbero allontanarsi dalla fede. La promessa quindi abbraccia nientemeno che il completamento dell’opera del Vangelo, e la risurrezione di tutti i giusti figli di Abramo e la messa in atto dell’immortalità, alla seconda venuta di Cristo. “Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa” {Galati 3: 29}. Ma il possesso dello Spirito Santo è la caratteristica distintiva di coloro che sono di Cristo. “Ma se uno non ha lo Spirito di Cristo, non appartiene a lui” {Romani 8: 9}. Ma chi ha lo Spirito ha la certezza della risurrezione, “E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che risuscitò Cristo dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali mediante il suo Spirito che abita in voi” {Romani 8: 11}.

Una speranza per tutti

Vediamo così che la speranza della promessa fatta ad Abramo era la risurrezione dei morti, alla venuta del Signore. La speranza della venuta di Cristo è la “beata speranza” che ha rallegrato il popolo di Dio sin dai giorni di Abramo, sì, anche dai giorni di Adamo. Spesso diciamo che tutti i sacrifici puntavano a Cristo, e quasi altrettanto spesso non ci rendiamo conto di cosa si intende con questa affermazione. Non può significare che hanno indicato in anticipo il tempo in cui il perdono dei peccati dovrebbe essere ottenuto, poiché tutti i patriarchi lo avevano tanto quanto chiunque lo ha avuto dalla crocifissione di Cristo. Abele ed Enoc sono menzionati in particolare, tra una moltitudine di altri, come giustificati per fede. La croce di Cristo era una cosa tanto reale ai giorni di Abramo quanto può esserlo per chiunque viva oggi.

Il significato dei sacrifici

Qual’è allora il vero significato dell’affermazione che tutti i sacrifici di Abele fino al tempo di Cristo puntavano a Cristo? È questo: è chiaro che hanno mostrato la morte di Cristo; che non ha bisogno di una seconda affermazione. Ma cos’è la morte di Cristo senza la risurrezione? Paolo predicò solo Cristo e Lui crocifisso, tuttavia egli predicò vigorosamente “Gesù e la risurrezione.” Predicare Cristo crocifisso è predicare Cristo risorto. Ma la risurrezione di Cristo ha in sé la risurrezione di tutti coloro che sono Suoi. L’ebreo ben istruito e credente, quindi, mostrò, con i sacrifici che offrì, la sua fede nella promessa ad Abramo, che doveva compiersi alla venuta del Signore. La carne e il sangue della vittima rappresentavano il corpo e il sangue di Cristo, proprio come il pane e il vino della cena del Signore, con cui noi, come loro, “voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga” {1 Corinzi 11: 26}.

CAPITOLO 10 – UNA VISTA GENERALE

Quando fu vicino, vide la città e pianse su di essa

“Per fede Abrahamo, quando fu chiamato, ubbidì per andarsene verso il luogo che doveva ricevere in eredità; e partí non sapendo dove andava. Per fede Abrahamo dimorò nella terra promessa, come in paese straniero, abitando in tende con Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa, perché aspettava la città che ha i fondamenti, il cui architetto e costruttore è Dio. Per fede anche Sara stessa, benché avesse oltrepassato l’età, ricevette forza per concepire il seme e partorì perché ritenne fedele colui che aveva fatto la promessa. Perciò da un sol uomo, e questi come fosse morto, sono nati discendenti numerosi come le stelle del cielo e come la sabbia lungo la riva del mare, che non si può contare. Tutti costoro sono morti nella fede, senza aver ricevuto le cose promesse ma, vedutele da lontano, essi ne furono persuasi e le accolsero con gioia, confessando di essere forestieri e pellegrini sulla terra. Coloro infatti che dicono tali cose dimostrano che cercano una patria. E se avessero veramente avuto in mente quella da cui erano usciti, avrebbero avuto il tempo per ritornarvi. Ma ora ne desiderano una migliore, cioè quella celeste; perciò Dio non si vergogna di essere chiamato il loro Dio, perché ha preparato loro una città” {Ebrei 11: 8-16}.

Tutti gli eredi

La prima cosa che notiamo in questa parte della scrittura è che tutti questi erano eredi. Abbiamo già appreso che Abramo stesso non doveva essere altro che un erede durante la sua vita, perché doveva morire prima che la sua progenie tornasse dalla prigionia. Ma anche Isacco e Giacobbe, suoi immediati discendenti, erano eredi. I figli erano eredi con il padre della stessa eredità promessa.

Tutti Stranieri e Soggiornanti

Non solo questo, ma da Abramo nacquero «tanti come le stelle del cielo in moltitudine e come la sabbia che è innumerevole sulla riva del mare». Anche questi erano eredi della stessa promessa, perché anch’essi «morirono tutti nella fede, non avendo ricevuto le promesse, ma avendole viste da lontano e, persuasi di esse, li abbracciarono e confessarono di essere forestieri e pellegrini sulla terra».

Segnalo, la vasta schiera dei discendenti di Abramo “morì nella fede, non avendo ricevuto le promesse”. Nota che dice “promesse”. Non era semplicemente una parte che non ricevevano, ma il tutto. Tutte le promesse sono solo in Cristo, che è il seme, e non potrebbero essere adempiute a coloro che sono Suoi prima che lo siano a Lui; e anche Lui attende ancora che i suoi nemici diventino lo sgabello dei suoi piedi.

Re Davide, uno straniero nella terra promessa

In armonia con queste parole, che morirono nella fede, non avendo ricevuto le promesse, ma confessando di essere stati forestieri e pellegrini sulla terra, abbiamo le parole del re Davide centinaia di anni dopo la liberazione dall’Egitto: “… io sono un forestiero e un pellegrino, come tutti i miei padri” {Salmi 39: 12}.

E quando, al culmine della sua potenza, consegnò il regno a suo figlio Salomone, davanti a tutto il popolo, disse: “Poiché noi siamo stranieri e pellegrini davanti a te come furono i nostri padri. I nostri giorni sulla terra sono come un’ombra e non c’è speranza” {1 Cronache 29: 15}.

La ragione per cui questa innumerevole compagnia non ricevette l’eredità promessa, è dichiarata in queste parole: “perché Dio aveva provveduto per noi qualcosa di meglio, affinché essi non giungessero alla perfezione senza di noi” {Ebrei 11: 40}.

Una città e un paese

Abramo cercava una città che abbia fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio. La città dalle fondamenta è così descritta: “E mi trasportò in spirito su di un grande ed alto monte, e mi mostrò la grande città, la santa Gerusalemme che scendeva dal cielo da presso Dio, avendo la gloria di Dio. E il suo splendore era simile a quello di una pietra preziosissima, come una pietra di diaspro cristallino. Essa aveva un grande ed alto muro con dodici porte, e alle porte dodici angeli, e su di esse dei nomi scritti che sono i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente vi erano tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. Il muro della città aveva dodici fondamenti, e su quelli erano i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello. Le fondamenta del muro della città erano adorne d’ogni pietra preziosa; il primo fondamento era di diaspro, il secondo di zaffiro, il terzo di calcedonio, il quarto di smeraldo” {Apocalisse 21: 10-14,19}.

Solo una città Celeste è sufficientemente buona

Questa è una descrizione parziale della città cercata da Abramo. Anche i suoi discendenti cercavano la stessa città, poiché ne leggiamo la descrizione degli antichi profeti. Avrebbero potuto avere una casa su questa terra, se lo avessero desiderato. La terra dei Caldei era fertile come la terra della Palestina, e sarebbe stata sufficiente per loro come dimora temporale come per qualsiasi altra terra. Ma nessuno dei due li avrebbe accontentati, perché “ora desiderano una patria migliore, che è un paradiso; perciò Dio non si vergogna di essere chiamato il loro Dio; Egli ha preparato per loro una città”. Questa scrittura tenuta in mente ci guiderà in tutto il nostro successivo studio dei figli d’Israele. I veri figli di Abramo non hanno mai cercato il compimento della promessa su questa terra presente, ma nella terra fatta nuova.

Isacco un’illustrazione

Questo desiderio di una patria celeste rendeva molto facile andare d’accordo con i veri eredi negli affari temporali, come è illustrato nella vita di Isacco.

“Isacco seminò in quel paese e in quell’anno raccolse il centuplo; e l’Eterno lo benedisse. Quest’uomo divenne grande e continuò a crescere fino a divenire straordinariamente grande. Egli venne a possedere greggi di pecore, mandrie di buoi e un gran numero di servi. Così i Filistei lo invidiarono, perciò i Filistei turarono, riempiendoli di terra, tutti i pozzi che i servi di suo padre avevano scavati, al tempo di Abrahamo suo padre. Allora Abimelek disse a Isacco: «Vattene da noi, poiché tu sei molto piú potente di noi». Così Isacco se ne andò di là e si accampò nella valle di Gherar, e là dimorò” {Genesi 26: 12-17}.

Sebbene Isacco fosse più potente del popolo del paese in cui abitava, si allontanò da loro su loro richiesta, anche quando prosperava abbondantemente. Non avrebbe lottato per il possesso di una proprietà terrena. Lo stesso spirito si manifestò dopo che andò a dimorare a Gherar. “E Isacco scavò di nuovo i pozzi di acqua che erano stati scavati al tempo di Abrahamo suo padre, e che i Filistei avevano turati dopo la morte di Abrahamo; e pose loro gli stessi nomi che aveva loro posto suo padre. Poi i servi di Isacco scavarono nella valle e vi trovarono un pozzo di acqua viva. Ma i pastori di Gherar altercarono coi pastori d’Isacco, dicendo: «L’acqua è nostra». Ed egli chiamò il pozzo Esek, perché quelli avevano conteso con lui. I servi scavarono quindi un altro pozzo, ma quelli altercarono anche per questo. E Isacco lo chiamò Sitnah. Allora egli se ne andò di là e scavò un altro pozzo per il quale quelli non altercarono. Ed egli lo chiamò Rehoboth, perché egli disse: «Ora l’Eterno ci ha messi al largo, e noi prospereremo nel paese»” {Genesi 26: 18-22}. “E l’Eterno gli apparve quella stessa notte, e gli disse: «Io sono il DIO di Abrahamo tuo padre; non temere, perché io sono con te; ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza per amore di Abrahamo mio servo». Allora egli costruì in quel luogo un altare e invocò il nome dell’Eterno, e vi piantò la sua tenda. La i servi di Isacco scavarono un pozzo” {Genesi 26: 24-25}.

Nessun motivo difendersi

Isacco aveva la promessa di una città migliore, cioè una città celeste, e quindi non avrebbe lottato per il possesso di poche miglia quadrate di terra su questa terra maledetta dal peccato. Perché dovrebbe? Non era l’eredità che il Signore gli aveva promesso; e perché dovrebbe combattere per una parte nella terra in cui era solo un forestiero? È vero, doveva vivere, ma ha permesso al Signore di occuparsene per lui. Quando fu cacciato da un luogo, andò in un altro, finché alla fine trovò quiete, e poi disse: “Il Signore ci ha fatto posto”. In ciò mostrò il vero spirito di Cristo, “Oltraggiato, non rispondeva con oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva nelle mani di colui che giudica giustamente” {1 Pietro 2: 23}.

Giurisprudenza

In questo abbiamo un esempio. Se siamo di Cristo, allora siamo Progenie di Abramo ed eredi secondo la promessa. Seguiremo dunque i precetti di Cristo. Eccone una: “Ma io vi dico: Non resistere al malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra, e se uno vuol farti causa per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello” {Matteo 5: 39-40}. Queste parole sono ritenute fantasiose e del tutto poco pratiche da molti che si professano cristiani, ma il lettore riverente vedrà in esse validi consigli circa le cause legali. Se uno ti fa causa per il tuo cappotto, è meglio saldare dandogli sia il tuo cappotto che il tuo mantello piuttosto che andare in tribunale. Questa è saggezza pratica. Le cause legali sono come le lotterie; si spende molto denaro per loro e si guadagna molto poco. Difendere i propri diritti non li preserva affatto sempre, come molti uomini hanno dimostrato a proprie spese. Così vediamo che quando la Scrittura proibisce ai cristiani di andare in tribunale c’è un buon senso degli affari nel divieto. La pietà è vantaggiosa per questo mondo così come per quello che verrà. Nessuno degli insegnamenti di Cristo è obsoleto e tutti sono per l’uso quotidiano.

Dio nostro Fornitore e Protettore 

“Ma dovremmo perdere tutto ciò che abbiamo nel mondo, se dovessimo fare come dice il testo”, sentiamo dire. Ebbene, anche allora non dovremmo trovarci in circostanze peggiori di quelle in cui Cristo il Signore era qui sulla terra. Ma dobbiamo ricordare che “…il Padre vostro celeste, infatti, sa che avete bisogno di tutte queste cose” {Matteo 6: 32}. Chi ha cura dei passeri, può prendersi cura di quelli che gli affidano la loro causa. Vediamo che Isacco ebbe prosperità anche se non “combatté per i suoi diritti”. La promessa che fu fatta ai padri è fatta anche a noi, dallo stesso Dio. “Quando non erano che un piccolo numero, pochissimi e stranieri nel paese, e andavano da una nazione all’altra, da un regno a un altro popolo. Egli non permise che alcuno li opprimesse; anzi punì dei re per amor loro, e disse: «Non toccate i miei unti e non fate alcun male ai miei profeti»” {Salmi 105: 12-15}. Quello stesso Dio si prende ancora cura di coloro che ripongono la loro fiducia in Lui.

Proibito l’uso di armi carnali

L’eredità che il Signore ha promesso al suo popolo, discendenza di Abramo, non si ottiene combattendo, se non con armi spirituali – l’armatura di Cristo – contro le schiere di Satana. Coloro che cercano il paese che Dio ha promesso, dichiarano di essere stranieri e pellegrini su questa terra. Non possono usare la spada, nemmeno per autodifesa, tanto meno per la conquista. Il Signore è il loro difensore. Egli dice: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e fa della carne il suo braccio, e il cui cuore si allontana dall’Eterno! Egli sarà come un tamerisco nel deserto; quando viene il bene non lo vedrà. Dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra salata senza abitanti. Benedetto l’uomo che confida nell’Eterno e la cui fiducia è l’Eterno! Egli sarà come un albero piantato presso l’acqua, che distende le sue radici lungo il fiume. Non si accorgerà quando viene il caldo e le sue foglie rimarranno verdi, nell’anno di siccità non avrà alcuna preoccupazione e non cesserà di portare frutto” {Geremia 17: 5-8}.

“Essere pazienti”

Dio non ha promesso che tutti i nostri torti saranno riparati in una volta, o anche in questa vita; ma non dimentica il grido del povero, e ha detto: “…«A me la vendetta, io renderò la retribuzione, dice il Signore»” {Romani 12: 19}. Rivolgendosi ai poveri che sono oppressi dai ricchi e che sono anche ingiustamente condannati e uccisi, l’apostolo di Dio dice: “Or dunque, fratelli, siate pazienti fino alla venuta del Signore; guardate come l’agricoltore aspetta il prezioso frutto della terra con pazienza…” {Giacomo 5: 7}. Certo, se l’agricoltore può aspettare fino al raccolto per il frutto della sua semina, anche noi dobbiamo essere disposti ad aspettare la stagione per il raccolto della terra. “Perciò anche quelli che soffrono secondo la volontà di Dio, raccomandino a lui le proprie anime, come al fedele Creatore, facendo il bene” {1 Pietro 4: 19}. Possiamo farlo nella piena fiducia che “Io so che l’Eterno difenderà la causa dell’afflitto e farà giustizia al povero” {Salmi 140: 12}.

L’infedeltà di Esaù

Il caso di Esaù fornisce un’altra prova che l’eredità promessa ad Abramo e alla sua discendenza non era solo temporanea, da godere in questa vita, ma eterna, da condividere nella vita futura. La storia è raccontata con queste parole: “Una volta che Giacobbe si cucinò una zuppa, Esaù giunse dai campi tutto stanco. Ed Esaù disse a Giacobbe: «Per favore, lasciami mangiare un po’ di questa zuppa rossa, perché sono stanco». Per questo fu chiamato Edom. Ma Giacobbe gli rispose: «Vendimi prima la tua primogenitura». Esaù disse: «Ecco io sto per morire; che mi giova la primogenitura?». Allora Giacobbe disse: «Prima, giuramelo». Ed Esaù glielo giurò e vendette la sua primogenitura Giacobbe. Quindi Giacobbe diede a Esaù del pane e della zuppa di lenticchie. Ed egli mangiò e bevve; poi si alzò e se ne andò. Così Esaù disprezzò la sua primogenitura” {Genesi 25: 29-34}.

Esaù un infedele

Nella Lettera agli Ebrei Esaù è definito un “profano” {Ebrei 12: 16}, perché ha venduto la primogenitura. Ciò dimostra che nella transazione c’era qualcosa oltre alla mera follia. Si direbbe che è puerile vendere una primogenitura per un pasto; ma era peggio che infantile; era malvagio. Mostrava che era un infedele, che non provava altro che disprezzo per la promessa di Dio a suo padre. Notate queste parole di Esaù, quando Giacobbe gli chiese di vendere la sua primogenitura: “Ecco io sto per morire; che mi giova la primogenitura?” Non aveva speranza al di là di questa vita presente, e non guardò oltre. Non si sentiva sicuro di nulla che non possedesse effettivamente in questo tempo presente. Senza dubbio aveva molta fame. È probabile che si sentisse davvero in punto di morte; ma anche la prospettiva della morte non faceva alcuna differenza con Abramo e molti altri. Essi morirono nella fede, non avendo ricevuto le promesse, ma ne furono persuasi e le abbracciarono. Esaù, tuttavia, non aveva tale fede. Non credeva in un’eredità oltre la tomba. Qualunque cosa avesse, la voleva adesso. Fu così che vendette la sua primogenitura.

La fede mondana di Giacobbe

La storia di Giacobbe non è assolutamente da lodare. Ha recitato la parte di un soppiantatore, che era la sua disposizione naturale. Il suo caso è un’illustrazione di una fede rozza e poco intelligente. Credeva che ci fosse qualcosa nella promessa di Dio e rispettava la fede di suo padre, anche se in realtà non possedeva ancora nulla. Credeva che l’eredità promessa ai padri sarebbe stata data, ma aveva così poca conoscenza spirituale che supponeva che il dono di Dio potesse essere acquistato con denaro. Sappiamo che anche Abramo pensò una volta che lui stesso doveva adempiere la promessa di Dio. Quindi Giacobbe senza dubbio pensava, come molti ancora fanno, che “Dio aiuta coloro che aiutano sé stessi”. In seguito imparò meglio, si convertì veramente ed esercitò una fede sincera come Abramo e Isacco. Il suo caso dovrebbe essere un incoraggiamento per noi, in quanto mostra cosa Dio può fare con uno che ha un’indole molto sgradevole, a condizione che si arrenda a lui. Il caso di Esaù è esposto così davanti a noi come monito.

Il Caso di Esaù: un Avvertimento 

“Procacciate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà il Signore, badando bene che nessuno rimanga privo della grazia di Dio e che non spunti alcuna radice di amarezza, che vi dia molestia e attraverso la quale molti vengano contaminati; e non vi sia alcun fornicatore o profano, come Esaù, che per una vivanda vendette il suo diritto di primogenitura. Voi infatti sapete che in seguito, quando egli volle ereditare la benedizione, fu respinto, benché la richiedesse con lacrime, perché non trovò luogo a pentimento” {Ebrei 12: 14-17}.

I seguaci di Esaù

Esaù non era l’unica persona stolta e profana che ci sia stata al mondo. Migliaia di persone hanno fatto la stessa cosa che ha fatto lui, anche incolpandolo per la sua follia. Il Signore ci ha chiamati tutti a condividere la gloria dell’eredità che ha promesso ad Abramo. Mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, ci ha generati di nuovo a una speranza viva, “per un’eredità incorruttibile, incontaminata e immarcescibile, conservata nei cieli per voi che dalla potenza di Dio mediante la fede siete custoditi, per la salvezza che sarà prontamente rivelata negli ultimi tempi” {1 Pietro 1: 4-5}. Questa eredità di giustizia dobbiamo averla mediante l’obbedienza della fede, l’obbedienza alla santa legge di Dio, i dieci comandamenti. Ma quando gli uomini apprendono che richiede l’osservanza del settimo giorno, il sabato osservato da Abramo, Isacco e Giacobbe e da tutto Israele, scuotono la testa. “No”, dicono, “non posso farlo; mi piacerebbe, e capisco che è un dovere; ma se lo tenessi non potrei guadagnarmi da vivere. Sarei licenziato e morirei di fame insieme con la mia famiglia.” Questo è proprio il modo in cui ragionava Esaù. Stava per morire di fame, o almeno pensava di esserlo, e così si separò deliberatamente dal suo diritto di nascita per qualcosa da mangiare. Ma la maggior parte degli uomini non aspetta nemmeno di essere apparentemente in punto di morte, prima di vendere il proprio diritto all’eredità per qualcosa da mangiare. Immaginano pericoli che non esistono. Gli uomini non muoiono di fame per aver servito il Signore. Dipendiamo interamente da Lui per la nostra vita in ogni circostanza, e se Egli ci mantiene quando calpestiamo la Sua legge, è sicuramente in grado di mantenerci quando Lo serviamo. Il Salvatore dice che preoccuparsi del futuro, temendo di morire di fame, è una caratteristica del paganesimo, e ci dà questa rassicurazione positiva: “Cercate prima il regno di Dio e la Sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in più” {Matteo 6: 21-33}. Dice il salmista: “sono stato fanciullo ed ora sono divenuto vecchio, ma non ho mai visto il giusto abbandonato, né la sua progenie mendicare il pane” {Salmi 37: 25}. Anche se dovessimo perdere la vita per amore della verità di Dio, dovremmo essere in buona compagnia (Vedi Ebrei 11: 32-38). Guardiamoci dal valutare con tanta leggerezza le ricche promesse di Dio da separarci da un’eredità eterna per un boccone di pane, e quando sarà troppo tardi scopriremo che non c’è posto per il pentimento.

CAPITOLO 11 – ISRAELE: UN PRINCIPE DI DIO 

Giacobbe aveva acquistato la primogenitura da Esaù per una minestra di lenticchie, e con l’inganno aveva ottenuto dal padre la benedizione del primogenito. Ma nessuno può così ottenere l’eredità che Dio ha promesso ad Abramo e alla sua discendenza. È stato assicurata ad Abramo attraverso la fede, e nessuno deve pensare di ereditare attraverso la forza o la frode. “Nessuna bugia è della verità.” La verità non può mai essere servita dalla falsità. L’eredità promessa ad Abrahamo e alla sua discendenza era un’eredità di giustizia, e quindi non poteva essere guadagnata con nulla di ingiusto. I beni terreni sono spesso acquisiti e mantenuti con la frode, per un certo periodo, ma non così l’eredità celeste. L’unica cosa che Giacobbe guadagnò con la sua astuzia e l’inganno, fu di fare di suo fratello un nemico eterno e di essere in esilio dalla casa di suo padre per più di vent’anni.

Promessa di Dio 

Eppure Dio aveva detto molto tempo prima che Giacobbe doveva essere l’erede al posto del fratello maggiore. Il guaio con Giacobbe e sua madre era che pensavano di poter realizzare le promesse di Dio a modo loro. Era lo stesso tipo di errore che avevano fatto Abramo e Sara. Non potevano aspettare che Dio realizzasse i Suoi piani a modo Suo. Rebecca sapeva ciò che Dio aveva detto riguardo a Giacobbe. Sentì Isacco promettere la benedizione a Esaù e pensò che, a meno che lei non avesse interferito, il piano del Signore sarebbe fallito. Dimenticava che l’eredità era interamente in potere del Signore e che nessun uomo poteva avere nulla a che fare con la sua disposizione se non rifiutarla per sé. Anche se Esaù aveva ottenuto la benedizione da suo padre, Dio avrebbe realizzato il suo piano in tempo utile.

La scelta di Dio

Così Giacobbe divenne doppiamente un esule. Non solo era uno straniero sulla terra, ma era anche un fuggiasco. Ma Dio non lo ha abbandonato. C’era speranza per lui, peccaminoso com’era. Ad alcuni può sembrare strano che Dio dovrebbe quindi preferire Giacobbe a Esaù, poiché il carattere di Giacobbe in quel momento non sembra migliore di quello di Esaù. Ricordiamo che Dio non sceglie nessun uomo per il suo buon carattere. “Anche noi infatti un tempo eravamo insensati, ribelli, erranti, schiavi di varie concupiscenze e voluttà, vivendo nella cattiveria e nell’invidia, odiosi e odiandoci gli uni gli altri. Ma quando apparvero la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore verso gli uomini egli ci ha salvati non per mezzo di opere giuste che noi avessimo fatto, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo, che egli ha copiosamente sparso su di noi, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Salvatore, affinché, giustificati per la sua grazia, fossimo fatti eredi della vita eterna, secondo la speranza che abbiamo” {Tito 3: 3-7}.

Perché Dio sceglie gli uomini

Dio sceglie gli uomini non per quello che sono, ma per quello che può fare di loro. E non c’è limite a ciò che Egli può fare anche dei più meschini e dei più depravati, se solo sono volenterosi e credono alla Sua Parola. Un dono non può essere imposto a qualcuno, e quindi coloro che vorrebbero ricevere la giustizia di Dio, e l’eredità della giustizia, devono essere disposti a riceverlo. “Ogni cosa è possibile a chi crede” {Marco 9: 23}. Dio può fare “…smisuratamente al di là di quanto chiediamo o pensiamo” {Efesini 3: 20}, solo se crediamo alla Sua Parola, che opera efficacemente in coloro che credono. I farisei erano persone molto più rispettabili dei pubblicani e delle meretrici, eppure Cristo disse che questi sarebbero entrati nel regno dei cieli prima di loro; e la ragione era che i farisei confidavano in sé stessi e non credevano a Dio, mentre i pubblicani e le meretrici credevano al Signore e si sottomettevano a Lui. Quindi con Giacobbe e Esaù. Esaù era un infedele. Considerava la parola di Dio con disprezzo. Giacobbe non era migliore per natura, ma credette alla promessa di Dio, che è in grado di rendere il credente partecipe della Natura divina.

Nessuna parzialità con Dio

Dio scelse Giacobbe nello stesso modo in cui sceglie tutti gli altri. “Benedetto sia Dio, Padre del Signor nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo, allorché in lui ci ha eletti prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi e irreprensibili davanti a lui nell’amore” {Efesini 1: 3-4}. Siamo eletti in Cristo. E poiché tutte le cose sono state create in Cristo, e in Lui consistono tutte le cose, è evidente che non siamo tenuti a entrare noi stessi in Cristo, ma solo a riconoscerlo e dimorare in Lui mediante la fede. Non c’era più parzialità nella scelta di Giacobbe prima della sua nascita di quanta ce ne sia nella scelta di tutti gli altri. La scelta non è arbitraria, ma in Cristo, e se nessuno rifiutasse e respingesse Cristo, nessuno sarebbe perduto.

La prima lezione di Giacobbe

Sebbene Giacobbe credesse alla promessa di Dio abbastanza da permettergli di sforzarsi di assicurarne l’adempimento con i propri sforzi, non ne comprendeva la natura abbastanza bene da sapere che solo Dio poteva adempierla attraverso la giustizia. Così il Signore cominciò a istruirlo. Giacobbe era in viaggio solitario verso la Siria, fuggendo dall’ira del fratello offeso, “Giunse in un certo luogo e vi passò la notte, perché il sole era già tramontato. Allora prese una delle pietre del luogo, la pose sotto la sua testa e in quel luogo si coricò. E sognò di vedere una scala appoggiata sulla terra, la cui cima toccava il cielo; ed ecco, gli angeli di DIO salivano e scendevano su di essa. Ed ecco l’Eterno stava in cima ad essa e gli disse: «Io sono l’Eterno, il DIO di Abrahamo tuo padre e il DIO di Isacco; la terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua discendenza; e la tua discendenza sarà come la polvere della terra, e tu ti estenderai a ovest e a est a nord e a sud; e tutte le famiglie della terra saranno benedette in te e nella tua discendenza. Ed ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque andrai, e ti ricondurrò in questo paese; poiché non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto». Allora Giacobbe si svegliò dal suo sonno e disse: «Certamente l’Eterno è in questo luogo, e io non lo sapevo». Ed ebbe paura e disse: «Come è tremendo questo luogo! Questa non è altro che la casa di DIO, e questa è la porta del cielo!»” {Genesi 28: 11-17}. Questa è stata una grande lezione per Giacobbe. Prima di questo le sue idee su Dio erano state molto rozze. Aveva supposto che Dio fosse confinato in un posto. Ma ora che Dio gli era apparso, cominciò a rendersi conto che “Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” {Giovanni 4: 24}. Cominciò a rendersi conto di ciò che Gesù aveva detto alla donna samaritana molto tempo dopo, che l’adorazione di Dio non dipende da alcun luogo, ma dal fatto che l’anima si protende e trova Lui, ovunque sia.

NOTA: Chiedo scusa all’intelligente lettore per aver fatto riferimento, a questo proposito, alla pietra sulla cattedra dell’incoronazione nell’Abbazia di Westminster, che secondo alcuni dovrebbe essere la pietra su cui Giacobbe dormiva e che, per la sua posizione sulla sedia dell’incoronazione, si suppone di identificare l’Inghilterra con Israele, e per rendere gli eredi di razza anglosassone della promessa di Giacobbe. Non dicendo nulla dell’affermazione infondata e non dimostrabile che la pietra in questione è quella su cui Giacobbe dormiva, l’assurdità dell’idea che il possesso di esso potrebbe rendere qualsiasi popolo erede delle promesse a Israele è parallela solo alla superstizione medievale che un uomo potrebbe ereditare la santità di un santo defunto indossando la sua vecchia camicia.

Il Vangelo annunciato a Giacobbe

Inoltre, Giacobbe iniziò a imparare che l’eredità che Dio aveva promesso ai suoi padri, e che aveva pensato di ottenere con un affare netto, era qualcosa da guadagnare in un modo completamente diverso. Quanto ha colto dalla lezione in questo momento, non possiamo dirlo; ma sappiamo che in questa rivelazione Dio gli ha annunciato il Vangelo. Abbiamo appreso che Dio ha predicato il Vangelo ad Abramo con le parole: “In te saranno benedette tutte le famiglie della terra” {Genesi 12: 3}. Perciò siamo sicuri che quando il Signore disse a Giacobbe: «In te e nella tua discendenza saranno benedette tutte le famiglie della terra», stava predicando lo stesso Vangelo. Connessa a questa affermazione, c’era la promessa della terra e di un’innumerevole posterità. La promessa fatta a Giacobbe era identica a quella fatta ad Abramo. La benedizione che sarebbe venuta attraverso Giacobbe e la sua discendenza era identica a quella che sarebbe venuta attraverso Abramo e la sua discendenza. Il seme è lo stesso, cioè Cristo e coloro che sono suoi per mezzo dello Spirito; e la benedizione viene attraverso la croce di Cristo.

Cristo la Scala 

Tutto questo fu indicato da ciò che vide Giacobbe, così come da ciò che udì. C’era una scala eretta sulla terra, che raggiungeva il cielo, collegando Dio con l’uomo. Gesù Cristo, l’Unigenito Figlio di Dio, è l’anello di congiunzione tra il cielo e la terra, tra Dio e l’uomo. La scala che collegava il cielo con la terra, sulla quale salivano e scendevano gli angeli di Dio, era una rappresentazione di ciò che Cristo disse a Natanaele, quel vero Israelita: “Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico che da ora in poi vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo»” {Giovanni 1: 51}. La via del cielo è la via della croce, e questa è quella a cui è stato indicato Giacobbe quella notte. Non con l’affermazione di sé, ma con l’abnegazione, si ottengono l’eredità e la benedizione. “Ma chi perderà la sua vita per amor mio e dell’evangelo, la salverà” {Marco 8: 35}.

Applicare la lezione

Del soggiorno di Giacobbe in terra di Siria non occorre parlare in modo particolare. Nei vent’anni in cui ha servito suo zio Labano, ha avuto ampie opportunità di imparare che l’inganno e l’astuzia non giovano. Il male che aveva eseguito ritornò su di lui; ma Dio era con lui e lo fece prosperare. Giacobbe sembra aver preso a cuore la lezione che gli era stata data, poiché vediamo pochissime indicazioni della sua naturale disposizione a esagerare nei suoi rapporti con lo zio. Sembra aver affidato completamente il suo caso al Signore ed essersi sottoposto a ogni tipo di maltrattamento senza ritorsioni. Nella sua risposta all’accusa di Labano di aver rubato, Giacobbe disse: “Sono stato con te vent’anni; le tue pecore e le tue capre non hanno abortito e io non ho mangiato i montoni del tuo gregge. Io non ti ho mai portato gli animali lacerati dalle fiere; ne ho subita la perdita io stesso; tu reclamavi da me ciò che era stato rubato di giorno o rubato di notte. Questa era la mia sorte: di giorno mi consumava il caldo e il freddo intenso di notte, e il sonno fuggiva dai miei occhi. Sono stato vent’anni in casa tua; ti ho servito quattordici anni per le tue due figlie e sei anni per il tuo gregge, tu hai mutato il mio salario dieci volte. Se il DIO di mio padre, il DIO di Abrahamo e il Terrore di Isacco non fosse stato a mio favore tu mi avresti certamente rimandato via a mani vuote DIO ha veduto la mia afflizione e la fatica delle mie mani e la notte scorsa ha pronunziato la sua sentenza” {Genesi 31: 38-42}.

Questa era una dichiarazione calma e dignitosa, e mostrò che la paura di Isacco, e lo stesso spirito, lo aveva attivato. La predicazione del Vangelo non era stata vana nel caso di Giacobbe; un grande cambiamento era avvenuto in lui.

Nulla è mai stato veramente ottenuto dalla frode

Si noti qui che Giacobbe non ottenne nulla dal diritto di primo genito che aveva così astutamente comprato da suo fratello. La sua proprietà era dovuta alla benedizione diretta di Dio. E a questo proposito possiamo ricordare il fatto che la benedizione di Isacco aveva lo scopo che Dio lo benedicesse. L’eredità non era quella che poteva essere trasmessa di padre in figlio, come eredità ordinarie, ma quella che doveva essere data a ciascuno per diretta, personale promessa e benedizione di Dio. Nessuno è cristiano perché lo erano i suoi genitori cristiani. Nessuno è cristiano per natura. È con la nuova nascita, non con la nascita naturale, che diventiamo membri della famiglia di Dio. Per essere “progenie di Abramo ed eredi secondo la promessa”, dobbiamo essere di Cristo; ma se siamo di Cristo e coeredi con Lui, siamo “eredi di Dio”.

La prova finale

Giacobbe aveva commesso un grave fallimento nella sua vita precedente, e così Dio, come fedele Maestro, doveva necessariamente riportarlo sullo stesso terreno. Aveva pensato di vincere con l’astuzia: doveva imparare fino in fondo che “…e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede” {1 Giovanni 5: 4}.

L’implacabilità di Esaù

Quando Rebecca propose di mandare via Giacobbe da casa, perché Esaù cercava di ucciderlo, disse: “Or dunque, figlio mio, ubbidisci fai ciò che ti dico: Alzati e fuggi a Haran da Labano mio fratello; e rimani con lui un po’ di tempo, finché la collera di tuo fratello sia passata, finché l’ira di tuo fratello sia distolta da te ed egli abbia dimenticato quello che tu gli hai fatto; allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei io essere privata di voi due in un sol giorno” {Genesi 27: 43-45}. Ma non conosceva la natura di Esaù. Era amareggiato e implacabile. “Così dice l’Eterno: «Per tre misfatti di Edom, anzi per quattro, io non revocherò la sua punizione, perché ha inseguito suo fratello con la spada, soffocando ogni compassione; la sua ira dilania in continuazione e conserva la sua collera per sempre” {Amos 1: 11}. Qui vediamo che, per quanto cattiva fosse l’indole naturale di Giacobbe, il carattere di Esaù era molto spregevole. Sebbene fossero passati vent’anni, l’ira di Esaù era fresca come sempre. Quando Giacobbe inviò messaggeri davanti a sé a Esaù, per parlargli pacificamente e per conciliarlo, gli riportarono la notizia che Esaù sarebbe venuto con quattrocento uomini. Giacobbe non poteva sperare di prendere posizione contro questi guerrieri addestrati; ma aveva imparato a confidare nel Signore, e così lo troviamo ad invocare le promesse in questo modo: “Poi Giacobbe disse: O DIO di mio padre Abrahamo, DIO di mio padre Isacco, o Eterno, che mi dicesti: «Torna al tuo paese e al tuo parentado e ti farò del bene», io non sono degno di tutte le benignità e di tutta la fedeltà che hai usato col tuo servo, poiché io passai questo Giordano solamente col mio bastone e ora son divenuto due schiere. Liberami, ti prego, dalle mani di mio fratello, dalle mani di Esaù, perché io ho paura di lui e temo che egli venga ad attaccarmi, non risparmiando né madri né bambini. E tu dicesti: «Certo, io ti farò del bene e farò diventare la tua discendenza come la sabbia del mare, che non si può contare tanto è numerosa»” {Genesi 32: 9-12}.

Lottare con l’angelo

Una volta Giacobbe aveva cercato di avere la meglio su suo fratello con l’inganno. Aveva pensato che così poteva diventare un erede della promessa di Dio. Ora aveva imparato che poteva essere ottenuta solo con la fede, e si rivolse in preghiera per essere liberato dall’ira di suo fratello. Dopo aver disposto nel miglior modo possibile la sua famiglia e il suo gregge, rimase solo per continuare la sua preghiera a Dio. Si rese conto di non essere degno di nulla e che, se lasciato ai suoi meriti, sarebbe perito, e sentì che doveva affidarsi ancora di più alla misericordia di Dio. “Così Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntar dell’alba. Quando quest’uomo vide che non lo poteva vincere, gli toccò la cavità dell’anca; e la cavità dell’anca di Giacobbe fu slogata, mentre quello lottava con lui. E quegli disse: «Lasciami andare, perché sta spuntando l’alba». Ma Giacobbe disse: «Non ti lascerò andare, se non mi avrai prima benedetto!». L’altro gli disse: «Qual è il tuo nome?». Egli rispose: «Giacobbe». Allora quegli disse: «Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, poiché tu hai lottato con DIO e con gli uomini, ed hai vinto». Giacobbe gli disse: «Ti prego, dimmi il tuo nome». Ma quello rispose: «Perché chiedi il mio nome?». E qui lo benedisse. Allora Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, perché disse: «Ho visto Dio faccia a faccia, e la mia vita è stata risparmiata»” {Genesi 32: 24-30}.

Pregare e lottare 

Le persone spesso parlano di lottare con Dio in preghiera, come fece Giacobbe. Non c’è alcuna prova che Giacobbe sapesse che era il Signore che stava lottando con lui, fino a quando arrivò il mattino e la sua coscia fu slogata dal tocco del suo antagonista. Infatti, sappiamo molto bene che nessun uomo avrebbe il coraggio di impegnarsi in una gara di forza con il Signore, se sapesse che Egli è il Signore. L’angelo gli apparve come un uomo, e senza dubbio Giacobbe pensò di essere stato attaccato da un ladro. Possiamo ben immaginare che Giacobbe sia stato nei guai tutta la notte. Si stava rapidamente avvicinando il momento in cui avrebbe dovuto affrontare il fratello arrabbiato, e non osava incontrarlo senza la piena certezza che tutto era a posto tra lui e Dio. Deve sapere che è stato perdonato per la sua passata condotta malvagia. Eppure le ore che aveva progettato di trascorrere in comunione con Dio, venivano trascorse a lottare con un presunto nemico. Quindi possiamo essere sicuri che mentre tutta la sua forza era impegnata a resistere al suo antagonista, il suo cuore si elevava a Dio in amara angoscia. La suspense e l’ansia di quella notte devono essere state terribili.

Come ha prevalso Giacobbe

Giacobbe era un uomo di grande forza fisica e resistenza. Guardare le greggi notte e giorno per anni lo aveva dimostrato e, allo stesso tempo, aveva indurito o (temprato) la sua struttura. Così continuò la lotta e mantenne la sua posizione tutta la notte. Ma non fu così che ottenne la vittoria. Leggiamo che “Nel grembo materno prese il fratello per il calcagno e nella sua forza lottò con DIO. Si lottò con l’Angelo e vinse, pianse e lo supplicò. Lo trovò a Bethel, e là egli parlò con noi, cioè l’Eterno, il DIO degli eserciti, il cui nome è l’Eterno” {Osea 12: 3-5}. Con il suo potere Giacobbe prevalse su Dio, ma non fu con il suo potere e la sua abilità di lottatore. La sua forza, era nella sua debolezza, come vedremo.

Forza nell’aggrapparsi da impotente a Dio

Notate che la prima indicazione che Giacobbe ebbe che il suo avversario era diverso da un uomo ordinario, fu quando la sua coscia fu slogata dal tocco Divino. Ciò rivelò in un istante chi fosse il suo presunto nemico. Non era un tocco umano, ma la mano del Signore che sentiva. Cosa ha fatto allora? Cosa potrebbe fare un uomo nelle sue condizioni? Immaginati un uomo che lotta, dove tanto dipende dalla forza delle sue gambe, e che ne ha una improvvisamente slogata. Anche se stesse semplicemente camminando, o semplicemente stando fermo, e una delle sue gambe dovesse essere improvvisamente slogata, cadrebbe istantaneamente a terra. Cadrebbe molto di più se stesse lottando. Tale sarebbe stato il caso di Giacobbe, se non si fosse gettato subito sul Signore, con una presa salda. Avrebbe quasi naturalmente afferrato l’oggetto più vicino per sostenersi; ma la consapevolezza che qui c’era Colui che aveva desiderato incontrare, avrebbe reso la sua presa più che un’azione involontaria. La sua occasione era arrivata e non se la sarebbe lasciata sfuggire. Che Giacobbe smise immediatamente di lottare e si aggrappò al Signore, non solo è molto evidente dal fatto che non poteva fare nient’altro, ma anche dalle parole del Signore: “E quegli disse: «Lasciami andare, perché sta spuntando l’alba». Ma Giacobbe disse: «Non ti lascerò andare, se non mi avrai prima benedetto!»” {Genesi 32: 26}. Era un caso di vita e di morte. La sua vita e la sua salvezza dipendevano dal suo aggrapparsi al Signore. Le parole “Lasciami andare” erano solo per metterlo alla prova, perché il Signore non lascia volentieri nessuno. Ma Giacobbe era determinato a trovare davvero la benedizione, e vinse. Fu con la sua forza che prevalse, ma fu con la forza della fede. “Perché quando io sono debole, allora sono forte” {2 Corinzi 12: 10}. In quell’ora Giacobbe apprese pienamente la lezione che la benedizione e l’eredità non vengono “non per potenza né per forza, ma per il mio Spirito” {Zaccaria 4: 6}.

Un nuovo nome

Il nuovo nome era una promessa a Giacobbe che sarebbe stato accettato. Non gli conferiva nulla, ma era un segno di ciò che aveva già guadagnato. Appoggiato a Dio, aveva cessato le sue stesse opere, così che non era più il soppiantatore, cercando di raggiungere i propri fini, ma il principe di Dio, che aveva combattuto la buona battaglia della fede e si era impadronito della vita eterna. D’ora in poi sarebbe stato conosciuto come Israele.

Potere con Dio e con gli uomini

Ora poteva uscire per incontrare suo fratello. Chi ha visto Dio faccia a faccia non ha da temere il volto dell’uomo. Colui che ha potere con Dio, prevarrà sicuramente con gli uomini. Questo è il segreto del potere. Sappia il servo di Dio che se vuole avere potere con gli uomini deve prima essere in grado di prevalere con Dio. Deve conoscere il Signore e aver parlato con Lui faccia a faccia. A costoro il Signore dice: “Perché io vi darò una favella e una sapienza a cui tutti i vostri avversari non potranno contraddire o resistere” {Luca 21: 15}. Stefano conosceva il Signore ed era in comunione con Lui, e gli odiatori della verità “non potevano resistere alla sapienza e allo spirito col quale egli parlava” {Atti 6: 10}. Quale doveva essere allora il suo potere su coloro i cui cuori erano aperti a ricevere la verità? Nota bene le parole: “Come principe hai potere presso Dio”. Non è potere contro Dio, ma potere con Dio; cioè, la fede di Giacobbe lo elevò al trono di Dio e lo rese partecipe del suo potere. Gesù è per noi “la potenza di Dio”. L’uomo che avrebbe lottato contro Dio, non ha alcuna forza, perché il potere appartiene solo a Dio; ma chi cederà pienamente a Dio è investito del potere divino. In lui si manifesta la stessa potenza di Dio. In questa storia di Giacobbe, impariamo di nuovo come l’eredità che Dio ha promesso ad Abramo e alla sua discendenza deve essere ottenuta. È solo per fede. Il pentimento e la fede sono gli unici mezzi di liberazione. In nessun altro modo poteva sperare di avere una parte nell’eredità. Tutta la sua salvezza risiedeva nella sua dipendenza dalla promessa di Dio. Fu così che fu pienamente reso partecipe della Natura Divina.

Chi sono gli israeliti?

Impariamo anche chi è Israele. Il nome fu dato a Giacobbe in segno della vittoria che aveva ottenuto per fede. Non gli concedeva alcuna grazia, ma era segno di grazia già posseduta. Così sarà concesso a tutti coloro che vincono mediante la fede, e a nessun altro. Essere chiamato israelita non aggiunge nulla a nessuno. Non è il nome che porta la benedizione, ma la benedizione che porta il nome. Come Giacobbe non possedeva il nome per natura, così nessun altro può farlo. Il vero israelita è colui in cui non c’è inganno. Solo questi piacciono a Dio; ma “senza fede è impossibile piacergli” {Ebrei 11: 6}. Così l’israelita è solo colui che ha fede personale nel Signore. “Poiché non tutti quelli che sono d’Israele sono Israele… ma i figli della promessa sono considerati come progenie” {Romani 9: 6, 8}.

Gli israeliti sono Vincitori

Che chiunque voglia essere conosciuto come israelita consideri come Giacobbe ricevette il nome, e si renda conto che solo così può essere degnamente portato da chiunque. Cristo, come seme promesso, dovette affrontare la stessa lotta. Ha combattuto e vinto fino alla sua fiducia nella parola del Padre, e quindi Egli è di diritto il Re d’Israele. Solo gli Israeliti condivideranno il regno con Lui; poiché gli Israeliti sono vincitori, e la promessa è: “A chi vince concederò di sedere con me sul mio trono, come anch’io ho vinto e mi sono posto a sedere col Padre mio sul suo trono” {Apocalisse 3: 21}.

CAPITOLO 12 – ISRAELE IN EGITTO

Ricordiamo che quando Dio fece il patto con Abramo, gli disse che lui stesso sarebbe morto senza aver ricevuto l’eredità, e che i suoi discendenti sarebbero stati oppressi e afflitti in una terra straniera, e che poi, alla quarta generazione, sarebbero entrati nella terra promessa. “Poi gli diede il patto della circoncisione. E così Abrahamo generò Isacco e lo circoncise nell’ottavo giorno Isacco generò Giacobbe, e Giacobbe i dodici patriarchi. I patriarchi, portando invidia a Giuseppe, lo vendettero perché fosse condotto in Egitto, ma Dio era con lui; e lo liberò da tutte le sue tribolazioni e gli diede grazia e sapienza davanti al Faraone, re di Egitto, il quale lo costituì governatore sull’Egitto e su tutta la sua casa. Or sopravvenne una carestia e una grande calamità in tutto il paese d’Egitto e di Canaan, e i nostri padri non trovavano viveri. Ma Giacobbe, saputo che in Egitto c’era del grano, vi mandò una prima volta i nostri padri. La seconda volta Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli e fu svelata al Faraone la parentela di Giuseppe. Allora Giuseppe mandò a chiamare suo padre Giacobbe e tutto il suo parentado, in tutto settantacinque persone. Giacobbe scese in Egitto, dove morì lui e i nostri padri. Essi furono poi trasportati a Sichema e posti nel sepolcro, che Abrahamo aveva comprato a prezzo d’argento dai figli di Emor, padre di Sichem. Ora, mentre si avvicinava il tempo della promessa che Dio aveva giurata ad Abrahamo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto, finché sorse in Egitto un altro re che non aveva conosciuto Giuseppe. Questi, usando malizia contro la nostra stirpe, maltrattò i nostri padri fino a far esporre i loro bambini, perché non sopravvivessero” {Atti 7: 8-19}.

Egitto e Assiria

Il re “che non conosceva Giuseppe” era uno di un’altra dinastia, un popolo dell’Oriente che conquistò l’Egitto. “Poiché così dice l’Eterno: «Voi siete stati venduti per nulla e sarete riscattati senza denaro». Poiché così dice il Signore, l’Eterno: «Il mio popolo discese anticamente in Egitto per dimorarvi; poi l’Assiro l’oppresse senza motivo. E ora che cosa faccio io qui?», dice l’Eterno, «mentre il mio popolo è stato portato via per nulla? Quelli che lo dominano lo fanno gemere», dice l’Eterno, «e il mio nome è continuamente bestemmiato tutto il giorno. Perciò il mio popolo conoscerà il mio nome, perciò comprenderà in quel giorno che sono io che ho parlato: “Eccomi”!” {Isaia 52: 3-6}.

Cosa significa l’Egitto

Dall’ultimo testo citato apprendiamo che l’oppressione di Israele in Egitto era opposizione e bestemmia contro Dio; che il disprezzo per il loro Dio e la loro religione aveva molto a che fare con il suo rigore. Apprendiamo anche che la loro liberazione dall’Egitto era identica alla liberazione che viene a tutti coloro che sono “venduti sotto il peccato”. “Poiché così dice l’Eterno: «Voi siete stati venduti per nulla e sarete riscattati senza denaro»” {Isaia 52: 3}. “Sapendo che non con cose corruttibili, come argento od oro, siete stati riscattati dal vostro vano modo di vivere tramandatovi dai padri, ma col prezioso sangue di Cristo, come di Agnello senza difetto e senza macchia” {1 Pietro 1: 18-19}. Fare una rapida analisi di come l’Egitto è menzionato nella Bibbia e della situazione reale degli israeliti durante il loro soggiorno lì ci aiuterà a comprendere ciò che è stato coinvolto nella loro liberazione.

Idolatria egizia

Di tutta l’idolatria dei tempi antichi, quella dell’Egitto era senza dubbio la più grossolana e completa. Il numero degli dèi dell’Egitto era quasi incalcolabile. “Ogni città in Egitto aveva il suo animale sacro, o feticcio, e ogni città le sue divinità locali” (Enciclopedia Britannica). Ma «il sole era il fulcro della Religione di Stato. In varie forme era a capo di ogni gerarchia». (Le immagini del sole e il sole della giustizia, in “O.T. Student, gennaio 1886”). “Ra, il sole, è solitamente rappresentato come un uomo con la testa di falco, occasionalmente come un uomo, in entrambi i casi generalmente recante sulla testa il disco solare”.

Culto della natura

L’unione di Chiesa e Stato era perfetta in Egitto, essendo i due veramente identici. Questo è esposto in “Religioni dell’Antico Mondo” di Rawlinson, pagina 20. Ra era il dio del sole egiziano ed era particolarmente adorato Eliopoli. Gli obelischi, secondo alcuni, rappresentavano i suoi raggi, e venivano sempre, o di solito, eretti in suo onore… I re per la maggior parte consideravano Ra il loro patrono e protettore speciale; sono andati così lontano da identificarsi con lui; usare i suoi titoli come propri e adottare il suo nome come prefisso ordinario ai propri nomi e titoli. Molti credono che questa sia stata l’origine della parola Faraone, che era, si pensa, la traduzione ebraica di Ph’Ra: il sole. Oltre al sole e alla luna, chiamati Osiride e Iside, “gli Egiziani adoravano un gran numero di bestie, come il bue, il cane, il lupo, il falco, il coccodrillo, l’ibis, il gatto, ecc…”. “Di tutti questi animali, il toro Apis, chiamato Epapris dai Greci, era il più famoso. Magnifici templi gli furono eretti mentre era in vita, e ancora più grandi dopo la sua morte. L’Egitto entrò quindi in lutto generale. Le sue esequie furono celebrate con una pompa magna tale da non poter essere credibile. Sotto il regno di Tolomeo Lago, il toro Api morente di vecchiaia, il fasto funebre, oltre le spese ordinarie, ammontava a più di cinquantamila scudi francesi. Dopo che gli ultimi onori erano stati resi al defunto, la cura successiva era quella di fornirgli un successore, e tutto l’Egitto fu vagliato. Era conosciuto per certi segni che lo distinguevano da tutti gli altri animali di quella specie: sulla sua fronte doveva esserci una macchia bianca, a forma di mezzaluna; sulla schiena, la figura di un’aquila; sulla sua lingua, quello di un coleottero. Non appena fu trovato, il lutto lasciò il posto alla gioia; e in tutte le parti dell’Egitto non si udiva altro che feste e giubilo. Il nuovo dio fu portato a Menfi per prendere possesso della sua dignità, e lì insediato con un gran numero di cerimonie” (7 Rollin’s Ancient History, Book 1, part 2, chap. 2, Sec. 1). Queste cerimonie, è il caso di dirlo, erano di carattere osceno; perché l’adorazione del sole, quando compiuta nella sua pienezza, non era altro che la pratica del vizio come dovere religioso. La superstizione aveva sugli egiziani una presa così forte che adoravano persino porri e cipolle. In questo ci viene ricordato che la superstizione e l’abominevole idolatria non sono necessariamente connesse con un basso livello di intelletto, poiché gli antichi egizi coltivavano le arti e le scienze in alto grado. La pratica dell’idolatria, tuttavia, li fece cadere dalla loro precedente posizione elevata.

Egitto: sinonimo di oppressione religiosa

Il nome stesso Egitto è sinonimo di malvagità e opposizione alla religione di Gesù Cristo, ed è associato a Sodoma. Dei “due testimoni” del Signore, è detto che “E i loro cadaveri giaceranno sulla piazza della grande città, che spiritualmente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il nostro Signore è stato crocifisso” {Apocalisse 11: 8}. Che gli Israeliti in Egitto partecipassero alla sua malvagità e idolatria, e che fu loro impedito con la forza di servire il Signore, è evidente da diversi testi della Scrittura.

Lo scopo di liberare Israele dall’Egitto

In primo luogo, quando Mosè fu mandato a liberare Israele, il suo messaggio al Faraone fu: “E tu dirai al Faraone: «Così dice l’Eterno: Israele è il mio figlio, il mio primogenito». Perciò io ti dico: «Lascia andare il mio figlio, affinché mi serva; ma se tu rifiuti di lasciarlo andare, ecco io ucciderò il tuo figlio, il tuo primogenito»” {Esodo 4: 22-23}. Lo scopo della liberazione dall’Egitto era che Israele potesse servire il Signore, una prova che lì non lo stavano servendo. Quindi ancora una volta leggiamo che “Poiché egli si ricordò della sua santa promessa, fatta ad Abrahamo, suo servo; fece quindi uscire il suo popolo con letizia e i suoi eletti con grida di gioia. E diede loro i paesi delle nazioni, ed essi ereditarono il frutto della fatica dei popoli, affinché osservassero i suoi statuti e ubbidissero alle sue leggi. Alleluia” {Salmi 105: 42-45}. Ma la più forte di tutte le prove che Israele si era unito all’idolatria dell’Egitto si trova nel rimprovero per non averlo abbandonato. “E di’ loro: Così dice il Signore, l’Eterno: il giorno in cui scelsi Israele e alzai la mano in giuramento ai discendenti della casa di Giacobbe, e mi feci loro conoscere nel paese d’Egitto, alzai la mano in giuramento a loro, dicendo: «Io sono l’Eterno, il vostro DIO» In quel giorno alzai la mano giurando loro di farli uscire dal paese d’Egitto e di condurli in un paese che avevo esplorato per loro dove scorre latte e miele, la gloria di tutti i paesi. Quindi dissi loro: Ognuno getti via le abominazioni che sono davanti ai suoi occhi e non contaminatevi con gli idoli d’Egitto. Io sono l’Eterno, il vostro DIO. Ma essi si ribellarono, contro di me e non vollero ascoltarmi nessuno d’essi gettò via le abominazioni che erano davanti ai suoi occhi e non abbandonò gli idoli d’Egitto. Allora decisi di riversare su di loro il mio furore e di sfogare su di loro la mia ira in mezzo al paese d’Egitto” {Ezechiele 20: 5-8}.

Ancora in schiavitù egiziana

Le abominazioni dell’Egitto non sono state gettate via fino ad oggi. Le tenebre che coprivano l’Egitto al tempo delle piaghe non erano più fitte delle tenebre che l’Egitto ha gettato su tutta la terra. Quell’oscurità fisica non era che una vivida rappresentazione dell’oscurità morale in cui era caduto il popolo e di ciò che da allora è venuto da quel paese malvagio. La storia dell’apostasia nella chiesa cristiana non è che la registrazione degli errori che furono portati dall’Egitto.

L’Egitto, il Corruttore del Cristianesimo

Verso la fine del secondo secolo dell’era cristiana, sorse in Egitto un nuovo sistema filosofico. “Questa filosofia è stata adottata da quei dotti ad Alessandria che desideravano essere considerati cristiani, e tuttavia conservare il nome, l’abito e il rango di filosofi. In particolare, tutti coloro che in questo secolo hanno presieduto nelle scuole dei cristiani ad Alessandria. Si dice che Panteno e Clemente Alessandrino l’abbiano approvato. Questi uomini erano persuasi che la vera filosofia, il grande e salutarissimo dono di Dio, si trovasse in frammenti sparsi in tutte le sette di filosofi; e, quindi, che era dovere di ogni uomo saggio, e specialmente di un maestro cristiano, raccogliere questi frammenti da tutte le parti e servirsene per la difesa della religione e la confutazione dell’empietà” (Mosheim Eccl. Hist., Cent. 2., Parte 2, Cap. 1., Sezione 6).

Neo-platonismo

Questo modo di filosofare ha ricevuto qualche modifica, quando Ammonio Sacca, alla fine del secolo, aprì una scuola ad Alessandria, e pose le basi della setta chiamata la Nuova Platonico. “Quest’uomo è nato ed è stato educato cristiano, e forse ha preteso il cristianesimo per tutta la vita. Dotato di grande fecondità di genio oltre che di eloquenza, si è impegnato a portare in armonia tutti i sistemi di filosofia e religione, o, in altre parole, a insegnare una filosofia per mezzo della quale tutti i filosofi e gli uomini di tutte le religioni – non escluso il cristiano – potrebbero unirsi insieme e avere comunione. E qui, specialmente, sta la differenza tra questa nuova setta e la filosofia eclettica, che era fiorita prima in Egitto. Perché gli eclettici ritenevano che in tutti i sistemi ci fosse una mescolanza di buono e cattivo, vero e falso; e quindi hanno scelto tra tutto ciò che sembrava loro consono alla ragione, e hanno rifiutato il resto. Ma Ammonio riteneva che tutte le sette professassero uno e lo stesso sistema di verità, con solo qualche differenza nel modo di affermarlo, e qualche piccola differenza nelle loro concezioni; in modo che per mezzo di opportune spiegazioni potessero con poca difficoltà essere riuniti in un unico corpo. Egli, inoltre, sosteneva questo principio nuovo e singolare, che le religioni popolari, e parimenti quella cristiana, devono essere comprese e spiegate secondo la comune filosofia di tutte le sette” (Mosheim’s Eccl. Hist., Cent. 2., Part 2, Chap. 1., Section 7).

Clemente di Alessandria

Clemente di Alessandria è stato menzionato come uno dei maestri cristiani che era dedito a questa filosofia. Mosheim ci dice che “Clemente va classificato tra i primi e principali difensori e insegnanti della scienza filosofica cristiana, anzi può essere collocato alla testa di coloro che si dedicarono con fervore senza limiti alla coltivazione della filosofia e che furono così ciechi e sbagliati da tentare l’impossibile di trovare un accordo tra i principi della scienza filosofica e quelli della religione cristiana” (Mosheim’s Commentaries Cent. 2, Section 25, Note 2).

Filosofia pagana nella Chiesa

Ricordiamo che l’unica filosofia era quella pagana, e sarà molto facile immaginare gli inevitabili risultati di tanta devozione ad essa da parte di coloro che furono i maestri della Chiesa cristiana. Mosheim ci dice che “dai discepoli cristiani di Ammonio, e più in particolare da Origene, che nel secolo successivo (il terzo) raggiunse un grado di eminenza poco credibile, le dottrine che avevano tratto dal loro maestro furono diligentemente inculcate nelle menti dei giovani della cui educazione erano stati affidati, e da gli sforzi di questi ancora, che furono in seguito per la maggior parte chiamati al ministero, l’amore per la filosofia si diffuse abbastanza generalmente in una parte considerevole della chiesa”.

Influenza di Origene

Origene era il capo della “Scuola Catechistica” o seminario teologico di Alessandria, che era la sede del sapere. Fu il capo degli interpreti della Bibbia in quel secolo, e fu fedelmente copiato dai giovani che accorrevano in quel seminario. “Metà dei sermoni della giornata”, dice Farrar, “sono stati presi in prestito, consapevolmente o inconsciamente, direttamente o indirettamente, dai pensieri e dai metodi di Origene”

{Lives of the Fathers, Chap. 16, Section 8}.

Interpretazione delle Scritture

L’abilità di Origene come “interprete” della Bibbia era dovuta alla sua abilità di filosofo, che consisteva nel rendere evidenti cose che non esistevano. La Bibbia era utilizzata da lui e dai suoi compagni, così come gli scritti dei filosofi, come un mezzo per dimostrare la loro abilità mentale. Leggere una semplice affermazione, crederci e presentare la verità pura agli studenti, guidando le menti delle persone alla Parola di Dio, era considerato troppo infantile e del tutto al di sotto della dignità di un grande insegnante. Chiunque potrebbe farlo, pensavano. La loro opera doveva sembrare attingere dalla Sacra Parola qualcosa che la gente comune non avrebbe mai trovato lì, per il motivo che non c’era, ma era l’invenzione della loro stessa mente.

Prendere la Bibbia dal popolo

Per mantenere il loro prestigio di studiosi profondi e grandi maestri, insegnarono alla gente che la Bibbia non significa quello che dice, e che chiunque segue la lettera chiara della Scrittura sarà certamente sviato; e che poteva essere spiegato solo da coloro che avevano esercitato le loro facoltà con lo studio della filosofia. Così hanno effettivamente preso la Bibbia dalle mani della gente comune. Con la Bibbia praticamente fuori dalle loro mani, non c’era modo per la gente di distinguere tra cristianesimo e paganesimo.

Il risultato

Il risultato non è stato solo quello di coloro che già professavano il cristianesimo era in larga misura corrotto, ma i pagani entrarono nella chiesa senza cambiare i loro principi o pratiche. “Avvenne che la maggior parte di questi platonici, confrontando la religione cristiana con il sistema di Ammonio, furono indotti a immaginare che nulla potesse essere più facile di una transizione dall’una all’altra, e, con grande danno della causa cristiana, furono indotti ad abbracciare il cristianesimo senza sentire la necessità di abbandonare quasi nessuno dei loro primi principi”.

Cristianesimo paganizzato

Così avvenne che «quasi tutte quelle corruzioni per le quali, nel secondo secolo e nei successivi, il cristianesimo fu sfigurato, e la sua originaria semplicità e innocenza quasi del tutto cancellate, ebbero la loro origine in Egitto, e di lì furono comunicate alle altre Chiese». “Osservando che in Egitto, così come in altri paesi, i fedeli pagani, oltre alle loro cerimonie religiose pubbliche, alle quali tutti erano ammessi indistintamente, avevano alcuni riti segreti e sacrissimi, ai quali davano il nome di misteri, e alcune celebrazioni alle quali non era permesso assistere se non a persone di provata fede e discrezione; I primi cristiani alessandrini, e dopo di loro altri, furono ingannati dall’idea che non potevano fare di meglio che adattare la disciplina cristiana a questo modello. La moltitudine che professa il cristianesimo era quindi da loro diviso in profani, o coloro che non erano ancora ammessi ai misteri, e iniziati, o fedeli e perfetti… Da questa costituzione delle cose avvenne non solo che molti termini e frasi usati nei misteri pagani furono trasferiti e applicati a diverse parti del culto cristiano, in particolare ai sacramenti del battesimo e della Cena del Signore, ma che, in non pochi casi, i sacri riti della chiesa furono contaminati dall’introduzione di varie forme e cerimonie pagane” (Mosheim, History of Christianity, Cent. 2, Sec. 33, Note 2, and Sec. 3). Non è necessario enumerare le varie false dottrine e pratiche che furono così introdotte nella chiesa. Basta dire che non c’era cosa che non fosse corrotta, e non c’era quasi dogma o cerimonia pagana che non fosse adottata o copiata in misura maggiore o minore. Essendo così oscurata la luce della parola di Dio, ne conseguirono i “secoli bui”, che continuarono fino al tempo della Riforma, la Bibbia fu nuovamente messa nelle mani del popolo, perché lo leggesse da sé.

La riforma incompiuta

La Riforma del XVI secolo non completò però l’opera. Una vera Riforma non finisce mai; quando ha corretto l’abuso che per primo l’ha provocato, deve continuare con il buon lavoro. Ma coloro che vennero dopo i Riformatori non furono ripieni dello stesso spirito, e si accontentarono di non credere più a quello che i riformatori avevano creduto. Di conseguenza la stessa storia si è ripetuta. La parola degli uomini finì per essere accolta come parola di Dio, e quindi gli errori rimanevano ancora nella chiesa. Oggi la corrente si sta dirigendo fortemente verso il basso, come risultato dell’ampia accettazione della dottrina dell’Evoluzione e dell’influenza della cosiddetta “Critica Superiore”. Diversi anni fa lo storico Merivale,Decano di Ely, disse: “Il paganesimo è stato assimilato, non estirpato, e la cristianità ne ha sofferto più o meno da allora” (Epochs of Church History, p. 159).

L’oscurità dell’Egitto

Si può facilmente vedere, da questo breve profilo, che l’oscurità che in ogni momento copre la terra, e la fitta oscurità che avvolge il popolo, è l’oscurità dell’Egitto. Non fu dalla mera schiavitù fisica che Dio si stabilì per liberare il suo popolo, ma dall’oscurità spirituale che era di gran lunga peggiore. E poiché questa oscurità rimane ancora in gran parte, quell’opera di liberazione è ancora in corso. Dell’antico Israele “si rivolsero con i loro cuori all’Egitto” {Atti 7: 39}. Per tutta la loro storia furono messi in guardia contro l’Egitto, una prova che non furono mai completamente liberi per un certo periodo di tempo dalla sua influenza rovinosa. Cristo è venuto sulla terra per liberare gli uomini da ogni specie di schiavitù, e a tal fine si è posto al massimo nella posizione dell’uomo. C’era quindi un profondo significato nella Sua discesa in Egitto, affinché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Ho chiamato il mio figlio fuori dall’Egitto” {Matteo 2: 15}. Poiché Cristo fu chiamato fuori dall’Egitto, anche tutti quelli che sono di Cristo, cioè tutta la discendenza di Abramo, doveva essere chiamata fuori dall’Egitto. Questa è l’opera del Vangelo.

CAPITOLO 13 – IL TEMPO DELLA PROMESSA

Abbiamo Israele in Egitto e sappiamo in parte cosa significa. La schiavitù, così come la liberazione, era stata predetta ad Abramo quando l’alleanza era stata stipulata con lui; e quell’alleanza era stata confermata da un giuramento di Dio.

La Promessa compiuta solo dalla Risurrezione

Stefano, pieno di Spirito Santo, parlò davanti al Concilio Ebraico e iniziò il suo discorso dimostrando che la risurrezione era necessaria per adempiere la promessa fatta ad Abramo. Egli affermò che Abramo non aveva ancora ricevuto nemmeno un metro della terra promessa, nonostante Dio avesse detto che lui e la sua discendenza l’avrebbero posseduta. Poiché Abramo è morto senza ricevere l’eredità e anche molti dei suoi discendenti che avevano fede, è chiaro che l’adempimento della promessa potrebbe avvenire solo attraverso la risurrezione. Molti ebrei rifiutarono il Vangelo perché non comprendevano le Scritture, che mostravano che la promessa di Abramo era eterna e non solo temporale. Tuttavia, l’attuale convinzione che le promesse fatte ad Israele siano relative a un’eredità terrena e temporale è incompatibile con la piena fede in Cristo.

“Quando il tempo della Promessa si avvicinò”

Stefano poi ricordò la parola del Signore ad Abramo, che la sua discendenza doveva soggiornare in terra straniera, essere afflitta e poi liberata. Poi disse: “Ora, mentre si avvicinava il tempo della promessa che Dio aveva giurata ad Abrahamo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto” {Atti 7: 17}. Poi seguì l’oppressione e la nascita di Mosè. Cosa significa l’avvicinarsi del tempo della promessa che Dio aveva fatto ad Abramo? Una breve rassegna di alcune delle Scritture già studiate chiarirà molto chiaramente questa domanda. Nel racconto della conclusione dell’alleanza con Abramo furono lette le parole del Signore a lui: “Poi l’Eterno gli disse: «Io sono l’Eterno che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei, per darti questo paese in eredità” {Genesi 15: 7}. Quindi segui i dettagli della conclusione del patto, e poi le parole: “Allora l’Eterno disse ad Abramo: «Sappi per certo che i tuoi discendenti dimoreranno come stranieri in un paese che non sarà loro, e vi saranno schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma alla quarta generazione essi torneranno qui, perché l’iniquità degli Amorei non è ancora giunta al colmo” {Genesi 15: 13,16}. Quel patto fu poi suggellato con la circoncisione, e poi quando Abrahamo ebbe mostrato la sua fede mediante l’offerta di Isacco, il Signore aggiunse il suo giuramento alla promessa, dicendo: “Io giuro per me stesso, dice l’Eterno, poiché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, l’unico tuo figlio, io certo ti benedirò grandemente e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; e la tua discendenza possederà la porta dei suoi nemici” {Genesi 22: 16-17}.

L’unica promessa ad Abramo

Questa è l’unica promessa riguardo alla quale Dio giurò ad Abramo. Era una conferma della promessa originale. Ma, come abbiamo già visto, si trattava niente di meno che della risurrezione dei morti attraverso Cristo, che è il seme. “L’ultimo nemico che sarà distrutto è la morte” {1 Corinzi 15: 26}, affinché si compiano le parole di Dio per mezzo del profeta: “Io li riscatterò dal potere dello Sceol, li redimerò dalla morte. O morte, io sarò la tua peste. O Sceol, io sarò la tua distruzione. Il pentimento è nascosto ai miei occhi” {Osea 13: 14}. Solo allora si adempirà la promessa che Dio fece ad Abramo, perché fino ad allora tutta la sua discendenza non possederà la porta dei suoi nemici. Alle madri piangenti che piangevano la perdita dei loro figli che erano stati uccisi per comando di Erode, il Signore disse: “Così dice l’Eterno: «Trattieni la tua voce dal piangere, i tuoi occhi dal versare lacrime, perché la tua opera sarà ricompensata», dice l’Eterno; «essi ritorneranno dal paese del nemico. C’è speranza per la tua discendenza», dice l’Eterno; «i tuoi figli ritorneranno entro i loro confini” {Geremia 31: 16-17}. Solo attraverso la risurrezione, la discendenza di Abramo, Isacco e Giacobbe, può tornare ai propri confini. Questo fu indicato ad Abramo quando gli fu detto che prima che la sua discendenza avesse preso possesso della terra, sarebbe stata afflitta in una terra straniera, e che sarebbe morto; “ma alla quarta generazione torneranno qui”.

Il ritorno di Israele significa restaurazione completa ed eterna

Non ci possono quindi essere dubbi sul fatto che Dio abbia progettato che il ritorno di Israele dalla schiavitù egiziana fosse il tempo della risurrezione e della restaurazione di tutte le cose. Il tempo della promessa si avvicina. Quanto tempo sarebbe passato dopo l’uscita dall’Egitto, prima che avvenisse la completa restaurazione, non abbiamo modo di saperlo. Naturalmente c’era molto da fare per avvertire i popoli della terra; e il tempo dipendeva dalla fedeltà dei figli d’Israele. Non abbiamo bisogno di speculare su come tutte le cose si sarebbero adempiute, dal momento che gli Israeliti non erano fedeli. Tutto ciò che ci interessa ora è il fatto che la liberazione dal’Egitto non significava niente di meno che la completa liberazione di tutto il popolo di Dio dalla schiavitù del peccato e della morte, e la restaurazione di tutte le cose com’erano all’inizio.

CAPITOLO 14 – “IL VITUPERIO DI CRISTO”

“Per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del Faraonescegliendo piuttosto di essere maltrattato col popolo di Dio che di godere per breve tempo i piaceri del peccato, stimando il vituperio di Cristo ricchezze maggiori dei tesori in Egitto…” {Ebrei 11: 24-26}. Qui ci viene detto in modo molto positivo che i tesori dell’Egitto erano i piaceri del peccato; che rifiutare i tesori dell’Egitto significava rifiutare di vivere nel peccato; che gettare la propria sorte con gli Israeliti significava subire l’obbrobrio di Cristo. Ciò dimostra che Cristo era il vero capo di quel popolo, e che ciò che era stato loro promesso, e la condivisione di ciò che dovevano essere liberati dall’Egitto, doveva essere loro solo per mezzo di lui, e anche questo, attraverso il suo rimprovero.

La Croce

Ora il rimprovero di Cristo è rappresentato dalla croce. Ciò ci fa capire che coloro che appartengono a Cristo attraverso la fede nel suo sangue sono il vero Israele, il seme di Abramo. Anche Mosè ha subito il rimprovero di Cristo, il che significa che la croce di Cristo era già presente nei giorni in cui Mosè era principe d’Egitto, proprio come lo è oggi. È importante ricordare questo fatto.

Quello a cui Mosè ha rinunciato

Pochissimi si fermano a pensare a cosa ha rinunciato Mosè per amore di Cristo. Era il figlio adottivo della figlia del faraone ed era l’erede al trono d’Egitto. Tutti i tesori d’Egitto erano dunque ai suoi ordini. “Così Mosè fu istruito in tutta la sapienza degli Egiziani, ed era potente in parole ed opere” {Atti 7: 22}. Il principe ereditario, uno studioso, un generale e un oratore, con ogni lusinghiera prospettiva mondana aperta davanti a lui, ha rinunciato a tutto per gettare il suo destino con una classe di persone disprezzate per amore di Cristo. Egli “ha rifiutato di essere chiamato il figlio della figlia del faraone”. Ciò implica che è stato esortato a mantenere la sua posizione. Fu di fronte all’opposizione che rinunciò alle sue prospettive mondane e scelse di soffrire l’afflizione con il popolo di Dio. Non possiamo sopravvalutare il disprezzo con cui la sua azione sarebbe stata considerata, né gli epiteti di disprezzo che dovevano essere stati accumulati su di lui, tra i quali quello di “sciocco” doveva essere il più mite. Quando le persone in questi giorni sono chiamate ad accettare una verità impopolare a scapito della loro posizione, sarà bene per loro ricordare il caso di Mosè.

Guadagno presente

Cosa lo ha portato a fare il “sacrificio?” “Stimando il vituperio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto, perché aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa” {Ebrei 11: 26}. Non si trattava solo di rinunciare alla propria situazione attuale in cambio di una speranza di qualcosa di migliore in futuro. No; mentre procedeva, Mosè ottenne molto di più di quanto avesse perso. Egli valutò il vituperio di Cristo, di cui aveva piena parte, come una ricchezza superiore ai tesori dell’Egitto. Ciò dimostra che conosceva il Signore e comprendeva il sacrificio di Cristo per l’uomo, scegliendo di condividerlo. Non avrebbe potuto farlo se non avesse conosciuto gran parte della gioia del Signore, che lo avrebbe rafforzato in una situazione del genere. Probabilmente nessun altro uomo ha mai sacrificato così grandi prospettive mondane per amore di Cristo, quindi possiamo essere sicuri che Mosè aveva una tale conoscenza di Cristo e della sua opera come pochi altri uomini hanno avuto. Il passo che ha fatto dimostra che conosceva già molto del Signore, e il vincolo di simpatia tra i due deve essere stato molto stretto a causa della condivisione del rimprovero e delle sofferenze di Cristo.

La gioia del rimprovero

Quale meravigliosa testimonianza è la vita di Mosè per la gioia del Signore, e per il potere e la gloria della Sua croce, Mosè, che aveva tutto ciò che questo mondo ha da offrire, ciò che gli uomini chiamano cose buone, le diede tutte per le superiori attrattive del rimprovero – la croce – di Cristo; e durante quarant’anni, nei quali sperimentò fino in fondo quel rimprovero, non si pentì mai della sua scelta. Non una volta ha guardato indietro in Egitto e ha sospirato per le cose lasciate indietro. No; la gioia del rimprovero di Cristo superò infinitamente i piaceri del peccato, e li bandì dalla sua memoria. Se il rimprovero e l’umiliazione di Cristo può dare così tanta felicità e appagamento, quale deve essere la gioia della sua gloria eterna svelata?

Un grande errore

Quando Mosè rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del Faraone, lo fece per amore di Cristo e del Vangelo. Ma il suo caso, come quello di Giacobbe, così come di tanti altri, dimostra che i credenti più sinceri hanno spesso molto da imparare. Dio chiama gli uomini alla Sua opera, non perché siano perfetti, ma affinché ciò avvenga, Egli può dare loro l’addestramento necessario per questo. All’inizio Mosè dovette imparare ciò che migliaia di sedicenti cristiani non hanno ancora imparato in quest’epoca. Doveva imparare che “l’ira dell’uomo non promuove la giustizia di Dio” {Giacomo 1: 20}. Doveva imparare che la causa di Dio non viene mai portata avanti con metodi umani; che “perché le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti in Dio a distruggere le fortezze, affinché distruggiamo le argomentazioni ed ogni altezza che si eleva contro la conoscenza di Dio e rendiamo sottomesso ogni pensiero all’ubbidienza di Cristo” {2 Corinzi 10: 4-5}.

“Ma, quando giunse all’età di quarant’anni, gli venne in cuore di andare a visitare i suoi fratelli: i figli d’Israele. E, vedendone uno che subiva un torto, lo difese e vendicò l’oppresso, uccidendo l’Egiziano. Or egli pensava che i suoi fratelli avrebbero capito che Dio stava per dar loro liberazione per mezzo suo, ma essi non compresero. Il giorno seguente egli comparve in mezzo a loro, mentre litigavano e li esortò alla pace, dicendo: «O uomini, voi siete fratelli, perché vi fate torto l’un l’altro?». Ma colui che faceva torto al suo vicino lo respinse, dicendo: «Chi ti ha costituito principe e giudice su di noi? Vuoi uccidere me, come ieri hai ucciso l’Egiziano?». A queste parole Mosè fuggí e dimorò come forestiero nel paese di Madian dove generò due figli” {Atti 7: 23-29}.

Il Signore aveva progettato che il popolo d’Israele fosse liberato per mano di Mosè. Lo stesso Mosè lo sapeva, e supponeva che anche i suoi fratelli lo capissero. Ma non l’hanno fatto. Il suo tentativo di liberarli fu un triste fallimento, e la ragione del fallimento risiedeva in lui tanto quanto in loro. Non avevano capito che Dio li avrebbe liberati per mano sua; lo capiva, ma non aveva ancora imparato il metodo. Supponeva che la liberazione doveva essere effettuata con la forza; che sotto il suo generalato i figli di Israele dovevano insorgere e conquistare i suoi oppressori. Ma non era quella la via del Signore. La liberazione che Dio aveva progettato per il Suo popolo era una liberazione che non poteva essere ottenuta con sforzi umani.

La lezione per noi

Da questo fallimento di Mosè apprendiamo molto sulla natura dell’opera che Dio si proponeva di compiere per gli Israeliti e sull’eredità a cui stava per condurli. Se fosse stata una liberazione dalla mera schiavitù fisica quella che Egli aveva progettato per loro, e se fossero stati condotti solo a un’eredità terrena e temporale, allora avrebbe potuto realizzarsi nel modo in cui iniziò Mosè. Gli israeliti erano numerosi e sotto il comando di Mosè avrebbero potuto vincere. Questo è il modo in cui si ottengono i beni terreni. La storia offre molti casi in cui un piccolo popolo si è sbarazzato del ricordo di un grande popolo. Ma Dio aveva promesso ad Abrahamo e alla sua discendenza un’eredità celeste, e non terrena, e quindi poteva avere inizio solo attraverso agenti celesti. Ora l’eredità a cui Mosè fu incaricato di guidare gli Israeliti è l’identica eredità che ci è stata promessa; e le cose che accaddero loro “sono scritte per nostro avvertimento, per noi, che ci troviamo alla fine delle età” {1 Corinzi 10: 11}.

Problemi di lavoro e il loro rimedio

Al giorno d’oggi troviamo praticamente le stesse condizioni che esistevano nel caso dei figli di Israele. Sicuramente il sudore ha prevalso in quel momento fino ad oggi. Lunghe ore di lavoro, duro lavoro e poca o nessuna paga erano la regola. Il capitale non ha mai oppresso il lavoro più di allora, e il pensiero naturale degli oppressi allora, come adesso, era che l’unico modo per garantire i loro diritti fosse quello di far fronte alla forza con la forza. Ma la via dell’uomo non è la via di Dio; e la via di Dio è l’unica via giusta. Nessuno può negare che i poveri siano gravemente maltrattati e calpestati; ma pochissimi di loro sono disposti ad accettare il metodo di liberazione di Dio. Nessuno può condannare l’oppressione del povero da parte del ricco più fortemente di quanto non sia fatto nella Bibbia, perché Dio è amico del povero.

Dio si prende cura dei poveri

Il Signore ha cura dei poveri e degli afflitti. Ha identificato Egli stesso così strettamente con loro che chi dà ai poveri è considerato un prestatore al Signore. Gesù Cristo è stato su questa terra come un uomo povero, cosicché “chi opprime il povero oltraggia colui che l’ha fatto, ma chi ha pietà del bisognoso lo onora” {Proverbi 14: 31}. “Poiché l’Eterno esaudisce i bisognosi e non disprezza i suoi prigionieri” {Salmi 69: 33}. “Io so che l’Eterno difenderà la causa dell’afflitto e farà giustizia al povero” {Salmi 140: 12}. Il Signore sosterrà la causa degli afflitti e il diritto dei poveri. “Per l’oppressione del povero, per il sospiro del bisognoso, ora mi alzerò, dice il Signore; Lo metterò al sicuro da chi si gonfia di lui.” “Tutte le mie ossa diranno: «O Eterno chi è pari a te, che liberi il misero da chi è più forte di lui, il misero e il bisognoso da chi lo deruba?»” {Salmi 35: 10}. L’Onnipotente Dio è così interessato al loro caso, ma peccato che i poveri siano così sconsigliati da cercare di rimediare ai propri torti. Triste a dirsi, troppo spesso i professi ministri del Vangelo della pace li incoraggiano in questo percorso suicida.

L’accusa contro i ricchi

Il Signore dice: “E ora a voi ricchi: piangete e urlate per le sciagure che stanno per cadervi addosso. Le vostre ricchezze sono marcite e i vostri vestiti sono rose dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono arrugginiti, e la loro ruggine sarà una testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco; avete accumulato tesori negli ultimi giorni. Ecco, il salario da voi defraudato agli operai che hanno mietuto i vostri campi grida, e le grida di coloro che hanno mietuto sono giunte agli orecchi del Signore degli eserciti. Sulla terra siete vissuti nelle delizie e morbidezze, avete pasciuto i vostri cuori come per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto, che non vi oppone resistenza” {Giacomo 5: 1-6}. Questa è una terribile accusa contro gli oppressori dei poveri e coloro che li hanno defraudati del loro legittimo salario. È anche una promessa di giudizio sicuro contro di loro. Il Signore ascolta il grido dei poveri e non dimentica. Ogni atto di oppressione lo considera come diretto contro Sé stesso. Ma quando i poveri prendono in mano la situazione, incontrando il monopolio con il monopolio e la forza con la forza, si mettono nella stessa classe dei loro oppressori, e così si privano dell’aiuto di Dio.

I Giusti non Resistono

Ai ricchi oppressori Dio dice: “Avete condannato e ucciso il giusto, che non vi oppone resistenza” {Giacomo 5: 6}. L’ingiunzione: “Non resistere al malvagio” {Matteo 5: 39}, significa proprio questo e nient’altro; e non è fuori moda. È applicabile oggi come lo era milleottocento anni fa. Il mondo non è cambiato nel suo carattere; l’avidità degli uomini è la stessa oggi come allora; e Dio è lo stesso. Coloro che ascoltano quell’ingiunzione, Dio li chiama “i giusti”. I giusti non resistono quando sono ingiustamente condannati e defraudati, e anche uccisi.

Il tempo di rimediare a tutti i torti

“Ma allora come potrà mai esserci rimedio a questi torti, se i poveri soffrono fino alla morte?” Ascolta ancora ciò che il Signore dice ai poveri stessi. Non si vergogna di chiamarli fratelli, e dice: “Or dunque, fratelli, siate pazienti fino alla venuta del Signore; guardate come l’agricoltore aspetta il prezioso frutto della terra con pazienza, finché abbia ricevuto la pioggia della prima e dell’ultima stagione, Siate pazienti anche voi; rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina” {Giacomo 5: 7-8}.

La venuta del Signore è il tempo in cui cesserà ogni oppressione. Il guaio è che, come Esaù, le persone non hanno né fede né pazienza per aspettare. Quindi si trae una lezione dall’agricoltore. Egli semina il suo seme e non diventa impaziente perché non miete il raccolto lo stesso giorno. Ha una lunga pazienza nell’aspettare i frutti della terra. “La mietitura è la fine del mondo” {Matteo 13: 39}. Allora coloro che hanno affidato la loro causa al Signore riceveranno un’ampia ricompensa per la loro fiducia e pazienza. Allora sarà proclamata la libertà rivendicata in tutto il paese e a tutti i suoi abitanti.

Il Vangelo contiene il Rimedio

Ciò che fa conoscere questa liberazione, e che ne dà anche ora la gioia, sebbene gravi prove opprimono, è il Vangelo di Gesù Cristo. Questa è la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede. I sapienti del mondo si fanno beffe della predicazione del Vangelo come rimedio alle difficoltà lavorative dei giorni nostri. Ma i problemi del lavoro di oggi non sono maggiori di quanto lo fossero ai giorni di Mosè; e l’annuncio del Vangelo ne era l’unico mezzo. Dio, quindi, approvò e usò per il loro miglioramento. Non dire che vuoi una soluzione del problema del lavoro più rapida e pratica di quella offerta dal Vangelo, finché non l’hai presa in piena considerazione. Offre in assoluto l’unica soluzione pratica delle difficoltà che affliggono filantropi e riformatori. Vuoi qualcosa nel tempo presente e non in un futuro indefinito? Ebbene, conoscete qualche programma di lavoro che abbia fornito un attuale rimedio ai mali che soffrono gli uomini? La condizione della classe operaia povera non peggiora di anno in anno, nonostante il socialismo e la schiera dei sindacati? C’è qualche prospettiva terrena che, grazie a qualsiasi piano mai escogitato dall’uomo, la loro condizione sarà migliorata entro pochi anni a venire? No; non c’è; ma il Vangelo di Cristo fornisce un rimedio perfetto e certo, e ci assicura che questa generazione non passerà prima che tutto sia adempiuto {Matteo 24: 34}. Entro un periodo di tempo più breve di quanto chiunque abbia osato fissare per vedere qualsiasi miglioramento materiale anche con i migliori piani e metodi umani, il Vangelo promette la completa istituzione del diritto e della giustizia e il rovesciamento di ogni oppressione; e nel tempo si applica con la massima forza al miglioramento dei poveri in ogni direzione, fisica, mentale e morale. Quando Cristo venne, la prova più forte della divinità della sua missione fu che il Vangelo veniva predicato ai poveri {Matteo 11: 5}. Egli “è andato in giro facendo del bene”, ma non ha usato la violenza in parole o azioni, e non ha tollerato nulla del genere. Conosceva i bisogni dei poveri come nessun altro mai, e il Suo rimedio era il Vangelo. Ci sono possibilità nel Vangelo che finora non ci siamo nemmeno sognate. Solo la retta comprensione dell’eredità che il Vangelo promette, unita al possesso delle ricchezze del vituperio di Cristo, può rendere gli uomini pazienti sotto l’oppressione terrena.

CAPITOLO 15 – DARE LA COMMISSIONE

Passarono quarant’anni da quel primo sconsiderato tentativo, quando l’Egiziano fu ucciso, prima che il Signore fosse pronto a liberare il suo popolo per mano di Mosè. Ci volle così tanto tempo per adattare Mosè all’importante lavoro. “Così Mosè fu istruito in tutta la sapienza degli Egiziani” {Atti 7: 22}, ma aveva bisogno di imparare al suo posto la sapienza che viene dall’alto (Vedi Giacomo 3: 17-18). Leggiamo di Mosè, in un periodo successivo della sua vita, la sua mansuetudine era superiore a tutti gli altri uomini; ma quella non era la sua disposizione naturale. Un’educazione a corte non è calcolata per sviluppare la qualità della mansuetudine. Dal modo in cui Mosè all’inizio procedette a risolvere le difficoltà lavorative del suo popolo, vediamo che era impulsivo e arbitrario. Ma l’uomo che doveva condurre i figli di Abramo all’eredità promessa doveva avere caratteristiche ben diverse.

Mansuetudine una qualifica necessaria

L’eredità promessa ad Abramo era la terra. Doveva iniziare attraverso la giustizia della fede. Ma la giustizia della fede è inseparabile dalla mansuetudine di spirito. “Ecco, la sua anima si è inorgoglita in lui, non è retta, ma il giusto vivrà per la sua fede” {Abacuc 2: 4}. Perciò il Salvatore disse: “Beati i mansueti, perché essi erediteranno la terra” {Matteo 5: 5}. “Ascoltate, fratelli miei carissimi, non ha Dio scelto i poveri del mondo, perché siano ricchi in fede ed eredi del regno che egli ha promesso a coloro che lo amano?” {Giacomo 2: 5}. L’eredità promessa, alla quale dovevano essere condotti gli Israeliti, poteva essere posseduta solo dai mansueti, e quindi colui che li doveva condurre lungo la via doveva necessariamente possedere quella virtù. Quarant’anni di ritiro nel deserto come pastore, operarono in Mosè il cambiamento desiderato.

Dio ricorda il suo patto

“Or avvenne che dopo molto tempo il re d’Egitto morì, e i figli d’Israele gemevano a motivo della schiavitù; essi gridarono, e il loro grido a motivo della schiavitù salì fino a DIO. Così DIO udì il loro gemito, e DIO si ricordò del suo patto con Abrahamo, con Isacco e con Giacobbe” {Esodo 2: 23-24}. Questa alleanza, come abbiamo visto, è stata confermata in Cristo. Era il patto che Dio stabilì con i padri, dicendo ad Abramo: “E nella tua progenie tutte le nazioni della terra saranno benedette” {Atti 3: 25}. E questa benedizione consisteva nell’allontanarli dalle loro iniquità. Era il patto che Dio ricordò nell’inviare Giovanni il Battista, il precursore di Cristo, il quale deve liberare il suo popolo dalla mano dei suoi nemici, affinché “lo potessimo servire senza paura, in santità e giustizia davanti a lui tutti i giorni della nostra vita” {Luca 1: 74-75}. Era il patto che assicurava ad Abramo e alla sua discendenza il possesso della terra, attraverso la fede personale in Cristo.

I miti ora non possiedono questa terra

Ma la fede in Cristo non assicura a nessun uomo un possesso terreno. Coloro che sono eredi di Dio sono i poveri di questo mondo, ricchi di fede. Cristo stesso non aveva un posto tutto suo su questa terra, dove potesse posare il capo; pertanto, nessuno deve pensare che seguirLo nella verità assicurerà loro i beni terreni. È più probabile che sia il contrario. Questi punti sono necessari da tenere a mente mentre consideriamo la liberazione di Israele dall’Egitto e il loro viaggio verso la terra di Canaan. Dovrebbero essere tenuti a mente nello studio dell’intera storia di Israele, altrimenti continueremo a commettere lo stesso errore che è stato fatto dai suoi che non lo hanno ricevuto quando è venuto, perché non è venuto per promuovere i loro interessi mondani.

La storia della chiamata di Mosè

“Or Mosè pascolava il gregge di Jethro suo suocero, sacerdote di Madian; egli portò il gregge oltre il deserto e giunse alla montagna di DIO, all’Horeb. E l’Angelo dell’Eterno gli apparve in una Fiamma di fuoco, di mezzo a un roveto. Mosè guardò ed ecco il roveto bruciava col fuoco, ma il roveto non si consumava. Allora Mosè disse: «Ora mi sposterò per vedere questo grandioso spettacolo: perché mai il roveto non si consuma!». Or l’Eterno vide che egli si era spostato per vedere, e DIO lo chiamò di mezzo al roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Egli rispose: «Eccomi». Dio disse: «Non avvicinarti qui; togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo santo». Poi aggiunse: «Io sono il DIO di tuo padre, il DIO di Abrahamo, il DIO di Isacco e il DIO di Giacobbe». E Mosè si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare DIO. Poi l’Eterno disse: «Ho certamente visto l’afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il suo grido a motivo dei suoi oppressori, poiché conosco le sue sofferenze. Così sono sceso per liberarlo dalla mano degli Egiziani e per farlo salire da quel paese in un paese buono e spazioso, in un paese dove scorre latte e miele, nel luogo dove sono i Cananei, gli Hittei gli Amorei, i Perezei, gli Hivvei e i Gebusei. Ed ora, ecco il grido dei figli d’Israele è giunto fino a me, ed ho pure visto l’oppressione con cui gli Egiziani li opprimono. Or dunque vieni e io ti manderò dal Faraone perché tu faccia uscire il mio popolo, i figli d’Israele, dall’Egitto»” {Esodo 3: 1-10}.

Servi di Dio solo strumenti

Non abbiamo bisogno di entrare nei dettagli del rifiuto di Mosè e della sua definitiva accettazione dell’incarico divino. Ora che era effettivamente adatto al compito, si ritrasse. È sufficiente notare che nella commissione era molto chiaro il potere con cui la liberazione doveva essere effettuata. Era una tale liberazione che poteva essere compiuta solo dal potere del Signore. Mosè doveva essere semplicemente l’agente nelle Sue mani. Questo è un punto che il lettore non dovrebbe considerare con leggerezza; poiché i servi di Dio sono ancora incaricati di condurre il Suo popolo fuori dall’Egitto, è necessario che si ricordino del potere mediante il quale devono parlare. Quando Mosè disse che non era eloquente, o, letteralmente, non un uomo di parole, ma “tardo di parola e di lingua”, il Signore disse: “Chi ha fatto la bocca dell’uomo, o chi rende uno muto, sordo, vedente o cieco? Non sono, forse io, l’Eterno?»” {Esodo 4: 10-11}.

Lo Spirito dà la Parola

Cosa ci insegna questo? Semplicemente questo, che quando Dio manda un uomo con un messaggio, non importa se può parlare o no. Può essere sordo e muto, ma se va avanti confidando nel Signore, sarà in grado, quando verrà il momento opportuno, di parlare in modo che tutti ascolteranno e capiranno. “Poiché non sarete voi a parlare, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” {Matteo 10: 20}. La promessa del Signore è: “perché io vi darò una favella e una sapienza” {Luca 21: 15}. “Ho messo le mie parole nella tua bocca” {Geremia 1: 9}. Lo Spirito di Dio può rendere eloquente un muto; senza lo Spirito, tutta l’eloquenza del più abile oratore è nulla (Vedi Isaia 3: 1-3).

Preparazione non denigrata

Questo non significa, come alcuni potrebbero frettolosamente immaginare, che si debba aspettare pigramente di essere inviati e disdegnare lo studio precedente. Mosè trascorse molti anni imparando le cose di Dio dalla rivelazione di Dio stesso. La conoscenza della verità viene da uno studio duro e incessante, guidato ovviamente dallo Spirito. La conoscenza arriva con il tempo; il potere dell’espressione viene con l’occasione (Vedi Proverbi 2: 1-9 e Atti 2: 1-2).

Le credenziali di Mosè

Notate anche le credenziali che portava Mosè. “Allora Mosè disse a DIO: «Ecco, quando andrò dai figli d’Israele e dirò loro: «Il DIO dei vostri padri mi ha mandato da voi», se essi mi dicono «Qual’ è il suo nome?», che risponderò loro?». DIO disse a Mosè: «IO SONO COLUI CHE SONO». Poi disse: «Dirai così ai figli d’Israele: «L’IO SONO mi ha mandato da voi»” {Esodo 3: 13-14}.

Colui che esiste da solo e viene

Questo è il “nome glorioso e tremendo” {Deuteronomio 28: 58}, del Signore, che nessuno potrà mai comprendere, perché esprime la sua infinità ed eternità. Guarda le interpretazioni che sono date a margine della Revisione: “Io sono perché sono”, o “Io sono quello che sono”, o “Sarò quello che sarò”. Nessuna di queste interpretazioni è completa in sé, ma tutti insieme sono necessari per dare un’idea del titolo. Insieme rappresentano “dice il Signore «che è, che era e che ha da venire, l’Onnipotente” {Apocalisse 1: 8}. Com’era appropriato che quando il Signore stava per liberare il popolo, non solo dalla schiavitù temporale, ma anche dalla schiavitù spirituale, e dare loro quell’eredità che poteva essere posseduta solo dalla venuta del Signore e dalla risurrezione, si facesse conoscere non solo come il Creatore autoesistente, ma come Colui che viene, lo stesso titolo con cui si rivela nell’ultimo libro della Bibbia, che è interamente dedicata alla venuta del Signore e alla liberazione finale del Suo popolo dal suo grande nemico, la morte.

Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe

“DIO disse ancora a Mosè: «Dirai così ai figli d’Israele: «L’Eterno, il DIO dei vostri padri, il DIO di Abrahamo, il DIO d’Isacco e il DIO di Giacobbe mi ha mandato da voi. Questo è il mio nome in perpetuo. Questo sarà sempre il mio nome col quale sarò ricordato per tutte le generazioni»” {Esodo 3: 15} Ci viene continuamente ricordato che tutta questa liberazione non è altro che l’adempimento della promessa fatta tramite Cristo ad Abramo, Isacco e Giacobbe. Si noti anche il significato del fatto a cui si riferiscono alcuni dei più potenti sermoni evangelici registrati nel Nuovo Testamento Dio come il Dio di Abramo e Isacco e Giacobbe, una prova che Egli deve essere conosciuto da noi con lo stesso titolo e che le promesse fatte ai padri valgono per noi, se solo le accogliamo con la stessa fede. “Questo è il mio nome in perpetuo. Questo sarà sempre il mio nome col quale sarò ricordato per tutte le generazioni” {Esodo 3: 15}. Con questo nome per il suo sostegno, con la certezza che Dio sarebbe stato con lui e gli avrebbe insegnato cosa dire, armato del potere di operare miracoli e confortato dalla certezza che Aaronne suo fratello si sarebbe unito a lui nell’opera, Mosè partì per l’Egitto.

CAPITOLO 16 – PREDICAZIONE DEL VANGELO IN EGITTO

“Allora Mosè ed Aaronne andarono e radunarono tutti gli anziani dei figli d’Israele. E Aaronne riferì tutte le parole che l’Eterno aveva detto a Mosè e fece i prodigi in presenza del popolo. Così il popolo credette. Essi compresero che l’Eterno aveva visitato i figli d’Israele e aveva veduto la loro afflizione; e si inchinarono e adorarono” {Esodo 4: 29-31}.

Tribolazione necessaria

Ma non erano ancora pronti a lasciare l’Egitto. Erano ancora uditori duri della Parola. All’inizio la accolsero con gioia, ma non appena sorse la persecuzione si offesero. Se avessero potuto lasciare l’Egitto senza alcun ostacolo e avere avuto un facile passaggio verso la terra promessa, senza dubbio non avrebbero mormorato; ma “attraverso molte afflizioni dobbiamo entrare nel regno di Dio” {Atti 14: 22}, e coloro che vi entrano devono imparare a gioire anche nella tribolazione. Gli israeliti dovevano ancora imparare questa lezione.

Il valore della persecuzione

Il messaggio al Faraone: “Così dice l’Eterno, il DIO d’Israele: «Lascia andare il mio popolo»” {Esodo 5: 1}, provocò un’oppressione ancora più grave per gli israeliti. Questa era davvero una necessità per loro, che potessero essere più ansiosi di partire, e poi avere meno desiderio di tornare, e che potessero vedere la potenza di Dio. Le piaghe che caddero sulla terra d’Egitto furono necessarie per insegnare agli israeliti la potenza di Dio, affinché potessero essere disposti ad andare, come lo furono per gli Egiziani, affinché fossero disposti a lasciarli andare. Gli israeliti avevano bisogno di imparare che non era stato grazie ad alcun potere umano che erano stati liberati, ma che era interamente opera del Signore. Avevano bisogno di imparare ad affidarsi completamente alle Sue cure e alla Sua guida. E poiché “tutte le cose che furono scritte in passato furono scritte per nostro ammaestramento, affinché mediante la perseveranza e la consolazione delle Scritture noi riteniamo la speranza” {Romani 15: 4}, dovremmo imparare la stessa lezione mentre leggiamo la storia.

La spiegazione di Dio

Non c’è da meravigliarsi se il popolo si lamentò all’inizio quando aumentò la persecuzione a causa del messaggio portato da Mosè. Lo stesso Mosè sembra esserne rimasto perplesso, e andò a interrogare il Signore al riguardo. “L’Eterno disse a Mosè: «Ora vedrai che cosa farò al Faraone; poiché costretto da una mano potente li lascerà andare; sì, costretto da una mano potente li caccerà dal suo paese». DIO parlò quindi a Mosè e gli disse: «Io sono l’Eterno, e sono apparso ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe, come Dio onnipotente; ma non mi ero mai fatto conoscere da loro con il mio nome di Eterno. Ho pure stabilito con loro il mio patto, promettendo di dar loro il paese di Canaan, il paese dove soggiornarono come stranieri. Ho pure udito il lamento dei figli d’Israele che gli Egiziani tengono in schiavitù e mi sono ricordato del mio patto». Perciò di’ ai figli d’Israele: «Io sono l’Eterno; vi sottrarrò dai duri lavori imposti su di voi dagli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi riscatterò con braccio steso e con grandi castighi. Vi prenderò per mio popolo, e sarò il vostro DIO; e voi conoscerete che io sono l’Eterno, il vostro DIO, che vi sottrae ai duri lavori impostivi dagli Egiziani. E vi farò entrare nel paese, che giurai di dare ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe; e ve lo darò in eredità. Io sono l’Eterno»” {Esodo 6: 1-8}.

Il Vangelo della Liberazione

Abbiamo appreso che quando Dio fece la promessa ad Abramo, gli predicò il Vangelo; ne consegue, quindi, che quando verrà il tempo dell’adempimento della promessa, la discendenza a cui per essa si compirà dovrà conoscere del Vangelo almeno quanto fu rivelato ad Abramo; e dovremmo aspettarci di trovare lo stesso Vangelo predicato loro. Questo è stato il caso. Impariamo dalla lettera agli Ebrei che il Vangelo che ora ci viene predicato è lo stesso che fu loro predicato allora, e lo troviamo nell’ultima Scrittura citata.

Nota i seguenti elementi:

  1. Dio disse di Abramo, Isacco e Giacobbe: “Anch’io ho stabilito la mia alleanza con loro, per dare loro la terra di Canaan, la terra del loro pellegrinaggio, dove erano forestieri”.
  2. Poi aggiunse: “E ho anche udito il gemito dei figli d’Israele, che gli Egiziani tengono in schiavitù, e mi sono ricordato della mia alleanza”
  3. Quando il Signore dice che ricorda una certa cosa, non implica che quella cosa sia mai passata dalla Sua mente, perché questo è impossibile. Nulla potrà mai sfuggirgli. Ma, come troviamo in vari casi, Egli indica così che sta per compiere quella cosa. Nel giudizio finale di Babilonia è detto: “Dio si ricordò di Babilonia la grande” {Apocalisse 16: 19}, “Poi Dio si ricordò di Noè” {Genesi 8: 1}, e fece cessare il diluvio, ma noi sappiamo che, mentre Noè era nell’arca, non fu dimenticato neppure per un istante, perché neppure un passero è dimenticato. (Vedi anche {Genesi 19: 29; Genesi 30: 22}; e {Samuele 1: 19}, per l’uso della parola “ricordare” nel senso di essere in procinto di adempiere la cosa promessa).
  4. È evidente, quindi, dal sesto capitolo di Esodo, che il Signore stava per adempiere la promessa fatta ad Abramo e alla sua discendenza. Ma come Abramo era morto, questo poteva essere fatto solo mediante la risurrezione. Il tempo della promessa che Dio aveva fatto ad Abramo era molto vicino. Ma questa è la prova che il Vangelo veniva predicato, poiché solo il Vangelo del regno prepara alla fine.
  5. Dio si stava facendo conoscere dal popolo. Ma è solo nel Vangelo che Dio si fa conoscere. Le cose che rivelano la potenza di Dio fanno conoscere la sua divinità.
  6. Dio disse: “Vi prenderò con me come un popolo, e sarò per voi un Dio; e voi conoscerete che io sono il Signore vostro Dio”. Confrontate con questa la promessa del nuovo patto: «Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo dal più piccolo al più grande, dice L’Eterno” {Geremia 31: 33-34}. Nessuno mette in dubbio che questo sia l’annuncio del Vangelo: ma è la stessa cosa che è stata annunciata agli israeliti in Egitto.
  7. Il fatto che la liberazione dei figli d’Israele fu una liberazione che poteva essere effettuata solo attraverso la predicazione del Vangelo, è la prova che non fu una liberazione ordinaria dalla schiavitù fisica a un’eredità temporale. Una prospettiva meravigliosa si apriva davanti ai figli d’Israele, se avessero conosciuto il giorno della loro visita e fossero rimasti fedeli.

Predicazione al faraone

È una verità che Dio non fa distinzione di persone; “ma in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente, gli è gradito” {Atti 10:35}. Questa non era una verità nuova ai tempi di Pietro, ma è sempre stata vera, perché Dio è sempre lo stesso. Il fatto che gli uomini di solito siano stati lenti a percepirlo, non fa differenza. Gli uomini possono non riconoscere il potere di Dio, ma ciò non lo rende meno potente; quindi il fatto che la grande massa di coloro che si professano seguaci di Dio di solito non ha riconosciuto che Egli è perfettamente imparziale e ha supposto che li amasse escludendo le altre persone, non ha ristretto il Suo carattere.

La promessa ad Abramo includeva gli egiziani

La promessa era per Abramo e la sua discendenza. Ma la promessa e la benedizione giunsero ad Abrahamo prima che fosse circonciso, “Poi ricevette il segno della circoncisione, come sigillo della giustizia della fede che aveva avuto mentre era ancora incirconciso, affinché fosse il padre di tutti quelli che credono anche se incirconcisi, affinché anche a loro sia imputata la giustizia” {Romani 4: 11}. “Non c’è né Giudeo né Greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù. Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa” {Galati 3: 28-29}.

Abramo è il padre di coloro che sono circoncisi, ma solo di coloro che “non sono solo della circoncisione, ma che camminano anche nelle orme di quella fede del nostro padre Abramo, che aveva essendo ancora incirconciso”. Dalla legge, la loro incirconcisione è contata come circoncisione (cfr Romani 2: 25-29).

La lunga sofferenza di Dio

Non bisogna dimenticare che Dio non cominciò subito a mandare le piaghe sul faraone e sul suo popolo. Egli non si proponeva di liberare gli israeliti uccidendo i loro oppressori, ma piuttosto convertendoli, se possibile. Dio “non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento” {2 Pietro 3: 9}. Egli il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati, e che vengano alla conoscenza della verità” {1 Timoteo 2: 4}. “Di’ loro: «Com’è vero che io vivo», dice il Signore, l’Eterno, «io non mi compiaccio della morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via e viva»” {Ezechiele 33: 11}. Tutti gli uomini sono creature di Dio e Suoi figli, e il Suo grande cuore d’amore li abbraccia tutti, senza distinzione di razza o nazionalità. Di conseguenza, all’inizio, è stata fatta la semplice richiesta a Faraone per lasciare libero il popolo di Dio. Ma egli sfacciatamente e altezzosamente rispose: “Ma il Faraone rispose: «Chi è l’Eterno che io debba ubbidire alla sua voce e lasciar andare Israele Io non conosco l’Eterno e non lascerò andare Israele” {Esodo 5: 2}. Allora davanti a lui avvennero miracoli. Questi non erano ai primi giudizi, ma semplicemente manifestazioni della potenza di Dio. Ma i maghi del Faraone, i servi di Satana, falsificarono questi miracoli e il cuore del Faraone divenne più duro di prima. Eppure il lettore attento vedrà che anche nei miracoli contraffatti dai maghi si manifestava il potere superiore del Signore.

Il cuore del faraone indurito

Quando le miti misure non riuscirono a indurre il faraone a riconoscere il potere di Dio, furono inviati i giudizi. Dio, che conosce la fine fin dall’inizio, aveva detto che il cuore del faraone si sarebbe indurito, e anche Lui stesso l’avrebbe indurito; e così è stato. Tuttavia non si deve supporre che Dio abbia deciso deliberatamente di indurire il cuore del faraone contro la sua volontà, in modo che non avrebbe potuto cedere se avesse voluto. Dio invia una forte illusione, per fare sì che gli uomini credano a una menzogna, solo per coloro che hanno rifiutato la verità e che amano una menzogna (Vedi 2 Tessalonicesi 2: 10-12). Ognuno ha proprio ciò che desidera di più. Se qualcuno vuole fare la volontà di Dio, conoscerà la dottrina; ma chi rifiuta la verità, non resta altro che oscurità e inganno (Vedi Giovanni 7: 17).

Indurito dalla Misericordia

È bene notare che fu la manifestazione della misericordia di Dio a indurire il cuore del Faraone. La semplice richiesta del Signore fu sdegnosamente respinta. Poi cominciarono a venire le piaghe, ma non subito, ma con un intervallo sufficiente per permettere al Faraone di pensare. Ma finché il potere dei maghi sembrava grande quanto quello esercitato da Mosè e Aaronne, il Faraone non avrebbe ceduto. Ben presto divenne evidente che c’era un potere più grande di quello dei suoi maghi. Portarono le rane sulla terra, ma non riuscirono a scacciarle. “Allora il Faraone chiamò Mosè e Aaronne e disse loro: «Pregate l’Eterno che allontani le rane da me e dal mio popolo, e io lascerò andare il popolo, perché sacrifichi all’Eterno».Mosè disse al Faraone: «Fammi l’onore di dirmi quando devo intercedere per te, per i tuoi servi e per il tuo popolo, che l’Eterno distrugga le rane intorno a te e alle tue case e rimangano solo nel fiume». Egli rispose: «Domani». E Mosè disse: «Sarà, fatto come tu dici, affinché tu sappia che non vi è alcuno come l’Eterno, il nostro DIO. E le rane si allontaneranno da te, dalle tue case, dai tuoi servi e dal tuo popolo; esse rimarranno solamente nel fiume». Mosè ed Aaronne uscirono dal Faraone; e Mosè implorò l’Eterno riguardo alle rane che aveva mandato contro il Faraone. E l’Eterno fece secondo la parola di Mosè, e le rane morirono nelle case, nei cortili e nei campi. Le radunarono quindi a mucchi e il paese divenne maleodorante. Ma quando il Faraone vide che vi era un po’ di sollievo, indurì il suo cuore e non diede loro ascolto, come l’Eterno aveva detto” {Esodo 8: 8-15}. “Se si fa grazia all’empio, egli non imparerà la giustizia; agirà perversamente nel paese della rettitudine e non potrà vedere la maestà dell’Eterno” {Isaia 26: 10}. Il giudizio di Dio fece indebolire il suo altero proposito; “Ma quando il Faraone vide che vi era un po’ di sollievo, indurì il suo cuore” {Esodo 8: 15}. Di nuovo arrivarono sciami di mosche, per ordine del Signore, e “Il Faraone disse: «Io vi lascerò andare perché sacrifichiate all’Eterno, il vostro DIO, nel deserto; soltanto, non andate troppo lontano; pregate per me». Mosè disse: «Ecco, io esco da te e pregherò l’Eterno e domani gli sciami di mosche si allontaneranno dal Faraone, dai suoi servi e dal suo popolo; basta però che il Faraone non ci prenda più in giro, impedendo al popolo di andare a sacrificare all’Eterno». Mosè uscì quindi dalla presenza del Faraone e pregò l’Eterno. E l’Eterno fece secondo la parola di Mosè e allontanò gli sciami di mosche da Faraone, dai suoi servi e dal suo popolo; non ne rimase neppure una. Ma anche questa volta il Faraone indurì il suo cuore e non lasciò andare il popolo” {Esodo 8: 28-32}.

E così è andato avanti durante le piaghe. Tutti i passaggi in ciascun caso non sono registrati, ma vediamo che fu la longanimità e la misericordia di Dio a indurire il cuore del Faraone. La stessa predicazione che confortava i cuori di molti ai giorni di Gesù, rendeva gli altri più amareggiati contro di Lui. La risurrezione di Lazzaro dai morti fissò la determinazione nei cuori degli ebrei non credenti di ucciderlo. Il Giudizio rivelerà il fatto che chiunque nella durezza di cuore ha rifiutato il Signore, lo ha fatto di fronte alla rivelazione della Sua misericordia.

Il proposito di Dio con il Faraone 

“Poi l’Eterno disse a Mosè: «Levati al mattino presto, presentati davanti al Faraone e digli: Così dice l’Eterno, il DIO degli Ebrei: Lascia andare il mio popolo, perché mi possa servire.Poiché questa volta manderò tutte le mie piaghe proprio su di te, sui tuoi servi e sul tuo popolo, affinché tu conosca che non c’è nessuno simile a me su tutta la terra. Infatti se io ora avessi steso la mia mano e avessi percosso di peste te e il tuo popolo, tu saresti stato cancellato dalla terra. Ma, proprio per questa ragione, ti ho risparmiato, per mostrarti la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato su tutta la terra»” {Esodo 9: 13-16}.

La traduzione ancora più letterale dell’ebraico da parte del Dr. Kalisch, recita così: “Poiché ora avrei potuto stendere la mano e avrei potuto colpire te e il tuo popolo con la peste; e tu saresti stato tagliato fuori dalla terra. Ma solo per questo perché ti ho lasciato esistere, per mostrarti la mia potenza e affinché il mio nome sia riconosciuto in tutta la terra». Un confronto ravvicinato mostrerà che questa idea è espressa nella versione riveduta, come citata sopra, ma non così chiaramente. Non è il caso, come troppo spesso si suppone alla leggera, che Dio abbia creato il faraone con il preciso scopo di scatenare la Sua vendetta su di lui. Una tale idea è molto disonorevole per il carattere del Signore. Ma la vera idea è che Dio avrebbe potuto tagliare fuori il faraone all’inizio, e quindi liberare il Suo popolo senza alcun ritardo. Ciò, tuttavia, non sarebbe stato in linea con il corso invariabile del Signore, che è quello di dare a ogni uomo un’ampia opportunità di pentirsi. Dio aveva sopportato a lungo l’ostinazione del Faraone, e ora proponeva di inviare giudizi più severi; eppure gli dà un giusto avvertimento, affinché possa allontanarsi ancora dalla sua malvagità. Dio aveva tenuto in vita Faraone e aveva tardato a mandare su di lui i Suoi più severi giudizi, per mostrargli il Suo potere. Ma la potenza di Dio si stava manifestando in quel momento per la salvezza del Suo popolo, e la potenza di Dio per la salvezza è il Vangelo. Perciò Dio manteneva in vita Faraone, nonostante la sua testardaggine, per dargli ampia possibilità di apprendere il Vangelo. Quel Vangelo era tanto potente per salvare il Faraone quanto lo era per salvare gli Israeliti. Le interpretazioni rivedute sono state usate perché sono più chiare di quelle della versione comune, e non perché la stessa verità non sia esposta in ognuna. Prendete la traduzione comune: “Ma, proprio per questa ragione, ti ho risparmiato, per mostrarti la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato su tutta la terra” {Esodo 9: 16}, e concedi che si riferisca alla condotta del Faraone al trono. Anche allora è ben lontana dal mostrare che Dio lo ha suscitato allo scopo di affliggerlo e ucciderlo. Il testo dice che aveva lo scopo di mostrare la potenza di Dio e di far conoscere il Suo nome in tutta la terra. Per dedurre che Dio può mostrare la Sua potenza e fare conoscere il Suo nome solo per la distruzione degli uomini, è disonorante per Lui e contrario al Vangelo. “Perché la sua benignità dura in eterno” {1Cronache 16: 34}.

Dichiarare il nome del Signore

Lo scopo di Dio era che il Suo nome fosse proclamato in tutta la terra. Questo è ciò che avvenne, poiché leggiamo che quarant’anni dopo il popolo di Canaan fu terrorizzato all’avvicinarsi degli Israeliti, perché si ricordarono di ciò che Dio aveva fatto liberandoli dall’Egitto. Ma lo scopo di Dio sarebbe stato realizzato lo stesso se Faraone avesse ceduto ai desideri del Signore. Supponiamo che il faraone avesse riconosciuto il Signore e avesse accettato il Vangelo che gli era stato predicato: quale sarebbe stato il risultato? Avrebbe fatto come Mosè e avrebbe scambiato il trono d’Egitto con l’obbrobrio di Cristo e un posto nell’eredità eterna. E così sarebbe stato un agente potentissimo nel dichiarare il nome del Signore in tutta la terra. Il fatto stesso dell’accettazione del Vangelo da parte di un re potente avrebbe reso noto il potere del Signore con la stessa efficacia delle piaghe. E lo stesso Faraone, da persecutore del popolo di Dio, avrebbe potuto, come Paolo, diventare predicatore della fede. Triste a dirsi, non conosceva il giorno della sua visita.

Un Vangelo mondiale

Presta particolare attenzione al fatto che lo scopo di Dio era che il suo nome deve essere proclamato in tutta la terra. Questa faccenda non doveva essere fatta in un angolo. La liberazione dall’Egitto non fu qualcosa che riguardò solo poche persone in una parte della terra. Doveva essere “una grande gioia che tutto il popolo avrà” {Luca 2: 10}. Secondo la promessa fatta ad Abramo, Dio liberava i figli d’Israele dalla schiavitù, ma la liberazione non avveniva solo per loro. Attraverso la loro liberazione il Suo nome e il Suo potere sarebbero stati resi noti fino alle estremità della terra.

Il lavoro ancora da fare

Il tempo della promessa che Dio aveva fatto ad Abramo si stava avvicinando; ma poiché quella promessa comprendeva tutta la terra, era necessario che il Vangelo fosse proclamato in modo altrettanto esteso. I figli d’Israele erano gli agenti scelti da Dio per compiere quest’opera. Attorno a loro, come nucleo, doveva centrarsi il regno di Dio. Il fatto che si siano dimostrati infedeli alla loro fiducia, ha solo ritardato, ma non ha cambiato il piano di Dio. Sebbene non riuscissero a proclamare il nome del Signore, e persino lo negassero, Dio disse: “Ma, come è vero che io vivo, tutta la terra sarà ripiena della gloria dell’Eterno” {Numeri 14: 21}. “E questo evangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo in testimonianza a tutte le genti, e allora verrà la fine” {Matteo 24: 14}.

CAPITOLO 17 – SALVATO DALLA VITA

Di Mosè leggiamo: “Per fede lasciò l’Egitto senza temere l’ira del re, perché rimase fermo come se vedesse colui che è invisibile. Per fede celebrò la Pasqua e fece l’aspersione del sangue, affinché colui che distruggeva i primogeniti non toccasse quelli d’Israele” {Ebrei 11: 27-28}. Non fu all’inizio, quando fuggì spaventato, che Mosè abbandonò Egitto nella fede, ma quando uscì dopo aver celebrato la pasqua. Allora l’ira del re non era nulla per lui, perché “ha sopportato come vedendo Colui che è invisibile”. Era sotto la protezione del Re dei re. Sebbene questo testo parli solo di Mosè, non è necessario supporre che fosse l’unico dei figli d’Israele ad avere fede; poiché nel versetto successivo dell’intera compagnia si leggeva che “Per fede passarono il Mar Rosso” {Ebrei 11: 29}. Ma anche se fosse vero che solo Mosè di tutta la compagnia lasciò l’Egitto per fede, quel fatto dimostrerebbe che tutti avrebbero dovuto lasciarlo allo stesso modo e che l’intera liberazione fu un’opera di fede.

“Ecco il tuo Dio”

“Sopportò come vedendo Colui che è invisibile”. Mosè visse nello stesso modo in cui vivono i veri cristiani di oggi. Ecco il parallelo: “Benedetto sia il Dio e Padre del Signor nostro Gesù Cristo, il quale nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, a una viva speranza per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per un’eredità incorruttibile, incontaminata e immarcescibile, conservata nei cieli per voi che dalla potenza di Dio mediante la fede siete custoditi, per la salvezza che sarà prontamente rivelata negli ultimi tempi. A motivo di questo voi gioite anche se al presente, per un po di tempo, dovete essere afflitti da varie prove, affinché la prova della vostra fede, che è molto più preziosa dell’oro che perisce anche se vien provato col fuoco, risulti a lode, onore e gloria nella rivelazione di Gesù Cristo, che, pur non avendolo visto, voi amate e, credendo in lui anche se ora non lo vedete, voi esultate di una gioia ineffabile e gloriosa, ottenendo il compimento della vostra fede, la salvezza delle anime” {1 Pietro 1: 3-9}. A noi arriva il messaggio speciale, da obbedire e poi dare alla gente. “Ecco il vostro Dio!” {Isaia 40: 9}.

Un solo capo: Cristo

Mosè e i figli d’Israele furono chiamati alla stessa eredità che è riservata a noi. La promessa era per loro in Cristo, così come per noi. Era un’eredità da guadagnare solo con la fede in Cristo, e quella fede doveva essere tale da rendere Cristo una presenza reale, personale, sebbene invisibile. Inoltre, la base della fede e della speranza era la risurrezione di Gesù Cristo dai morti. Cristo allora, come adesso, era il capo della chiesa. La vera chiesa non ha e non ha mai avuto altro che un capo invisibile. “Il Santo di Israele” è stato dato per essere “un capo e un comandante del popolo” {Isaia 55: 4}, anni prima che Egli nascesse bambino a Betlemme. Vediamo quindi che la fede personale in Cristo fu la base della liberazione di Israele dall’Egitto. Questo è stato mostrato nell’istituzione della Pasqua. Le cose erano allora entrate in crisi. Il faraone aveva persistito nella resistenza ostinata finché la misericordia del Signore non ebbe alcun effetto su di lui. Che il Faraone avesse agito deliberatamente e avesse peccato contro la luce, è dimostrato dalla sua stessa dichiarazione dopo che le locuste erano state inviate. Allora il Faraone chiamò in fretta Mosè e Aaronne e disse: «Io ho peccato contro l’Eterno, il vostro DIO, e contro voi. Ma ora ti prego, perdona il mio peccato ancora una volta; e supplicate l’Eterno, il vostro DIO, perché soltanto allontani da me questo flagello mortale” {Esodo 10: 16-17}. Era giunto a riconoscere il Signore e sapeva che la ribellione contro di lui era un peccato, ma non appena ci fu tregua fu più ostinato che mai. Rifiutò definitivamente e completamente tutte le avances del Signore, e ora non gli restava altro che eseguire su di lui un giudizio tale da costringerlo a desistere dalla sua oppressione e lasciare andare Israele.

La prima Pasqua

Era l’ultima notte che i figli d’Israele dovevano trascorrere in Egitto. Il Signore stava per portare il Suo ultimo grande giudizio sul re e sul popolo, nella distruzione dei primogeniti. I figli d’Israele furono incaricati di prendere un agnello “senza difetto”, e di ucciderlo la sera, e di mangiarne la carne. “Prenderanno quindi del sangue e lo metteranno sui due stipiti e sull’architrave delle case dove lo mangeranno. In quella notte io passerò per il paese d’Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d’Egitto, tanto uomo che bestia, e farò giustizia di tutti gli dei d’Egitto. Io sono l’Eterno. E il sangue sarà un segno per voi sulle case dove siete; quando io vedrò il sangue passerò oltre e non vi sarà piaga su di voi per distruggervi, quando colpirò il paese d’Egitto” {Esodo 12: 7, 12-13}.

Solo un segno

Solo uno schizzo del sangue di quell’agnello non li avrebbe salvati, e lo sapevano bene. Il Signore disse loro che era solo un segno. Era semplicemente un segno della loro fede in ciò che rappresentava, vale a dire, “col prezioso sangue di Cristo, come di Agnello senza difetto e senza macchia” {1 Pietro 1: 19}. Per “la nostra pasqua infatti, cioè Cristo, è stata immolata per noi” {1 Corinzi 5: 7}. Il sangue dell’agnello era quindi solo un segno del sacrificio dell’Agnello di Dio; e proprio questo capiva, “come se vedesse colui che è invisibile” {Ebrei 11: 27}.

Il Sangue è la Vita

“Poiché la vita della carne è nel sangue” {Levitico 17: 11}. “Lui ha Dio preordinato per far l’espiazione mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare così la sua giustizia per il perdono dei peccati, che sono stati precedentemente commessi durante il tempo della pazienza di Dio” {Romani 3: 25}. Dio passa sopra i peccati, non perché Si comprometta con essi, ma perché “il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato” {1 Giovanni 1: 7}. La vita di Cristo è la giustizia di Dio, perché dal cuore procedono le sorgenti della vita, e la legge di Dio era nel Suo cuore come perfetta giustizia. L’applicazione del sangue o la vita di Cristo, è dunque l’applicazione della vita di Dio in Cristo; e questo è togliere il peccato.

La vita della giustizia

L’aspersione del sangue sugli stipiti delle porte significava ciò che fu detto in seguito: “Ascolta, Israele: l’Eterno, il nostro DIO, l’Eterno è uno. Tu amerai dunque Eterno, il tuo DIO, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta a tua forza. E queste parole che oggi ti comando rimarranno nel tuo cuore; e inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando sei seduto in casa tua, quando cammini per strada, quando sei coricato e quando ti alzi. Le legherai come un segno alla mano, saranno come fasce tra gli occhi, e le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte” {Deuteronomio 6: 4-9}. La giustizia della legge di Dio si trova solo nella vita di Cristo. Può essere nel cuore solo come la vita di Dio in Cristo è nel cuore, per purificarlo da ogni peccato. Mettere il sangue sugli stipiti della porta della casa equivaleva a scrivere la legge di Dio sugli stipiti della casa e sui cancelli; e non indicava nient’altro che dimorare in Cristo, essere circondati dalla Sua vita.

La vita invincibile di Cristo

Cristo è il Figlio di Dio, la cui delizia è stata trovata nel fare la volontà del Padre. Poiché Egli era la Pasqua dei figli d’Israele in Egitto, quindi Egli è nostro, perché la Sua vita è eterna e indistruttibile, e coloro che vi dimorano mediante la fede ne condividono la salvezza. Nessun uomo né diavolo potrebbe togliergli la vita; e il Padre Lo amava e non desiderava togliergli la vita. Lo depose di Sua spontanea volontà e Lo riprese di nuovo. L’ha deposto perché potessimo prenderlo, e Lo ha preso di nuovo, perché potesse portarci con Sé. Il dimorare in Lui, quindi, che era indicato dall’aspersione del sangue sugli stipiti della porta, significa essere liberati dal peccato, e quindi essere salvati dall’ira di Dio che viene sui figli della disobbedienza.

Sempre lo stesso 

“Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno” {Ebrei 13: 8}. La fede nel Suo sangue, che era rappresentata dall’aspersione del sangue dell’agnello sulle porte delle case, compie oggi lo stesso risultato di sempre. Quando celebriamo la Cena del Signore, che fu istituita al tempo della Pasqua in cui Cristo fu tradito e crocifisso, celebriamo la stessa cosa che fecero gli Israeliti in Egitto. Erano ancora in Egitto quando celebrarono quella prima Pasqua. Era un atto di fede, che mostrava la loro fiducia in Cristo come loro Liberatore. Così noi, attraverso il sangue dell’alleanza, mostriamo la nostra fede nel potere della sua vita per preservarci dal peccato e dalla distruzione che sta arrivando sulla terra a causa del peccato. In quel giorno il Signore risparmierà coloro la cui vita è nascosta con Cristo in Dio, “e li risparmierò, come un uomo risparmia il figlio che lo serve” {Malachia 3: 17}. E sarà per lo stesso motivo, perché Dio risparmia il proprio Figlio e gli uomini sono risparmiati in Lui.

L’ultima Pasqua

Quando Cristo celebrò l’ultima Pasqua con i Suoi discepoli, disse: “Ho grandemente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi prima di soffrire; poiché io vi dico che non ne mangerò più, finché abbia compimento nel regno di Dio» {Luca 22: 15-16}. Signore per punire i malvagi e per liberare il Suo popolo. Così ci viene detto: “Poiché ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga” {1 Corinzi 11: 26}. La morte di Cristo non è nulla senza la risurrezione; e la risurrezione di Cristo significa semplicemente la risurrezione di tutti coloro le cui vite sono nascoste nella Sua vita. È mediante la Sua risurrezione che si genera una viva speranza dell’eredità incorruttibile, immacolata e che non svanisce; e la stessa fede e speranza, afferrando la stessa eredità, fu mostrata dal vero Israele in Egitto. L’eredità che cerchiamo è quella che è riservata in cielo; e l’eredità promessa ad Abramo, Isacco e Giacobbe, alla quale Dio era pronto a condurre i figli d’Israele, era “un paese migliore, cioè un paradiso”.

La nostra unione con Israele

“L’aspersione del sangue” (cfr. Esodo 12: 5-14; Ebrei 11: 27-28; Ebrei 12: 24; e 1 Pietro 1: 2-10) è il grande legame che ci unisce nella nostra esperienza cristiana con antico Israele. Mostra che la liberazione che Dio stava operando per loro è identica a quella che ora sta operando per noi. Ci unisce a loro nell’unico Signore e nell’unica fede. Cristo era realmente presente con loro come Lo è con noi. Potrebbero sopportare di vedere Colui che è invisibile, e noi non possiamo fare di più. Egli “è stato ucciso fin dalla fondazione del mondo” {Apocalisse 13: 8}, e perciò risuscitò dalla fondazione del mondo, affinché tutti i benefici della Sua morte e risurrezione potessero essere compresi da loro come da noi. E la liberazione che stava operando per loro era molto reale. La loro speranza era nella venuta del Signore per risuscitare i morti, e quindi per completare la liberazione, e noi abbiamo la stessa beata speranza. Prendiamo ammonimento dai loro successivi fallimenti e “riteniamo ferma fino alla fine la fiducia che avevamo al principio” {Ebrei 3: 14}. Da questo punto in poi, il nostro cammino sarà molto più semplice, perché ad ogni passo vedremo chiaramente che stiamo solo studiando i rapporti di Dio con il Suo popolo nel piano di salvezza, e stiamo imparando il Suo potere di salvare e portare avanti l’opera di proclamare il vangelo. “Infatti tutte le cose che furono scritte in passato furono scritte per nostro ammaestramento, affinché mediante la perseveranza e la consolazione delle Scritture noi riteniamo la speranza” {Romani 15: 4}

CAPITOLO 18 – LA LIBERAZIONE FINALE

Leggiamo in breve la storia della liberazione di Israele, come registrata dall’ispirazione.

“Perciò avvenne che a mezzanotte l’Eterno colpì tutti i primogeniti nel paese di Egitto. dal primogenito del Faraone che sedeva sul suo trono, al primogenito del prigioniero che era in carcere, e tutti i primogeniti del bestiame. Così il Faraone si alzò di notte, lui con tutti i suoi servi e tutti gli Egiziani; e vi fu un grande grido in Egitto, perché non c’era casa dove non vi fosse un morto. Allora egli chiamò Mosè ed Aaronne di notte e disse: «Alzatevi e partite di mezzo al mio popolo, voi e i figli d’Israele; e andate a servire l’Eterno. come avete detto. Prendete le vostre greggi e i vostri armenti, come avete detto, e andate; e benedite anche me!». E gli Egiziani sollecitavano il popolo per affrettarne la partenza dal paese, perché dicevano: «Moriremo tutti quanti». Il popolo portò via la sua pasta prima che fosse lievitata; avvolse le sue madie nei suoi vestiti e se le mise sulle spalle. Or i figli d’Israele fecero come aveva detto Mosè e chiesero agli Egiziani degli oggetti d’argento, degli oggetti d’oro e dei vestiti; e l’Eterno fece entrare i popolo nelle grazie agli occhi degli Egiziani, che diedero loro quel che chiedevano, così spogliarono gli Egiziani. I figli d’Israele partirono da Ramses per Sukkoth, in numero di circa seicentomila uomini a piedi, senza contare i fanciulli. E con loro salì pure un gran miscuglio di gente, assieme ai greggi ed armenti, una grande quantità di bestiame” {Esodo 12: 29-38}.

La tenera premura di Dio

“Quando il Faraone lasciò andare il popolo DIO non lo condusse per la via del paese dei Filistei, benché fosse la più breve poiché DIO disse: «Perché il popolo non si penta quando vedrà la guerra e non ritorni in Egitto». Ma DIO fece fare al popolo un giro, per la via del deserto, verso il Mar Rosso. E i figli d’Israele salirono armati dal paese d’Egitto” {Esodo 13: 17-18}.

“Così essi partirono da Sukkoth e si accamparono a Etham, ai margini del deserto. E l’Eterno andava davanti a loro, di giorno in una colonna di nuvola per guidarli nella via, e di notte in una colonna di Fuoco per Far loro luce, affinché potessero camminare giorno e notte. La colona di nuvola non si ritirava mai davanti al popolo di giorno, né la colonna di fuoco di notte”. {Esodo 13: 20-22}.

“Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: «Di’ ai figli d’Israele che tornino indietro e si accampino di fronte a Pi-Hahiroth, fra Migdol e i mare, di fronte a Baal-Tsefon; accampatevi davanti a quel luogo presso il mare». Il Faraone dirà allora dei figli d’Israele: «Essi stanno vagando smarriti nel paese; il deserto li tiene rinchiusi». E io indurirò il cuore del Faraone, ed egli li inseguirà; ma io trarrò gloria dal Faraone e da tutto il suo esercito, e gli Egiziani sapranno che io sono l’Eterno». Ed essi fecero cosi” {Esodo 14: 1-4}.

L’inseguimento del faraone

“Fu quindi riferito al re d’Egitto che il popolo era fuggito; e il cuore del Faraone e dei suoi servi mutò nei confronti del popolo, e dissero: «Che abbiamo fatto a lasciare andare Israele dal nostro servizio?». Così il Faraone fece preparare il suo carro e prese con sé il suo popolo. Prese anche seicento carri scelti e tutti i carri d’Egitto, con dei guerrieri su ognuno di essi. E l’Eterno indurì il cuore del Faraone, re d’Egitto, ed egli inseguì i figli d’Israele, che uscivano pieni di baldanza. Gli Egiziani li inseguirono; e tutti i cavalli, i carri del Faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito li raggiunsero quando erano accampati presso il mare, vicino a Pi-Hahiroth, di fronte a Baal-Tsefon” {Esodo 14: 5-9}.

I timori di Israele si placarono

“Mentre il Faraone si avvicinava, i figli d’Israele alzarono gli occhi; ed ecco, gli Egiziani marciavano dietro loro, per cui ebbero una gran paura; e i figli d’Israele gridarono all’Eterno, e dissero a Mosè: «E’ perché non c’erano tombe in Egitto, che ci hai condotti a morire nel deserto? Perché hai fatto questo con noi, di farci uscire dall’Egitto? Non era forse questo che ti parlavamo in Egitto, dicendoti: «lasciaci stare, cosi potremo servire gli Egiziani”? Poiché sarebbe stato meglio per noi servire gli Egiziani che morire nel deserto». Ma Mosè disse al popolo: «Non temete, state fermi e vedrete la liberazione dell’Eterno, che egli compirà oggi per voi; poiché gli Egiziani che oggi vedete, non li vedrete mai più. L’Eterno combatterà per voi, e voi ve ne starete tranquilli»” {Esodo 14:10-14}.

Le lezioni da imparare

Tutti conoscono come vennero liberati; al comando del Signore il mare tornò indietro e lasciò un passaggio in mezzo a sé, così che i figli d’Israele passarono a piedi asciutti, e quando gli egiziani tentarono di fare la stessa cosa, il mare si precipitò indietro e li inghiottì. “Quando Israele uscì dall’Egitto e la casa di Giacobbe da un popolo di lingua straniera, Giuda divenne il suo santuario e Israele il suo dominio. Il mare lo vide e fuggì, il Giordano tornò indietro” {Salmi 114: 1-3}. “Per fede passarono il Mar Rosso come se attraversassero una terra asciutta, quando invece gli Egiziani tentarono di fare ciò, furono inghiottiti” {Ebrei 11: 29}. Notiamo alcune lezioni che dobbiamo imparare da questa storia.

Dio, il Leader di Israele

Era Dio a condurre il popolo. “E avvenne che quando Faraone lasciò andare il popolo, Dio non li condusse per la via del paese dei Filistei”. Mosè non sapeva più cosa fare o quale via prendere, solo come il Signore gli diceva. Dio poteva parlare a Mosè perché “Mosè era fedele in tutta la sua casa”. Quando il popolo mormorava, stava mormorando contro Dio, invece che contro Mosè. Quando dicevano a Mosè: “Perché ci hai fatto uscire dall’Egitto?” negavano realmente l’azione di Dio nella questione, anche se sapevano bene che era Dio che aveva mandato Mosè a loro.

Al primo segnale di pericolo, la fede del popolo svanì. Dimenticarono ciò che Dio aveva già fatto per loro e quanto potentemente aveva operato per la loro liberazione. L’ultima sentenza contro gli Egiziani avrebbe dovuto essere sufficiente di per sé per insegnare loro a fidarsi del Signore, che era abbondantemente capace di salvarli da quegli Egiziani che erano ancora vivi.

Israele non deve combattere

Dio non ha voluto che il popolo combattesse. Lo condusse attraverso il deserto, affinché non vedesse la guerra. Eppure sapeva che se avesse seguito la strada che aveva intrapreso, gli Egiziani li avrebbero sicuramente inseguiti. I figli d’Israele non ebbero mai bisogno di combattere come quando gli Egiziani li accerchiarono presso il Mar Rosso; eppure la parola fu: “L’Eterno combatterà per voi, e voi ve ne starete tranquilli” {Esodo 14: 14}.

Si potrebbe dire che il motivo per cui il Signore non voleva che vedessero la guerra era perché erano ancora impreparati a combattere; ma dobbiamo ricordare che in altre occasioni, quando avevano molti guerrieri addestrati, Dio li ha spesso liberati senza che essi battessero un colpo. Quando consideriamo le circostanze della loro liberazione dall’Egitto – come tutto ciò sia stato compiuto dalla diretta potenza di Dio, senza alcun potere umano, essendo la loro parte solo quella di seguire e obbedire alla Sua parola dobbiamo convincerci che non era secondo il piano di Dio che essi combattessero, anche per autodifesa.

Dio conduce anche nelle Difficoltà

Dobbiamo anche imparare che la via più breve e apparentemente più semplice non è sempre la migliore. Il percorso attraverso la terra dei Filistei era il più corto, ma non era il migliore per gli Israeliti da prendere. Il fatto che entriamo in luoghi difficili, dove non riusciamo a vedere la nostra via d’uscita, non è una prova che Dio non ci abbia guidato. Dio condusse i figli d’Israele in quel luogo angusto nel deserto, tra le montagne e il mare, proprio come li fece uscire dall’Egitto. Sapeva che non potevano evitare una simile trappola, e li condusse lì deliberatamente, in modo che potessero vedere come mai prima che era Dio stesso il responsabile della loro sicurezza, e che era pienamente in grado di svolgere il compito che aveva intrapreso. I loro guai avevano lo scopo di dare loro un’ineffabile lezione di fiducia in Dio.

Non siamo i loro giudici

Infine, dobbiamo imparare a non condannarli per la loro incredulità. “Perciò, o uomo, chiunque tu sia che, giudichi, sei inescusabile perché in quel che giudichi l’altro, condanni te stesso, poiché tu che giudichi fai le medesime cose” {Romani 2: 1}. Quando li condanniamo per non aver creduto nel Signore, dimostriamo di sapere che non ci sono scuse per i nostri mormorii e timori. Abbiamo tutte le prove del potere di Dio che avevano, e molto altro ancora. Se possiamo vedere chiaramente quanto fosse stolto il loro timore e quanto malvagio il loro mormorio, allora badiamo a non mostrarci ancora più stolti e malvagi.

La seconda volta

C’è un’altra lezione che dobbiamo notare a questo proposito, ed è di così grande importanza che occorre richiamarvi un’attenzione speciale, perché comprende tutte le altre. Lo apprendiamo dall’undicesimo capitolo di Isaia. Quel capitolo racconta in poche parole l’intera storia del Vangelo, dalla nascita di Cristo fino alla liberazione finale dei santi nel regno di Dio, e la distruzione dei malvagi. “Poi un ramoscello uscirà dal tronco di Isai e un germoglio spunterà dalle sue radici. Lo Spirito dell’Eterno riposerà su lui: spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di potenza, spirito di conoscenza e di timore dell’Eterno. Il suo diletto sarà nel timore dell’Eterno, non giudicherà secondo le apparenze, non darà sentenze per sentito dire, ma giudicherà i poveri con giustizia e farà decisioni eque per gli umili del paese. Colpirà il paese con la verga della sua bocca e col soffio delle sue labbra farà morire l’empio” {Isaia 11:1-4}. Confronta la prima parte di quanto sopra con {Luca 4: 16-18}, e l’ultima parte con {Apocalisse 19: 11-21}, e vedremo che ci porta alla distruzione dei malvagi. Copre l’intero giorno della salvezza. “In quel giorno avverrà che la radice di Isai si ergerà come una bandiera per i popoli; le nazioni lo cercheranno, e il luogo del suo riposo, sarà glorioso. In quel giorno avverrà che il Signore stenderà la sua mano una seconda volta per riscattare il residuo del suo popolo superstite dall’Assiria e dall’Egitto, da Pathros e dall’Etiopia, da Elam, da Scinar e da Hamath e dalle isole del mare.Egli alzerà il vessillo per le nazioni, raccoglierà gli espulsi d’Israele e radunerà i dispersi di Giuda dai quattro angoli della terra” {Isaia 11: 10-12}.

Una liberazione completa

Anche qui abbiamo la liberazione del popolo di Dio portata in scena. È la seconda volta che Dio Si mette all’opera, e questa volta sarà un successo. La prima volta Si mise all’opera ai giorni di Mosè; ma il popolo non entrò a causa dell’incredulità. La seconda volta avrà come risultato la salvezza eterna del Suo popolo. Nota che il raduno finale del Suo popolo avviene per mezzo di Cristo, che è il vessillo delle nazioni; poiché Dio sta visitando i Gentili per trarne un popolo per il Suo nome. Devono essere raccolti “dai quattro angoli della terra”; poiché “Ed egli manderà i suoi angeli con un potente suono di tromba, ed essi raccoglieranno i suoi eletti dai quattro venti, da una estremità dei cieli all’altra” {Matteo 24: 31}. Che questa liberazione avverrà negli ultimi giorni, anche alla fine del tempo, è evidente dal fatto che Egli raduna “il rimanente” del Suo popolo, cioè proprio l’ultimo di loro. E ora notate questa promessa e promemoria: “Vi sarà una strada per il residuo del suo popolo rimasto in Assiria, come ce ne fu una per Israele il giorno che uscì dal paese d’Egitto” {Isaia 11: 16}.

Quando iniziò l’opera di liberazione

Tenete a mente il fatto che l’opera di liberare Israele dall’Egitto iniziò molto prima del giorno in cui essi lasciarono quella terra. Cominciò lo stesso giorno in cui Mosè raggiunse l’Egitto e cominciò a parlare al popolo del proposito di Dio di adempiere la promessa fatta ad Abramo. Tutta la manifestazione della potenza di Dio in Egitto, che non era altro che l’annuncio del Vangelo, faceva parte dell’opera di liberazione. Così avverrà il giorno in cui il Signore porrà la mano per la seconda volta per liberare il resto del suo popolo. Quel giorno è adesso, perché “…Ecco ora il tempo accettevole, ecco ora il giorno della salvezza” {2 Corinzi 6: 2}, “e così tutto Israele sarà salvato come sta scritto: «Il liberatore verrà da Sion, e rimuoverà l’empietà da Giacobbe»” {Romani 11: 26}. L’opera di liberare il popolo di Dio dalla schiavitù del peccato è la stessa della liberazione finale. Quando il Signore verrà la seconda volta Egli “il quale trasformerà il nostro umile corpo, affinché sia reso conforme al suo corpo glorioso, secondo la sua potenza che lo mette in grado di sottoporre a sé tutte le cose” {Filippesi 3: 21}. Il potere mediante il quale i nostri corpi saranno trasformati, il potere della risurrezione è il potere mediante il quale i nostri peccati sono sottomessi e siamo liberati dal loro controllo. È con lo stesso potere che è stato mostrato nella liberazione di Israele dall’Egitto. “Infatti io non mi vergogno dell’evangelo di Cristo, perché esso è la potenza di Dio per la salvezza, di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco” {Romani 1: 16}. Chi vuole sapere quanto è grande questo potere, non ha che da guardare alla liberazione di Israele dall’Egitto, e alla divisione del Mar Rosso, per vederne un esempio pratico. Questa è la forza che accompagnerà la predicazione del Vangelo completo fino alla venuta del Signore Gesù.

CAPITOLO 19 – IL CANTO DELLA LIBERAZIONE 

“Allora Mosè e i figli d’Israele cantarono questo cantico all’Eterno e parlarono dicendo: «Io canterò all’Eterno, perché si è grandemente esaltato; ha precipitato in mare cavallo e cavaliere.

L’Eterno è la mia forza e il mio cantico, ed è stato la mia salvezza. Questo è il mio Dio, io lo glorificherò; è il DIO di mio padre io lo esalterò.

L’Eterno è un guerriero, il suo nome è l’Eterno.

Egli ha gettato in mare i carri del Faraone e il suo esercito, e i suoi migliori guerrieri sono stati sommersi nel Mar Rosso.

Gli abissi li coprono; sono andati a fondo come una pietra.

La tua destra, o Eterno, mirabile nella sua potenza. La tua destra, o Eterno, frantuma i nemici.

Con la grandezza della tua maestà, tu rovesci quelli che si levano contro di te; tu mandi fuori la tua ira, essa li consuma come stoppia.

Al soffio delle tue narici le acque si sono ammucchiate, le onde si sono alzate come un muro i flutti si sono assodati nel cuore del mare.

Il nemico diceva: «Inseguirò, raggiungerò, dividerò le spoglie, la mia brama si sazierà su di loro; sguainerò la mia spada, la mia mano li sterminerà». Ma tu hai mandato fuori il tuo soffio e il mare li ha ricoperti; sono andati come piombo nelle potenti acque.

Chi è pari a te fra gli dei, o Eterno? Chi è pari a te, mirabile nella santità, maestoso nelle lodi, o operatore di prodigi?

Tu hai steso la destra, la terra li ha inghiottiti. Nella tua misericordia, hai guidato il popolo che hai riscattato; con la tua forza lo hai condotto verso la tua santa dimora. I popoli l’hanno udito e tremano. L’angoscia ha colto gli abitanti della Filistia. Già sono smarriti i capi di Edom, i potenti di Moab sono presi da tremore, tutti gli abitanti di Canaan si struggono.

Spavento e terrore piomberà su di loro. Per la forza del tuo braccio diventeranno immobili come una pietra, finché il tuo popolo, o Eterno, sia passato, finché sia passato il popolo che tu hai acquistato.

Tu li introdurrai e li pianterai sul monte della tua eredità, il luogo che hai preparato, o Eterno, per tua dimora, il santuario che le tue mani, o Signore, hanno stabilito»” {Esodo 15: 1-18}. Ora vediamo quali istruzioni, incoraggiamenti e speranza ci sono in questo racconto per noi.

La forza di Israele.

  • Il potere con cui il Mar Rosso fu diviso e il popolo attraversò in salvo, era il potere con cui i loro nemici dovevano essere trattenuti dall’attaccarli (Confronta Esodo 15: 14-16 e Giosuè 2: 9-11). Se fossero andati avanti con la fede che avevano al momento della loro liberazione, non ci sarebbe stato bisogno di combattere. Nessun nemico avrebbe osato attaccarli. Ora possiamo vedere perché il Signore li guidò in quel modo. Con un ultimo atto di liberazione Egli progettò di insegnare loro a non avere mai paura dell’uomo.
  • Con questo stesso potere dovevano far conoscere il nome del Signore per predicare il Vangelo del regno in tutta la terra, in preparazione alla fine. Quello era un lavoro che dovevano compiere prima che la promessa potesse essere completamente adempiuta. Se avessero mantenuto la fede, non ci sarebbe voluto molto per completare l’opera.

Eterna Liberazione

  • Lo scopo della loro liberazione era che fossero portati e posti sul monte dell’eredità del Signore, una terra tutta loro, dove potessero dimorare per sempre al sicuro. Questo non si era adempiuto ai giorni del re Davide, anche quando il suo regno era al culmine; poiché fu al tempo in cui ebbe riposo da tutti i suoi nemici e si propose di costruire un tempio per il Signore, che il Signore gli disse: “«Assegnerò un posto ad Israele mio popolo, e ve lo pianterò perché dimori in casa sua e non sia piú disturbato, e i malvagi non continuino ad opprimerlo come nel passato»” {2 Samuele 7: 10} (Confronta questo anche con Luca 1: 67-75).

La dimora di Dio

  • Il piano di Dio per liberare Israele dall’Egitto era così esposto nel canto ispirato: “Tu li introdurrai e li pianterai sul monte della tua eredità, il luogo che hai preparato, o Eterno, per tua dimora, il santuario che le tue mani, o Signore, hanno stabilito” {Esodo 15: 17}. Nessuno può costruire una dimora per il Signore, perché “l’Altissimo non abita in templi fatti da mani d’uomo” {Atti 7: 48}. “Il trono del Signore è nei cieli” {Salmi 11: 4}. Il vero santuario, la vera dimora di Dio, “che il Signore ha piantato, e non un uomo” {Ebrei 11: 10, 4}, è in cielo, sul monte Sion. Ciò è in armonia con la promessa fatta ad Abramo, Isacco e Giacobbe, e che li ha portati a considerarsi stranieri su questa terra, e a cercare un paese celeste e “una città che abbia fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio”. Si sarebbe adempiuto rapidamente se i figli d’Israele avessero conservato la fede del loro canto.

Il braccio del Signore

  • Fu al braccio del Signore che Mosè attribuì la liberazione. Ma il braccio del Signore, che fece uscire dall’Egitto l’antico Israele e attraversò il Mar Rosso, quel braccio potente che teneramente raccoglie gli agnelli e che il profeta invoca affinché si alzi in favore del suo popolo negli ultimi giorni {Isaia 2: 9}. e il Braccio che mostra a tutti i confini della terra la salvezza di Dio, {Isaia 3: 9-10}. non è altro che Cristo il Disprezzato e Crocifisso (Vedi Isaia 4). Così anche qui abbiamo un’altra prova che il Vangelo della liberazione dall’Egitto è il Vangelo della liberazione da “questo presente mondo malvagio”, mediante Cristo che “che ha dato sé stesso per i nostri peccati…” {Galati 1: 4}.

Il nostro incoraggiamento

  • La liberazione di Israele dall’Egitto e la divisione del mar Rosso, è l’incoraggiamento del popolo di Dio per gli ultimi giorni del Vangelo, quando la salvezza del Signore è avanti a noi. Queste sono le parole che il Signore insegna al suo popolo a dire: “Risvegliati, risvegliati, rivestiti di forza, o braccio dell’Eterno, risvegliati come nei giorni antichi, come nelle generazioni passate! Non sei tu che hai fatto a pezzi Rahab, che hai trafitto il dragone? Non sei tu che hai prosciugato il mare, le acque del grande abisso, che hai fatto delle profondità del mare una strada, perché i redenti vi passassero? Così i riscattati dall’Eterno torneranno, verranno a Sion con grida di gioia e un’allegrezza eterna coronerà il loro capo; otterranno gioia e letizia, e il dolore e il gemito fuggiranno” {Isaia 51: 9-11}. Se gli antichi Israeliti avessero continuato a cantare e non avessero cessato di mormorare, sarebbero presto giunti a Sion, la città il cui edificatore e creatore è Dio.

In canto finale

  • Quando i redenti del Signore staranno finalmente sul monte Sion, con le arpe di Dio, canteranno il canto di Mosè, servo di Dio, e il canto dell’Agnello, dicendo: “… «Grandi e meravigliose sono le tue opere, o Signore, Dio onnipotente; giuste e veraci sono le tue vie, o Re delle nazioni. Chi non ti temerà, o Signore e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei Santo; certo tutte le nazioni verranno e adoreranno davanti a te, perché tuoi giudizi sono stati manifestati»” {Apocalisse 15: 3-4}. È il canto della liberazione, il canto della vittoria.

Cantare in viaggio

  • Come i figli d’Israele cantarono il canto della vittoria mentre erano sulla riva del Mar Rosso, prima di raggiungere la terra promessa, così i figli di Dio negli ultimi giorni canteranno il canto della vittoria prima di raggiungere la Canaan celeste. Ecco il cantico, e mentre lo leggiamo, confrontalo con la parte iniziale del cantico di Mosè presso il Mar Rosso. Abbiamo già letto che quando il Signore porrà la mano per la seconda volta per recuperare il resto del suo popolo, “Vi sarà una strada per il residuo del suo popolo rimasto in Assiria, come ce ne fu una per Israele il giorno che uscì dal paese d’Egitto” {Isaia 11: 16}. “In quel giorno dirai: “Io ti celebro, o Eterno. Anche se ti eri adirato con me, la tua ira si è calmata e mi hai consolato. Ecco, Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia e non avrò paura, perché l’Eterno, sì, l’Eterno è la mia forza e il mio cantico, ed è stato la mia salvezza”. Voi attingerete con gioia l’acqua dalle fonti della salvezza. In quel giorno direte: «Celebrate l’Eterno, invocate il suo nome, fate conoscere le sue opere tra i popoli, proclamate che il suo nome è eccelso! Cantate lodi all’Eterno, perché ha fatto cose grandiose; questo sia noto in tutta la terra. Grida ed esulta di gioia, o abitatrice di Sion, perché grande è in mezzo a te il Santo d’Israele»” {Isaia 12}.

Questo è il canto con il quale i redenti del Signore devono venire a Sion. È un canto di vittoria, ma ora possono cantarlo, perché “…questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede” {1 Giovanni 5: 4}. “Perciò ogni uomo pio t’invocherà nel tempo che puoi essere trovato, anche se le grandi acque dovessero straripare, esse non giungeranno fino a lui. Tu sei il mio luogo di rifugio, tu mi preserverai dall’avversità, tu mi circonderai di canti di liberazione” {Salmi 32: 6,7}. Se gli uomini non annunciano la salvezza del Signore, non la condividono “I figli del Re celeste devono parlare delle loro gioie all’estero”. Mentre vengono condotti a Sion, imparano il canto che vorranno cantare quando giungono in quel luogo.

CAPITOLO 20 – PANE DAL CIELO

È con il canto che i riscattati del Signore torneranno e verranno a Sion. Il canto della vittoria è una testimonianza della fede, grazie alla quale il giusto vivrà. L’esortazione è: “Non gettate via dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa” {Ebrei 10: 35}. “Noi infatti siamo divenuti partecipi di Cristo, a condizione che riteniamo ferma fino alla fine la fiducia che avevamo al principio” {Ebrei 3: 14}. Gli israeliti avevano cominciato bene. “Per fede passarono il Mar Rosso come se attraversassero una terra asciutta” {Ebrei 11: 29}. Sull’altra sponda avevano cantato il canto della vittoria. È vero, erano ancora nel deserto; del potere di Dio di portarli sani e salvi. Se avessero continuato a cantare quel canto di vittoria, sarebbero presto giunti a Sion.

Memoria corta

Ma non avevano ancora perfettamente imparato la lezione. Potevano confidare nel Signore fin dove potevano vederlo, ma non oltre. I nostri padri “si ribellarono presso il mare, il Mar Rosso.

Ciò nonostante il Signore li salvò per amore del suo nome, per far conoscere la sua potenza. Sgridò il Mar Rosso e si seccò, e li guidò attraverso gli abissi come attraverso un deserto. Li salvò dalla mano di chi li odiava e li riscattò dalla mano del nemico. E le acque ricopersero i loro nemici, e non sopravvisse di loro neppure uno. Allora credettero alle sue parole e cantarono la sua lode. Ben presto però dimenticarono le sue opere e non aspettarono fiduciosi l’adempimento del suo disegno” {Salmi 106: 7-13}. Un viaggio di tre giorni nel deserto senz’acqua è bastato a far loro dimenticare tutto ciò che il Signore aveva fatto per loro. Quando trovarono l’acqua, era così amara che non poterono berla, e allora mormorarono. Questa difficoltà fu facilmente risolta dal Signore: “Così egli gridò all’Eterno; e l’Eterno gli mostrò un segno; egli lo gettò nelle acque, e le acque divennero dolci. Là l’Eterno diede a popolo una legge e un decreto e lo mise alla prova” {Esodo 15: 25}. Accampati presso le palme e i pozzi di Elim, non avevano nulla che li irritasse, così che passò quasi un mese prima che mormorassero di nuovo. Durante quel periodo senza dubbio si sentivano molto soddisfatti di sé stessi e di ciò che li circondava. Ora stavano sicuramente confidando nel Signore! È così facile per noi immaginare che stiamo facendo progressi quando siamo attaccati all’ancora e la marea scorre davanti a noi; così naturale pensare che abbiamo imparato a confidare nel Signore, quando non ci sono prove per mettere alla prova la nostra fede.

Rinnegare il Signore

Non passò molto tempo prima che la gente non solo dimenticasse il potere del Signore, ma erano pronti a negare che avesse mai avuto a che fare con loro. Fu solo un mese e mezzo dopo aver lasciato l’Egitto che giunsero al deserto di Sin, “che è tra Elim e il Sinai”, “E tutta l’assemblea dei figli d’Israele mormorò contro Mosè e contro Aaronne nel deserto. I figli d’Israele dissero loro: «Oh, fossimo pur morti per mano dell’Eterno nel paese d’Egitto, quando sedevamo presso le pentole di carne e mangiavamo pane a sazietà! Poiché voi ci avete condotti in questo deserto per far morire di fame tutta questa assemblea»” {Esodo 16: 2-3}.

La storia della manna 

“L’Eterno disse a Mosè: «Ecco, io farò piovere per voi del pane dal cielo; e il popolo uscirà e raccoglierà ogni giorno la provvista del giorno, perché io lo voglio mettere alla prova per vedere se camminerà o no secondo la mia legge. Ma il sesto giorno, quando prepareranno la provvista che devono portare a casa, essa sarà il doppio di quella che raccolgono giornalmente». Allora Mosè ed Aaronne dissero a tutti i figli d’Israele: «Alla sera voi conoscerete che l’Eterno è colui che vi ha fatto uscire dal paese d’Egitto; e al mattino vedrete la gloria dell’Eterno, poiché egli ha udito le vostre mormorazioni contro l’Eterno; ma noi che cosa siamo perché mormoriate contro di noi?»” {Esodo 16: 4-7}. “Poi lo strato di rugiada scomparve, ed ecco sulla superficie del deserto una cosa fine e tonda, minuta come la brina sulla terra. Quando i figli d’Israele la videro, si dissero l’un l’altro: «Che cos’è?», perché non sapevano che cosa fosse. E Mosè disse loro: «Questo è il pane che l’Eterno vi ha dato da mangiare. Ecco quel che l’Eterno ha comandato: Ne raccolga ognuno quanto gli basta per il suo nutrimento, un omer a testa, secondo il numero delle persone che siete; ognuno ne pigli per quelli che sono nella sua tenda». I figli d’Israele fecero così; gli uni ne raccolsero di più e gli altri di meno.

Lo misurarono con l’omer; or chi ne aveva raccolto molto non n’ebbe troppo; e chi ne aveva raccolto poco non ne mancò. Ognuno ne raccolse in base al suo bisogno di cibo. Poi Mosè disse loro: «Nessuno ne avanzi fino al mattino». Ma essi non ubbidirono a Mosè e alcuni ne avanzarono fino all’indomani; e questo imputridì producendo vermi e mandò fetore; e Mosè si adirò contro costoro. Così lo raccoglievano tutte le mattine: ciascuno in base al suo bisogno di cibo; ma quando il sole si faceva caldo, quello si scioglieva. Così il sesto giorno raccolsero una doppia porzione di pane, due omer per ciascuno. E tutti i capi dell’assemblea vennero a riferirlo a Mosè. Egli allora disse loro: «Questo è ciò che l’Eterno ha detto: Domani è un giorno solenne di riposo, un sabato sacro all’Eterno; fate cuocere oggi quel che dovete cuocere e fate bollire quel che dovete bollire; e tutto quel che vi avanza, riponetelo e conservatelo fino a domani». Essi dunque lo riposero fino all’indomani, come Mosè aveva ordinato; e quello non mandò fetore e non produsse vermi. Mosè disse: «Mangiatelo oggi, perché oggi è il sabato sacro all’Eterno; oggi non ne troverete per i campi. Raccoglietene durante sei giorni; ma nel settimo giorno, il sabato, non ve ne sarà». Or nel settimo giorno avvenne che alcuni del popolo uscirono per raccoglierne, ma non ne trovarono. Allora l’Eterno disse a Mosè: «Fino a quando rifiuterete di osservare i miei comandamenti e le mie leggi? Ricordate che l’Eterno vi ha dato il sabato; per questo nel sesto giorno egli vi dà del pane per due giorni. Rimanga ognuno al suo posto; nessuno esca dalla sua tenda il settimo giorno». Così il popolo si riposò il settimo giorno” {Esodo 16: 14-30}.

Scritto per il nostro bene

Ora abbiamo l’intera storia davanti a noi e possiamo studiarne le lezioni in dettaglio. Ricorda che questo non è stato scritto per il bene di coloro che vi hanno partecipato, ma per noi. “Infatti tutte le cose che furono scritte in passato furono scritte per nostro ammaestramento, affinché mediante la perseveranza e la consolazione delle Scritture noi riteniamo la speranza” {Romani 15: 4}. Se non sono riusciti a imparare la lezione che Dio aveva previsto dall’evento, c’è una ragione in più per noi per impararla dalla storia.

La prova della legge

Il Signore disse che avrebbe messo alla prova le persone, se avessero camminato nella Sua legge o no. E la cosa speciale su cui furono messi alla prova era il Sabato. Se avessero osservato questo, non c’era dubbio che avrebbero osservato l’intera legge. Il Sabato, quindi, era la prova cruciale della legge di Dio, anche così è ora, come mostreranno i seguenti punti che abbiamo già imparato:

  1. Il popolo veniva liberato in virtù del patto fatto con Abramo (Vedi Esodo 6: 3-4). Quell’alleanza era stata confermata con un giuramento e il tempo della promessa che Dio aveva fatto ad Abramo era vicino. Abramo mantenne la legge di Dio, e fu per questo che la promessa era aperta alla sua discendenza (Vedi Genesi 26: 3-5). Il Signore disse a Isacco che avrebbe adempiuto tutto il giuramento che aveva fatto ad Abramo suo padre, “Perché Abrahamo ubbidì alla mia voce e osservò i miei ordini, i miei comandamenti, i miei statuti e le mie leggi” {Genesi 26: 5}. Ora, quando Dio stava facendo uscire dall’Egitto i figli di Abramo, in adempimento di quel giuramento, propose di metterli alla prova per vedere se anche loro avrebbero camminato secondo la Sua legge; e il punto su cui ha messo alla prova il popolo era il Sabato, il che dimostra quindi al di là di ogni controversia che il Sabato era rispettato da Abramo, e che era nel patto fatto con lui. Faceva parte della giustizia della fede che Abramo aveva prima di essere circonciso.
  1. “Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa” {Galati 3: 29}. Ora, poiché il Sabato, lo stesso che gli Israeliti osservarono nel deserto e che i discendenti di Giacobbe hanno osservato o professato fino ad oggi, era nel patto fatto con Abrahamo, ne consegue che è il Sabato per i cristiani da osservare.
  1. Abbiamo già imparato che la nostra speranza è la stessa che fu posta davanti ad Abramo, Isacco e Giacobbe e a tutti i figli diIsraele. “La speranza della promessa fatta da Dio ai padri”, era quello per cui l’apostolo Paolo fu giudicato (Atti 26: 6); e la promessa ai fedeli è che siederanno a tavola con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno di Dio. Il Signore ha stabilito la Sua mano per la seconda volta per liberare il rimanente del Suo popolo e quindi la prova di obbedienza in questo momento è la stessa che era all’inizio. Il Sabato è il memoriale della potenza di Dio come Creatore e Santificatore; e nel messaggio che annuncia l’ora del Giudizio di Dio imminente; il Vangelo eterno, che è la preparazione alla fine, è predicato con le parole: “Adorate Colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le sorgenti delle acque” {Apocalisse 14: 6-7}.

Il Sabato e la legge prima del Sinai

Questa prova fu fatta prima che la legge fosse pronunciata dal Sinai, e prima che il popolo arrivasse in quel luogo. Eppure scopriamo che ogni caratteristica della legge era già nota. La data della legge dal Sinai era così lontana dall’essere il primo annuncio di essa, che più di un mese prima di quell’evento i figli d’Israele furono testati; e le parole: “Per quanto tempo vi rifiutate di osservare i miei comandamenti e le mie leggi?” {Esodo 16: 28}, mostra che lo conoscevano da molto tempo e spesso lo avevano infranto a causa della loro incredulità. Quando arriveremo agli eventi connessi alla promulgazione della legge, saremo in grado di vedere più chiaramente di adesso che il Sabato che gli ebrei dovevano osservare non poteva in alcun modo essere influenzato dalla morte di Cristo, ma che era stato sempre identificato con il Vangelo, secoli prima della crocifissione. A questo proposito, tuttavia, dobbiamo notare un punto per quanto riguarda la determinazione del giorno di Sabato.

Il Sabato un giorno definito

Fu detto al popolo: “Sei giorni lo raccoglierete; ma il settimo giorno, che è il sabato, non ce ne sarà”. Questa è la stessa espressione usata nel quarto comandamento: “Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il Sabato del Signore tuo Dio; in esso non farai alcun lavoro” Molte persone sono state indotte a credere che il comandamento non sia definito nei suoi requisiti, e che il Sabato non sia da esso fissato a un particolare giorno della settimana, ma che qualsiasi giorno della settimana risponderà, purché sia preceduto da sei giorni di lavoro. Il racconto del dono della manna mostra che si tratta di un’idea sbagliata e che il comandamento richiede non semplicemente un giorno della settimana, ma il settimo giorno della settimana.

Non una settima parte del tempo, ma il settimo giorno

Questa è una questione abbastanza importante da giustificare un po’ di ulteriore considerazione, e il resoconto dell’offerta della manna la risolve completamente; poiché è certo che “il settimo giorno” del quarto comandamento è identico al “settimo giorno” della registrazione in {Esodo 16}. Leggi di nuovo il documento e nota le seguenti caratteristiche:

  1. La manna cadeva e poteva essere raccolta per sei giorni consecutivi.
  2. Non si trovava il settimo giorno.
  3. Se si raccoglieva più di quanto fosse necessario, da mangiare, in un giorno, non si conservava, ma “produceva vermi e puzzava”.
  4. Fu comandato al popolo, il sesto giorno, di raccogliere il doppio del solito, in modo da avere una scorta per il settimo giorno, quando non cadeva; e in questo caso si è mantenuta buona e dolce.

Poniamoci ora nel campo degli Israeliti, e procediamo sulla teoria che “il settimo giorno” significhi un giorno su sette, e vediamo come ce la caviamo. Cerchiamo anche di essere coerenti nel nostro uso dei termini. Se “il settimo giorno” significa una settima parte del tempo, o un giorno su sette, allora ovviamente “il sesto giorno” significa una sesta parte del tempo, o un giorno su sei. Affinché tutti possano vedere chiaramente il risultato del nostro esperimento, prenderemo davanti a noi il calendario con sei settimane, a partire dal 1° gennaio 1899. Si noterà che ogni “settimo giorno”, che in questo caso è senza dubbio il settimo giorno della settimana, è contrassegnato da una stella, e che ogni “sesto giorno”, non della settimana, ma semplicemente il sesto giorno dopo i cinque, è contrassegnato da un “+”. Cominceremo ora a raccogliere la manna secondo la nostra “interpretazione” del comandamento. Per la prima settimana andiamo molto d’accordo. La nostra teoria funziona magnificamente. Raccogliamo una porzione doppia il sesto giorno e siamo ben forniti per il sabato. Non ci collocheremo tra coloro che sono usciti il settimo giorno per radunarsi, anche se la nostra teoria ce lo farebbe fare. Ma siccome abbiamo cibo a sufficienza per quel giorno, rimaniamo a casa. Il primo giorno della settimana ricominciamo a raccogliere la manna. Non troviamo alcuna difficoltà su domenica, lunedì, martedì e mercoledì. Ma giovedì è il nostro “sesto” giorno, perché secondo la nostra nuova teoria il “sesto” giorno significa il sesto giorno dopo le cinque. Così giovedì usciamo e raccogliamo il doppio degli altri giorni, e lo mettiamo da parte per la mattina, quando, ecco, abbiamo una massa di putrefazione. Non ha tenuto. Eppure il Signore ci ha detto che se nel sesto giorno avessimo raccolto il doppio rispetto agli altri giorni, non sarebbe andato a male! Quale può essere il problema? È possibile che la parola del Signore ha fallito? Affatto; l’abbiamo semplicemente sbagliato. Esaminiamo il nostro calendario su questa base. Non saremo respinti dalla nostra teoria da un rifiuto, ma la porteremo fino alla fine. Insistiamo ancora sul fatto che il “sesto giorno” non significa il sesto giorno della settimana, ma semplicemente una sesta parte del tempo. Ora, poiché è solo il sesto giorno che dobbiamo raccogliere una doppia porzione di manna, e il nostro “sesto giorno” non viene più venerdì per sei settimane, non dobbiamo raccogliere una doppia porzione in quel giorno. Così quando verrà il prossimo Sabato, dovremo digiunare, e così ogni Sabato per sei settimane. E una volta alla settimana saremo soggetti alla mortificazione di trovare il nostro cibo avariato. Ma ora arriviamo alla chiusura della sesta settimana. Ci siamo ostinatamente attenuti alla nostra teoria secondo cui “il settimo giorno” significa una settima parte del tempo, e che “il sesto giorno” significa la sesta parte del tempo. Il sesto giorno dobbiamo raccogliere una quantità doppia, e il settimo giorno non dobbiamo raccogliere nulla. Ma ecco, questa settimana, il nostro “sesto” e il settimo giorno sono lo stesso giorno; e abbiamo la necessità di raccogliere una doppia porzione in questo giorno, e allo stesso tempo ci è proibito andare a cercarne altra, e siamo certi che se lo faremo non ne troveremo! Sicuramente tutti concorderanno sul fatto che se non abbandoniamo ora la nostra assurda teoria meritiamo di morire di fame. Si noti che andremmo anche peggio se non partissimo bene, come in questo caso abbiamo fatto. In questo caso si è cominciato dal primo giorno della settimana, in modo che il “settimo giorno” cada regolarmente nel settimo giorno della settimana, proprio come ha indicato il Signore. Ma se dovessimo portare la nostra teoria così lontano da cominciare in un altro momento, allora dovremmo avere il caso molto più complicato. Ma è inutile portare avanti la questione. Forse può sembrare uno spreco di spazio soffermarsi così a lungo su una tale supposizione; ma se il risultato sarà mostrare al lettore l’assurdità della teoria secondo cui questo settimo giorno del comandamento significa qualsiasi settima parte del tempo che gli uomini possono scegliere, e che significa e deve significare il settimo giorno della settimana, non sarà stato perso tempo e spazio.

Il settimo giorno della settimana

C’è solo un periodo di sette giorni, ed è la settimana che era conosciuta fin dalla creazione. Dio ha lavorato sei giorni, e in quei primi sei giorni ha terminato l’opera della creazione; “…e nel settimo giorno si riposò da tutta l’opera che aveva fatto. E DIO benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso DIO si riposò da tutta l’opera che aveva creato e fatto” {Genesi 2: 2,3}. Perciò, quando Dio dice che il settimo giorno è il Sabato, intende dire che il Sabato è il settimo giorno della settimana, il giorno comunemente chiamato Sabato. Il sesto giorno, in cui i figli d’Israele dovevano prepararsi per il Sabato, è il sesto giorno della settimana, comunemente chiamato venerdì. Anche questo è stabilito al di là di ogni controversia dal racconto della crocifissione e della sepoltura di Cristo, dove ci viene detto che le donne andarono al sepolcro “Ora, alla fine dei sabati, all’alba del primo giorno dopo i sabati, Maria Maddalena e l’altra Maria, andarono a vedere il sepolcro” {Matteo 28: 1}, e da un altro scrittore “Ora, trascorso il sabato” {Marco 16: 1}. Ci riferiamo a questi testi per mostrare che il primo giorno della settimana segue immediatamente il Sabato, e che nessun tempo intercorreva tra la fine del Sabato e la visita delle donne al sepolcro. Ora, quando leggiamo il racconto in Luca, apprendiamo che quando Cristo fu sepolto “Era il giorno della Preparazione, e il sabato stava per cominciare. Poi esse tornarono a casa e prepararono gli aromi e gli unguenti, e durante il sabato si riposarono, secondo il comandamento“ {Luca 23: 54,56}.

Il Sabato seguiva «la preparazione» e immediatamente precedeva «il primo giorno della settimana». Perciò il Sabato era il settimo giorno della settimana. Ed era “il giorno del Sabato secondo il comandamento”. Perciò il Sabato del comandamento non è altro che il settimo giorno della settimana. Questo è stato il giorno che Dio ha contrassegnato nel modo più speciale il Sabato, compiendo meravigliosi miracoli in suo onore per quarant’anni. Si consideri bene questo fatto. Si ricordi che ogni volta che nella Bibbia si parla di Sabbath, del settimo giorno della settimana, e solo quello, si intende. Che molto prima dei giorni di Mosè, questo Sabato del quarto comandamento, insieme a tutta la legge, era inscindibilmente connesso con il Vangelo di Gesù Cristo, sarà molto evidente mentre procediamo nel nostro studio.

Ascolta e vivi

Al termine del peregrinare nel deserto, Mosè disse al popolo: “Abbiate cura di mettere in pratica tutti i comandamenti che oggi vi do, affinché viviate, moltiplichiate ed entriate ad occupare il paese che l’Eterno giurò di dare ai vostri padri. Ricordati di tutta la strada che l’Eterno, il tuo DIO, ti ha fatto fare in questi quarant’anni nel deserto per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che c’era nel tuo cuore e se tu osserveresti o no i suoi comandamenti. Così egli ti ha umiliato, ti ha fatto provar la fame, poi ti ha nutrito di manna che tu non conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti comprendere che l’uomo non vive soltanto di pane, ma vive di ogni parola che procede dalla bocca dell’Eterno” {Deuteronomio 8: 1-3}.

La Parola è Vita

“La parola di Dio infatti è vivente ed efficace” {Ebrei 4: 12}. Cristo disse: “«Le parole che vi dico sono spirito e vita»” {Giovanni 6: 63}. Per mezzo del profeta dice: “Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e la vostra anima vivrà” {Isaia 55: 3}. “In verità, in verità vi dico: L’ora viene, anzi è venuta, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e coloro che l’avranno udita vivranno” {Giovanni 5: 25}. Quel tempo era giunto nei giorni in cui i figli d’Israele erano nel deserto. Nel dare loro la manna, Egli insegnava loro che gli uomini potevano vivere solo di “…ogni parola che procede dalla bocca di Dio” {Matteo 4: 4}.

La vita attraverso la parola

Nota bene questo. Per mezzo della manna, Dio stava mettendo alla prova le persone, per vedere se avrebbero camminato nella Sua legge oppure no. Ma allo stesso tempo insegnava loro che la legge è vita. Gesù disse: “Ed io so che il suo comandamento è vita eterna…” {Giovanni 12: 50}. Dovevano osservare i comandamenti per poter vivere, ma potevano osservarli solo ascoltandoli. La vita è nei comandamenti stessi, e non nell’individuo che cerca di osservarli. Non può ottenere la vita dai propri sforzi, tuttavia deve ottenere la vita attraverso i comandamenti. La grazia regna per mezzo della giustizia fino alla vita eterna per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. La ragione è che la parola stessa è vita, e se la ascoltiamo con attenzione, ne saremo vivificati. “Oh, se tu avessi prestato attenzione ai miei comandamenti! La tua pace sarebbe come un fiume e la tua giustizia come le onde del mare” {Isaia 48: 18}.

La Legge dello Spirito della Vita

Gesù disse: “Ora, se tu vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti” {Matteo 19: 17}. Ma non è sforzandoci di conformarci a un determinato standard, e misurandoci su di esso per vedere quali progressi stiamo facendo, che otteniamo la giustizia e la vita. Un tale corso rende farisei, ma non cristiani. Abramo osservò tutti i comandamenti di Dio, eppure non ne fu scritta una riga. Come ha fatto? Ascoltando la voce di Dio e confidando in Lui. Dio testimoniò che aveva la giustizia della fede. Ma la giustizia veniva dalla legge vivente, “la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù…” {Romani 8: 2}. Questo, come vedremo in seguito, non differisce in alcun modo dalla legge sulle tavole di pietra, tranne che è scritto sulla Pietra Vivente.

Dio si assume la responsabilità

Nello stesso modo in cui aveva guidato Abramo, Dio stava guidando i figli d’Israele. Aveva parlato loro per mezzo dei Suoi profeti e per mezzo dei miracoli che aveva operato liberandoli dall’Egitto, aveva mostrato loro la Sua potenza per operare in loro la giustizia. Se avessero ascoltato la Sua voce e Gli avessero creduto, non ci sarebbe stata alcuna difficoltà riguardo alla loro rettitudine. Se si fossero fidati solo di Dio e non di se stessi, Egli sarebbe responsabile della loro giustizia e della loro vita. “Ascolta, o popolo mio, e ti ammonirò. O Israele, se tu mi ascoltassi! Non vi sia in mezzo a te alcun dio straniero e non adorare alcun dio forestiero. sono l’Eterno, il DIO tuo, che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto; apri la tua bocca e io la riempirò” {Salmi 81: 8-10}. “Beati coloro che sono affamati e assetati di giustizia, perché essi saranno saziati” {Matteo 5: 6}. Nel dare la manna, Dio cercava di insegnare loro questo fatto, e nel Suo racconto Si aspetta che lo impariamo. Studiamolo dunque un po’ più da vicino.

Pane vivente

L’apostolo Paolo ci dice che i figli d’Israele nel deserto “tutti mangiarono il medesimo cibo spirituale” {1 Corinzi 10: 3}. Abbiamo già letto le parole del Signore quando promise di dar loro da mangiare, dicendo: “Tuttavia egli comandò alle nuvole di sopra e aperse le porte del cielo, e fece piovere su di loro la manna da mangiare e diede loro il frumento del cielo. L’uomo mangiò il pane degli angeli; egli mandò loro del cibo a sazietà” {Salmi 78: 23-25}. Il cibo che dovevano mangiare non era un prodotto del paese attraverso il quale passavano. Se lo fosse stato, l’avrebbero avuto fin dall’inizio. Ma la Scrittura ci dice che è piovuto dal cielo. Veniva direttamente da Dio. Era “carne spirituale”, “cibo degli angeli”. Ciò che doveva essere per loro, se solo lo avessero creduto, lo apprendiamo dalle parole di Cristo, quando in un’altra occasione sfamò una moltitudine di persone nel deserto.

Nutrire i Cinquemila

Nel sesto capitolo di Giovanni abbiamo il resoconto di un’altra provvista miracolosa di cibo per una moltitudine di persone nel deserto. C’erano “circa cinquemila uomini, oltre a donne e bambini” {Matteo 14: 21}, e l’intera quantità di cibo nella compagnia era di cinque pani d’orzo e due pesci. Uno dei discepoli disse che duecento denari di pane non sarebbero stati sufficienti perché ognuno ne avesse anche solo un po’. Eppure anche quello avrebbe offerto solo un pasto scarso. Non c’è da stupirsi che Pietro abbia detto dei miseri cinque pani e pesci: “Che cosa sono tra tanti?” Tuttavia Gesù “sapeva ciò che avrebbe fatto”. Prese i pani nelle Sue mani, rese grazie e poi diede il pane ai discepoli, che lo passarono alla moltitudine. Lo stesso è stato fatto con i pesci. Il risultato fu che di quella quantità insignificante che normalmente non avrebbe dato loro un assaggio, furono tutti soddisfatti, e rimasero dodici ceste piene. Quando ebbero finito, c’era più cibo di quando avevano cominciato.

La Fonte di quel Pane

Da dove veniva quel pane? C’è solo una risposta possibile, vale a dire, venne dal Signore stesso. La vita divina che era in Lui, che è la fonte di ogni vita, faceva moltiplicare il pane, come aveva fatto crescere il grano da cui era stato tratto. La moltitudine, quindi, mangiò di Cristo stesso. Fu la Sua stessa vita a nutrire i loro corpi quel giorno. Il miracolo fu operato allo scopo di soddisfare i loro bisogni fisici immediati; ma aveva anche lo scopo di insegnare loro una preziosa lezione spirituale, che Gesù presentò loro il giorno successivo.

Spendere soldi per ciò che non è Pane

Quando la gente trovò Gesù il giorno dopo, li rimproverò perché si preoccupavano più dei pani e dei pesci che del cibo migliore che aveva per loro. Egli disse: “«Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna, che il Figlio dell’uomo vi darà, perché su di lui il Padre, cioè Dio, ha posto il suo sigillo» Gli chiesero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». Gesù rispose e disse loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato»” {Giovanni 6: 27-29}. Allora, nonostante tutto ciò che avevano visto e sperimentato, chiesero Lui come segno, dicendo: “«Quale segno fai tu dunque, affinché lo vediamo e ti crediamo? Che opera compi? I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, come è scritto: «Egli diede loro da mangiare del pane venuto dal cielo»” {Giovanni 6: 30-31}, non rendendosi conto che avevano appena avuto per loro lo stesso miracolo ripetuto.

Cristo, il Pane del Cielo

Gesù ha poi ricordato loro che non è stato Mosè a dare loro quel pane nel deserto, ma che solo Dio dà il vero pane dal cielo. Egli disse: “Perché il pane di Dio è quello che discende dal cielo e dà vita al mondo” {Giovanni 6: 33}. Non riuscendo ancora a capire cosa intendesse Gesù, chiesero di poter avere per sempre quel pane della vita, quando disse loro chiaramente che Egli stesso era il pane vivo, dicendo: “«Io sono il pane della vita chi viene a me non avrà mai più fame e chi crede in me non avrà mai più sete»” {Giovanni 6: 35}. Ancora più tardi Gesù disse: “Allora Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che viene dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo»” {Giovanni 6:32}. “«I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che discende dal cielo affinché uno ne mangi e non muoia»” {Giovanni 6: 49-50}. “«Io sono il pane vivente che è disceso dal Cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; or il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo}” {Giovanni 6:51}. Come il popolo mangiò il pane che veniva dal Signore Gesù e ne fu confortato, così avrebbe potuto ricevere da Lui la vita spirituale, se avesse creduto. La Sua vita è giustizia, e tutti coloro che mangiano di Lui con fede devono ricevere la giustizia. Come antico Israele, mangiavano il pane del cielo, e come loro non lo apprezzavano, per riceverne il pieno beneficio.

Una lezione di uguaglianza

Nel racconto dell’offerta della manna, troviamo l’affermazione spesso ripetuta, che “ognuno ne raccolse in base al suo bisogno di cibo” {Esodo 16: 18}. Fu anche detto loro di raccoglierlo per coloro che erano nelle tende. “I figli d’Israele fecero così; gli uni ne raccolsero di più e gli altri di meno” {Esodo 16: 17}.

Un miracolo di grazia

C’è qualcosa di meraviglioso in questo. Sembra come se ci fosse un miracolo in essa, e quindi c’era in un certo senso; ma il miracolo non consisteva nel fatto che la grande quantità presa da un uomo diminuiva improvvisamente, e la quantità scarsa di un altro abbondava misteriosamente. La Scrittura ci aiuta a comprenderla. In alcune istruzioni riguardanti il dare, leggiamo: “Però non si vuole mettere sotto pressione voi per dar sollievo agli altri, ma solo seguire un criterio di uguaglianza; che al presente la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, affinché anche la loro abbondanza sia impiegata a supplire alla vostra indigenza, perché vi sia uguaglianza, secondo quel che sta scritto: «Chi ne aveva raccolto molto, non ne ebbe di più, e chi poco, non ne ebbe di meno»” {2 Corinzi 8: 13-15}.

La grazia di donare

Il miracolo è stato un miracolo della grazia di Dio nel dare. Colui che ha raccolto molto non ha finito nulla; perché ha diviso con qualcuno che aveva poco o che non aveva potuto raccogliere; e così a chi raccoglieva poco non mancava. E così troviamo che lì nel deserto agiva lo stesso principio che era nella chiesa dopo il giorno di Pentecoste. “E il gran numero di coloro che avevano creduto era di un sol cuore e di una sola anima; nessuno diceva esser suo quello che aveva, ma tutte le cose erano in comune fra di loro. E gli apostoli con grande potenza rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù; e grande grazia era sopra tutti loro. Infatti non vi era alcun bisognoso fra di loro, perché tutti coloro che possedevano poderi o case li vendevano e portavano il ricavato delle cose vendute” {Atti 4: 32-34}.

Difetti e virtù dell’antico Israele

Si parla molto delle colpe degli antichi israeliti a volte è bene considerare l’altro lato della medaglia. Con tutti i loro difetti, erano comuni uomini. Non erano peggiori delle persone in genere, e a volte raggiungevano livelli di fede e fiducia che raramente si vedono. Non dobbiamo supporre che abbiano sempre mantenuto questa gentilezza e che non ci fossero avidi tra loro. C’erano tali nella chiesa la cui storia è data negli Atti degli Apostoli. Ma ci basta sapere cosa hanno fatto almeno una parte del tempo, e sapere che Dio l’ha approvato. Dio diede loro pane in abbondanza. La loro parte era semplicemente raccoglierla. Non c’era quindi motivo per cui non dovessero dividersi con i loro fratelli bisognosi. In effetti, guardandolo da questa distanza, sembra la cosa più naturale del mondo da fare.

“Siamo migliori di loro?”

Ma la nostra condizione è uguale alla loro. Non abbiamo nulla se non ciò che viene da Dio. Lo dà, e il massimo che possiamo fare è raccogliere la Sua generosità. Perciò non dobbiamo considerare come nostro nessuno dei nostri beni, ma affidarli semplicemente a Lui. Ma notate che questo è molto diverso da tutti i moderni schemi del comunismo. Non è una divisione della proprietà per legge, ma una donazione quotidiana del forte al debole. Nessuno ha accumulato nulla per il futuro, lasciando gli altri privi delle attuali provviste, ma ha confidato in Dio per il suo approvvigionamento quotidiano. Quel tipo di comunismo non può essere raggiunto da alcun progetto umano. È il risultato dell’amore di Dio nel cuore. “Ora, se uno ha dei beni di questo mondo e vede il proprio fratello che è nel bisogno e gli chiude le sue viscere, come dimora in lui l’amore di Dio?” {1 Giovanni 3: 17}. “Voi conoscete infatti la grazia del Signor nostro Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” {2 Corinzi 8: 9}. Questa grazia e questo amore caratterizzano il vero Israele.

CAPITOLO 21 – MANGIARE LA CARNE DI CRISTO

C’è molto di più per noi da imparare dal resoconto dell’offerta della manna, e mentre non possiamo sperare di esaurire l’argomento, possiamo almeno preparare la strada per una considerazione più approfondita e un continuo godimento di esso. Rileggiamo il racconto, notando in particolare che Dio, promettendo la manna, disse che sarebbe “piovuto pane dal cielo” per il popolo. Con questo leggete ancora le parole di Mosè in riferimento all’avvenimento: “Abbiate cura di mettere in pratica tutti i comandamenti che oggi vi do, affinché viviate, moltiplichiate ed entriate ad occupare il paese che l’Eterno giurò di dare ai vostri padri. Ricordati di tutta la strada che l’Eterno, il tuo DIO, ti ha fatto fare in questi quarant’anni nel deserto per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che c’era nel tuo cuore e se tu osserveresti o no i suoi comandamenti. Così egli ti ha umiliato, ti ha fatto provar la fame, poi ti ha nutrito di manna che tu non conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti comprendere che l’uomo non vive soltanto di pane, ma vive di ogni parola che procede dalla bocca dell’Eterno” {Deuteronomio 8: 1-3}. Sono queste le parole con cui Cristo ha resistito alla tentazione del diavolo nel deserto. Vi sono diversi testi della Scrittura strettamente connessi con questo, che richiedono una riflessione, e quindi ci soffermeremo solo per richiamare l’attenzione sul fatto che è stato dato agli uomini il pane, che il Signore ha insegnato loro che non dovevano vivere di solo pane. Tienilo a mente mentre procediamo. “Ora, fratelli, non voglio che ignoriate che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola e tutti passarono attraverso il mare, tutti furono battezzati per Mosè nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono il medesimo cibo spirituale, e tutti bevvero la medesima bevanda spirituale, perché bevevano dalla roccia spirituale che li seguiva; or quella roccia era Cristo” {1 Corinzi 10: 1-4}. “Spaccò le rocce nel deserto e li abbeverò copiosamente, come dal grande abisso.Fece scaturire ruscelli dalla roccia e scorrere acque simili a fiumi.

Ma essi continuarono a peccare contro di lui e a ribellarsi all’Altissimo nel deserto,e tentarono DIO in cuor loro, chiedendo cibo secondo le loro voglie.E parlarono contro DIO, dicendo: «Potrebbe DIO imbandire una mensa nel deserto? Ecco, egli percosse la roccia e ne sgorgarono acque e ne strariparono torrenti. Potrebbe dare anche del pane e provvedere della carne per il suo popolo?». E così l’Eterno li udì e si adirò fieramente, e un fuoco si accese contro Giacobbe e l’ira divampò contro Israele, perché non avevano creduto in DIO e non avevano avuto fiducia nella sua salvezza.

Tuttavia egli comandò alle nuvole di sopra e aperse le porte del cielo,

e fece piovere su di loro la manna da mangiare e diede loro il frumento del cielo. L’uomo mangiò il pane degli angeli; egli mandò loro del cibo a sazietà.Fece levare in cielo il vento orientale e con la sua potenza fece alzare l’austro, fece piovere su di loro della carne come polvere e uccelli come la sabbia del mare. Li fece cadere in mezzo al loro campo, intorno alle loro tende.

Così essi mangiarono fino a satollarsi, perché DIO aveva provveduto loro ciò che essi avevano desiderato.Essi non avevano ancora soddisfatto la loro ingordigia e avevano ancora del cibo in bocca, quando l’ira di DIO si scatenò contro di loro, uccise i più vigorosi di loro e abbatté i migliori d’Israele. Con tutto ciò continuarono a peccare e non credettero alle sue meraviglie. Allora egli consumò i loro giorni in vanità e gli anni loro in spaventi improvvisi” {Salmi 78: 15-33}.

“Ma colui che sta in dubbio, se mangia è condannato, perché non mangia con fede; or tutto ciò che non viene da fede è peccato” {Romani 14: 23}. “Poiché io ho ricevuto dal Signore ciò che vi ho anche trasmesso: che il Signore Gesù, nella notte in cui fu tradito, prese del pane, e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Prendete, mangiate; questo è il mio corpo che è spezzato per voi; fate questo in memoria di me». Parimenti, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo ogni volta che ne bevete in memoria di me». Poiché ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò chiunque mangia di questo pane o beve del calice del Signore indegnamente, sarà colpevole del corpo e del sangue del Signore. Ora ognuno esamini se stesso, e così mangi del pane e beva del calice, poiché chi ne mangia e beve indegnamente, mangia e beve un giudizio contro se stesso, non discernendo il corpo del Signore. Per questa ragione fra voi vi sono molti infermi e malati, e molti muoiono” {1 Corinzi 11: 23-30}.

Prima di andare oltre, leggiamo tutti questi testi in connessione, non una o due volte semplicemente, ma più volte, finché non sono ben fissati nella mente. Supponendo che ciò sia stato fatto, procederemo a vedere cosa apprendiamo da loro e da altri. La vita viene solo dalla Parola di Dio. “Nel principio era la Parola e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio” {Giovanni 1: 1}. “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” {Giovanni 1: 4}. L’uomo vive solo di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

All’inizio

Questa parola era nel principio, perché “Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui” {Colossesi 1: 17}. “Il Principio della creazione di Dio” {Apocalisse 3: 14}. Da Lui tutto viene. “I cieli furono fatti per mezzo della parola dell’Eterno, e tutto il loro esercito mediante il soffio della sua bocca” {Salmi 33: 6}. “Poiché egli parlò e la cosa fu; egli comandò e la cosa sorse” {Salmi 33: 9}. Nessuno immagini che ci sia confusione qui; perché Cristo non è che la perfetta incarnazione della Parola di Dio pronunciata. “Quel che era dal principio,” era “Parola di vita” {1 Giovanni 1: 1}. Tutto dunque viene dalla vita di Dio. Una delle parole che Dio pronunciò all’inizio fu questa: “Poi DIO disse: «Faccia la terra germogliare la verdura, le erbe che facciano seme e gli alberi da frutto che portino sulla terra un frutto contenente il proprio seme, ciascuno secondo la propria specie». E così fu” {Genesi 1: 11}. Quale fu il risultato? – “E la terra produsse verdura, erbe che facevano seme secondo la loro specie e alberi che portavano frutto contenente il proprio seme, ciascuno secondo la propria specie. E DIO vide che questo era buono” {Genesi 1: 12}.

Semina la Parola di Vita

Cosa accadde qui? Semplicemente questo, che la Parola divenne erba, dicendo: “La terra produca erba”, ecc., Dio ha seminato il seme di ogni cosa buona. La terra era vuota e nulla poteva uscirne finché il seme non fosse stato seminato. Ma non c’era niente seminato tranne la Parola di Dio. Quindi è chiaro come la luce del giorno è vero come la Bibbia, che il seme da cui è venuto tutto ciò che è cresciuto dal suolo all’inizio, non era altro che la Parola di Dio. E ne consegue anche che la vita di ogni seme che nasce dall’erba, dalle piante e dagli alberi, non è altro che la vera Parola di Dio. Leggi oltre. Parlando all’uomo che aveva creato, Dio disse: “Ecco io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra e ogni albero che abbia frutti portatori di seme; questo vi servirà di nutrimento” {Genesi 1: 29}. Confrontando i due testi che abbiamo appena letto, possiamo vedere la realtà delle parole dette al profeta Isaia: “Il lupo abiterà con l’agnello e il leopardo giacerà col capretto; il vitello, il leoncello e il bestiame ingrassato, staranno insieme e un bambino li guiderà” {Isaia 11: 6}. Questo era vero quando Adamo viveva nell’Eden, in pieno possesso della forza di cui Dio lo aveva dotato, come lo è ora. Dio fece l’uomo dalla stessa terra in cui creò l’erba, le piante e gli alberi; e “Egli fa crescere l’erba per il bestiame e la vegetazione per il servizio dell’uomo, facendo uscire dalla terra il suo nutrimento” {Salmi 104: 14}. All’inizio tutto, compreso l’uomo, era molto buono; e se l’uomo avesse continuato a vivere interamente della Parola di Dio, lui e tutte le altre cose sarebbero rimaste molto buone fino ad oggi.

La maledizione non è una cosa arbitraria

Ma l’uomo ha peccato. Era il capo della terra, e quindi la sua caduta colpì tutta la terra. Dal suo peccato tutto è stato contaminato. Per lui la maledizione cadde sulla terra e su tutto ciò che ne deriva. “Poi disse ad Adamo: «Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero circa il quale io ti avevo comandato dicendo: «Non ne mangiare», il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con fatica tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e triboli, e tu mangerai l’erba dei campi»” {Genesi 3: 17-18}. La maledizione non è caduta sull’uomo arbitrariamente, ma è stata l’inevitabile risultato del suo allontanamento dalla Parola di Dio. La morte è arrivata con il peccato. Dove c’è il peccato, là deve esserci la morte, perché la morte è contenuta nel peccato, e il peccato produce la morte.

Effetto della maledizione

La maledizione si rivela nella debolezza del corpo e nella malvagità del carattere. Una parola copre l’intero caso, vale a dire, degenerazione. La malvagità è in realtà debolezza, “per questo la mente controllata dalla carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomessa alla legge di Dio e neppure può esserlo” {Romani 8: 7}.  “La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; e queste cose sono opposte l’una all’altra, cosicché voi non fate quel che vorreste” {Galati 5: 17}. “Perché, mentre eravamo ancora senza forza, Cristo a suo tempo è morto per gli empi” {Romani 5: 6}. La debolezza dell’uomo si manifesta principalmente nella morale depravata, e la debolezza del corpo è solo una conseguenza naturale.

Le bestie condividono la maledizione con l’uomo

Le bestie della terra sono colpite dalla maledizione come l’uomo, solo in misura inferiore, poiché non hanno peccato, ma hanno solo partecipato al male che l’uomo ha portato su tutta la creazione. La loro forza fisica non si è deteriorata quanto quella dell’uomo; sono molto più forti in proporzione del loro padrone. Le loro tendenze viziose, sebbene chiaramente manifestate, non sono così marcate come nell’uomo. È vero che in alcuni animali, come la tigre, la crudeltà sembra essere più sviluppata che nell’uomo; ma non è proprio così. Niente sulla terra può superare l’uomo in raffinatezza di crudeltà, o in bassezza di lussuria, una volta che si abbandona completamente alle passioni malvagie; poiché usa il suo intelletto superiore per escogitare mezzi per peccare, di cui le bestie non sanno nulla. Nessuna bestia si degrada mai come l’uomo caduto. Eppure in tutti gli animali, anche nei bellissimi uccelli, vediamo crudeltà, odio, egoismo, invidia, inganno, gelosia, ecc.

Piante violente

Anche le piante soffrono della maledizione allo stesso modo della creazione animale, ma in misura minore. Mentre all’inizio tutto era “molto buono”, ora molte piante sono decisamente violente. L’ortica è molto “permalosa”, dicendo distintamente a tutti i visitatori: “Lasciami in pace”; e c’è un albero in India, con una puntura così feroce che se un animale lo tocca anche solo per caso, non può fare altro che rotolarsi a terra lamentarsi in un’agonia di dolore. Gli uomini, che ne sono stati punti, dicono che la sensazione di dolore continua per mesi. C’è anche una pianta in Sud America che attira gli insetti e li uccide, per nessun motivo percettibile, poiché non è una pianta carnivora come la Venere acchiappamosche. Ma oltre a queste, vi sono molte piante, come la belladonna, il tabacco, ecc., che sono distintamente velenose. Il loro veleno è “mortale”, così che possono essere definiti “assassini”. Sono completamente corrotti. L’uomo non può ottenere nulla da loro se non la morte.

Il vantaggio del mondo vegetale

Ma c’è questa differenza tra la creazione animale e le piante: mentre nell’uomo e nella bestia ogni individuo è colpito nel carattere dalla maledizione, non essendovi uno solo che non manifesti tratti depravati in grado maggiore o minore; non è così con le piante. Molte piante non solo sono innocue e innocenti, ma sono totalmente benefiche. Non hanno traccia di malvagità nella loro natura. In essi la maledizione si vede solo nella diminuzione della forza vitale. Tutta la vita che hanno, tuttavia, è buona, sana e pulita. Tra le piante del tutto violente e quelle del tutto innocenti ci sono vari gradi, alcuni dei quali sono violenti, ma non decisamente omicidi. Ma è nella vita vegetale che troviamo l’approccio più vicino alla perfezione sulla terra. Nei migliori esemplari, di cui ce ne sono moltissimi, la vita non è stata pervertita, ma solo diminuita di grado. Non possono, quando vengono mangiati, dare tanta vita e vigore come all’inizio, ma ciò che danno è la pura vita della Parola che li ha generati.

Cristo è la Vita

Ricorda ora che la Parola è vita, e che Cristo, in quanto Dio, è “la Parola della vita”. Egli è “la vita”; senza di Lui non c’è affatto vita; così che ovunque c’è vita c’è evidenza della presenza di Dio in Cristo. Quella vita nelle cose create è pura o perversa, nella misura in cui a Cristo è permesso di avere pieno dominio, o la verità è tenuta sotto controllo nell’ingiustizia.

Cristo presente in tutta la creazione

Cristo è “la potenza di Dio” {1 Corinzi 1: 24}. “Poiché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità” {Colossesi 2: 9}. Ma la potenza eterna di Dio e la Divinità si vedono nelle cose che sono fatte {Romani 1: 20}; così che anche qui siamo portati al fatto della presenza attuale di Cristo in tutta la creazione.

Cristo presente nell’uomo

Questo vale sia per l’uomo che per le piante, perché anche lui è una delle “cose che sono fatte”. Ed è vero per ogni uomo del mondo. Fu in un’esortazione agli Ebrei a osservare i comandamenti (il che dimostra che non lo facevano già), e Mosè disse: “La parola è molto vicina a te, nella tua bocca e nel tuo cuore, affinché tu possa farlo. Lo Spirito Santo, poiché Cristo è il Verbo, fa la sostituzione dell’uno con l’altro, dicendoci distintamente che Cristo è in tutti noi, affinché possiamo servire il Signore. Questa verità è espressa anche nell’affermazione che “il Verbo si è fatto carne”. Ogni uomo vive solo della Parola, di Cristo. Dio diede la manna a Israele, peccatore e incredulo, affinché sapesse che l’uomo vive “di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”; e “mangiavano tutti lo stesso cibo spirituale”, che era Cristo.

La differenza tra un peccatore e un cristiano

La domanda sorgerà molto naturalmente: “Qual è allora la differenza tra un peccatore e un cristiano, se Cristo è in tutti gli uomini?” È una domanda molto pertinente, a cui si risponde facilmente. La differenza è semplicemente di fede. “Il giusto vivrà per fede” {Romani 1: 17} “Credi nel Signore Gesù Cristo e sarai salvato” {Atti 16: 31}. “poiché se confessi con la tua bocca il Signore Gesù, e credi nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato” {Romani 10: 9}. Fa tutta la differenza nel mondo, se Cristo è nell’uomo semplicemente come la Sua vita è negli animali, o se dimora nel cuore per la fede.

La confessione di fede

Cristo è la vita. Egli è presente in ogni uomo, perché viviamo in armonia con la Parola di Dio. Se l’uomo non riconosce la Sua presenza, è “come le bestie che periscono” {Salmi 49: 20}. Ma se confessa Cristo, cioè, se confessa che “Cristo è venuto nella carne” {1 Giovanni 1: 2}, – e nessuno può confessare ciò che non è vero, e ciò che sa non essere vero, – e crede nel suo cuore che Dio ha risuscitato Lui dai morti, poi sperimenta il potere di risurrezione di Cristo, risvegliandolo a una nuova vita. Allora trova Cristo, non solo vita fisica per lui, ma vita spirituale. Passa davvero dalla morte alla vita e conosce il potere di una vita senza fine che opera in lui. Fintanto che mantiene ferma la sua confessione di fede, “in lui l’amore di Dio è veramente perfetto”.

La vita dell’uomo dipende dal cibo che mangia

Torniamo ancora ai primi principi. Viviamo mangiando. Questo è evidente. Se un uomo non mangia, diventa debole, e se persiste nel digiuno, o se non si nutre, muore. La forza che un uomo ha dal cibo già mangiato gli consentirà di continuare per un po’ di tempo senza prenderne altro, anche se gradualmente diminuisce: e talvolta Dio conserva la forza di un uomo per un lungo periodo senza cibo, come nel caso di Elia e Mosè: ma nondimeno resta il fatto che Dio ha ordinato che gli uomini debbano vivere mangiando il cibo che Egli ha provveduto loro. Il potere di un uomo di pensare, oltre che di agire, viene dal cibo che mangia. È un fatto evidente a tutti che il nostro potere fisico, mentale e spirituale ha una relazione diretta con il nostro mangiare. Lascia che un uomo si rifiuti completamente di mangiare, e molto presto non avrà alcun potere di alcun tipo.

Il cibo è una benedizione di Dio

Il cibo è una benedizione di Dio. Questo nessuno lo negherà. La traboccante benedizione che Dio promette a coloro che Gli rendono la Sua decima è così dichiarata: “Inoltre sgriderò per voi il divoratore, perché non distrugga più il frutto del vostro suolo, e la vostra vite non mancherà di portar frutto per voi nella campagna», dice l’Eterno degli eserciti” {Malachia 3: 11}. Quando il popolo offriva volentieri la decima ai giorni di Ezechia, c’era da mangiare in abbondanza, perché Dio “ha benedetto il suo popolo” {2 Cronache 31: 10}. La testimonianza di Dio di Sé stesso è che fa il bene e manda dal cielo la pioggia e le stagioni fruttifere, saziandoci di cibo e di gioia {Atti 14: 17}.

Perché Dio ci benedice

Tutte le benedizioni di Dio sono per uno scopo distinto. Egli ci benedice, affinché possiamo vivere. La vita e la morte, la benedizione e la maledizione si contrappongono l’una all’altra. “In suo favore è la vita” {Salmi 30: 5}. Ma a Dio non piace il male e non Gli interessa perpetuarlo. L’unica vita che Egli desidera che gli uomini vivano è la vita giusta. Questa, infatti, è l’unica cosa che può essere veramente chiamata vita. Di conseguenza leggiamo: “A voi per primi Dio, dopo aver risuscitato il suo Figlio Gesù, lo ha mandato per benedirvi, allontanando ciascuno di voi dalle sue iniquità” {Atti 3: 26}. Perciò Dio ci benedice con il cibo, affinché possiamo vivere una vita giusta. Per questo diede la manna agli Israeliti nel deserto.

Mangiare senza profitto

“Ma con molti di loro non si compiacque”, perché negarono la Sua presenza, e così i loro cadaveri caddero nel deserto. Diede loro il pane direttamente dal cielo; e poiché Cristo è il Pane disceso dal cielo, è evidente che se Lo avessero visto nel dono della manna e Lo avessero riconosciuto in tutto ciò che mangiavano e in tutta la forza che ne derivava, sarebbero stati perfetti e giusti davanti a Dio. Avrebbero vissuto una vita di fede, e chiunque lo fa è giusto, perché “il giusto vivrà per fede”. Romani 1:17. I figli d’Israele morirono nel deserto perché non mangiarono per fede. “Ma colui che sta in dubbio, se mangia è condannato, perché non mangia con fede; or tutto ciò che non viene da fede è peccato” {Romani 14: 23}. Dal momento che alla fine morirono, sarebbe stato altrettanto bene per loro se non fossero vissuti affatto. Dio si aspetta che gli uomini mangino e bevano la giustizia; poiché Cristo dice: “Beati coloro che sono affamati e assetati di giustizia, perché essi saranno saziati” {Matteo 5: 6}. Chi non mangia e non beve la giustizia, mangia e beve inutilmente.

Mangia ciò che è buono

Tuttavia, affinché l’uomo possa mangiare la giustizia, deve mangiare solo “ciò che è buono”. Non deve spendere la sua fatica per ciò che non è il pane della vita. Deve mangiare “alla gloria di Dio”. La sua anima può e deve deliziarsi dell’abbondanza, ma deve essere l’abbondanza della casa di Dio {Salmi 36: 8}. In altre parole, se gli uomini vogliono vivere rettamente, devono letteralmente e realmente e per fede mangiare la carne e bere il sangue del Figlio di Dio {Giovanni 6: 48-55}. Questa deve essere la loro unica vita. Senza questo, non c’è una vera vita duratura.

Come guadagnarsi da vivere

Alla domanda: “Come posso ottenere la vita?” o, per usare termini comuni e quotidiani, “Come posso guadagnarmi da vivere?” la risposta è: “Mangia la carne e bevi il sangue del Figlio di Dio”. Questo è letteralmente vero, e copre tutto il terreno, sia in questo mondo che in quello che verrà. Nessuno in questo mondo ti direbbe che ha buone possibilità di guadagnarsi da vivere, se l’unica prospettiva che aveva davanti a sé era lavorare per una settimana o un mese, e oltre non c’era assolutamente niente di più. Ti direbbe tristemente che una morte certa lo stava fissando in faccia. Ebbene, nessuno è certo di questa vita presente nemmeno per un giorno. La nostra vita è solo “un vapore, che appare per un po’ di tempo e poi svanisce” {Giacomo 4: 14}. “Ogni uomo nel suo stato migliore non è che vapore” {Salmi 39: 5}. Ma Cristo è lo stesso, e i Suoi anni non verranno meno. Anche se tutte le cose create periscono, Egli rimane. Quindi solo chi ha Cristo per la sua vita – la Sua vita, se volete – ha la vita in realtà. Nessun uomo può dire di guadagnarsi da vivere se non ha speranza di vita eterna. Non ha davvero vita, perché la vita reale non finisce mai; è più forte della morte e la vince. Se la morte può porre fine alla vita di un uomo, ciò dimostra che ciò che egli supponeva essere vita non era affatto vita. “Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita” {1 Giovanni 5: 12}. Queste sono le parole di Gesù: “Perciò Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” {Giovanni 6: 53-54}.

Come Mangiare la Carne di Cristo

Ma come possiamo mangiare la Sua carne e bere il Suo sangue? Questa è proprio la domanda che gli Ebrei non credenti si fecero, ma aveva avuto risposta prima che la ponessero. Ci nutriamo di Gesù mangiando la Sua parola; perché Egli è la Parola. Così Egli disse: “Le parole che vi dico, sono Spirito e vita” {Giovanni 6: 63}. Vi sembra intangibile e irreale? Allora ricordate il dono della manna, affinché sappiano che l’uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Dando loro il pane insegnava loro che dovevano vivere della parola. Perché Cristo stesso è la vita nel pane. La vita che ricaviamo dal pane è la vita di Cristo, la Parola di Dio, poiché dalla Parola viene tutto ciò che cresce. Così, quando gli Ebrei non credenti si riferirono al dono della manna, risposero alla loro stessa domanda su come Cristo potesse dare loro, Lui stesso da mangiare; e ne avevano avuto solo il giorno prima una dimostrazione, quando Gesù prese un po’ di pane nelle sue mani e sfamò migliaia di persone, così che tutti furono saziati, e c’era più pane quando ebbero finito che quando avevano cominciato. Ordinando che gli uomini vivano mangiando e rendendoli assolutamente dipendenti dal loro pane quotidiano per la vita, Dio ha predicato il Vangelo a ogni creatura e ha posto davanti a loro e nelle loro mani, sì, nei loro corpi, la via della salvezza e della vita.

NOTA: Il pane era il comune pane azzimo che avevano sulla tavola, e tale era dopo che Gesù aveva reso grazie; così come il pane che Gesù distribuì ai cinquemila, dopo aver reso grazie, era esattamente lo stesso pane che era quando lo prese nelle Sue mani. Era pane d’orzo quello che il ragazzo aveva con sé quel giorno, ed era pane d’orzo quello che mangiava la moltitudine; eppure hanno mangiato il corpo di Cristo. Quindi il pane della Cena del Signore, sebbene fosse il pane ordinario che veniva consumato in ogni famiglia ebrea a quel tempo, non era altro che il corpo di Cristo. Le parole di Gesù sono assolute e inequivocabili, e non ammettono interpretazione. Affermano un semplice fatto: “Questo è il mio corpo”.

La lezione della Cena del Signore

Questa è la lezione insegnata nella Cena del Signore (Leggi di nuovo il racconto in 1 Corinzi 11: 23-30, che abbiamo già citato). Il Signore Gesù prese il pane, rese grazie e disse: “Questo è il mio corpo”. Ciò è avvenuto “mentre stavano mangiando” {Matteo 26: 26}. Il pane era il normale pane azzimo che avevano sulla tavola, e tale era dopo che Gesù aveva reso grazie; proprio come il pane che Gesù distribuì ai cinquemila, dopo aver reso grazie, era esattamente lo stesso pane che era quando lo prese nelle sue mani. Era pane d’orzo quello che il ragazzo aveva con sé quel giorno, ed era pane d’orzo quello di cui la moltitudine ne mangiò; eppure mangiarono il corpo di Cristo. Quindi il pane della cena del Signore, sebbene fosse il pane ordinario che veniva mangiato in ogni famiglia ebrea in quel momento, non era altro che il corpo di Cristo. Le parole di Gesù sono assolute e inequivocabili e non ammettono alcuna interpretazione. Affermano un semplice fatto: “Questo è il mio corpo”.

Niente di irreale nella religione di Cristo

Non ci sono semplici cerimonie nella religione di Cristo. Nulla è fatto semplicemente per rappresentare qualcos’altro. Chiunque esegue qualcosa che Gesù ha comandato, come se fosse una mera rappresentazione di qualcos’altro, non importa quanto buono possa essere quel qualcos’altro, ha perso il potere di quell’azione. Gesù non si è lasciato andare alla recitazione e non ci dà alcun lavoro di finzione da fare. Seguendo i Suoi comandi, dobbiamo fare cose reali. Così nella Cena del Signore, noi prendiamo parte al corpo di Cristo, e non una mera rappresentazione del Suo corpo.

Nessuna magia o incantesimo sacerdotale

Si tenga presente che la partecipazione al corpo di Cristo nella cena del Signore è assolutamente indipendente da qualsiasi azione di qualsiasi sacerdote o ministro. È del tutto inutile perdere tempo a sostenere (cosa abbastanza vera) che il sacerdote non ha il potere di cambiare il pane nel corpo di Cristo; poiché la Scrittura ci dice che lo è già. “Questo è il mio corpo”. Non c’è alcuna magia in materia. È un dato di fatto. Il pane è il corpo di Cristo, perché la Sua Parola, che è la Sua vita, è la fonte da cui tutto viene, ed è la vita di tutto.

Per Ricordo

Gesù disse: “Fate questo in memoria di me”. Dobbiamo prendere il pane nella Cena del Signore, in memoria del fatto che Gesù è “la vita”. Proprio come negli intervalli dei nostri pasti viviamo del cibo che prendiamo in quelle stagioni, così negli intervalli delle occasioni in cui mangiamo la Cena del Signore, viviamo di ciò che poi prendiamo. Cioè, viviamo della Parola, la vita di Cristo. La Cena del Signore è una confessione pubblica che “Gesù Cristo è venuto nella carne”.

Mangiare e bere Dannazione

“Perciò chiunque mangia di questo pane o beve del calice del Signore indegnamente, sarà colpevole del corpo e del sangue del Signore” {1 Corinzi 11: 27}. Egli sarà nella condizione degli uomini che crocifissero Cristo, non vedendo in Lui il Signore della gloria. Che cosa si procura colui che mangia indegnamente? Segue la risposta: “Poiché chi ne mangia e beve indegnamente, mangia e beve un giudizio contro sé stesso, non discernendo il corpo del Signore” {1 Corinzi 11: 29}. E come mai si mangia e si beve indegnamente? “Non discernendo il corpo del Signore”. Come si può discernere il corpo del Signore e quindi evitare di mangiare e bere indegnamente? “Chi dubita è dannato se mangia, perché non mangia per fede; poiché tutto ciò che non è per fede è peccato”. E come si può mangiare per fede? Abbastanza facilmente; deve solo credere alle parole di Cristo: “Questo è il mio corpo”. È la fede che dà discernimento. Se crediamo alle parole della Scrittura, non avremo difficoltà a vedere il corpo di Cristo, che è la potenza di Dio, nei doni che Egli ci concede per mantenerci in vita.

Riconoscendo che tutta la Vita è di Cristo

Fede significa accettazione. “Ma a tutti coloro che lo hanno ricevuto, egli ha dato l’autorità di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome” {Giovanni 1: 12}. La fede accoglie Cristo nella vita interiore. La fede Lo prende per tutto ciò che è e tutto ciò che desidera essere per noi. Quindi, se mangiamo degnamente il corpo di Cristo, riconosciamo che Egli è la nostra vita e ci sottomettiamo a Lui, affinché possa dirigere la propria vita a modo Suo. Con la Cena del Signore intendiamo questo. Nel pane della Cena del Signore non riceviamo il corpo del Signore più di quanto riceviamo in un pasto ordinario (a condizione naturalmente che il pasto sia quello che il Signore stesso ci dà da mangiare), ma poi ricordiamo solennemente noi stessi del fatto, e far conoscere agli altri la nostra professione. In breve, la Cena del Signore è la nostra pubblica e solenne professione di fede nel fatto che non abbiamo vita se non in Cristo, e che riceviamo la Sua vita nel cibo che Egli ci dà da mangiare. La conoscenza di questa verità santifica e glorifica il mangiare e il bere. Chi vive nel costante riconoscimento di essa, mangia e beve alla gloria di Dio. Mangia e beve per fede, poiché viviamo del nostro cibo, è evidente che chi vive per fede deve mangiare per fede. E tale è giusto, perché l’uomo giusto è colui che vive per fede. Mangia e beve giustizia. “Riconoscilo in tutte le tue vie, ed egli raddrizzerà i tuoi sentieri” {Proverbi 3: 6}. Se ogni giorno e ogni ora ricorderemo e riconosceremo che non abbiamo vita se non la vita di Cristo che è venuto nella nostra carne. Egli si è impegnato a fare in modo che le nostre vie piacciano a Dio. Si assume la responsabilità su di Sé; la nostra parte è semplicemente riconoscere la Sua presenza e il Suo diritto al controllo.

Conseguenze del non riconoscere la vita

Quali sono le conseguenze del mangiare e del bere indegnamente, cioè del non discernere il corpo del Signore? – Ecco la risposta: “Per questa ragione fra voi vi sono molti infermi e malati, e molti muoiono” {1 Corinzi 11: 30}. Come è stato con Israele nel deserto? Mangiarono la manna, ma morirono. “Di molti di loro Dio non si compiacque, perché furono abbattuti nel deserto”. Perché non era molto contento di loro? Perché non credevano; perché “senza fede è impossibile piacergli” {Ebrei 11: 6}. Ogni giorno mangiavano di Cristo, il pane disceso dal cielo; ma poiché non mangiavano con fede e non riconoscevano il Suo corpo, caddero nel deserto.

Una conseguenza necessaria

Qualcuno potrebbe chiedere: “Perché dovrebbe seguire questo? Perché dovrebbero essere rovesciati semplicemente perché non hanno discernuto il corpo del Signore?” La risposta è che non potrebbe essere altrimenti. Il loro rovesciamento non fu una cosa arbitraria, ma fu il risultato naturale e inevitabile del loro non discernere il corpo del Signore nel cibo che Egli dava loro giorno per giorno. Così: poiché non riconobbero il Signore nel pane che Egli diede loro per la loro vita, naturalmente non si abbandonarono a Lui. Dal momento che non Lo riconoscevano come la loro vita – non una parte, ma il tutto – naturalmente si sarebbero arrogati il diritto di controllare le proprie azioni e di fare ciò che piaceva a loro. Questo è quello che hanno fatto; ed è quello che fanno tutti, solo nella misura in cui non riescono a discernere e riconoscere il corpo del Signore. Senza fede è impossibile piacere a Dio; perché chi non riconosce di non avere vita se non da Dio, naturalmente piacerà a sé stesso.

In ricordo di Cristo

Questo è vero oggi come lo era quando i figli d’Israele erano nel deserto dell’Arabia. L’uomo che non riconosce giorno per giorno il corpo di Cristo nei Suoi doni, mangia e beve la sua dannazione. È un’affermazione troppo forte? Chiunque ci pensi per un momento deve confessare che non lo è. “Tutto ciò che non è di fede è peccato”; e “l’ira di Dio viene sui figli della disobbedienza”. “Gli empi scenderanno nello Sceol; sí, tutte le nazioni che dimenticano DIO” {Salmi 9: 17}. Ora, non c’è cosa che gli uomini facciano più spesso del mangiare, se non respirare. Due o tre volte al giorno, e con alcuni anche più spesso, si siedono a tavola e mangiano cibo per il sostentamento della loro vita. E l’assunzione del cibo nel corpo è solo l’inizio del processo di ricezione; il lavoro iniziato dai denti e dalla lingua è continuato per ore dagli altri organi del corpo. Se dunque gli uomini non ricordano Dio nel cibo che mangiano, non si può dire che lo ricordino affatto. Ancora: tutta la nostra forza viene da ciò che mangiamo; se quindi non riconosciamo che la forza è del Signore, non gliela cederemo perché la controlli e la diriga; e questo significa ovviamente che faremo ciò che ci sembra giusto; e la fine di quella via è la morte.

Una questione di salute

Si vedrà che la Cena del Signore contiene una lezione sulla salute, in quanto ci insegna a mangiare e a bere. Stabilisce il modello per ogni pasto, poiché siamo del Signore, ogni pasto dovrebbe essere consumato come per Lui. Ora poiché secondo {1 Corinzi 11: 30}, l’incapacità di discernere il corpo del Signore è la causa per cui molti sono deboli e malati, e perché molti muoiono, ne consegue che se si discernesse il corpo del Signore, sarebbe il contrario. Se gli uomini discernessero il corpo del Signore, troverebbero forza e salute.

Mangia ciò che è buono

Ma affinché gli uomini possano discernere il corpo del Signore nel loro cibo, è necessario che mangino solo ciò di cui si può discernere chiaramente il suo corpo. Cioè, devono mangiare ciò in cui è contenuta la Sua vita nella Sua forma più pura, e che, come abbiamo visto all’inizio, è il cibo che cresce direttamente dalla terra. Partecipando a ciò, ottengono in prima persona la vita di Cristo. Non stanno accettando la malvagità che è venuta come risultato della maledizione. È vero che Dio ha dato all’uomo il permesso di mangiare carne, e così ha permesso all’uomo di praticare la poligamia, a causa della durezza dei loro cuori; “ma fin dall’inizio non era così.” Dal suolo Dio fa crescere il cibo. Nessuna creatura vivente può trovare qualcosa da mangiare se non ciò che cresce dal suolo; le bestie hanno bisogno esattamente degli stessi elementi nutritivi di cui ha bisogno l’uomo, e li trovano nella creazione vegetale; e l’unico cambiamento che gli elementi alimentari nelle piante subiscono nel corpo della bestia è la degenerazione; cosicché quando l’uomo mangia la carne degli animali, sta semplicemente, nel migliore dei casi, prendendo la vita a un gradino più lontano dalla mano di Dio. Prende cibo di seconda mano, cibo deteriorato dall’uso. Non si pretende affatto che tutta la religione si riassuma nell’astinenza dal cibo animale; solo che dal momento che viviamo dalla vita di Dio, dobbiamo essere diligenti nel mangiare quelle cose che contengono quella vita quasi nella sua pienezza. Questo vale per la purezza del proprio bere, e dell’aria che si respira, e per assicurarsi l’abbondanza del sole splendente e anche la perfetta pulizia. Dobbiamo vivere per fede; la fede viene solo dalla Parola di Dio: e “ogni parola di Dio è pura”; Dio non ha nulla a che fare con l’impurità di alcun tipo; quindi tutto ciò che non è puro non è della Parola di Dio, e quindi può non essere di fede. Ma per quanto puri possano essere l’aria, il cibo, le bevande e l’ambiente circostante, sebbene si tratti del corpo perfetto di Cristo, tuttavia se tutto non viene ricevuto nella fede, nel riconoscimento cosciente di Cristo, è come se non lo fosse. La storia dell’antico Israele lo dimostra. Avevano il cibo migliore, direttamente dal cielo, eppure morirono, perché non mangiarono con fede. Ma questo non deve in alcun modo essere preso come prova che ciò che si mangia o si beve non ha alcuna importanza. “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra cosa, fate tutte le cose alla gloria di Dio” {1 Corinzi 10: 31}. Questa è la somma di ogni pietà. E in questo si troverà la vita per il corpo così come per l’anima; poiché la pietà è utile a tutte le cose, avendo la promessa della vita presente e di quella futura”. Sperimenteremo la veridicità delle parole che Egli perdona tutte le nostre iniquità e guarisce tutte le nostre malattie. “E disse: «Se tu ascolti attentamente la voce dell’Eterno, il tuo DIO, e fai ciò che è giusto ai suoi occhi e porgi orecchio ai suoi comandamenti e osservi tutte le sue leggi io non ti manderò addosso alcuna delle malattie che ho mandato addosso agli Egiziani perché io sono l’Eterno che ti guarisco” {Esodo 15: 26}. “Servite all’Eterno, il vostro DIO, ed egli benedirà il tuo pane e la tua acqua; ed io allontanerò la malattia di mezzo a te” {Esodo 23: 25}. “Figlio mio, fa’ attenzione alle mie parole, porgi l’orecchio ai miei detti non si allontanino mai dai tuoi occhi, custodiscili nel centro del tuo cuore, perché sono vita per quelli che li trovano, guarigione per tutto il loro corpo” {Proverbi 4: 20-22}.

NOTA: E in questo si troverà la vita per il corpo così come per l’anima; poiché la pietà è utile a tutte le cose, avendo la promessa della vita che è ora e di quella che verrà “.

CAPITOLO 22 – ACQUA DALLA ROCCIA, ACQUA VIVA 

“Roccia dei secoli spaccata per me, lascia che mi nasconda in te”. “Poi tutta l’assemblea dei figli d’Israele partì dal deserto di Sin, marciando a tappe secondo gli ordini dell’Eterno, e si accampò a Redifim. Ma non c’era acqua da bere per il popolo. Allora il popolo contese con Mosè e disse: «Dacci dell’acqua da bere». Mosè rispose loro: «Perché contendete con me? Perché tentate l’Eterno?». Là il popolo ebbe sete di acqua e mormorò contro Mosè, dicendo: «Perché ci hai fatti salire dall’Egitto per farci morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Così Mosè gridò all’Eterno, dicendo: «Che farò io per questo popolo? Ancora un po’ ed essi mi lapideranno». L’Eterno disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te degli anziani d’Israele; prendi anche nella tua mano il tuo bastone col quale percuotesti il fiume, e va’. Ecco, io starò davanti a te, là sulla roccia in Horeb; tu percuoterai la roccia, ne scaturirà dell’acqua e il popolo berrà». Mosè fece così davanti agli occhi degli anziani d’Israele. Perciò chiamò quel luogo Massa e Meriba a motivo della contesa dei figli d’Israele, e perché avevano tentato l’Eterno, dicendo: «E’ l’Eterno in mezzo a noi, o no?” {Esodo 17: 1-7}. Abbiamo visto che nella manna, Dio dava al popolo cibo spirituale. Parimenti leggiamo, con riferimento all’avvenimento appena narrato, che essi “bevvero la medesima bevanda spirituale, perché bevevano dalla roccia spirituale che li seguiva; or quella roccia era Cristo” {1Corinzi 10: 4}.

L’acqua è vita

L’acqua è una delle cose più essenziali per la vita. In effetti, è la vita. Costituisce i due terzi del corpo umano. Senza un adeguato approvvigionamento idrico, sia gli animali che le piante cessano presto di esistere. Quella gente nel deserto sarebbe presto perita, se non fosse stata loro fornita l’acqua. Era quindi vita per loro. Chiunque ha sofferto la sete può rendersi conto vividamente come gli spiriti dei figli d’Israele si ravvivassero e in loro sgorgasse nuova vita, mentre bevevano quell’acqua fresca, frizzante e viva che sgorgava dalla roccia percossa.

Il Signore nostra Roccia

“E quella Roccia era Cristo”. Molte volte il Signore è rappresentato come una Roccia. “Il Signore è la mia roccia, la mia fortezza e il mio liberatore” {Salmi 18: 2}. “l’Eterno è giusto; egli è la mia Rocca e non vi è alcuna ingiustizia in lui” {Salmi 92: 15}. “Poiché io proclamo il nome dell’Eterno. Magnificate il nostro DIO! Egli è la Roccia, l’opera sua è perfetta, poiché tutte le sue vie sono giustizia. È un Dio di fedeltà e senza ingiustizia; egli è giusto e retto” {Deuteronomio 32: 3-4}. “Accostandovi a lui, come a pietra vivente, rigettata dagli uomini ma eletta e preziosa davanti a Dio, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per essere una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo” {1 Pietro 2: 4-5}.

La roccia che la gente vide nel deserto non era che un’immagine della Roccia, Gesù Cristo, che stava su di essa, ma che loro non videro. Quella roccia di selce non poteva da sola fornire acqua. Non c’era una scorta inesauribile immagazzinata al suo interno, che, una volta sfogata, avrebbe continuato a fluire sempre fresca e dolce. Non aveva vita. Ma Cristo, “L’Autore della Vita” si fermò su di essa, e fu da Lui che venne l’acqua. Non abbiamo bisogno di teorizzare, poiché la Scrittura ci dice chiaramente che il popolo beveva da Cristo. Questo doveva essere evidente a chiunque riflettesse un attimo sulla questione. In effetti, l’acqua fu data come risposta diretta alla domanda incredula: “Il Signore è in mezzo a noi o no?” Fornendo loro l’acqua dalla solida roccia silicea nel deserto arido, il Signore mostrò al popolo che Egli era veramente in mezzo a loro; perché nessuno se non Lui avrebbe potuto farlo.

Cristo fonte di vita

Ma non era semplicemente come ospite che era tra loro. Egli era la loro vita, e questo miracolo aveva lo scopo di insegnare loro questo. Sapevano che l’acqua era la loro unica speranza di vita e non potevano fare a meno di vedere che l’acqua che li vivificava proveniva direttamente dal Signore. Perciò chi si è fermato a pensare deve aver visto che Lui era la loro vita e il loro sostegno. Che lo sapessero o no, bevevano direttamente da Cristo, cioè ricevevano la Sua vita. Lui è “la fonte della vita” {Salmi 36: 9}. Là nel deserto “il glorioso Signore” era per il popolo “un luogo di fiumi e larghi corsi d’acqua” {Isaia 33: 21}.

Gli uomini dovrebbero essere più perspicaci del bestiame

Ha fatto tutta la differenza nel mondo se le persone hanno riconosciuto o meno Cristo come la fonte della loro vita. Se lo facevano, se bevevano fede, ricevevano vita spirituale dalla Roccia. Se non riconoscevano il Signore nel Suo dono di grazia, allora l’acqua non era per loro più di quanto lo fosse per il loro bestiame. “L’uomo che vive nelle ricchezze senza avere intendimento è simile alle bestie che periscono” {Salmi 49: 20}. Ma quando le persone con le loro capacità superiori non riconobbero Dio nei Suoi doni più del loro bestiame, si mostrarono ancora meno discernenti del bestiame. “Il bue riconosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone, ma Israele non ha conoscenza e il mio popolo non ha intendimento” {Isaia 1: 3}. In vista del miracolo dell’acqua dalla Roccia, il Signore stesso, possiamo comprendere meglio la forza delle Sue parole quando in seguito espresse così la grandezza del peccato del Suo popolo che si era allontanato da Lui.  “Stupitevi, o cieli, di questo; inorridite e siate grandemente desolati», dice l’Eterno. “Poiché il mio popolo ha commesso due mali: ha abbandonato me, la sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne rotte, che non tengono l’acqua” {Geremia 2: 12-13}.

Bere nella giustizia

Il salmista disse del Signore: “Egli è la mia Rocca e non vi è alcuna ingiustizia in lui” {Salmi 92: 15}. La Sua vita è Giustizia. Perciò quelli che vivono per fede in Lui vivono una vita giusta. L’acqua che usciva dalla Roccia, nel deserto, era per la vita del popolo. Era la vita stessa di Cristo. Se, quindi, bevendola avessero riconosciuto la fonte da cui proveniva, avrebbero bevuto la Sua Giustizia e sarebbero stati benedetti con la Giustizia; poiché sta scritto: “Beati coloro che sono affamati e assetati di giustizia, perché essi saranno saziati” {Matteo 5: 6}. Se abbiamo sete di Giustizia e siamo saziati, è solo bevendo la Giustizia di cui abbiamo sete.

La fontana ancora disponibile

Gesù Cristo è la fonte di acqua viva. Quindi, quando la donna di Samaria si stupì che le chiedesse da bere mentre veniva ad attingere al pozzo di Giacobbe, le disse: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe dato dell’acqua viva” {Giovanni 4: 10}. E poi, mentre lei ancora si meravigliava delle Sue parole, aggiunse: “Chiunque beve di quest’acqua, avrà ancora sete,ma chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà mai più sete in eterno; ma l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che zampilla in vita eterna” {Giovanni 4: 14}.

Chi può bere

Quest’acqua viva può essere bevuta ora da “chiunque lo voglia”. “E lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E chi ode dica: «Vieni». E chi ha sete, venga; e chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita” {Apocalisse 22:17}.

Il fiume della vita

Quest’acqua di vita, che tutti sono invitati a bere liberamente, è il “puro fiume d’acqua di vita, limpido come il cristallo, che scaturisce dal trono di Dio e del Agnello” {Apocalisse 22: 1}. Procede da Cristo, perché quando Giovanni vide il trono, da cui viene l’acqua della vita, vide “in mezzo al trono un Agnello come era stato immolato, con sette occhi, che sono i sette Spiriti di Dio mandati per tutta la terra” {Apocalisse 5: 6}.

L’acqua della vita sgorga dal Calvario

Se guardiamo al Calvario, lo vedremo ancora più chiaramente. Mentre Gesù era appeso alla croce, “uno dei soldati con una lancia gli colpì il costato e subito ne uscì sangue e acqua” {Giovanni 19: 34}. Ora “Tre ancora sono quelli che rendono testimonianza sulla terra: lo Spirito, l’acqua e il sangue; e questi tre sono d’accordo come uno” {1 Giovanni 5: 8}. Sappiamo che “il sangue è la vita”, e che “lo Spirito è vita a motivo della giustizia” {Romani 8: 10}; quindi poiché lo Spirito e l’acqua e il sangue concordano in uno, l’acqua deve essere anche l’acqua della vita. Sulla croce Cristo ha effuso la Sua vita per l’umanità. Il Suo corpo era il tempio di Dio, e nel Suo cuore Dio era in trono; così l’acqua della vita che sgorgò dal Suo costato ferito era la stessa acqua della vita che sgorga dal trono di Dio, dalla quale tutti possiamo bere e vivere. Il Suo cuore è la fonte aperta “per il peccato e per l’impurità”.

Lo Spirito Santo L’Acqua della Vita

È lo Spirito di Dio che ci porta quest’acqua di vita; o meglio, è ricevendo lo Spirito Santo che riceviamo l’acqua della vita; e questo lo facciamo mediante la fede in Cristo, che è rappresentato dallo Spirito Santo. L’ultimo giorno della festa delle Capanne,”Gesú si alzò in piedi ed esclamò dicendo: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, da dentro di lui sgorgheranno fiumi d’acqua viva». Or egli disse questo dello Spirito, che avrebbero ricevuto coloro che avrebbero creduto in lui” {Giovanni 7: 37-39}. In linea con questo fatto che lo Spirito di Dio è “l’acqua viva”, sono i testi che parlano dello Spirito che viene “versato”, “sparso” o versato su di noi. Dice il Signore: “Poiché io spanderò acqua sull’assetato e ruscelli sulla terra arida; spanderò il mio Spirito sulla tua progenie, e la mia benedizione sui tuoi discendenti. Essi cresceranno in mezzo all’erba come salici lungo corsi d’acqua” {Isaia 44: 3-4}.

Cristo crocifisso esposto davanti agli israeliti nel deserto

Lo Spirito Santo ricevuto nel cuore ci porta la vita stessa di Cristo, anche quella “vita eterna che era presso il Padre e che è stata manifestata a noi” {1 Giovanni 1: 2}. Chi riceve volentieri lo Spirito Santo, riceve l’acqua della vita, che è identica al sangue di Cristo, che purifica da ogni peccato. Questa sarebbe stata la parte degli Israeliti nel deserto, se avessero bevuto con fede. Nella roccia che Mosè colpì, avevano, proprio come i Galati ai tempi di Paolo, Gesù Cristo “è stato ritratto crocifisso fra voi?”. Stavano ai piedi della croce di Cristo, proprio come i Giudei che accorsero da Gerusalemme al Calvario. Molti di loro non conoscevano il giorno della loro visita, e così perirono nel deserto, proprio come gli ebrei successivi non conobbero Cristo crocifisso, e così perirono nei loro peccati nella distruzione di Gerusalemme. “Ma a tutti coloro che lo hanno ricevuto, egli ha dato l’autorità di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome” {Giovanni 1: 12}.

Niente scuse

Gli Israeliti, ai giorni di Mosè, non avevano scuse per non conoscere il Signore, poiché Egli si era fatto riconoscere da loro mediante molti potenti miracoli. Non c’era scusa per non riconoscerlo come “l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo”, poiché avevano la prova quotidiana che Egli era la loro vita; la roccia percossa parlava loro continuamente della Roccia della loro salvezza che versava la Sua vita per loro dal Suo costato colpito.

Fiumi di gioia

I riscattati del Signore devono venire a Sion con canti, ma non devono essere canti forzati. Canteranno perché sono felici; perché nient’altro che il canto esprimerà la loro gioia. “Voi attingerete con gioia l’acqua dalle fonti della salvezza” {Isaia 12: 3}. Questa gioia è la gioia del Signore. Li nutre con il pane del cielo e fa bere loro il fiume dei Suoi piaceri. Cioè, dà loro Sé stesso. Ma quando il Signore ci dona Sé stesso, non c’è più niente da dare. “Certamente colui che non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà anche tutte le cose con lui?” {Romani 8: 32}. Dio dà Sé stesso a noi donandoci la Sua vita in Cristo; e questo fu espresso agli Israeliti nel dare l’acqua della vita, che veniva da Cristo. Quindi sappiamo che tutto ciò che il Vangelo di Cristo ha per gli uomini, era lì per i figli di Israele nel deserto.

L’Alleanza il dono dell’acqua della vita

Abbiamo già appreso che la promessa ad Abramo era il Vangelo. Il giuramento che ha confermato quella promessa è il giuramento che ci dà una forte consolazione quando cerchiamo rifugio in Cristo, nel luogo santo di Dio. Era per assicurare agli Israeliti la libera grazia di Dio, e che avrebbero potuto bere la vita di Cristo, se avessero creduto, che l’acqua veniva dalla Roccia. Era per assicurarli che la benedizione di Abramo, che è il perdono dei peccati mediante la giustizia di Dio in Cristo, era per loro. Ciò è dimostrato dalle parole: “Aperse la roccia e ne scaturirono acque; esse scorrevano nel deserto come un fiume. Poiché egli si ricordò della sua santa promessa, fatta ad Abrahamo, suo servo” {Salmi 105: 41-42}.

La Croce sempre presente

Gesù Cristo è “l’Agnello, che è stato ucciso fin dalla fondazione del mondo” {Apocalisse 13: 8}, che in verità fu “preconosciuto prima della fondazione del mondo” {1 Pietro 1: 20}. La croce di Cristo non è cosa di un giorno, ma sta dovunque ci sono peccatori da salvare, fin dalla caduta. È sempre presente, affinché continuamente i credenti possano dire con Paolo: “Io sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo” {Galati 2: 20}. Non dobbiamo guardare indietro per vedere la croce, così come gli uomini dei tempi più antichi non dovevano guardare avanti per vederla. Sta con le sue braccia tese attraversando i secoli dall’Eden perduto fino all’Eden restaurato, e sempre e ovunque gli uomini devono solo alzare lo sguardo, per vedere Cristo “innalzato da terra” che li attira a Sé con il Suo amore eterno, che scorre verso loro in un flusso vivente.

CAPITOLO 23 – LA PRESENZA REALE

Nel loro mormorio per l’acqua la gente aveva detto: “E’ l’Eterno in mezzo a noi, o no?” {Esodo 17: 7}. Il Signore ha risposto a questa domanda nel modo più pratico. Egli si fermò sulla roccia in Horeb e diede loro dell’acqua perché potessero bere e vivere. Era davvero lì di persona. Era la Sua reale presenza. Tuttavia, era lì perché non potevano vederlo. E siccome dava loro prova che non era lontano da ognuno di loro, così, se Lo avessero cercato per fede, Lo avrebbero trovato e accolto, e la Sua presenza reale sarebbe stata in loro per mezzo dell’acqua che bevevano, nonché dal cibo che mangiavano.

Il visibile e l’invisibile

Con le cose che si vedono, Dio ci insegna la realtà delle cose che non si vedono. Le cose che gli occhi mortali non possono vedere sono infinitamente più reali e durature di quelle che i nostri occhi vedono. “Poiché le cose che si vedono sono solo per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne” {2 Corinzi 4: 18}. Ci sono raggi di luce assolutamente invisibili, ma più potenti di quelli di cui i nostri occhi si accorgono. Il vapore invisibile, che sale continuamente dalla terra, è tanto reale quanto lo è la pioggia, nella quale forma poi scende a fiumi. I figli d’Israele bevvero l’acqua della roccia nel deserto, e quella roccia era Cristo; ma l’acqua che bevvero non era affatto diversa da quella che avevano bevuto spesso prima. Ha placato la sete di uomini e bestie e ravvivato la vegetazione, proprio come fanno altri corsi d’acqua. Era proprio l’acqua che ora sgorga dalle rocce delle montagne. Molti di noi l’hanno vista sgorgare pura e fresca dalla faccia di una roccia; e chi non si è soffermato a lungo a contemplare e a meravigliarsi del suo scorrere incessante? Abbiamo forse pensato, guardando così, che l’acqua provenisse direttamente da Cristo come quella nel deserto del Sinai? In caso contrario, non abbiamo motivo di meravigliarci della cecità dei figli d’Israele nel deserto, né di rimproverarli per la loro incredulità e durezza di cuore.

La fonte dell’acqua

Da dove viene l’acqua che beviamo ogni giorno? – “Dalla terra”, si dirà. Molto bene; questo è vero; ma la terra stessa la produce? C’è un serbatoio d’acqua all’interno della terra, che si riempie e consente ai ruscelli di “continuare per sempre?” Non c’è qualcosa di meraviglioso nell’approvvigionamento costante? – “Oh, no; l’approvvigionamento d’acqua sulla terra è mantenuto costante dalla pioggia che cade dal cielo”. Sì, questo è verissimo e molto evidente; ma come fa l’acqua ad entrare nei cieli? – “Oh, non lo sai? Sale dalla terra in vapore, e si forma in nubi.” Solo così; e questo ci porta alla nostra prima domanda. Come fa a entrare nella terra? – “Beh, te l’ho appena detto; viene dai cieli”. Ah sì; proprio così; viene alla terra dalle nuvole, e le nuvole lo ricevono dalla terra, per restituirlo alla terra; e così va avanti in un giro incessante. Ma la nostra domanda è ancora senza risposta: da dove viene l’acqua che beviamo? Esiste di per sé? C’è solo una risposta possibile; siamo chiusi al fatto che viene da Dio, dal Suo trono. Se crediamo alla Parola, possiamo sapere che beviamo direttamente da Cristo come fecero gli Israeliti nel deserto. Egli fece il cielo e la terra, il mare e le fonti d’acqua. “Tutte le cose sussistono in lui” {Colossesi 1: 17}. La pioggia dal cielo viene direttamente da Lui. “Ma l’Eterno è il vero DIO egli è il DIO vivente e il re eterno… Quando emette la sua voce c’è un fragore di acque nel cielo; egli fa salire i vapori dalle estremità della terra” {Geremia 10: 10-13}. Egli è “il Dio vivente” e le operazioni della “natura” non sono altro che manifestazioni della Sua incessante attività. “Egli radunò le acque del mare come in un mucchio e ripose gli abissi in serbatoi” {Salmi 33: 7}. Davide aveva padroneggiato questo fatto della scienza, quando così si rivolse al Signore: “Tu fai esplodere grida di gioia dall’oriente e dall’occidente. Tu visiti la terra e la fai sovrabbondare, l’arricchisci grandemente; il fiume di DIO è pieno d’acqua; tu procuri agli uomini il loro frumento, dopo che hai così preparata la terra” {Salmi 65: 8-9}.

Coloro che accolgono la Parola di Dio possono vedere in tutti questi «doni della natura» il dono dello Spirito di Dio.

Abituarsi ai miracoli

Senza dubbio gli israeliti nel deserto smisero presto di considerare miracoloso lo scorrere dell’acqua dalla roccia. Senza dubbio molti di loro non ci hanno mai pensato, nemmeno all’inizio, se non che offriva loro appagamento per la loro sete. Ma mentre scorreva anno dopo anno e diventava una cosa familiare, la sua meraviglia diminuì e alla fine cessò del tutto. Nacquero bambini, ai quali era come se fosse sempre stato; a loro sembrava solo un prodotto di “cause naturali”, come fanno le sorgenti che ora possiamo vedere provenire dalla terra; e così la grande Sorgente fu dimenticata, proprio come lo è ora. Siate certi che coloro che attribuiscono tutto alla “natura”, e che non riconoscono e glorificano Dio come l’immediata fonte dei doni terreni, farebbero lo stesso in cielo, se fossero ammessi in quel luogo. Per loro il fiume della vita scorre eternamente dal trono di Dio, non sarebbe che “uno dei fenomeni della natura”. Non l’hanno vista cominciare a fluire, e la considererebbero una cosa ovvia, e non glorificherebbero Dio per questo. L’uomo che non riconosce Dio nelle Sue opere in questo mondo ne sarebbe altrettanto indifferente a Lui nel mondo a venire. La lode a Dio, che uscirà dalle labbra dei redenti nell’eternità, non sarà che il coro pieno del canto di cui hanno suonato i primi sulla terra. “Or l’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché sono follia per lui, e non le può conoscere, poiché si giudicano spiritualmente.Ma colui che è spirituale giudica ogni cosa ed egli non è giudicato da alcuno” {1 Corinzi 2: 14-15}. Nel mondo a venire avremo corpi spirituali {1 Corinzi 15: 44-45}, in modo che saremo in grado di vedere le cose spirituali, anche lo Spirito di Dio, così chiaramente come ora vediamo uomini e alberi e ruscelli su questa terra. Lo Spirito di Dio, la vita di Dio sarà visibile, sgorgando dal trono in un flusso senza fine. Ovunque sulla nuova terra un uomo trovi anche il più piccolo ruscello, saprà che è una delle ramificazioni del fiume della vita, e che se lo segue, lo porterà faccia a faccia con Dio sul Suo trono. Anche così dovrebbe essere adesso. In ogni corso d’acqua e in ogni pioggia che cade, dovremmo riconoscere il dono dello Spirito Santo, Colui che è la vita e la realtà di tutte le cose buone, e tutta l’acqua che benedice la terra dovrebbe condurre le nostre anime direttamente a Dio. Così dovremmo bere nella giustizia. Per noi “La verità germoglierà dalla terra e la giustizia guarderà dal cielo” {Salmi 85: 11}. “Stillate, o cieli, dall’alto e le nuvole facciano piovere la giustizia” {Isaia 45: 8}. Questo riconoscimento di Dio in tutte le nostre vie ci impedirebbe di essere orgogliosi egoisti e di vanagloriosa fiducia nelle nostre “capacità naturali”. Dovremmo continuamente prestare attenzione alle parole: “Che cosa infatti ti rende diverso? Che cosa hai tu che non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché ti glori come se non l’avessi ricevuto?” {1 Corinzi 4: 7}.

Questo ci manterrebbe sulla retta via, poiché la promessa è: “Egli guiderà i mansueti nella giustizia e insegnerà la sua via agli umili” {Salmi 25: 9}. Invece della nostra debole, stolta sapienza, dobbiamo avere la sapienza di Dio. Colui che non vede la vita stessa di Dio e il dono dello Spirito nell’acqua che Dio ci dà ora, non vedrebbe nulla di meraviglioso nel fiume della vita che scorre dal trono di Dio, se dovesse salire in cielo.Se si fa grazia all’empio, egli non imparerà la giustizia; agirà perversamente nel paese della rettitudine e non potrà vedere la maestà dell’Eterno” {Isaia 26: 10}. Non potrebbe nemmeno vedere quel fiume, se fosse lì; perché è un diluvio spirituale; e chi non sviluppa ora una natura spirituale, per vedere lo Spirito di Dio, non avrà mai un corpo spirituale con cui entrare nel regno. Chi non ha una natura spirituale, non potrebbe usare un corpo spirituale. Dio dona “lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce; ma voi lo conoscete, perché dimora con voi e sarà in voi” {Giovanni 14: 17}, ma i credenti lo conoscono, perché “Quel che era dal principio, la vita, è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza” {1 Giovanni 1: 1-2}. “Il Verbo si è fatto carne” in Gesù Cristo, per dimostrare in persona vivente che lo spirituale è reale e tangibile.

Dio un essere reale

Dio non è un mito. Lo Spirito Santo non è un mito. La sua presenza è reale quanto Lui stesso. Quando Cristo dice: “Ecco, io sto alla porta e busso, se qualcuno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui ed egli con me” {Apocalisse 3: 20}. lo intende per un fatto reale; Egli dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui” {Giovanni 14: 23}. Egli non intende ingannarci con un fantasma per mostrare a tutti gli uomini la possibilità e la perfezione di ciò. E proprio come Egli viene ora nella carne, a tutti coloro che lo accolgono, così fece nei giorni antichi, quando Israele era nel deserto, sì, anche ai giorni di Abramo e Abele. Possiamo stancarci di speculare su come sia possibile, e morire di fame spirituale mentre esitiamo, oppure possiamo “gustare e vedere quanto il Signore è buono” e trovare alla Sua presenza soddisfazione e “pienezza di gioia”.

Riconoscere Dio

“Poiché, pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno però glorificato né l’hanno ringraziato come Dio, anzi sono divenuti insensati nei loro ragionamenti e il loro cuore senza intendimento si è ottenebrato. Dichiarandosi di essere savi, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria dell’incorruttibile Dio in un’immagine simile a quella di un uomo corruttibile, di uccelli, di bestie quadrupedi e di rettili. E siccome non ritennero opportuno conoscere Dio, Dio li ha abbandonati ad una mente perversa, da far cose sconvenienti,essendo ripieni d’ogni ingiustizia fornicazione, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d’invidia, omicidio, contesa frode, malignità” {Romani 1: 21-23, 28-29}. Così fu anche per gli Israeliti, ai quali fu permesso di vedere alcune delle meravigliose opere di Dio in modo meraviglioso, ma che non Lo riconobbero in esse. “E in quei giorni fecero un vitello, offrirono un sacrificio all’idolo e si rallegrarono nell’opera delle loro mani” {Atti 7: 41}. “E mutarono la loro gloria con l’immagine di un bue che mangia l’erba. Dimenticarono DIO, loro Salvatore, che aveva fatto cose grandi in Egitto, prodigi nel paese di Cam, cose tremende al Mar Rosso” {Salmi 106: 20-22}. Ma questo non doveva accadere; non deve accadere ora. Dio stava portando i figli d’Israele per piantarli sul monte della Sua eredità, nel luogo che si era fatto per abitare, il Santuario, che le Sue mani avevano stabilito; e mentre erano in cammino, voleva che partecipassero alle delizie di quel luogo. Quindi diede loro l’acqua direttamente da Sé stesso, per mostrare loro che per fede potevano anche allora avvicinarsi al Suo trono e bere l’acqua della vita che ne scaturisce.

Dimorare nella casa del Signore

La stessa lezione è per noi. Dio non desidera che aspettiamo fino a quando l’immortalità ci viene conferita prima di poter condividere le gioie della città celeste. Per il sangue di Cristo abbiamo il coraggio di entrare anche nel luogo santissimo del Suo santuario. Siamo invitati ad accostarci coraggiosamente al Suo trono di grazia per trovare misericordia. La Sua grazia, o favore, è la vita, e scorre in un flusso vivo. Sicuramente poiché ci è permesso di venire al trono di Dio, da cui scorre il fiume della vita, non c’è nulla che impedisca di berne, specialmente quando Egli lo offre liberamente {Apocalisse 22: 17}. “Beati coloro che abitano nella tua casa e ti lodano del continuo” {Salmi 84: 4}. Se nelle cose che vediamo apprendiamo cose che non si vedono, se contempliamo e riconosciamo Dio in tutte le Sue opere e in tutte le nostre azioni, allora anche su questa terra abiteremo alla presenza immediata di Dio e Lo loderanno del continuo, come fanno gli angeli nel cielo. “Quelli che sono piantati nella casa dell’Eterno fioriranno nei cortili del nostro DIO. Porteranno ancora frutto nella vecchiaia e saranno prosperi e verdeggianti, per proclamare che l’Eterno è giusto; egli è la mia Rocca e non vi è alcuna ingiustizia in lui” {Salmi 92: 13-15}. “O DIO, quanto è preziosa la tua benignità! Perciò i figli degli uomini si rifugiano sotto l’ombra delle tue ali;essi si saziano dell’abbondanza della tua casa, e tu li disseti al torrente delle tue delizie.Poiché presso di te è la fonte della vita, e per la tua luce noi vediamo la luce” {Salmi 36: 7-9}.

L’Eden quaggiù

Osserva quell’espressione: “Farai bere loro il fiume dei tuoi piaceri”. La parola ebraica resa “piacere” è Eden. Eden significa piacere o delizia. Il giardino dell’Eden è il giardino delle delizie. Quindi il testo dice davvero che coloro che dimorano nel luogo segreto di Dio, dimorando all’ombra dell’Onnipotente, saranno abbondantemente saziati della grassezza della Sua casa e berranno del fiume dell’Eden, che è il fiume della vita di Dio. Questa è la parte dei credenti anche adesso; e possiamo saperlo con la stessa certezza con cui gli Israeliti bevvero l’acqua dalla roccia, noi viviamo giorno per giorno grazie ai doni della Sua mano. Anche ora per fede possiamo rinfrescare le nostre anime bevendo dal fiume dell’acqua della vita e mangiando “la manna nascosta”. Possiamo mangiare e bere la giustizia mangiando e bevendo la carne e il sangue del Figlio di Dio. Ma Dio benedice gli uomini solo affinché possano a loro volta essere una benedizione per gli altri. Ad Abramo Dio disse: “Ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai una benedizione”; così deve essere con tutta la sua discendenza. Così leggiamo di nuovo le parole di Cristo, che possono essere adempiute per noi oggi, e ogni giorno, se solo le crediamo: – “Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, da dentro di lui sgorgheranno fiumi d’acqua viva». Or egli disse questo dello Spirito, che avrebbero ricevuto coloro che avrebbero creduto in lui”. {Giovanni 7: 38-39}. Come Cristo era il tempio di Dio e il Suo cuore il trono di Dio, così noi siamo i templi di Dio, affinché Egli abiti in noi. Ma Dio non può essere confinato. Lo Spirito Santo non può essere sigillato ermeticamente nel cuore. Se Egli è lì, risplenderà la Sua gloria. Se l’acqua della vita è nell’anima, scorrerà verso gli altri. Come Dio era in Cristo riconciliando il mondo a Sé, così prende dimora nei Suoi veri credenti, mettendo in loro la parola della riconciliazione, rendendoli Suoi rappresentanti al posto di Cristo per riconciliare gli uomini a Sé. Ai Suoi figli adottivi è concesso il meraviglioso privilegio di condividere l’opera del Suo unigenito Figlio. Come Lui possono anche diventare ministri dello Spirito; non semplici ministri inviati dallo Spirito, ma coloro che serviranno lo Spirito. Così, mentre diventiamo le dimore di Dio, per riprodurre di nuovo Cristo davanti al mondo, e da noi sgorgano ruscelli vivi per rinfrescare i deboli e gli stanchi, il cielo si rivela sulla terra. Questa è la lezione che Dio ha voluto che gli Israeliti imparassero alle acque di Meriba, ed è ciò che sta ancora pazientemente cercando di insegnarci, anche se noi come loro abbiamo mormorato e ci siamo ribellati. Non lo impareremo adesso? “Felice è il popolo che si trova in tal caso; sì, felice è il popolo il cui Dio è il Signore”.

CAPITOLO 24 – L’INTERVENTO DELLA LEGGE

“Or la legge intervenne affinché la trasgressione abbondasse; ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata, affinché come il peccato ha regnato nella morte, così anche la grazia regni per la giustizia a vita eterna per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore” {Romani 5: 20-21}. L’oggetto dell’intervento della legge al Sinai era che “affinché la trasgressione abbondasse”. Non che ci possa essere più peccato; poiché siamo avvertiti di non continuare nel peccato affinché la grazia possa abbondare, è evidente che Dio, il Giusto non aumenterebbe deliberatamente il peccato per avere l’opportunità di mostrare più grazia. La legge non è peccato, ma ha l’effetto con la sua propria giustizia, di causare “di mostrare il peccato”, “affinché il peccato divenisse estremamente peccaminoso per mezzo del comandamento” {Romani 7: 13}. Lo scopo, dunque, dell’entrata della legge nel Sinai, era di far risaltare nella sua vera natura ed estensione il peccato che già esisteva, in modo che la grazia sovrabbondante di Dio potesse essere apprezzata nel suo vero valore.

Il peccato e la legge già esistente

L’entrata in vigore della legge fece abbondare la trasgressione. Ma la legge faceva abbondare il peccato già esistente; “perché, fino a che fu promulgata la legge, il peccato era nel mondo”. Quindi la legge era anche nel mondo prima che fosse data sul Sinai, così come dopo, poiché “il peccato non è imputato se non vi è legge” {Romani 5: 13}; e il peccato fu imputato ad Adamo, il «solo uomo», mediante il quale «entrò nel mondo» {Romani 5: 12}. Allo stesso modo i peccati di molti dei suoi discendenti, prima dei giorni di Mosè, sono specificatamente registrati nella Bibbia. Ad Isacco, Dio disse: “Perché Abrahamo ubbidì alla mia voce e osservò i miei ordini, i miei comandamenti, i miei statuti e le mie leggi” {Genesi 26: 5}. La benedizione di Abramo fu quella dei peccati perdonati, “Poi ricevette il segno della circoncisione, come sigillo della giustizia della fede che aveva avuto mentre era ancora incirconciso, affinché fosse il padre di tutti quelli che credono anche se incirconcisi, affinché anche a loro sia imputata la giustizia” {Romani 4: 11}. Prima che i figli d’Israele arrivassero al Sinai; quando la manna cadde per la prima volta, Dio disse che gli stava dimostrando “se camminerà o no secondo la mia legge” {Esodo 16: 4}.

Niente di nuovo al Sinai

È evidente, quindi, che l’emanazione della legge sul Sinai non fece alcuna differenza nel rapporto che già esisteva tra gli uomini e Dio. Non è stato introdotto nulla di nuovo. La stessa legge esisteva prima di quel tempo, avendo lo stesso effetto, vale a dire, per mostrare agli uomini che erano peccatori; e tutta la giustizia che la legge esige, e tutto ciò che è possibile per qualsiasi uomo, era stato posseduto da uomini di fede, di cui Enoc e Abramo sono esempi notevoli. L’unico motivo, quindi, per dare la legge sul Sinai, era quello di dare agli uomini un senso più vivo della sua terribile importanza, e della terribile natura del peccato che essa proibisce, e di indurli a confidare in Dio, invece di sé stessi.

La maestà della legge

Si calcolava che le circostanze che accompagnarono la promulgazione della legge producessero questo effetto. Nessun evento simile di terribile maestà e potere era mai stato visto dall’uomo. Né è stato visto da allora. L’evento del dare la legge sul Sinai sarà parallelo e superato solo dalla seconda venuta di Cristo, “per vendicarsi di coloro che non conoscono Dio e che non obbediscono al Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo», e «per essere glorificato nei suoi santi e ammirato in tutti coloro che credono» {2 Tessalonicesi 1: 8-10}.

Fuoco e fumo

Alla data della legge, “Or il monte Sinai era tutto fumante, perché l’Eterno era disceso su di esso nel fuoco” {Esodo 19: 18}. Al secondo avvento “il Signore stesso con un potente comando, con voce di arcangelo con la tromba di Dio discenderà dal cielo” {1 Tessalonicesi 4: 16}, “in un fuoco fiammeggiante” {2 Tessalonicesi 1: 18}.

Tutti gli Angeli presenti

Quando Dio venne sul Sinai, emanando dalla Sua mano destra “una legge ardente” per il Suo popolo, “è giunto da mezzo delle miriadi dei santi” {Deuteronomio 33: 1-2}. Gli angeli di Dio, gli eserciti del cielo, erano tutti presenti alla promulgazione della legge. Ma molto prima di quel tempo, Enoc, il settimo da Adamo, aveva profetizzato della seconda venuta di Cristo, dicendo: “Ecco, il Signore è venuto con le sue sante miriadi” {Giuda 1: 14-15}; “quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i santi angeli” {Matteo 25: 31}.

La legge di Dio esposta

Dio è sceso sul Sinai per proclamare al Suo popolo la Sua santa legge. “Dalla sua destra usciva per essi una legge di fuoco” {Deuteronomio 33: 2}. Quella legge data al Sinai era una descrizione verbale della giustizia di Dio. Ma quando Egli verrà la seconda volta, “i cieli proclameranno la sua giustizia, perché è DIO stesso il giudice” {Salmi 50: 6}.

“La Tromba di Dio”

Per annunciare la presenza di Dio sul Sinai, in stato regale, “il suono della tromba andava facendosi sempre più forte” {Esodo 19: 19}. Così la seconda venuta di Cristo sarà annunciata dalla tromba di Dio. “In un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba; la tromba infatti suonerà, i morti risusciteranno incorruttibili e noi saremo mutati” {1 Corinzi 15: 52}, poiché “Ed egli manderà i suoi angeli con un potente suono di tromba, ed essi raccoglieranno i suoi eletti dai quattro venti, da una estremità dei cieli all’altra” {Matteo 24: 31}.

La voce di Dio

Quando la tromba suonò a lungo e forte sul Sinai, “Mosè parlava, e DIO gli rispondeva con una voce tonante” {Esodo 19: 19}. Allora Dio pronunciò tutte le parole dei dieci comandamenti “di mezzo al fuoco, alla nuvola e a densa oscurità, con voce forte; e non aggiunse altro” {Deuteronomio 5: 22}. Allo stesso modo, “Il nostro DIO verrà e non se ne starà in silenzio; lo precederà un fuoco divorante, e intorno a lui ci sarà una grande tempesta. Egli convocherà i cieli di sopra e la terra, per giudicare il suo popolo” {Salmi 50: 3-4}, “perché il Signore stesso con un potente comando, con voce di arcangelo con la tromba di Dio discenderà dal cielo” {1 Tessalonicesi 4: 16}. Ma qui la venuta del Signore nel giudizio sarà più grande della Sua venuta a proclamare la Sua legge: perché allora nessuno del popolo Lo vide.

La presenza di Dio: visibile e invisibile

“E l’Eterno vi parlò dal mezzo del fuoco; voi udiste il suono delle parole, ma non vedeste alcuna figura; udiste solo una voce” {Deuteronomio 4: 12}. Ma quando verrà la seconda volta, “ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo hanno trafitto; e tutte le tribù della terra faranno cordoglio per lui” {Apocalisse 1: 7}.

La Terra Tremante

Infine, l’effetto della voce di Dio: quando Dio pronunciò la Sua legge dal Sinai, “e tutto il monte tremava forte” {Esodo 19: 18}. “la terra tremò; anche i cieli stillarono acqua alla presenza di DIO, lo stesso Sinai tremò alla presenza di DIO, al DIO d’Israele” {Salmi 68: 8}. “Allora la terra fu scossa e tremò” {Salmi 18: 7}. Ma ancora maggiore sarà l’effetto di quella voce al secondo avvento. Dal Sinai, la Sua “voce scosse allora la terra, ma che ora ha fatto questa promessa, dicendo: “Ancora una volta io scuoterò non solo la terra, ma anche il cielo” {Ebrei 12: 26}. “I cieli passeranno con gran rumore”, perché “le potenze dei cieli saranno scosse”. Similitudini meravigliose troviamo tra la venuta del Signore per dare la legge sul Sinai e la Sua venuta per giudicare alla fine del mondo; e, studiando, troveremo che le somiglianze non sono affatto accidentali.

Il ministero della morte 

“Ora il dardo della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge” {1 Corinzi 15: 56}.

La Legge rende manifesto il peccato

La legge è entrata allo scopo di far risaltare nel più ardito rilievo i peccati del popolo. Il peccato che giace dormiente, e del cui potere siamo inconsapevoli perché non siamo mai entrati in combattimento mortale con esso, scaturisce nella vita e nell’attività quando entra la legge. “perché senza la legge, il peccato è morto” {Romani 7: 8-9}. La legge presenta il peccato nel suo vero carattere e grandezza, e lo arma del suo potere: il potere della morte. “…Mediante la legge infatti vi è la conoscenza del peccato” {Romani 3: 20}. Indicare il peccato e mostrarne l’orrenda forza è l’unico compito della legge.

Rapporto tra peccato e morte

Ma la morte viene dal peccato. “Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per mezzo del peccato la morte, così la morte si è estesa a tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” {Romani 5: 12}. Dove va il peccato, là va la morte. Il peccato non si limita a portare con sé la morte; lo porta nel suo seno. Il peccato e la morte sono inseparabili; ognuno è una parte dell’altro. È impossibile socchiudere la porta abbastanza da permettere al peccato di insinuarsi e di escludere la morte. Se la crepa non è mai così piccola, se è abbastanza grande da ammettere il peccato, la morte viene con essa.

La Legge produce ira

Poiché il peccato esisteva già prima che la legge entrasse nel Sinai, l’entrata della legge proclamava una maledizione, “perché sta scritto: “Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle” {Galati 3: 10}. Quella maledizione era la morte, perché era la maledizione che Cristo portò per noi. È evidente, quindi, che il dare la legge al Sinai era il ministero della morte, “perché la legge produce ira” {Romani 4: 15}. Tutte le circostanze che lo accompagnavano lo confermavano. I tuoni e i lampi, il fuoco divorante, la montagna fumante e la terra tremante, tutti parlavano di morte. Il monte Sinai, esso stesso simbolo della legge divina violata, era la morte per chiunque lo toccasse. Non c’era bisogno delle barriere intorno alla montagna per tenere lontana la gente, dopo che la terribile voce di Dio fu udita proclamare la Sua legge; poiché quando udirono e videro, “il popolo tremava e si teneva a distanza”, e dissero: “non ci parli DIO perché non abbiamo a morire” {Esodo 20: 18-19}.

L’infrazione della legge uccide 

“Infatti, il peccato, colta l’occasione per mezzo del comandamento, mi ingannò e mediante quello mi morì” {Romani 7: 11}. “Ora il dardo della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge” {1 Corinzi 15: 56}. Era impossibile che potesse essere data una legge che potesse dare la vita. Ma non era necessario che ci fosse; e questo lo vedremo chiaramente quando, alla luce delle rivelazioni precedentemente fatte a Israele, considereremo la ragione più profonda.

Perché la legge è stata data

Dio ha voluto deridere il popolo dando loro una legge che non poteva portargli altro che la morte? Non sia mai. “Certo, egli ama i popoli…” {Deuteronomio 33: 3}, e mai li amò più di quando “…dalla sua destra usciva per essi una legge di fuoco” {Deuteronomio 33: 2}.

Rivelare la grazia sovrabbondante

Si ricordi infatti che sebbene “la legge intervenne affinché la trasgressione abbondasse”, tuttavia “dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata…” {Romani 5: 20}. Poiché è la legge che fa abbondare il peccato, dove può essere definita più chiaramente la sua orrenda grandezza se non al Sinai? Ma poiché “dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata…” {Romani 5: 20}, è evidente che al Sinai possiamo vedere più chiaramente la vastità della grazia di Dio. Per quanto abbonda il peccato, in quel luogo sovrabbonda la grazia. E se “la montagna bruciasse di fuoco fino al centro del cielo?” Tuttavia abbiamo la certezza: “La tua misericordia è grande sopra i cieli e la tua verità raggiunge le nuvole” {Salmi 108: 4}. “Poiché, quanto sono alti i cieli al di sopra della terra, tanto è grande la sua benignità verso quelli che lo temono” {Salmi 103: 11}. Benedetta legge, che ci riveli l’altezza della mirabile grazia di Dio! Lo insulteremo e lo odieremo, perché fa apparire il peccato in tutta la sua bruttezza e ne rivela l’abbondanza? Lontano da esso; quanto più grande, orribile e mortale è il peccato, tanto più la grazia sovrabbondante di Dio è stata magnificata. La legge è il pedagogo per portarci a Cristo, e quindi, sebbene sia inflessibilmente severa, in realtà recita la parte di UN CONSOLATORE, perché “fu promulgata dagli angeli per mano di un mediatore” {Galati 3: 19}. Gesù è il Consolatore. “Figlioletti miei, vi scrivo queste cose affinché non pecchiate; e se pure qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo il giusto” {1 Giovanni 2: 1}. Allora, mentre i Suoi discepoli erano addolorati per l’annuncio che li avrebbe lasciati, disse: “Ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore, che rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità…” {Giovanni 14: 16,17}. Mentre Gesù era sulla terra, era l’incarnazione dello Spirito; ma non voleva che la Sua opera fosse limitata, Disse: “è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vado, io ve lo manderò. E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo di peccato, di giustizia e di giudizio” {Giovanni 16: 7-8}.

Il conforto della convinzione

Nota bene il fatto che la prima opera del Consolatore è convincere di peccato. La spada dello Spirito è la Parola di Dio, che trafigge “La parola di Dio infatti è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a due tagli e penetra fino alla divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, ed è in grado di giudicare i pensieri e le intenzioni del cuore” {Ebrei 4: 12}. Eppure, pur trasmettendo la più acuta e profonda convinzione, lo Spirito è il Consolatore. Nondimeno è il Consolatore nel convincere del peccato, nel rivelare la giustizia di Dio per la remissione del peccato. C’è conforto nella convinzione che Dio manda. Il chirurgo che taglia fino all’osso, per rimuovere dalla carne la sostanza velenosa che genera la morte, lo fa solo per poter applicare con successo l’olio curativo.

Il bisogno e il rimedio

Il grande peccato dei figli d’Israele era l’incredulità: la fiducia in sé stessi piuttosto che in Dio. Questo è comune a tutta l’umanità. Ciò di cui c’è bisogno è qualcosa che distrugga questa vana fiducia in sé stessi, in modo che possa entrare la fede. Nel dare la legge è mostrata la dipendenza dell’uomo da Dio solo per la giustizia e la salvezza, dal momento che gli uomini non potevano nemmeno toccare la montagna dove la legge era stata pronunciata, senza perire. Come, allora, si può supporre che Dio abbia mai pensato che un uomo, per un solo momento, immaginasse di ottenere la giustizia mediante la legge? Al Sinai Cristo crocifisso è stato predicato con toni destinati a raggiungere tutti gli uomini, proprio mentre scuotevano la terra intera. “Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè, ma la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo” {Giovanni 1: 17}. Non molto tempo dopo, però, ma nello stesso tempo, Mosè fu ministro della legge come strumento di morte, a causa della durezza del cuore del popolo; ma la legge della grazia e della verità in Cristo era allo stesso tempo sovrabbondante.

CAPITOLO 25 – LA LEGGE NON È CONTRO LA PROMESSA

Alla luce di quanto abbiamo già appreso, rispetto alla storia di Israele, non c’è nulla che esprima in modo più conciso e semplice lo scopo di Dio nel pronunciare la legge dal Sinai al terzo capitolo di Galati, che studieremo brevemente. È semplice come un libro di fiabe per bambini, eppure è profondo e completo come l’amore di Dio.

Il Vangelo nell’Antico Testamento

Il sesto e il settimo versetto del primo capitolo ci rivelano il fatto che i fratelli della Galazia avevano cominciato ad allontanarsi dalla fede, essendo stati ingannati da un falso insegnamento, da un presunto Vangelo. Al che l’Apostolo esclama con veemenza: “Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi predicasse un evangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia maledetto. Come abbiamo già detto, ora lo dico di nuovo: Se qualcuno vi predica un evangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia maledetto” {Galati 1: 8-9}.

L’unica parte delle Scritture che fu scritta quando Paolo predicò, era quella che consisteva dei libri comunemente conosciuti come l’Antico Testamento. Quando predicava, apriva quelle Scritture e ne ragionava; e gli interessati tra i suoi ascoltatori scrutavano le stesse Scritture per vedere se le cose che predicava erano così {Atti 17: 11}. Quando fu processato per eresia e sedizione, dichiarò solennemente di aver detto in tutto il suo ministero “nient’altro se non ciò che i profeti e Mosé dissero che doveva avvenire” {Atti 26: 22}. Ora, quando rileggiamo il suo anatema contro chiunque osasse predicare un Vangelo diverso da quello che aveva predicato, sappiamo che se qualcuno predica qualcosa di diverso da quanto si trova nell’Antico Testamento, attira su di sé la maledizione di Dio. Questa è una valida ragione per cui dovremmo studiare fedelmente Mosè e i profeti.

Un Cristo crocifisso sempre presente

Sapendo dunque che Paolo sempre e dovunque non ha predicato nulla «se non Gesù Cristo e Lui crocifisso», non ci stupisce che disse: “O Galati insensati! Chi vi ha ammaliati per non ubbidire alla verità, voi, davanti ai cui occhi Gesù Cristo è stato ritratto crocifisso fra voi?” {Galati 3: 1}. Dalle scritture di Mosè e dei profeti erano stati fatti vedere Cristo, non come uno che doveva essere crocifisso, né semplicemente come uno che era stato crocifisso alcuni anni prima, ma come uno chiaramente e visibilmente crocifisso in mezzo a loro. Ed è solo da quegli scritti antichi che ha proceduto a ravvivare la loro fede e il loro zelo languenti.

L’ascolto della fede

La loro era stata una completa conversione, poiché avevano ricevuto lo Spirito, e avevano subito persecuzioni a causa di Cristo. Così l’Apostolo chiede: “Questo solo desidero sapere da voi: avete ricevuto lo Spirito mediante le opere della legge o attraverso la predicazione della fede?” {Galati 3: 2}. Avevano udito le parole della legge e le avevano accolte con fede, e così la giustizia della legge era stata operata in loro dallo Spirito. “Gesù rispose e disse loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato” {Giovanni 6: 29}. L’Apostolo non disprezzava la legge, ma solo rimproverava il loro mutato rapporto con essa. Quando lo udirono con fede, ricevettero lo Spirito, e fu bene per loro; ma quando hanno cominciato a confidare nella carne per compiere la giustizia della legge, hanno cessato di obbedire alla Verità. Di nuovo l’Apostolo chiede: “Colui dunque che vi dispensa lo Spirito e opera tra voi potenti operazioni, lo fa mediante le opere della legge o mediante la predicazione della fede? Cosí Abrahamo «credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia” {Galati 3: 5-6}. Essi, come Abramo, erano stati giustificati – resi giusti – per fede, non per opere.

Fede significa obbedienza alla legge

Prima di procedere oltre, diamo alcune definizioni. “Il peccato è violazione della legge” {1 Giovanni 3: 4} e “ogni iniquità è peccato” {1 Giovanni 5: 17}. Quindi ne consegue che ogni ingiustizia è trasgressione della legge, ed è altrettanto evidente che ogni giustizia è obbedienza alla legge. Così, quando leggiamo che Abramo credette a Dio, e ciò gli fu attribuito a giustizia, possiamo sapere che la sua fede gli fu attribuita come obbedienza alla legge. Questo resoconto della fede per la giustizia non era una forma vuota per Abramo, né lo è per noi. Ricorda che la contabilità è fatta da Dio, che non puoi mentire, eppure chiami le cose che non sono come se fossero, con la potenza con cui fa vivere i morti. Abramo in realtà possedeva la giustizia. La fede funziona. “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato” {Giovanni 6: 29}. “Col cuore infatti si crede per ottenere giustizia” {Romani 10: 10}. Questa piccola digressione ci aiuterà a tenere presente che nel capitolo che ci sta davanti non c’è denigrazione della legge, ma la giustizia, che è frutto della fede, è sempre obbedienza alla legge di Dio.

Il padre dei fedeli

Abramo è il padre di tutti coloro che credono. “Sappiate pure che coloro che sono dalla fede sono figli di Abrahamo. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato le nazioni mediante la fede, diede prima ad Abrahamo una buona notizia: «Tutte le nazioni saranno benedette in te” {Galati 3: 7-8}. Abramo è lo stesso che è per “tutte le genti” e che “sarà predicato in tutto il mondo, in testimonianza a tutte le genti”. Ad “ogni creatura” deve essere predicato, e chiunque lo crederà e sarà battezzato, sarà salvato. Ma nel Vangelo «la giustizia di Dio si rivela di fede in fede». Il Vangelo è predicato «per l’obbedienza della fede». L’obbedienza porta con sé una benedizione, poiché è scritto: “Beati coloro che adempiono i suoi comandamenti” {Apocalisse 22: 14}. “Perciò coloro che si fondano sulla fede sono benedetti col fedele Abrahamo” {Galati 3: 9}.

La maledizione della legge 

“Ora tutti coloro che si fondano sulle opere della legge sono sotto la maledizione, perché sta scritto: «Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle” {Galati 3: 10}.

La legge non è una maledizione

Una lettura trascurata di questo versetto, o, forse, solo della prima parte, ha portato alcuni a credere che la legge stessa, e l’obbedienza ad essa, sia una maledizione. Ma una lettura ponderata dell’ultima parte del versetto mostra che un’idea del genere è un grave errore. “Poiché sta scritto: Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle” {Galati 3: 10}. La maledizione non è per l’obbedienza, ma per la disobbedienza. Maledetto non è colui che rimane fedele a tutto ciò che è scritto nella legge, ma colui che non compie continuamente tutto ciò che è scritto nella legge. Non solo una parte, ma il tutto deve essere fatto; non solo una parte del tempo, ma continuamente. Chi non lo fa è maledetto: perciò l’uomo che lo fa sarà beato.

La benedizione e la maledizione

Nei versetti nono e decimo di questo capitolo abbiamo lo stesso contrasto di benedizione e maledizione presentato in {Deuteronomio 11: 26-28}: “Guardate, io pongo oggi davanti a voi la benedizione e la maledizione. la benedizione se ubbidite ai comandamenti dell’Eterno, il vostro DIO, che oggi vi prescrivo; la maledizione, se non ubbidite ai comandamenti dell’Eterno, il vostro Dio, e se vi allontanate dalla via che oggi vi prescrivo, per seguire altri dèi che non avete mai conosciuto”. Da una parte abbiamo in un unico gruppo la fede, l’obbedienza, la giustizia, la benedizione, la vita; dall’altra troviamo legati in un unico fascio l’incredulità, la disobbedienza, il peccato, la maledizione, la morte. Il raggruppamento non è minimamente influenzato dall’epoca in cui si vive.

Tutti sotto la maledizione

“Poiché è manifesto che nessuno è giustificato mediante la legge davanti a Dio, perché: «Il giusto vivrà per fede». Ora la legge non proviene dalla fede, ma «l’uomo che farà queste cose vivrà per mezzo di esse” {Galati 3: 11-12}. “L’uomo che le fa vivrà in esse”; ma nessun uomo li ha fatti; “poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” {Romani 3: 23}. Perciò nessun uomo può trovare la vita nella legge. È così che «il comandamento che è stato ordinato per la vita, è «riconosciuto per essere fino alla morte». Riceverlo con fede, non è che il ministero della morte per loro. La maledizione della legge è la morte che essa infligge ai trasgressori di essa.

Redento dalla Maledizione

Ma “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi (poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al legno»)” {Galati 3: 13}. Qui abbiamo nuove prove che la morte è la maledizione della legge, dal momento che la morte era ciò che Cristo ha sofferto sul legno. “Il compenso del peccato è la morte;” e Cristo fu fatto “per essere peccato per noi” {2 Corinzi 5: 21}. Egli stesso portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, affinché noi, morti al peccato, viviamo per la giustizia; e per le sue lividure siete stati guariti” {1Pietro 2: 24}. Non è dall’obbedienza alla legge che Cristo ci ha redenti, ma dalla sua trasgressione e dalla morte, che viene dal peccato. Il Suo sacrificio è stato “affinche la giustizia della legge si adempia in noi” {Romani 8: 4}.

Il Vangelo ai tempi di Isaia

Ora questa verità, che “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando maledizione per noi”, era tanto una verità ai giorni di Israele sul Sinai quanto lo è oggi. Più di settecento anni prima che la croce fosse innalzata sul Calvario, Isaia, il cui proprio peccato era stato purificato da un carbone ardente dall’altare di Dio, e che sapeva di cosa parlava, disse: sicuramente Egli ha portato i nostri dolori e si è caricato dei nostri dolori; “Ma egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo la pace è caduto su di lui, e per le sue lividure noi siamo stati guariti” {Isaia 53: 5}. Questo è identico a {Galati 3: 13}. Ancora Isaia scrive, con particolare riferimento ai figli d’Israele nei loro peregrinaggi nel deserto: “In ogni loro afflizione egli fu afflitto, e l’Angelo della sua presenza li salvò; nel suo amore e nella sua compassione li redense, li sollevò e li portò tutti i giorni del passato” {Isaia 63: 9}. Ed è per Davide, molto prima dei giorni di Isaia, che siamo debitori di quelle parole che rallegrano l’anima: “Egli non ci tratta come meritano i nostri peccati, e non ci castiga in base alle nostre colpe… Quanto è lontano il levante dal ponente, tanto ha egli allontanato da noi le nostre colpe” {Salmi 103: 10, 12}. Quel linguaggio descrive un fatto compiuto. La salvezza era completa in quei giorni come lo è oggi. Cristo è “l’Agnello immolato fin dalla fondazione del mondo”; e dai giorni di Abele fino ad ora ha riscattato dalla maledizione della legge tutti coloro che hanno creduto in lui. Abramo ricevette la benedizione della giustizia; e “coloro che si fondano sulla fede sono benedetti col fedele Abrahamo” {Galati 3: 9}.

La benedizione di Abramo attraverso la croce

Ciò è reso ancor più evidente dall’affermazione secondo cui Cristo si è fatto maledizione per noi, “affinché la benedizione di Abrahamo pervenisse ai gentili in Cristo Gesù, perché noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede” {Galati 3: 14}. Ad Abramo, e a coloro che sono suoi figli per fede, qualunque sia la loro nazione o lingua, appartengono tutte le benedizioni che vengono per mezzo della croce di Cristo; e tutte le benedizioni della croce di Cristo sono solo quelle che ebbe Abramo. Non c’è da stupirsi che si rallegrasse di vedere il giorno di Cristo. La morte di Cristo sulla croce ci porta solo la benedizione di Abramo. Non si poteva chiedere o immaginare di più.

Il patto immutato 

“Fratelli, io parlo alla maniera degli uomini: se un patto è ratificato, benché sia patto d’uomo, nessuno l’annulla o vi aggiunge qualche cosa. Ora le promesse furono fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza. La Scrittura non dice: «E alle discendenze» come se si trattasse di molte, ma come di una sola: «E alla tua discendenza», cioè Cristo. Or io dico questo: la legge, venuta dopo quattrocentotrent’anni, non annulla il patto ratificato prima da Dio in Cristo, in modo da annullare la promessa” {Galati 3: 15-17}. La prima affermazione è molto semplice: nessun uomo può annullare, togliere o aggiungere anche al patto di un uomo, se esso è confermato una volta.

Come fu confermata l’Alleanza

La conclusione è altrettanto semplice. Dio fece un patto con Abramo, e lo confermò con un giuramento. “Gli uomini infatti ben giurano per uno maggiore, e così per loro il giuramento è la garanzia che pone termine ad ogni contestazione… Affinché per mezzo di due cose immutabili, nelle quali è impossibile che Dio abbia mentito, avessimo un grande incoraggiamento noi, che abbiamo cercato rifugio nell’afferrare saldamente la speranza che ci è stata messa davanti” {Ebrei 6: 16, 18}. Quindi quell’alleanza, che fu confermata in Cristo dal giuramento di Dio che impegnava la sua stessa esistenza al suo compimento, non poteva più essere cambiata di una virgola. Non una iota o un apice potrebbe passare da esso o essere aggiunto ad esso mentre Dio vive. Si noti l’affermazione che “ad Abrahamo e alla sua discendenza furono fatte le promesse”. E il seme è Cristo. Tutte le promesse fatte ad Abramo furono confermate in Cristo. “Promesse”, ricorda, e non semplicemente una promessa. “Poiché tutte le promesse di Dio hanno in lui il «sì» e «l’amen», alla gloria di Dio per mezzo di noi” {2 Corinzi 1: 20}.

Anche la nostra speranza

Nota ancora una volta che l’alleanza fatta con Abramo, e confermata in Cristo dal giuramento di Dio, è quella che ci dà la nostra speranza in Cristo. È stato confermato dal giuramento, affinché potessimo avere una forte consolazione nel fuggire in cerca di rifugio per afferrare la speranza posta davanti a noi. La somma del patto era la giustizia mediante la fede in Gesù crocifisso, come mostrano le parole di Paolo: “Voi siete i figli dei profeti e del patto che Dio stabilì con i nostri padri, dicendo ad Abrahamo: “E nella tua progenie tutte le nazioni della terra saranno benedette”.A voi per primi Dio, dopo aver risuscitato il suo Figlio Gesù, lo ha mandato per benedirvi, allontanando ciascuno di voi dalle sue iniquità” {Atti 3: 25-26}.

Abramo vide il giorno di Cristo

La croce di Cristo e la benedizione dei peccati perdonati esistevano quindi non solo sul Sinai, ma anche ai tempi di Abramo. “Abrahamo, vostro padre, giubilò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò” {Giovanni 8: 56}. La salvezza non fu più sicura il giorno in cui Gesù risuscitò dal sepolcro di quanto lo fu il giorno in cui Isacco portò la legna per il proprio sacrificio sul monte Moriah; per la promessa e il giuramento di Dio sono due “cose immutabili”. Anche se si tratta solo di un patto umano, “tuttavia, se è confermato, nessuno lo annulla o vi aggiunge”. Quanto più, allora, quando è l’alleanza stessa di Dio, confermata da un giuramento che impegna la propria vita! Quel patto abbracciava la salvezza dell’umanità. Dunque è un fatto che, senza parlare del tempo precedente, dopo la promessa e il giuramento di Dio ad Abramo, non si è potuta introdurre una sola novità nel piano di salvezza. Non un dovere in meno o in più potrebbe essere ingiunto o richiesto, né potrebbe esserci alcuna possibilità di variazione nelle condizioni della salvezza.

Nessun cambiamento al Sinai

Quindi l’entrata della legge al Sinai non poteva apportare alcun nuovo aspetto all’alleanza fatta con Abramo e confermata in Cristo, né poteva in alcun modo interferire con la promessa. L’alleanza, che è stata confermata in anticipo da Dio in Cristo, non può in alcun modo essere annullata, né le Sue promesse rese inefficaci, dalla legge promulgata quattrocentotrent’anni dopo.

La Legge nell’Alleanza con Abramo

Eppure la legge doveva essere osservata, e se non fosse stata osservata, la morte era certa. Non una iota o un apice potrebbe in alcun modo essere soppresso dalla legge. “Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle” {Galati 3: 10}. Ora, poiché la data della legge al Sinai non aggiunse nulla al patto con Abramo, e tuttavia quella legge deve essere osservata perfettamente, ne consegue che la legge era nel patto fatto con Abramo. La giustizia che fu confermata ad Abramo da quel patto, la giustizia che Abramo aveva per fede – era la giustizia della legge che fu proclamata sul Sinai. E questo è ulteriormente evidente dal fatto che Abramo ricevette la circoncisione come sigillo della giustizia che aveva per fede, e la circoncisione rappresentava semplicemente l’osservanza della legge {Romani 2: 25-29}. Il giuramento di Dio ad Abramo ha promesso di mettere la giustizia di Dio, che è pienamente delineata nei dieci comandamenti, in e su ogni credente. Il patto essendo confermato in Cristo, e la legge essendo nel patto, ne consegue sicuramente che i requisiti di Dio per i cristiani in questi giorni non sono molto diversi da quelli che erano ai giorni di Abramo. La promulgazione della legge non ha introdotto alcun elemento nuovo.

Una domanda pertinente 

“Perché allora la legge?” Una domanda pertinente, e una a cui è stata data una risposta equa. Se la legge non apportava alcun cambiamento nei termini dell’alleanza stipulata con Abramo, a che serviva darla? La risposta è: “È stato aggiunto a causa della trasgressione”; “affinché la trasgressione abbondasse” {Romani 5: 20}. Non eracontraria alle promesse di Dio” {Galati 3: 21}, ma direttamente in sintonia con esse; poiché le promesse di Dio sono tutte mediante la giustizia, e la legge è lo standard della giustizia. Era necessario che l’offesa abbondasse, “affinché come il peccato ha regnato nella morte, così anche la grazia regni per la giustizia a vita eterna per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore” {Romani 5: 21}. La convinzione precede necessariamente la conversione. L’eredità poteva essere ottenuta solo attraverso la giustizia, sebbene fosse interamente per promessa; perché la giustizia è il “dono della grazia”. Ma affinché gli uomini possano apprezzare le promesse di Dio, è necessario che ne sentano il bisogno. La legge, data in modo così terribile, aveva lo scopo di far loro sapere quanto fosse impossibile per loro ottenere la Sua giustizia con le proprie forze, e quindi far loro sapere ciò che Dio era ansioso di fornire loro”.

NOTA: Alcuni hanno pensato di costruire un ragionamento sulla parola «aggiunto», supponendo che indichi qualcosa di completamente nuovo aggiunto alle disposizioni che Dio aveva precedentemente fatto. Un riferimento a {Deuteronomio 5: 22}, mostrerà il senso in cui è usato. Dopo aver ripassato i dieci comandamenti, Mosè disse: “Queste parole disse l’Eterno a tutta la vostra assemblea sul monte, di mezzo al fuoco, alla nuvola e a densa oscurità, con voce forte; e non aggiunse altro. Le scrisse su due tavole di pietra e le diede a me”. Cioè, ha parlato tanto e non ha parlato più. La stessa cosa è mostrata anche solo chiaramente in {Ebrei 12: 18-19}: “Voi infatti non vi siete accostati al monte che si poteva toccare con la mano e che ardeva col fuoco, né alla caligine, né alle tenebre, né alla tempesta, né allo squillo di tromba, né al suono di parole, che quelli che l’udirono richiesero che non fosse più rivolta loro alcuna parola” (Confronta Esodo 20: 19).

NOTA: La parola greca resa “parlata” in questo caso è identica a quella resa “aggiunta” in {Galati 3: 19}, e la versione dei Settanta di {Deuteronomio 22}. Quindi alla domanda: a che serviva la legge, dal momento che non apportava modifiche al patto? la risposta è: “È stato detto a causa della trasgressione”.

Cristo mediatore

E questo è sottolineato dal fatto che è stato ordinato “nelle mani di un Mediatore”. Chi era quel Mediatore? – “Or il mediatore non è mediatore di una sola parte, ma Dio è uno” {Galati 3: 20}. “Vi è infatti un solo Dio, ed anche un solo mediatore tra Dio e gli uomini: Cristo Gesù uomo” {1 Timoteo 2: 5}. Gesù Cristo fu dunque Colui che diede la legge sul Sinai; e l’ha data nella Sua qualità di Mediatore tra Dio e gli uomini. E così, sebbene fosse impossibile che fosse data una legge che potesse dare la vita, la legge che era la morte per i peccatori non credenti era nelle mani di un mediatore che dà la propria vita, che è la legge nella sua perfezione vivente. In Lui la morte è inghiottita e la vita prende il suo posto; Egli sopporta la maledizione della legge, e la benedizione di essa viene a noi. Questo ci porta al fatto che al Sinai troviamo il Calvario.

CAPITOLO 26 – IL CALVARIO RIVELATO AL SINAI 

“Ricordatevi della legge di Mosè, mio servo, al quale in Horeb ordinai statuti e decreti per tutto Israele. Ecco, io vi manderò Elia, il profeta, prima che venga il giorno grande e spaventevole dell’Eterno. Egli farà ritornare il cuore dei padri ai figli e il cuore dei figli ai padri, affinché non venga a colpire il paese di completo sterminio” {Malachia 4: 4-6}. Notate quanto intimamente l’opera tenera e convertitrice dello Spirito di Dio sia connessa con la legge che fu pronunciata dall’Oreb. Perché il Sinai è Horeb, come apprendiamo da {Deuteronomio 4: 10-14}, dove leggiamo le parole di Mosè, il servo di Dio: “Specialmente circa il giorno in cui sei comparso davanti all’Eterno, il tuo DIO, in Horeb, quando l’Eterno mi disse: «Radunami il popolo e io farò loro udire le mie parole, perché essi imparino a temermi per tutti i giorni che vivranno sulla terra e le insegnino ai loro figli». Allora voi vi avvicinaste e vi fermaste ai piedi del monte; e il monte ardeva nelle fiamme, che si innalzavano in mezzo al cielo, e era circondato da tenebre, nuvole e fitta oscurità. E l’Eterno vi parlò dal mezzo del fuoco; voi udiste il suono delle parole, ma non vedeste alcuna figura; udiste solo una voce. Così egli vi promulgò il suo patto, che vi comandò di osservare, cioè i dieci comandamenti; e li scrisse su due tavole di pietra. E a me, in quel tempo, l’Eterno ordinò d’insegnarvi statuti e decreti, perché li mettiate in pratica nel paese in cui state per entrare per prendere possesso” {Deuteronomio 4: 10-14}. Quando il Signore ci dice di ricordare la legge che ha comandato sull’Oreb, o Sinai, è perché possiamo conoscere il potere con cui volgerà i cuori dei padri verso i figli, affinché possano essere preparati per il terribile giorno della Sua venuta. “La legge dell’Eterno è perfetta, essa ristora l’anima; la testimonianza dell’Eterno è verace e rende savio il semplice” {Salmi 19: 7}.

La roccia spaccata

Quando Dio pronunziò la legge dal Sinai, scorreva ancora quel fiume d’acqua viva che sgorgava dalla roccia percossa sull’Oreb. Se avesse cessato di scorrere, gli israeliti sarebbero stati in una condizione peggiore di prima, perché era la loro unica fonte d’acqua, la loro unica speranza di vita. Fu dall’Oreb, donde usciva l’acqua che restituiva loro la vita, che Dio proferì la legge. La legge veniva dalla stessa roccia da cui già sgorgava l’acqua, “or quella roccia era Cristo” {1 Corinzi 10: 4}.

La Legge in Cristo

Il Sinai è giustamente considerato sinonimo di legge; ma non lo è più di quanto lo sia Cristo; anzi, non tanto, perché in Lui è la vita. Gesù disse: “DIO mio, io prendo piacere nel fare la tua volontà, e la tua legge è dentro il mio cuore” {Salmi 40: 8}. La legge era dunque la vita di Cristo, “Custodisci il tuo cuore con ogni cura, perché da esso sgorgano le sorgenti della vita” {Proverbi 4: 23}.

Bere nella giustizia

“Egli è stato ferito per le nostre iniquità” e “con le sue lividure siamo guariti”. Quando fu colpito e ferito sul Calvario, la linfa vitale sgorgò dal Suo cuore, e quel ruscello scorre ancora per noi. Ma il Suo cuore è la legge; e così come beviamo per fede dal torrente vivificante, beviamo nella giustizia della legge di Dio. La legge ci viene incontro come una corrente di grazia, un fiume di vita. Sia “la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo” {Giovanni 1: 17}. Quando crediamo in Lui, la legge non è per noi soltanto «la voce delle parole», ma una fonte di vita. Ora tutto questo era al Sinai. Cristo, il datore della legge, era la Roccia colpita in Horeb, che è il Sinai. Quel ruscello era la vita di coloro che bevevano, e nessuno di coloro che la ricevettero con premurosa gratitudine poteva non sapere che proveniva direttamente dal loro Signore, il Signore di tutta la terra. Avrebbero potuto essere certi del Suo tenero amore per loro, e del fatto che Egli era la loro vita, e quindi la loro rettitudine. Quindi, sebbene non potessero avvicinarsi alla montagna senza morire – una prova che la legge è morte per gli uomini a causa di Cristo – potevano bere del ruscello che ne scaturiva, e così nella vita di Cristo bere nella giustizia della legge.

La legge del Sinai e la giustizia di Cristo

Le parole pronunciate dal Sinai, provenienti dalla stessa Roccia da cui proveniva l’acqua che era la vita del popolo, mostravano la natura della giustizia che Cristo avrebbe impartito loro. Sebbene fosse “una legge ardente”, era allo stesso tempo un flusso di vita che scorre dolcemente. Perché il profeta Isaia sapeva che Cristo era la Roccia colpita al Sinai, e che anche allora era l’Unico Mediatore, “l’uomo Cristo Gesù; che ha dato se stesso come riscatto per tutti, per essere testimoniato a tempo debito”, poteva dire, “è stato ferito per le nostre trasgressioni”, “e con le sue lividure siamo stati guariti”. Per gli antichi israeliti veniva sottolineata la lezione che la legge viene come vita agli uomini solo attraverso la croce di Cristo. Per noi c’è la stessa lezione, insieme all’altro lato di essa, vale a dire, che la giustizia che ci viene attraverso la vita donataci sulla croce, è precisamente ciò che è richiesto dai dieci comandamenti, e nient’altro. Leggiamoli: – (1) ”Io sono l’Eterno, il tuo DIO”, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dei davanti a me”. (2) “Non ti farai scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non le servirai, perché io, l’Eterno, il tuo DIO, sono un Dio geloso che punisce l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano e uso benignità a migliaia, a quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti”. (3) “Non userai il nome dell’Eterno, il tuo DIO, invano, perché l’Eterno non lascerà impunito chi usa il suo nome invano”. (4) “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo. Lavorerai sei giorni e in essi farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è sabato, sacro all’Eterno, il tuo DIO; non farai in esso alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero che é dentro alle tue porte; poiché in sei giorni l’Eterno fece i cieli e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e il settimo giorno si riposò; perciò l’Eterno ha benedetto il giorno di sabato e l’ha santificato”. (5) “Onorerai tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano lunghi sulla terra che l’Eterno, il tuo DIO ti dà”. (6) “Non ucciderai”. (7) “Non commetterai adulterio”. (8) “Non ruberai”. (9) “Non farai falsa testimonianza contro il tuo prossimo”. (10) “Non desidererai la casa del tuo prossimo; non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna che sia del tuo prossimo”.

NOTA: Non c’è nel testo ebraico di questo passaggio nessuna parola che indichi “generazione”, che è fornita dai traduttori. È più evidente, tuttavia, che è la parola richiesta dal senso, e si richiama l’attenzione solo per segnalare il fatto che la costruzione è la stessa della frase successiva, dove la parola “generazione” non è espressa, ma dove appartiene sicuramente come nel primo. Alcuni hanno frettolosamente supposto che le “migliaia” si riferissero solo a individui, e quindi hanno erroneamente concluso che i castighi di Dio sopravvivano alla Sua misericordia. Non è così. Egli punisce le iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di coloro che Lo odiano, ma mostra misericordia a innumerevoli migliaia di generazioni di coloro che Lo amano e osservano i suoi comandamenti. La Sua ira è presto placata, mentre la Sua misericordia scorre per l’eternità. Altre versioni oltre a quella inglese lo affermano molto chiaramente.

Perché la Croce non cambia la Legge

Questa è la legge che fu proferita tra i terrori del Sinai, dalle labbra di Colui la cui vita era ed è, e da cui era uscito il fiume che in quel momento scorreva: la Sua stessa vita donata per il popolo. La Croce, con il Suo flusso curativo e vivificante, era al Sinai, e quindi la Croce non può in alcun modo apportare alcun cambiamento nella legge. La vita che procede da Cristo al Sinai come al Calvario, mostra che la giustizia che si rivela nel Vangelo non è altro che quella dei dieci comandamenti. Non una iota né un apice potrebbero passare. L’orrore del Sinai era al Calvario, nella fitta oscurità, nel terremoto e nella gran voce del Figlio di Dio. La roccia percossa e il torrente che scorre al Sinai rappresentavano il Calvario; Il Calvario era là; sicché è un dato di fatto che dal Calvario i dieci comandamenti sono proclamati con le stesse parole che furono udite dal Sinai. Il Calvario, non meno del Sinai, rivela la terribile e immutabile santità della legge di Dio, così terribile e così immutabile da non risparmiare neppure il Figlio di Dio quando «era annoverato tra i trasgressori». Ma per quanto grande sia il terrore ispirato dalla legge, ancor più grande è la speranza per grazia; perché “dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata” {Romani 5: 20}. Dietro a tutto c’è il giuramento del patto di grazia di Dio, che assicura la perfetta giustizia e la vita della legge in Cristo; così che sebbene la legge parlasse di morte, mostrava solo quali grandi cose Dio aveva promesso di fare per coloro che credono. Ci insegna a non avere fiducia nella carne, ma ad adorare Dio nello Spirito e a rallegrarci in Cristo Gesù. Così Dio stava mettendo alla prova il Suo popolo, affinché sapesse che “L’uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio” {Matteo 4: 4}. Vediamo così che la legge non è contraria alle promesse di Dio, anche se non può dare la vita. Al contrario, sostiene quelle promesse con toni tuonanti; poiché con il giuramento di Dio sempre fermo, il più grande requisito della legge non è per l’orecchio della fede ma una promessa del suo adempimento. E così, insegnati dal Signore Gesù, possiamo “conoscere che il Suo comandamento è la vita eterna” {Giovanni 12: 50}.

CAPITOLO 27 – IL MONTE SINAI E IL MONTE SION 

“Grande è l’Eterno e degno di somma lode nella città del nostro DIO, sul suo monte santo.Bello per la sua altezza, gioia di tutta la terra è il monte Sion, dalla parte del settentrione, la città del gran Re, Nei suoi palazzi DIO si è fatto conoscere come una fortezza inespugnabile” {Salmi 48: 1-3}.

Queste parole sono cantate in lode della dimora di Dio in cielo; perché “l’Eterno è nel suo tempio santo l’Eterno ha il suo trono nei cieli” {Salmi 11: 4}.

“Ora il punto essenziale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande, che si è posto a sedere alla destra del trono della Maestà nei cieli” {Ebrei 8: 1}. Dice il Signore: “E dirà: “Ho insediato il mio re sopra Sion, il mio santo monte” {Salmi 2: 6}, o “Su Sion, la collina della mia santità” {Salmi 2: 6}.

Gesù Cristo, l’unto Re in Sion, è anche Sommo Sacerdote, “L’Eterno ha giurato e non si pentirà: “Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek” {Salmi 110: 4}.

Il Signore ha detto “dell’uomo, il cui nome è il Germoglio, “Quindi parla a lui, dicendo: Cosa dice l’Eterno degli eserciti: Ecco, l’uomo, il cui nome è il Germoglio. Germoglierà nel suo luogo e costruirà il tempio dell’Eterno. Sí, egli costruirà il tempio dell’Eterno, si ammanterà di gloria e si siederà e regnerà sul suo trono, sarà sacerdote sul suo trono, e tra i due ci sarà un consiglio di pace” {Zaccaria 6: 12-13}.

Era in questo luogo – al monte Sion, la collina della santità di Dio, e al santuario su di esso, la Sua dimora – che Dio stava guidando il Suo popolo Israele quando li liberò dall’Egitto. Quando ebbero tranquillamente attraversato il Mar Rosso, Mosè cantò queste parole ispirate: “Tu li introdurrai e li pianterai sul monte della tua eredità, il luogo che hai preparato, o Eterno, per tua dimora, il santuario che le tue mani, o Signore, hanno stabilito” {Esodo 15: 17}.

Perché Israele ha fallito

Ma non arrivarono al monte Sion, perché non arrivarono “ma Cristo, come Figlio, lo è sopra la propria casa e la sua casa siamo noi, se riteniamo ferma fino alla fine la franchezza e il vanto della speranza” {Ebrei 3: 6}.

“Or noi vediamo che non vi poterono entrare per l’incredulità” {Ebrei 3: 19}. Eppure Dio non li ha abbandonati, perché anche «se non crediamo, egli rimane fedele; Egli non può rinnegare Sé stesso”. Allora ordinò a Mosè di dire al popolo di portare offerte d’oro, d’argento e di pietre preziose, insieme ad altro materiale, e disse: “Mi facciano un santuario, perché io abiti in mezzo a loro. Voi lo farete secondo tutto quello che io ti mostrerò, sia per il modello del tabernacolo che per il modello di tutti i suoi arredi” {Esodo 25: 8-9}.

Contenuto con un’ombra

Questo non era “il vero tabernacolo che il Signore piantò, “ministro del santuario e del vero tabernacolo, che ha eretto il Signore e non un uomo” {Ebrei 8: 2}, ma uno fatto dall’uomo. Il tabernacolo e il suo arredamento erano solo “i modelli delle cose nei cieli”, e non “le cose celesti stesse” {Ebrei 9: 23}. Non era che un’ombra della vera sostanza. La causa dell’ombra si parlerà più avanti. Ma i credenti di quel tempo antico sapevano, come Stefano negli anni successivi, che “Ma l’Altissimo non abita in templi fatti da mani d’uomo, come dice il profeta” {Atti 7: 48}. “Così dice l’Eterno: «Il cielo è il mio trono e la terra è lo sgabello dei miei piedi. Dov’è dunque la casa che mi potreste edificare e dov’è il luogo del mio riposo?” {Isaia 66: 1}.

Salomone, all’inaugurazione del suo grande tempio, disse: “Ma è proprio vero che DIO abita con gli uomini sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questo tempio che io ho costruito!” {2 Cronache 6: 18}.

Tutti i figli veramente fedeli di Dio hanno compreso che il tabernacolo o tempio terreno non era la vera dimora di Dio, ma solo una figura, un tipo. Così degli arredi che contenevano il santuario.

Una rappresentazione del trono di Dio

Come il trono di Dio è nel Suo santo tempio in cielo, così nel simbolo di quel tempio sulla terra c’era una rappresentazione del Suo trono. Una rappresentazione molto debole, è vero, tanto inferiore al reale quanto le opere dell’uomo sono inferiori a quelle di Dio, eppure figura di esso. Quella figura del trono di Dio era l’arca che conteneva le tavole della legge. Alcuni testi della Scrittura lo mostreranno.

{Esodo 25: 10-22} contiene la descrizione completa dell’arca. Era una cassa di legno, ma completamente ricoperta, dentro e fuori, d’oro fino. In quest’arca il Signore ordinò a Mosè di mettere la Testimonianza che avrebbe dovuto dargli. Questo fece Mosè, poiché in seguito, raccontando a Israele le circostanze in cui fu data la legge, insieme alla loro idolatria, che portarono alla rottura delle prime tavole, disse: “In quel tempo, l’Eterno mi disse: “Tagliati due tavole di pietra simili alle prime e sali da me sul monte; fatti anche un’arca di legno. Io scriverò sulle tavole le parole che erano sulle prime tavole che tu spezzasti, e tu le metterai nell’arca”. Così feci un’arca di legno d’acacia e tagliai due tavole di pietra simili alle prime; poi salii sul monte con le due tavole in mano. E l’Eterno scrisse sulle tavole ciò che aveva scritto la prima volta, cioè i dieci comandamenti che l’Eterno aveva proclamato per voi sul monte, di mezzo al fuoco, il giorno dell’assemblea. Quindi l’Eterno me le consegnò. Allora mi voltai e discesi dal monte; misi le tavole nell’arca che avevo fatto; e là esse rimangono, come l’Eterno mi aveva ordinato” {Deuteronomio 10: 1-5}.

Il trono di Grazia

Il coperchio di quest’arca era chiamato “propiziatorio”. Questo era d’oro massiccio e battuto, e su ogni estremità di esso, una parte dello stesso pezzo d’oro, c’era un cherubino con le ali spiegate. “Verso il propiziatorio saranno i volti dei cherubini”. Dopo queste istruzioni, il Signore disse: “Metterai quindi il propiziatorio in alto, sopra l’arca; e nell’arca metterai la Testimonianza che ti darò. Là io ti incontrerò, e da sopra il propiziatorio, fra i due cherubini che sono sull’arca della testimonianza, ti comunicherò tutti gli ordini che avrò da darti per i Figli d’Israele” {Esodo 25: 17-22}.

Dio disse che avrebbe parlato loro “tra i cherubini”. Così leggiamo: “L’Eterno regna, tremino i popoli. Egli siede sopra i Cherubini tremi la terra. L’Eterno è grande in Sion ed eccelso su tutti i popoli” {Salmi 99: 1-2}. I cherubini adombravano il propiziatorio, dal quale Dio parlava al popolo. Ora misericordia significa grazia, così che nel propiziatorio del tabernacolo terreno abbiamo la figura di “trono della tua gloria”, Non rigettarci per amore del tuo nome, non disonorare il trono della tua gloria. Ricordati: non rompere il tuo patto con noi” {Geremia 14: 21}.

“Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per ricevere aiuto al tempo opportuno” {Ebrei 4: 16}, al quale siamo esortati ad accostarci arditamente. I dieci comandamenti sulle due tavole di pietra erano nell’arca, sotto il propiziatorio, mostrando così che la legge di Dio è la base del Suo trono e governo. Di conseguenza leggiamo: “L’Eterno regna; gioisca la terra e si rallegrino le grandi isole. Nuvole e tenebre lo avvolgono; giustizia e diritto sono a base del suo trono” {Salmi 97: 1-2}. “Giustizia e diritto formano la base del tuo trono; benignità e verità vanno davanti al tuo volto” {Salmi 89: 14}.

La legge di Dio dura quanto il suo trono

Poiché il tabernacolo e tutto ciò che conteneva doveva essere fatto esattamente come lo schema dato a Mosè, ed “era dunque necessario che i modelli delle cose celesti fossero purificati con queste cose; ma le cose celesti stesse lo dovrà essere con sacrifici più eccellenti di questi” {Ebrei 9: 23}, ne consegue necessariamente che i dieci comandamenti sulle tavole di pietra erano copie esatte della legge che è il fondamento del vero trono di Dio nei cieli. Questo ci permette di comprendere più chiaramente come mai “Ma è più facile che passino il cielo e la terra, piuttosto che cada un sol apice della legge” {Luca 16: 17}. Finché il trono di Dio è in piedi, finché la legge di Dio pronunciata dal Sinai deve rimanere immutata. “Quando le fondamenta sono distrutte, che può fare il giusto?” {Salmi 11: 3}. Se i dieci comandamenti, pietre fondamentali del trono di Dio, fossero distrutti, il trono stesso cadrebbe e la speranza del giusto perirebbe. Ma nessuno deve temere una simile catastrofe. “Il Signore è nel suo tempio santo, il trono del Signore è nei cieli”, perché la sua parola è stabilita per sempre nei cieli. Questa è una delle “cose che non possono essere scosse”.

Ora siamo in grado di vedere che il Monte Sinai, che è sinonimo di legge, e che al momento della promulgazione della legge era davvero l’incarnazione della terribile maestà della legge, è anche un simbolo del trono di Dio. In effetti, era in realtà il trono di Dio. Dio era presente su di esso con tutti i Suoi santi angeli.

Il terrore del Trono nei Cieli

Inoltre, il terribile terrore del Sinai è solo il terrore del trono di Dio nei cieli. Giovanni ebbe una visione del tempio di Dio in cielo, e del trono, con Dio seduto in esso; ” E dal trono procedevano lampi tuoni e voci” {Apocalisse 4: 5}. “Allora si aperse nel cielo il tempio di Dio e in esso apparve l’arca del suo patto, e ci furono lampi, voci, tuoni, un terremoto e una forte tempesta di grandine” {Salmi 11: 19}. “Un fuoco va davanti a Lui”.

Possiamo venire con audacia a questo terribile trono

Il terrore del trono di Dio è lo stesso terrore che c’era sul Sinai: il terrore della legge. Eppure quello stesso trono è “il trono della tua gloria”, al quale siamo esortati ad accostarci con coraggio. Tuttavia ” Mosè si avvicinò alla densa oscurità dov’era DIO” {Esodo 20: 2}, sul Sinai. Non solo Mosè, ma “Poi Mosè ed Aaronne, Nadab e Abihu e settanta degli anziani d’Israele salirono, e videro il DIO d’Israele. Sotto i suoi piedi c’era come un pavimento lavorato di zaffiro, della chiarezza del cielo stesso. Ma egli non stese la sua mano contro i capi dei figli d’Israele; ed essi videro DIO, e mangiarono e bevvero” {Esodo 24: 9-11} – donde vengono lampi e tuoni e voci – e lì trova misericordia. “Ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata” {Romani 5: 20}. La croce era al Sinai, sicché anche là era il trono della grazia di Dio. “La benignità e la verità si sono incontrate; la giustizia e la pace si sono baciate” {Salmi 85: 10}.

Reso vicino dal sangue di Cristo

Si ricordi, infatti, che è con il solo “il sangue di Gesù”, che abbiamo “libertà di entrare nel santuario” {Ebrei 10: 19}. Ma per quel sangue sarebbe come morte certa per noi accostarci al trono di Dio e prendere il Suo nome sulle nostre labbra, come lo era per chiunque si avvicinasse con leggerezza al Sinai. Ma Mosè e altri si avvicinarono a Dio sul Sinai, anche nella fitta oscurità, e non morirono, prova certa che il sangue di Gesù li salvò. Il fiume vivo di Cristo scorreva sul Sinai, come ” il fiume puro dell’acqua della vita, limpido come cristallo”, procede “dal trono di Dio e dell’Agnello” {Apocalisse 22: 1}.

La legge al Calvario la stessa del Sinai

Quella corrente viene dal cuore di Cristo, in cui la legge era ed è custodita. Cristo era il tempio di Dio, e il Suo cuore era dimora di Dio. Sappiamo che il ruscello d’acqua viva per il popolo è venuto da Cristo al Sinai, e che il sangue e l’acqua, che concordano in uno, sono sgorgati dal Suo costato al Calvario – ruscello vivo per la vita del mondo. Eppure, sebbene la croce del Calvario sia la manifestazione più alta possibile della tenera misericordia e dell’amore di Dio per l’uomo, è un fatto che il terrore al Sinai – il terrore del trono di Dio – erano là. Ci fu una fitta oscurità e un terremoto, e il popolo fu preso da un terribile terrore, perché lì Dio mostrò le spaventose conseguenze della violazione della Sua legge. La legge nel suo terrore per i malfattori era al Calvario così come al Sinai o in mezzo al trono di Dio.

Sinai, Calvario e Sion uniti

Quando Giovanni vide il tempio in cielo e il terribile trono di Dio, vide “in mezzo al trono… un Agnello come ucciso” {Apocalisse 5: 6}. Così il fiume dell’acqua della vita dal mezzo del trono di Dio procede da Cristo, come il fiume dal Sinai e dal Calvario. Il Sinai, il Calvario e Sion, tre montagne sacre di Dio, sono tutt’uno per coloro che vengono a loro con fede. In tutto troviamo la terribile e mortale legge di Dio che scorre verso di noi in un dolce e rinfrescante flusso di vita, così che possiamo cantare:

“C’è ampiezza nella misericordia di Dio,

Come l’ampiezza del mare,

C’è gentilezza nella Sua giustizia

Questo è più che libertà”.

CAPITOLO 28 – I PATTI DELLA PROMESSA

“Perciò ricordatevi che un tempo voi gentili di nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi, perché tali sono stati fatti nella carne per mano d’uomo, eravate in quel tempo senza Cristo, estranei dalla cittadinanza d’Israele e estranei ai patti della promessa, non avendo speranza ed essendo senza Dio nel mondo” {Efesini 2: 11-12}.

Un’idea che prevale abbastanza ampiamente è che Dio ha un’alleanza con gli Ebrei e un’altra con i Gentili; che ci fu un tempo in cui l’alleanza con gli Ebrei escludeva completamente i Gentili, ma che ora è stata stipulata una nuova alleanza che riguarda principalmente, se non interamente, i Gentili; in breve che gli Ebrei sono, o erano, sotto l’antica alleanza, e i Gentili sotto la nuova. Che questa idea sia un grande errore, si può facilmente vedere dal passo appena citato.

Nessun patto con i gentili

Di fatto, i Gentili, in quanto Gentili, non hanno alcuna parte nei patti della promessa di Dio. In Cristo è il sì. “Poiché tutte le promesse di Dio hanno in lui il «sì» e «l’amen», alla gloria di Dio per mezzo di noi” {2 Corinzi 1: 20}.

I Gentili sono coloro che sono senza Cristo, e quindi sono “stranieri dai patti della promessa”. Nessun Gentile ha alcuna parte in alcun patto di promessa. Ma chiunque vorrà può venire a Cristo e partecipare alle promesse; perché Cristo dice: “Tutto quello che il Padre mi dà verrà a me; e colui che viene a me, io non lo caccerò fuori” {Giovanni 6: 37}. Ma quando il Gentile fa questo, qualunque sia la sua nazionalità, cessa di essere un Gentile, e diventa un membro del “popolo d’Israele”.

Chi partecipa al patto di Dio?

Ma si noti anche che l’Ebreo, nell’accezione comune del termine, cioè come membro della nazione ebraica e rifiutatore di Cristo, non ha più parte nelle promesse di Dio, o nei patti della promessa, di quanto ne abbia il Gentile. Questo è solo per dire che nessuno ha alcuna parte nelle promesse, tranne coloro che le accettano. Chi è “senza Cristo”, sia che si chiami Giudeo o Gentile, è “senza Cristo”. Questo ci insegna il testo citato per primo. Bisogna essere in Cristo per condividere i benefici dei “patti della promessa”, ed essere un membro della ricchezza comune di Israele. “Ecco un vero Israelita” {Giovanni 1: 47} quindi, è semplicemente essere un cristiano. Questo è vero per gli uomini che vissero ai giorni di Mosè, come per quelli che vissero ai giorni di Paolo, o per quelli che vivono oggi.

Qualcuno probabilmente penserà di chiedere: “Che ne dici del patto fatto al Sinai? Intendi dire che era lo stesso di quello in cui vivono i cristiani, o che era altrettanto buono? Non ci è stato detto che era difettoso? e se era difettoso, come avrebbero potuto venirne la vita e la salvezza?”

Domande molto pertinenti e a cui è facile rispondere. È un fatto innegabile che la grazia abbondava sul Sinai – “la grazia di Dio che porta la salvezza” – perché Cristo era lì con tutta la Sua pienezza di grazia e verità. La misericordia e la verità si incontrarono lì, e la giustizia e la pace scorrevano come un fiume. Ma non era in virtù dell’alleanza fatta al Sinai che la misericordia e la pace erano lì. Quell’alleanza non portò nulla al popolo, sebbene tutto fosse lì per il suo godimento.

Le alleanze contrastate

Il valore comparativo dei due patti che sono correlati l’uno all’altro come “il primo” e “il secondo”, il “vecchio” e il “nuovo”, è così esposto nel Libro degli Ebrei, che presenta Cristo come Sommo Sacerdote, e contrappone il Suo sacerdozio a quello degli uomini. Ecco alcuni dei punti di superiorità del nostro grande Sommo Sacerdote sui sommi sacerdoti terreni:

  1. “Inoltre ciò non è avvenuto senza giuramento. Quelli infatti diventavano sacerdoti senza giuramento, (ma costui con giuramento da parte di colui che gli ha detto: «Il Signore ha giurato e non si pentirà: Tu sei sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedek»” {Ebrei 7: 20-21}.
  2. Furono sacerdoti ma per breve tempo, perché «non fu loro permesso di continuare a causa della morte»; quindi c’era un continuo cambiamento e successione. Ma Cristo «vive sempre», e perciò ha “ma costui, perché dimora in eterno, ha un sacerdozio che non passa ad alcun altro” {Ebrei 7: 24}. I sacerdoti terreni hanno continuato ad essere sacerdoti finché sono vissuti, ma non sono vissuti a lungo. Anche Cristo continua ad essere sacerdote finché vive, ed è “vivo per sempre”.
  3. I sacerdoti Levitici furono costituiti sacerdoti “secondo la legge di un comandamento carnale”. Il loro sacerdozio era solo esteriore, nella carne.

Potevano affrontare il peccato solo nelle sue manifestazioni esteriori, cioè in realtà per niente. Ma Cristo è Sommo Sacerdote “per la potenza di una vita indissolubile” {Ebrei 7: 16}, una vita che salva al massimo. Egli amministra la legge nello Spirito.

  1. Erano ministri solo di un santuario mondano, che l’uomo ha fatto. Cristo “si è posto a sedere alla destra del trono della Maestà nei cieli, ministro del santuario e del vero tabernacolo, che ha eretto il Signore e non un uomo” {Ebrei 8: 1-2}.
  2. Erano semplici uomini peccatori, come dimostrava la loro mortalità.

Cristo è “dichiarato Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, mediante la risurrezione dai morti» {Romani 1: 4}. e perciò Egli è “santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori e innalzato più in alto dei cieli” {Ebrei 7: 26}.

Quanto era migliore il secondo rispetto al primo

Ora “Per questo Gesù è diventato garante di un patto molto migliore” {Ebrei 7: 22}. L’alleanza di cui Cristo è Ministro è tanto migliore di quella di cui erano ministri i sacerdoti Levitici, il cui sacerdozio risaliva solo alla conclusione dell’alleanza sul Sinai, quanto Cristo e il Suo sacerdozio sono migliori di loro e del loro sacerdozio. Vale a dire, il patto di cui Cristo come Sommo Sacerdote è Ministro, è tanto migliore dell’alleanza che risale al Sinai, quanto Cristo è migliore dell’uomo; come il cielo è più alto della terra; poiché il Santuario in cielo è più grande del santuario sulla terra; poiché le opere di Dio sono migliori delle opere della carne; come “la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù” {Romani 8: 2}, è migliore della “legge di un comandamento carnale”, come la vita eterna è migliore di una vita che non è che “un vapore che appare per un momento e poi svanisce” come il giuramento di Dio è migliore della parola dell’uomo.

La differenza

E ora possiamo leggere in che cosa consiste questa grande differenza: “Ma ora Cristo ha ottenuto un ministero tanto più eccellente in quanto egli è mediatore di un patto migliore, fondato su migliori promesse, perché, se quel primo patto fosse stato senza difetto, non sarebbe stato necessario stabilirne un altro. Dio infatti, rimproverandoli, dice: «Ecco, vengono i giorni che io concluderò con la casa d’Israele e con la casa di Giuda un nuovo patto, non come il patto che feci con i loro padri, nel giorno che li presi per mano per condurli fuori dal paese di Egitto, perché essi non sono rimasti fedeli al mio patto, ed io li ho rigettati, dice il Signore. Questo dunque sarà il patto che farò con la casa d’Israele dopo quei giorni, dice il Signore, io porrò le mie leggi nella loro mente e le scriverò nei loro cuori; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. E nessuno istruirà più il suo prossimo e nessuno il proprio fratello, dicendo: Conosci il Signore! Poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro, perché io avrò misericordia delle loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati e dei loro misfatti” {Ebrei 8: 5-12}.

I seguenti fatti devono risaltare in modo molto evidente al lettore attento di questo testo:

  1. Entrambi i patti sono solo con Israele. I gentili, come abbiamo già visto, sono “estranei ai patti della promessa” {Efesini 2: 12}. Si ammette sempre e si afferma sempre che non hanno nulla a che fare con l’antica alleanza; ma hanno ancora meno connessione con la nuova alleanza.
  2. Entrambe le alleanze sono stipulate con “la casa d’Israele”; non con pochi individui, né con una nazione divisa, ma “con la casa d’Israele e con la casa di Giuda”, cioè con tutto il popolo d’Israele. La prima alleanza fu fatta con tutta la casa d’Israele, prima che fosse divisa; la seconda alleanza sarà stabilita quando Dio avrà preso i figli d’Israele dalle nazioni e li avrà resi una sola nazione, quando “non saranno più due nazioni né saranno più divisi in due regni” {Ezechiele 37: 22}.
  3. Entrambe le alleanze contengono promesse e su di esse si fondano.
  4. La “nuova alleanza” è migliore di quella stipulata al Sinai.
  5. È migliore, perché migliori sono le promesse su cui si fonda.
  6. Tuttavia, confrontando i termini del nuovo con quelli dell’antico, si vedrà che il fine contemplato da ciascuno è lo stesso. Il vecchio diceva: “Se obbedirete alla Mia voce”; il nuovo dice: “Metterò le mie leggi nella loro mente e le scriverò nei loro cuori”. Ognuno fa riferimento alla legge di Dio. Entrambi hanno come oggetto la santità e tutte le ricompense della santità. Nel patto del Sinai fu detto a Israele: “Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa” {Esodo 19: 6}. Questo è proprio ciò che è veramente il popolo di Dio: “voi siete una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una gente santa, un popolo acquistato per Dio…” {1 Pietro 2: 5,9}.

Perché le promesse dell’Antica Alleanza non furono mai realizzate

Ma le promesse di quel patto al Sinai non si realizzarono mai, e proprio perché erano errate. Le promesse di quel patto dipendevano tutte dal popolo. Dissero: “E tutto il popolo rispose insieme e disse: “Noi faremo tutto ciò che l’Eterno ha detto” {Esodo 19: 8}. Essi promisero di osservare i Suoi comandamenti, sebbene avessero già dimostrato di non essere in grado di fare nulla da soli. Le loro promesse di osservare la legge, come la legge stessa, “era senza forza a motivo della carne” {Romani 8: 3}. Quindi la sola forza della legge, e cioè la morte. Perché, allora, fu stipulato quel patto? Per la stessa ragione per cui la legge fu pronunciata dal Sinai; “a motivo del peccato”.

Il Signore dice che è stato “perché essi non sono rimasti fedeli al mio patto” {Ebrei 8: 9}. Avevano sottovalutato il “patto eterno” che Dio aveva fatto con Abramo, e quindi fece questo con loro, come testimonianza contro di loro.

L’Alleanza con Abramo Sufficiente

Quel “patto eterno” con Abramo era un patto di fede.

Era eterno, e quindi il dare la legge non poteva annullarlo. Era confermato dal giuramento di Dio, e quindi la legge non poteva aggiungervi nulla. Poiché la legge non aggiungeva nulla a quel patto, e tuttavia non era contro le Sue promesse, ne consegue che la legge era contenuta nelle Sue promesse. L’alleanza di Dio con Abrahamo assicurò a lui e alla sua discendenza la giustizia della legge mediante la fede. Non per opere, ma per fede.

La sua portata

L’alleanza con Abramo era così ampia nella sua portata che abbracciava tutte le nazioni, anche “tutte le famiglie della terra”. È quell’alleanza, sostenuta dal giuramento di Dio, con la quale ora abbiamo fiducia e speranza nel venire a Gesù, nel quale è stata confermata. È in virtù di quel patto, e solo quello, che ogni uomo riceve la benedizione di Dio, poiché la croce di Cristo porta semplicemente su di noi la benedizione di Abramo.

La sua garanzia

Quell’alleanza era tutta di fede, e per questo assicura la salvezza, poiché “Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio, non per opere, perché nessuno si glori” {Efesini 2: 8-9}. La storia di Abramo rende molto evidente il fatto che la salvezza è interamente di Dio, e non per il potere dell’uomo. “la potenza appartiene a DIO” {Salmi 62: 11} e il Vangelo “è la potenza di Dio per la salvezza, di chiunque crede” {Romani 1: 16}. Dal caso di Abramo, così come quello di Isacco e di Giacobbe, ci viene fatto sapere che solo Dio stesso può compiere le promesse di Dio. Non hanno ottenuto nulla con la loro saggezza o abilità o potere; tutto era un dono di Dio. Li guidò e li protesse.

Il riferimento di Dio al suo patto con Abramo

Questa è la verità che era stata resa più importante nella liberazione dei figli d’Israele dall’Egitto. Dio ha introdotto Sé stesso per loro come: “L’Eterno. il DIO dei vostri padri, il DIO di Abrahamo, il DIO d’Isacco e il DIO di Giacobbe mi ha mandato da voi” {Esodo 3: 15}. E ordinò a Mosè di far sapere loro che stava per liberarli in adempimento della Sua alleanza con Abramo. “DIO parlò quindi a Mosè e gli disse: «Io sono l’Eterno, e sono apparso ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe, come Dio onnipotente; ma non mi ero mai fatto conoscere da loro con il mio nome di Eterno.

Ho pure stabilito con loro il mio patto, promettendo di dar loro il paese di Canaan, il paese dove soggiornarono come stranieri. Ho pure udito il lamento dei figli d’Israele che gli Egiziani tengono in schiavitù e mi sono ricordato del mio patto. Perciò di’ ai figli d’Israele: «Io sono l’Eterno; vi sottrarrò dai duri lavori imposti su di voi dagli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi riscatterò con braccio steso e con grandi castighi. Vi prenderò per mio popolo, e sarò il vostro DIO; e voi conoscerete che io sono l’Eterno, il vostro DIO, che vi sottrae ai duri lavori impostivi dagli Egiziani.

E vi farò entrare nel paese, che giurai di dare ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe; e ve lo darò in eredità. Io sono l’Eterno»” {Esodo 6: 2-8}.

Leggi ora di nuovo le parole di Dio appena prima della stipulazione del patto sul Sinai: “Così dirai alla casa di Giacobbe e questo annuncerai ai figli d’Israele: «Voi avete visto ciò che ho fatto agli Egiziani, e come io vi ho portato sulle ali d’aquila e vi ho condotto da me. Or dunque, se darete attentamente ascolto alla mia voce e osserverete il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare, poiché tutta la terra è mia.

E sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste sono le parole che dirai ai figli d’Israele»” {Esodo 19: 3-6}.

Tutte le cose di Dio

Nota come Dio si soffermò sul fatto che Egli stesso aveva fatto tutto ciò che era stato fatto per loro. Li aveva liberati dagli Egiziani, e li aveva portati a Sé. Questa era la cosa che dimenticavano continuamente, come indicato dai loro mormorii. Erano persino arrivati al punto di chiedersi se il Signore era tra loro o no; e i loro mormorii indicavano sempre il pensiero che loro stessi potevano gestire le cose meglio di

come Dio avrebbe potuto fare. Dio li aveva portati dall’Egitto al Mare Rosso, e nel deserto dove non c’era cibo né acqua, e aveva miracolosamente provveduto ai loro bisogni in ogni occasione, per far loro capire che potevano vivere solo della Sua parola {Deuteronomio 8: 3}.

L’alleanza che Dio fece con Abramo era fondata sulla fede e sulla fiducia. “Or Abrahamo credette a Dio e ciò gli fu imputato a giustizia” {Romani 4: 3}.

Così, quando Dio, in adempimento di quel patto, stava liberando Israele dalla schiavitù, tutto il Suo modo di trattare con loro era calcolato per insegnare loro a confidare in Lui, in modo che potessero essere veramente i figli del patto.

La lezione della fiducia

La risposta di Israele è stata la fiducia in se stessi. Leggi il resoconto della loro sfiducia in Dio nel Salmo 106. Lo aveva dimostrato al Mare Rosso, nel dare la manna, e alle acque di Meriba. In ogni luogo non erano riusciti a fidarsi perfettamente di Lui. Ora viene a provarli ancora una volta, nel dare la legge. Come abbiamo già imparato, Dio non ha mai voluto che gli uomini cercassero di ottenere la giustizia mediante la legge, o che pensassero che una cosa del genere fosse possibile. Nel dare la legge, come dimostrato da tutte le circostanze che l’accompagnano, Egli ha progettato che i figli d’Israele, e anche noi, imparassimo che la legge è infinitamente al di sopra della portata di ogni sforzo umano, e per chiarire che, poiché l’osservanza dei comandamenti è essenziale per la salvezza che Egli ha promesso, Egli stesso adempirà la legge in noi. Queste sono le parole di Dio: “Ascolta, o popolo mio, e ti ammonirò. O Israele, se tu mi ascoltassi! Non vi sia in mezzo a te alcun dio straniero e non adorare alcun dio forestiero” {Salmi 81: 8-9}. “Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e l’anima vostra vivrà” {Isaia 55: 3}. La Sua parola trasforma l’anima dalla morte del peccato alla vita della giustizia, come fece uscire Lazzaro dal sepolcro.

L’Alleanza al Sinai non progettata da Dio

Un’attenta lettura dell’Esodo 19: 1-6, mostrerà che non vi è alcuna indicazione che un altro patto doveva essere fatto allora. In effetti, le prove sono contrarie. Il Signore fece riferimento al Suo patto – il patto dato molto tempo prima ad Abramo – e li esortò a mantenerlo, e disse quale sarebbe stato il risultato del loro rispetto. Il patto con

Abramo era, come abbiamo visto, un patto di fede, e loro potevano mantenerlo semplicemente mantenendo la fede. Dio non ha chiesto loro di stringere un’altra alleanza con Lui, ma solo di accettare la Sua alleanza di pace, che aveva dato molto tempo prima ai padri.

L’errore del popolo

La risposta appropriata del popolo quindi sarebbe stata: “Amen, sì, o Signore, avvenga per noi secondo la tua volontà”.

Al contrario dissero: “Noi faremo tutto ciò che l’Eterno ha detto” {Esodo 19: 8} e hanno ripetuto la loro promessa, con ulteriore enfasi, anche dopo aver ascoltato la legge pronunciata. Fu la stessa fiducia in se stessi che portò i loro discendenti a dire a Cristo: “Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?” {Giovanni 6: 28}.

Pensate agli uomini mortali che presumono di poter compiere l’opera di Dio! Cristo rispose: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato” {Giovanni 6: 29}. Così fu anche nel deserto del Sinai, quando fu data la legge e stipulato il patto.

Un patto con la morte

La loro assunzione della responsabilità di compiere le opere di Dio, ha mostrato mancanza di apprezzamento della Sua grandezza e santità. È solo quando gli uomini “ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria giustizia non si sono sottoposti alla giustizia di Dio” {Romani 10: 3}. Le loro promesse non servivano a nulla, perché non avevano il potere di adempierle. Il patto, quindi, che era basato su quelle promesse era del tutto privo di valore, per quanto riguardava il dar loro la vita. Tutto quello che potevano ottenere da quel patto era proprio quello che potevano ottenere da se stessi, ed era la morte. Confidare in esso significava stringere un patto con la morte ed essere d’accordo per la morte. Il loro ingresso in quel patto era una notifica virtuale al Signore di cui potevano fare a meno di Lui; notificavano che erano in grado di mantenere qualsiasi promessa potessero fare.

La pazienza di Dio

Ma Dio non li abbandonò, “Egli infatti aveva detto: “Essi sono veramente il mio popolo, figli che non agiranno falsamente”. Così divenne il loro Salvatore” {Isaia 63: 8}. Sapeva che erano mossi dall’impulso nel fare quella promessa e che non si rendevano conto di cosa significasse. Avevano zelo per Dio, ma non secondo conoscenza. Li aveva fatti uscire dal paese di Egitto, affinché insegnasse loro a conoscerlo, e non si adirò con loro perché erano così lenti nell’apprendere la lezione. Aveva sopportato Abramo quando pensava di poter realizzare i piani di Dio, ed era stato molto paziente con Giacobbe quando era così ignorante da supporre che l’eredità promessa da Dio potesse essere guadagnata con accordi truffaldini e frode. Così ora sopportava l’ignoranza e la mancanza di fede dei loro figli, per poi portarli alla fede.

La Divina Compassione

Dio incontra gli uomini proprio dove sono. Ha “così egli può usare compassione verso gli ignoranti e gli erranti” {Ebrei 5: 2}. Egli cerca sempre e ovunque di attirare a Sé tutti gli uomini, per quanto depravati siano; e quindi quando scorge anche il più debole barlume di volontà o desiderio di servirlo, subito lo nutre, sfruttandolo al massimo per condurre l’anima a un amore più grande e una conoscenza più perfetta. Così, sebbene i figli d’Israele avessero fallito in questa prova suprema della loro fiducia in Lui, Egli approfittò della loro espressa disponibilità a servirlo, anche se era solo “nella loro modalità debole”. A causa della loro incredulità non potevano avere tutto ciò che Egli desiderava che avessero; ma ciò che hanno ottenuto attraverso la loro mancanza di fede è stato un continuo tornare alla memoria di ciò che avrebbero potuto avere se avessero creduto pienamente. A causa della loro ignoranza della grandezza della Sua santità, ignoranza che fu espressa dalla loro promessa di mettere in pratica la legge, Dio procedette, mediante la proclamazione della legge, a mostrare loro la grandezza della Sua giustizia e l’assoluta impossibilità di metterla in pratica.

CAPITOLO 29 – IL VELO E L’OMBRA

“Ma se il nostro evangelo è ancora velato, esso lo è per quelli che periscono,nei quali il dio di questo secolo ha accecato le menti di quelli che non credono, affinché non risplenda loro la luce dell’evangelo della gloria di Cristo, che è l’immagine di Dio” {2 Corinzi 4: 3-4}.

“Or Mosè, quando scese dal monte Sinai (scendendo dal monte Mosè aveva in mano le due tavole della testimonianza), non sapeva che la pelle del suo volto era divenuta raggiante, perché era stato a parlare con l’Eterno” {Esodo 34: 29}. Poiché Mosè parlò con Dio, il suo volto risplendeva anche dopo che aveva lasciato l’immediata presenza di Dio.

“Così, quando Aaronne e tutti i figli d’Israele videro Mosè, ecco che la pelle del suo volto era raggiante ed essi avevano paura di avvicinarsi a lui.Ma Mosè li chiamò ed Aaronne e tutti i capi dell’assemblea ritornarono da lui, e Mosè parlò loro.Dopo di che, tutti i figli d’Israele si avvicinarono, ed egli ordinò loro di fare tutto ciò che l’Eterno gli aveva detto sul monte Sinai.Come Mosè ebbe finito di parlare con loro, mise un velo sul suo volto.Quando però Mosè entrava davanti all’Eterno per parlare con lui, si toglieva il velo finché usciva fuori; uscendo fuori, diceva ai figli d’Israele ciò che gli era stato comandato.I figli d’Israele, guardando la faccia di Mosè, vedevano che la pelle di Mosè era raggiante; poi Mosè rimetteva il velo sul suo volto, fino a quando entrava a parlare con l’Eterno” {Esodo 34: 30-35}.

Incredulità = il Velo

L’incredulità acceca la mente. Agisce come un velo, per spegnere la luce. È solo per fede che comprendiamo, Mosè aveva una fede profonda e duratura; perciò egli “Per fede lasciò l’Egitto senza temere l’ira del re, perché rimase fermo come se vedesse colui che è invisibile” {Ebrei 11: 27}. Non aveva bisogno di alcun velo sul suo volto, anche quando era alla presenza immediata della gloria di Dio. Il velo che si mise sul suo volto quando scese a parlare con i figli d’Israele, era unicamente a causa loro, perché il suo volto risplendeva tanto che non potevano guardarlo, ma quando tornò a parlare con il Signore, si tolse il velo.

Il velo sul volto di Mosè era una concessione alla debolezza del popolo. Se non l’avesse indossato, ciascuno di loro sarebbe stato obbligato a coprirsi il volto con un velo, per avvicinarsi ad ascoltare Mosè. Non potevano, come invece aveva fatto Mosè, guardare la gloria del Signore a volto scoperto. Praticamente, quindi, ognuno di loro aveva un velo sul proprio volto. Il volto di Mosè è senza velo.

Il Velo sul Cuore

Quel velo sul volto dei figli d’Israele rappresentava l’incredulità che era nei loro cuori. Quindi il velo era davvero sui loro cuori. “Le loro menti erano accecate;” e “fino ad oggi, quando viene letto Mosè, il velo è sul loro cuore”. Questo non vale solo per il popolo ebraico, ma per tutti coloro che non vedono Cristo esposto in tutti gli scritti di Mosè.

Un velo interposto tra le persone e la luce, le lascia nell’ombra. Così, quando i figli d’Israele stesero il velo dell’incredulità tra loro e “la luce del Vangelo della gloria di Cristo”, naturalmente ne hanno ricevuto solo l’ombra. Hanno ricevuto solo l’ombra delle cose buone loro promesse, invece della sostanza stessa. Notiamo alcune delle ombre, rispetto alla realtà.

Ombra e Sostanza 

  1. Dio aveva detto: “«Se davvero obbedirete alla Mia voce e manterrete il mio patto, allora… sarete per Me un regno di sacerdoti»”. Ma non sono mai diventati un regno di sacerdoti. Solo una tribù, la tribù di Levi, poteva avere qualunque cosa a che fare con il santuario, e di quella tribù solo una famiglia, quella di Aaronne, poteva essere sacerdote. Era morte certa per chiunque non appartenesse alla famiglia di Aaronne la presunzione di servire in qualche modo come sacerdote. Eppure tutti coloro che sono veramente figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, sono “un sacerdozio regale”, anzi “un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio mediante Gesù Cristo». Questo fu ciò che Dio promise alla nazione dei Giudei, al Sinai; ma non l’hanno mai raggiunto, perché non hanno osservato la Sua alleanza di fede, ma hanno confidato nella propria forza.
  2. Invece di essere portati al santuario celeste che le mani di Dio hanno stabilito e di essere piantati in esso, avevano un santuario mondano fatto dall’uomo, e non potevano entrare nemmeno in quello.
  3. Il trono di Dio, nel santuario in alto, è un trono vivente, semovente, che va e viene come un lampo, in risposta immediata al pensiero dello Spirito {Ezechiele 1}. Al contrario, non avevano nel santuario terreno che una debole rappresentazione di quel trono a forma di arca di legno e oro, che doveva essere portata sulle spalle degli uomini.
  4. La promessa contenuta nell’alleanza con Abrahamo, che il popolo di Dio doveva mantenere, era che la legge sarebbe stata messa nel cuore. I figli d’Israele l’hanno ottenuto su tavole di pietra. Invece di ricevere per fede “la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù” {Romani 8: 2}, cioè sulla «pietra viva» in mezzo al trono di Dio (cfr. 1 Pietro 2: 3-4; Apocalisse 5: 6), che avrebbe dato loro la vita, rendendoli anche pietre vive, ricevettero la legge solo su pietre fredde e senza vita, che non potevano dar loro altro che morte.
  5. In breve, invece del ministero della giustizia di Dio in Cristo, hanno ricevuto solo il ministero della morte; poiché la stessa cosa che è un sapore di vita per coloro che credono, è un sapore di morte per coloro che non credono.

Un’ombra esatta

Ma vedi la bontà e la misericordia di Dio anche in questo. Egli offrì loro il fulgore splendente del Suo glorioso Vangelo, e loro interposero un velo di incredulità, in modo che potessero ricevere solo l’ombra. Eppure quella stessa ombra era un ricordo sempre presente della sostanza. Quando una nuvola spessa e di passaggio proietta un’ombra sulla terra, sappiamo, se non siamo troppo ottusi per pensare, che non potrebbe proiettare un’ombra se non fosse per il sole; così che anche la nuvola proclama la presenza del sole. Se dunque oggi le persone, anche quelle che si professano cristiane, non fossero così cieche come lo furono sempre i figli d’Israele, si rallegrerebbero sempre alla luce del volto di Dio, poiché anche una nuvola dimostra sempre che la luce è presente, e la fede fa sempre scomparire la nuvola, oppure vede in essa l’arco della promessa.

Era meglio per gli ebrei avere la legge anche come testimone contro di loro, piuttosto che non averla affatto. Era un grande vantaggio per loro in ogni modo, avendo affidato loro gli oracoli di Dio {Romani 3: 2}. È meglio avere la legge presente per rimproverarci dei nostri peccati e indicare la via della giustizia, piuttosto che esserne completamente sprovvisti. Così gli ebrei, anche nella loro incredulità, avevano un vantaggio sui pagani, perché gli ebrei avevano “la forma della giustizia e della verità nella legge” {Romani 2: 20}. Mentre quella forma non poteva salvarli, e accresceva la loro condanna solo se rifiutavano l’istruzione destinata ad essere trasmessa da essa, tuttavia era un vantaggio in quanto era loro una costante testimonianza di Dio. Dio non ha lasciato i pagani senza testimonianza, in quanto ha parlato loro di Sé attraverso le cose che aveva fatto, predicando loro il Vangelo nella creazione; ma la testimonianza che diede agli Ebrei, oltre all’altra, era l’immagine stessa delle Sue stesse realtà eterne.

La sostanza sempre a portata di mano

E le realtà stesse erano per il Suo popolo. Solo il velo dell’incredulità sui loro cuori impediva loro di avere la sostanza di cui avevano l’ombra; ma “il velo è stato tolto in Cristo” {2 Corinzi 3: 14}, e Cristo era già presente con loro. Ogni volta che il cuore si volgerà al Signore, il velo sarà tolto. Anche i più ciechi potevano vedere che il santuario dell’antica alleanza e le ordinanze del servizio divino che erano connesse con essa non erano le realtà che Dio aveva giurato di dare ad Abramo e alla sua discendenza. Quindi avrebbero potuto rivolgersi tutti in una volta al Signore, proprio come hanno fatto i singoli durante l’intera storia di Israele.

Tutto potrebbe essersi avvicinato

Mosè parlò con Dio a volto scoperto. Quando gli altri “stavano lontani”, “Mosè si avvicinò”. È solo mediante il sangue di Cristo che chiunque può avvicinarsi.

Per mezzo del sangue di Gesù abbiamo il coraggio di entrare anche nel Luogo più Santo, nel luogo segreto di Dio. Il fatto che Mosè abbia fatto questo mostra la sua conoscenza del potere del sangue prezioso e la sua fiducia in esso. Ma il sangue che ha saputo dare audacia e accesso a Mosè, avrebbe potuto fare lo stesso a tutti gli altri, se avessero creduto come lui.

Nessuna ombra senza il sole

Non dimenticare che la presenza di un’ombra prova il presente splendore del sole. Se la gloria della giustizia di Dio non fosse stata presente nella sua pienezza, il popolo d’Israele non avrebbe potuto averne nemmeno l’ombra. E poiché era l’incredulità a causare l’ombra, la fede li avrebbe immediatamente portati alla piena luce del sole, e avrebbero potuto essere “a lode della gloria della sua grazia”.

Trasformato dalla Gloria

Mosè vide la gloria a volto scoperto e ne fu trasformato. Se dunque crediamo, “tutti, contemplando a faccia scoperta come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine di gloria in gloria, come per lo Spirito del Signore” {2 Corinzi 3: 18}. Così sarebbe stato anche per i figli d’Israele, se avessero creduto, perché il Signore non è mai stato parziale. Ciò che Mosè ha condiviso, tutti avrebbero potuto condividerlo.

“Ciò che è stato abolito”

“Perché il fine della legge è Cristo, per la giustificazione di ognuno che crede” {Romani 10: 4}. Egli “ha abolito la morte, e ha portato alla luce la vita e l’immortalità attraverso il Vangelo” {2 Corinzi 3: 18; Romani 10: 4}.

1) Questo è il Vangelo che fu predicato ad Abrahamo, e ad Israele in Egitto e nel deserto. Ma a causa dell’incredulità del popolo, “non fissassero il loro sguardo sulla fine di ciò che doveva essere annullato” {2 Corinzi 3: 13}.

2) Poiché la loro fede non si aggrappava a Cristo, ottennero solo la legge come “il ministero della morte” {2 Corinzi 3: 7}, invece di essere “la legge dello Spirito di vita in Cristo Gesù”.

L’età del Vangelo

Si parla di “l’era del vangelo” e di “la dispensazione evangelica” come se il Vangelo fosse un ripensamento di Dio, o tutt’al più qualcosa che Dio ha tardato a dare all’umanità. Ma le Scritture ci insegnano che “la dispensazione evangelica” o “l’era del vangelo” è dall’Eden perduto a Eden restaurato. Sappiamo che “questo evangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo in testimonianza a tutte le genti, e allora verrà la fine” {Matteo 24: 14}. Questa è la fine, ma l’inizio fu alla caduta dell’uomo.

L’apostolo Paolo rivolge la nostra attenzione all’uomo nel principio, coronato di gloria e di onore, e preposto alle opere delle mani di Dio. Indirizzandoci a fissare lo sguardo sull’uomo nell’Eden, signore di tutto ciò che vide, l’apostolo continua: “«Tu gli hai posto tutte le cose sotto i piedi». Infatti, nel sottoporgli tutte le cose non ha lasciato nulla che non gli fosse sottoposto. Tuttavia al presente non vediamo ancora che tutte le cose gli sono sottoposte” {Ebrei 2: 8}.

Perché no? Perché cadde e perse il regno e la gloria. Ma guardiamo ancora al luogo in cui vedemmo per la prima volta l’uomo nella gloria e nella potenza dell’innocenza, e dove lo vedemmo peccare e venire meno la gloria, e “vorremmo vedere Gesù” {Giovanni 12: 21}. Cristo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto; e dove dovrebbe cercare se non dove era perduto? Egli è venuto per salvare l’uomo dalla caduta, e quindi è andato necessariamente dove l’uomo è caduto. Dove abbonda il peccato, là abbonda la grazia. Quindi “la dispensazione evangelica” con la croce di Cristo che diffonde la luce della gloria di Dio nelle tenebre del peccato, risale alla caduta di Adamo. Dove cadde il primo Adamo, lì risorge il secondo Adamo, perché lì è stata eretta la croce.

Vita e immortalità portate alla luce

“Infatti, siccome per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti” {1 Corinzi 15: 21}, perché il secondo uomo Adamo è uno Spirito vivificante, essendo «la risurrezione e la vita». Perciò in Cristo la morte fu abolita, e la vita e l’immortalità furono messe in luce nel Vangelo, il giorno stesso in cui Adamo peccò. Se così non fosse, Adamo sarebbe morto quel giorno stesso. Abramo e Sara dimostrarono nei loro corpi che Cristo aveva abolito la morte, poiché entrambi sperimentarono il potere della risurrezione, rallegrandosi nel vedere il giorno di Cristo. Molto prima dei loro giorni, la traslazione di Enoc senza vedere la morte aveva dimostrato che il suo potere era stato spezzato; e la sua traslazione era dovuta alla sua fede in Cristo. Molto di più, allora, era “la dispensazione evangelica” in piena gloria fin giù nella storia del mondo come al Sinai. Qualunque altra dispensa che, qualsiasi popolo abbia mai condiviso, è stato solo a causa della loro durezza e del loro cuore impenitente, che disprezzavano le ricchezze della bontà, della pazienza e della longanimità di Dio, e accumulavano ira per sé stessi contro il giorno dell’ira. Mentre i non credenti sono sotto l’antica alleanza, i credenti sono allo stesso tempo nella nuova; perché “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, tutte le cose sono diventate nuove” {2 Corinzi 5: 17}.

La Legge nel Vangelo e il Vangelo nella Legge

Così anche al Sinai il ministero della morte fu abolito in Cristo. La legge era nelle mani di un mediatore {Galati 3: 19}, in modo che fosse la vita per tutti coloro che l’hanno ricevuta in Lui. La morte, che viene dal peccato, e la cui forza è la legge, è stata abolita, e la vita è stata posta al suo posto per chiunque crede, non importa quanti o quanto pochi fossero. Ma nessuno dimentichi che, come il Vangelo fu in tutta la sua gloria al Sinai, così la legge, così come fu data al Sinai, è sempre presente nel Vangelo. Se la legge sulle tavole di pietra senza vita non era che un’ombra, era nondimeno un’ombra esatta, della legge vivente sulla pietra viva, Cristo Gesù. Dio vorrebbe che tutti gli uomini sapessero, ovunque si oda la Sua voce, che la giustizia e l’obbedienza di Cristo impartisce al credente è la giustizia descritta nella legge pronunciata dal Sinai. Nessuna lettera può essere modificata. È una fotografia esatta del carattere di Dio in Cristo. Una fotografia non è che un’ombra, è vero; ma se la luce è chiara, è una rappresentazione esatta della sostanza. In questo caso la luce era “la luce del glorioso Vangelo di Cristo, che è l’immagine di Dio” {2 Corinzi 4: 4}, affinché possiamo conoscere i dieci comandamenti come la forma letterale ed esatta della giustizia di Dio. Essi ci descrivono proprio ciò che lo Spirito Santo stamperà in lettere viventi di luce sulle tavole di carne dei nostri cuori, se solo sono sensibilizzati dalla fede viva.

CAPITOLO 30 – DUE LEGGI

Da quanto precede, sarà evidente che ci sono due leggi così come ci sono due patti, che lavorano tra loro la stessa relazione che i due patti hanno tra loro. L’uno è l’ombra dell’altro, il risultato dell’aver posto il velo dell’incredulità davanti alla luce della vita.

Cristo, la Legge vivente

“Poiché il comandamento è una lampada, l’insegnamento una luce, e le correzioni dell’ammaestramento sono la via della vita” {Proverbi 6: 23}. Ma Cristo è l’unica Luce del mondo, Luce della vita; sicché solo in Lui si trova la legge vera e vivente. È la Sua vita, perché è nel Suo cuore, e fuori dal cuore ci sono le questioni della vita. Egli è la Pietra viva, dove troviamo la legge in Persona, piena di grazia e insieme di verità. Di ciò la legge sulle tavole non era che l’ombra, seppure un’ombra esatta e perfetta. Ci dice esattamente cosa troveremo in Cristo.

Debolezza e Potere

Sebbene la legge sulle tavole di pietra descriva la perfetta giustizia di Dio, non ha il potere di manifestarsi in noi, non importa quanto fortemente possiamo desiderarla. È “senza forza a motivo della carne”. È un segnale fedele, che indica la via, ma non ci porta in essa. Ma Cristo ha “potere sopra ogni carne” {Giovanni 17: 2} e in Lui troviamo la legge così piena di vita che, se solo acconsentiamo alla legge che è buona, e confessiamo che Cristo è venuto nella carne, essa si manifesterà nei pensieri e nelle parole e negli atti delle nostre vite, nonostante la debolezza della carne.

In un Libro e in Cristo

Per coloro che conoscono la legge solo come è scritta in un libro e che di conseguenza pensano che spetti interamente a loro osservarla, essa è una legge delle opere e, in quanto tale, non fa altro che pronunciare una maledizione su di loro.

Ma per coloro che conoscono la legge in Cristo, essa è una legge della fede, che proclama la benedizione del perdono e della pace.

La Legge della Morte e la Legge dello Spirito di Vita

Conosciuta solo su tavole di pietra o in un libro, è «legge del peccato e della morte» {Romani 8: 2}, poiché “Ora il dardo della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge” {1 Corinzi 15: 56}. Ma come noto in Cristo, è “la legge dello Spirito della vita” {Romani 8: 2}, a causa della rettitudine.

Condanna e Giustizia

Come “scritta e incisa su pietra”, essa non può essere altro che “il ministero della morte”. Colui che predica semplicemente la legge scritta, dicendo alle persone del loro dovere di osservarla e incitandole a fare del loro meglio per mantenerla, non fa altro che portare condanna. Ma la stessa legge scritta nel cuore “con lo Spirito del Dio vivente” {2 Corinzi 3: 3}, è “vita e pace”; e colui che predica che Cristo “è venuto nella carne” {1 Giovanni 4: 2}, e che quando Egli dimora in un uomo oggi è altrettanto obbediente alla legge come lo era diciotto secoli fa, è un ministro di giustizia.

“Giogo di Schiavitù” e “Legge della Libertà”

Conosciuto solo come un codice di regole a cui dobbiamo conformare la nostra vita “legge dei comandamenti fatta di prescrizione” {Efesini 2: 15}. Essa è un “giogo della schiavitù” {Galati 5: 1}, perché i migliori sforzi per osservarla sono essi stessi solo peccato; “poiché la Scrittura ha concluso [rinchiuso] tutto sotto il peccato” e con ogni opera “fatta con giustizia che noi stessi abbiamo fatto”, la legge non fa che stringere la sua morsa mortale su di noi e rafforza le sbarre della nostra prigione. Ma “il Signore è lo Spirito; e dove c’è lo Spirito del Signore, là c’è libertà” {2 Corinzi 3: 17}. Dunque in Cristo la legge è “la legge perfetta, che è la legge della libertà” {Giacomo 1: 25}.

Un servizio sacrificale conforme alla legge

Quando gli Ebrei al Sinai si offrirono volontari per compiere le opere di Dio per Lui, intrapresero la propria salvezza. Hanno ignorato la storia di Abrahamo, e il patto di Dio con lui, al quale la loro attenzione era stata particolarmente richiamata. Ma Dio è longanime, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento; e così, in armonia con il Suo patto con Abramo, non rigettò il popolo, ma Si sforzò di insegnare loro Sé stesso e la Sua salvezza, anche dalla loro incredulità. Diede loro un sistema di sacrifici e offerte, e un ciclo di cerimonie giornaliere e annuali che erano esattamente in armonia con la legge che avevano scelto di osservare, vale a dire la legge delle opere.

Cosa indicavano i sacrifici Levitici

Naturalmente questo sistema sacrificale non poteva salvarli più di quanto non potesse salvarli la legge infranta delle opere dalla quale era nato. Qualsiasi uomo che avesse abbastanza comprensione per conoscere la natura del peccato e la necessità dell’espiazione, aveva abbastanza buon senso per sapere che il perdono e la giustizia non potevano mai essere ottenuti dalle cerimonie connesse con il tabernacolo. La stessa offerta di un sacrificio indicava che la morte è il salario e il frutto del peccato. Ma chiunque poteva vedere che la vita di un agnello, di una capra o di un bue non valeva quanto la vita stessa di un uomo. Quindi nessuno di quegli animali, né tutti insieme, potrebbe rispondere della vita di un solo uomo. Migliaia di arieti, o anche un sacrificio umano, non potevano espiare un solo peccato {Michea 6: 6-7}.

I fedeli tra la gente lo hanno capito bene. Disse Davide, dopo aver commesso un grave peccato: “Tu infatti non prendi piacere nel sacrificio altrimenti te l’offrirei, né gradisci l’olocausto” {Salmi 51: 16}. E Dio, per mezzo dei profeti, insegnava al popolo: “Che m’importa la moltitudine dei vostri sacrifici, dice l’Eterno. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate; il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri non lo gradisco” {Isaia 1: 11}. “I vostri olocausti non mi sono graditi e i vostri sacrifici non mi piacciono” {Geremia 6: 20}. Non v’era virtù in esse, “La legge infatti, avendo solo l’ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non può mai rendere perfetti quelli che si accostano a Dio con gli stessi sacrifici che vengono offerti continuamente, anno dopo anno” {Ebrei 10: 1}.

Cosa sarebbe stato molto meglio

Naturalmente sarebbe stato meglio, anzi, la cosa migliore, se il popolo d’Israele avesse conservato la fede semplice e forte di Abramo e Mosè, nel qual caso non avrebbero avuto altro tabernacolo se non quello “che ha eretto il Signore e non un uomo” {Ebrei 8: 2}. Non il Sommo Sacerdote eccetto Cristo stesso, “costituito Sommo Sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchisedec”; nessun limite al sacerdozio, ma ognuno di loro un sacerdote “per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio mediante Gesù Cristo”, nessuna legge ma “la legge dello Spirito della vita in Cristo”, insomma solo la realtà, e non la mera ombra.

Ma dal momento che le persone non credevano, fu una meravigliosa dimostrazione della gentilezza, dell’amore e della tolleranza di Dio, che diede loro quella che doveva essere una continua lezione oggettiva. Proprio “a motivo della sua debolezza e inutilità” {Ebrei 7: 18}, delle opere della legge era sempre evidente ad ogni persona riflessiva; e quando l’anima si è risvegliata, quella legge il cui unico vantaggio era la convinzione e il cui unico potere era la morte, li ha indirizzati a Cristo, al quale li ha rinchiusi per la libertà e per la vita. Rendeva loro evidente che in Cristo, e solo in Lui, potevano trovare la salvezza. La verità come è in Gesù, è la verità che santifica.

Come arriva il perdono

Un altro punto che è necessario notare in modo particolare, sebbene già ampiamente trattato, è che nessuno ha mai ricevuto la salvezza o il perdono di alcun peccato in virtù della legge delle opere o dei sacrifici ad essa connessi. Inoltre, Dio non ha mai fatto in modo che le persone si aspettassero che la legge potesse salvare, e nessuno che Gli credesse veramente avrebbe mai pensato che potesse farlo. Samuele disse a Saul: “l’ubbidienza è migliore del sacrificio, e ascoltare attentamente è meglio del grasso dei montoni” {1 Samuele 15: 22}.

Vero Sacrificio

Il re profeta, dal cuore sciolto alla contrizione per la misericordia di Dio, ha scritto: “Tu infatti non prendi piacere nel sacrificio altrimenti te l’offrirei, né gradisci l’olocausto.

I sacrifici di DIO sono lo spirito rotto; o DIO tu non disprezzi il cuore rotto e contrito” {Salmi 51: 16-17}. Per mezzo di Osea il Signore disse: “Poiché io desidero la misericordia e non i sacrifici, e la conoscenza di DIO più degli olocausti” {Osea 6: 6}.

In luogo dell’offerta di bestie grasse, il Signore volle che il popolo “scorra il diritto come acqua e la giustizia come un corso d’acqua perenne” {Amos 5: 24}.

Richiama il capitolo sul bere nella giustizia di Dio. Il popolo di Dio fa un patto con Lui mediante il sacrificio, e questo sacrificio è quello di Cristo, che Dio Stesso provvede.

“Per fede Abele offrí a Dio un sacrificio più eccellente di quello di Caino; per essa egli ricevette la testimonianza che era giusto” {Ebrei 11: 4}. Non ottenne la giustizia mediante il sacrificio dei primogeniti del gregge, ma mediante la fede che ispirava l’offerta. “Giustificati dunque per fede abbiamo pace presso Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore” {Romani 5: 1}. “Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio” {Efesini 2: 8}. E così fu fin dall’inizio per “Abrahamo credette a Dio e ciò gli fu imputato a giustizia” {Romani 4: 3} e lo stesso si afferma di Enoc e Noè e di tutti i patriarchi e profeti.

“Pronto a perdonare”

Dopo la costruzione del tabernacolo, i sacrifici non potevano essere offerti in nessun altro luogo; eppure molti del popolo sarebbero stati necessariamente lontani da esso. Tre volte all’anno dovevano riunirsi per adorare. Ma non dovevano aspettare che venissero quei tempi, per ricevere il perdono dei peccati che avrebbero potuto commettere nel frattempo. Ogni volta che un uomo peccava e diventava consapevole della piaga del proprio cuore, poteva riconoscere il peccato al Signore, che era sempre vicino, e sperimentare, come possiamo, che “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto, da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” {1 Giovanni 1: 9}. Ciò è dimostrato nel caso di Davide, quando il profeta di Dio lo rimproverò. Davide disse: “Ho peccato contro il Signore”, e subito venne l’assicurazione: “L’Eterno ha rimosso il tuo peccato” {2 Samuele 12: 13}.

Quando ciò fosse avvenuto, allora l’anima pentita e perdonata avrebbe potuto “offrire i sacrifici della giustizia” {Salmi 4: 5}, che sarebbero stati graditi a Dio. Allora il Signore gradirebbe gli olocausti e gli olocausti interi sul Suo altare. E perché? Perché mostravano la gratitudine del cuore, e perché erano un riconoscimento del fatto che tutto apparteneva a Dio, e che tutto veniva da Lui. In ogni vero sacrificio c’è il principio di fondo che Colui che salva l’anima è in grado di provvedere abbondantemente a tutti i bisogni fisici, anche se ogni residuo di beni terreni dovrebbe essere consumato. Non è il pensiero che stiamo dando a Dio, ma quello che Dio dona a noi, che fa il vero sacrificio, poiché l’unico vero sacrificio è il sacrificio di Cristo. Questo era chiaramente manifesto in ogni sacrificio offerto. La gente poteva vedere che non stavano arricchendo il Signore, perché il sacrificio era consumato. Chiunque offriva con intelligenza, chiunque adorava in spirito e nella verità, indicava semplicemente che dipendeva unicamente da Dio sia per la vita presente che per quella futura.

L’Antica Alleanza Senza Valore

L’antica alleanza, quindi, insieme alla legge che le apparteneva, non ebbe mai un solo momento di alcun valore per il perdono e la salvezza dal peccato. È stato “annullato” fin dall’inizio. Una dimostrazione di ciò è fornita dalla memoria di Mosè con Dio, quando i figli d’Israele avevano fatto e adorato il vitello d’oro. Quando Dio disse: “Or dunque, lasciami fare, affinché la mia ira si accenda contro di loro e li consumi… Allora Mosè supplicò l’Eterno, il suo DIO, e disse: «Perché, o Eterno, dovrebbe la tua ira accendersi contro il tuo popolo che hai fatto uscire dal paese d’Egitto con grande potenza e con mano forte? Perché dovrebbero gli Egiziani dire: «Egli li ha fatti uscire per fare loro del male, per ucciderli sui monti e per sterminarli dalla faccia della terra»? Desisti dalla tua ira ardente e cambia la tua intenzione di far del male al tuo popolo. Ricordati di Abrahamo, d’Isacco d’Israele, tuoi servi, ai quali giurasti per te stesso, dicendo loro: «Io moltiplicherò la vostra discendenza come le stelle del cielo e darò alla vostra discendenza tutto questo paese di cui ti ho parlato, ed essa lo possederà per sempre»” {Esodo 32: 10-13}.

La promessa del popolo ignorata

Non c’era una parola sul patto che era appena stato fatto, ma solo il patto con Abramo. Nessuna particella di dipendenza era posta nelle promesse che il popolo aveva fatto, ma solo nella promessa e nel giuramento di Dio. Se quel patto del Sinai fosse mai stato di qualche valore, lo sarebbe stato sicuramente quando fu stipulato per la prima volta; ma vediamo che anche allora scomparve completamente alla vista. Non aveva più potere di salvare il popolo di quanto ne avesse la pergamena su cui era scritto.

Audace fiducia nella promessa di Dio

Geremia negli anni successivi pregò: “Anche se le nostre iniquità testimoniano contro di noi, o Eterno, opera per amore del tuo nome, perché le nostre ribellioni sono molte; abbiamo peccato contro di te.

O Eterno, noi riconosciamo la nostra malvagità e l’iniquità dei nostri padri, sì, abbiamo peccato contro di te.

Non rigettarci per amore del tuo nome, non disonorare il trono della tua gloria. Ricordati: non rompere il tuo patto con noi.

Fra gli idoli vani delle genti ce n’è forse qualcuno che può far piovere? O può il cielo dare acquazzoni? Non sei invece tu, o Eterno, il nostro DIO? Perciò noi speriamo in te, perché tu hai fatto tutte queste cose” {Geremia 14: 7, 20-22}. Questa era tutta la supplica che Dio desiderava allora, così come adesso, poiché disse: “«Torna, o ribelle Israele», dice l’Eterno, «non farò ricadere la mia ira su di voi, perché io sono misericordioso», dice l’Eterno, «e non rimango adirato per sempre.

Soltanto riconosci la tua iniquità, perché ti sei ribellata all’Eterno, il tuo DIO; hai profuso i tuoi favori agli stranieri sotto ogni albero verdeggiante e non hai dato ascolto alla mia voce», dice l’Eterno” {Geremia 3: 12-13}. Era vero allora come oggi che “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto, da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” {1 Giovanni 1: 9}.

“La salvezza appartiene al Signore”

Il potere di Dio come Creatore e Redentore, e la Sua promessa e giuramento, sono tutto ciò da cui ogni Ebreo veramente pentito ha mai fatto affidamento per la salvezza. Nessuno di loro ha mai pensato di dipendere dalle proprie opere o promesse, come mezzo di salvezza. In breve, dai giorni di Abele fino ad oggi, non c’è stata che una via di vita e di salvezza; un solo modo di accostarsi a Dio; solo un Nome sotto il cielo mediante il quale gli uomini potevano essere salvati. Dal giorno in cui la salvezza attraverso la Progenie della donna fu resa nota ad Adamo ed Eva, prima che fossero cacciati dall’Eden, non c’è stato più alcun cambiamento nel piano di salvezza, né nei requisiti di Dio per la salvezza, né nel numero da cui è stata offerta la salvezza, che ce ne sono stati in Dio stesso e nel Suo trono nei cieli.

Dio non cambia

Gli uomini sono cambiati, ma Dio no. Ci sono sempre stati uomini che hanno creduto nelle proprie parole e promesse, e nelle cerimonie; ma ciò non prova che Dio volesse che lo facessero.

Ai tempi di Mosè e di Cristo la maggior parte degli uomini si fidava soprattutto della forma e della cerimonia; e così fanno oggi. Gli uomini sono sempre stati più pronti a cogliere l’ombra che la sostanza. Ma ciò non prova che nei giorni antichi Dio si aspettasse che gli uomini fossero salvati mediante la legge delle opere, non più di quanto non provi che la giustificazione non è ora per fede.

Opere di super-erogazione

C’è sempre stata una tendenza tra gli uomini a moltiplicare i riti e le cerimonie. Questo è il risultato inevitabile della fiducia nelle opere di salvezza. Così era ai giorni di Cristo, e così è adesso. Quando gli uomini si fanno l’idea che le loro opere debbano salvarli, o che essi stessi debbano compiere le opere di Dio, non possono accontentarsi di tentare di non fare altro che i comandamenti di Dio. Così insegnano per dottrine “i comandamenti degli uomini”, aggiungendovi continuamente fino a che nessun uomo potrebbe nemmeno enumerare le “buone opere” che sono richieste, tanto meno potrebbe compierle. Il giogo, che anche dapprima è irritante e insopportabile, diventa sempre più pesante, finché alla fine la religione diventa una questione di merce, e gli uomini per denaro o per qualche altra considerazione si riscattano dalla necessità di fare le opere che sono state loro imposte. E poiché è ancora più impossibile per gli uomini eseguire i comandamenti di Dio con le proprie forze che non eseguire i comandamenti degli uomini, la legge di Dio presto sprofonda nella loro stima, anche al di sotto dei precetti degli uomini.

Tutto questo è la tendenza naturale e inevitabile di un fallimento nel vedere

Cristo negli scritti di Mosè, e per capire che qualunque cerimonia Dio abbia mai dato era intesa per il loro stesso vuoto a imprimere nel popolo l’assoluta necessità di dipendere solo da Cristo, in cui solo è la sostanza.

L’uso di una somiglianza

Ancora una parola sull’ombra e sulla sostanza. Come abbiamo visto, la legge consegnata al popolo nel deserto del Sinai non era che l’ombra della vera legge, che è la vita di Dio. Questo è spesso sollecitato dal deprezzo della legge; molte persone sembrano pensare che poiché la legge non è che l’ombra delle cose buone, quindi, dovremmo scegliere ciò che è il più possibile opposto ad essa. Non così gli uomini discutono in questioni temporali. Se abbiamo una fotografia – un’ombra – di un uomo che desideriamo trovare, non ci imbattiamo in un uomo i cui lineamenti non hanno alcuna somiglianza con la somiglianza, e diciamo: “Questo è l’uomo”. NO; troviamo un uomo di cui la fotografia è l’esatta somiglianza, e allora sappiamo di avere quello che cerchiamo. Ora la vera legge è la vita di Dio, e la legge consegnata ai figli di Israele – l’ombra delle cose buone – è la fotografia del carattere di Dio.

Cristo “l’immagine del Dio invisibile” 

L’unico uomo in tutto il mondo che in ogni particolare soddisfa le specifiche di quella fotografia, è “l’Uomo Cristo Gesù”, nel cui cuore è la legge. Egli è l’immagine del Dio invisibile, ma l’immagine vivente: la Pietra Vivente. Venendo a Lui con fede, anche noi diventiamo pietre vive, avendo scritta in noi la stessa legge che era in Lui.

Il Suo Spirito ci trasforma nella stessa immagine vivente; e la legge sulle tavole di pietra del Sinai sarà la testimonianza che la somiglianza è perfetta. Ma se c’è in qualche particolare una deviazione dalla fotografia perfetta, la mancanza di somiglianza mostrerà che non siamo della vera famiglia di Dio.

CAPITOLO 31 – IL SANTUARIO DI DIO

“Quando Israele uscì dall’Egitto e la casa di Giacobbe da un popolo di lingua straniera,Giuda divenne il suo santuario e Israele il suo dominio” {Salmi 114: 1-2}. “Poiché la parte dell’Eterno è il suo popolo, Giacobbe è la porzione della sua eredità” {Deuteronomio 32: 9}. Ogni luogo dove si manifesta la presenza di Dio, è sacro. Quando il Signore apparve a Mosè nel roveto ardente nel deserto, gli disse: “«Non avvicinarti qui; togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo santo»” {Esodo 3: 5}. Allo stesso modo quando apparve a Giosuè davanti a Gerico, disse: “Il capo dell’esercito dell’Eterno disse a Giosuè: «Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo dove stai è santo». E Giosuè fece così” {Giosuè 5: 15}.

Quando Dio scese sul monte Sinai, per proclamare la legge, il monte fu santificato dalla Sua presenza, in modo che nessun uomo non consacrato potesse toccarlo e vivere. Il Sinai era a quel tempo il santuario del Signore; perché la parola “santuario” significa “luogo santo”, e ogni dimora di Dio è necessariamente santa.

Il santuario di Dio è quindi la Sua dimora, tanto che il testo citato per primo ci dice che quando Dio chiamò Israele fuori dall’Egitto, fu per abitare in mezzo a loro e santificarli con la sua presenza. Questo è in armonia con: “E quale accordo c’è tra il tempio di Dio e gli idoli? Poiché voi siete il tempio del Dio vivente, come Dio disse: «Io abiterò in mezzo a loro, e camminerò fra loro; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo».Perciò «uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla d’immondo, ed io vi accoglierò” {2 Corinzi 6: 16-17}. Quando Stefano, pieno di Spirito Santo, predicò il Vangelo davanti al Sinedrio giudaico, furono queste parole che fecero infuriare l’assemblea dei sepolcri e li fecero digrignare i denti contro di lui: “Davide,il quale trovò grazia davanti a Dio e chiese di poter trovare una dimora per il Dio di Giacobbe.Fu invece Salomone quello che gli edificò una casa.Ma l’Altissimo non abita in templi fatti da mani d’uomo, come dice il profeta:”Il cielo è il mio trono e la terra lo sgabello dei miei piedi; quale casa mi edifichereste voi, dice il Signore, o quale sarebbe il luogo del mio riposo?” {Atti 7: 46-49}. Questo è ciò che Paolo disse agli Ateniesi {Atti 17: 24}; E lo stesso Salomone, alla dedicazione della casa che aveva costruito per il Signore, disse: “Ma è proprio vero che DIO abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti; tanto meno questo tempio che io ho costruito!” {1 Re 8: 27}. “Poiché così dice l’Alto e l’Eccelso, che abita l’eternità, e il cui nome è Santo «Io dimoro nel luogo alto e santo e anche con colui che è contrito e umile di spirito, per ravvivare lo spirito degli umili, per ravvivare lo spirito dei contriti»” {Isaia 57: 15}.

Una casa vivente

Il Dio vivente abita in una casa vivente; e solo una casa spirituale si addice a Colui che è Spirito. Di conseguenza leggiamo che, venendo al Signore, “Accostandovi a lui, come a pietra vivente, rigettata dagli uomini ma eletta e preziosa davanti a Dio,anche voi, come pietre viventi, siete edificati per essere una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo” {1 Pietro 2: 4-5}. Gesù Cristo è il fondamento provato e sicuro su cui devono essere edificati tutti coloro che vogliono rimanere per sempre. “Poiché per mezzo di lui abbiamo entrambi accesso al Padre in uno stesso Spirito.Voi dunque non siete più forestieri né ospiti, ma concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio,edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Gesù Cristo stesso la pietra angolare,su cui tutto l’edificio ben collegato cresce per essere un tempio santo nel Signore,nel quale anche voi siete insieme edificati per essere una dimora di Dio nello Spirito” {Efesini 2: 18-22}. La famiglia di Dio è la chiesa del Dio vivente {1 Timoteo 3: 15}, ma solo perché ogni singolo membro è la dimora di Dio. Ad ogni persona viene la parola: “Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale voi avete da Dio, e che voi non appartenete a voi stessi?” {1 Corinzi 6: 19}.

“Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?Se alcuno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui, perché il tempio di Dio, che siete voi, è santo” {1 Corinzi 3: 16-17}.

Quando a Gesù fu chiesto come avrebbe potuto manifestarsi ai Suoi discepoli e non al mondo, Egli rispose: “Gesù rispose e gli disse: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui” {Giovanni 14: 23}. La Parola che dimora nel cuore santifica, cosicché il cuore di ogni credente è il santuario del Dio vivente. Questo fatto è così chiaro che non sono necessarie altre parole per farlo apparire, e dobbiamo quindi solo considerare la sua forza meravigliosa e la sua applicazione pratica per noi.

Ogni uomo un tempio

Ricorda prima che ogni persona è progettata per essere il tempio di Dio, sì, è il tempio di Dio; ma tutti si sono allontanati e hanno eretto idoli nel santuario, contaminandolo così e negando il diritto di Dio alla Sua propria dimora. Ciò che desideriamo considerare è ciò che avviene quando Dio dimora nella Sua pienezza nella Sua stessa casa e gli viene concesso il controllo completo. “Nel suo tempio tutto dice: «Gloria!” {Salmi 29: 9}. Perciò, quando Cristo dimora nel cuore mediante la fede, e lo Spirito fortifica l’uomo interiore “perché vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere fortificati con potenza per mezzo del suo Spirito nell’uomo interiore” {Efesini 3: 16}. “E conoscere l’amore di Cristo che sopravanza ogni conoscenza, affinché siate ripieni di tutta la pienezza di Dio” {Efesini 3: 19}. Colui che guida il Suo popolo come un gregge risplende (Salmi 80:1); e per la luce, che si manifesta nelle buone opere, gli uomini glorificano Dio. “Grida ed esulta di gioia, o abitatrice di Sion, perché grande è in mezzo a te il Santo d’Israele” {Isaia 12: 6}. “Ecco, tu chiamerai una nazione che non conosci, e una nazione che non ti conosce accorrerà a te, a motivo dell’Eterno, il tuo DIO, e del Santo d’Israele, perché egli ti ha glorificato” {Isaia 55: 5}.

Vista del trono di Dio in cielo

Il primo capitolo di Ezechiele ci dà l’immagine più vivida della natura del santuario di Dio in cielo. Leggi l’intero capitolo e presta particolare attenzione ai seguenti punti:

Furono aperti i cieli, e il profeta “ebbi visioni da parte di DIO” {Ezechiele 1: 1}. “Mentre guardavo, ecco venire dal nord un vento di tempesta, una grossa nuvola con un fuoco che si avvolgeva su se stesso; intorno ad esso e dal mezzo di esso emanava un grande splendore come il colore di bronzo incandescente in mezzo al fuoco.Dal suo mezzo appariva la sembianza di quattro esseri viventi; e questo era il loro aspetto: avevano la sembianza d’uomo” {Ezechiele 1: 4-5}. “Sopra le teste degli esseri viventi c’era la sembianza di un firmamento, simile al colore di un maestoso cristallo, disteso sopra le loro teste” {Ezechiele 1: 22}.

“Quando essi si muovevano, io sentivo il fragore delle loro ali, come il fragore delle grandi acque, come la voce dell’Onnipotente”. E si udiva un rumore dal di sopra del firmamento che era sopra le loro teste quando si fermavano, abbassavano le loro ali. Al di sopra del firmamento che stava sopra le loro teste, c’era la sembianza di un trono che sembrava come una pietra di zaffiro, e su questa specie di trono, in alto su di esso, stava una figura dalle sembianze di uomo” {Ezechiele 1: 24-26}. “Gli esseri viventi correvano avanti e indietro, sembravano come un fulmine” {Ezechiele 1: 14}.

Mossi dal Pensiero di Dio

Qui vediamo che il trono di Dio nei cieli è composto di creature viventi, e che non è fisso in un punto, ma si muove.

“Ciascuno andava diritto davanti a sé andavano ovunque lo spirito voleva andare e, andando, non si voltavano” {Ezechiele 1: 12}. “Dovunque lo spirito voleva andare, andavano anch’essi, perché là andava lo spirito; le ruote si alzavano con essi perché lo spirito degli esseri viventi era nelle ruote.Quando essi si muovevano, anche le ruote si muovevano; quando essi si fermavano, anch’esse si fermavano, e quando essi si alzavano da terra, anche le ruote si alzavano con essi, perché lo spirito degli esseri viventi era nelle ruote” {Ezechiele 1: 20-21}.

Il trono era troppo glorioso per essere visto e descritto in dettaglio; e non possiamo formarci un’idea chiara della sua somiglianza; ma una cosa possiamo imparare, vale a dire, che è pieno dello Spirito di Dio, ed è così strettamente in contatto con Lui che il Suo pensiero per Esso è istantaneamente eseguito. Lo Spirito di Dio deve andare in qualche luogo, e là il trono di Dio si sposta istantaneamente. Ogni pensiero di Dio è prontamente risposto e realizzato, perché il Suo Spirito riempie il Suo trono e il Suo tempio.

In Terra come in Cielo

Anche così sarà quando a Dio sarà concesso il posto che Gli spetta nei corpi degli uomini. Il Suo Spirito sarà il loro spirito, e la Sua mente e il Suo pensiero saranno la loro mente e il loro pensiero. In {2 Corinzi 6: 16-18}, dove ci viene detto che siamo il tempio di Dio, apprendiamo che quando siamo santificati dalla Sua presenza siamo Suoi figli e figlie. Siamo il tempio di Dio, perché lo Spirito Santo abita in noi {1 Corinzi 3: 16}. Siamo edificati insieme in Cristo per dimorare in Dio mediante lo Spirito {Efesini 2: 22}. “Poiché tutti quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio sono figli di Dio” {Romani 8 :14}. Cioè, coloro che si danno a Dio, per essere la Sua casa spirituale, il Suo tempio, sono ripieni dello Spirito e sono guidati dallo Spirito dovunque lo Spirito voglia andare. La mente dello Spirito è la loro mente.

Dio che pensa nell’uomo

Che Dio intenda pensare e agire per il Suo popolo, è dimostrato dalla Sua chiamata al malvagio “Lasci l’empio la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri, e ritorni all’Eterno che avrà compassione di lui, e al nostro DIO che perdona largamente. Come i cieli sono più alti della terra, così le mie vie sono più alte delle vostre vie e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri” {Isaia 55: 7, 9}. Quando un uomo abbandona le sue vie e i suoi pensieri e ritorna al Signore, le sue vie e i suoi pensieri d’ora in poi devono essere di Dio. Quando Dio pensa per un uomo, non è come se un uomo pensasse e imponesse la sua volontà a un altro. Là è la libertà perfetta. L’uomo sceglie i pensieri di Dio, perché sono migliori dei suoi, e allora Dio pensa in lui, essendo il cervello dell’uomo l’organo dello Spirito Santo. “Voi infatti non avete ricevuto uno spirito di schiavitù per cadere nuovamente nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione per il quale gridiamo: «Abba, Padre»” {Romani 8: 15}. “Dio infatti non ci ha dato uno spirito di paura, ma di forza, di amore e di disciplina” {2 Timoteo 1: 7}. Solo dallo Spirito di Dio può giustamente sapere qualsiasi cosa (1 Corinzi 2: 11). Quando gli uomini si sottomettono ad essere templi di Dio, allora la volontà di Dio si compie sulla terra come si compie in cielo.

Un popolo chiamato

Fu a tal fine che Dio chiamò il Suo popolo fuori dall’Egitto. Furono “chiamati fuori” e così costituirono la chiesa dei vivi.

Dio, per la parola greca resa “chiesa”, significa letteralmente “chiamato fuori”. Dio chiama le persone fuori dal mondo, affinché siano una “casa spirituale, un sacerdozio santo” {1 Pietro 2: 5}; e la sua presenza in essi li fa “voi siete una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una gente santa, un popolo acquistato per Dio” {1 Pietro 2: 9} e “proclamano” le lodi di Colui che li ha chiamati dalle tenebre alla Sua meravigliosa luce, perché chi abita in loro risplende.

Che questo fosse l’oggetto della chiamata di Dio a Israele fuori dall’Egitto si vede dalle Sue parole “Poi Mosè salì verso DIO; e l’Eterno lo chiamò dal monte, dicendo: «Così dirai alla casa di Giacobbe e questo annuncerai ai figli d’Israele: Voi avete visto ciò che ho fatto agli Egiziani, e come io vi ho portato sulle ali d’aquila e vi ho condotto da me. Or dunque, se darete attentamente ascolto alla mia voce e osserverete il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare, poiché tutta la terra è mia. E sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa»” {Esodo 19: 3-6}.

Un tabernacolo fatto con le mani

Eppure, mentre erano ancora accampati davanti al Sinai, il Signore disse e Mosè ordinò ai figli d’Israele di portare un’offerta d’oro e d’argento e di rame, legno di acacia, e varie specie di pelli, e bisso, ecc… e disse: “Mi facciano un santuario, perché io abiti in mezzo a loro” {Esodo 25: 8}. Che cosa strana che l’Iddio Altissimo, che non dimora in templi fatti da mano d’uomo, chieda a deboli mortali di costruirgli una casa, affinché Egli possa dimorare in mezzo a loro! Perché lo è stato? La risposta è semplice; erano troppo altezzose, troppo autosufficienti per cedere il passo a Dio, che potesse dimorare nei loro corpi, controllando ogni pensiero e azione; poiché Dio dimora con gli umili; quindi, poiché Dio non li respingeva, manifestava in modo marcato la Sua presenza in mezzo a loro, sperando infine di attirarli tutti a Sé. Se avessero creduto, non avrebbero più avuto bisogno di questo santuario. Abramo lo fece. La cosa principale in essa, e per contenere la quale fu appositamente costruita, era la Legge: le tavole della testimonianza. Ma questa legge i figli d’Israele avrebbero dovuto averla in sé, “essendo manifesto che voi siete una lettera di Cristo, che è il risultato del nostro ministero scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, e non su tavole di pietra, ma sulle tavole di un cuore di carne” {2 Corinzi 3: 3}. In tal caso avrebbero avuto la testimonianza in sé stessi; i loro propri corpi sarebbero stati tabernacoli di testimonianza, ed essi sarebbero stati testimoni di Dio. Com’era, però, “il tabernacolo di testimonianza” {Atti 7: 44} fu quello costruito da Mosè. Il fatto che questa testimonianza fosse in quel tabernacolo invece che in loro, ne faceva una costante testimonianza contro di loro, una testimonianza della loro infedeltà. Che cosa pietosa quando Dio può abitare in mezzo a un popolo solo costruendogli una casa! “E’ noto infatti che il nostro Signore è uscito da Giuda, in riferimento a cui Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio” {Ebrei 7: 14}. Tuttavia, come già notato, quando

Israele uscì dall’Egitto, la casa di Giacobbe da un popolo di lingua straniera, Giuda era il suo santuario e Israele il suo dominio. La tribù di Levi era un ricordo permanente dell’infedeltà del popolo, che impediva loro di ricevere la pienezza di Dio; e l’innalzamento di Cristo dalla tribù di Giuda, non era una novità, ma una manifestazione di ciò che era stato fin dall’inizio. Dal tabernacolo costruito con le mani si devono imparare alcune preziose lezioni, perché Dio non ordina mai che qualcosa sia fatto invano. La gelosa cura che Dio ha per la Sua dimora fu una delle principali lezioni, ma c’erano molte cose che non potevano essere insegnate da quell’edificio, per la semplice ragione che una cosa morta non può mai mostrare l’attività di una cosa vivente. La vera dimora di Dio si muove da sé, spinta dal Suo pensiero, mentre questa casa doveva essere portata dagli uomini. Un flusso di acqua viva viene dal trono di Dio {Apocalisse 22: 1} come è stato mostrato al Sinai; ma nulla del genere è stato visto nel tabernacolo di Mosè. Fu indicato il posto legittimo della legge di Dio, come fondamento del Suo trono, e questa è una cosa che non dovrebbe essere trascurata, perché deve essere in ogni cuore dove Dio dimora. Gesù disse: “E la tua legge è dentro il mio cuore” {Salmi 40: 8}.

Purificazione del Santuario

Quel tabernacolo è stato purificato con il sangue {Levitico 16}, un’indicazione del fatto che è il sangue di Cristo che purifica il santuario vivente – i nostri corpi. Ma mentre in quel santuario la purificazione avveniva solo periodicamente, nel vero santuario è un processo continuo. Proprio come l’acqua della vita scorre costantemente dal trono di Dio, così il sangue di Cristo scorre costantemente attraverso i cuori dei credenti, purificandoli momento per momento; e siccome il sangue è vita, identico all’acqua della vita {1 Giovanni 5: 8}, deve fluire sia fuori che dentro; così fuori di colui che crede, il cui cuore è il trono di Dio, “da dentro di lui sgorgheranno fiumi d’acqua viva” {Giovanni 7: 38}, ed egli sarà una fonte di vita per gli altri. Israele del passato fallì questa alta chiamata a causa dell’incredulità. Facciamo attenzione a non cadere seguendo lo stesso esempio di incredulità. “Chi vince io lo farò una colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non uscirà mai più fuori; e scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio, e il mio nuovo nome” {Apocalisse 3: 12}. È degno di nota che questa promessa è in immediata connessione con l’affermazione del Signore Gesù, “Ecco Io vengo presto”. “Il secondo guaio è passato, ma ecco, presto viene il terzo guaio” {Apocalisse 11: 14}. “Il santuario del Signore è ora contaminato e demolito” {Daniele 8: 13; Atti 15: 16}; ma prima della venuta del Signore deve essere edificato e purificato; poiché Cristo ha amato la chiesa e diede se stesso per essa, “per santificarla, avendola purificata col lavacro dell’acqua per mezzo della parola,per far comparire la chiesa davanti a sé gloriosa, senza macchia o ruga o alcunché di simile, ma perché sia santa ed irreprensibile” {Efesini 5: 26-27}.

Che Dio abbia un santuario nei cieli, e che Cristo vi sia sacerdote, non può essere messo in dubbio da nessuno che legga le Scritture {Ebrei 8: 1-2}. Ma questo santuario è tanto più grande della figura che fu costruita da Mosè quanto il cielo è più grande della terra, o quanto l’opera di Dio è più grande di qualsiasi opera dell’uomo. Del lavoro in questo santuario celeste non è necessario parlare qui in modo particolare, poiché ciò che possiamo sapere di esso è indicato nel servizio dei sacerdoti nel tabernacolo terreno, che servivano “all’esempio e all’ombra delle cose celesti”. Ma quel santuario è un luogo vivo, come abbiamo imparato in vista del trono di Dio; e che gli uomini salvati dal peccato su questa terra devono diventarne parte, è affermato in {Apocalisse 2: 12}, appena citato. Ne consegue quindi che la purificazione del santuario – opera che nelle Scritture è indicata come immediatamente precedente la venuta del Signore – coincide con la completa purificazione del popolo di Dio su questa terra e la sua preparazione alla traslazione quando il Signore viene.

La perfetta testimonianza

Dio si è sempre servito delle opere della natura come testimonianza di Sé; ma quella testimonianza è insufficiente; anche l’uomo, il più alto delle creature di Dio, deve testimoniare di Lui, così come fanno anche le cose inferiori che Dio ha creato. In ogni epoca ci sono state persone che, come Stefano, pieni di Spirito Santo, sono stati fedeli testimoni; ma erano solo parti del tutto. Non sono solo singoli individui, ma un insieme di persone “chiamate fuori” – la congregazione, la chiesa – che costituisce la casa di Dio. Prima che venga la fine, e al tempo della venuta di Cristo, ci deve essere un popolo sulla terra, non necessariamente grande in proporzione al numero degli abitanti della terra, ma abbastanza grande da essere conosciuto in tutta la terra, nel quale ” tutta la pienezza di Dio” si manifesterà come fu in Gesù di Nazaret. Dio dimostrerà al mondo che ciò che ha fatto con Gesù di Nazaret può farlo con chiunque si arrenda a Lui.

La manifestazione della vita di Gesù

Gesù Cristo era il perfetto tempio di Dio; ma se Egli dovesse essere l’unico in cui si rivela tale pienezza, allora l’idea troppo comune che Gesù fosse un esemplare unico, non fatto in tutto simile ai Suoi fratelli, e che sia impossibile per chiunque altro essere in tutte le cose come Lui, sarebbero garantite; e Satana non mancherebbe di accusare Dio di incapacità e fallimento, dicendo che non è in grado di prendere un uomo nato nel peccato e portarlo alla perfezione. Giorno dopo giorno sta facendo questa accusa attraverso uomini che, o scoraggiati o giustificandosi, affermano che “Cristo era diverso da noi, poiché fu generato dallo Spirito Santo, ed essendo nato senza peccato ebbe vantaggio su di noi”. Il Signore vuole che tutti capiscano che la nuova nascita mette gli uomini nella stessa posizione che occupò Cristo su questa terra, e Lo dimostrerà davanti al mondo. La vita di Gesù deve essere perfettamente riprodotta nei Suoi seguaci, non solo per un giorno, ma per tutto il tempo e per l’eternità. C’è pericolo nel ritardare il cedere a questa opera del Signore mediante il Suo Spirito, poiché Egli dice: “«Ecco, io mando il mio messaggero a preparare la via davanti a me. E subito il Signore, che voi cercate, entrerà nel suo tempio, l’angelo del patto in cui prendete piacere, ecco, verrà», dice l’Eterno degli eserciti.«Ma chi potrà sostenere il giorno della sua venuta? Chi potrà rimanere in piedi quando egli apparirà? Egli è come un fuoco d’affinatore, come la soda dei lavandai.Egli siederà come chi affina e purifica l’argento; purificherà i figli di Levi e li affinerà come oro e argento, perché possano offrire all’Eterno un’oblazione con giustizia»” {Malachia 3: 1-3}.

La gloria della casa di Dio quando Egli vi abiterà nella Sua pienezza non può essere descritta né immaginata. “Ma come sta scritto: «Le cose che occhio non ha visto e che orecchio non ha udito e che non sono salite in cuor d’uomo, sono quelle che Dio ha preparato per quelli che lo amano». Dio però le ha rivelate a noi per mezzo del suo Spirito” {1 Corinzi 2: 9-10}. Perciò: “E, detto questo, soffiò su di loro e disse «Ricevete lo Spirito Santo»” {Giovanni 20: 22}. “Ora il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero vostro spirito, anima e corpo siano conservati irreprensibili per la venuta del Signor nostro Gesù Cristo.Fedele è colui che vi chiama, e farà anche questo” {1 Tessalonicesi 5: 23-24}.

CAPITOLO 32 – ENTRARE NELLA TERRA PROMESSA

“E per circa quarant’anni lo sopportò nel deserto” {Atti 13: 18}. Con queste poche parole l’apostolo Paolo, nel suo discorso nella sinagoga di Antiochia, liquidò i quarant’anni di peregrinazione degli Israeliti nel deserto; e per lo scopo del nostro presente studio possiamo ignorarlo quasi altrettanto frettolosamente. I loro modi erano tali che Dio li “sopportò” letteralmente. La registrazione è di mormorii e ribellione. “Perché non avevano creduto in DIO e non avevano avuto fiducia nella sua salvezza” {Salmi 78: 22}. “Quante volte lo provocarono a sdegno nel deserto e lo contristarono nella solitudine! Sì, essi tentarono DIO più volte e tornarono a provocare il Santo d’Israele. Non si ricordarono più della sua potenza né del giorno in cui li aveva liberati dal nemico, quando egli aveva compiuto i suoi prodigi in Egitto e i suoi miracoli nella campagna di Tsoan” {Salmi 78: 40-43}. E Dio ha veramente sofferto, perché “abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con le nostre infermità” {Ebrei 4: 15} e “in ogni loro afflizione egli fu afflitto”, “li sollevò e li portò tutti i giorni del passato” {Isaia 63: 9}, “come un uomo porta il proprio figlio” {Deuteronomio 1: 31}. “Invece tu mi hai gravato con i tuoi peccati, mi hai stancato con le tue iniquità” {Isaia 43: 24}. Sebbene per quarant’anni abbiano visto quotidianamente le opere di Dio, non hanno imparato le Sue vie; pertanto, dice il Signore, “Perciò mi sdegnai con quella generazione e dissi: Errano sempre col cuore e non hanno conosciuto le mie vie; così giurai nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo” {Ebrei 3: 10-11}. Così vediamo che non potevano entrare a causa dell’incredulità. Che cosa ci insegna questo sulla natura dell’eredità a cui Dio conduceva il Suo popolo? essere posseduti solo da coloro che avevano fede, solo la fede potrebbe conquistarla. I beni mondani e temporali possono essere, e sono, acquisiti e tenuti da uomini che non credono, e che persino disprezzano e bestemmiano Dio. In effetti, gli uomini non credenti hanno la maggior dei beni di questo mondo. Molti, oltre allo scrittore del Salmo 73, sono stati invidiosi della prosperità degli empi; ma tale sentimento di invidia sorge solo quando si guarda alle cose che sono temporali, invece che alle cose eterne “la falsa tranquillità degli stolti li fa perire” {Proverbi 1: 32} “Non ha Dio scelto i poveri del mondo, perché siano ricchi in fede ed eredi del regno che egli ha promesso a coloro che lo amano?” {Giacomo 2: 5}. Quel regno «non è di questo mondo» {Giovanni 18: 36}, “Ma ora ne desiderano una migliore, cioè quella celeste” {Ebrei 11: 16}, che i patriarchi cercavano. Fu in questo paese che Dio promise di condurre il Suo popolo quando lo liberò dall’Egitto. Ma può essere posseduto solo da coloro che sono “ricchi in fede” {Giacomo 2: 5}.

Era giunto il tempo in cui Dio poteva realizzare il Suo proposito con le Sue persone. Gli infedeli che avevano detto che i loro piccoli sarebbero morti nel deserto erano periti, e ora quegli stessi bambini, diventati uomini e fiduciosi nel Signore, stavano per entrare nella terra promessa. “Dopo la morte di Mosè, servo dell’Eterno, avvenne che l’Eterno parlò a Giosuè, figlio di Nun, ministro di Mosè, egli disse:«Mosè, mio servo, è morto; or dunque alzati, passa questo Giordano tu e tutto questo popolo, verso il paese che io do loro, ai figli d’Israele»” {Giosuè 1: 2-3}.

Attraversare il Giordano

Ma il Giordano scorreva tra gli Israeliti e il paese dove dovevano andare con tutte le loro greggi e i loro bambini. Il fiume era al culmine, straripava da tutti gli argini e non c’erano ponti; ma lo stesso Dio che aveva condotto il Suo popolo attraverso il Mar Rosso lo stava ancora guidando, ed era capace come sempre di fare prodigi. Tutto il popolo prese posto secondo le istruzioni del Signore, i sacerdoti che portavano l’arca erano circa mille passi avanti rispetto all’esercito.

Proseguirono verso il fiume, la cui piena continuava ancora a scorrere. Giunsero proprio sull’orlo del fiume, ma le acque non si ritirarono di un centimetro. Ma questa gente aveva imparato a confidare nel Signore e, poiché aveva detto loro di andare avanti, non esitarono un istante.

Entrarono nell’acqua, anche se sapevano che era così profonda che non poteva essere guadata, e abbastanza veloce da portarli via.

Non avevano nulla a che fare con la considerazione delle difficoltà; la loro parte era di obbedire al Signore e andare avanti, e la Sua di aprire la strada. “Così, quando il popolo levò le tende per passare il Giordano, i sacerdoti che portavano l’arca del patto camminavano davanti al popolo. Or appena quei che portavano l’arca giunsero al Giordano e i piedi dei sacerdoti che portavano l’arca si immersero ai margini delle acque (il Giordano è in piena fin sopra le sue sponde per tutto il tempo della messe), le acque che scendevano dall’alto si fermarono e si elevarono in un mucchio, fino molto al di sopra di Adam, la città che si trova presso Tsartan; così le acque che scendevano verso il mare dell’Arabah, il Mar Salato, furono interamente separate da esse; e il popolo passò di fronte a Gerico. I sacerdoti che portavano l’arca del patto dell’Eterno si fermarono all’asciutto in mezzo al Giordano, mentre tutto Israele passava all’asciutto, finché tutto il popolo ebbe finito di attraversare il Giordano” {Giosuè 3: 14-17}.

La “piena certezza di fede”

Che dimostrazione di fede e fiducia in Dio! Il letto del Giordano era asciutto, è vero, per il passaggio del popolo, ma sulla destra c’era un muro d’acqua, che si accumulava sempre più in alto, senza alcun sostegno visibile. Immaginati quel possente mucchio d’acqua, che apparentemente minacciava di travolgere il popolo, e potrai apprezzare meglio la fede di coloro che passarono tranquillamente davanti ad esso. Per tutto il tempo del passaggio i sacerdoti rimasero calmi e impassibili in mezzo al letto del fiume, e il popolo marciava senza rompere i ranghi. Non c’era nessuna sconveniente corsa da superare in fretta, per timore che le acque si abbattessero su di loro; “chi crede in essa non avrà alcuna fretta” {Isaia 28: 16}.

Finalmente libera

“In quel tempo l’Eterno disse a Giosuè: “Fatti dei coltelli di pietra e torna di nuovo a circoncidere i figli d’Israele” {Giosuè 5: 2}. “Infatti i figli d’Israele avevano camminato quarant’anni nel deserto finché tutto il popolo, cioè gli uomini di guerra che erano usciti dall’Egitto, furono distrutti, perché non avevano ubbidito alla voce dell’Eterno. Ad essi l’Eterno aveva giurato che non avrebbe fatto loro vedere il paese che aveva giurato ai loro padri di darci, un paese dove scorre latte e miele. Così Giosuè circoncise i loro figli, che Dio aveva suscitato al loro posto, perché erano incirconcisi, non essendo stati circoncisi lungo la strada. Quando si finì di circoncidere tutto il popolo, essi rimasero al loro posto nello accampamento, finché furono guariti. Allora l’Eterno disse a Giosuè: «Oggi ho rimosso da voi il vituperio d’Egitto»” {Giosuè 5: 6-9}.

Dio è testimone della giustizia del popolo

In questo momento, per vedere tutta la forza di questa cerimonia, dobbiamo ricordare il significato della circoncisione, e dobbiamo anche sapere cosa si intende per “l’infamia dell’Egitto”. La circoncisione significava giustizia della fede {Romani 4: 11}. La vera circoncisione, la cui lode non è degli uomini, ma di Dio, è l’obbedienza alla legge, per mezzo dello Spirito {Romani 2: 25-29}, è completa sfiducia in sé stessi, fiducia e gioia in Cristo Gesù (Filippesi 3: 3). Nel caso che ci sta davanti vediamo che Dio stesso comandò che il popolo fosse circonciso, una prova positiva per la quale Lui stesso li accettò come giusti. Come con Abramo, così con loro, la loro fede fu loro attribuita a giustizia.

“Il rimprovero dell’Egitto”

“La giustizia innalza una nazione, ma il peccato è la vergogna dei popoli” {Proverbi 14: 34}. Il peccato era «l’obbrobrio dell’Egitto», ed era questo che fu tolto dai figli d’Israele; poiché la vera circoncisione del cuore, che sola è tutto ciò che Dio conta come circoncisione, è “della circoncisione di Cristo, mediante lo spogliamento del corpo dei peccati della carne” {Colossesi 2: 11}. “E di’ loro: Così dice il Signore, l’Eterno: il giorno in cui scelsi Israele e alzai la mano in giuramento ai discendenti della casa di Giacobbe, e mi feci loro conoscere nel paese d’Egitto, alzai la mano in giuramento a loro, dicendo: «Io sono l’Eterno, il vostro DIO». In quel giorno alzai la mano giurando loro di farli uscire dal paese d’Egitto e di condurli in un paese che avevo esplorato per loro dove scorre latte e miele, la gloria di tutti i paesi. Quindi dissi loro: Ognuno getti via le abominazioni che sono davanti ai suoi occhi e non contaminatevi con gli idoli d’Egitto. Io sono l’Eterno, il vostro DIO” {Ezechiele 20: 5-7}. Fu perché non abbandonarono gli idoli d’Egitto, che gli uomini che lasciarono quel paese con Mosè non entrarono nella terra promessa. Un popolo non può essere allo stesso tempo libero e schiavo. La schiavitù dell’Egitto – “l’obbrobrio dell’Egitto” – non era semplicemente il lavoro fisico che il popolo era costretto a fare senza ricompensa, ma era l’abominevole idolatria dell’Egitto, in cui era caduto. Era da questo che Dio avrebbe liberato il Suo popolo, quando disse al faraone: “Lascia andare il mio popolo, perché mi possa servire” {Esodo 9: 13}.

Questa libertà il popolo l’aveva finalmente ottenuta. Dio Stesso dichiarò che la schiavitù, il peccato, l’obbrobrio dell’Egitto erano stati tolti da loro. Allora si potrebbe cantare, “Aprite le porte ed entri la nazione giusta, che mantiene la fedeltà” {Isaia 26: 2}.

La vittoria della fede

“Per fede caddero le mura di Gerico, dopo che vi avevano girato attorno per sette giorni” {Ebrei 11: 30}. “Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono” {Ebrei 11: 1}.

“Perché le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti in Dio a distruggere le fortezze” {2 Corinzi 10: 4}.

I figli d’Israele erano nella terra promessa, ma a quanto pare non erano più in possesso di quanto lo fossero prima. Essi abitavano ancora nelle tende, mentre gli abitanti della terra erano trincerati nelle loro città, che erano “grandi e fortificate fino al cielo” {Deuteronomio 1: 28}. Pienamente forti come quando la loro semplice notizia fece perdere d’animo i figli d’Israele e tornare indietro quarant’anni prima. Ma i muri di pietra e le moltitudini di uomini armati non servono a nulla quando la battaglia è del Signore.

“Or Gerico era chiusa e saldamente sbarrata per paura dei figli d’Israele; nessuno usciva e nessuno entrava” {Giosuè 6: 1}. Gerico fu la prima città ad essere presa e il modo di operare che il Signore ordinò fu calcolato per mettere alla prova al massimo la fede degli Israeliti. Tutto il popolo doveva marciare intorno alla città in perfetto silenzio, con l’eccezione che i sacerdoti che andavano avanti con l’arca dovevano suonare le loro trombe. “Or Giosuè aveva comandato al popolo, dicendo: «Non gridate, non fate neppure sentire la vostra voce e non esca dalla vostra bocca alcuna parola fino al giorno in cui vi dirò: «Gridate!». Allora griderete»” {Giosuè 6: 10}. Non appena ebbero completato questo giro silenzioso della città, dovevano andare al campo. La stessa cosa doveva essere fatta per sei giorni consecutivi, e il settimo giorno il giro doveva essere fatto sette volte.

Immagina a te stesso la situazione. Tutta la moltitudine fece il giro della città e poi si accampò. Ancora e ancora hanno ripetuto questo, senza alcun risultato apparente. Le mura erano alte e cupe come prima; non era caduta una pietra, non era stato staccato un pezzetto di malta. Eppure non si udì una sola parola di lamentela dal popolo.

Una farsa apparente

Possiamo ben credere che per i primi due giorni la vista di quel grande esercito che marciava silenziosamente per la città abbia riempito di terrore gli abitanti, tanto più che erano stati precedentemente terrorizzati dalle notizie di ciò che Dio aveva fatto per quella gente. Ma poiché la marcia si ripeteva giorno dopo giorno, apparentemente senza scopo, sarebbe stato naturale per gli assediati prendere coraggio e considerare l’intera faccenda come una farsa. Molti avrebbero iniziato a deridere e schernire gli Israeliti per i loro metodi insensati. La storia della guerra non ha fornito precedenti per un tale modo di procedere per catturare una città, e sarebbe stato contrario alla natura umana se qualcuno della gente della città non avesse apertamente ridicolizzato i marciatori fuori.

Un ospite silenzioso

Ma da quei ranghi non uscì una sola parola di replica. I figli d’Israele sopportarono con pazienza qualunque insulto potesse essere loro scagliato contro. Non si udì una voce dire: “A che serve tutto questo? Che razza di generale è quest’uomo, Giosuè?” “Suppone che con il nostro passo misurato possiamo far vibrare i muri in modo che cadano?” “A che serve stancarci le gambe e consumare le nostre scarpe in questa parata da bambini?” “Sono stanco di queste sciocchezze e rimarrò nella mia tenda finché non potremo metterci al lavoro”.

Chiunque conosca qualcosa della natura umana sa che queste e simili espressioni sarebbero liberamente pronunciate in tali circostanze dalla maggior parte delle persone; soprattutto se non esisteva una rigida disciplina militare; e sarebbe notevole se non ci fosse aperta rivolta contro questa procedura. Questo sarebbe stato il caso dei figli d’Israele quarant’anni prima; e il fatto che abbiano marciato pazientemente e silenziosamente per la città tredici volte, apparentemente senza scopo, è la prova della fede più straordinaria che il mondo abbia mai conosciuto. Pensa a un’intera nazione nella quale non c’era nessuno che trovasse difetti, nessuno che pronunciasse una parola di lamentela quando veniva messo a disagio per qualcosa che non poteva capire e che era apparentemente inutile.

L’urlo della vittoria

Il settimo giorno era quasi trascorso e il tredicesimo giro della città era terminato. Tutto è rimasto proprio come all’inizio della loro marcia. Ora veniva l’ultima, la prova suprema della fede. “La settima volta, quando i sacerdoti suonarono le trombe, Giosuè disse al popolo: «Gridate, perché l’Eterno vi ha dato la città!»” {Giosuè 6: 16}.

Perché avrebbero dovuto gridare? – Perché il Signore aveva dato loro la città; dovevano gridare la vittoria. Ma quali prove c’erano che la vittoria fosse vinta? Non potevano vedere alcun guadagno. “Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono” {Ebrei 11: 1}.

La vittoria fu loro, perché Dio l’aveva loro concessa, e la loro fede la rivendicò alla Sua Parola. Non esitarono un momento; la loro fede era perfetta, e alla parola del comando un grido di trionfo si levò da quella vasta assemblea “e avvenne che, quando il popolo udì il suono delle trombe, lanciò un grande grido, e le mura crollarono sprofondando” {Giosuè 6: 20}.

La stessa vittoria è nostra

La promessa a quelle persone era la stessa che Dio ora ci estende; e tutte le cose registrate riguardo loro sono per il nostro apprendimento.

“Infatti non fu con la loro spada che conquistarono il paese, né fu il loro braccio che li salvò, ma fu la tua destra, il tuo braccio e la luce del tuo volto, perché li gradivi” {Salmi 44: 3}, ma la mano destra del Signore li ha salvati. Così Egli ci concederà “perché fossimo salvati dai nostri nemici e dalle mani di tutti coloro che ci odiano” {Luca 1: 70-71}, affinché, liberati dalle mani dei nostri nemici, Lo serviamo senza timore, in santità e giustizia, tutti i giorni della nostra vita.

Giosuè, il “Capitano dell’esercito del Signore”. Dice: “Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me; nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo” {Giovanni 16: 33}. “E voi avete ricevuto la pienezza in lui, essendo egli il capo di ogni principato e potestà” {Colossesi 2: 10}. Perciò “questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede” {1 Giovanni 5: 4}.

CAPITOLO 33 – VANAGLORIA E SCONFITTA

“Perciò, chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere” {1 Corinzi 10: 12}. “Tu stai ritto per la fede; non insuperbirti, ma temi” {Romani 11: 20}. Un uomo non è mai in pericolo maggiore di quando ha appena ottenuto un grande successo o ottenuto una grande vittoria. Se non sta molto in guardia, il suo gioioso canto di ringraziamento avrà un coro di vanaglorioso autocompiacimento. A partire dal riconoscimento della potenza di Dio, dalla lode e dal ringraziamento per essa, l’uomo si mette insensibilmente al posto di Dio, e presume che la sua saggezza e forza gli abbiano portato il successo e la vittoria. Così si espone all’attacco quando è sicuro di essere sopraffatto, poiché si è separato dalla fonte del potere. Solo nel Signore Geova c’è forza eterna. “Giosuè intanto mandò uomini da Gerico ad Ai, che è vicina a Beth-Aven a est di Bethel, e disse loro: «Salite ad esplorare il paese». Così gli uomini salirono ad esplorare Ai.Poi tornarono da Giosuè e gli dissero: «Non è necessario che salga tutto il popolo; ma salgano un due o tremila uomini ad attaccare Ai; non far affaticare tutto il popolo là, perché quei di Ai sono in pochi».Così vi salirono circa tremila uomini scelti tra il popolo, ma di fronte agli uomini di Ai si diedero alla fuga.Gli uomini di Ai ne uccisero circa trentasei; li inseguirono dalla porta della città fino a Scebarim, colpendoli nella discesa. E il cuore del popolo venne meno e divenne come acqua” {Giosuè 7: 2-5}.

Nessuno oltre il pericolo

La storia di Gerico e Ai è una risposta sufficiente a coloro che ripetono con la stessa sicurezza, come se fosse la Scrittura, il detto: “Una volta nella grazia, sempre nella grazia”, il che significa che se una persona cammina davvero una volta nella paura di Dio non può mai cadere. Non ci possono essere dubbi sul fatto che i figli d’Israele si fidassero veramente e pienamente del Signore quando attraversarono il Giordano e marciarono intorno a Gerico. Dio Stesso testimoniò che avevano la giustizia della fede, e la Sua Parola dichiara che ottennero una gloriosa vittoria attraverso la fede. Tuttavia solo pochi giorni dopo subirono una grave sconfitta. Fu l’inizio dell’apostasia. Sebbene Dio in seguito operò molte meraviglie per loro e Si mostrò lo stesso sempre pronto a fare tutto ciò che la loro fede avrebbe afferrato, l’intero popolo di Israele non fu mai più perfettamente unito per “combattere il buon combattimento della fede”. Solo per un breve periodo, dopo l’effusione dello Spirito nel giorno di Pentecoste, la moltitudine di coloro che credettero “aveva un cuore solo e un’anima sola”. Ma che la stessa unione e forza nella fede perfetta sarà testimoniata di nuovo tra il popolo di Dio sulla terra, è sicuro come la promessa di Dio.

La causa della sconfitta

C’era peccato nell’accampamento quando Israele salì contro Ai, e questa fu la causa della loro sconfitta. Tutto il popolo soffrì, non solo a causa del peccato di Acan, ma perché tutti avevano peccato. “Ecco, la sua anima si è inorgoglita in lui, non è retta, ma il giusto vivrà per la sua fede” {Abacuc 2: 4}. Sia che fossero accecati “dall’inganno del peccato”, e poi diventassero esaltati nelle loro menti, o se la loro auto-esaltazione conducesse al loro peccato, non è rilevante; certo è che la gente aveva dato luogo al peccato, ed era diventata sicura di sé, che è in sé peccato. A causa del peccato hanno sofferto la sconfitta; finché è stato dato un posto nei loro cuori al peccato, non potevano andare avanti con la conquista della terra; e questo dimostra ancora una volta che l’eredità promessa, in cui Dio li stava conducendo, era tale che poteva essere posseduta solo da persone rette – coloro che avevano la giustizia della fede.

Un presupposto ingiustificato

Gli uomini che salirono per vedere il paese fecero credere alla gente che fossero necessari pochi uomini per catturare Ai, perché era una piccola città. Ma non avevano motivo per una simile ipotesi. È vero che Ai non era grande quanto Gerico, ma i numeri non avevano nulla a che fare con la presa di quella città. “Per fede le mura di Gerico caddero”.

e se gli israeliti fossero stati solo la metà o anche un decimo di loro, il risultato sarebbe stato lo stesso. Ci volle la stessa potenza per prendere Ai che ci volle per prendere Gerico, cioè la potenza di Dio, afferrata dalla fede.

Quando gli uomini dissero che solo poche persone erano necessarie per la cattura di Ai, presumevano che fosse la loro abilità militare a garantire loro la terra. Ma è stato un grave errore. Dio aveva promesso di dare loro la terra, e non poteva essere ottenuta se non come dono. L’esercito più potente che il mondo abbia mai visto, armato delle armi da guerra più avanzate, non poteva vincere; mentre pochi uomini disarmati, forti nella fede e che danno gloria a Dio, avrebbero potuto vincere con facilità. La forza che prende il regno dei cieli non è la forza delle armi.

La sconfitta non è nel Piano di Dio

Un’altra cosa che apprendiamo dalla storia di Ai è che Dio non intendeva che il Suo popolo subisse mai la sconfitta, o che nell’occupazione della terra un solo uomo perdesse la vita. Nella guerra ordinaria, la perdita di trentasei uomini in un assalto a una città fortemente fortificata non sarebbe considerata grande, sia che l’assalto avesse successo o meno; ma prendere possesso della terra di Canaan fu un terribile rovescio. La promessa era: “Io vi ho dato ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà, come ho detto a Mosè” {Giosuè 1: 3}.

“Nessuno ti potrà resistere tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè, così sarò con te; io non ti lascerò e non ti abbandonerò” {Giosuè 1: 5}. E ora essi stessi erano stati costretti a fuggire, con la perdita di uomini. L’influenza che il passaggio del Giordano e la presa di Gerico avrebbero avuto per impressionare e intimorire i pagani, era ora spezzata. Confidando nella propria forza, gli Israeliti avevano perso il potere della presenza di Dio, e avevano mostrato la propria debolezza.

I mezzi di difesa

Il fatto che fosse del tutto contrario al piano di Dio che qualcuno degli Israeliti perdesse la vita nel prendere possesso della terra promessa, è ulteriormente dimostrato dal fatto, che può essere ben notato qui, che non era Suo disegno che dovessero combattere per il possesso dell’eredità promessa. Abbiamo già visto che i numeri e le armi non avevano nulla a che fare con la presa di Gerico, e che quando dipendevano dalle loro armi, la forza che nella guerra ordinaria sarebbe stata ampiamente sufficiente non era di alcuna utilità.

Ricorda anche la meravigliosa liberazione dall’Egitto e il rovesciamento dell’intero esercito del Faraone, senza il sollevamento di una sola arma o l’uso di alcun potere umano, e che Dio condusse il popolo per la via più lunga e difficile affinché non vedessero la guerra {Esodo 13: 18}, e poi leggi la seguente promessa: “In cuor tuo potresti dire: «Queste nazioni sono più numerose di me; come riuscirò io a scacciarle?».Non temerle, ma ricordati di ciò che l’Eterno, il tuo DIO, fece al Faraone e a tutti gli Egiziani; ricordati delle grandi prove che vedesti con i tuoi occhi, dei segni e dei prodigi, della mano potente e del braccio steso con i quali l’Eterno, il tuo DIO, ti fece uscire dall’Egitto; così farà l’Eterno, il tuo DIO, a tutti i popoli dei quali hai paura.Inoltre, l’Eterno, il tuo DIO, manderà contro di loro i calabroni, finché quei che sono rimasti e quei che si sono nascosti per paura di te siano periti.Non spaventarti di loro, perché l’Eterno, il tuo DIO, è in mezzo a te, un Dio grande e terribile” {Deuteronomio 7: 17-21}.

Dio che combatte per il Suo popolo

Proprio come il Signore fece al Faraone e a tutto l’Egitto, così promise di fare a tutti i nemici che si sarebbero opposti al progresso degli Israeliti verso la terra promessa. Ma i figli d’Israele non sferrarono un solo colpo per ottenere la loro liberazione dall’Egitto e il rovesciamento di tutti i suoi eserciti. Quando Mosè, quarant’anni prima, aveva tentato di liberare Israele con la forza fisica, fallì nel modo più clamoroso e fu costretto a fuggire in disgrazia. Solo quando conobbe il Vangelo come potenza di Dio per la salvezza, che fu in grado di guidare il popolo senza alcun timore dell’ira del re. Questa è una prova conclusiva che Dio non ha progettato che dovessero combattere per il possesso della terra; e se non combattevano, naturalmente non potevano perdere nessuno di loro in battaglia. Leggi di più sul modo in cui Dio ha proposto di dare loro la terra: “Io manderò davanti a te il mio terrore e metterò in rotta ogni popolo presso il quale arriverai, e farò voltare le spalle davanti a te a tutti i tuoi nemici. E manderò davanti a te i calabroni, che scacceranno gli Hivvei, i Cananei e gli Hittei davanti a te. Non li scaccerò davanti a te in un anno, affinché il paese non diventi un deserto e le bestie dei campi non si moltiplichino contro di te. Li scaccerò davanti a te a poco a poco, affinché tu cresca di numero e prenda possesso del paese” {Esodo 23: 27-30}.

La cura di Dio per il suo popolo indifeso

Quando Giacobbe, anni prima, soggiornò nella stessa terra, con la sua famiglia, “Poi essi partirono e il terrore di DIO cadde su tutte le città intorno a loro, così che non inseguirono i figli di Giacobbe” {Genesi 35: 5}. “Quando non erano che un piccolo numero, pochissimi e stranieri nel paese, e andavano da una nazione all’altra, da un regno a un altro popolo.

Egli non permise che alcuno li opprimesse; anzi punì dei re per amor loro, e disse: «Non toccate i miei unti e non fate alcun male ai miei profeti” {Salmi 105: 12-15}. Questo stesso potere doveva portarli nel paese e dar loro presto un’eredità eterna in esso, perché poi il Signore, lamentandosi della loro infedeltà, disse: “Oh, se il mio popolo mi ascoltasse, se Israele camminasse nelle mie vie! Umilierei subito i suoi nemici e volgerei la mia mano contro i suoi avversari. Quelli che odiano l’Eterno gli sarebbero sottomessi, e la loro sorte sarebbe segnata per sempre” {Salmi 81: 13-15}.

Perché gli israeliti combatterono 

“Ma i figli d’Israele combatterono durante tutta la loro esistenza naturale, e anche sotto la direzione di Dio”, verrà sollecitato. Questo è verissimo, ma non prova affatto che fosse proposito di Dio che loro combattessero. Non dobbiamo dimenticare che “le loro menti sono diventate ottuse; infatti, nella lettura dell’antico patto lo stesso velo rimane senza essere rimosso, perché il velo viene annullato in Cristo” {2 Corinzi 3: 14} dall’incredulità, in modo che non potessero percepire il proposito di Dio per loro. Non afferravano le realtà spirituali del regno di Dio, ma si accontentavano invece delle ombre; e lo stesso Dio che all’inizio sopportò la loro durezza di cuore e si sforzò di ammaestrarli con le ombre, quando non avevano la sostanza, rimase ancora con loro, compassionevole riguardo alle loro infermità. Dio stesso ha permesso loro, a causa della durezza del loro cuore, di avere una pluralità di mogli, e ha anche stabilito regole che regolano la poligamia, al fine di diminuire il più possibile i mali che ne derivano, ma ciò non prova che l’abbia progettata per loro. Sappiamo bene che “da principio non era così” {Matteo 19: 8}

Quindi, quando Gesù proibì ai suoi seguaci di combattere per qualsiasi causa, non introdusse nulla di nuovo, non più di quando insegnò che un uomo dovrebbe avere una sola moglie e dovrebbe restare fedele a lei finché vive. Stava semplicemente enunciando i primi principi, predicando una completa riforma.

Esecuzione della sentenza scritta

Una cosa, tuttavia, che non dovrebbe mai essere persa di vista dalle persone che sono disposte a citare i comandi di Dio agli Israeliti come sanzione di guerre di difesa o di conquista, è il fatto che Dio non ha mai detto loro di distruggere qualcuno la cui coppa di iniquità non fosse piena e che non avesse irrevocabilmente rifiutato la via della giustizia. Alla fine di questo mondo, quando verrà il tempo in cui i santi possederanno il regno, il giudizio sarà dato ai santi dell’Altissimo (Daniele 7: 22), e i santi giudicheranno non solo il mondo, ma anche gli angeli {1 Corinzi 6: 2-3}. Inoltre, come coeredi di Cristo, parteciperanno all’esecuzione del giudizio, poiché leggiamo: “Esultino i santi nella gloria, cantino di gioia sui loro letti. Abbiano nella loro bocca le lodi di DIO e nella loro mano una spada a due tagli, per far vendetta sulle nazioni e infliggere castighi sui popoli, per legare i loro re con catene e i loro nobili con ceppi di ferro, per eseguire su di loro il giudizio scritto. Questo è l’onore riservato a tutti i suoi santi. Alleluia” {Salmi 149: 5-9}.

Poiché Cristo associa il Suo popolo a Sé stesso nel regno, rendendoli tutti re e sacerdoti, non è più incongruo per i Suoi santi, in connessione con Lui e per la Sua diretta autorità, eseguire un giusto giudizio sui malvagi incorreggibili, di quanto lo sia per Lui farlo.

E così, quando ricordiamo che la liberazione dall’Egitto fu l’inizio della fine, e che Dio si proponeva allora di dare al Suo popolo lo stesso regno che ora ci promette e al quale Cristo chiamerà i beati quando verrà, possiamo ben capire che un popolo giusto potrebbe allora, così come in futuro, essere gli agenti della giustizia di Dio. Ma quella non sarebbe una guerra di conquista, anche per il possesso della terra promessa, ma l’esecuzione del giudizio.

Ma non si deve dimenticare che Dio stesso dà direttive quando tale giudizio deve essere eseguito, e non lascia che gli uomini indovinino la Sua volontà in tal caso. Inoltre, solo coloro che sono essi stessi senza peccato possono eseguire il giudizio sui peccatori. “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra” {Giovanni 8: 7}.

La guerra non è un successo

Ancora un’altra cosa deve essere ricordata in relazione a questa questione del combattimento e del possesso della terra di Canaan, l’eredità promessa, e cioè che i figli d’Israele non l’hanno ottenuto dopo tutto, con tutti i loro combattimenti. La stessa promessa che è stata fatta loro, rimane per noi; “Perché, se Giosuè avesse dato loro riposo, Dio non avrebbe in seguito parlato di un altro giorno” {Ebrei 4: 8}. Il motivo per cui non l’hanno ottenuto, era la loro incredulità, ed è per questo che hanno combattuto. Se avessero creduto al Signore, gli avrebbero permesso di ripulire la terra dai suoi abitanti totalmente depravati, nel modo che ha proposto.

CAPITOLO 34 – ISRAELE POPOLO MISSIONARIO

Quando Dio mandò Mosè a guidare Israele dall’Egitto, il Suo messaggio al Faraone fu: “E tu dirai al Faraone: «Così dice l’Eterno: Israele è il mio figlio, il mio primogenito». Perciò io ti dico: «Lascia andare il mio figlio, affinché mi serva; ma se tu rifiuti di lasciarlo andare, ecco io ucciderò il tuo figlio, il tuo primogenito»” {Esodo 4: 22-23}. “E diede loro i paesi delle nazioni, ed essi ereditarono il frutto della fatica dei popoli,affinché osservassero i suoi statuti e ubbidissero alle sue leggi. Alleluia” {Salmi 105: 45}.

Il grande vantaggio degli Ebrei sugli altri era che “gli oracoli di Dio furono affidati a loro” {Romani 3: 2}. Certo non ricevettero quei vivi oracoli in tutta la loro viva forza, e così aumentarono infinitamente il loro vantaggio; ma non era colpa di Dio, e non stiamo ora considerando ciò che Israele aveva ed era effettivamente, ma ciò che avrebbe potuto possedere e ciò che avrebbe dovuto essere. Due cose sono sempre state vere e cioè che “nessun uomo vive per se stesso” e che “Dio non fa distinzione di persone”; e queste due verità combinate formano una terza, la quale è, che ogni volta che Dio concede un dono o un vantaggio a una persona, è affinché possa usarlo a beneficio degli altri. Dio non concede benedizioni a una o più persone, che non desidera che abbiano tutti. Quando ha promesso una benedizione ad Abrahamo, è stato affinché potesse essere una benedizione, affinché in lui fossero benedetti tutti gli abitanti della terra. Era nella linea della promessa di Abramo che Dio liberò Israele. Quindi, dando loro il vantaggio di possedere la Sua legge, era perché facessero conoscere ad altre persone quel vantaggio inestimabile, in modo che anche le altre persone potessero condividerlo.

Scopo di Dio

Lo scopo di Dio era che il Suo nome fosse reso noto “in tutta la terra” {Esodo 9: 16}. Tanto desiderava che tutti Lo conoscessero, quanto che Lo conoscessero i figli d’Israele. Per conoscere l’unico vero Dio, è la vita eterna; quindi, rivelandosi ad Israele, Dio gli mostrava la via della vita eterna, o Vangelo, affinché essi potessero annunciare agli altri lo stesso Vangelo. La ragione per cui Dio si è fatto conoscere ad Israele in modo così marcato, è che essi erano, per così dire, più vicini degli altri popoli. La memoria del trattamento di Dio con Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe, e della loro fede, è stata conservata tra gli Ebrei, rendendoli così più accessibili. Dio li scelse non perché li amasse più degli altri, ma perché amava tutti gli uomini e Si faceva conoscere da loro per mezzo degli agenti più vicini.

L’idea che Dio sia sempre stato esclusivo e che abbia sempre limitato la Sua misericordia e la Sua verità a un solo popolo speciale, è molto disonorevole per il Suo carattere. Non ha mai lasciato i pagani senza testimonianza di Sé, e dovunque potesse trovare un uomo o un popolo che acconsentisse ad essere usato, li ha subito arruolati al suo servizio, per fare una rivelazione più completa di Sé.

Effetto della predicazione in Egitto

Il Vangelo è il potere di Dio per la salvezza, e poiché il potente potere di Dio è stato mostrato nella salvezza di Israele dall’Egitto, è evidente che il Vangelo è stato proclamato in quel momento come non lo è mai stato da allora. L’effetto di quella proclamazione è mostrato dalle parole di una donna pagana, la meretrice Raab. Quando le due spie arrivarono a casa sua a Gerico, lei le nascose e disse loro: “E disse a quegli uomini: lo so che l’Eterno vi ha dato il paese, che il terrore di voi è caduto su di noi, e che tutti gli abitanti del paese vengono meno dalla paura davanti a voi.Poiché noi abbiamo udito come l’Eterno asciugò le acque del Mar Rosso davanti a voi quando usciste dall’Egitto, e ciò che faceste ai due re degli Amorei, di là dal Giordano, Sihon e Og, che votaste allo sterminio.All’udire queste cose, il nostro cuore è venuto meno e non è più rimasto coraggio in alcuno a motivo di voi perché l’Eterno, il vostro DIO, è DIO lassù nei cieli e quaggiù sulla terra” {Giosuè 2: 9-11}.

E poi chiese e ricevette la promessa della liberazione.

“Per fede Rahab, la prostituta, non perí con gli increduli, perché aveva accolto in pace le spie” {Ebrei 11: 31}. Ciò che è accaduto a lei avrebbe potuto essere la sorte di ogni altro abitante di Gerico, a condizione che avessero esercitato la stessa fede che aveva lei.

Avevano sentito le stesse cose che lei aveva sentito, e sapevano infatti, come lei, che “Geova tuo Dio, Egli è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra». Ma la conoscenza non è fede. I diavoli sanno che c’è un solo Dio, ma non hanno fede. La fede è fiducia: sottomissione. Raab era disposta a sottomettersi ai requisiti di Dio e a vivere come uno del Suo popolo, mentre i suoi connazionali non lo erano. In questo caso vediamo la prova che Dio salva le persone, non perché sono buone, ma perché sono disposte a essere rese buone. Gesù è mandato per benedirci, allontanandoci dalle nostre iniquità. Quella povera donna pagana di vita disdicevole, che poteva dire una bugia con un’espressione composta e senza coscienza di colpa, aveva un’idea molto scarsa della differenza tra giusto e sbagliato; eppure Dio l’ha riconosciuta come una del Suo popolo, perché non si è allontanata dalla luce, ma vi ha camminato come le è venuta. Credeva alla salvezza della sua anima. La sua fede la sollevò dal suo ambiente peccaminoso e la mise sulla via della conoscenza.

Non si può trovare alcuna prova più forte che Cristo non si vergogni di riconoscere anche i pagani come Suoi fratelli, del fatto che non Si vergogni di avere una di loro, una meretrice, per giunta, registrata nel registro dei Suoi antenati secondo la carne. Questo, di per sé, mostra che le promesse non sono limitate ai discendenti lineari di Abramo, ma che lo sono a coloro che credono, non importa quale sia la loro razza o condizione. “In ogni nazione, chi teme Dio e opera la giustizia è accetto con lui”.

La sollecitudine di Dio per tutti gli uomini

Il punto speciale in questo riferimento a Rahab è che Dio non Si era chiuso al popolo Ebraico. Ovunque c’era un abitante idolatra di Canaan, che era disposto a riconoscere

Dio, in quel momento fu iscritto al popolo di Dio. Questa lezione non è solo teorica, il punto è che la promessa ad Abramo includeva tutto il mondo, e non solo la progenie di Giacobbe, ma è praticamente consolante ed edificante. Ci mostra quanto sia longanime il

Signore, “Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni credono che egli faccia, ma è paziente verso di noi non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento” {2 Pietro 3: 9}. Ci mostra con quanta rapidità Dio afferra la minima inclinazione a cercarlo, e la usa come mezzo per attirare ancora più vicino l’anima errata. Soffia dolcemente sulla più piccola scintilla, se possibile può essere allargata a una fiamma. Il Suo orecchio è continuamente rivolto verso la terra, attento a cogliere il più debole sussurro, così che il più debole grido, sì, il primo impulso a chiamare, dalle profondità più profonde, viene immediatamente ascoltato e risposto.

Molte persone, con più zelo per Dio che conoscenza del Suo carattere, hanno affermato, senza altra autorità che la loro stessa parola contro il racconto biblico, che Raab non era una meretrice nell’accezione comune della parola; che nel suo caso la parola ha un significato diverso da quello che ha ordinariamente. Pensano che sarebbe un disonore per la reputazione di Cristo, dire che una tale donna era la Sua antenata secondo la carne, dimenticando che la grande ragione per cui Cristo Gesù ha un nome “che è sopra ogni nome, “al di sopra di ogni principato, potestà, potenza, signoria e di ogni nome che si nomina non solo in questa età, ma anche in quella futura” {Efesini 1: 21}, è che Egli “si è reso senza reputazione”. Il fatto che Egli stesso sia scaturito da una tale fonte, mostra che c’è speranza per gli ultimi. “Egli rialza il misero dalla polvere e solleva il bisognoso dalla spazzaturaper farlo sedere coi principi, coi principi del suo popolo” {Salmi 113: 7-8}.

Tutto Israele un regno di Sacerdoti

Che il disegno di Dio per Israele era che essi proclamassero il Vangelo a tutto il mondo, si vede nel fatto che se fossero rimasti nella Sua alleanza sarebbero stati un regno di sacerdoti. Tutti dovevano essere sacerdoti di Dio. Ora l’opera del sacerdote è così esposta in {Malachia 2: 5-7}, dove Dio dice di Levi: “«Il mio patto con lui era un patto di vita e di pace, che io gli concessi perché mi temesse, ed egli mi temette e fu terrorizzato davanti al mio nome.La legge di verità era nella sua bocca, e non si trovava alcuna perversità sulle sue labbra; camminava con me nella pace e nella rettitudine e ne ritrasse molti dall’iniquità.Poiché le labbra del sacerdote dovrebbero custodire la conoscenza e dalla sua bocca uno dovrebbe cercare la legge, perché egli è il messaggero dell’Eterno degli eserciti»”.

Il loro lavoro come sacerdoti

Allontanare gli uomini dall’iniquità, è opera di Cristo mediante la Sua risurrezione; quindi l’opera del vero Sacerdote è semplicemente quella di predicare il Vangelo, di proclamare il Salvatore vivente, nel quale è la Legge vivente che è perfetta, che converte l’anima. Ma dal momento che tutti i figli d’Israele dovevano essere sacerdoti, e quindi tutti avevano familiarità con la legge, è evidente che dovevano essere sacerdoti a favore degli altri, e non semplicemente essere maestri stabili tra di loro. Se avessero accettato la proposta di Dio e si fossero accontentati di rimanere nel Suo patto invece di insistere su uno dei loro, non ci sarebbe stato bisogno di alcun sacerdozio per far loro conoscere la legge della verità e della pace; tutti avrebbero conosciuto la verità, e di conseguenza tutti sarebbero stati liberi; ma l’ufficio di un sacerdote è quello di insegnare la legge, e quindi è positivo che lo scopo di Dio nel portare Israele fuori dall’Egitto fosse quello di mandarli in tutto il mondo a predicare il Vangelo.

Il modo tutto preparato

Quale compito facile e rapido sarebbe stato per loro, sostenuti dalla potenza di Dio! La fama di cosa Dio aveva fatto in Egitto li aveva preceduti, e mentre andavano avanti con la stessa potenza, potevano predicare il Vangelo nella sua pienezza a persone già pronte ad accettare o rifiutare. Lasciando le loro mogli e i loro bambini al sicuro nel paese di Canaan, e uscendo a due a due, come Gesù poi mandò i Suoi discepoli, ci sarebbe voluto poco tempo per portare il Vangelo fino alle più remote parti della terra.

Nessun timore di molestie

Supponiamo che i nemici abbiano tentato di opporsi al loro progresso? Uno potrebbe inseguirne mille e due metterne in fuga diecimila. Cioè, il potere della presenza di Dio con due qualsiasi di loro li renderebbe agli occhi dei loro nemici pari a diecimila uomini, e nessuno oserebbe attaccarli. Tuttavia, non ci sarebbero stati eserciti da incontrare. Gli eserciti vengono sollevati e riuniti insieme solo allo scopo di incontrare altri eserciti; ma in questo caso non ci sarebbero stati eserciti invasori. Due viaggiatori a piedi illesi sarebbero entrati in un villaggio o in una città, dove le persone erano impegnate nelle loro normali occupazioni, e questi due avrebbero ottenuto tanto rispetto dai cittadini come se fossero stati un esercito di diecimila uomini. Così potevano svolgere il loro lavoro assegnato di predicare il Vangelo, senza timore di molestie. Il terrore che la loro presenza infonderebbe negli oppositori, mostra la forza che il messaggio da loro proclamato avrebbe avuto sui cuori aperti ad accogliere la verità.

Un prevedibile lavoro approfondito 

Poiché andando avanti così rivestiti della piena potenza di Dio, non sarebbe stato necessario scavalcare il giordano la seconda volta. Tutti quelli che ascoltavano prendevano subito posizione a favore o contro la verità; e questa decisione sarebbe stata definitiva, poiché quando uno rifiuta il Vangelo proclamato nella sua pienezza, cioè con la potente potenza di Dio, non c’è più nulla che si possa fare per lui, perché non c’è potenza più grande di quella di Dio. Quindi pochissimi anni, o forse mesi, dopo il passaggio del Giordano, sarebbero bastati per la predicazione del Vangelo del regno in tutto il mondo come testimonianza a tutte le nazioni.

Prove dell’imparzialità di Dio

Ma Israele non ha adempiuto alla sua alta vocazione. L’incredulità e la fiducia in se stessi derivavano loro dal prestigio con cui entravano nella terra promessa. Non hanno lasciato brillare la loro luce, e così col tempo l’hanno persa loro stessi. Si accontentarono di colonizzare Canaan, invece di possedere tutta la terra. Presumevano che la luce che Dio aveva dato loro fosse dovuta al fatto che li amava più degli altri, e così divennero superbi e disprezzarono gli altri. Tuttavia Dio non cessò di indicare loro che dovevano essere la luce del mondo. La storia degli ebrei, invece di mostrare che Dio era chiuso davanti a loro, mostra che cercava continuamente di usarli per far conoscere il Suo nome agli altri. Testimone il racconto di Naaman il Siro, che fu mandato dal re d’Israele per essere guarito dalla sua lebbra. Vedi il caso della vedova di Sarepta, alla quale fu mandato Elia. La regina di Saba venne da lontano per ascoltare la saggezza di Salomone. Giona fu inviato, molto contro la sua volontà, per avvertire i Niniviti, che si pentirono alla sua predicazione. Leggi le profezie di Isaia, Geremia ed Ezechiele, e osserva quanto spesso si fa appello direttamente alle varie nazioni. Tutte queste cose mostrano che Dio non era allora, non più di adesso, il Dio solo dei Giudei, ma anche dei Gentili. Finalmente, quando Israele aveva completamente rifiutato di compiere la missione a cui Dio li aveva chiamati, li mandò in cattività, affinché così i pagani potessero ricevere parte della conoscenza di Dio, che non avrebbero impartito volontariamente. Lì poche anime fedeli furono il mezzo per portare chiaramente la verità davanti al re pagano Nabucodonosor, che col tempo riconobbe umilmente Dio e pubblicò la sua confessione di fede in tutta la terra. Re Ciro, inoltre, e altri re persiani, nei proclami reali fecero conoscere il nome dell’unico vero Dio in tutto il mondo. Così vediamo che non c’era nulla che Dio desiderasse tanto quanto la salvezza dei pagani intorno agli ebrei, e non solo di quelli vicini, ma anche di quelli che erano più lontani, poiché le promesse non erano solo per gli ebrei e i loro figli, ma a tutto ciò che era “lontano” (Vedi Atti 2: 39; Isaia 57: 19).

Abramo stesso di origine gentile

Che Dio non facesse differenza tra ebrei e gentili si vede dal fatto che Abramo, il capo della razza ebraica, era lui stesso un Gentile, e ricevette la certezza di essere accettato da Dio mentre era ancora incirconciso, “affinché fosse il padre di tutti quelli che credono anche se incirconcisi, affinché anche a loro sia imputata la giustizia” {Romani 4: 11}. Dio era sempre pronto ad accettare persone tra i pagani come Lo era quando chiamò Abramo fuori di mezzo a loro.

Il popolo gentile, la pecora smarrita di Israele

Quando Cristo venne, dichiarò di essere stato inviato solo alle pecore perdute della casa d’Israele, e anche mentre lo diceva, mostrò chi erano le pecore perdute della casa d’Israele, inviando la guarigione a una donna pagana credente {Matteo 15}. Cosa fece Cristo per quella donna cananea, era ugualmente pronto e ansioso di fare per ogni abitante credente di Canaan e del mondo intero, ai giorni di Giosuè. Tutti coloro che non si aggrappavano ostinatamente ai loro idoli, dovevano essere raccolti nell’ovile d’Israele, finché non ci sarebbe stato un solo ovile, sotto l’unico pastore. C’era salvezza per tutti coloro che l’avrebbero accettata, ma dovevano davvero diventare israeliti.

Israele deve essere separato

Fu per questo motivo che agli israeliti era proibito fare qualsiasi alleanza con gli abitanti del paese. Un’alleanza implica somiglianza, uguaglianza, unione di due poteri simili. Ma Israele, quando fedele alla sua vocazione, non aveva nulla in comune con gli abitanti del paese. Dovevano essere un popolo separato, separato unicamente a causa della presenza santificante del Signore. Quando Dio disse a Mosè: “L’Eterno rispose: «La mia presenza andrà con te, e ti darò riposo»”. Mosè rispose: “Mosè allora gli disse: «Se la tua presenza non viene con me, non farci partire di qui.Come si potrà ora conoscere che io e il tuo popolo abbiamo trovato grazia ai tuoi occhi Non è forse perché tu vieni con noi? Così noi saremo distinti, io e il tuo popolo, da tutti i popoli che sono sulla faccia della terra»” {Esodo 33: 14-16}.

Unione con le nazioni significa separazione da Dio

Fare alleanza con le nazioni intorno a loro significava essere uniti a loro, e ciò significava separarsi dalla presenza di Dio. La presenza di Dio era l’unica cosa che avrebbe separato e mantenuto il popolo d’Israele dalle nazioni, e la Sua presenza non poteva avere altro effetto che proprio quello. La presenza di Dio farà la stessa cosa in questi giorni, poiché Egli non cambia. Se dunque uno dicesse che non è necessario che il popolo di Dio sia separato dalle nazioni, in realtà direbbe che non è necessario che esse abbiano la presenza di Dio.

Rifiutare Dio scegliendo un re

Lo stesso principio si applicava quando il popolo voleva un re. Leggi il racconto in 1 Samuele 8. Il popolo disse a Samuele: “«Dacci un re che ci giudichi come tutte le nazioni»”. La cosa dispiaceva Samuele, e senza dubbio lo ferì, ma il popolo insistette dicendo: “«Dacci un re che ci governi». Perciò Samuele pregò l’Eterno. E l’Eterno disse a Samuele: «Ascolta la voce del popolo in tutto ciò che ti dice, poiché essi non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni su di loro.Si comportano con te, come hanno sempre fatto dal giorno in cui li ho fatti uscire dall’Egitto fino ad oggi: mi hanno abbandonato per servire altri dèi.Ora dunque ascolta la loro richiesta, ma avvertili solennemente e dichiara loro i diritti del re che regnerà su di loro». Così Samuele riferì tutte le parole dell’Eterno al popolo che gli domandava un re” {1Samuele 8: 6-10}. “Ciò nonostante il popolo rifiutò di dare ascolto alle parole di Samuele e disse: «No, avremo un re sopra di noi.Così saremo anche noi come tutte le nazioni»” {1 Samuele 8: 19-20}.

Desiderando di essere come i pagani

Nella Bibbia le “nazioni” sono i pagani. La parola ebraica spesso resa “nazioni” è la stessa parola da cui deriva sempre la parola “pagani”. Forse {Salmi 96: 5} rende il caso il più chiaro possibile per il lettore inglese. “Poiché tutti gli dèi delle nazioni sono idoli, ma l’Eterno ha fatto i cieli”. Qui è molto evidente che le “nazioni” sono pagane. Nei {Salmi 2: 1} leggiamo: “Perché tumultuano le nazioni, e i popoli tramano cose vane?” Nella Revisione vediamo il parallelo nazioni-pagane. “Perché le nazioni si infuriano, e la gente immagina una cosa vana?” Un’idea come una “nazione cristiana” è tanto una contraddizione di termini quanto un “pagano cristiano” o un “peccatore cristiano”. Una “nazione” nell’uso del termine da parte di Dio, quando si parla di nazioni terrene, è un insieme di pagani.

Quindi ciò che i Giudei realmente dissero fu questo: “Avremo un re su di noi, affinché anche noi possiamo essere come tutti i pagani”. Questo era ciò che volevano, perché tutte le altre persone riconoscevano dèi diversi da Geova, e tutte le persone sulla terra, ad eccezione di Israele, avevano dei re su di loro. La Bibbia danese rende 1 Samuele 8: 20 chiaramente: “Saremo anche noi come tutti i pagani”; e il tedesco di Lutero dice ancora più chiaramente: “Affinché anche noi possiamo essere come tutti gli altri pagani”.

Il Vero Israele non è una delle Nazioni

Il piano di Dio per Israele era che non dovesse essere una nazione. Siamo inclini a guardare ciò che era, come se fosse ciò che avrebbe dovuto essere, dimenticando che dall’inizio alla fine il popolo ha rifiutato, in misura maggiore o minore, di camminare secondo il consiglio di Dio. Vediamo il popolo ebraico con giudici, ufficiali e tutto l’armamentario del governo civile; ma dobbiamo ricordare che il patto di Dio ha fornito qualcosa di molto diverso, che, a causa dell’incredulità, non hanno mai realizzato pienamente.

Israele la Chiesa di Cristo

La parola “chiesa” è di uso molto comune, ma forse relativamente pochi di coloro che la usano si rendono conto che deriva da una parola greca che significa “chiamato fuori” e che si applica a Israele più che a qualsiasi altro popolo. Costituivano la chiesa di Dio; erano stati chiamati fuori dall’Egitto. Nell’Antico Testamento sono indicati come “la congregazione”, cioè coloro che erano riuniti o si erano radunati insieme; poiché formavano il gregge del Signore, di cui Egli era il pastore. Dio è conosciuto come il “Pastore d’Israele” {Salmi 80: 1; Salmi 23: 1}. Quindi la chiesa in tempi successivi è chiamata il gregge di Dio. Stefano, nel suo discorso davanti al Sanhedrim, ha parlato di Israele come “la chiesa nel deserto”.

Solo Una Chiesa

C’è solo una chiesa, perché la chiesa è il corpo di Cristo {Efesini 1: 19-23}, e c’è un solo corpo {Efesini 4: 4}. Quell’unica Chiesa è composta da coloro che ascoltano e seguono la voce di Cristo, poiché Cristo dice: “«Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono»” {Giovanni 10: 27}. Quella chiesa nel deserto è dunque identica alla vera chiesa di Cristo in ogni epoca. Ciò è mostrato più chiaramente da {Ebrei 3: 2-6}. Mentre leggi il passaggio; ricorda che “la casa di Dio” è “la chiesa del Dio vivente” {Matteo 2: 15}. Ora il testo dice che Cristo fu fedele nella casa di Dio, come lo fu Mosè. Mosè fu fedele nella casa di Dio come servo, e Cristo come Figlio sopra la stessa casa, “ma Cristo, come Figlio, lo è sopra la propria casa e la sua casa siamo noi, se riteniamo ferma fino alla fine la franchezza e il vanto della speranza” {Ebrei 3: 6}. Gesù fu chiamato fuori d’Egitto, com’è scritto: “Ho chiamato il mio figlio fuori dall’Egitto” {Matteo 2: 15}. Era il Capo e Capo dell’esercito che uscì con Mosè. Cristo e Mosè, dunque, sono nella stessa relazione e comunione, e chiunque è partecipe di Cristo, deve riconoscere Mosè come fratello nel Signore. Questi fatti sono molto importanti, poiché mentre apprendiamo il piano di Dio per Israele, impariamo il vero modello per la chiesa di Dio in tutte le epoche, fino alla fine. Non possiamo citare indiscriminatamente ciò che Israele ha fatto, come autorità per ciò che dovremmo fare, dal momento che spesso si sono ribellati contro Dio, e la loro storia è più spesso testimonianza di apostasia che di fede; ma possiamo e dobbiamo studiare le promesse e i rimproveri di Dio per loro, perché quello che aveva per loro lo ha anche per noi.

La Chiesa il Regno

Il popolo d’Israele costituì un regno fin dall’inizio, secoli prima che Saul fosse posto su di loro; poiché la chiesa di Dio è il Suo regno e i Suoi sudditi sono tutti Suoi figli. La “famiglia di Dio» è «la repubblica d’Israele» {Efesini 2: 19}. Cristo, con il Padre, siede sul «trono della grazia», e la vera chiesa riconosce solo Lui, come Signore.

L’apostolo Giovanni, scrivendo alla chiesa, si sottoscrive: “Vostro fratello e compagno nell’afflizione, nel regno e nella costanza di Cristo Gesù” {Apocalisse 1: 9}. Cristo ha dichiarato di essere un Re, anche il Re dei giudei (Matteo 27: 2), e ha ricevuto omaggio come “il re d’Israele” {Giovanni 1: 49}. Ma Gesù, pur affermando di essere Re, dichiarò: “Gesù rispose: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi combatterebbero affinché io non fossi dato in mano dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui»” {Giovanni 18: 36}. Come il regno di Cristo non è di questo mondo, così la Sua chiesa, il Suo corpo, il popolo che Egli ha scelto e chiamato fuori dal mondo, non devono far parte del mondo, sebbene è in esso. Significa non fare alcun tipo di alleanza con il mondo, per nessuno scopo. Il suo unico uso nel mondo è quello di essere la luce del mondo, il sale con cui preservare quanto più mondo possibile. Non deve far parte del mondo più di quanto lo sia la luce delle tenebre in cui risplende. “E quale comunione c’è tra la luce e le tenebre?” {2 Corinzi 6: 14}.

Ci sono due classi distinte sulla terra: la chiesa e il mondo; ma quando la chiesa forma un’alleanza con il mondo, sia formalmente, sia adottando i metodi o i principi del mondo, allora c’è davvero solo una classe: il mondo. Per grazia di Dio, tuttavia, ci sono sempre stati pochi fedeli, anche nel tempo della massima apostasia.

L’antico Israele non è una teocrazia

È abbastanza comune parlare di Israele come di una teocrazia. Questo è davvero ciò che Dio ha progettato che fosse, e ciò che avrebbe dovuto essere, ma ciò che nel vero senso della parola non è mai stato. Meno di tutto Israele era una teocrazia quando il popolo chiedeva un re terreno, “affinché anche noi potessimo essere come tutti i pagani”, poiché così facendo rigettavano Dio come loro Re. È strano che le persone facciano riferimento a ciò che Israele ha fatto in diretta opposizione ai desideri di Dio, come giustificazione per un’azione simile da parte della chiesa ora, e al loro rifiuto di Dio come prova che erano governati dal Suo potere.

Che cos’è una teocrazia

La parola “teocrazia” è una combinazione di due parole greche e significa letteralmente “governo di Dio”. Una vera teocrazia, quindi, è un corpo in cui Dio è l’Unico e assoluto Sovrano. Un governo del genere è stato visto raramente su questa terra, e mai in grande misura. Una vera teocrazia esisteva quando Adamo fu formato per la prima volta e posto nell’Eden, quando “Dio vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono” {Genesi 1: 31}. Dio plasmò Adamo con polvere del suolo e lo pose sopra le opere delle Sue mani. Egli fu costituito sovrano “sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra” {Genesi 1: 26}. Gli fu dunque dato ogni potere. Ma nel suo stato migliore, quando fu coronato di gloria e onore, Adamo non era che polvere, senza più potere in sé stesso della polvere su cui camminava.

Perciò la potenza che si manifestava in lui non era affatto sua, ma era la potenza di Dio che operava in lui. Dio era il Sovrano assoluto, ma Gli piacque, per quanto riguardava questa terra, rivelare il Suo potere attraverso l’uomo. Durante la lealtà di Adamo a Dio ci fu quindi una perfetta teocrazia su questa terra.

La Chiesa di Cristo è l’unica vera Teocrazia

Una tale teocrazia non è mai esistita da allora, poiché la caduta dell’uomo fu il riconoscimento di Satana come Dio di questo mondo. Ma individualmente esisteva nella sua perfezione in Cristo, il secondo Adamo, nel cui cuore era la legge di Dio, e nel quale abitava corporalmente tutta la pienezza della Deità. Quando Cristo avrà rinnovato la terra e ristabilito tutte le cose come all’inizio, e non c’è che un ovile e un Pastore, un solo Re su tutta la terra, che sarà una perfetta teocrazia. La volontà di Dio sarà fatta in tutta la terra come ora è in cielo.

Ora è il momento della preparazione. Cristo sta ora radunando un popolo in cui sarà riprodotto il Suo carattere, nei cui cuori abiterà mediante la fede, affinché ognuno di loro, come Lui stesso, “affinché siate ripieni di tutta la pienezza di Dio” {Efesini 3: 19}. Questi riuniti costituiscono la Chiesa di Cristo, che, nel suo insieme, è “il compimento di colui che compie ogni cosa in tutti”. Così, mentre la vera teocrazia è prima di tutto nel cuore di individui che giorno per giorno dicono sinceramente al loro celeste Padre, “Tuo è il regno”, la moltitudine di coloro che credono – la chiesa – quando sono perfettamente uniti insieme nella stessa mente dallo Spirito Santo, costituisce l’unica vera teocrazia che sia mai esistita su questa terra. Quando la chiesa è apostata, cerca alleanze con il mondo, assumendo il potere regale, di esibire una forma teocratica di governo, ma è solo una forma contraffatta, senza potere divino, mentre i veri seguaci di Dio, pochi di numero, si sono dispersi in tutto il mondo, e sconosciuti alle nazioni, forniscono un esempio di una vera teocrazia.

Una distinzione importante

Va tenuto presente che in una vera teocrazia è Dio stesso che governa, e non una persona al posto di Dio. Nei giorni del primo dominio, era Dio che governava attraverso Adamo, e non Adamo che esercitava il potere divino. Questa è una distinzione molto importante.

Cristo, il secondo Adamo, disse: “Io non posso fare nulla da me stesso”; “il Padre che dimora in me, fa le opere”. C’era una vera teocrazia. Anche così è con i veri seguaci di Cristo; “poiché Dio è colui che opera in voi il volere e l’operare, per il suo beneplacito” {Filippesi 2: 13}.

Il papato non una teocrazia

Nel papato vediamo un uomo che professa di agire al posto di Dio. Il Papa non professa di essere contrario a Dio, ma di essere il Suo reggente, o, come lo chiama lui, il “vicereggente” di Dio, colui che esercita il potere e l’autorità di Dio per Lui. Ma proprio quel termine mostra che non è Dio che regna nel papato, ma un uomo invece di Dio. Un uomo assume il posto di Dio! Questo è proprio ciò che Lucifero ha tentato di fare. L’unico scopo di Satana è sempre stato quello di usurpare il posto di Dio e reclamare il potere che appartiene solo a Dio. Pertanto, nel Papato non abbiamo una teocrazia, ma una democrazia, e la stessa cosa esiste in ogni caso, sia nelle nazioni che negli individui, dove Dio non è riconosciuto come l’Unico e Supremo Sovrano. “Il principe del potere dell’aria” è “lo spirito che ora opera nei figli della disobbedienza”.

Una teocrazia non esercita il potere

Ciò è evidente dall’affermazione di Cristo: “Il mio regno non è di questo mondo” {Giovanni 18: 36}. “Perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e l’orgoglio della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo” {1 Giovanni 2: 16}. Quando, quindi, la chiesa professa esercita il potere mondano, quell’atto stesso mostra un rifiuto di Dio, qualunque sia la professione.

Un popolo separato

Per mezzo del profeta che aprì la bocca per maledire, ma che invece proferì benedizioni, Dio disse del Suo popolo Israele: “Io lo vedo dalla cima delle rupi e lo contemplo dalle alture; ecco, è un popolo che dimora solo e non è annoverato fra le nazioni” {Numeri 23: 9}.

Il popolo di Dio è nel mondo, non ne fa parte, allo scopo di mostrare l’eccellenza di Colui che lo ha chiamato fuori dalle tenebre. Ma questo possono farlo solo se riconoscono che Dio è supremo. La chiesa è il regno in cui Dio governa da solo, e la sua unica legge è la legge dell’amore di Dio. È solo la voce di Dio che ascolta e segue, ed è solo la voce di Dio che parla attraverso di essa.

Si ripeta ancora una volta, tuttavia, perché è una cosa che non dobbiamo mai dimenticare, che mentre il vero popolo di Dio, Israele, è separato dal mondo, non è indifferente né esclusivo. Gli israeliti non avrebbero dovuto fare alleanza con i gabaoniti, ma avrebbero potuto accoglierli nel loro numero. I gabaoniti potrebbero essere diventati israeliti nello stesso modo in cui lo stesso Giacobbe lo divenne, cioè per fede. Quando il popolo di Dio fa alleanze con il mondo, allora c’è solo uno standard: quello mondano; ma quando si tengono separati, allora tengono alto uno stendardo che rivela un luogo di rifugio per gli abitanti stanchi e oppressi della terra.

Nessun modello terreno

Niente tra i regni terreni o le associazioni di qualsiasi tipo può servire da modello per la vera teocrazia, la chiesa e il regno di Dio; né gli atti delle organizzazioni umane possono essere presi come precedenti. Il regno di Dio è unico in ogni particolare, non dipende da nessuna delle cose da cui dipendono i governi umani per il mantenimento dell’unità, eppure è un’esibizione così meravigliosa di ordine, armonia e potenza, che stupisce tutti.

L’interesse della Chiesa per il mondo

Ma sebbene il vero popolo di Dio debba dimorare da solo, non annoverato tra le nazioni, e di conseguenza non avendo parte nella direzione o nella gestione dei governi civili, non è affatto indifferente al benessere dell’umanità. Come il loro Capo Divino, la loro missione è fare il bene. Poiché Adamo era il figlio di Dio {Luca 3: 38}, l’intera struttura umana, sebbene caduta, sono suoi figli, figli prodighi, e quindi i veri figli di Dio considereranno tutti gli uomini come loro fratelli, per il cui benessere e salvezza devono lavorare. Il loro compito è rivelare Dio al mondo come un Padre gentile e amorevole, e possono farlo solo permettendo al Suo amore di risplendere nelle loro vite.

Il regno di Cristo sulla terra ha come unica opera quella di mostrare, mediante una somiglianza pratica con Cristo, la sua fedeltà a Lui come legittimo Signore di tutti, e mostrando così le Sue eccellenze, per indurre il maggior numero possibile ad accettarlo come Re, in modo che possiamo essere preparati a riceverlo quando verrà “sul trono della sua gloria” {Matteo 25: 31}. Cristo, il Re, non è venuto nel mondo per altro scopo che per testimoniare la verità (Giovanni 18: 37), e così i Suoi fedeli sudditi non hanno altro scopo nella vita; e il potere con cui testimoniano è quello dello Spirito Santo che dimora in loro e abita in loro (Atti 1: 8), e non dalla loro partecipazione a lotte politiche o sociali.

Per un po’ di tempo dopo l’ascensione di Cristo al cielo, la chiesa fu soddisfatta di questo potere, e furono compiuti meravigliosi progressi nell’opera di predicazione del Vangelo del regno; ma ben presto la chiesa cominciò ad adottare metodi mondani, e i suoi membri ad interessarsi agli affari di Stato, invece che al regno di Cristo, e il potere andò perduto. Ma si ricordi che in quei giorni di lealtà della chiesa, era presente lo stesso potere che era stato dato a Israele per lo stesso scopo centinaia di anni prima; e ricorda inoltre che il popolo attraverso il quale si manifestò così la potenza di Dio fu in entrambi i casi lo stesso, “perché la salvezza viene dai Giudei” {Giovanni 4: 22}.

Dio si manifesterà ancora tra gli uomini

Quanto a Dio, “la Sua via è perfetta”, e noi sappiamo che “tutto quello che Dio fa è per sempre; non vi si può aggiungere nulla e nulla vi si può togliere e DIO fa così, perché gli uomini lo temano” {Ecclesiaste 3: 14}. Pertanto, anche se Israele nei giorni dei giudici e dei profeti si è dimostrato infedele alla loro fiducia, e la stessa chiesa dai giorni degli apostoli è stata in larga misura incurante dei suoi privilegi e doveri, deve venire il tempo in cui la chiesa… l’Israele di Dio – uscirà dal mondo e sarà separato, e così, libero da tutti i legami terreni, e dipendendo solo da Cristo, risplenderà come l’aurora, “bello come la luna, limpido come il sole, e terribile come un esercito con stendardi”.

CAPITOLO 35 – IL MEGLIO PROMESSO

“L’Eterno rispose: «La mia presenza andrà con te, e ti darò riposo” {Esodo 33: 14}.

Fu con queste parole che Dio incoraggiò Mosè a guidare il popolo d’Israele dopo che aveva peccato così gravemente facendo e adorando il vitello d’oro. Nel nostro studio del riposo che Dio ha promesso al Suo popolo, sarà bene ricordare, che la promessa qui registrata è identica a quella in {Matteo 11: 28}. Il riposo era promesso e poteva essere trovato solo alla presenza di Dio, che doveva andare con il Suo popolo. Così Cristo, che è «Dio con noi» {Matteo 1: 23}, e che è con noi «tutti i giorni, fino alla fine del mondo» {Matteo 28: 20}, dice: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo” {Matteo 11: 28}. Il riposo che fu offerto ai figli d’Israele nel deserto, è lo stesso riposo che Cristo offre a tutti gli uomini, riposo in Dio, nelle braccia Eterne – perché il Figlio unigenito “è nel seno del Padre» {Giovanni 1: 18}. “Come una madre consola il proprio figlio, così io consolerò voi” {Isaia 66: 13}.

Ma Dio è sempre stato ed è ovunque presente; perché allora non tutte le persone hanno riposo? – Per la semplice ragione che come cosa generale gli uomini non riconoscono la Sua presenza, e nemmeno la Sua esistenza. Invece di prendere in considerazione Dio in tutti gli affari della vita, la maggior parte delle persone vivono come se Egli non esistesse. “Ora senza fede è impossibile piacergli, perché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che egli è il rimuneratore di quelli che lo cercano” {Ebrei 11: 6}. Ciò dimostra che la generale incapacità di piacere a Dio, e quindi di trovare riposo, nasce dall’incredulità pratica che Egli esiste.

Prova della presenza di Dio

Come possiamo sapere che Dio esiste? – Fin dalla creazione del mondo, le cose invisibili di Dio, cioè la Sua eterna potenza e Divinità, sono state chiaramente rivelate nelle cose che ha fatto {Romani 1: 20}, in modo che coloro che non Lo conoscono siano senza scusa. È come Creatore che Dio si rivela, poiché il fatto che Egli crea Lo contraddistingue come il Dio autoesistente e Lo distingue da tutti i falsi dèi.

“Poiché l’Eterno è grande e degno di somma lode; egli va temuto sopra tutti gli dèi.Poiché tutti gli dèi delle nazioni sono idoli, ma l’Eterno ha fatto i cieli” {Salmi 96: 4-5}. “Ma l’Eterno è il vero DIO egli è il DIO vivente e il re eterno. Davanti alla sua ira trema la terra e le nazioni non possono reggere davanti al suo sdegno” {Geremia 10: 10}. Gli dèi che non hanno fatto i cieli e la terra, anch’essi scompariranno dalla terra e da sotto questi cieli. “Egli ha fatto la terra con la sua potenza, ha stabilito il mondo con la sua sapienza e con la sua intelligenza ha disteso i cieli” {Geremia 10: 12}. “Il mio aiuto viene dall’Eterno, che ha fatto i cieli e la terra” {Salmi 121: 2}. “Il nostro aiuto è nel nome dell’Eterno che ha fatto i cieli e la terra” {Salmi 124: 8}. Ora, poiché il riposo si trova solo alla presenza di Dio, e la Sua presenza è veramente conosciuta e apprezzata solo attraverso le Sue opere, è evidente che il riposo promesso deve essere strettamente connesso con la creazione.

Riposo ed eredità inseparabili

Il resto e l’eredità erano sempre associati insieme nella promessa. Quando i figli d’Israele venivano istruiti nel deserto, fu detto loro: “In quel tempo io vi diedi quest’ordine, dicendo: «L’Eterno, il vostro DIO, vi ha dato questo paese perché lo possediate. Voi tutti, uomini di valore, passerete il Giordano armati, alla testa dei figli d’Israele, vostri fratelli.Ma le vostre mogli, i vostri piccoli e il bestiame (so che avete molto bestiame) rimarranno nelle città che vi ho dato,finché l’Eterno abbia dato riposo ai vostri fratelli, come ha fatto per voi e prendano anch’essi possesso del paese che l’Eterno, il vostro DIO, dà loro al di là del Giordano. Poi ciascuno tornerà nell’eredità che vi ho dato»” {Deuteronomio 3: 18-20}.

Il resto e l’eredità sono davvero una cosa sola. La nostra eredità è il riposo, al posto della stanchezza che porta il peccato. In Cristo, che è “Dio con noi”, troviamo riposo, “In lui siamo anche stati scelti per un’eredità, essendo predestinati secondo il proponimento di colui che opera tutte le cose secondo il consiglio della sua volontà” {Efesini 1: 11}. Lo Spirito Santo è la primizia di questa eredità, fino al riscatto dell’acquisto. “L’Eterno è la mia parte di eredità” {Salmi 16: 5}. Egli è il nostro riposo e la nostra eredità; avendo Lui, abbiamo tutto.

Il riposo è stato dato con la terra

Abbiamo già visto i figli d’Israele nella terra promessa; la terra, e quindi il riposo, era loro, poiché leggiamo questa dichiarazione di ciò che era vero ai giorni di Giosuè: “Così l’Eterno diede a Israele tutto il paese che aveva giurato di dare ai loro padri, e i figli d’Israele ne presero possesso e vi abitarono.L’Eterno diede loro riposo tutt’intorno, come aveva giurato ai loro padri; nessuno di tutti i loro nemici potè loro resistere; l’Eterno diede tutti i loro nemici nelle loro mani.Non cadde a terra una sola di tutte le buone parole che l’Eterno aveva detto alla casa d’Israele; si avverarono tutte quante” {Giosùè 21: 43-45}.

Ma se ci fermiamo qui, cadiamo in grave errore. Passando da un capitolo, arriviamo al resoconto di ciò che Giosuè disse a “tutto Israele, i suoi anziani, i suoi capi, i suoi giudici e i suoi ufficiali… molto tempo dopo che l’Eterno aveva dato riposo a Israele da tutti i suoi nemici all’intorno” {Giosùè 23: 2, 1}. Dopo aver ricordato loro ciò che il Signore aveva fatto per loro, disse: “Ecco io ho diviso tra voi a sorte, come eredità per le vostre tribù, le nazioni che restano, assieme a tutte le nazioni che ho sterminato, dal Giordano fino al Mar Grande, ad ovest.E l’Eterno, il vostro DIO, le espellerà egli stesso davanti a voi e le scaccerà davanti a voi; così voi prenderete possesso del loro paese, come l’Eterno, il vostro DIO, vi ha promesso” {Giosùè 23: 4-5}.

I pagani non tutti scacciati 

“Siate dunque molto risoluti nell’osservare e nel mettere in pratica tutto ciò che è scritto nel libro della legge di Mosè, senza deviare né a destra né a sinistra,senza mischiarvi con queste nazioni che rimangono fra di voi; non menzionerete neppure il nome dei loro dèi e non giurerete per essi; non li servirete e non vi prostrerete davanti a loro;ma vi terrete stretti all’Eterno, il vostro DIO, come avete fatto fino ad oggi.L’Eterno infatti ha scacciato davanti a voi nazioni grandi e potenti; e nessuno ha potuto tener fronte a voi fino ad oggi.Uno solo di voi ne inseguirà mille, perché l’Eterno, il vostro DIO, è colui che combatte per voi, come egli vi ha promesso. Fate quindi molta attenzione alle anime vostre, per amare l’Eterno, il vostro DIO.Ma se vi sviate e vi unite al resto di queste nazioni che sono rimaste fra di voi e vi unite in matrimonio con loro e vi mescolate con esse ed esse con voi,sappiate con certezza che l’Eterno, il vostro DIO, non continuerà a scacciare queste nazioni davanti a voi; ma esse diventeranno per voi un laccio, una trappola, un flagello ai vostri fianchi e spine nei vostri occhi, finché non siate scomparsi da questo buon paese che l’Eterno, il vostro DIO, vi ha dato” {Giosuè 23: 6-13}.

Eppure le promesse di Dio non erano fallite 

“Or ecco, io me ne vado oggi per la via di tutto il mondo; riconoscete dunque con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima che non è caduta a terra una sola di tutte le buone parole che l’Eterno, il vostro DIO, ha pronunciato nei vostri confronti; si sono tutte avverate per voi; neppure una è caduta a terra.E avverrà che, come tutte le buone cose che l’Eterno, il vostro DIO, vi aveva promesso si sono avverate per voi, così l’Eterno farà venire su di voi tutte le calamità, finché vi abbia sterminati da questo buon paese che il vostro DIO, l’Eterno, vi ha dato. Se trasgredite il patto che l’Eterno, il vostro DIO, vi ha comandato, e andate a servire altri dèi e vi prostrate davanti a loro, allora l’ira dell’Eterno si accenderà contro di voi, e voi scomparirete presto dal buon paese che egli vi ha dato” {Giosuè 23: 14-16}.

In questa parte della Scrittura abbiamo un’ulteriore prova che l’eredità è il riposo promesso. Ci viene chiaramente detto che Dio aveva dato riposo a Israele, e che questo discorso avvenne molto tempo dopo; eppure proprio in quel discorso furono loro dette le condizioni alle quali avrebbero sicuramente potuto avere il riposo, e alle quali i nemici che erano ancora nel paese sarebbero stati scacciati. Tutto dipendeva dalla fedeltà di Israele a Dio. Se si fossero ritirati dal servire il Signore e fossero andati dietro ad altri dèi, allora avrebbero dovuto sapere con certezza che Dio non avrebbe più scacciato le restanti nazioni davanti a loro, ma quelle nazioni avrebbero continuato a perseguitarli e il Signore li avrebbe distrutti completamente dalla faccia del paese che aveva loro dato.

Un apparente paradosso

Ora, come si poteva dire che i figli d’Israele avessero riposo da tutti i loro nemici, e avessero il paese in possesso, quando quei nemici erano ancora nel paese, e c’era la possibilità che i nemici li scacciassero, invece di essere cacciati? Le stesse Scritture offrono la risposta. Per esempio, quando tutti i re degli amorei minacciarono i gabaoniti, che erano in combutta con gli israeliti, “L’Eterno disse a Giosuè: «Non aver paura di loro, perché li ho dati nelle tue mani; nessuno di loro potrà resisterti” {Giosuè 10: 8}. Che cosa fece allora Giosuè? Andò e li prese. Non dubitava di aver detto: “Non vedo alcuna prova che il Signore li abbia consegnati nelle mie mani, perché non li ho”; né ha detto scioccamente. “Poiché il Signore li ha dati nelle mie mani, posso liberare le mie forze e stare tranquillo”. In entrambi i casi sarebbe stato vinto, anche dopo che Dio gli aveva dato la vittoria. Con la sua attività, Giosuè dimostrò di credere veramente a ciò che il Signore diceva. La fede funziona e continua a funzionare.

Allo stesso modo al popolo fu detto che Dio aveva dato loro la vittoria, mentre allo stesso tempo stavano fuori dalle alte mura e dalle porte sbarrate di Gerico. Era vero che Dio aveva dato loro la vittoria, eppure tutto dipendeva da loro. Se si fossero rifiutati di gridare, non avrebbero mai visto la vittoria.

Pace in mezzo alla tribolazione

 “Noi infatti siamo divenuti partecipi di Cristo, a condizione che riteniamo ferma fino alla fine la fiducia che avevamo al principio” {Ebrei 3: 14}. Gesù dice: “«Nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo»” {Giovanni 16: 33}. Eppure nello stesso discorso disse: “«Io vi lascio la pace, vi do la mia pace; io ve la do, non come la dà il mondo; il vostro cuore non sia turbato e non si spaventi»” {Giovanni 14: 27}. Pace in mezzo alla tribolazione? Sì; poiché bada che dice: “«Non come la dà il mondo; il vostro cuore non sia turbato e non si spaventi»” {Giovanni 14: 27}. Avere tribolazione e tuttavia non essere turbato; essere in mezzo al pericolo, eppure non avere paura; essere nel fervore della battaglia e tuttavia godere di una pace perfetta, questo è veramente dare in un modo molto diverso da quello che dà il mondo.

Guerra già compiuta

Ascoltate il messaggio che il profeta Isaia ebbe l’incarico di dare a Israele quando attraversava le esperienze più dure, un messaggio che vale per noi ancor più che per gli uomini vissuti quando fu pronunciato: “«Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro DIO. Parlate al cuore di Gerusalemme, e proclamatele che il suo tempo di guerra è finito, che la sua iniquità è espiata, perché ha ricevuto dalla mano dell’Eterno il doppio per tutti i suoi peccati»” {Isaia 40: 1-2}.

Gloriosa assicurazione! La guerra è compiuta, la battaglia è finita, la vittoria è vinta! Concludiamo quindi che possiamo tranquillamente andare a dormire? Senza significato; dobbiamo essere svegli e utilizzare la vittoria che il Signore ha ottenuto per noi. Il conflitto è contro principati e potestà {Efesini 6: 12}, ma Gesù ha “spogliato le potestà e i principati, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro in lui” {Colossesi 2: 15}, e ne ha fatto uno spettacolo trionfante {Colossesi 2: 15}, “facendolo sedere alla sua destra nei luoghi celesti.Al di sopra di ogni principato, potestà, potenza, signoria e di ogni nome che si nomina non solo in questa età, ma anche in quella futura” {Efesini 1: 20-21}, e ci ha risuscitati con Lui e con Lui ci ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù, {Efesini 2, 1-6}, ugualmente al di sopra di ogni principato, e potenza, e potestà, e dominio, e di ogni nome che è nominato, non solo in questo mondo, ma anche in quello che verrà.

Possiamo, quindi, e certamente dobbiamo dire, dal cuore: “Grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo”.

Lezioni dai Salmi

Davide capì e si rallegrò di questa vittoria quando fu braccato come una pernice sui monti. Una volta era nascosto in una caverna nel deserto di Zif, e gli zifei vennero da Saul e rivelarono a tradimento il suo nascondiglio, e dissero: “Perciò, o re, scendi, perché tutto il desiderio della tua anima è di scendere; ci penseremo noi a consegnarlo nelle mani del re” {1 Samuele 23: 20}. Ancora Davide, sapendo tutto questo, prese la sua arpa e compose un salmo di lode, dicendo: “DIO tutto cuore ti offrirò sacrifici; celebrerò il tuo nome, o Eterno, perché è buono;poiché mi hai liberato da ogni angoscia, il mio occhio ha visto sui miei nemici ciò che desideravo” {Salmi 54: 6-7}. Leggi tutto il Salmo, inclusa l’introduzione. Così poté cantare: “Anche se si accampasse un esercito contro di me, il mio cuore non avrebbe paura” {Salmi 27: 3}. Il terzo Salmo, con le sue espressioni di fiduciosa fiducia in Dio, e la sua nota di vittoria, fu composto mentre egli era esiliato dal suo trono, fuggendo davanti ad Assalonne. Abbiamo bisogno di imparare così il ventitreesimo Salmo, che non saranno semplici parole vuote quando diciamo: “Tu apparecchi davanti a me la mensa in presenza dei miei nemici; tu ungi il mio capo con olio; la mia coppa trabocca” {Salmi 23: 5}.

L’uomo forte vinto

La vittoria che ha vinto il mondo è la nostra fede. Oh, potessimo renderci conto e tenere sempre presente il fatto che la vittoria è già ottenuta, che Cristo, il Potente, è venuto sull’uomo forte, nostro avversario e oppressore, e lo ha vinto e gli ha tolto tutto la sua armatura di cui si fidava, così che dobbiamo combattere solo con un nemico vinto e disarmato. Il motivo per cui siamo sopraffatti è che non crediamo e non conosciamo questo fatto. Se lo sappiamo e lo ricordiamo, non cadremo mai; perché chi sarebbe così stolto da lasciarsi catturare da un nemico senza armatura e senza forza? Quante benedizioni che Dio ci ha dato si perdono semplicemente perché la nostra fede non le coglie. Quante benedizioni ci ha dato? – “Benedetto sia Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo” {Efesini 1: 3}. “Poiché la sua divina potenza ci ha donato tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà, per mezzo della conoscenza di colui che ci ha chiamati mediante la sua gloria e virtù” {2 Pietro 1: 3}. Eppure, nonostante tutto sia nostro (1 Corinzi 3: 21), spesso agiamo come se non avessimo nulla. Un uomo, un professore di religione e un leader nella chiesa, una volta disse quando questi testi gli furono ripetuti per il suo incoraggiamento: “Se Dio mi ha dato tutte queste cose, perché non le ho?” Ci sono senza dubbio molti che leggeranno la propria esperienza in questa domanda. La risposta era facile; era perché non credeva che Dio glieli avesse dati. Non sentiva di averli, e quindi non credeva di averli; mentre è la fede che deve coglierli, e un uomo non può sperare di poter sentire una cosa che non tocca. La vittoria non è il dubbio, non la vista, non il sentimento, ma la fede.

Non potevano entrare

Gli israeliti erano in possesso del paese; nessuna parola di Dio era venuta meno; aveva con Sé dato loro ogni cosa; ma non apprezzarono il dono meraviglioso, e così ricevettero invano la grazia di Dio. Erano almeno nominalmente fedeli a Dio durante la vita di Giosuè, ma dopo la sua morte “I figli d’Israele fecero ciò che è male agli occhi dell’Eterno e servirono Baal; abbandonarono l’Eterno, il DIO dei loro padri che li aveva fatti uscire dal paese d’Egitto, e seguirono altri dèi fra gli dèi dei popoli che li attorniavano, si prostrarono davanti a loro e provocarono ad ira l’Eterno; essi abbandonarono l’Eterno e servirono Baal e le Ashtaroth. E l’ira dell’Eterno si accese contro Israele e li diede nelle mani dei predoni, che li spogliarono; e li vendette nelle mani dei loro nemici all’intorno, ai quali non poterono più tener fronte. Dovunque andavano, la mano dell’Eterno era contro di loro portando calamità, come l’Eterno aveva detto, come l’Eterno aveva loro giurato; e furono grandemente angustiati” {Giudici 2: 11-15}. Dio disse loro che a causa della loro disobbedienza non avrebbe scacciato le nazioni davanti a loro, ma che i loro nemici sarebbero rimasti e sarebbero stati come spine nei loro fianchi {Giudici 2: 1-15}.

Così vediamo che sebbene Dio abbia dato loro il riposo, non vi sono entrati. Era quindi vero per loro come per coloro che caddero nel deserto, che “non potevano entrare a causa dell’incredulità”.

La nostra posizione 

“Perciò, poiché rimane ancora una promessa di entrare nel suo riposo, abbiamo timore perché qualcuno di voi non ne resti escluso.Infatti a noi come pure a loro è stata annunziata la buona novella, ma la parola della predicazione non giovò loro nulla, non essendo stata congiunta alla fede in coloro che l’avevano udita” {Ebrei 4: 1-2}. Siamo nel mondo esattamente nella stessa situazione di quell’antico Israele, con le stesse promesse, le stesse prospettive, gli stessi nemici, gli stessi pericoli.

Non ci sono nemici su cui possiamo usare le normali armi da guerra, sebbene i seguaci del Signore siano certi che subiranno persecuzioni {2 Timoteo 3: 12}, e che saranno odiati dal mondo, con un odio che non si fermerà prima della morte {Giovanni 15: 18-19; Giovanni 16: 1-3)] tuttavia «le armi della nostra guerra non sono carnali». In questo, comunque, il nostro caso non è affatto diverso da quello dell’antico Israele.

La forza fisica fallisce sempre

La loro vittoria si sarebbe avuta solo per fede, e, come abbiamo già visto, se fossero stati veramente fedeli, non ci sarebbe stato più bisogno di usare la spada per scacciare i cananei più di quanto ce ne fosse per usarla per rovesciamento del faraone e delle sue schiere. In effetti, il motivo per cui non ottennero il pieno possesso della terra fu a causa di quell’incredulità che rese necessaria la spada; poiché è assolutamente impossibile che il paese celeste che Dio promise ad Abramo possa mai essere conquistato da uomini con spade o fucili in mano. La prima esperienza di Mosè lo ha dimostrato. Non c’era più bisogno per Israele di combattere nei giorni antichi di quanto ce ne sia per noi. “Quando l’Eterno gradisce le vie di un uomo, fa essere in pace con lui anche i suoi nemici” {Proverbi 16: 7}, e ci è assolutamente proibito combattere. I beni che gli uomini guadagnano combattendo non sono i beni che Dio dà. In realtà, non sono affatto beni, poiché non possono essere posseduti, come dimostra la storia del mondo. Alessandro e Napoleone hanno perso da tempo tutto ciò che sembravano aver guadagnato con la guerra. Quest’ultimo, come molti altri, perse i suoi beni apparenti ancor prima di morire.

Il comandamento fin dall’inizio

Quando Cristo comanda ai Suoi seguaci di non combattere, e li avverte che se lo fanno periranno, non sta introducendo un nuovo ordine di cose, ma sta semplicemente riconducendo il Suo popolo ai primi principi. L’antico Israele offre un’illustrazione del fatto che coloro che usano la spada periranno di spada; e, sebbene il Signore li abbia sopportati a lungo, fatto molte concessioni alla loro debolezza e sopportato ancora più a lungo noi, vuole che evitiamo i loro errori. Tutte le cose che li riguardano “sono scritte per nostro avvertimento, per noi, che ci troviamo alla fine delle età” {1 Corinzi 10: 11}.

La promessa di Canaan

Ma dobbiamo andare un po’ oltre, e vedere che la nostra situazione è precisamente quella dell’antico Israele, e che lo stesso riposo e la stessa eredità che Dio diede loro, e che essi scioccamente si lasciarono sfuggire dalle loro mani, è nostro, a patto che noi “riteniamo ferma fino alla fine la franchezza e il vanto della speranza” {Ebrei 3: 6}. Fortunatamente l’evidenza è molto semplice e chiara, e ne abbiamo già considerato la maggior parte a lungo. Rinfreschiamo le nostre menti con i seguenti fatti. Canaan è una terra che Dio diede ad Abramo e alla sua discendenza “come una proprietà perpetua” {Genesi 48: 4}. Doveva essere un possesso eterno sia per Abramo che per la sua discendenza. Ma Abramo stesso non aveva nemmeno un piede di terra in suo possesso effettivo {Atti 7: 5}, e nessuno della sua discendenza ne aveva, perché anche i giusti tra loro (e solo i giusti sono discendenza di Abramo) «morirono tutti nella fede, non avendo ricevuto la promessa». Pertanto, come precedentemente mostrato, il possesso della terra comportava la risurrezione dei morti alla venuta di Cristo per restaurare tutte le cose. Mediante la risurrezione di Cristo, Dio ci ha generato a una speranza viva, “per un’eredità incorruttibile, incontaminata e immarcescibile, conservata nei cieli per voiche dalla potenza di Dio mediante la fede siete custoditi, per la salvezza che sarà prontamente rivelata negli ultimi tempi” {1 Pietro 1: 4-5}.

Un regno mondiale

Ma il possesso della terra di Canaan non significava altro che il possesso di tutto il mondo, come apprendiamo confrontando {Genenesi 17: 7-8, 11} e {Romani 4: 1-13}. Così: la circoncisione era il sigillo dell’alleanza per dare ad Abramo e alla sua discendenza la terra di Canaan in possesso perenne. Ma la circoncisione era allo stesso tempo un segno o sigillo di giustizia per fede; e “la promessa di essere erede del mondo non fu fatta ad Abrahamo e alla sua progenie mediante la legge, ma attraverso la giustizia della fede” {Romani 4: 13}. Vale a dire, ciò che suggellava ad Abramo il suo diritto al possesso della terra di Canaan, era il suggello del suo diritto al mondo intero. Dando a lui e alla sua discendenza la terra di Canaan, Dio ha dato loro il mondo intero. Non certo “la presente malvagia età” {Galati 1: 4}, poiché ”il mondo passa”; e Cristo ha dato Sé stesso per noi per liberarci da esso e dalla sua distruzione; “Ma noi, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e nuova terra nei quali abita la giustizia” {2 Pietro 3: 13}. Non era il possesso temporale di poche migliaia di miglia quadrate di terra contaminata dalla maledizione, che Dio promise ad Abramo e alla sua discendenza, ma il possesso eterno di tutta la terra liberata da ogni traccia della maledizione. La promessa è “sicura per tutta la discendenza” solo mediante la fede di Cristo. Cristo è la discendenza e noi siamo eredi per mezzo di Lui. Egli non può darci ciò che Egli stesso non possiede e non ha mai avuto alcun possesso su questa terra. È “il mondo a venire” che Gli è sottomesso; ed è quello che ci dà. Anche se fosse vero che il piccolo territorio di Canaan costituiva l’intera eredità promessa, sarebbe pur vero che gli israeliti non l’hanno mai avuto; poiché la promessa che Dio confermò era di dare ad Abramo e alla sua discendenza la terra di Canaan in possesso perpetuo, cioè Abramo doveva averla in possesso perenne, e anche la sua discendenza doveva averla in possesso perenne. Ma morirono tutti, e col tempo anche il paese stesso passò nelle mani di altre persone. Nessuna dimora temporale in Palestina potrebbe mantenere la promessa. La promessa rimane ancora da adempiersi per Abramo e per tutta la discendenza.

La Nuova Terra

Il resto è l’eredità; l’eredità è la terra di Canaan; ma il possesso della terra di Canaan significa il possesso di tutta la terra, non nel suo stato attuale, ma restaurato come ai giorni del Eden. Dunque il riposo che Dio dà è inseparabile dalla nuova terra: è riposo che solo il nuovo stato terreno può dare, riposo che si trova solo in Dio; e quando tutte le cose saranno restaurate, allora Dio entrerà, Cristo riempirà assolutamente e senza impedimenti tutte le cose, così che ovunque ci sarà completo riposo. Poiché il riposo si trova solo in Dio, è molto evidente che i figli d’Israele non godettero del riposo e dell’eredità, anche mentre erano in Palestina, poiché, sebbene “Scacciò le nazioni davanti a loro e le assegnò loro in sorte come eredità, e fece abitare le tribù d’Israele nelle loro tende.Ma essi tentarono e provocarono a sdegno il DIO altissimo e non osservarono i suoi statuti.Anzi si tirarono indietro e si comportarono slealmente come i loro padri e si sviarono come un arco fallace;lo provocarono ad ira coi loro alti luoghi e lo mossero a gelosia con le loro sculture.DIO udì e si adirò, e provò una grande avversione per Israele” {Salmi 78: 55-59}.

Un paese paradisiaco

Ricorda che era un paese celeste quello che Abramo cercava. Tuttavia, la promessa di Dio di dare a lui e alla sua discendenza (inclusi noi, se siamo di Cristo, {Galati 3: 16, 29} la terra di Canaan per un possesso eterno, sarà adempiuta alla lettera.

Quando il Signore verrà per il Suo popolo per portarlo a Sé, nel luogo che Egli ha preparato per loro {Giovanni 14: 3}, i giusti morti risorgeranno incorruttibili, e anche i giusti vivi saranno trasformati in immortalità, ed entrambi insieme saranno rapiti “tra le nuvole, per incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore” {1 Tessalonicesi 4: 16-17}. Il luogo dove saranno condotti è la libera Gerusalemme di sopra, «che è la madre di tutti noi» {Galati 4: 26}; perché è lì che Cristo ora è, e dove sta preparando un posto per noi.

Si possono citare alcuni testi per mostrare più chiaramente questo fatto. Che la Gerusalemme celeste è il luogo dove ora si trova Cristo “davanti alla presenza di Dio per noi” {Ebrei 9: 24}, è evidente da {Ebrei 12: 22-24}, dove ci viene detto che coloro che credono sono ormai giunti al monte Sion, “e alla città del Dio vivente, che è la Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli” {Ebrei 12: 22}, “a Dio il Giudice di tutti” e “a Gesù mediatore della nuova alleanza”. Cristo “si è posto a sedere alla destra del trono della Maestà nei cieli” {Ebrei 8: 1}, e da questo trono, sarà bene ricordarlo, procede «il fiume puro dell’acqua della vita” {Apocalisse 22: 1}.

Una città celeste

Questa città, la Nuova Gerusalemme, la città che Dio ha preparato per coloro di cui non si vergogna, perché cercano una patria celeste {Ebrei 11: 16}, è la capitale dei Suoi domini. È la «città dalle fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio» {Ebrei 11: 10}, che Abramo cercava. Nel ventunesimo capitolo dell’Apocalisse troviamo una descrizione di quelle fondamenta, dove troviamo anche che la città non rimarrà sempre in cielo, ma scenderà su questa terra con i santi che hanno regnato in essa con Cristo per mille anni dopo la risurrezione {Apocalisse 20}. Della discesa della città leggiamo: “E io, Giovanni, vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, che scendeva dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.E udii una gran voce dal cielo, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Ed egli abiterà con loro; e essi saranno suo popolo e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio.E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non ci sarà più la morte né cordoglio né grido né fatica, perché le cose di prima son passate».Allora colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio tutte le cose nuove». Poi mi disse: «Scrivi, perché queste parole sono veraci e fedeli».E mi disse ancora: «E’ fatto! Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine; a chi ha sete io darò in dono della fonte dell’acqua della vita.Chi vince erediterà tutte le cose, e io sarò per lui Dio ed egli sarà per me figlio.Ma per i codardi, gl’increduli, gl’immondi, gli omicidi, i fornicatori, i maghi, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno che arde con fuoco e zolfo, che è la morte seconda»” {Apocalisse 21: 2-8}. Da {Isaia 49: 17-21} apprendiamo che i credenti, i giusti, i figli della Nuova Gerusalemme, costituiscono l’ornamento che ha la città quando scende preparata come una sposa adorna per il suo sposo. Così vediamo che i santi di Dio vanno subito alla Nuova Gerusalemme, quando Cristo viene per loro, e poi ritornano con essa su questa terra, quando è giunto il tempo per la purificazione della terra da tutte le cose che offendono, e quelli che commettono iniquità e per il rinnovamento di tutte le cose come prima.

La città abbattuta

Ma in quale punto di questa terra scenderà la città? Parlando del tempo della distruzione degli empi, il profeta Zaccaria dice: “Poi l’eterno uscirà a combattere contro quelle nazioni, come combatté altre volte nel giorno della battaglia.In quel giorno i suoi piedi si fermeranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme, a est, e il monte degli Ulivi si spaccherà in mezzo da est a ovest, formando così una grande valle; una metà del monte si ritirerà verso nord e l’altra metà verso sud. Allora voi fuggirete per la valle dei miei monti, perché la valle dei monti si estenderà fino ad Atsal; sì, fuggirete come fuggiste davanti al terremoto ai giorni di Uzziah, re di Giuda, così l’Eterno, il mio DIO verrà, e tutti i suoi santi saranno con te.In quel giorno avverrà che non vi sarà più luce; gli astri luminosi si oscureranno.Sarà un giorno unico, che è conosciuto dall’Eterno; non sarà né giorno né notte, ma verso sera vi sarà luce.In quel giorno avverrà che da Gerusalemme, usciranno acque vive: metà di esse andrà verso il mare orientale, e metà verso il mare occidentale; sarà così tanto d’estate che d’inverno. Il regno universale del Messia.L’Eterno sarà re su tutta la terra; in quel giorno ci sarà soltanto l’Eterno e soltanto il suo nome” {Zaccaria 14: 3-9}. Così vediamo che quando Dio riconduce dalla cattività il Suo popolo, lo porta proprio nel punto della terra che aveva promesso ad Abramo come possesso eterno: la terra di Canaan. Ma il possesso di quella terra è il possesso di tutta la terra, non per pochi anni, ma per l’eternità. “Non ci sarà più morte”. Era questa gloriosa eredità che i figli d’Israele avevano in pugno quando attraversarono il Giordano, e che hanno fedelmente lasciato scivolare. Se fossero stati fedeli, sarebbe bastato un tempo brevissimo per far conoscere il nome e la potenza salvifica di Dio in ogni parte della terra, e allora sarebbe venuta la fine. Ma fallirono, e così il tempo fu allungato, fino ai nostri giorni; ma la stessa speranza è sempre stata l’unica cosa davanti al popolo di Dio. Quindi possiamo attenderci il possesso del paese di Canaan con la stessa serietà con cui lo attendeva Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe e Mosè, sì, e anche Davide, e tutti i profeti, e con la stessa fiduciosa speranza.

Restauro di Israele

Con questi pochi cenni ben fissati in mente, la lettura delle profezie sia dell’Antico che del Nuovo Testamento sarà un piacere, poiché ci sarà risparmiata molta confusione, e molte apparenti contraddizioni appariranno chiare. Quando leggeremo della restaurazione di Gerusalemme, perché sia gioia e lode di tutta la terra, sapremo che la Nuova Gerusalemme scende dal cielo, per prendere il posto della vecchia. Se una città su questa terra viene completamente rasa al suolo e gli uomini costruiscono una nuova città nello stesso luogo, si dice che la città è ricostruita e viene chiamata con lo stesso nome.

Così con Gerusalemme, solo la città viene ricostruita in cielo, in modo che non ci sia intervallo tra la distruzione dell’antica e l’apparizione della nuova. È come se la nuova città fosse sorta subito dalle rovine della vecchia, solo infinitamente più gloriosa. Così anche quando leggiamo del ritorno di Israele a Gerusalemme, sappiamo che non è il ritorno di poche migliaia di mortali a un ammasso di rovine, ma la venuta dell’innumerevole schiera immortale dei redenti nella città sempre nuova dove la loro cittadinanza è stata a lungo registrata. Gli uomini mortali non ricostruiranno la città con mattoni, pietra e malta, ma Dio stesso la ricostruirà con oro e perle e ogni sorta di pietre preziose. “Quando l’Eterno ricostruirà Sion e apparirà nella sua gloria” {Salmi 102: 16}. Dice a Gerusalemme: “O afflitta, sbattuta dalla tempesta, sconsolata, ecco, io incastonerò le tue pietre nell’antimonio e ti fonderò sugli zaffiri.Farò i tuoi merli di rubini, le tue porte di carbonchio e tutto il tuo recinto di pietre preziose.Tutti i tuoi figli saranno ammaestrati dall’Eterno, e grande sarà la pace dei tuoi figli” {Isaia 54: 11-13}. Queste sono le pietre che piacciono ai suoi figli.

Qui ci sarà riposo, perfetta pace eterna. La promessa è: “Tu sarai stabilita fermamente nella giustizia; sarai lontana dall’oppressione perché non dovrai più temere, e dal terrore, perché non si avvicinerà più a te” {Isaia 54: 14}. “In quel giorno si canterà questo cantico nel paese di Giuda: «Noi abbiamo una città forte; Dio vi ha posto la salvezza per mura e per bastioni” {Isaia 26: 1}. Dio Stesso sarà con il Suo popolo per sempre, ” essi vedranno la Sua faccia” {Apocalisse 22: 4}, e perciò avranno riposo, poiché Egli disse: “La Mia presenza”, letteralmente, la Mia faccia, “andrà con te, e ti darò riposo” {Esodo 33: 14}. Perché gli uomini annulleranno tutte queste gloriose promesse, leggendole come se insegnassero semplicemente il possesso temporale di una città in rovina su questa vecchia terra maledetta dal peccato? È perché limitano il Vangelo, non comprendendo che tutte le promesse di Dio sono in Cristo, a essere godute solo da coloro che sono in Cristo e nei quali Egli dimora per fede. Possa il popolo professo di Dio ricevere prontamente “lo Spirito di sapienza e di rivelazione, nella conoscenza di lui” {Efesini 1: 17}, nella conoscenza di Dio, affinché gli occhi della loro comprensione possano essere illuminati, “affinché sappiate qual è la speranza della sua vocazione e quali sono le ricchezze della gloria della sua eredità tra i santi” {Efesini 1: 18}, e che si può ottenere solo con “straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi che crediamo secondo l’efficacia della forza della sua potenza,che egli ha messo in atto in Cristo risuscitandolo dai morti e facendolo sedere alla sua destra nei luoghi celesti” {Efesini 1: 19-20}.

CAPITOLO 36 – “UN ALTRO GIORNO” 

“Perché, se Giosuè avesse dato loro riposo, Dio non avrebbe in seguito parlato di un altro giorno.Resta dunque un riposo di sabato per il popolo di Dio” {Ebrei 4: 8-9}.

Abbiamo visto che, sebbene neppure una parola delle promesse di Dio a Israele venisse meno, “la parola della predicazione non giovò loro nulla, non essendo stata congiunta alla fede in coloro che l’avevano udita” {Ebrei 4: 2}, e che molto tempo dopo che il Signore aveva loro dato riposo, Egli pose davanti a loro, tramite Giosuè, le condizioni alle quali avrebbero potuto godere dell’eredità.

Passando per un periodo di più di quattrocento anni, durante il quale la storia dei figli d’Israele è una testimonianza di apostasia, pentimento e ancora apostasia, arriviamo al tempo di Davide, quando il regno di Israele era al culmine del suo potere. Anche se, nel chiedere un re, i figli d’Israele rifiutarono Dio, Egli non li rifiutò. Non era nel disegno di Dio che Israele avesse avuto un altro re oltre a Lui, ma essi non si accontentavano di camminare per fede, avendo un Re che non potevano vedere. Tuttavia, il regno rimaneva ancora del Signore, ed Egli perciò esercitò il Suo diritto di nominare i governanti. È così in tutto il mondo. “Perché “la terra e tutto ciò che essa contiene è del Signore” {1 Corinzi 10: 26}. “Il suo regno domina su tutto” {Salmi 103: 19}.

Le persone del mondo non Lo riconoscono come Re, e si vantano dell’orgoglio dei propri governi; tuttavia “l’Altissimo domina sul regno degli uomini e lo dà a chi vuole” {Daniele 4: 32}. “Depone i Re e li Innalza” {Daniele 2: 21}. “Ogni persona sia sottoposta alle autorità superiori, poiché non c’è autorità se non da Dio, e le autorità che esistono sono istituite da Dio” {Romani 13: 1}. Per questo ogni anima deve essere sottomessa “alle autorità superiori”, ed è una prova che il regno del Signore comprende tutta la Terra, anche se i governanti che per un momento possono immaginare di tenere le redini, si schierano contro di Lui. Quindi, quando nella provvidenza di Dio Davide salì al trono di Israele, “l’Eterno gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici tutt’intorno” {2 Samuele 7: 1}, aveva in cuore di costruire un tempio al Signore. Dapprima il profeta Natan, pronunciando le sue stesse parole, gli disse: “Va’, fa tutto ciò che è nel tuo cuore”, ma poi pronunciò la parola del Signore, e disse che Davide non doveva costruirla. In quel tempo il Signore gli disse a Davide: “Assegnerò un posto ad Israele mio popolo, e ve lo pianterò perché dimori in casa sua e non sia più disturbato, e i malvagi non continuino ad opprimerlo come nel passato,dal giorno in cui ho stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Inoltre, l’Eterno ti dichiara che egli ti costruirà una casa” {2 Samuele 7: 10-11}.

Il futuro dell’eredità ai tempi di Davide

Il popolo d’Israele quindi non aveva ancora ottenuto il resto e l’eredità. Davide era un Re potente e aveva “un grande nome, come il nome dei grandi uomini che sono sulla terra”, eppure quando lasciò in eredità il regno, con tutto il materiale per la costruzione del tempio, a suo figlio Salomone, disse nella sua preghiera a Dio: “Poiché noi siamo stranieri e pellegrini davanti a te come furono i nostri padri. I nostri giorni sulla terra sono come un’ombra e non c’è speranza” {1 Cronache 29: 15}. All’epoca in cui il regno d’Israele era più grande e potente che mai su questa terra, il Re si dichiarava straniero e soggiornante nel paese tanto quanto lo era Abramo, il quale «non aveva in esso alcuna eredità, nessuna, nemmeno tanto da metterci piede”. Davide nella sua casa di cedro, così come Abramo, Isacco e Giacobbe, che dimoravano in tende, “soggiornarono nella terra promessa come in un paese straniero”. Non solo Abramo, Isacco e Giacobbe, ma Gedeone, Sansone, Iefte, Davide, Samuele e i profeti, con molti altri, “pur avendo avuto buona testimonianza mediante la fede, non ottennero la promessa” {Ebrei 11: 39}. Quale prova più forte potrebbe esserci riguardo l’eredità che Dio promise ad Abramo e alla sua discendenza non fu mai un possesso temporale in “questo presente mondo malvagio?”.

La vecchia Gerusalemme significa schiavitù

Dal momento che il grande Re Davide, all’apice del suo potere, non aveva ricevuto la promessa, quale totale follia sarebbe supporre che la promessa di restaurare Israele nella propria terra possa mai essere mantenuta da un qualsiasi ritorno degli ebrei alla vecchia Gerusalemme. Davide era “uno straniero”, aspettava l’adempimento della promessa proprio come lo era Abraamo; è assolutamente evidente, quindi, che qualsiasi restaurazione del vecchio ordine di cose sarebbe in diretta opposizione alla promessa. Coloro che ripongono le loro speranze nella “Gerusalemme di adesso”, perdono tutta la beatitudine del Vangelo. “Voi infatti non avete ricevuto uno spirito di schiavitù per cadere nuovamente nella paura” {Romani 8: 15}, quindi non riporremo alcuna fiducia in nulla che abbia a che fare con l’antica Gerusalemme; poiché “la Gerusalemme di oggi” “è in schiavitù con i suoi figli; Invece la Gerusalemme di sopra è libera ed è la madre di noi tutti” {Galati 4: 26}. Quando la promessa sarà compiuta, quando i figli d’Israele avranno realmente posseduto la terra e non saranno più stranieri né forestieri in essa, i loro giorni non passeranno più, saranno come un’ombra, ma rimarranno per sempre.

La promessa è ancora certa

Ma “Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni credono che egli faccia, ma è paziente verso di noi non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento” {2 Pietro 3: 9}. “La pazienza del nostro Signore è in funzione della salvezza” {2 Pietro 3: 15}. Anche ai tempi di Mosè, il tempo della promessa era vicino {Atti 7: 19}, ma il popolo non lo volle. Hanno scelto questo mondo malvagio presente, piuttosto che il mondo a venire. Ma Dio aveva giurato su Sé stesso che il seme dei fedeli Abramo doveva entrare, e “rimane per alcuni di entrarvi, mentre quelli a cui prima fu annunziata la buona novella non vi entrarono a motivo della loro incredulità,egli determina di nuovo un giorno: Oggi dicendo dopo tanto tempo, come è stato detto prima per mezzo di Davide: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori»” {Ebrei 4: 6-7}.

Egli rimane fedele 

“Se alcuni sono stati increduli, la loro incredulità annullerà forse la fedeltà di Dio?” {Romani 3: 3}. Se non crediamo, egli rimane fedele; non può rinnegare Sé stesso. Se nemmeno una sola anima dei discendenti naturali di Abramo e Giacobbe si dimostrasse figlia di Abramo, ma fossero tutti figli del diavolo {Giovanni 8: 39-44}, la promessa di Dio alla discendenza di Abramo, Isacco, e Giacobbe sarebbe stata realizzata alla lettera, poiché Dio è capace anche dalle pietre della terra di “far sorgere figli ad Abramo” {Matteo 3: 19}. Sarebbe semplicemente una ripetizione di ciò che fece all’inizio, quando creò l’uomo dalla polvere della terra. Se Giosuè avesse dato loro riposo, allora ovviamente non ci sarebbe stato bisogno di un ulteriore giorno di salvezza; ma l’infedeltà di coloro che si professano seguaci di Dio ritarda l’adempimento, e così Dio nella Sua misericordia concede un altro giorno, e cioè “Oggi”. “Perché egli dice: «Io ti ho esaudito nel tempo accettevole e ti ho soccorso nel giorno della salvezza». Ecco ora il tempo accettevole, ecco ora il giorno della salvezza” {2 Corinzi 6: 2}. “Oggi, se udite la sua voce,non indurite i vostri cuori” {Ebrei 3: 7-8}.

Solo un giorno

Pensaci e basta! Anche quando Davide visse, si dice “dopo così tanto tempo”. Passò davvero “molto tempo”, ben cinquecento anni dopo che la promessa avrebbe potuto essere mantenuta; eppure, dopo tanto tempo, il Signore offre ancora «un altro giorno». Quell’altro giorno è oggi; non ci è stato dato un anno per accettare l’offerta della salvezza, né il prossimo mese, né la prossima settimana, nemmeno domani, ma solo oggi. Questo è tutto il tempo che Dio ci ha dato: la prova dura solo un giorno.

Con quanta maggiore forza ci giungono dunque, dopo tanto tempo, le parole: «Oggi, se udrete la Sua voce, non indurite i vostri cuori». Non tardare, perché non c’è concesso nemmeno un giorno intero.

Un solo momento – proprio mentre si può dire “oggi” – è tutto il tempo che abbiamo. Momento dopo momento respiriamo il respiro della vita; viviamo solo un momento alla volta; è impossibile trattenere il fiato un minuto per quello successivo. Anche così la fede è necessaria, non per il tempo a venire, ma solo per il momento presente. Quindi a ogni uomo è concesso solo un momento in cui accettare l’offerta di salvezza di Dio.

Ma quale glorioso tesoro Dio ci ha dato oggi: l’opportunità di entrare nella porta della giustizia. Cristo è la porta e per mezzo di Lui tutti possono entrare «mentre oggi è chiamato». Non lo accetteremo come “il giorno che il Signore ha fatto” e “gioiremo ed esulteremo in esso?” “La voce della gioia e della salvezza è nelle tende dei giusti”; “poiché siamo resi partecipi di Cristo, se manteniamo salda fino alla fine la nostra fiducia dall’inizio”. “Poiché così dice il Signore, l’Eterno, il Santo d’Israele: «Nel tornare a me e nel riposare in me sarete salvati; nella calma e nella fiducia sarà la vostra forza” {Isaia 30: 15}.

Oggi è il momento di trovare riposo

Questo riposo è annunciato nel Vangelo, perché Cristo dice: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo.Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo per le vostre anime. Perché il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero!” {Matteo 11: 28-30}. Il popolo d’Israele dei tempi antichi venne meno a questo riposo, non perché non fosse loro offerto, ma perché quando il Vangelo fu predicato a coloro che non credevano; il Vangelo che ora ci viene predicato è lo stesso che fu predicato a loro {Ebrei 4: 2}.

Riposa nella fede

Il resto è tutto preparato, perché “noi che abbiamo creduto entriamo nel riposo, come Egli ha detto: Come ho giurato nella Mia ira, se entreranno nel Mio riposo”. Dio ha giurato su Sé stesso che la discendenza di Abraamo, coloro che hanno la Sua fede, entreranno nel riposo; e questo equivaleva a un giuramento secondo cui non sarebbero entrati coloro che non credevano, e quindi Dio ha effettivamente giurato che gli infedeli non sarebbero entrati. Questo non era un decreto arbitrario, ma una constatazione di fatto, perché è come impossibile per una persona non credente entrare nel riposo come sarebbe per un uomo vivere e rafforzarsi senza mangiare, bere o respirare.

Il resto tutto preparato

Il fatto che non potevano entrare a causa dell’incredulità “Or noi vediamo che non vi poterono entrare per l’incredulità” {Ebrei 3: 19}, dimostra che sarebbero entrati se avessero creduto; e il fatto che tutto fosse pronto, per loro, il riposo perfetto, è ulteriormente dimostrato dall’affermazione: “le opere furono compiute fin dalla fondazione del mondo”. Noi infatti, che abbiamo creduto, entriamo nel riposo come egli disse: «Così giurai nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo». E così disse, sebbene le sue opere fossero terminate fin dalla fondazione del mondo” {Ebrei 4: 3}. Quando i lavori sono finiti, deve seguire il riposo; Pertanto leggiamo che “Dio si riposò nel settimo giorno da tutte le sue opere” {Ebrei 4: 4}. Questo è ciò che Dio disse in un testo del settimo giorno; ma in un altro testo ha detto: “«Non entreranno nel mio riposo»” {Ebrei 3: 11}. Vediamo dunque che il riposo che era pronto, e nel quale i figli d’Israele non entrarono a causa della loro incredulità, era il riposo connesso al settimo giorno. Poiché era il riposo di Dio che era stato loro offerto ed era il Suo riposo che non riuscirono ad assicurare, e il settimo giorno è il Sabato: riposo: del Signore; questo è l’unico riposo che leggiamo in relazione a Dio – Dio si riposò il settimo giorno da tutta la Sua opera – e quel riposo fu pronto non appena l’opera della creazione fu completata.

L’opera di Dio e il riposo di Dio

Il riposo promesso è il riposo di Dio. Il riposo segue il travaglio, ma non prima che il travaglio sia completato. Un uomo non può riposarsi da un dato lavoro finché quel lavoro non è finito. L’opera di Dio è la creazione, un’opera completa, perfetta; “Allora DIO vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Così fu sera poi fu mattina: il sesto giorno” {Genesi 1: 31}. “Così furono terminati i cieli e la terra e tutto il loro esercito.Pertanto il settimo giorno, DIO terminò l’opera che aveva fatto, e nel settimo giorno si riposò da tutta l’opera che aveva fatto.E DIO benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso DIO si riposò da tutta l’opera che aveva creato e fatto” {Genesi 2: 1-3}.

Un’opera perfetta e completa

L’opera era perfetta, era buona quanto Dio stesso poteva farla, perfetta com’è Lui, e tutto era compiuto; quindi anche il resto era perfetto. Non c’era traccia della maledizione; era riposo assoluto, puro. Dio considerava la Sua opera e non c’era nulla che potesse farlo pentire; non c’era nulla che Lo inducesse a dire: “Se dovessi rifarlo da capo”, non c’era spazio per alterazioni o emendamenti; Era perfettamente soddisfatto e deliziato da ciò che aveva fatto. Ah, quale lingua o penna può descrivere, o quale mente immaginare, il senso di sconfinata soddisfazione, la deliziosa pace e contentezza che deve necessariamente seguire al lavoro finito e ben fatto? Questa terra non offre tale godimento, ma Dio ha goduto di tutta quella dolce soddisfazione e di quel delizioso riposo in misura molto maggiore di quanto la mente umana possa immaginare, poiché Dio è più grande dell’uomo, in quel settimo giorno in cui Dio si riposò da tutta la Sua opera.

Il riposo in cui entrò Adamo

Questo riposo incomparabile è ciò che Dio ha dato all’uomo all’inizio.

“L’Eterno DIO prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden perché lo lavorasse e lo custodisse” {Genesi 2: 15}. “Eden” significa delizia, piacere; il giardino dell’Eden è il giardino della delizia; mentre la parola ebraica utilizzata per “mettere” [vedi “pose”] è una parola che significa “riposo”; è la parola da cui deriva il nome di Noè (“riposo”; per il significato vedi Genesi 5: 29); quindi {Genesi 2: 15} può essere reso così: “E il Signore Dio prese l’uomo e lo fece riposare nel giardino delle delizie affinchè lo curasse e lo custodisse”.

L’opera di Dio dà riposo

L’uomo è entrato nel riposo perché è entrato nell’opera perfetta e compiuta di Dio. Egli era opera di Dio, creato in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio aveva precedentemente preparate affinché egli camminasse in esse. “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato” {Giovanni 6: 29}, e fu unicamente mediante la fede che Adamo poté godere dell’opera di Dio e condividere il Suo riposo; poiché non appena non credette a Dio, accettando invece la parola di Satana, perse tutto. Egli non aveva alcun potere in se stesso, perché era polvere della terra, e poteva conservare il suo riposo e la sua eredità solo finché permetteva a Dio di operare in lui “poiché Dio è colui che opera in voi il volere e l’operare, per il suo beneplacito” {Filippesi 2: 13}.

Riposo nell’attività 

“Noi infatti, che abbiamo creduto, entriamo nel riposo” {Ebrei 4: 3}, perché “questo è il lavoro di Dio, che voi crediate”. Le due affermazioni non sono contraddittorie, ma hanno identico significato, perché l’opera di Dio, che è nostra per fede, è un’opera completata, e quindi intraprendere quell’opera significa entrare nel riposo, il riposo, quindi, non è ozio, non è pigrizia. Cristo disse: “Ma Gesù rispose loro: «Il Padre mio opera fino ad ora, e anch’io opero»” {Giovanni 5: 17}, eppure “Il DIO di eternità, l’Eterno, il creatore dei confini della terra, non si affatica e non si stanca” {Isaia 40: 28}. Egli opera con la Sua parola per sostenere ciò che creò in principio; così coloro che hanno creduto Dio, e quindi entrati nel riposo, sono esortati a “stare attenti a mantenere le buone opere” {Tito 3: 5}. Ma come quelle buone opere furono ottenute mediante la fede, e «non mediante opere giuste, compiute da noi stessi», così devono essere mantenute mediante la fede; ma la fede dà riposo, e quindi il riposo di Dio è compatibile e necessariamente accompagnato dall’attività più grande.

Peccato e stanchezza

È il peccato che porta stanchezza. Adamo nel Giardino dell’Eden aveva del lavoro da compiere, tuttavia ebbe un riposo assolutamente perfetto per tutto il tempo che rimase lì, finché peccò. Se non avesse mai peccato, su questa terra non si sarebbe mai conosciuta una cosa come la stanchezza. Il lavoro non fa parte della maledizione, ma la fatica sì. “Poi disse ad Adamo: «Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero circa il quale io ti avevo comandato dicendo: “Non ne mangiare”, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con fatica tutti i giorni della tua vita.Esso ti produrrà spine e triboli, e tu mangerai l’erba dei campi;mangerai il pane col sudore del tuo volto, finché tu ritorni alla terra perché da essa fosti tratto; poiché tu sei polvere, e in polvere ritornerai” {Genesi 3: 17-19}.

Mantenere il resto

Fino a quel momento aveva goduto di un perfetto riposo durante il travaglio. Perché? – Perché la sua opera era semplicemente quella di “custodire” quell’opera perfetta che Dio aveva preparato per lui e affidatogli. “Quale parola di Dio, che opera efficacemente in voi che credete” {1 Tessalonicesi 2: 13}. L’opera di Adamo consisteva quindi nel mantenere la fede. Non gli era richiesto di creare nulla. Se gli fosse stato chiesto di creare non più di un fiore o di un solo filo d’erba, si sarebbe stancato mortalmente di questo compito e morì lasciandola incompiuta; ma Dio compì l’opera e ne pose Adamo in possesso, con le istruzioni per mantenerla, e questo fece finché “mantenne la fede”.

Riposo nella Nuova Terra

Si noti che questo riposo perfetto era il riposo nella nuova terra, e si nota inoltre che se il peccato non fosse mai entrato, la terra sarebbe rimasta nuova per sempre. È stato il peccato a portare la rovina sulla terra e a farla invecchiare. Il perfetto riposo di Dio si trova solo in uno stato celeste, e la nuova terra era decisamente “un paese migliore, perfino celeste”. Ciò che fu dato all’uomo all’inizio, quando fu “coronato di gloria e di onore” e che perse quando “peccò e fu privo della gloria di Dio”, ma che il Secondo Adamo possiede di diritto, essendo stato coronato di gloria e di onore, a causa della sofferenza della morte, è ciò che Dio ha promesso ad Abramo e alla sua discendenza e sarà loro dato quando il Messia verrà nei “tempi della restaurazione di tutte le cose”.

Rimane ancora un po’ di Eden

Quella nuova creazione perfetta è scomparsa, ma il resto rimane ancora. La prova che le opere furono finite e il resto preparato fin dalla fondazione del mondo, è che “Dio si riposò nel settimo giorno da tutte le sue opere” {Ebrei 4: 4}. Il Sabato del Signore – il settimo giorno – è una porzione dell’Eden che rimane in mezzo alla maledizione; è una porzione del riposo della nuova terra che attraversa l’abisso dall’Eden perduto fino al Eden restaurato. Infatti, poiché il Sabato completava la settimana della creazione ed era la prova che l’opera era compiuta, era anche il suggello di una nuova creazione perfetta. Ora è necessaria una nuova creazione e deve essere realizzata con la stessa forza del principio. In Cristo tutte le cose sono state create, e “se qualcuno è in Cristo, è una nuova creazione”; e il sigillo della perfezione è lo stesso in entrambi i casi. Il Sabato quindi è il sigillo della perfezione, della giustizia perfetta.

Cosa significa il segno

Ma bisogna capire che il riposo del Sabato non consiste semplicemente nell’astenersi dal lavoro manuale dal tramonto del venerdì sera fino al tramonto del sabato; questo non è altro che un segno del riposo, e come tutti gli altri segni è una frode se la cosa significata non è presente. Il vero riposo sabatico consiste nel riconoscimento completo e continuo di Dio come Creatore e Sostenitore di tutte le cose, Colui nel quale viviamo, ci muoviamo e abbiamo il nostro essere, la nostra vita e la nostra giustizia. L’osservanza del Sabato non è un dovere da assolvere per ottenere il favore di Dio, ma l’osservanza della fede mediante la quale ci viene attribuita la giustizia.

Il Sabato non è un lavoro

Non c’è spazio per obiettare che non dovremmo osservare il Sabato del settimo giorno perché non siamo salvati mediante le opere; il Sabato non è un’opera, è un riposo, il riposo di Dio. “Chi infatti è entrato nel suo riposo, si è riposato anch’egli dalle proprie opere, come Dio dalle sue” {Ebrei 4: 10}. La vera osservanza del Sabato non è giustificazione per opere, ed è completamente scollegata da qualsiasi idea di tale cosa; è, al contrario, giustificazione per fede – è il riposo assoluto che deriva dalla perfetta fede nella potenza di Dio per creare un uomo nuovo e per impedire all’anima di cadere nel peccato.

La Parola di Dio è la base della fede e del riposo

Ma “La fede dunque viene dall’udire, e l’udire viene dalla parola di Dio” {Romani 10: 17}, sicché è vano per qualcuno professare la fede in Dio ignorando o respingendo qualunque parola di Dio. L’uomo deve vivere secondo ogni parola che esce dalla bocca di Dio. In ogni parola di Dio c’è vita. Se un uomo conoscesse solo una parola di Dio e accettasse quella parola come parola di Dio, sarebbe salvato da essa. Dio ha compassione degli ignoranti e non richiede che gli uomini conoscano una certa quantità prima di poter essere salvati; ma l’ignoranza intenzionale è una cosa diversa. L’ignoranza di una persona può essere il risultato del rifiuto deliberato della conoscenza, e chi fa questo rifiuta la vita.

Infatti, come in ogni parola di Dio c’è vita, e la vita è la stessa in ogni parola, chi rifiuta una sola parola che gli arriva chiaramente, con ciò respinge il tutto. La fede considera il Signore per tutto ciò che Egli è, per tutto ciò che vediamo di Lui e per tutto l’infinito sconosciuto.

Una benedizione, non un peso

Non si dimentichi che il sabato non è un peso che Dio impone alle persone (chi ha mai sentito dire che il riposo perfetto è un peso?), ma una benedizione che Egli offre loro; è la rimozione dei fardelli. “Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo” {Matteo 11: 28}. Invece di imporlo alle persone, Dio dice che è impossibile per chiunque condividere il riposo del Sabato se non crede. All’uomo che dice: «Non credo che sia necessario per me mantenere il Sabato», risponde il Signore, «non puoi osservarlo; non entrerai nel Mio riposo; non hai né parte né sorte in esso». È impossibile per un uomo osservare il Sabato del Signore senza fede, perché “il giusto vivrà per fede”. Il Sabato è il riposo di Dio, il riposo di Dio è perfezione, e la perfezione non può essere ottenuta se non con una fede perfetta, tenendo però presente che nessuno può pretendere la perfezione per il fatto di aver mantenuto il Sabato. Dio è l’unico giudice della perfezione, e quindi solo Lui può dire se una persona osserva veramente il Sabato. Nessun uomo può giudicare un altro e nessun uomo può dire di essere perfetto. Dio disse che Giobbe era un brav’uomo, ma quando cominciò a parlare della sua bontà fu aspramente rimproverato. Quando però disse: “«Perciò provo disgusto nei miei confronti e mi pento sulla polvere e sulla cenere»” {Giobbe 42: 6}, fu elogiato.

Riposo spirituale

“Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” {Giovanni 4: 24}. Il suo riposo quindi è riposo spirituale, così che il semplice riposo fisico senza riposo spirituale non è affatto osservanza del Sabato. Solo coloro che sono spirituali possono veramente osservare il Sabato del Signore. Finché Adamo fu guidato dallo Spirito, godette del riposo perfetto, sia del corpo che dell’anima; ma non appena peccò, perse tutto il resto. Ma sebbene la maledizione sulla terra provochi stanchezza nel corpo, dell’Eden resta ancora il Sabato, pegno e suggello del riposo spirituale. L’astensione da tutto il nostro lavoro è piacere nel settimo giorno – da tutto ciò di cui potremmo trarre profitto personalmente – è semplicemente un riconoscimento di Dio come Creatore e Sostenitore di tutte le cose – colui per il cui potere viviamo; ma questo riposo apparente non è altro che una farsa se non Lo riconosciamo realmente e totalmente come tale e non ci impegniamo pienamente a Sua custodia.

L’amico dei poveri

Il Sabato, quindi, è soprattutto amico del povero; si rivolge soprattutto al lavoratore, perché è al povero che appartiene il lavoro. Si predica il Vangelo. I ricchi difficilmente ascolteranno la chiamata del Signore, perché probabilmente si sentiranno contenti della loro sorte; confidano nelle loro ricchezze, si sentono in grado di prendersi cura di se stessi nel presente, e per quanto riguarda il futuro, “il loro pensiero interiore è che le loro case dureranno per sempre”; ma al povero, che non sa come guadagnarsi da vivere, il Sabato viene portando speranza e gioia, in quanto indirizza la sua mente verso Dio, il Creatore, che è la nostra vita. Dice: “Ma cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte” {Matteo 6: 33}. Invece di essere obbligato a dire: “Come posso guadagnarmi da vivere se osservo il Sabato?”, il povero può vedere nel Sabato la soluzione del problema della vita. “Perché l’esercizio corporale è utile a poca cosa, ma la pietà è utile ad ogni cosa, avendo la promessa della vita presente e di quella futura” {1 Timoteo 4: 8}.

Il giorno benedetto e l’uomo benedetto

Tenete presente che mentre il giorno del Sabato è il settimo giorno della settimana, il resto che il giorno del Sabato rende visibile è continuo.

Proprio come un giorno non è un uomo, così c’è differenza tra benedire un giorno e benedire un uomo. Dio ha benedetto il settimo giorno {Genesi 2: 3}, ma benedice gli uomini ogni giorno. Il Sabato è osservato solo da coloro che riposano sempre nel Signore. Mentre nessuno può osservare il sabato e ignorare il giorno in cui Dio ha posto la sua benedizione, è altrettanto vero che l’uomo che non riposa continuamente nel Signore non osserva il Sabato.

Dubbio e incredulità, non riposo

Pertanto, il riposo nel Signore si trova solo mediante la fede in Lui; ma la fede salva dal peccato, e la fede viva è continua come il respiro, perché «il giusto vivrà per fede». Se ora un uomo diffida del Signore durante la settimana, dubita e teme come se la caverà, forse si agita e si preoccupa, è impaziente, o duro, o in qualsiasi modo ingiusto verso i suoi simili, non sta certamente riposando nel Signore, non si ricorda del giorno del Sabato, per santificarlo; poiché se veramente si ricordasse del giorno del Sabato, riconoscerebbe il potere di Dio di provvedere a lui, e gli affiderebbe la custodia della sua anima facendo il bene, “come a un fedele” Creatore.

La Croce di Cristo

Il Sabato arriva rivelando Cristo, il Creatore, come portatore del peso. Egli porta i fardelli del mondo intero, con tutta la Sua fatica, peccato e dolore, e lo sopporta facilmente: il Suo fardello è leggero. “Egli stesso portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, affinché noi, morti al peccato, viviamo per la giustizia; e per le sue lividure siete stati guariti” {1 Pietro 2: 24}. È nella croce di Cristo che riceviamo la vita e siamo resi nuove creature. Il potere della croce, quindi, è potere creativo. Quando dunque Gesù sulla croce gridò: «Tutto è compiuto», stava semplicemente annunciando che in Lui, attraverso la Sua croce, potevano essere ottenute le opere perfette di Dio, compiute fin dalla fondazione del mondo. Così il Sabato – il riposo del settimo giorno che commemora la creazione completata all’inizio – è un ricordo benedetto del fatto che nella croce di Cristo quello stesso potere creativo è offerto gratuitamente per liberarci dalla maledizione e renderci in Lui completi come lo era ogni cosa quando Dio lo vide e lo dichiarò “molto buono”. La parola di vita che ci viene annunciata nel Vangelo è «quella che era dal principio».

Non fallisce né diventa impaziente o scoraggiato; quindi possiamo riporre con fiducia in Lui tutte le nostre preoccupazioni. Quindi il Sabato è davvero una delizia. Nel salmo del Sabato Davide cantava: “Poiché tu mi hai rallegrato con ciò che hai fatto, io esulto per le opere delle tue mani” {Salmi 92: 4}. Il Sabato significa trionfare nelle opere delle mani di Dio, non nelle nostre proprie opere. Significa vittoria sul peccato e sulla morte – tutto ciò che è connesso con la maledizione – attraverso nostro Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale sono stati creati i mondi. È un residuo dell’Eden prima che arrivasse la maledizione, e quindi chi lo conserva inizia davvero il Suo riposo eterno: ha il riposo, il riposo perfetto, che solo la Nuova Terra può dare.

L’invito di Dio all’osservanza del Sabato

Ora possiamo capire perché il Sabato occupa un posto così importante nella documentazione dei rapporti di Dio con Israele. Non è perché il Sabato fosse esclusivamente per loro, non più di quanto la salvezza fosse esclusivamente per loro; ma è perché l’osservanza del Sabato è l’inizio di quel riposo che Dio ha promesso al Suo popolo nella terra di Canaan. A volte si dice che il Sabato non è stato dato ai Gentili, ma bisogna anche ricordare che la terra non è stata promessa ai gentili. I Gentili sono “estranei ai patti della promessa”. Ma è vero che i gentili – tutto il mondo – furono chiamati a venire a Cristo, l’acqua viva. “Oh, ognuno che ha sete, venite alle acque. “La promessa fatta a Israele era, ed è, che “una nazione che non ti conosce accorrerà a te, a motivo dell’Eterno, il tuo DIO, e del Santo d’Israele, perché egli ti ha glorificato” {Isaia 55: 5}. Ancora più avanti nella chiamata, il Signore dice: “Così dice l’Eterno: «Osservate il diritto e praticate la giustizia perché la mia salvezza, sta per venire e la mia giustizia per essere rivelata.Beato l’uomo che agisce così e il figlio dell’uomo che si attiene a questo, che osserva il sabato senza profanarlo e che trattiene la sua mano dal fare qualsiasi male».Non dica il figlio dello straniero che si è unito all’Eterno: «L’Eterno mi ha certamente escluso dal suo popolo». E non dica l’eunuco: «Ecco, io sono un albero secco».Poiché così dice l’Eterno: «Agli eunuchi che osservano i miei sabati, scelgono ciò che a me piace e si attengono fermamente al mio patto,darò loro nella mia casa e dentro le mie mura un posto e un nome, che varranno meglio di quello dei figli e delle figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato.I figli degli stranieri che si sono uniti all’Eterno per servirlo, per amare il nome dell’Eterno e per essere suoi servi, tutti quelli che osservano il sabato senza profanarlo e si attengono fermamente al mio patto,li condurrò sul mio monte santo e li riempirò di gioia nella mia casa d’orazione, i loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa sarà chiamata una casa di orazione per tutti i popoli».Il Signore, l’Eterno, che raduna i dispersi d’Israele, dice: «Io raccoglierò intorno a lui anche altri, oltre a quelli già raccolti»” {Isaia 56: 1-8}.

E sia a questi che a coloro – a tutti coloro ai quali annuncia la pace, vicini e lontani {Isaia 57: 19} – il Signore annuncia questo.

Promessa gloriosa

“«Se tu trattieni il piede dal violare il sabato, dal fare i tuoi affari nel mio santo giorno, se chiami il sabato delizia, il giorno santo dell’Eterno, degno di onore, se lo onori astenendoti dai tuoi viaggi, dallo sbrigare i tuoi affari e dal parlare dei tuoi problemi,allora troverai il tuo diletto nell’Eterno, e io ti farò cavalcare sulle alture della terra e ti darò da mangiare l’eredità di Giacobbe tuo padre, poiché la bocca dell’Eterno ha parlato»” {Isaia 58: 13-14}.

Coloro che chiamano il Sabato una delizia e non un peso, si diletteranno nel Signore. Perché? Perché il Sabato del Signore è il riposo del Signore, riposo che si trova solo alla Sua presenza, dove c’è “pienezza di gioia” e piacere eterno. È il resto dell’Eden, perché? L’Eden è delizia, piacere; è il resto della nuova terra, poiché l’Eden appartiene alla nuova terra. Abbiamo letto che coloro che vengono al Signore, affinché osservi il Suo Sabato, sarà rallegrato nella casa del Signore, e di loro è detto: “Essi si saziano dell’abbondanza della tua casa, e tu li disseti al torrente delle tue delizie” {Salmi 36: 8}, letteralmente “Il tuo Eden” {Salmi 36: 5}. Questa è l’eredità del Signore, ora è il momento, oggi è il giorno in cui possiamo entrarvi, perché Egli è la parte della nostra eredità e in Lui abbiamo tutte le cose.

CAPITOLO 37 – DI NUOVO IN PRIGIONIA

Sebbene i figli d’Israele cantassero il canto della liberazione presso il Mar Rosso, e con buona ragione, fu solo dopo aver attraversato il Giordano che furono veramente liberi dall’Egitto. Essi non mantennero salda la loro fiducia iniziale fino alla fine, ma “si rivolsero con i loro cuori all’Egitto,dicendo ad Aaronne: “Facci degli dèi che vadano davanti a noi” {Atti 7: 39-40}. Quando passarono il Giordano e giunsero nel paese di Canaan, ebbero la testimonianza di Dio che il vituperio dell’Egitto era stato allontanato da loro. Allora riposarono e furono liberi nel Signore.

Ma questa libertà non fu mantenuta a lungo; presto tra il popolo di Dio apparvero mormorii, sfiducia e apostasia. Desideravano un Re, per poter essere come i pagani intorno a loro, e il loro desiderio fu esaudito pienamente. Essi “si mescolarono fra le nazioni e impararono le loro opere;servirono i loro idoli, e questi divennero un laccio per loro;sacrificarono i loro figli e le loro figlie ai demoni,e sparsero il sangue innocente, il sangue dei loro figli e delle loro figlie, che sacrificarono agli idoli di Canaan; e il paese fu contaminato dal sangue versato” {Salmi 106: 35-38}. Così divennero letteralmente come i pagani che li circondavano.

Un piccolo sguardo alla storia di alcuni Re d’Israele e Giuda mostrerà come i figli d’Israele, ottenendo un re, realizzarono completamente il loro desiderio di essere come i pagani. A Saul, il primo re, il profeta di Dio disse: “Samuele disse: «Gradisce forse l’Eterno gli olocausti e i sacrifici come l’ubbidire alla voce dell’Eterno? Ecco l’ubbidienza è migliore del sacrificio, e ascoltare attentamente è meglio del grasso dei montoni.Poiché la ribellione è come il peccato di divinazione, e l’ostinatezza è come il culto agli idoli e agli dèi domestici. Poiché hai rigettato la parola dell’Eterno anch’egli ti ha rigettato come re»” {1 Samuele 15: 22-23}

L’idolatria di Salomone

Salomone prese molte mogli straniere tra i pagani e “Così, quando Salomone fu vecchio, le sue mogli fecero volgere il suo cuore verso altri dèi; e il suo cuore non appartenne interamente all’Eterno, il suo DIO, come il cuore di Davide suo padre.Salomone seguì quindi Ashtoreth, la dea dei Sidoni, e Milkom, l’abominazione degli Ammoniti” {1 Re 11: 4-5}.

Sotto Roboamo, figlio di Salomone, “Giuda fecero ciò che è male agli occhi dell’Eterno; e con i peccati che commisero provocarono l’Eterno a gelosia più di quanto avessero fatto i loro padri. Anch’essi si costruirono alti luoghi, steli e Ascerim su tutte le alte colline e sotto ogni albero verdeggiante.Inoltre c’erano nel paese uomini che si davano alla prostituzione sacra. Essi praticavano tutte le abominazioni delle nazioni che l’Eterno aveva scacciato davanti ai figli d’Israele” {1 Re 14: 22-24}.

NOTA: La parola “boschetti” in questo e nei testi successivi è una interpretazione molto sfortunata e fuorviante dell’originale. La revisione ha “Asherah”. Come possiamo vedere osservando attentamente l’uso del termine, non può significare un boschetto, poiché leggiamo di boschetti allestiti “sotto ogni albero verde e nella casa del Signore”. L’oggetto in sé era un’immagine oscena relativa ai riti lascivi di una forma di culto del sole.

Rovinato dall’idolatria

La stessa cosa si registra di Achaz {2 Re 16: 1-4}, e sebbene “L’Eterno infatti aveva umiliato Giuda a motivo di Achaz, re di Israele, perché aveva fomentato il decadimento morale in Giuda e aveva gravemente peccato contro l’Eterno” {2 Cronache 28: 19}, tuttavia “anche quando era oppresso, questo re Achaz peccò ancor di più contro l’Eterno.Offrí sacrifici agli dèi di Damasco, che lo avevano sconfitto, dicendo: «Poiché gli dèi dei re di Siria aiutano quelli, io offrirò loro sacrifici perché aiutino anche me». Ma furono proprio loro a provocare la sua rovina e quella di tutto Israele” {2 Cronache 28: 22-23}.

“Peggio dei pagani”

Manasse, figlio di Ezechia, “fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno”, secondo le abominazioni delle nazioni che l’Eterno aveva scacciato davanti ai figli d’Israele.Egli ricostruì gli alti luoghi che Ezechia suo padre aveva distrutto, eresse altari a Baal, fece un’Ascerah come aveva fatto Achab, re d’Israele; e adorò tutto l’esercito del cielo e lo servì.Inoltre eresse altari nella casa dell’Eterno, riguardo alla quale l’Eterno aveva detto: «In Gerusalemme porrò il mio nome».Eresse altari a tutto l’esercito del cielo nei due cortili della casa dell’Eterno.Fece anche passare per il fuoco a suo figlio, praticò la magia e la divinazione e consultò i medium e i maghi. Si diede completamente a fare ciò che è male agli occhi dell’Eterno, provocandolo ad ira.Mise addirittura un’immagine scolpita di Ascerah, che aveva fatto, nel tempio, di cui l’Eterno aveva detto a Davide e a Salomone suo figlio: «In questo tempio e a Gerusalemme, che ho scelto fra tutte le tribù d’Israele, porrò il mio nome per sempre;e non farò più errare il piede d’Israele lontano dal paese che ho dato ai loro padri, purché essi abbiano cura di mettere in pratica tutto ciò che ho loro comandato e tutta la legge che il mio servo Mosè ha loro prescritto».Ma essi non ascoltarono, e Manasse li indusse a fare peggio delle nazioni che l’Eterno aveva distrutto davanti ai figli d’Israele” {2 Re 21: 1-9}. “Manasse versò pure moltissimo sangue innocente, fino a riempire Gerusalemme da una estremità all’altra, oltre al suo peccato di far peccare Giuda, facendo ciò che è male agli occhi dell’Eterno” {2 Re 21: 16}. Amon successe a Manasse, “Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, come aveva fatto Manasse suo padre; Amon infatti offriva sacrifici a tutte le immagini scolpite fatte da Manasse, suo padre, e le serviva” {2 Cronache 33: 22}.

Un documento di iniquità

Se prendiamo i re che regnarono sulla parte settentrionale di Israele dopo che il regno fu diviso alla morte di Salomone, troviamo un resoconto ancora peggiore. C’erano alcuni re giusti a Gerusalemme; ma cominciando da Geroboamo, “perché ha peccato lui e ha fatto peccare Israele” {1 Re 14: 16}, ogni re successivo sul resto d’Israele fu peggiore di quello precedente. Nadab, figlio di Geroboamo, “Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno e seguì le vie di suo padre e il peccato nel quale aveva fatto cadere Israele” {1 Re 15: 26}. Baasha “fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno e seguì le vie di Geroboamo e il suo peccato che questi aveva fatto commettere a Israele” {1 Re 15: 34}. Omri, che costruì Samaria, “fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno e si comportò peggio di tutti i suoi predecessori;seguì in tutto la via di Geroboamo, figlio di Nebat, e i peccati che Geroboamo aveva fatto commettere a Israele, provocando ad ira l’Eterno, il DIO d’Israele, con i suoi idoli” {1 Re 16: 25-26}. Eppure, per quanto cattivo fosse Omri, “Achab, figlio di Omri, fece ciò che è male agli occhi del Signore, più di tutti quelli che erano prima di lui”; “Achab fece anche un’Ascerah. Achab provocò ad ira l’Eterno, il DIO d’Israele, più di tutti i re d’Israele che l’avevano preceduto” {1 Re 16: 33}. Così andarono le cose finché il Signore poté dire tramite il profeta

Geremia: “Andate attorno per le vie di Gerusalemme: guardate e rendetevi conto, e cercate per le sue piazze se trovate un uomo, se ce n’è uno solo che pratichi la giustizia, che cerchi la verità, e io la perdonerò” {Geremia 5: 1}. Un uomo simile era difficile da trovare; “Poiché fra il mio popolo si trovano uomini malvagi che spiano come uccellatori in agguato; essi tendono lacci e catturano uomini.Come una gabbia è piena di uccelli, così le loro case sono piene di inganno; perciò diventano grandi e arricchiscono.Diventano grassi e prosperosi, sì, oltrepassano i limiti stessi del male. Non difendono la causa, la causa dell’orfano, eppure prosperano; non difendono il diritto dei poveri” {Geremia 5: 26-28}.

Non eredi, ma schiavi

Nella misura in cui Dio scacciò i pagani dal paese, a causa della loro abominevole idolatria, è molto evidente che i figli d’Israele non potevano avere alcuna vera eredità in esso quando erano proprio come i pagani, e anche peggio. Il fatto che coloro che si chiamano con il nome del Signore adottino usi e costumi pagani non rende questi usi più accettabili a Dio. Il fatto che il paganesimo sia presente nella chiesa non lo raccomanda. Al contrario, una professione elevata non fa altro che rendere la pratica malvagia più atroce. I figli d’Israele quindi non erano realmente in possesso della terra di Canaan mentre seguivano le vie dei pagani; anzi, poiché il biasimo della schiavitù in Egitto era il peccato in cui erano caduti, è evidente che anche se si vantavano della loro libertà nella terra di Canaan in realtà si trovavano nella peggiore specie di schiavitù. Quando più tardi i Giudei dissero con orgoglio: “Essi gli risposero: «Noi siamo progenie di Abrahamo e non siamo mai stati schiavi di nessuno; come puoi tu dire: “Diventerete liberi”?».Gesú rispose loro: «In verità, in verità vi dico: Chi fa il peccato è schiavo del peccato.Or lo schiavo non rimane sempre nella casa; il figlio invece vi rimane per sempre” {Giovanni 8: 33-35}.

La fedeltà di Dio

Eppure c’erano sempre possibilità meravigliose alla portata della gente. In qualsiasi momento avrebbero potuto pentirsi e rivolgersi al Signore, e Lo avrebbero trovato pronto a compiere fino in fondo la Sua promessa. Sebbene “tutti i capi dei sacerdoti e il popolo peccarono sempre di più seguendo tutte le abominazioni delle nazioni e contaminano la casa dell’Eterno” {2 Cronache 36: 14}, ancora “l’Eterno, il DIO dei loro padri, mandò loro, fin dall’inizio e con insistenza, avvertimenti per mezzo dei suoi messaggeri, perché voleva risparmiare il suo popolo e la sua dimora” {2 Cronache 36: 15}. Molte meravigliose liberazioni, quando gli Israeliti erano oppressi dai loro nemici e cercavano umilmente il Signore, mostrarono che lo stesso Dio che liberò i loro padri dall’Egitto, era pronto e in attesa di esercitare lo stesso potere in loro favore, al fine di perfezionare ciò per cui Li aveva portati nella terra promessa.

Una vittoria di fede

Un esempio straordinario dell’opera di Dio per coloro che hanno fiducia in

Lui, e la vittoria della fede, si trovano nella storia di Giosafat {2 Cronache 20}. Per noi è particolarmente prezioso perché ci mostra come ottenere vittorie; e ci mostra anche ancora, ciò che abbiamo tante volte notato, che le vere vittorie di Israele furono ottenute mediante la fede in Dio, e non con l’uso della spada. La storia in breve è questa: I Moabiti e gli Ammoniti, insieme ad altri popoli, mossero contro Giosafat per combattere. Il loro numero era di gran lunga superiore a quello degli Israeliti, e “Allora Giosafat ebbe paura e si dispose a cercare l’Eterno, e proclamò un digiuno per tutto Giuda.Così quei di Giuda si radunarono per cercare aiuto dall’Eterno, e da tutte le città di Giuda venivano a cercare l’Eterno” {2 Cronache 20: 3-4}.

Una preghiera modello

La preghiera di Giosafat in quell’occasione è un modello. Ha detto: “«O Eterno, Dio dei nostri padri, non sei tu il DIO che è nel cielo? Sí, tu domini su tutti i regni delle nazioni; nelle tue mani sono la forza e la potenza e non c’è nessuno che ti possa resistere.Non sei stato tu, il nostro DIO, che ha scacciato gli abitanti di questo paese davanti al tuo popolo Israele e l’ha dato per sempre alla discendenza del tuo amico Abrahamo?Essi vi hanno dimorato e vi hanno costruito un santuario per il tuo nome dicendo:«Se dovesse venire su di noi una calamità, la spada, il giudizio oppure la peste o la carestia, noi ci presenteremo davanti a questo tempio e davanti a te (poiché il tuo nome è in questo tempio) noi grideremo a te dalla nostra avversità e tu ci ascolterai e ci verrai in aiuto».Ed ora, ecco i figli di Ammon, di Moab e quelli del monte Seir, nel cui territorio non permettesti a Israele di entrare quando essi uscivano dal paese d’Egitto (essi perciò si tennero da loro lontani e non li distrussero),or ecco, essi ci ricompensano, venendo a scacciarci dalla tua eredità che ci hai dato da possedere.O DIO nostro, non eseguirai tu il giudizio su di loro? Poiché noi siamo senza forza davanti a questa grande moltitudine che viene contro di noi; non sappiamo cosa fare, ma i nostri occhi sono su di te»” {2 Cronache 20: 6-12}.

Per prima cosa riconobbe Dio come Dio nei cieli, e quindi avente ogni potere. Successivamente rivendicò tutto questo potere come suo, rivendicando Dio come il suo Dio. Allora fu pronto a far conoscere il suo bisogno e a proferire la sua richiesta, con piena certezza di fede. Per chi prega in questo modo, ogni cosa è possibile. Troppi offrono a Dio una preghiera senza il giusto senso della sua esistenza, come se pregassero un nome astratto e non un nome vivo e personale Salvatore, e naturalmente non ricevono nulla, perché in realtà non si aspettano nulla. Chiunque prega dovrebbe prima contemplare Dio, prima di pensare a se stesso e ai propri bisogni. È senza dubbio vero che la maggior parte delle persone, quando pregano, pensano più a se stesse che a Dio; invece, dovrebbero perdersi nella contemplazione della grandezza di Dio e della Sua gentilezza; allora non è difficile credere che Dio sia il ricompensatore di coloro che cercano diligentemente Lui. Come disse il Salmista: “E quelli che conoscono il tuo nome confideranno in te, perché tu, o Eterno, non abbandoni quelli che ti cercano” {Salmi 9: 10}.

La preghiera esaudita

Mentre il popolo era ancora riunito per pregare, venne il profeta di Dio e disse: “Ascoltate, voi tutti di Giuda, voi abitanti di Gerusalemme, e tu, o re Giosafat! Così vi dice l’Eterno: «Non temete, non sgomentatevi a motivo di questa grande moltitudine, perché la battaglia non è vostra, ma di DIO.Domani scendete contro di loro; ecco, essi saliranno per la salita di Tsits e voi li troverete all’estremità della valle di fronte al deserto di Jeruel.Non sarete voi a combattere in questa battaglia; prendete posizione, state fermi e vedrete la liberazione dell’Eterno, che è con voi, O Giuda, o Gerusalemme, non temete e non sgomentatevi domani uscite contro di loro, perché l’Eterno è con voi»” {2 Cronache 20: 15-17}.

Il popolo credette a questo messaggio: “La mattina seguente si alzarono presto e partirono per il deserto di Tekoa; mentre si mettevano in cammino, Giosafat, stando in piedi, disse: «Ascoltatemi, o Giuda e voi abitanti di Gerusalemme! Credete nell’Eterno, il vostro DIO e sarete saldi; credete nei suoi profeti e prospererete». Quindi, dopo essersi consigliato con il popolo, stabilì quelli che dovevano cantare all’Eterno e dovevano lodarlo per lo splendore della sua SANTITA’, mentre camminavano davanti all’esercito e dicevano: «Celebrate l’Eterno, perché la sua benignità dura in eterno»” {2 Cronache 20: 20-21}.

Il canto della vittoria

Uno strano modo, quello di andare in battaglia. Ci ricorda un po’ la marcia attorno a Gerico e il grido di vittoria. In generale, le persone che ricevevano una promessa come quella che fecero a quel tempo, che Dio avrebbe combattuto per loro, penserebbero di aver mostrato grande fede nell’affrontare il nemico. Direbbero: “Dio ha promesso di aiutarci, ma noi dobbiamo fare la nostra parte”; e così avrebbero fatto ogni preparativo per il combattimento. Ma per queste persone, a quel tempo, era abbastanza semplice prendere il Signore in parola; sapevano che dovevano fare la loro parte, ma sapevano che la loro parte era credere e andare avanti come se credessero davvero. E ci credevano. La loro fede era così forte che cantavano. Non si udì un canto forzato, che usciva debolmente da labbra tremanti, ma un canto pieno, profondo, spontaneo, caloroso di gioia e di vittoria, e tutto questo mentre il nemico era davanti a loro in numero schiacciante. E qual è stato il risultato?

Il risultato

“Quando essi cominciarono a cantare e a lodare, l’Eterno tese un’imboscata contro i figli di Ammon e di Moab, e quelli del monte Seir che erano venuti contro Giuda, e rimasero sconfitti. I figli di Ammon e di Moab insorsero contro gli abitanti del monte Seir per votarli allo sterminio e distruggerli, quand’ebbero annientati gli abitanti di Seir, si aiutarono a distruggersi a vicenda. Così, quando quelli di Giuda giunsero sull’altura da cui si poteva osservare il deserto, si volsero verso la moltitudine, ed ecco, non c’erano che cadaveri distesi per terra; nessuno era scampato” {2 Cronache 20: 22-24}.

Rinforzi

Non appena iniziarono a cantare, il nemico fu rovesciato. L’esercito degli Ammoniti e dei Moabiti fu preso dal panico e si batterono a vicenda. Può darsi che, quando hanno sentito i canti e le grida di gioia, abbiano pensato che Israele avesse ricevuto rinforzi, e così è stato. Il popolo di Israele disponeva di tali rinforzi da non dover combattere personalmente. La loro fede era la loro vittoria e il loro canto era la prova della loro fede.

La lezione per noi

Questa è una lezione per noi nei nostri conflitti con i nostri avversari: principati, potestà e spiriti malvagi. “Resistete al diavolo ed egli fuggirà da voi”; ma dobbiamo “resistere saldi nella fede”. Solo questa resistenza lo farà fuggire, perché sa di essere più forte di noi; ma quando incontra resistenza nella fede di Gesù, deve fuggire, perché sa di non avere alcuna forza contro Cristo.

E così apprendiamo ancora che “i redenti del Signore ritorneranno e verranno a Sion cantando”. In esperienze come quella appena considerata, il Signore mostrava a Israele come avrebbero dovuto vincere e che Egli era sempre in attesa ed ansioso di portare a termine la promessa fatta ai padri.

Cosa sarebbe potuto essere

Sappiamo che in qualsiasi momento, nell’arco di diverse centinaia di anni, i figli d’Israele avrebbero potuto godere della pienezza della promessa fatta ad Abramo: il riposo eterno sulla terra rinnovata, con Cristo e tutti i santi glorificati vittoriosi sull’ultimo nemico, perché quando nacque Mosè il tempo della promessa si era avvicinato, e Giosuè non morì se non “molto tempo dopo che il Signore aveva dato riposo a Israele” {Giosuè 23: 1}. Il tempo in cui Dio, per mezzo di Davide, offrì loro «un altro giorno», oggi, viene detto come «dopo tanto tempo». Dio aspettava con ansia che il popolo prendesse tutto ciò che aveva dato loro. Quanto ciò sia vero lo si può vedere dalle parole che Egli ha rivolto loro tramite il profeta Geremia.

Anche se il popolo era così fermamente fissato nella sua idolatria, che il peccato di Giuda era scritto con una penna di ferro e con la punta di un diamante, il Signore misericordioso fece la seguente promessa: “Così mi ha detto l’Eterno: «Va’ e fermati alla porta dei figli del popolo, per la quale entrano ed escono i re di Giuda e presso tutte le porte di Gerusalemme,e di’ loro: Ascoltate la parola dell’Eterno, o re di Giuda, e tutto Giuda e voi tutti abitanti di Gerusalemme, che entrate per queste porte».Così dice l’Eterno: «Badate a voi stessi e non portate alcun peso né fatelo entrare per le porte di Gerusalemme in giorno di sabato.Non portate alcun peso fuori delle vostre case né fate alcun lavoro in giorno di sabato, ma santificate il giorno di sabato, come io ho comandato ai vostri padri.Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio, ma indurirono la loro cervice per non ascoltare e per non accettare ammaestramento. Così avverrà che, se ascolterete attentamente», dice l’Eterno, «se non farete entrare alcun peso per le porte di questa città in giorno di sabato, ma santificherete il giorno di sabato e non farete in esso alcun lavoro,allora i re e i principi che siedono sul trono di Davide entreranno per le porte di questa città montati su carri e su cavalli, essi, i loro principi, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme; e questa città sarà abitata per sempre.Verranno quindi dalle città di Giuda, dai dintorni di Gerusalemme, dal paese di Beniamino, dal bassopiano, dai monti e dal Neghev, portando olocausti, sacrifici, oblazioni di cibo e incenso, e offrendo sacrifici di rendimento di grazie nella casa dell’Eterno” {Geremia 17: 19-26}.

Non spetta a noi speculare su come questa promessa sarebbe stata mantenuta; ci basta sapere che Dio lo ha detto, ed è capace di rendere buona ogni promessa. Edificare la città vecchia, e farla nuova sarebbe stato certamente facile come “trasformerà il nostro umile corpo, affinché sia reso conforme al suo corpo glorioso” {Filippesi 3: 2}, o per creare una città completamente nuova che prenda il posto di quella vecchia.

Promesse rifiutate

Tenete a mente che questo promesso da Geremia avvenne negli ultimissimi giorni del regno di Giuda, poiché Geremia non cominciò a profetizzare fino “ai giorni di Giosia figlio di Amon” {Geremia 1: 2}, nel tredicesimo anno del suo regno, a soli vent’anni, un anno prima dell’inizio della cattività babilonese. Prima che Geremia cominciasse a profetizzare, quasi tutti i profeti avevano terminato le loro fatiche e morivano. Le profezie di Isaia, Osea, Amos, Michea e altri, tutti i principali profeti, erano nelle mani del popolo prima della nascita di Geremia. Questo è un fatto che non va assolutamente trascurato, perché è importantissimo. In quelle profezie ci sono molte promesse della restaurazione di Gerusalemme, che avrebbero potuto essere tutte adempiute se il popolo avesse prestato attenzione. Ma come tutte le promesse di Dio, erano in Cristo; riguardavano, come quello davanti a noi, l’eternità e non semplicemente il tempo presente. Ma poiché la gente di allora non li accettò, per noi rimangono ugualmente fresche. Esse potrebbero realizzarsi solo con la venuta del Signore, che ora cerchiamo. Quelle profezie contengono il Vangelo per questo tempo, proprio come i libri di Matteo e Giovanni e le Epistole.

La prova dell’obbedienza

Notate inoltre che l’osservanza del Sabato costituisce una prova per tutti coloro ai quali tale verità viene rivelata. Se avessero osservato il Sabato, loro e la loro città sarebbero durati per sempre. Perché? – Ricorda ciò che abbiamo studiato riguardo al riposo di Dio e avrai la risposta. Il Sabato è il sigillo della creazione compiuta e perfetta. Come tale rivela Dio come Creatore e Santificatore {Ezechiele 20: 12, 20}, come Santificatore mediante la Sua potenza creatrice. Il Sabato non è un’opera con la quale possiamo cercare invano di ottenere il favore di Dio, ma è riposo, riposo tra le braccia eterne.

È il segno e il memoriale della potenza eterna di Dio; e il suo mantenimento è il sigillo di quella perfezione che solo Dio può realizzare e che Egli concede liberamente a tutti coloro che confidano in Lui. Significa fiducia piena e perfetta nel Signore, che Egli può e ci salverà mediante lo stesso potere con cui creò tutte le cose all’inizio. Quindi vediamo che, poiché ci è stata lasciata la stessa promessa, quella fu data all’antico Israele, è necessario che anche il Sabato venga messo in particolare rilievo ai nostri giorni, tanto più che si avvicina il giorno della venuta di Cristo.

La sentenza minacciata

Ma c’era un’alternativa, nel caso in cui il popolo avesse rifiutato di riposare nel Signore. Il profeta fu incaricato di dire ancora di più: “Ma se non mi ascolterete, santificando il giorno di sabato: non portando pesi e non introducendoli per le porte di Gerusalemme in giorno di sabato, io accenderò un fuoco alle sue porte; esso divorerà i palazzi di Gerusalemme e non si estinguerà” {Geremia 17: 27}.

Compimento

E così è stato; sebbene Dio fosse fedele e longanime nell’inviare messaggi di avvertimento al Suo popolo, “essi si beffarono dei messaggeri di DIO, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti, finché l’ira dell’Eterno contro il suo popolo raggiunse un punto in cui non c’era più rimedio.Allora egli fece salire contro di loro il re dei Caldei, che uccise di spada i loro giovani nella casa del loro santuario, senza avere pietà per il giovane, la vergine, l’anziano, o la persona canuta. L’Eterno li diede tutti nelle sue mani.Nebukadnetsar portò a Babilonia tutti gli oggetti della casa di DIO, grandi e piccoli, i tesori della casa dell’Eterno e i tesori del re e dei suoi capi.Poi incendiarono la casa di DIO, demolirono le mura di Gerusalemme, diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e ne distrussero tutti gli oggetti di valore.Inoltre Nebukadnetsar, deportò a Babilonia quelli che erano scampati alla spada essi divennero servitori suoi e dei suoi figli, fino all’avvento del regno di Persia,affinché si adempisse la parola dell’Eterno pronunciata per bocca di Geremia, finché il paese avesse osservato i suoi sabati, Infatti esso osservò il sabato per tutto il tempo della sua desolazione finché furono compiuti i settant’anni” {2 Cronache 36: 16-21}.

Israele sotto il dominio babilonese

L’ultimo re di Gerusalemme fu Sedechia, ma non era un re indipendente. Diversi anni prima di salire al trono, Nabucodonosor aveva assediato Gerusalemme e il Signore gli aveva dato la città. (Daniele 1: 1-2) Sebbene Ioiachim fosse stato sconfitto, gli fu concesso di regnare a Gerusalemme come principe, cosa che fece per otto anni. Alla sua morte gli succedette suo figlio Ioiachin, ma regnò solo tre mesi prima che Nabucodonosor assediasse nuovamente Gerusalemme, la conquistasse e portasse il re, la sua famiglia e tutti gli artigiani e i fabbri a Babilonia; “non rimase che la gente più povera del paese” {2 Re 24: 14}.

Lo spergiuro e la ribellione di Sedechia

C’era ancora un re rimasto a Gerusalemme, perché Nabucodonosor lo aveva messo, Re Mattina, cambiando il suo “nome in quello di Sedekia” {2 Re 24: 17}. La parola Sedechia significa “la giustizia di Geova”, e fu dato al nuovo re perché Nabucodonosor “lo aveva fatto giurare in nome di Dio” {2 Cronache 36: 13}, che non si sarebbe ribellato alla sua autorità. Nabucodonosor aveva il diritto di esigere ciò, come dimostrato da quanto segue: – “All’inizio del regno di Jehoiakim, figlio di Giosia, re di Giuda, questa parola fu rivolta dall’Eterno a Geremia, dicendo:«Cosí mi ha detto l’Eterno: Fatti dei legami e dei gioghi e mettili sul tuo collo;poi mandali al re di Edom, al re di Moab, al re dei figli di Ammon, al re di Tiro e al re di Sidone, per mezzo degli ambasciatori che sono venuti a Gerusalemme da Sedekia, re di Giuda;e comanda loro che dicano ai loro signori: “Così dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Cosí direte ai vostri signori:Io ho fatto la terra, gli uomini e gli animali che sono sulla faccia della terra, con la mia grande potenza e col mio braccio steso, e la do a chi sembra bene ai miei occhi.E ora ho dato tutti questi paesi in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia, mio servo; a lui ho pure dato le bestie della campagna perché lo servano. Così tutte le nazioni serviranno a lui, a suo figlio e al figlio di suo figlio, finché verrà il tempo anche per il suo paese; allora molte nazioni e re potenti lo ridurranno in servitù.E avverrà che la nazione o il regno che non vorrà servire a lui, a Nebukadnetsar re di Babilonia, e non vorrà porre il suo collo sotto il giogo del re di Babilonia, quella nazione io la punirò”», dice l’Eterno, «con la spada, con la fame e con la peste, finché non li abbia sterminati per mano sua.Perciò non ascoltate i vostri profeti né i vostri indovini né i vostri sognatori né i vostri maghi né i vostri stregoni che vi dicono: “Non sarete asserviti al re di Babilonia!”.Sí, essi vi profetizzano menzogna, per allontanarvi dal vostro paese, perché io vi disperda e voi periate. Ma la nazione che porrà il suo collo sotto il giogo del re di Babilonia e lo servirà, io la lascerò stare nel suo paese», dice l’Eterno, «ed essa lo coltiverà e vi dimorerà»” {Geremia 27: 1-11}.

Il diritto di Nabucodonosor di governare in Giudea

Nabucodonosor, quindi, aveva lo stesso diritto di governare

Gerusalemme come nessuno dei re d’Israele aveva mai avuto. Il suo regno, inoltre, era più esteso di quello su cui aveva governato qualsiasi re d’Israele; e soprattutto, dopo molti insegnamenti del Signore, approfittò dell’occasione per diffondere in tutto il mondo la conoscenza del vero Dio (Vedi Daniele 4). Pertanto, quando Sedechia si ribellò contro Nabucodonosor, si stava malvagiamente opponendo al Signore, che aveva dato Israele in potere di Nabucodonosor, come punizione per i suoi peccati. Nelle parole seguenti abbiamo una descrizione vivida del movimento di Nabucodonosor contro Gerusalemme, e di come Dio guidò l’azione del re pagano anche mentre usava la divinazione: “Tu, figlio d’uomo, traccia due strade, per le quali passi la spada del re di Babilonia, partiranno ambedue dallo stesso paese. Metti un indicatore stradale, mettilo all’inizio della strada che porta alla città. Traccia una strada per la quale la spada vada a Rabbah, città dei figli di Ammon, e un’altra perché vada in Giuda, contro Gerusalemme, città fortificata. Infatti il re di Babilonia sta al crocevia della strada, all’inizio delle due strade, per fare divinazione: agita le frecce, consulta gli idoli domestici, esamina il fegato. Nella sua destra il responso della divinazione designa Gerusalemme per collocarvi gli arieti, per aprire la bocca e ordinare il massacro, per alzar la voce con grida di guerra, per collocare gli arieti contro le porte, per innalzare terrapieni e per costruire torri, Ma per essi questo sarà come una falsa divinazione agli occhi di quelli che hanno fatto loro giuramenti. Ma egli si ricorderà della loro iniquità, perché siano presi». Perciò così dice il Signore, l’Eterno: «Poiché avete fatto ricordare la vostra iniquità, essendo le vostre trasgressioni messe a nudo e i vostri peccati palesati in tutte le vostre azioni; poiché siete stati ricordati, sarete presi dalla mano del nemico” {Ezechiele 21: 19-24}.

Fine del dominio temporale di Israele

Seguono poi le parole fatali rivolte a Sedechia: “«E tu, o corrotto e malvagio principe d’Israele, il cui giorno è giunto al tempo della punizione finale» così dice il Signore, l’Eterno: «Deponi il turbante, togliti la corona; le cose non saranno più le stesse: ciò che è basso sarà innalzato e ciò che è alto sarà abbassato. Devastazione, devastazione, io la compirò. Ed essa non sarà più restaurata, finché non verrà colui a cui appartiene il giudizio e al quale io la darò»” {Ezechiele 21: 25-27}.

Sedechia fu profano e malvagio, perché a tutta la sua abominevole idolatria aggiunse il peccato dello spergiuro, infrangendo un giuramento solenne. Pertanto il regno fu completamente rimosso. Il diadema passò dalla discendenza di Davide, e fu posto sul capo di Caldeo, e il regno di Babilonia è davanti a noi. Della sua estensione abbiamo già letto, e abbiamo inoltre le parole del profeta Daniele nella spiegazione della grande immagine che Nabucodonosor vide in sogno, donatagli dal Dio del cielo:

Dominio universale 

“Tu, o re, sei il re dei re, perché il Dio del cielo ti ha dato il regno, la potenza, la forza e la gloria.Dovunque dimorano i figli degli uomini, le bestie della campagna e gli uccelli del cielo, egli li ha dati nelle tue mani e ti ha fatto dominare sopra tutti loro. Tu sei quella testa d’oro” {Daniele 2: 37-38}.

In ciò si rintraccia il dominio che in principio fu dato all’uomo (cfr Genesi 1: 26), sebbene la gloria e la potenza fossero molto diminuite. Ma vediamo che Dio aveva ancora gli occhi su di esso e stava lavorando per la sua restaurazione, secondo la promessa fatta ad Abramo.

Una breve storia del mondo

Nella Bibbia è dedicato pochissimo tempo alle descrizioni della grandezza umana, e il profeta si affretta verso la fine. A Ezechiele gli si preannunciano tre capovolgimenti o rivoluzioni {Ezechiele 21: 27}, in seguito al passaggio del dominio di tutta la terra nelle mani di Nabucodonosor. Poiché il suo regno era mondiale, le rivoluzioni predette dovevano anche essere il rovesciamento e l’instaurazione dell’impero universale. Così il profeta Daniele, continuando la sua spiegazione del sogno di Nabucodonosor, disse:

Medo-Persia e Grecia 

“Dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno di bronzo, che dominerà su tutta la terra” {Daniele 2: 39}. Il regno che succedette a quello babilonese è mostrato in Daniele 5, essere stato quello della Medo-Persia; e in {Daniele 8: 1-8, 20-21}, apprendiamo che il terzo regno, successore della Medo-Persia nel dominio mondano universale, fu quello della Grecia. Abbiamo così brevemente delineato davanti a noi la storia del mondo per diverse centinaia di anni. I primi due ribaltamenti di {Ezechiele 21: 29 sono chiariti; Babilonia fu seguita dalla Medo-Persia, e questa a sua volta dall’impero greco.

Regola romana

L’ultimo dei regni universali di questa terra, dopo la terza grande rivoluzione, non è nominato direttamente, ma è indicato abbastanza chiaramente. La nascita di Cristo ebbe luogo ai tempi di Cesare Augusto, il quale emanò un decreto secondo cui tutto il mondo doveva essere tassato o registrato {Luca 2: 1}. Pertanto siamo autorizzati a nominare Roma come il prodotto della terza grande rivoluzione mondiale. In effetti, siamo chiusi davanti a quell’impero, perché non ce n’è nessun altro conosciuto nella storia che possa prendere il suo posto.

Babilonia conquistò il regno d’Israele e il suo dominio fu mondiale; ai suoi tempi furono predette tre rivoluzioni, che avrebbero portato al suo posto tre imperi successivi; La Medio-Persia e la Grecia sono espressamente menzionate nella linea di successione, e poi abbiamo l’imperatore di Roma nominato come governatore del mondo. Questa è una prova strettamente scritturale; prove corroboranti, o meglio, prove che testimoniano l’esattezza dei sacri annali, possono essere trovate senza limiti nella storia secolare.

L’ultima rivoluzione

Ma la rivoluzione che portò a dare il governo del mondo a Roma, fu l’ultima rivoluzione generale che avrà luogo in questo mondo “fino alla venuta di Colui che ne ha il diritto”. Molti uomini dopo la caduta di Roma hanno sognato il dominio mondiale, ma i loro sogni si sono rivelati inutili. Cristo era sulla terra, è vero, ma era come un estraneo Abramo, senza un posto tutto Suo dove poter posare il capo. Venne, però, “a proclamare la libertà a quelli in cattività, l’apertura del carcere ai prigionieri” {Isaia 61: 1}, e annunciò che chiunque avesse mantenuto la Sua parola avrebbe conosciuto la verità e sarebbe stato reso libero da essa. Giorno dopo giorno e anno dopo anno, mentre i secoli passavano, la proclamazione della libertà risuonava e gli stanchi prigionieri venivano liberati dal potere delle tenebre. Non spetta a noi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha posto in Suo potere, ma sappiamo che quando tutta la chiesa professante di Cristo acconsentirà ad essere riempita del Suo Spirito, il mondo intero presto udrà il messaggio del Vangelo nella pienezza della Sua potenza, e verrà la fine, quando la stessa creazione gemente sarà liberata dalla schiavitù della corruzione nella gloria della libertà dei figli di Dio.

Capitolo 38 – La schiavitù è preferita alla libertà

Vantando quanto vogliono della propria libertà e indipendenza, gli uomini in generale amano la schiavitù e preferiscono essere schiavi piuttosto che liberi.

Ciò è dimostrato dai fatti. Il Dio dell’universo ha fatto un annuncio di libertà a tutta l’umanità; Ha perfino dato la libertà a tutti; eppure pochi ne approfitteranno. L’esperienza dell’antico Israele non è che l’esperienza del cuore umano. Per due volte il Signore disse chiaramente ad Abramo che la sua discendenza sarebbe stata libera: una volta quando disse al suo servitore Eliezer non doveva essere il suo erede, e di nuovo quando gli disse che il figlio di una schiava non poteva essere erede. In seguito liberò Israele dalla schiavitù dell’Egitto, affinché potessero godere della libertà, anzi della libertà dell’obbedienza alla perfetta legge della libertà; ma essi mormorarono “e si rivolsero con i loro cuori all’Egitto, dicendo ad Aronne: «Facci degli dei che vadano davanti a noi»” {Atti 7: 39-40}. Quarant’anni dopo Dio tolse loro il vituperio

Egitto, tuttavia in seguito desiderarono essere come i pagani che li circondavano, avendo un re che, come era stato loro assicurato, li avrebbe resi schiavi. E così è stato; poiché non solo impararono le usanze dei pagani, ma le “oltrepassarono”. “L’Eterno, il DIO dei loro padri, mandò loro, fin dall’inizio e con insistenza, avvertimenti per mezzo dei suoi messaggeri, perché voleva risparmiare il suo popolo e la sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di DIO, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti, finché l’ira dell’Eterno contro il suo popolo raggiunse un punto in cui non c’era più rimedio” {2 Cronache 36: 15-16}, e adempì la sua minaccia di portarli fuori Babilonia.

Cattività babilonese

Questa prigionia babilonese non fu che l’espressione visibile della schiavitù in cui il popolo si era già volontariamente posto. Si erano lusingati di essere liberi, mentre erano “schiavi della corruzione, perché uno diventa schiavo di ciò che lo ha vinto” {2 Pietro 2: 19}. “Gesù rispose loro: «In verità, in verità vi dico: Chi fa il peccato è schiavo del peccato” {Giovanni 8: 34}. La schiavitù fisica è poca cosa in confronto alla schiavitù dell’anima, e senza quest’ultima la prima non avrebbe mai potuto essere conosciuta.

Che cosa è Babilonia

“E avvenne che, mentre si spostavano verso sud, essi trovarono una pianura nel paese di Scinar, e vi si stabilirono. E si dissero l’un l’altro: «Orsù, facciamo dei mattoni e cuociamoli col fuoco!». E usarono mattoni invece di pietre e bitume invece di malta. E dissero: «Orsù, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo, e facciamoci un nome, per non essere dispersi sulla faccia di tutta la terra». Ma l’Eterno discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. E l’Eterno disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti la medesima lingua; e questo è quanto essi hanno cominciato a fare; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Orsù, scendiamo laggiù e confondiamo la loro lingua, affinché l’uno non comprenda più il parlare dell’altro». Così l’Eterno li disperse di là sulla faccia di tutta la terra, ed essi cessarono di costruire la città. Perciò a questa fu dato il nome di Babele, perché l’Eterno colà confuse la lingua di tutta la terra, e di là l’Eterno li disperse sulla faccia di tutta la terra” {Genesi 11: 2-9}.

Sfidare Dio

Quelle persone avevano l’idea di poter costruire una città così grande e una torre così alta da poter sfidare il giudizio di Dio. Si credevano davvero più grandi di Dio. La stessa idea possedeva Lucifero, del quale leggiamo: “Come mai sei caduto dal cielo, o Lucifero, figlio dell’aurora? Come mai sei stato gettato a terra, tu che atterravi le nazioni? Tu dicevi in cuor tuo: «Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio; mi siederò sul monte dell’assemblea, nella parte estrema del nord; salirò sulle parti più alte delle nubi, sarò simile all’Altissimo»” {Isaia 14: 12-14}.

Si vedrà chiaramente che lo spirito che era in Lucifero era identico a quello che era nei costruttori di Babele, e la ragione di ciò è che fu Satana stesso – Lucifero caduto – a stimolare quell’opera. Egli è «il principe di questo mondo» {Giovanni 14: 30}, «lo spirito che ora opera nei figli della disobbedienza” {Efesini 2: 2}. Ritorniamo ora all’inizio del capitolo da cui è stato citato il paragrafo precedente, e vediamo la relazione dei caduti Lucifero e Babilonia, notando di passaggio che il tredicesimo capitolo di Isaia parla della distruzione che si abbatterà su Babilonia. Quella città orgogliosa sarà completamente distrutta: “Poiché l’Eterno avrà pietà di Giacobbe, sceglierà ancora Israele e li ristabilirà sulla loro terra, gli stranieri si uniranno a loro e si stringeranno alla casa di Giacobbe. I popoli li prenderanno e li ricondurranno nel loro paese e la casa d’Israele li possederà nel paese dell’Eterno come servi e serve; faranno prigionieri quelli che li avevano fatti prigionieri e regneranno sui loro oppressori. Così nel giorno in cui l’Eterno ti avrà dato riposo dal tuo affanno, dalla tua agitazione e dalla dura schiavitù alla quale eri stato asservito, tu pronunzierai questa sentenza sul re di Babilonia e dirai: «Come è finito l’oppressore, l’esattrice d’oro è finita. L’Eterno ha spezzato il bastone degli empi, lo scettro dei despoti. Colui che nel suo furore percuoteva i popoli con colpi incessanti, colui che dominava con ira sulle nazioni è inseguito senza misericordia. Tutta la terra riposa tranquilla, la gente erompe in gridi di gioia. Perfino i cipressi e i cedri del Libano gioiscono per te e dicono: “Da quando sei atterrato, nessun tagliabosco è più salito contro di noi”. Lo Sceol, di sotto è in agitazione per te, per farsi incontro al tuo arrivo; esso risveglia gli spiriti dei trapassati, tutti i principi della terra; ha fatto alzare dai loro troni tutti i re delle nazioni. Tutti prendono la parola per dirti: Anche tu sei diventato debole come noi e sei divenuto simile a noi. Il tuo fasto è precipitato nello Sceol assieme al suono delle tue arpe; sotto di te si stende un letto di vermi e i vermi sono la tua coperta»” {Isaia 14: 1-11}.

Segue poi il discorso diretto del Signore: “Come mai sei caduto dal cielo, o Lucifero, figlio dell’aurora?” {Isaia 14: 12} ecc., come precedentemente citato, affermando che la sua caduta è a causa della sua autoesaltazione, continuando così: – “Invece sarai precipitato nello Sceol, nelle profondità della fossa, Quanti ti vedono ti guardano fisso, ti osservano attentamente e dicono: «E’ questo l’uomo che faceva tremare la terra, che scuoteva i regni, che ridusse il mondo come un deserto, distrusse le sue città e non lasciò mai andar liberi i suoi prigionieri?» Tutti i re delle nazioni, tutti quanti riposano in gloria, ciascuno nel proprio sepolcro; tu invece sei stato gettato lontano dalla tua tomba come un germoglio abominevole, come un vestito di uccisi trafitti colla spada, che scendono sui sassi della fossa, come un cadavere calpestato. Tu non sarai riunito a loro nella sepoltura, perché hai distrutto il tuo paese e hai ucciso il tuo popolo; la discendenza dei malfattori non sarà più nominata” {Isaia 14: 15-20}.

Lo scopo divino

Questo è il discorso diretto a questo meraviglioso tiranno. Poi segue il seguito del racconto che lo riguarda: “Preparate il massacro dei suoi figli a causa della iniquità dei loro padri, perché non si alzino più a prendere possesso della terra e a riempire la faccia del mondo di città. Io mi leverò contro di loro dice l’Eterno degli eserciti, e sterminerò da Babilonia il nome e i superstiti, la progenie e la discendenza dice l’Eterno. E farò il dominio del porcospino e paludi di acqua, la spazzerò con la scopa della distruzione dice l’Eterno degli eserciti». L’Eterno degli eserciti ha giurato, dicendo: «In verità come ho pensato, così sarà, e come ho deciso, così accadrà. Frantumerò l’Assiro nel mio paese e lo calpesterò sui miei monti; allora il suo giogo sarà rimosso da essi, e il suo carico sarà rimosso dalle loro spalle” {Isaia 14: 21-25}.

Ed ora arrivano le parole sorprendenti, che riassumono l’intera faccenda: “Questo è il piano deciso contro tutta la terra e questa è la mano stesa contro tutte le nazioni. Poiché l’Eterno degli eserciti ha deciso questo e chi potrà annullarlo? La sua mano è stesa e chi potrà fargliela ritirare?” {Isaia 14: 26-27}.

Il lettore non può non notare che la liberazione completa e definitiva di tutto Israele coincide con la totale distruzione del re di Babilonia; e inoltre che questo re di Babilonia è colui che governa su tutta la terra; la sua distruzione dà riposo a tutta la terra. Si deve anche aver notato che anche questo re di Babilonia viene chiamato Lucifero, colui con cui pensava di disputare il dominio del mondo di

Dio. Il fatto è, quindi, che chiunque fosse il sovrano nominale e visibile di Babilonia, Satana ne era il vero re. Ciò è evidente anche dal fatto che Babilonia era un regno pagano e “le cose che… “I gentili sacrificano, le sacrificano ai démoni e non a Dio; or io non voglio che voi abbiate parte con i démoni” {1 Corinzi 10: 20}. Egli è “lo spirito dell’Anticristo” {1 Giovanni 4: 3}. Lo spirito di autoesaltazione è radicalmente opposto allo Spirito di Dio, la cui mansuetudine e dolcezza costituiscono la Sua grandezza; è lo spirito dell’anticristo “colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato dio o oggetto di adorazione, tanto da porsi a sedere nel tempio di Dio come Dio, mettendo in mostra se stesso e proclamando di essere Dio” {2 Tessalonicesi 2: 4}. Questo spirito fu particolarmente caratteristico di Babilonia, tranne nel breve periodo in cui Nabucodonosor rinvenne. Nel suo orgoglio disse: “Non è questa la grande Babilonia, che io ho costruito come residenza reale con la forza della mia potenza e per la gloria della mia maestà?” {Daniele 4: 30}.

Baldassarre usò gli arredi della casa di Dio e ne bevve vino insieme alle sue mogli e alle sue concubine, “bevvero vino e lodarono gli dèi d’oro, d’argento, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra” {Daniele 5: 4}, vantandosi così che gli dèi da lui fatti erano maggiori del Dio d’Israele. Di Babilonia fu detto: “Tu confidavi nella tua malizia e dicevi: «Nessuno mi vede». La tua sapienza e la tua conoscenza ti hanno sedotta, e dicevi in cuor tuo: «Io, e nessun altro»” {Isaia 47: 10-11}.

Cos’è la liberazione da Babilonia?

Era questo stesso spirito che animava il popolo ebraico. Quando insistevano per avere un re, per poter essere come i pagani che li circondavano, rifiutavano Dio, perché pensavano di poter gestire meglio le cose da soli. “«Ha mai una nazione cambiato i suoi dèi, anche se non sono dèi? Ma il mio popolo ha cambiato la sua gloria perciò che non giova a nulla. Stupitevi, o cieli, di questo; inorridite e siate grandemente desolati», dice l’Eterno. «Poiché il mio popolo ha commesso due mali: ha abbandonato me, la sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne rotte, che non tengono l’acqua»” {Geremia 2: 11-13}.

“O generazione, considera la parola dell’Eterno! Sono forse stato un deserto per Israele o un paese di fitte tenebre? Perché dice il mio popolo: “Noi girovaghiamo liberamente, non torneremo più da te?” {Geremia 2: 31}. Perciò, quando i figli d’Israele furono condotti a Babilonia, città di orgoglio e di vanteria, non fu che una manifestazione evidente e visibile della condizione in cui si trovavano da tempo. Furono deportati a Babilonia perché non osservavano il Sabato, come leggiamo in Geremia 17: 27 e 2 Cronache 36: 20-21.

Abbiamo già imparato che osservare il Sabato significa riposare in Dio; significa il perfetto riconoscimento di Lui come sovrano supremo e legittimo. Pertanto dobbiamo capire che la completa liberazione da Babilonia è la liberazione dalla schiavitù di sé, alla fiducia assoluta in Dio e all’obbedienza a Lui.

I settanta anni compiuti

Proprio come Dio aveva indicato un tempo preciso in cui avrebbe liberato il Suo popolo dall’Egitto, così Egli ha indicato il tempo esatto della cattività di Israele nella città di Babilonia. “Così dice l’Eterno: «Quando saranno compiuti settant’anni per Babilonia, io vi visiterò e manderò ad effetto per voi la mia buona parola, facendovi ritornare in questo luogo. Poiché io conosco i pensieri che ho per voi», dice l’Eterno, «pensieri di pace e non di male, per darvi un futuro e una speranza. Mi invocherete e verrete a pregarmi, e io vi esaudirò. Mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore. Io mi farò trovare da voi», dice l’Eterno, «e vi farò tornare dalla vostra cattività; vi raccoglierò da tutte le nazioni e da tutti i luoghi dove vi ho dispersi», dice l’Eterno; «e vi ricondurrò nel luogo da cui vi ho fatto condurre in cattività»” {Geremia 29: 10-14}. Esattamente come nel primo caso, così nel secondo tutto è avvenuto secondo la parola di Dio. La prigionia iniziò nel 606, a.C. e sessantotto anni dopo, a. C. Nel 538 la città di Babilonia cadde nelle mani dei Medi e dei Persiani (Vedi Daniele 5). Di quel tempo leggiamo: “Nell’anno primo di Dario, figlio di Assuero, della stirpe dei Medi, che fu costituito re sul regno dei Caldei, nel primo anno del suo regno, io, Daniele, compresi dai libri il numero degli anni in cui, secondo la parola dell’Eterno indirizzata al profeta Geremia, dovevano essere portate a compimento le desolazioni di Gerusalemme, è cioè settant’anni. Volsi quindi la mia faccia verso il Signore DIO, per cercarlo con preghiera e suppliche, col digiuno, col sacco e con la cenere” {Daniele 9: 1-3}.

Ecco almeno un uomo che cercava Dio con tutto il cuore. Non sappiamo se ci furono altri che cercarono il Signore come fece Daniele, certamente non furono molti, ma Dio comunque compì alla lettera la Sua parte. Due anni dopo la preghiera di Daniele, nell’anno 536, a. C. appena settant’anni dopo l’inizio della cattività di Israele nella città di Babilonia, Ciro, re di Persia, emanò un proclama che così è riportato: “Nel primo anno di Ciro, re di Persia, affinché si adempisse la parola dell’Eterno pronunciata per bocca di Geremia l’Eterno destò lo spirito di Ciro, re di Persia, perché facesse un editto per tutto il suo regno e lo mettesse per Iscritto dicendo: «Così dice Ciro, re di Persia: L’Eterno, il DIO dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra. Egli mi ha comandato di edificargli una casa a Gerusalemme, che è in Giuda. Chi di voi appartiene al suo popolo? L’Eterno, il suo DIO, sia con lui, salga a Gerusalemme, che è in Giuda, e ricostruisca la casa dell’Eterno, DIO d’Israele, il DIO che è in Gerusalemme. La gente di ciascun luogo, dove qualche sopravvissuto giudeo ancora risiede, lo fornisca d’argento, d’oro, di beni e di bestiame oltre alle offerte volontarie per la casa di DIO che è in Gerusalemme»” {Esdra 1: 1-4}. Il numero di coloro che tornarono a Gerusalemme in seguito a questa proclamazione è stabilito come “quarantaduemila trecentosessanta persone senza contare i loro servi e le loro serve, che erano in numero di settemilatrecentotrentasette, tra di loro vi erano pure duecento cantori e cantanti” {Esdra 2: 64-65}. “Così i sacerdoti, i Leviti, la gente del popolo, i cantori, i portinai e i Nethinei si stabilirono nelle loro città, e tutti gli Israeliti nelle loro città” {Esdra 2: 70}.

La lezione non ancora imparata

Non tutto il popolo tornò a Gerusalemme, ma tutti avrebbero potuto andarsene. Se tutto Israele avesse imparato la lezione impartita dalla cattività, allora l’adempimento a lungo differito della promessa avrebbe potuto aver luogo rapidamente; poiché fino all’inizio della cattività l’unico tempo definito della profezia era il periodo di settant’anni. Ma proprio come il popolo era realmente in cattività babilonese – cioè nella schiavitù dell’orgoglio e della fiducia in sé stesso – prima della deportazione da parte di Nabucodonosor, così rimasero nella stessa cattività dopo la fine dei settant’anni. Dio aveva previsto che questo sarebbe stato il caso, e così verso la fine di quel periodo diede a Daniele una visione in cui era fissato un altro tempo.

CAPITOLO 39 – IL TEMPO DELLA PROMESSA È VICINO

Abbiamo visto che se Israele avesse imparato la lezione della fiducia in Dio e non avesse continuato ancora nella schiavitù dell’orgoglio e della fiducia in sé stesso, i settant’anni di prigionia babilonese li avrebbero portati a un punto in cui la promessa a lungo rinviata di un’eredità eterna sarebbe stata rapidamente soddisfatta. Le condizioni, infatti, sarebbero state le stesse di quando Israele, liberato dalla cattività, fu portato nella terra di Canaan sotto Giosuè, mille anni prima; poiché, come già affermato, fino all’inizio della cattività a Babilonia l’unico tempo definito della profezia era il periodo di settant’anni. Ma Dio aveva previsto prima che questo tempo finisse che la lezione non era stata appresa; e così, verso la fine di quel periodo, diede al profeta Daniele una visione in cui era fissato un altro tempo, più lungo. La profezia è brevemente questa:

La visione di Daniele Otto

“Daniele vide in visione un ariete con la particolarità che un corno era più alto dell’altro e quello più alto saliva per ultimo. Lui “Vidi il montone che cozzava a ovest a nord e a sud; nessuna bestia gli poteva resistere, né alcuno poteva liberare dal suo potere; così fece quel che volle e diventò grande” {Daniele 8: 4}. “Mentre consideravo questo ecco venire dall’ovest un capro, che percorreva tutta la superficie della terra senza toccare il suolo, il capro aveva un corno cospicuo fra i suoi occhi.Giunse fino al montone dalle due corna, che avevo visto in piedi davanti al fiume, e gli si avventò contro nel furore della sua forza.Lo vidi avvicinarsi e montare in collera contro di lui, cozzò quindi contro il montone e frantumò le sue due corna, senza che il montone avesse forza per resistergli; così lo gettò a terra e lo calpestò, e nessuno potè liberare il montone dal suo potere.Il capro diventò molto grande; ma, quando fu potente, il suo gran corno si spezzò, al suo posto spuntarono quattro corna cospicue, verso i quattro venti del cielo.Da uno di questi uscì un piccolo corno, che diventò molto grande verso sud, verso est e verso il paese glorioso.Si ingrandì fino a giungere all’esercito del cielo, fece cadere in terra parte dell’esercito e delle stelle e le calpestò.Si innalzò addirittura fino al capo dell’esercito, gli tolse il sacrificio continuo e il luogo del suo santuario fu abbattuto” {Daniele 8: 5-11}. Dopo aver fornito ulteriori dettagli riguardo a questo meraviglioso piccolo corno, il profeta così conclude il racconto della visione: “Poi udii un santo che parlava, e un altro santo disse a quello che parlava: «Fino a quando durerà la visione del sacrificio continuo e la trasgressione della desolazione, che abbandona il luogo santo e l’esercito ad essere calpestati?». Egli mi disse: «Fino a duemilatrecento giorni; poi il santuario sarà purificato” {Daniele 8: 13-14}.

L’interpretazione dell’angelo

Non si intende entrare nei dettagli della profezia, ma semplicemente darne le linee più generali, in modo da poter ricostruire la storia della promessa. Un angelo fu incaricato di spiegare la visione a Daniele, cosa che egli fece come segue: “Il montone con due corna, che tu hai visto, rappresenta i re di Media e di Persia.Il capro peloso è il re di Javan; e il gran corno che era in mezzo ai suoi occhi è il primo re.Il corno spezzato e le quattro corna che sono sorte al suo posto sono quattro regni che sorgeranno da questa nazione, ma non con la stessa sua potenza.Alla fine del loro regno, quando i ribelli avranno colmato la misura, sorgerà un re dall’aspetto feroce ed esperto in stratagemmi.La sua potenza crescerà, ma non per sua propria forza; compirà sorprendenti rovine, prospererà nelle sue imprese e distruggerà i potenti e il popolo dei santi.Per la sua astuzia farà prosperare la frode nelle sue mani; si innalzerà nel suo cuore e distruggerà molti che stanno al sicuro; insorgerà contro il principe dei principi, ma sarà infranto senza mano d’uomo.La visione delle sere e delle mattine di cui è stato parlato, è vera” {Daniele 8: 20-26}.

Vengono nominati due regni universali che dovevano seguire Babilonia, e l’altro è così chiaramente indicato che possiamo facilmente nominarlo.

La potenza che acquistò il dominio del mondo in seguito alla terza rivoluzione di cui parla Ezechiele fu Roma, qui chiaramente indicata dalla sua opera di opposizione al Principe dei principi. Dopo la morte di Alessandro, re di Grecia, il suo regno fu diviso in quattro parti, e fu con la conquista della Macedonia, una di queste quattro divisioni, nel 68 a. C., che Roma acquistò tale forza da poter dettare al mondo. Quindi si dice che provenga da uno di essi.

Un lungo periodo profetico

Ma c’è stato un periodo di tempo legato a questa visione, che l’angelo non ha spiegato con il resto della visione. Erano i duemilatrecento giorni, o, letteralmente, duemilatrecento sere e mattine. Che questi non siano giorni letterali si può capire da questo: questa è una profezia di simboli, in cui gli animali dalla vita breve vengono usati per rappresentare regni che esisterono per centinaia di anni; è perfettamente in linea con il metodo della profezia simbolica usare i giorni in relazione ai simboli, ma è evidente che devono rappresentare un periodo più lungo, nell’interpretazione, poiché duemilatrecento giorni – poco più di sei anni –non sarebbe certo l’inizio del primo regno. Quindi siamo autorizzati a concludere che ogni giorno corrisponde a un anno, come in Ezechiele 4: 6, dove il Signore usa i giorni per simboleggiare gli anni.

Più tardi lo stesso angelo tornò, in seguito alla preghiera di Daniele, per far conoscere il resto della visione, cioè i giorni (Vedi Daniele 9: 20-23). Cominciando da dove aveva interrotto, come se non fosse intervenuto nemmeno un momento, l’angelo disse: “Settanta settimane sono determinate per il tuo popolo”, ecc. (Versetto 24).

Settanta settimane, quattrocentonovanta anni, furono determinate o tagliate dai duemilatrecento anni del popolo ebraico. Dovevano cominciare dall’emanazione del decreto di restaurare e di edificare Gerusalemme. Questo decreto pieno e completo lo troviamo in Esdra 7: 2-26, e fu dato nel settimo anno di Artaserse, re di Persia, che era nel 457 a. C. A partire dall’anno 457 a. C., quattrocentonovanta anni finirebbero nell’anno 34 d.C. Ma l’ultima di queste settimane profetiche è stata divisa. Sessantanove di essi – 483 anni – arrivando fino all’anno 27 D.C., segnarono il tempo della rivelazione del Messia, o dell’Unto, il tempo in cui Gesù fu unto con lo Spirito Santo al Suo battesimo. A metà dell’ultima settimana di anni, cioè tre anni e mezzo dopo il battesimo di Gesù, il Messia fu “stroncato, ma non per Sé stesso”. Durante l’intera settimana, o sette anni, il patto fu confermato.

L’intero periodo di duemilatrecento anni, si può facilmente calcolare, arriva fino all’anno 1844 d. C., che è nel passato. Così è scaduto il periodo profetico più lungo indicato nella Bibbia, sicché ora davvero “il tempo della promessa” deve essere molto vicino. Quando il Signore verrà a restaurare tutte le cose, nessuno può dirlo, poiché “nessuno conosce quel giorno e quell’ora”. Ogni cosiddetto “calcolo” per fissare la data della venuta del Signore è pura speculazione, senza alcun fondamento di verità.

Tempo assegnato al popolo ebraico

Ma notiamo ancora per un momento quel periodo di quattrocentonovanta anni dedicato al popolo ebraico. Era un momento in cui Dio sarebbe parziale, nel senso che non considererebbe la salvezza di nessun altro popolo? Impossibile; poiché Dio non fa riguardo alle persone. Era semplicemente una prova della pazienza di Dio, nel senso che avrebbe aspettato ancora tanti anni dal popolo di Israele, per dare loro l’opportunità di accettare la loro alta chiamata di sacerdoti di Dio, per far conoscere la promessa al mondo. Ma non lo hanno fatto. Al contrario, essi stessi lo dimenticarono a tal punto che quando venne il Messia, Lo rifiutarono. Quindi, dall’essere coloro attorno ai quali dovrebbe incentrarsi il regno d’Israele, il quinto e ultimo regno universale, essi cessarono di avere qualsiasi posto distintivo nella promessa. Gli individui della razza possono essere salvati credendo al Vangelo, proprio come le altre persone; ma questo è tutto. Il tempio desolato, con il velo squarciato che rivelava il fatto che la gloria di Dio non abitava più nel suo luogo più santo, era un simbolo della posizione di quel popolo in relazione all’alleanza. Come individui possono essere innestati nel buon olivo, come tutti i Gentili, diventando così Israele; ma la loro posizione di leader, di insegnanti religiosi del mondo, è scomparsa per sempre, perché non l’hanno apprezzata. Non conoscevano il momento della loro visita.

“I tempi dei gentili”

Gerusalemme fu distrutta e i suoi abitanti furono deportati prigionieri a Babilonia, a causa del rifiuto della parola del Signore per bocca dei Suoi profeti. La città, tuttavia, fu restaurata e al popolo fu permesso di tornare, non per un ripensamento, ma in adempimento della promessa di Dio, fatta prima della prigionia. Alla città ricostruita e al popolo restaurato venne la Parola di Dio nella persona di Gesù di Nazareth, e fu nuovamente respinta. Per questo motivo la città e il popolo furono nuovamente lasciati preda dei pagani. Nel predire le miserie che sarebbero capitate agli ebrei con la distruzione della città da parte dei Romani, il Salvatore disse: “«Ed essi cadranno sotto il taglio della spada, e saranno condotti prigionieri fra tutte le nazioni; e Gerusalemme sarà calpestata dai gentili, finché i tempi dei gentili siano compiuti».«E vi saranno dei segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli, nello smarrimento al fragore del mare e dei flutti;gli uomini verranno meno dalla paura e dall’attesa delle cose che si abbatteranno sul mondo, perché le potenze dei cieli saranno scrollate.Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nuvola con potenza e grande gloria»” {Luca 21: 24-27}.

La Venuta del Signore

Dal testo è evidente che «i tempi delle genti» giungono fino alla venuta del Signore per giudicare il mondo. Annunciando questa seconda distruzione di Gerusalemme, il Signore raccontò, come la prima volta, ciò che sarebbe avvenuto alla fine del periodo di desolazione. Gli ebrei avevano avuto il loro tempo per accettare la posizione e l’opera a cui Dio li aveva chiamati, e ne avevano abusato, non conoscendo il tempo della loro visita. Poi vennero i tempi dei gentili, quando il Vangelo non doveva semplicemente essere portato loro, ma affidato loro, perché lo portassero al mondo. I Gentili comprendono tutte le nazioni, sicché la fine del loro tempo deve necessariamente essere la fine del mondo. Quella è la venuta del Signore, “per rendere ad ognuno secondo le opere, che egli ha fatto” {Apocalisse 22: 12}.

“La pienezza delle genti”

Leggiamo: “Ad Israele è avvenuto un indurimento parziale finché sarà entrata la pienezza dei gentili” {Romani 11: 25}. “La pienezza dei Gentili” è la completa restaurazione della casa d’Israele. Tutto Israele sarà salvato quando tutti coloro che ascolteranno la voce del Signore saranno stati radunati. Le “pecore perdute della casa d’Israele” sono tra tutte le nazioni della terra, i Gentili secondo la carne, e quando saranno trovate e radunate, non ci sarà più necessità della predicazione del Vangelo. “E questo evangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo in testimonianza a tutte le genti, e allora verrà la fine” {Matteo 24: 14}. La fine dei tempi delle genti è la fine del tempo accettato, il giorno della salvezza.

Il tempo non rivelato

“Ma nessuno conosce quel giorno e quell’ora” {Matteo 24: 36}. È triste che molti, di fronte a queste parole del Signore, abbiano osato fissare la data della venuta del Signore. Ogni tentativo di questo tipo è vano e malvagio. Il periodo più lungo menzionato nella profezia è passato da tempo, e tutto ciò che chiunque può sapere del tempo della venuta del Signore è che “Egli è vicino, anzi alle porte” {Matteo 24: 33}. E questo basta saperlo.

È vero che alcuni hanno pensato di sottrarsi all’accusa di fissare un tempo per la venuta del Signore, fissando una data per la fine dei “tempi dei Gentili”; ma questo, come abbiamo appena visto, è la stessa cosa. Del resto non c’è ombra di indicazione nella Bibbia su quanto siano lunghi i tempi dei gentili, né su quando inizino.

Di conseguenza è assolutamente impossibile dire quando finiranno.

Il termine “tempi dei Gentili” ricorre solo una volta nella Bibbia, cioè in Luca 21: 24, e tutto ciò che ne apprendiamo è che i tempi finiscono alla venuta del Signore. Ma “nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà” {Matteo 24: 44}.

Perciò una cosa è certa, e cioè che qualunque data l’uomo consideri come tempo della venuta del Signore, quello sarà il tempo in cui Egli non verrà.

Nessun segreto in arrivo

A questo proposito non sarà fuori luogo richiamare l’attenzione sul fatto che la venuta del Signore «come un ladro di notte» si riferisce semplicemente all’imprevedibilità della Sua venuta e non al modo. Tornerà proprio come è asceso {Atti 1: 10-12}. “Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu sollevato in alto; e una nuvola lo accolse e lo sottrasse dai loro occhi” {Atti 1: 9}. “Egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà” {Apocalisse 1: 7}. “Il Signore stesso scenderà dal cielo con un grido, con la voce dell’Arcangelo e con la tromba di Dio” {1 Tessalonicesi 4: 16}. “Se dunque vi dicono: «Ecco è nel deserto» non vi andate: «Ecco è nelle stanze segrete» non ci credete.Infatti, come il lampo esce da levante e sfolgora fino a ponente così sarà la venuta del Figlio dell’uomo” {Matteo 24: 26-27}. Il testo di Luca ci dice che i tempi dei gentili finiranno con la venuta del Signore “con potenza e grande gloria”, e che il popolo Lo vedrà e sarà terrorizzato fino alla morte dal terribile tumulto che si verificherà in cielo e in terra in relazione a quell’evento.

L’ultima chiamata da Babilonia

E ora cosa rimane? Solo questo, che il popolo di Dio ascolti e obbedisca alla chiamata di uscire da Babilonia, per timore che, rimanendo, riceva le sue piaghe. Infatti, sebbene la città sull’Eufrate fu distrutta molte centinaia di anni fa, addirittura diverse centinaia di anni prima di Cristo, tuttavia quasi cento anni dopo Cristo il profeta Giovanni fu spinto dallo Spirito a ripetere le stesse minacce pronunciate da Isaia contro Babilonia, e in parole quasi identiche: – “Nella misura che essa ha glorificato se stessa e ha vissuto nelle delizie, nella stessa misura datele tormento e cordoglio, poiché essa dice in cuor suo: «Io seggo come regina, non sono vedova e non vedrò mai cordoglio».Per questo, in uno stesso giorno, verranno le sue piaghe: morte, cordoglio e fame” {Apocalisse 18: 7-8}.

Babilonia era una città pagana, che si esaltava al di sopra di Dio. Come mostrato nella Festa di Baldassarre {Daniele 5}, rappresentava una religione che sfidava Dio. Lo stesso spirito esiste oggi, non semplicemente in una certa società, ma ovunque gli uomini scelgono la propria strada nella religione, piuttosto che sottomettersi ad ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Dio nella Sua pazienza e tenera misericordia non fa altro che aspettare che il Suo popolo, uscendo da Babilonia e umiliandosi per camminare con Lui, predichi questo Vangelo del regno, con tutto il potere del regno, sì, il potere del mondo per venire, “in tutto il mondo, in testimonianza a tutte le nazioni, e allora verrà la fine” {Matteo 24: 14}. Quella fine sarà la distruzione di Babilonia, proprio come è stato detto da Geremia; ma poiché Babilonia nell’antichità era un regno universale e il suo vero re, come mostrato in {Isaia 14}, era Satana, il dio di questo mondo, quindi la distruzione di Babilonia non è altro che il giudizio di Dio su tutta la terra, quando libera il Suo popolo. Per ora leggi le parole che “Geremia ha profetizzato contro tutte le nazioni” {Geremia 25: 13}, quando profetizzò la fine della cattività babilonese:

La controversia di Dio con le nazioni

“Poiché così mi ha detto l’Eterno, il DIO d’Israele: «Prendi dalla mia mano questa coppa del vino della mia ira e falla bere a tutte le nazioni alle quali ti manderò. Esse berranno, barcolleranno e impazziranno a motivo della spada che manderò in mezzo a loro». Allora presi la coppa dalla mano dell’Eterno e la feci bere a tutte le nazioni alle quali l’Eterno mi aveva mandato: Gerusalemme e le città di Giuda, i suoi re e i suoi principi, per ridurli a una desolazione, a un oggetto di stupore, a uno scherno e a una maledizione come avviene oggi; il Faraone, re d’Egitto, i suoi servi, i suoi principi e tutto il suo popolo; tutta la popolazione mista, tutti i re del paese di Uz, tutti i re del paese dei Filistei (cioè Ashkelon, Gaza, Ekron e i superstiti di Ashdod); Edom, Moab e i figli di Ammon; tutti i re di Tiro, tutti i re di Sidone e i re delle isole, al di là del mare; Dedan, Tema, Buz e tutti quelli che si tagliano gli angoli della barba; tutti i re di Arabia e tutti i re della popolazione mista che abita nel deserto; tutti i re di Zimri, tutti i re di Elam, tutti i re della Media e tutti i re del nord vicini o lontani, gli uni e gli altri, e tutti i regni del mondo che sono sulla faccia della terra. E il re di Sceshak, berrà dopo di loro. «Tu dunque dirai loro: Così dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Bevete ubriacatevi e vomitate, cadete senza più rialzarvi di fronte alla spada che manderò in mezzo a voi. Se poi rifiuteranno di prendere dalla tua mano la coppa da bere, di’ loro: Così dice l’Eterno degli eserciti: Voi certamente berrete. Poiché ecco, io incomincio a punire la città sulla quale è invocato il mio nome, e rimarreste voi completamente impuniti? No, non rimarrete impuniti perché io chiamerò la spada su tutti gli abitanti della terra», dice l’Eterno degli eserciti. «Perciò profetizza contro di loro tutte queste cose e di’ loro: L’Eterno ruggirà dall’alto e farà sentire la sua voce dalla sua santa dimora; egli ruggirà con forza contro il suo ovile, manderà un grido come i pigiatori d’uva contro tutti gli abitanti della terra. Il clamore giungerà fino all’estremità della terra, perché l’Eterno ha una contesa con le nazioni, egli entrerà in giudizio con ogni carne e darà gli empi in balìa della spada, dice l’Eterno». Così dice l’Eterno degli eserciti: «Ecco, una calamità passerà di nazione in nazione e un gran turbine si leverà dalle estremità della terra. In quel giorno gli uccisi dall’Eterno saranno ovunque, da una estremità all’altra della terra; non saranno rimpianti né raccolti né sepolti, ma diventeranno letame sulla faccia del suolo” {Geremia 25: 15-33}.

Questa è la terribile sorte verso cui corrono tutte le nazioni della terra. Per quella grande battaglia si stanno armando tutti. Molti di loro sognano la federazione e il dominio universale; ma Dio ha detto del dominio universale su questa terra: “Ed essa non sarà più restaurata, finché non verrà colui a cui appartiene il giudizio e al quale io la darò” {Ezechiele 21: 27}. Tutti i sogni di pace universale sono destinati a svanire nel fumo della battaglia. L’idea di un millennio di pace su questa terra attuale, da realizzare attraverso alleanze e confederazioni, sia religiose che puramente civili, è un’illusione di Satana, per far addormentare gli uomini riguardo alla distruzione imminente, affinché possano essere spazzati via da esso. La gente parla di incoronare Cristo come Re di questa terra e attende con ansia il momento in cui tutte le nazioni eserciteranno il Suo dominio; ma tutto questo insegnamento è semplicemente una preparazione al culto generale dell’anticristo. Quando Cristo assumerà l’autorità su questa terra, la prima cosa che farà sarà quella di spezzare le nazioni e raccogliere dal Suo regno tutte le cose che offendono e tutti coloro che commettono iniquità, e gettarli in una fornace ardente; e allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Ma prima che arrivi quel momento, Satana apparirà come un angelo di luce, affermando di essere Cristo, e riceverà la fedeltà di tutti coloro che hanno rifiutato la Parola del Signore riguardo al modo della venuta di Cristo. Quando gli uomini, supponendo che il millennio tanto atteso sia giunto, diranno: ” «Pace e sicurezza», allora una rovina improvvisa verrà loro addosso, come le doglie alla donna incinta; e non scamperanno” {1 Tessalonicesi 5: 3}. L’ultima rivoluzione generale avverrà alla venuta “della discendenza al quale fu fatta la promessa” {Galati 3: 19}, che prenderà poi per Sè il regno. Ma questi terribili giudizi vengono ritardati ancora per un po’, affinché tutti abbiano l’opportunità di cambiare le armi della carne con la spada dello Spirito, la Parola di Dio, che è “potente in Dio a distruggere le fortezze, affinché distruggiamo le argomentazioni ed ogni altezza che si eleva contro la conoscenza di Dio e rendiamo sottomesso ogni pensiero all’ubbidienza di Cristo” {2 Corinzi 10: 4-5}.

Questa prigionia è libertà. Per la Parola di Dio veniamo dalla schiavitù babilonese dell’orgoglio e della fiducia in sé stessi alla libertà della dolcezza di Dio. Chi ascolterà la chiamata ad uscire allo scoperto e a scambiare la schiavitù della tradizione umana e della speculazione con la libertà che dà l’eterna Parola di verità di Dio?

CAPITOLO 40 – LE TRIBÙ PERDUTE DI ISRAELE

Esiste un’idea popolare, quasi universale, che al tempo della cattività babilonese, dieci delle dodici tribù fossero completamente perdute, e che solo due tribù potessero essere radunate per tornare nella terra di Palestina alla fine dei settant’anni. Questa nozione è così profondamente radicata che quasi tutti sanno subito a cosa ci si riferisce ogni volta che si usa l’espressione “Le dieci tribù perdute”. Non ci soffermeremo ora a indagare su come questa idea sia arrivata a prevalere, ma ci accontenteremo di accertare ciò che la Bibbia ha da dire sull’argomento degli israeliti perduti.

Giuda e Israele

Innanzitutto, però, potrebbe essere utile notare un malinteso comune riguardo ai termini “Giuda” e “Israele”. Quando il regno fu diviso, dopo la morte di Salomone, la porzione meridionale, costituita dalle tribù di Giuda e Beniamino, era conosciuta come il regno di Giuda, con Gerusalemme come capitale; mentre la parte settentrionale, costituita dalle restanti tribù, era conosciuta come il regno d’Israele, con sede a Samaria. Questo regno settentrionale fu il primo a essere portato prigioniero, e le tribù che lo componevano sono quelle che si suppone siano andate perdute.

“Ebreo” e “Israelita” sono la stessa cosa

L’idea sbagliata è che il termine “ebrei” sia limitato al popolo del regno meridionale, vale a dire alle tribù di Giuda e Beniamino, e che il termine “israeliti” indica solo quelle tribù che componevano il regno settentrionale, che si supponeva fossero perdute. Proseguendo sulla linea di questa supposizione, “la calda e sfrenata immaginazione” di alcuni teologi speculativi ha immaginato che le persone generalmente conosciute come ebrei provengano dalle sole tribù di Giuda e Beniamino, e che la razza anglosassone, o più specificamente, il popolo della Gran Bretagna e l’America sono gli Israeliti o, in altre parole, le “dieci tribù perdute” scoperte.

Carattere, non nazionalità

È facile capire come sia nata questa teoria. Ha avuto origine da una totale incapacità di comprendere le promesse del Vangelo. È stato inventato per portare la razza anglosassone come erede delle promesse di Abramo, avendo perso di vista il fatto che quelle promesse abbracciavano il mondo intero, senza rispetto di nazionalità, e che “Dio non usa alcuna parzialità; ma in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente, gli è gradito” {Atti 10: 34-35}. Se gli uomini avessero creduto che “un vero Israelita, in cui non c’è inganno” {Giovanni 1: 47}, è uno “in cui non c’è astuzia”, avrebbero compreso la follia dell’idea che, non importa quanto malvagi e increduli possano essere, devono essere israeliti semplicemente perché fanno parte di una certa nazione. Ma l’idea di una chiesa nazionale e di una religione nazionale è meravigliosamente affascinante, perché è molto più piacevole per le persone supporre che dovranno essere salvate in massa, indipendentemente dal carattere, invece che attraverso la fede e la rettitudine individuali.

Uso scritturale dei termini

Bastano pochi passi della Scrittura per dimostrare che i termini «ebreo»

e “israelita” sono usati in modo intercambiabile, essendo ciascuno applicabile alla stessa persona. Ad esempio, in {Ester 2: 5} leggiamo che: “Nella cittadella di Susa c’era un giudeo chiamato Mardocheo, figlio di Jair, figlio di Scimei, figlio di Kish, un Beniaminita”. Ma in Romani 11, abbiamo l’affermazione dell’apostolo Paolo: “Anch’io sono israelita, del seme di Abramo, della tribù di Beniamino;” e lo stesso Apostolo disse: “Io sono un uomo giudeo di Tarso” {Atti 21: 39}. Qui abbiamo un uomo della tribù di Beniamino, ebreo, e un altro uomo della stessa tribù, un Israelita e allo stesso tempo ebreo. Ancora una volta, Achaz era uno dei re di Giuda e regnò a Gerusalemme (Vedi 2 Re 16: 1-2; Isaia 1: 1) Era un discendente di Davide, e uno degli antenati di Gesù secondo la carne {2

Re 16: 2; Matteo 1: 9}. Eppure, in un resoconto dell’invasione del “sud di Giuda” da parte dei Filistei, ci viene detto che “L’Eterno infatti aveva umiliato Giuda a motivo di Achaz, re di Israele, perché aveva fomentato il decadimento morale in Giuda e aveva gravemente peccato contro l’Eterno” {2 Cronache 28: 19}. Quando l’apostolo Paolo era tornato a Gerusalemme da uno dei suoi viaggi missionari, “i Giudei dell’Asia, vedendolo nel tempio, sollevarono tutta la folla e gli misero le mani addosso, gridando: «Uomini d’Israele, venite in aiuto!»” {Atti 21: 27-28}.

Un antenato comune

Il lettore può facilmente rendersi conto della naturalezza di ciò, quando ricorda che tutte le dodici tribù discendevano da un unico uomo, Giacobbe, o Israele. Il termine “Israele” è quindi applicabile a una o tutte le tribù; mentre, a causa dell’importanza di Giuda, il termine “ebreo” venne applicato a qualsiasi figlio d’Israele, indipendentemente dalla sua tribù. Parlando dei patti, Dio dice che “Io concluderò con la casa d’Israele e con la casa di Giuda un nuovo patto” {Ebrei 8: 8}, per rendere inequivocabile che la nuova alleanza dovrà essere stipulata con tutto il popolo indiviso, come lo era l’antica alleanza. Vediamo quindi che il termine “ebrei” è giustamente applicato alle stesse persone come il termine “israeliti”, ma non bisogna dimenticare che, a rigore, “il Giudeo non è colui che appare tale all’esterno, e la circoncisione non è quella visibile nella carne; ma Giudeo è colui che lo è interiormente, e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito, e non nella lettera; e d’un tal Giudeo la lode non proviene dagli uomini, ma da Dio” {Romani 2: 28-29}. Presso i popoli chiamati Giudei si è perduto il compito delle tribù, ma ciò non fa alcuna differenza; essi possono essere chiamati Israeliti altrettanto propriamente che Giudei; ma non è in uso né l’uno né l’altro termine stretta proprietà applicabile a ciascuno di essi tranne a coloro che hanno vera fede in Gesù Cristo: ed entrambi i termini sono, nel senso strettamente scritturale, applicabili a chiunque abbia tale fede, sebbene sia inglese, francese, greco, turco o cinese.

Nessuna delle tribù è “perduta”

Ora per quanto riguarda le “tribù perdute”. Che le dieci tribù non fossero perdute dopo la fine della cattività babilonese più di quanto lo fossero prima, è altrettanto chiaro dalle Scritture così come le tribù di Giuda e Beniamino non furono perdute. Come si fa a sapere che queste due tribù non erano perdute, cioè scomparse? Per il semplice fatto che ne troviamo menzione dopo la prigionia; gli individui appartenenti a quelle tribù sono menzionati per nome. Allo stesso modo sappiamo che le altre tribù esistevano distinte dopo la prigionia come prima. Non tutto il popolo d’Israele fu deportato a Babilonia; i più poveri e meno importanti furono lasciati nella loro stessa terra. Ma la maggior parte di tutte le tribù furono portate via, e così nella proclamazione reale alla fine dei settant’anni, il permesso di ritornare fu universale, come segue:

Permesso universale di ritorno

“Nel primo anno di Ciro, re di Persia, affinché si adempisse la parola dell’Eterno pronunciata per bocca di Geremia l’Eterno destò lo spirito di Ciro, re di Persia, perché facesse un editto per tutto il suo regno e lo mettesse per Iscritto dicendo: «Così dice Ciro, re di Persia: L’Eterno, il DIO dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra. Egli mi ha comandato di edificargli una casa a Gerusalemme, che è in Giuda.Chi di voi appartiene al suo popolo? L’Eterno, il suo DIO, sia con lui, salga a Gerusalemme, che è in Giuda, e ricostruisca la casa dell’Eterno, DIO d’Israele, il DIO che è in Gerusalemme»” {Esdra 1: 1-3}. Il permesso di ritorno era illimitato, ma non tutte le tribù ne approfittavano. Tutte le tribù però erano rappresentate; ma quelli che rimasero non furono per questo necessariamente perduti. Non si può dire che una famiglia sia “perduta” perché vive in un Paese straniero. Più tardi Artaserse, nel suo incarico a Esdra, scrisse: “Io ho emanato un decreto che chiunque del popolo d’Israele e dei suoi sacerdoti e Leviti nel mio regno ha liberamente deciso di andare a Gerusalemme, può venire con te” {Esdra 7: 13}.

“Tutto Israele”

Subito dopo il proclama di Ciro leggiamo: “Allora i capifamiglia di Giuda e Beniamino, i sacerdoti e i Leviti, assieme a tutti quelli ai quali DIO aveva destato lo spirito, si levarono per andare a ricostruire la casa dell’Eterno che è in Gerusalemme” {Esdra 1: 5}. Sappiamo che i servizi del santuario furono ristabiliti, e solo i leviti potevano essere impiegati in essi; e in {Esdra 3: 10} leggiamo che “quando i costruttori gettarono le fondamenta del tempio dell’Eterno, erano presenti i sacerdoti vestiti dei loro paramenti con trombe e i Leviti, figli di Asaf, con cembali per lodare l’Eterno”. Anche dopo la risurrezione e l’ascensione di Cristo leggiamo di Barnaba, “levita, e del paese di Cipro”. In {Luca 2: 36-38} leggiamo di “Anna, una profetessa, figlia di Fanuel, della tribù di Aser” che riconobbe il bambino Gesù come il Signore, “e parlò di Lui a tutti coloro che cercavano la redenzione nella Gerusalemme”.

Qui vediamo i rappresentanti di due delle dieci tribù che si suppone siano misteriosamente scomparse, espressamente menzionate per nome come residenti a Gerusalemme. È assolutamente certo che una cosa non può essere persa quando sai esattamente dove si trova. Le altre tribù non sono specificate, ma leggiamo: “Cosí i sacerdoti, i Leviti, la gente del popolo, i cantori, i portinai e i Nethinei si stabilirono nelle loro città, e tutti gli Israeliti nelle loro città” {Esdra 2: 70}.

Le dodici tribù

Quando l’apostolo Paolo fu processato per la sua vita, davanti al re Agrippa, disse: “Ed ora mi trovo in giudizio per la speranza della promessa fatta da Dio ai nostri padri, quella promessa che le nostre dodici tribù, che servono Dio con fervore giorno e notte, sperano di ottenere; per questa speranza, o re Agrippa, io sono accusato dai Giudei” {Atti 26: 6-7}. Qui troviamo che le dodici tribù esistevano ai tempi dell’apostolo Paolo e attendevano con speranza l’adempimento della promessa fatta da Dio ai padri. Ancora una volta, l’apostolo Giacomo indirizzò la sua epistola “alle dodici tribù che sono disperse” {Giacomo 1: 1}. Abbiamo qui prove sufficienti che nessuna tribù d’Israele fu mai persa più di un’altra. Tutte le distinzioni tribali sono ormai perdute, e nessun ebreo può dire a quale delle dodici tribù appartiene; e così, in questo senso, non solo dieci, ma tutte le tribù sono ora perdute, sebbene tutte le dodici tribù siano rappresentate nel popolo ebraico sparso sulla terra. Dio, però, rispetta l’elenco, e nel mondo a venire metterà ogni persona al suo posto, perché la città che Abramo aspettava, la capitale dell’eredità promessa a lui e alla sua discendenza, la Nuova Gerusalemme, ha dodici porte, e sulle porte ci sono “i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele” {Apocalisse 21: 12}.

Chi il Signore considera un israelita

Gli ultimi due testi suggeriscono un altro fatto, vale a dire che il calcolo delle tribù da parte di Dio non segue il calcolo dell’uomo. “L’uomo infatti guarda all’apparenza, ma l’Eterno guarda al cuore” {1 Samuele 16: 7}. “Infatti il Giudeo non è colui che appare tale all’esterno, e la circoncisione non è quella visibile nella carne; ma Giudeo è colui che lo è interiormente, e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito, e non nella lettera” {Romani 2: 28-29}. Tutti coloro che saranno salvati entreranno “per le porte nella città” {Apocalisse 22: 14}, ma ciascuna di quelle porte porta sopra il nome di una delle dodici tribù, dimostrando che i salvati compongono le dodici tribù d’Israele. Ciò è evidente anche dal fatto che “Israele” significa vincitore. La lettera di Giacomo è indirizzata alle dodici tribù, e non esiste un cristiano che non sa che i suoi insegnamenti e le sue promesse sono per lui.

Tutti “andati fuori strada”

E questo ci porta al fatto che in realtà tutte le tribù sono perdute, «poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” {Romani 3: 23}. “Noi tutti come pecore eravamo erranti, ognuno di noi seguiva la propria via, e l’Eterno ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti” {Isaia 53: 6}. Venuto dunque il Signore Gesù, disse: “Perché il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» {Luca 19: 10}. Dichiarò: “Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele” {Matteo 15: 24}, proprio nel momento in cui stava per conferire una benedizione ad una povera, disprezzata donna cananea, discendente di quei pagani che abitavano il paese prima dei giorni di Giosuè.

Qui finalmente abbiamo localizzato le tribù perdute di Israele. Non solo dieci, ma tutte le tribù sono perdute, così completamente perdute che l’unica speranza della loro salvezza è nella morte e risurrezione di Cristo. In questa condizione ci troviamo, e quindi possiamo leggere con gioia, per quanto ci riguarda, le promesse riguardanti il raduno di Israele. Chi si riconoscerà perduto e dipende totalmente da Gesù per la salvezza, sarà sicuramente salvato e sarà annoverato tra le dodici tribù.

CAPITOLO 41 – UN OVILE E UN PASTORE

“Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né il bastone del comando di fra i suoi piedi, finché venga Sciloh’; e a lui ubbidiranno i popoli” {Genesi 49: 10}. Queste sono alcune delle parole pronunciate dal patriarca Giacobbe poco prima di “morire nella fede”. Aveva chiamato a sé i suoi figli e stava dando una visione profetica di ciò che sarebbe accaduto loro “negli ultimi giorni” {Genesi 49: 1, KJV}. Il significato di Sciloh è pace o quiete, e poiché il pronome personale indica che è usato con riferimento a una persona, e non a una città, sappiamo che Cristo, il “Principe della pace” {Isaia 9: 6}, “che è la nostra pace” {Efesini 2: 14}, è quello a cui si fa riferimento. “Sulle sue spalle riposerà l’impero, e sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno. Principe della pace. Non ci sarà fine all’incremento del suo impero” {Isaia 9: 6-7}. Ciò è indicato nelle versioni alternative a margine della versione riveduta: “Finché venga a Sciloh, avendo l’obbedienza dei popoli”, o “Finché venga ciò che è suo”, o “Finché venga Colui il cui è”.

La profezia di Caiafa

Molte centinaia di anni dopo che queste parole furono pronunciate, un altro uomo di carattere molto diverso pronunciò per ispirazione parole simili. Gesù era sulla terra e attirava il popolo a Sé con le Sue parole gentili e i Suoi potenti miracoli, che causarono molti problemi ai malvagi capi sacerdoti e ai Farisei, che convocarono un consiglio per determinare cosa Gli si dovesse fare. “Ma uno di loro, Caiafa, che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla;e non considerate che conviene per noi che un sol uomo muoia per il popolo e non perisca tutta la nazione».Or egli non disse questo da sé stesso; ma, essendo sommo sacerdote in quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione,e non solo per la nazione, ma anche per raccogliere in uno i figli di Dio dispersi” {Giovanni 11: 49-52}. Il sommo sacerdote non pensava ad altro che a questo, sacrificando Gesù avrebbero salvato il popolo dalla distruzione da parte dei romani; ma Dio usò la sua bocca per una profezia secondo cui la morte di Gesù avrebbe davvero salvato il popolo dalla morte, e avrebbe salvato non solo la nazione ebraica, ma tutti i figli di Dio dispersi all’estero. Lo fa salvando il Suo popolo dai loro peccati; poiché in Lui “abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia” {Efesini 1: 7}.

La venuta di Cristo e la risurrezione

Così vediamo ancora che fin dai tempi più antichi la speranza del popolo di Dio è stato unicamente nella morte e risurrezione di Cristo. Giacobbe e la sua famiglia erano in Egitto quando furono pronunciate le parole citate per la prima volta; ma Giacobbe sapeva che il raduno del popolo dall’Egitto e da tutte le terre della loro cattività sarebbe avvenuto solo attraverso la croce di Cristo, che porta la redenzione eterna. La croce di Cristo abbraccia la seconda venuta di Cristo; “Poiché ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga” {1 Corinzi 11: 26}. Giacobbe aspettava dunque la venuta di Cristo nella gloria, per il raduno d’Israele; proprio come ci esorta l’apostolo Paolo “per la venuta del nostro Signore Gesù Cristo e per il nostro adunamento con Lui” {2 Tessalonicesi 2: 1}. «Ma come si può intendere la promessa di radunare Israele nel senso del raduno di tutti i credenti alla seconda venuta di Cristo?». La domanda dovrebbe piuttosto essere: come si può intendere qualcos’altro? La promessa ad Abramo fu la stessa per Isacco e Giacobbe. La promessa fatta ad Abramo era che in lui tutte le famiglie della terra sarebbero state benedette (Genesi 12: 3), e questa benedizione sarebbe avvenuta attraverso la morte e la risurrezione di Cristo {Atti 3: 25-26}. “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi (poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al legno»),affinché la benedizione di Abrahamo pervenisse ai gentili in Cristo Gesù, perché noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede” {Galati 3: 13-14}.

Abramo ricevette il segno della circoncisione, sigillo della giustizia della fede che aveva quando era incirconciso; “Poi ricevette il segno della circoncisione, come sigillo della giustizia della fede che aveva avuto mentre era ancora incirconciso, affinché fosse il padre di tutti quelli che credono anche se incirconcisi, affinché anche a loro sia imputata la giustizia” {Romani 4: 11}. Pertanto tutti i popoli del mondo sono possibili figli di Abramo, delle pecore della casa d’Israele. “Tutto il mondo giace nel maligno” {1 Giovanni 5: 19}, è perduto, e Cristo è venuto a cercare e a salvare i perduti.

La pecora smarrita di Israele

Cristo è il vero Pastore; l’ascolto della Sua voce è la prova che determina chi sono veramente le Sue pecore. Dice: “Le mie pecore ascoltano” {Giovanni 10: 27}.

Coloro che rifiutano di ascoltare la Sua voce si mettono tra i capri. Ora mentre era tra i Suoi discepoli disse: “Io ho anche delle altre pecore che non sono di quest’ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge e un solo pastore” {Giovanni 10: 16}.

Vediamo allora che le pecore smarrite della casa d’Israele sono sparse in tutto il mondo e solo la voce di Gesù può ritrovarle. Egli manda degli aiuto-pastori, ma devono parlare con la Sua voce, altrimenti le pecore saranno portate via, invece che raccolte. Le parole di Gesù: “Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele” {Matteo 15: 24}, quando si appresta ad esaudire la richiesta della donna sirofenicia, attirata dal suono della Sua voce, mostra che la povera, credente, donna pagana, era una delle pecore perdute della casa d’Israele.

Riuniti dal Vangelo

È dunque mediante la predicazione del Vangelo che Israele deve essere radunato; per la chiamata di Gesù alla Sua seconda venuta, “Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo” {Matteo 25: 34}, non è altro che la stessa voce che ora dice: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo” {Matteo 11: 28}. Solo coloro che ascolteranno queste parole risponderanno alla chiamata dell’ultimo giorno. È la parola del Vangelo – la parola della salvezza – che è rinnovare la terra, e popolarla di uomini giusti rinnovati da quella stessa parola. Così dice il Signore: “L’esule in cattività sarà presto liberato, non morirà nella fossa né gli mancherà il pane. Poiché io sono l’Eterno, il tuo DIO che agita il mare e ne fa muggire le onde; il suo nome è l’Eterno degli eserciti. Io ho posto le mie parole nella tua bocca e ti ho coperto con l’ombra della mia mano per stabilire i cieli e mettere le fondamenta della terra, e per dire a Sion: «Tu sei il mio popolo»” {Isaia 51: 14-16}.

Costruire il Tabernacolo di Davide

Oltre a tutto ciò che è già stato esposto dalle Scritture, mostrando più chiaramente che il numero del popolo d’Israele è completato solo da coloro che tra i gentili accettano il Vangelo, qui verranno notati due brani della Scrittura. E mentre leggiamo, non si dimentichi che il padre di tutto Israele, Abramo, fu preso di mezzo ai gentili, e che ricevette le promesse e la benedizione dello Spirito, prima di essere circonciso, per mostrare che Dio è senza riguardo alle persone, ma che tutti coloro che credono sono Israele.

Il primo che prenderemo in considerazione è nel capitolo quindicesimo degli Atti. Gli apostoli e gli anziani si erano riuniti, non per risolvere un punto di dottrina, né per mettere in atto qualcosa di nuovo, ma per alleviare le menti dei nuovi convertiti tra i Gentili, che erano turbati da falsi insegnanti. Pietro aveva raccontato come i gentili avevano udito il Vangelo dalla sua bocca, e avevano creduto, e che Dio aveva dato loro lo Spirito Santo, “e non avevano posto alcuna differenza tra noi e loro, purificando i loro cuori mediante la fede”; e poi Pietro aggiunse che per la grazia di Cristo gli stessi Giudei sarebbero stati salvati come i Gentili. {Atti 15: 7-11}. Allora Giacomo si rivolse all’assemblea dicendo: “Simone ha raccontato come per la prima volta Dio ha visitato i gentili per scegliersi da quelli un popolo per il suo nome. Con questo si accordano le parole dei profeti, come è scritto:«Dopo queste cose, io ritornerò e riedificherò il tabernacolo, di Davide che è caduto, restaurerò le sue rovine e lo rimetterò in piedi,affinché il resto degli uomini e tutte le genti su cui è invocato il mio nome cerchino il Signore, dice il Signore che fa tutte queste cose».A Dio sono note da sempre tutte le opere sue” {Atti 15: 14-18}. La parte citata da Giacomo è tratta da {Amos 9: 11-12}, e i versetti immediatamente successivi sono: “Ecco, i giorni vengono», dice l’Eterno, «in cui chi ara giungerà vicino a chi miete e chi pigia l’uva a chi sparge il seme; allora i monti stilleranno mosto, che scorrerà giù per i colli.Farò tornare dalla cattività il mio popolo Israele, ed essi ricostruiranno le città desolate e le abiteranno, pianteranno vigne e ne berranno il vino, coltiveranno giardini e ne mangeranno i frutti.Li pianterò sulla loro terra e non saranno mai più sradicati dal suolo che io ho dato loro, dice l’Eterno, il tuo DIO»” {Amos 9: 13-15} – (Confronta quest’ultima con la promessa fatta a Davide in 2 Samuele 8: 10-11).

Il tabernacolo, o casa di Davide, deve essere edificata solo attraverso la predicazione del Vangelo ai Gentili; e questo è ciò che dichiaravano gli antichi profeti. Se ciò non fu fatto, o almeno iniziato, prima del primo avvento del nostro Signore, non fu colpa di Dio, né dei Suoi profeti, ma del popolo, che non volle prestarvi ascolto. Dio mostrò in molti modi quanto fosse ansioso per il raduno di tutti i Gentili. Nessun cristiano dei nostri tempi ripeta l’egoistica incredulità del popolo professato di Dio nei tempi antichi, e pensi che Israele debba essere radunato in altro modo che attraverso la fede nel Vangelo di Cristo, che è “per tutti i popoli”.

Come tutto Israele sarà salvato

L’altra parte della Scrittura che noteremo brevemente a questo proposito si trova nell’undicesimo capitolo della lettera ai Romani. Qui la gente di

Dio è chiamato olivo. Questo è in armonia con {Isaia 11: 1} e {Isaia 53: 1}, dove Cristo è chiamato la Radice. Alcuni rami sono stati “troncati a causa dell’incredulità” {Romani 11: 20}. È la Radice che rende santi i rami {Romani 11: 16}, e perciò quando i rami dell’olivo selvatico vengono innestati, partecipano “della radice e della grassezza dell’olivo, {Romani 11: 17}, ma resistono solo per fede, e possono essere stroncati se sono negligenti {Romani 11: 16-22}. I rami che sono stati recisi a causa dell’incredulità, saranno innestati di nuovo, “se non rimangono ancora nell’incredulità” {Romani 11: 23}. Vediamo così che, sia gli ebrei che i gentili secondo la carne stanno esattamente nella stessa relazione con Dio. L’ebreo per natura, che non crede, è separato dalla radice, Cristo Gesù, mentre a Lui è unito il gentile credente per natura. Ma il fallimento nel continuare nella fede risulterà nell’esclusione del convertito Gentile, mentre l’ebreo che è stato eliminato a causa dell’incredulità ha gli stessi privilegi che ha il Gentile, a condizione che sia obbediente alla fede. “Perché non voglio, fratelli, che ignoriate questo mistero, affinché non siate presuntuosi in voi stessi, che ad Israele è avvenuto un indurimento parziale finché sarà entrata la pienezza dei gentili” {Romani 11: 25}. La cecità in parte è la sorte di Israele al momento, perché al momento Israele esiste solo in parte. Israele può essere reso pieno e completo solo con l’arrivo dei Gentili, cioè di quanti crederanno. Quando sarà venuta “la pienezza dei Gentili”, allora verrà ciò che è perfetto, perfino il giorno perfetto. “E così tutto Israele sarà salvato come sta scritto: «Il liberatore verrà da Sion, e rimuoverà l’empietà da Giacobbe.E questo sarà il mio patto con loro quando io avrò tolto via i loro peccati»” {Romani 11: 26-27} – (Confronta anche Atti 3: 24-26).

Notate il collegamento nei versetti 25 e 26: “Ad Israele è avvenuto un indurimento parziale finché sarà entrata la pienezza dei gentili,e così tutto Israele sarà salvato”. Vale a dire, tutto Israele non può essere salvato se non mediante l’introduzione dei Gentili; il che equivale a dire che i futuri Israeliti sono ora considerati Gentili, ma che a tempo debito arriveranno tutti; “e ci sarà un solo gregge e un Pastore”. “Abbiamo infatti dimostrato precedentemente che tanto i Giudei che Greci i sono tutti sotto peccato, come sta scritto: «Non c’è alcun giusto, neppure uno»” {Romani 3: 9-10}. “Non c’è distinzione;poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” {Romani 3: 22-23}. Ma c’è speranza per tutti allo stesso modo; “Poiché Dio ha rinchiuso tutti nella disubbidienza, per far misericordia a tutti” {Romani 11: 32}.

CAPITOLO 42 – L’ALLEANZA ETERNA COMPLETA 

“Una città che ha fondamenta” {Ebrei 11: 10}. “A Dio sono note da sempre tutte le opere sue” {Atti 15: 18}. “Ed egli mandi Gesù Cristo che è stato predicato prima a voi,che il cielo deve ritenere fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, dei quali Dio ha parlato per bocca di tutti i suoi santi profeti fin dal principio del mondo” {Atti 3: 20-21}. “A lui rendono testimonianza tutti i profeti” {Atti 10: 43}. Il raduno finale del popolo di Dio, e la restaurazione del suo insediamento sulla terra, è stato il tema dei profeti sin dalla caduta; e come conseguenza necessaria tutti hanno reso testimonianza che tutti coloro che credono in Cristo riceveranno la remissione dei peccati, poiché è solo attraverso la remissione dei peccati che avviene il raduno e la restaurazione. Consideriamo allora alcune di queste profezie che raccontano queste cose, ed esse serviranno da rappresentazione di tutte le altre. Prendiamo innanzitutto il capitolo 11 di Isaia.

L’opera evangelica delineata 

“Poi un ramoscello uscirà dal tronco di Isai e un germoglio spunterà dalle sue radici.Lo Spirito dell’Eterno riposerà su lui: spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di potenza, spirito di conoscenza e di timore dell’Eterno.Il suo diletto sarà nel timore dell’Eterno, non giudicherà secondo le apparenze, non darà sentenze per sentito di re,ma giudicherà i poveri con giustizia e farà decisioni eque per gli umili del paese. Colpirà il paese con la verga della sua bocca e col soffio delle sue labbra farà morire l’empio” {Isaia 11: 1-4} – (Confronta 2 Tessalonicesi 2: 8). “La giustizia sarà la cintura dei suoi lombi, e la fedeltà la cintura dei suoi fianchi.Il lupo abiterà con l’agnello e il leopardo giacerà col capretto; il vitello, il leoncello e il bestiame ingrassato, staranno insieme e un bambino li guiderà.La vacca pascolerà con l’orsa, i loro piccoli giaceranno insieme, e il leone si nutrirà di paglia come il bue.Il lattante giocherà sulla buca dell’aspide, e il bambino divezzato metterà la sua mano nel covo della vipera.Non si farà né male né distruzione su tutto il mio monte santo, poiché il paese sarà ripieno della conoscenza dell’Eterno, come le acque ricoprono il mare” {Isaia 11: 5-9}.

Qui abbiamo uno schema dell’intera storia del Vangelo, compresa la cancellazione del peccato e dei peccatori, e l’instaurazione dei giusti sulla terra rinnovata, quando “i mansueti possederanno la terra e godranno di una grande pace” {Salmi 37: 11}. Dopo aver raccontato tutta la storia, come già letto, il profeta entra un po’ più nei dettagli. Ritornando al punto da cui aveva cominciato, prosegue: “In quel giorno avverrà che la radice di Isai si ergerà come una bandiera per i popoli; le nazioni lo cercheranno, e il luogo del suo riposo, sarà glorioso.In quel giorno avverrà che il Signore stenderà la sua mano una seconda volta per riscattare il residuo del suo popolo superstite dall’Assiria e dall’Egitto, da Pathros e dall’Etiopia, da Elam, da Scinar e da Hamath e dalle isole del mare.Egli alzerà il vessillo per le nazioni, raccoglierà gli espulsi d’Israele e radunerà i dispersi di Giuda dai quattro angoli della terra” {Isaia 11: 10-12}.

Di questo raduno degli eletti provenienti dai quattro angoli della terra leggiamo anche in {Matteo 24: 31}. La potenza con cui si compirà questo raduno sarà la stessa che si manifestò quando il Signore stese la mano per la prima volta per radunare il Suo popolo; poiché leggiamo: “Vi sarà una strada per il residuo del suo popolo rimasto in Assiria, come ce ne fu una per Israele il giorno che uscì dal paese d’Egitto” {Isaia 11: 16}.

“Il tuo Dio viene”

Di questo raduno, primo ed ultimo, leggiamo anche nel quarantesimo capitolo di Isaia. La predicazione del Vangelo, compreso il perdono dei peccati, il dono del Consolatore, lo Spirito Santo, la presentazione di Dio come unica potenza nell’universo, Creatore e Conservatore, e l’annuncio della venuta del Signore nella gloria, tutto lì si trova. Poi nel messaggio. “Ecco il tuo Dio”, leggiamo: – “Ecco, il Signore, l’Eterno viene con potenza, e il suo braccio domina per lui. Ecco il suo premio è con lui e la sua ricompensa lo precede. Egli pascolerà il suo gregge come un pastore, radunerà gli agnelli col suo braccio e li porterà sul suo seno, e guiderà con dolcezza e cura le pecore che hanno i piccoli” {Isaia 40: 10-11} – (Confronta Apocalisse 22: 12). Abbiamo già letto del raduno delle pecore perdute della casa d’Israele in un solo ovile, così che ci sia “un solo ovile e un solo Pastore”; qui vediamo che quel raduno inizia con la predicazione del Vangelo, e si completa solo con la venuta del Signore nella gloria, con i Suoi angeli; e inoltre che la potenza e la gloria della venuta del Signore sono identiche alla potenza che deve accompagnare la predicazione del Vangelo.

Il gregge sparso

Nei versetti seguenti leggiamo la condizione delle pecore perdute della casa d’Israele e come i pastori infedeli disperdono le pecore invece di radunarle: – “«Figlio d’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele; profetizza e di’ a quei pastori: Così dice il Signore, l’Eterno: Guai ai pastori d’Israele che pascolano se stessi! I pastori non dovrebbero invece pascere il gregge?Voi mangiate il grasso, vi vestite di lana, ammazzate le pecore grasse, ma non pascete il gregge.Non avete fortificato le pecore deboli, non avete curato la malata, non avete fasciato quella ferita, non avete riportato a casa la smarrita e non avete cercato la perduta, ma avete dominato su loro con forza e durezza.Così esse per mancanza di pastore si sono disperse, sono diventate pasto di tutte le fiere della campagna e si sono disperse.Le mie pecore vanno errando per tutti i monti e su ogni alto colle; sì, le mie pecore sono state disperse su tutta la faccia del paese, e nessuno è andato in cerca di loro, o ne ha avuto cura»” {Ezechiele 34: 2-6}.

Salvati dai pastori infedeli

“Perciò, o pastori, ascoltate la parola dell’Eterno:Com’è vero che io vivo», dice il Signore, l’Eterno, «poiché le mie pecore sono divenute una preda, le mie pecore sono andate in pasto a tutte le fiere della campagna per mancanza di un pastore e perché i miei pastori non sono andati in cerca delle mie pecore, ma i pastori hanno pasciuto sé stessi e non hanno pasciuto le mie pecore».Perciò, o pastori, ascoltate la parola dell’Eterno:Così dice il Signore, l’Eterno: «Ecco, io sono contro i pastori; chiederò loro conto delle mie pecore e li farò smettere dal pascere le pecore. I pastori non pasceranno più se stessi, perché strapperò le mie pecore dalla loro bocca e non saranno più il loro pasto».Poiché così dice il Signore, l’Eterno: «Ecco, io stesso andrò in cerca delle mie pecore e ne avrò cura.Come un pastore ha cura del suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore disperse, così io avrò cura delle mie pecore e le strapperò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole e di dense tenebre.Le farò uscire di tra i popoli e le radunerò da vari paesi; le ricondurrò sul loro suolo e le pascerò sui monti d’Israele, lungo i corsi d’acqua e in tutti i luoghi abitati del paese” {Ezechiele 34: 7-13} – (Confronta Romani 4: 13).

Un solo pastore 

“Stabilirò su di esse un solo pastore che le pascolerà, il mio servo Davide, Egli le pascolerà e sarà il loro pastore.E io l’Eterno, sarò il loro DIO e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro. Io l’Eterno, ho parlato.Stabilirò con esse un patto di pace e farò sparire le belve malefiche dal paese; così esse potranno dimorare al sicuro nel deserto e dormire nelle foreste.E renderò loro i luoghi intorno al mio colle una benedizione; farò scendere la pioggia a suo tempo, e saranno piogge di benedizione.L’albero della campagna darà il suo frutto e la terra darà i suoi prodotti. Esse staranno al sicuro sul loro suolo e riconosceranno che io sono l’Eterno, quando spezzerò le sbarre del loro giogo e le libererò dalla mano di quelli che le tenevano in schiavitù.E non saranno più preda delle nazioni né le divoreranno più le fiere della campagna, ma dimoreranno al sicuro a e nessuno le spaventerà” {Ezechiele 34: 23-28} – (Confronta Isaia 9: 6-9).

Riuniti dalla Resurrezione

Come si svolgerà esattamente questo raduno finale, ci viene detto nel capitolo 37: – “La mano dell’Eterno fu sopra me, mi portò fuori nello Spirito dell’Eterno e mi depose in mezzo a una valle che era piena di ossa.Quindi mi fece passare vicino ad esse, tutt’intorno; ed ecco, erano in grandissima quantità sulla superficie della valle; ed ecco, erano molto secche.Mi disse: «Figlio d’uomo, possono queste ossa rivivere?». Io risposi: «O Signore, o Eterno, tu lo sai».Mi disse ancora: «Profetizza a queste ossa e di’ loro: Ossa secche, ascoltate la parola dell’Eterno.Così dice il Signore, l’Eterno, a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e voi rivivrete.Metterò su di voi la carne, vi coprirò di pelle e metterò in voi lo spirito, e vivrete; allora riconoscerete che io sono l’Eterno.Così profetizzai come mi era stato comandato; mentre profetizzavo, ci fu un rumore; ed ecco uno scuotimento; quindi le ossa si accostarono l’una all’altra.Mentre guardavo, ecco crescere su di esse i tendini e la carne, che la pelle ricoprí; ma non c’era in loro lo spirito.Allora egli mi disse: «Profetizza allo spirito, profetizza figlio d’uomo e di’ allo spirito: Così dice il Signore, l’Eterno: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi uccisi, perché vivano»,Così profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi, e ritornarono in vita e si alzarono in piedi: erano un esercito grande, grandissimo.Poi mi disse: «Figlio d’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele. Ecco essi dicono: le nostre ossa sono secche, la nostra speranza è svanita e noi siamo perduti.Perciò profetizza e di’ loro: Così dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io aprirò i vostri sepolcri, vi farò uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi ricondurrò nel paese d’Israele. Riconoscerete che io sono l’Eterno, quando aprirò i vostri sepolcri e vi farò uscire dalle vostre tombe, o popolo mio.Metterò in voi il mio Spirito e voi vivrete, e vi porrò sulla vostra terra; allora riconoscerete che io, l’Eterno, ho parlato e ho portato a compimento la cosa», dice l’Eterno” {Ezechiele 37: 1-14} – (Confronta Giovanni 5: 25-29).

Tutta la casa d’Israele

Vediamo così che la promessa del Signore a Davide che avrebbe assegnato un luogo per il Suo popolo Israele, e lo avrebbe piantato, affinché potessero dimorare in un luogo tutto loro, e non si muovessero più, e non fossero più afflitti {2 Samuele 7: 10}, deve realizzarsi con la risurrezione dai morti. E questo raduno d’Israele, l’unico che sia mai stato promesso, e basta, abbraccia tutti i fedeli di tutti i tempi; poiché quando il Signore parla, “tutti quelli che sono nelle tombe udranno la Sua voce e ne verranno fuori”.

Abbiamo visto che questa riunione deve essere di “tutta la casa d’Israele”, i versetti seguenti mostrano che in quel tempo non ci sarà divisione del regno, ma solo “un solo ovile e un solo pastore”: “«Tu, figlio d’uomo, prenditi un pezzo di legno e su di esso scrivi: «Per Giuda e per i figli d’Israele, suoi compagni». Poi prenditi un altro pezzo di legno e su di esso scrivi: «Per Giuseppe bastone di Efraim e di tutta la casa d’Israele, suoi compagni».Avvicinali quindi l’uno all’altro in un solo legno, affinché diventino una sola cosa nella tua mano. Quando i figli del tuo popolo ti parleranno, dicendo: «Ci vuoi spiegare che cosa significano queste cose per te?»tu dirai loro: Così dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io prenderò il legno di Giuseppe, che è in mano di Efraim, e le tribù d’Israele che sono suoi compagni, e li unirò a questo, cioè al legno di Giuda, per farne un solo legno; essi diventeranno così una sola cosa nella mia mano.Tieni nella tua mano sotto i loro occhi i legni sui quali hai scrittoe di’ loro: Così dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io prenderò i figli d’Israele dalle nazioni fra le quali sono andati, li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nel loro paese,e farò di loro una sola nazione nel paese, sui monti d’Israele, un solo re regnerà su tutti loro; non saranno più due nazioni né saranno più divisi in due regni.Non si contamineranno più con i loro idoli, con le loro abominazioni e con tutte le loro trasgressioni; li libererò da tutti i luoghi dove hanno abitato dove hanno peccato, e li purificherò; così saranno il mio popolo e io sarò il loro DIO.Il mio servo Davide sarà re su di loro e ci sarà un unico pastore per tutti; essi cammineranno nei miei decreti, osserveranno i miei statuti e li metteranno in pratica.E abiteranno nel paese che io diedi al mio servo Giacobbe, dove abitarono i vostri padri. Vi abiteranno essi, i loro figli e i figli dei loro figli per sempre, e il mio servo Davide sarà loro principe per sempre»” {Ezechiele 37: 16-25}.

Ora notiamo in particolare quanto segue: “Stabilirò con loro un patto di pace: sarà un patto eterno con loro, li renderò stabili, li moltiplicherò e metterò il mio santuario in mezzo a loro per sempre.La mia dimora sarà presso di loro; sì, io sarò il loro DIO ed essi saranno il mio popolo.Anche le nazioni riconosceranno che io, l’Eterno, santifico Israele, quando il mio santuario sarà in mezzo a loro per sempre” {Ezechiele 37: 26-28} – (Confronta Apocalisse 21: 1-3). È quando la città santa scende dal cielo da Dio, che si sente la voce che dice: “Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Ed egli abiterà con loro; e essi saranno suo popolo e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio” {Apocalisse 21: 3}.

Il giudizio di Dio su tutte le nazioni

Che la liberazione di Israele non sia un mero affare locale, è chiaramente dimostrato dalla punizione minacciata su Babilonia, nel venticinquesimo capitolo di Geremia. Fu alla fine dei settant’anni di prigionia che Dio si propose di imporre questa punizione; ma, come abbiamo già visto, in quel momento Israele non era del tutto pronto per essere radunato. Da quel giorno fino ad oggi, molti del popolo di Dio sono stati a Babilonia, così che la parola viene in questi ultimi giorni, così come allora: “Uscite di mezzo ad essa, o popolo mio” {Geremia 51: 45}. Tuttavia, Dio cominciò la punizione di Babilonia a quel tempo, e i versetti seguenti mostreranno che le promesse fatte a Israele e le minacce di punizione sui suoi oppressori riguardano tutta la terra: “Poiché così mi ha detto l’Eterno, il DIO d’Israele: «Prendi dalla mia mano questa coppa del vino della mia ira e falla bere a tutte le nazioni alle quali ti manderò»” (cfr. Salmo 75: 8; Apocalisse 14: 9-10). “Allora presi la coppa dalla mano dell’Eterno e la feci bere a tutte le nazioni alle quali l’Eterno mi aveva mandato:Gerusalemme e le città di Giuda, i suoi re e i suoi principi, per ridurli a una desolazione, a un oggetto di stupore, a uno scherno e a una maledizione come avviene oggi;il Faraone, re d’Egitto, i suoi servi, i suoi principi e tutto il suo popolo;tutta la popolazione mista, tutti i re del paese di Uz, tutti i re del paese dei Filistei (cioè Ashkelon, Gaza, Ekron e i superstiti di Ashdod);Edom, Moab e i figli di Ammon;tutti i re di Tiro, tutti i re di Sidone e i re delle isole, al di là del mare;Dedan, Tema, Buz e tutti quelli che si tagliano gli angoli della barba;tutti i re di Arabia e tutti i re della popolazione mista che abita nel deserto;tutti i re di Zimri, tutti i re di Elam,tutti i re della Media e tutti i re del nord vicini o lontani, gli uni e gli altri, e tutti i regni del mondo che sono sulla faccia della terra. E il re di Sceshak, berrà dopo di loro.«Tu dunque dirai loro: Così dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Bevete ubriacatevi e vomitate, cadete senza più rialzarvi di fronte alla spada che manderò in mezzo a voi.Se poi rifiuteranno di prendere dalla tua mano la coppa da bere, di’ loro: Così dice l’Eterno degli eserciti: Voi certamente berrete.Poiché ecco, io incomincio a punire la città sulla quale è invocato il mio nome, e rimarreste voi completamente impuniti? No, non rimarrete impuniti perché io chiamerò la spada su tutti gli abitanti della terra», dice l’Eterno degli eserciti.«Perciò profetizza contro di loro tutte queste cose e di’ loro: L’Eterno ruggirà dall’alto e farà sentire la sua voce dalla sua santa dimora; egli ruggirà con forza contro il suo ovile, manderà un grido come i pigiatori d’uva contro tutti gli abitanti della terra.Il clamore giungerà fino all’estremità della terra, perché l’Eterno ha una contesa con le nazioni, egli entrerà in giudizio con ogni carne e darà gli empi in balìa della spada, dice l’Eterno».Così dice l’Eterno degli eserciti: «Ecco, una calamità passerà di nazione in nazione e un gran turbine si leverà dalle estremità della terra.In quel giorno gli uccisi dall’Eterno saranno ovunque, da una estremità all’altra della terra; non saranno rimpianti né raccolti né sepolti, ma diventeranno letame sulla faccia del suolo.Urlate, o pastori, e gridate; voltolatevi nella polvere, o guide del gregge, perché i giorni del vostro macello sono compiuti, e cadrete come un vaso prezioso.I pastori non avranno alcuna possibilità di fuggire, e le guide del gregge alcuna via di scampo.Si udrà il grido dei pastori e il gemito delle guide del gregge, perché l’Eterno sta distruggendo il loro pascolo»” {Geremia 25: 17-36}.

Il tempo della liberazione

Si noti che questo è il momento della punizione dei falsi pastori, com’è profetizzato in {Ezechiele 34}, quando Israele sarà radunato e verrà stipulato un patto di pace con loro. Della natura di questo patto e del tempo in cui venne stipulato, abbiamo le informazioni più chiare nel libro di Geremia, specialmente se letto in connessione con le scritture già citate. Un breve abbozzo di due capitoli sarà sufficiente per completare il quadro. I dettagli sono inesauribili. Iniziamo con il capitolo 30: – “La parola che fu rivolta a Geremia da parte dell’Eterno, dicendo: «Così dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Scriviti in un libro tutte le parole che ti ho dettoperché, ecco, i giorni vengono, dice l’Eterno, nei quali io farò ritornare dalla cattività il mio popolo d’Israele e di Giuda, dice l’Eterno, e li ricondurrò nel paese che diedi ai loro padri, ed essi lo possederanno»” {Geremia 30: 1-3}.

Qui siamo su un terreno familiare. Questi versetti segnano il momento in cui avverranno le cose di cui si parlerà in seguito: quando Dio riporterà il Suo popolo nella propria terra. Quindi procediamo: “Queste sono le parole che l’Eterno pronunciò riguardo ad Israele e a Giuda:«Così dice l’Eterno: Noi abbiamo udito un grido di terrore, di spavento e non di pace.Informatevi e vedete se un maschio può partorire. Perché dunque vedo tutti gli uomini con le mani sui loro lombi, come una donna che sta per partorire? Perché tutte le facce sono diventate pallide?Ahimè, perché quel giorno è grande; non ve ne fu mai alcuno simile; sarà un tempo di angoscia per Giacobbe, ma egli ne sarà salvato.In quel giorno avverrà», dice l’Eterno degli eserciti, «che io spezzerò il suo giogo dal tuo collo e romperò i tuoi legami; gli stranieri non ti faranno più loro schiavo.Ma quei d’Israele serviranno l’Eterno, il loro DIO, e Davide, loro re, che io susciterò per loro»” {Geremia 30: 4-9}.

Confrontate con questo {Daniele 12: 1}: “«In quel tempo sorgerà Mikael, il gran principe, il difensore dei figli del tuo popolo; e ci sarà un tempo di angoscia, come non c’era mai stato da quando esistono le nazioni fino a quel tempo. In quel tempo il tuo popolo sarà salvato, tutti quelli che saranno trovati scritti nel libro»”. Sebbene il popolo di Dio debba essere liberato nel tempo della sventura che precede immediatamente la venuta del Signore, affinché nessun male gli accada, né alcuna piaga si avvicini alla sua dimora {Salmo 91}, tuttavia è impossibile che contemplino e vedano la ricompensa dei malvagi senza essere pieni di tremore; poiché non è cosa da poco quando Dio si leva per scuotere terribilmente la terra. Perciò Egli dice: “«Tu dunque, o mio servo Giacobbe, non temere», dice l’Eterno; «non spaventarti o Israele, perché, ecco, io ti salverò dal lontano paese e la tua discendenza dal paese della sua cattività. Giacobbe ritornerà, avrà riposo, starà tranquillo e nessuno più lo spaventerà.Poiché io sono con te», dice l’Eterno, «per salvarti. Io sterminerò tutte le nazioni in mezzo alle quali ti ho disperso; tuttavia non sterminerò te, ma ti castigherò con giustizia e non ti lascerò del tutto impunito” {Geremia 30: 10-11}. “Così dice l’Eterno: «Ecco, io farò ritornare dalla cattività le tende di Giacobbe e avrò pietà delle sue dimore; la città sarà ricostruita sulle sue rovine e il palazzo sarà stabilito nel suo giusto posto.Usciranno da essi canti di ringraziamento e voci di gente in festa; li farò moltiplicare e non diminuire, li renderò onorati e non saranno più umiliati.I suoi figli saranno come una volta e la sua assemblea sarà resa stabile davanti a me, ma punirò tutti i loro oppressori.Il suo principe sarà uno di essi, e il suo dominatore uscirà di mezzo a loro; io lo farò avvicinare ed egli si accosterà a me. Chi infatti disporrebbe il suo cuore per avvicinarsi a me?», dice l’Eterno.«Voi sarete il mio popolo, e io sarò il vostro Dio».Ecco la tempesta dell’Eterno si scatena furiosa, una tempesta travolgente cadrà violentemente sul capo degli empi. L’ardente ira dell’Eterno non si acquieterà, finché non abbia compiuto e finché non abbia realizzato i disegni del suo cuore. Negli ultimi giorni lo capirete” {Geremia 30: 18-24}.

Riscattati dalla tomba

“In quel tempo», dice l’Eterno, «io sarò il DIO di tutte le famiglie d’Israele, ed esse saranno il mio popolo».Così dice l’Eterno: «Il popolo scampato dalla spada ha trovato grazia nel deserto, io darò riposo a Israele».Molto tempo fa l’Eterno mi è apparso, dicendo: «Sì, ti ho amata di un amore eterno; per questo ti ho attirata con benevolenza»” {Geremia 31: 1-3}. “O nazioni, ascoltate la parola dell’Eterno e annunziatela nelle isole lontane, e dite: Chi ha disperso Israele lo raduna e lo custodisce come un pastore fa col suo gregge.Poiché l’Eterno ha riscattato Giacobbe, l’ha redento dalla mano di uno più forte di lui.Essi verranno e canteranno di gioia sulle alture di Sion e affluiranno verso i beni dell’Eterno: verso il frumento, il vino e l’olio, e verso i nati del gregge e dell’armento, la loro vita sarà come un giardino annaffiato e non languiranno più. Allora la vergine si rallegrerà nella danza e i giovani insieme ai vecchi, perché muterò il loro lutto in gioia, li consolerò e li rallegrerò dopo il loro dolore” {Geremia 31: 10-13}. “Così dice l’Eterno: «S’è udita una voce in Ramah, un lamento e un pianto amaro: Rachele, piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata per i suoi figli, perché non sono più».Così dice l’Eterno: «Trattieni la tua voce dal piangere, i tuoi occhi dal versare lacrime, perché la tua opera sarà ricompensata», dice l’Eterno; «essi ritorneranno dal paese del nemico. C’è speranza per la tua discendenza», dice l’Eterno; «i tuoi figli ritorneranno entro i loro confini»” {Geremia 31: 15-17}.

Qui abbiamo un’altra guida sicura su dove siamo, o meglio, sul tempo di cui tratta la profezia. Sappiamo che questa profezia si compì in parte quando Erode uccise i bambini a Betlemme (Matteo 2: 16-18). Ma il Signore dice a coloro che sono in lutto che i perduti verranno dalla terra del nemico (Vedi 1 Corinzi 15: 26) al proprio confine. Vediamo così ancora una volta che è solo attraverso la risurrezione dei morti che la cattività di Israele potrà essere trasformata e che essi saranno riuniti nella loro propria terra; e notiamo che il tempo di cui ora stiamo leggendo in Geremia è il tempo in cui Dio trasforma in cattività il Suo popolo. Perciò, parlando di questo stesso periodo, il profeta prosegue: “«Ecco, verranno i giorni», dice l’Eterno, «nei quali seminerò la casa d’Israele e la casa di Giuda con seme di uomini e con seme di animali.E avverrà che come ho vegliato su di loro per sradicare, per demolire e per abbattere, per distruggere e per far del male, così veglierò su di loro per edificare e per piantare», dice l’Eterno.«In quei giorni non si dirà più: «I padri hanno mangiato l’uva acerba e i denti dei figli sono rimasti allegati».Ma ognuno morirà per la propria iniquità; chiunque mangerà l’uva acerba rimarrà con i denti allegati” {Geremia 31: 27-30}.

Il Nuovo Patto

Dal collegamento non può esserci il minimo dubbio sulla quale ora ci si riferisca; è il tempo della punizione dei malvagi e della ricompensa dei giusti; il tempo in cui il popolo di Dio sarà liberato per sempre da ogni malvagità e oppressione, e sarà stabilito nella terra, per possederla per tutta l’eternità in pace e giustizia. Perciò, sempre parlando di quello stesso tempo, il profeta prosegue: “«Ecco, verranno i giorni», dice l’Eterno, «nei quali stabilirò un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda,non come il patto che ho stabilito con i loro padri nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dal paese di Egitto, perché essi violarono il mio patto, benché io fossi loro Signore»; dice l’Eterno. «Ma questo è il patto che stabilirò con la casa d’Israele dopo quei giorni» dice l’Eterno: «Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.Non insegneranno più ciascuno il proprio vicino né ciascuno il proprio fratello, dicendo: Conoscete l’Eterno! perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande», dice l’Eterno. «Poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato».Così dice l’Eterno, che ha dato il sole per la luce di giorno e le leggi alla luna e alle stelle per la luce di notte, che solleva il mare e ne fa mugghiare le onde, il cui nome è l’Eterno degli eserciti. «Se quelle leggi venissero meno davanti a me», dice l’Eterno, «allora anche la progenie d’Israele cesserebbe di essere una nazione davanti a me per sempre».Così dice l’Eterno: «Se si potessero misurare i cieli in alto, o esplorare le fondamenta della terra in basso, allora anch’io rigetterei tutta la progenie d’Israele per tutto ciò che hanno fatto, dice l’Eterno»” {Geremia 31: 31-37}. Qui abbiamo la conclusione di tutta la questione. Con la conclusione del nuovo patto, i giorni dell’esilio e della prigionia sono finiti, e il popolo di Dio dimora per sempre alla Sua presenza svelata. Quel patto deve ancora essere stipulato; tuttavia mediante la fede vivente si possono godere ora tutte le Sue benedizioni, proprio come la potenza della risurrezione, mediante la quale il popolo di Dio è finalmente stabilito nella propria terra: è il potere mediante il quale viene preparato per quel giorno glorioso.

L’Antica e la Nuova Alleanza

Da tempo, in questo studio delle promesse fatte a Israele, abbiamo visto perché, e in quali circostanze, fu stipulato l’antico patto, quando Israele si trovava alla base del Sinai. Questo è chiamato il primo o antico patto, non perché non vi fosse alcun patto che lo precedesse, ma perché fu il primo che fu stipulato “con la casa d’Israele e con la casa di Giuda” – con tutta la casa d’Israele come il patto con Abrahamo risale a più di quattrocento anni prima e abbracciava tutto ciò che Dio può concedere a qualsiasi popolo. È in virtù di quel patto con Abrahamo, confermato dal giuramento di Dio, che ora arriviamo con audacia al trono della grazia e troviamo una forte consolazione in tutte le nostre prove (Ebrei 6: 13-20). Tutti i fedeli sono figli di Abrahamo. Ma l’Israele dei tempi antichi si dimostrò infedele e dimenticò o disprezzò l’alleanza eterna stipulata con Abrahamo. Volevano camminare per visione e non per fede. Confidavano in sé stessi più che in Dio. Nella prova, quando Dio ricordò loro la Sua alleanza con Abrahamo e, come aiuto alla loro fede nella potenza della Sua promessa, ricordò loro ciò che aveva già fatto per loro, essi si presero presuntuosamente la responsabilità della propria salvezza, e stipulò un patto dal quale non poteva derivare altro che schiavitù e morte. Ma Dio, che rimane fedele anche se gli uomini non credono, ha usato anche questo come lezione pratica. Dall’ombra potevano conoscere la realtà; anche la loro schiavitù dovrebbe contenere una profezia e una promessa di libertà.

Quando verrà stipulata la Nuova Alleanza

Dio non lascia il Suo popolo nel luogo in cui la sua stessa follia lo ha posto. Quindi ha promesso una nuova alleanza. Non che mancasse qualcosa all’alleanza stipulata con Abrahamo, ma Lui avrebbe stretto la stessa alleanza con tutto il popolo d’Israele, come nazione. Questa promessa del nuovo patto è ancora valida, poiché mediante il giuramento di Dio e mediante il Suo stesso sacrificio Gesù è stato reso “garante di un patto migliore” {Ebrei 7: 32}. Notare la parola “fideiussione”. Gli uomini non hanno bisogno di una garanzia per ciò che già possiedono; il fatto che Cristo sia «garante di un’alleanza migliore» mostra che l’alleanza è ancora futura. Ora siamo figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, e se siamo di Cristo, allora siamo seme di Abrahamo ed eredi secondo la promessa. Arriviamo a Dio in Cristo unicamente in virtù dell’alleanza stipulata con Abrahamo. Questa è la nostra grande consolazione nel fuggire a Cristo per trovare rifugio. Nessuna anima è ancora “sotto il nuovo patto”, poiché questo non è stato stipulato; ma chiunque conserva l’alleanza di Dio con Abrahamo sarà sicuramente tra coloro con cui sarà stipulata. Chiunque è lo stesso tipo di cristiano che fu Abrahamo, è sicuro di tutto nella nuova alleanza come se fosse già risuscitato dai morti. La giustizia è sua adesso. Così sicuramente, come Gesù morì e risorse di nuovo, e mediante la potenza di quella morte e risurrezione, tutto Israele sarà radunato e la nuova, eterna alleanza sarà stabilita con loro: la nazione giusta che osserva la verità. L’alleanza non sarà stipulata se non con Israele, ma nessuno dovrà essere lasciato fuori, poiché chiunque lo vorrà, potrà venire. Quando fu stipulata la prima alleanza con tutto Israele. Dio è venuto con tutti gli angeli; la tromba di Dio suonò e la sua voce scosse la terra mentre veniva pronunciata la legge. Così, quando sarà stipulata la nuova alleanza, tutto Israele sarà presente – non ci sarà nessuno che non sia riunito – e “Il nostro DIO verrà e non se ne starà in silenzio” {Salmi 50: 3}; “perché il Signore stesso con un potente comando, con voce di arcangelo con la tromba di Dio discenderà dal cielo, e quelli che sono morti in Cristo risusciteranno per primi” {1 Tessalonicesi 4: 16}, “nella gloria del Padre suo con i suoi angeli” {Matteo 16: 27}. La sua voce ha scosso la terra, ma questa volta scuoterà non solo la terra, ma anche il cielo. Così l’intero universo sarà partecipe di questa grande consumazione, e l’Israele di Dio sarà così unito a “tutta la famiglia in cielo”. Mediante la croce di Cristo, «il sangue dell’alleanza eterna», è stabilito il trono di Dio; e ciò che salva i perduti della terra è il pegno della salvezza eterna degli esseri non caduti. Quando fu stipulata la prima alleanza con Israele, fu proclamata la Legge. Per loro venne emanata “una Legge di fuoco”. Così, quando Dio verrà con tutti gli angeli, per stipulare un nuovo patto con l’intera casa d’Israele, “I cieli annunceranno la sua giustizia” {Salmi 50: 6}. “Un fuoco lo precede e consuma i suoi nemici tutt’intorno. I suoi lampi illuminano il mondo, Ia terra li vede e trema.I monti si sciolgono come cera davanti all’Eterno, davanti al Signore di tutta la terra.I cieli proclamano la sua giustizia e tutti i popoli vedono la sua gloria” {Salmi 97: 3-6}.

Il primo dominio restaurato

Una lezione che va sottolineata in chiusura è che la nuova alleanza non porta nulla di nuovo, tranne la nuova terra, e cioè ciò che era fin dal principio. Gli uomini con i quali sarà fatto saranno già stati rinnovati in Cristo. Il primo dominio sarà restaurato. Nessuno dunque pensi di scusarsi dall’osservare i comandamenti di Dio, dicendo che è sotto la nuova alleanza. NO; se è in Cristo, allora è nel (non sotto) il patto con Abrahamo, e come figlio di Abrahamo, erede di Cristo, ha speranza nel nuovo patto di cui Cristo è garante. Chiunque non riconosce di essere della generazione di Abramo, Isacco e Giacobbe, in comunione con Mosè, Davide e i profeti, non ha motivo di sperare nel nuovo patto. E chi si rallegra delle promesse della nuova alleanza, le cui benedizioni già adesso lo Spirito Santo realizza, deve ricordarsi che è in virtù della nuova alleanza che la legge di Dio è messa nei nostri cuori. L’antica alleanza non portava nessuno all’obbedienza di quella Legge, ma la nuova alleanza la rende universale, affinché la terra sia piena della conoscenza del Signore, come le acque ricoprono il mare. Allora “L’Eterno sarà re su tutta la terra; in quel giorno ci sarà soltanto l’Eterno e soltanto il suo nome” {Zaccaria 14: 9}. Allora gli uomini “Contempla Sion, la città delle nostre solennità! I tuoi occhi vedranno Gerusalemme, dimora tranquilla, tenda che non sarà più rimossa, i suoi piuoli non saranno più divelti e nessuna delle sue funi sarà strappata” {Isaia 33: 20}. Il patto di pace eliminerà le bestie malvagie dalla terra, perché il leone mangerà la paglia come il bue, e il lupo sarà compagno di giochi per l’agnello, così che noi potremmo “dimorare al sicuro nel deserto e dormire nelle foreste” {Ezechiele 34: 25}, poiché “Allora il diritto abiterà nel deserto e la giustizia dimorerà nel frutteto.L’effetto della giustizia sarà la pace il risultato della giustizia tranquillità e sicurezza per sempre” {Isaia 32: 16-17}.

Meglio ancora, «saremo sempre con il Signore» e «vedremo il suo volto». Pertanto, ora e sempre: “Siano rese grazie a Dio per il Suo dono ineffabile!” “Poiché da Lui, e per mezzo di Lui, e per Lui, sono tutte le cose; al quale sia la gloria nei secoli. Amen. “Il patto di pace eliminerà le bestie malvagie dalla terra, perché il leone mangerà la paglia come il bue, e il lupo sarà compagno di giochi per l’agnello, così che noi “dimoreremo sicuri nel deserto e dormiremo nelle foreste”, poiché “Allora il diritto abiterà nel deserto e la giustizia dimorerà nel frutteto” {Isaia 32: 16}. L’effetto della giustizia sarà la pace il risultato della giustizia tranquillità e sicurezza per sempre”. Meglio di tutti noi “sempre saremo con il Signore, ” e noi “vedremmo la Sua faccia”. Perciò ora e sempre: “Siano rese grazie a Dio per il suo dono ineffabile!” “Poiché da lui, per mezzo di lui e in vista di lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen” {Romani 11: 36}.