0,00 €
Progresso di Lettura:
LA GRANDE CONTROVERSIA
Ellen G. White
Una traduzione a cura di: Comitato Raw Truth
Tutti i diritti di Copyright sono riservati al Comitato Raw Truth
Caro lettore, questo libro non è stato scritto per dirci solamente che esiste una controversia inconciliabile tra l’oscurità e la luce, tra il peccato e la giustizia, tra l’errore e la verità, tra la morte e la vita. Non vuole dirci solamente che il peccato, il dolore e la miseria esistono in questo mondo, lo sappiamo fin troppo bene. Nel nostro cuore sappiamo di essere dei protagonisti, degli attori, in questo grande conflitto.
Ad ognuno di noi viene talvolta il desiderio di conoscere meglio questa grande controversia. Com’è iniziata? È sempre esistita? Quali elementi la caratterizzano? In che modo io sono legato ad essa? Qual è la mia responsabilità? Non mi trovo in questo mondo per mia scelta, questo è un male o un bene? Quali sono i grandi princìpi coinvolti? Quanto durerà la controversia? Quale sarà la sua fine? Questa terra sprofonderà, come dicono alcuni scienziati, nelle profondità di una notte eterna, senza sole, congelata o esiste un futuro migliore? Si ripropone la domanda: in che modo la controversia nel mio cuore, il conflitto tra l’egoismo e l’amore, può risolversi con una vittoria del bene, una volta per sempre? Cosa ci dice la Bibbia? Cosa vuole insegnarci Dio riguardo a questa domanda estremamente importante? Lo scopo di questo libro, caro lettore, è quello di aiutare l’anima travagliata a trovare una giusta risposta a tutti questi interrogativi.
Affinché possiamo comprendere al meglio i princìpi dell’importantissima controversia, in cui è coinvolta la vita dell’intero universo, l’autore ci pone davanti a grandi e concrete lezioni riguardanti gli eventi degli ultimi venti secoli, che possono essere confermati da numerosi documenti storici e autorevoli. Il libro si apre con le tristi scene della storia di Gerusalemme, la città scelta da Dio, dopo il suo rifiuto dell’Uomo del Calvario, che venne per salvarla. Da lì in poi ci mostra le persecuzioni dei figli di Dio nei primi secoli; la grande apostasia che seguì nella Sua chiesa; il risveglio mondiale della Riforma, nella quale si manifestarono chiaramente alcuni dei grandi princìpi della controversia; la terribile lezione proveniente dal rifiuto dei giusti princìpi da parte della Francia; il risveglio e l’esaltazione delle Scritture e la loro benefica influenza salvifica.
L’attuale conflitto imminente, in cui nessuno può rimanere neutrale, è semplicemente, lucidamente e fortemente esposto. Infine, ci viene presentata l’eterna e gloriosa vittoria del bene sul male, della giustizia sull’errore, della luce sull’oscurità, della gioia sul dolore, della speranza sulla disperazione, della gloria sulla vergogna, della vita sulla morte e dell’amore eterno e longanime sull’odio vendicativo. Questa eccezionale opera letteraria ha raggiunto una diffusione mondiale attraverso molte edizioni e traduzioni. Il lettore scoprirà che l’autore scrive in modo franco e vigoroso, sottolineando errori e suggerendo soluzioni basate sull’infallibile Parola di Dio.
Anche se negli ultimi decenni abbiamo assistito a cambiamenti e adattamenti nel mondo socio-religioso, lo schema principale e le proiezioni future presentate in questo libro mantengono ancora oggi quella stessa attualità, catturando pienamente l’interesse del lettore.
Le precedenti pubblicazioni di questo libro hanno portato molte anime alla Verità e al Vero Pastore; il desiderio dell’editore è che questa edizione possa essere ancora più feconda per il bene eterno di coloro che la leggeranno.
Comitato Raw Truth
Prima dell’entrata del peccato, Adamo godeva di un’aperta comunione con il Suo Creatore. Ma dal momento in cui l’uomo si è separato da Dio per mezzo della trasgressione, questo gran privilegio è stato rimosso dalla razza umana.
Ma per mezzo del piano della redenzione, è stata aperta una via per mezzo della quale gli abitanti della terra possono ancora avere un collegamento con il cielo. Dio ha comunicato con gli uomini per mezzo del Suo Spirito e luce divina è stata impartita al mondo per mezzo della rivelazione ai Suoi servi eletti. Santi uomini di Dio hanno parlato secondo come sono stati mossi dallo Spirito Santo {2 Pietro 1: 21}.
Durante i primi 2500 anni di storia dell’umanità, non vi erano rivelazioni scritte. Coloro che sono stati istruiti da Dio, hanno comunicato la loro conoscenza ad altri ed è stata tramandata da padre in figlio di generazione in generazione.
La preparazione della Parola Scritta ebbe inizio ai tempi di Mosè. Rivelazioni ispirate vennero dunque incorporate in un Libro ispirato. Questo lavoro è continuato durante un lungo periodo di 1600 anni, da Mosè, lo storico della Creazione e della Legge, a Giovanni, il cronista delle più sublimi verità del vangelo.
La Bibbia indica Dio come Suo autore, nonostante sia stata scritta da mani umane. Nei vari stili dei suoi libri, presenta le caratteristiche dei vari autori. Le verità rivelate sono tutte elargite per mezzo dell’ispirazione divina {2 Timoteo 3: 16}, ma sono espresse con parole di uomini.
Colui che è l’Infinito ha irraggiato la luce nelle menti e nei cuori dei Suoi servi. Egli ha dato sogni e visioni, simboli e cifre. E coloro ai quali la Verità è stata rivelata in tal modo, hanno in loro stessi incarnato tale pensiero in lingua umana.
I dieci comandamenti sono stati enunciati da Dio stesso e sono stati scritti dalla Sua stessa mano. Sono dunque di composizione divina e non umana. Ma la Bibbia con le Sue verità, date da Dio, espressa nella lingua degli uomini, presenta un’unione del divino e dell’umano.Tale unione è esistita nella natura di Cristo, che era il Figlio di Dio e il Figlio dell’uomo. Come per Cristo, così è per la Bibbia, la Parola si è fatta carne ed ha abitato in mezzo a noi {Giovanni 1: 14}.
Scritta in epoche diverse da uomini di varie estrazioni occupazionali, mentali e spirituali, i libri biblici presentano un ampio contrasto nello stile e nella diversità della natura dei soggetti trattati. Differenti forme di espressione sono utilizzate da differenti scrittori. A volte la stessa verità è presentata in maniera più enfatica da un autore piuttosto che da un altro. E mentre differenti autori presentano un tema nei suoi vari aspetti e correlazioni, potrebbe apparire al lettore superficiale, inattento o pregiudizievole, che vi siano delle incongruenze o contraddizioni. Mentre il lettore attento e reverente, con chiara intuizione, ne discerne l’armonia di fondo.
Presentata per mezzo di differenti individui, la verità è illustrata nei suoi molteplici aspetti. Un autore può essere stato più impressionato da un certo aspetto del soggetto, poiché coglie quegli elementi che sono in armonia con la sua esperienza, con la sua percezione ed il suo apprezzamento; un altro vede altri aspetti, ed ognuno sotto la guida dello Spirito Santo presenta ciò che, nella sua mente, lo ha impressionato maggiormente. Differenti aspetti della verità in ognuno di essi, ma una perfetta armonia d’insieme. E le verità in tal modo rivelate, si uniscono formando un tutt’uno adattato a sopperire i bisogni degli uomini nelle circostanze ed esperienze della vita.
Dio si è compiaciuto nel comunicare le Sue verità agli uomini per mezzo di agenti umani. E Lui stesso per mezzo dello Spirito santo ha qualificato e abilitato uomini, per compiere la Sua opera.
Ha guidato la mente nella selezione di cosa dire e cosa scrivere. Il tesoro è stato affidato a vasi di terra, eppure è non di meno che dal cielo. La testimonianza è trasmessa per mezzo delle imperfette espressioni della lingua umana, eppure è la testimonianza di Dio. E l’obbediente e fedele figlio di Dio contempla in essa la gloria di un potere divino pieno di grazia e verità.
Nelle Sue parole, Dio ha affidato a uomini la conoscenza necessaria per la salvezza. Le Sacre Scritture devono essere accettate come una rivelazione autorevole ed infallibile della Sua volontà. Sono lo standard del carattere, le rivelatrici di dottrine, e lo strumento di esame delle esperienze.
“Ogni Scrittura ispirata da Dio è anche utile a insegnare, a riprendere, a correggere ed educare nella giustizia, affinchè l’uomo di Dio sia completo, pienamente fornito per ogni buona opera” {2 Timoteo 3: 16}.
Il Fatto che Dio abbia rivelato la Sua volontà per mezzo della Sua Parola, non ha reso inutile la continua presenza e guida dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è stato promesso dal nostro Salvatore per espandere la Parola ai Suoi servi, illuminare ed applicare i Suoi insegnamenti.
E poichè è stato lo Spirito di Dio che ha ispirato la Bibbia, è impossibile che l’insegnamento dello Spirito sia contrario a quello della Parola. Lo Spirito non è stato dato, né tantomeno potrà mai essere conferito per sostituirsi alla Bibbia, poichè le Scritture insegnano che la Parola di Dio è lo standard per mezzo del quale ogni insegnamento ed esperienza devono essere esaminati. Giovanni afferma: “non credete ad ogni spirito, ma testate gli spiriti per vedere se sono da Dio, poichè molti falsi profeti sono usciti nel mondo” {1 Giovanni 4: 1} e Isaia dichiara: “alla Legge e alla Testimonianza, se non parlano secondo questa Parola, non vi è Luce in loro” {Isaia 8: 20}.
L’opera dello Spirito è stata sdegnata da molti a causa di alcuni che pretendendo di avere ricevuto un’illuminazione particolare, professano di non aver più bisogno di essere guidati dalla Parola di Dio. Essi sono governati da impressioni che ritengono essere la voce di Dio nell’anima. Ma lo Spirito che li guida, non è lo Spirito di Dio.
Questo seguire le impressioni a discapito delle Scritture può portare soltanto a confusione, inganno e rovina. Serve solo ad avanzare i progetti del maligno. Poichè il ministero dello Spirito Santo è di vitale importanza per la chiesa di Cristo, il gettare discredito verso l’opera dello Spirito è uno degli strumenti di Satana, per mezzo degli errori, degli estremisti e dei fanatici, per far si che il popolo di Dio ignori questa forma di potere che il nostro Signore stesso ha procurato.
In armonia con la Parola di Dio, il Suo Spirito doveva continuare la Sua opera durante il periodo della dispensazione del vangelo. Durante le epoche in cui le Scritture dell’Antico e Nuovo Testamento venivano ispirate, lo Spirito Santo non ha cessato di comunicare alle menti di singoli individui, nonostante le rivelazioni incorporate nel Sacro Canone. La Bibbia stessa narra di come uomini hanno ricevuto per mezzo dello Spirito Santo avvertimenti, rimproveri, consiglio ed istruzione, in materie non direttamente correlate alle Scritture ispirate. Si parla anche di profeti in varie epoche di cui non c’è nulla di scritto, ma di quanto hanno detto ci è stato tramandato. In egual modo, dopo la chiusura del Canone delle Scritture, lo Spirito Santo doveva ancora continuare la Sua opera di illuminazione, avvertimento e conforto verso i figli di Dio.
Gesù ha promesso ai Suoi discepoli il Consolatore, che è lo Spirito Santo, “che il Padre manderà nel mio nome ed Egli vi insegnerà tutte le cose rammentandovi di ogni cosa che vi ho detta, e quando Lui, lo Spirito di Verità sarà venuto, vi guiderà in tutta la Verità e vi mostrerà cose che verranno” {Giovanni 14: 26; Giovanni 16: 13}.
Le Scritture insegnano palesemente che queste promesse, sono ben distanti dall’essere limitate all’epoca apostolica, e si estendono alla Chiesa di Cristo di tutte le epoche. Il Salvatore rassicura i Suoi seguaci dicendo: “io sono con voi sempre, anche fino alla fine del mondo” {Matteo 28: 20}.
Paolo afferma che i doni e le manifestazioni dello Spirito sono stati mandati nella chiesa “per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero, per l’edificazione del corpo di Cristo, affinchè tutti noi veniamo all’unità della fede e alla conoscenza del Figlio di Dio ed all’ uomo perfetto nella pienezza della statura di Cristo” {Efesini 4: 12-13}. Per i credenti ad Efeso, l’apostolo pregò che “il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre di Gloria ci conceda lo Spirito di Saggezza e rivelazione, nella conoscenza di Lui. Gli occhi della vostra comprensione, siano illuminati affinchè voi possiate conoscere cosa sia la Speranza della sua chiamata e cosa sia la maestosa grandezza del suo potere verso di noi che crediamo” {Efesini 1: 17-19}. Il ministero dello Spirito Divino nell’illuminare la comprensione e nel rivelare alla mente le profondità della Santa Parola di Dio era la benedizione che Paolo invocava sulla chiesa di Efeso.
Dopo la meravigliosa manifestazione dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste, Pietro esortò le persone al pentimento e al battesimo nel nome di Cristo per la remissione dei peccati e disse: “riceverete il dono dello Spirito Santo poichè la promessa è a voi e ai vostri figli e a tutti coloro che sono verranno dopo molto tempo, e quanti il Signore, nostro Dio ne chiamerà” {Atti 2: 38-39}.
In diretto collegamento alle scene del gran Giorno del Signore, Dio per mezzo del profeta Gioele ha promesso una speciale manifestazione del Suo Spirito {Gioele 2: 28}. Questa profezia ha avuto un adempimento parziale nell’effusine dello Spirito il Giorno della Pentecoste, ma raggiungerà il suo pieno adempimento nella manifestazione della Grazia divina che accompagnerà l’opera finale del Vangelo. La grande controversia tra il bene ed il male aumenterà di intensità appena prima della fine dei tempi. In tutte le epoche, l’ira di Satana è stata manifestata contro la chiesa di Cristo. E Dio ha elargito la Sua grazia e il Suo Spirito sul Suo popolo per dar loro la forza di resistere al potere del maligno. Gli apostoli di Cristo per portare il Suo vangelo al mondo e per lasciarne memoria per tutte le epoche future, furono dotati in maniera speciale dell’illuminazione dello Spirito. All’avvicinarsi della liberazione finale della Chiesa, Satana agirà con maggiore forza poichè “è disceso con gran furia, poichè sa di avere poco tempo” {Apocalisse 12: 12}. Egli agirà con ogni forma di potere, segno e false meraviglie {2 Tessalonicesi 2: 9}. Per seimila anni, questa mente geniale, che una volta era la più elevata fra gli angeli di Dio, è stata pienamente occupata nell’opera di inganno e rovina. Le più grandi abilità ed astuzie e le più sataniche crudeltà sviluppate durante la millenaria controversia, verranno utilizzate contro il popolo di Dio, nel conflitto finale. Ed è in questo tempo di pericolo, che i seguaci di Cristo devono portare al mondo l’avvertimento del secondo Avvento del Signore; un popolo deve essere preparato per presentarsi dinnanzi a Lui immacolato ed irreprensibile per il Suo ritorno {2 Pietro 3: 14}.
In questo momento storico, una speciale effusione di grazia e potere non sarà meno necessaria per la chiesa di quanto lo fosse stata ai giorni degli apostoli. Per mezzo dell’illuminazione dello Spirito Santo, le scene del lungo conflitto tra il bene ed il male sono state mostrate all’autrice di queste pagine. Di volta in volta mi sono stati mostratigli sviluppi, nel corso dei secoli, della grande controversia fra Cristo, il principe di Luce, l’autore della nostra salvezza, e Satana, principe del male, autore del peccato e primo violatore della santa legge di Dio. L’inimicizia di Satana, nei confronti di Cristo è stata manifestata contro i Suoi seguaci. Il medesimo odio dei princìpi della legge di Dio, la medesima metodologia di inganno, nella quale l’errore è presentato come verità, e nella quale la legge umana è sostituita alla legge divina, e gli uomini sono indotti ad adorare la creatura invece che il Creatore, può essere rintracciato in tutta la storia passata.
I tentativi di Satana di rappresentare in maniera distorta il carattere di Dio, hanno portato gli uomini ad avere una falsa percezione del Creatore, e quindi a considerarlo con paura e odio, piuttosto che con amore. I ripetuti tentativi di mettere da parte la legge divina, portando le persone a credersi liberi dagli obblighi morali, e la sua persecuzione verso coloro che osarono resistere i suoi inganni, sono stati fermamente perseguiti nel corso dei secoli. Tali tentativi posso essere individuate nella storia dei patriarchi, dei profeti, degli apostoli, dei martiri e dei riformatori. Nella grande controversia finale, Satana impiegherà i medesimi principi di azione, manifesterà il medesimo spirito, e opererà con il medesimo fine, come in tutte le epoche precedenti. Quello che era si ripeterà. Ad eccezione del fatto che la battaglia finale sarà caratterizzata da un’intensità terribile tale che il mondo non ha mai sperimentato.
Gli inganni di Satana saranno più astuti, ed i suoi assalti, più determinati, tali “da sedurre, se fosse possibile da sedurre anche gli eletti” {Marco 13: 22}.
Mentre lo Spirito di Dio mi rivelava le grandi verità della Sua Parola e le scene del passato e del futuro, ho ricevuto l’incarico di far conoscere ad altri ciò che in tal modo mi è stato rivelato, tracciando la storia della controversia nelle epoche passate, e di presentarla sottolineando la lotta fra il bene ed il male che si stava celermente avvicinando. Nel raggiungimento di tale scopo, ho selezionato e raggruppato eventi della storia della chiesa in tal maniera da tracciare gli sviluppi delle grandi verità discriminanti, che nei vari periodi sono state date al mondo, e che hanno esacerbato l’odio di Satana e l’inimicizia di un mondo amante del mondo. Verità che sono state conservate grazie alla testimonianza di coloro che “non hanno amata la loro vita, anzi l’hanno esposta alla morte” {Apocalisse 12: 11}.
In queste rievocazioni possiamo scrutare l’anti-tipo futuro di un imminente controversia dinnanzi a noi. Considerandoli alla luce della Parola di Dio e per mezzo dell’illuminazione del Suo Spirito, possiamo vedere svelate le astuzie del maligno, e i pericoli che dovranno evitare coloro che saranno trovati irreprensibili alla Sua venuta.
I grandi eventi che hanno marchiato il progresso nelle epoche passate sono aspetti storici, ed universalmente riconosciuti dal mondo protestante. Sono fatti che nessuno può negare.
In linea con lo scopo di questo libro, ne ho presentato brevemente la storia. Tale brevità era imperativa e mi sono limitata ad usare meno spazio possibile in conformità con l’idonea comprensione della loro applicazione. In alcuni casi, dove uno storico ha raggruppato degli eventi da permettere una visione sufficientemente vasta del tema, o ha riassunto dei dettagli in maniera convenevole, le sue parole sono state citate testualmente. In altri, invece non ho indicato le fonti, poichè le citazioni non sono date per citare l’autorità di tale autore, ma poichè le sue affermazioni offrono una pronta ed energica presentazione del soggetto. Nel narrare le esperienze e prospettive di coloro che hanno portato vanti l’opera della riforma nella nostra epoca, un uso similare è stato fatto delle loro opere pubblicate.
Lo scopo di questo libro non è tanto il presentare nuove verità riguardo le lotte del passato, quanto di estrapolare fatti e princìpi che hanno a che fare con eventi futuri. Considerati come parte della controversia fra le forze della Luce e delle tenebre, tutti questi avvenimenti del passato sono percepiti con un significato nuovo, e per mezzo di essi una luce si riflette sul futuro, illuminando la via di coloro che come i riformatori delle epoche passate saranno chiamati, anche a discapito di tutti i ben terreni, a testimoniare della parola di Dio e della Testimonianza di Gesù Cristo.
Questo volume è stato scritto per illustrare le scene della grande controversia fra verità ed errore; rivelare le astuzie di Satana, e i mezzi per mezzo dei quali è possibile resistergli; presentare una soluzione soddisfacente del gran problema del male, chiarendo l’origine del peccato e la sua estirpazione finale; sottolineare la giustizia e la benevolenza di Dio nel Suo modo di agire con le Sue creature e per mostrare la santa e immutabile natura della Sua legge.
È la mia fervida preghiera che per mezzo dell’influenza di questo libro, molte anime possano essere liberate dal potere delle tenebre e divengano partecipi dell’eredità dei santi nella luce {Colossesi 1: 12}, in onore di Colui che ci ha amati e ha dato Sé stesso per noi.
Ellen G. White
“Se tu, proprio tu, avessi riconosciuto, almeno in questo tuo giorno le cose che occorrono alla tua pace! Ma ora esse sono nascoste agli occhi tuoi. Poiché verranno sopra di te dei giorni in cui i tuoi nemici faranno una trincea intorno a te, ti circonderanno e ti assedieranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te; e non lasceranno in te pietra su pietra; perché tu non hai riconosciuto il tempo nel quale sei stata visitata” {Luca 19: 42-44}. Dalla sommità del monte degli Ulivi, Gesù guardò Gerusalemme. La scena che si presentava davanti a Lui era bella e pacifica. Era la stagione della Pasqua e da tutte le parti i figli di Giacobbe si erano riuniti lì per celebrare la grande festa nazionale. In mezzo a giardini, vigneti e pendii verdi, costellati di tende per pellegrini, si erigevano le colline terrazzate, i maestosi palazzi e le imponenti mura della capitale d’Israele. La figlia di Sion sembrava nel suo orgoglio dire: “io sto seduta come una regina e non vedrò alcun dolore”; tanto appariva bella e sicura del favore del Cielo, come lo era stata secoli prima quando il salmista cantava: “Bello si erge, la gioia di tutta la terra, è il Monte Sion, la città del grande Re” {Salmo 48: 2}. In piena vista c’erano i magnifici edifici del tempio. I raggi del sole al tramonto illuminavano il biancore delle sue mura di marmo e risplendevano sul cancello dorato, sulla torre e sul pinnacolo. [17] * (I numeri in parentesi quadrata […] fanno riferimento alle pagine originali del libro in inglese).
“La perfezione della bellezza” si erigeva come l’orgoglio della nazione ebraica. Quale figlio d’Israele potrebbe contemplare la scena senza un brivido di gioia e ammirazione! Ma differenti erano i pensieri che occupavano la mente di Gesù. “Quando fu vicino, vide la città e pianse su di essa” {Luca 19: 41}. Nella gioia generale dell’entrata trionfale, mentre i rami delle palme ondeggiavano, mentre le grida di “osanna” felici risvegliavano l’eco delle colline, e migliaia di voci lo dichiaravano re, il Redentore del mondo fu sopraffatto da un improvviso e misterioso dolore. Lui, il Figlio di Dio, il Promesso di Israele, il cui potere avrebbe vinto la morte e chiamato i Suoi prigionieri dalla tomba, era in lacrime, non di dolore comune, ma di agonia intensa e irrefrenabile. Le Sue lacrime non erano per Sé stesso, benché sapesse bene dove Lo avrebbero condotto i Suoi passi. Davanti a Lui vi era il Getsemani, ovvero la scena della Sua prossima agonia. In essa vi era la “Porta delle pecore”, attraverso la quale per secoli erano state condotte le vittime del sacrificio e che si sarebbe aperta per Lui quando sarebbe stato “portato come un agnello al macello” {Isaia 53: 7}. Non molto distante c’era il Calvario, il luogo della crocifissione. Sul sentiero che Cristo stava per affrontare lo attendeva l’orrore delle più fitte tenebre, poiché doveva dare la Sua vita come un’offerta per il peccato. Eppure, non è stata la contemplazione di queste scene a gettare l’ombra su di Lui in quest’ora di gioia. Nessun presagio della Sua angoscia sovrumana offuscò quello spirito disinteressato. Pianse per le migliaia di persone condannate a Gerusalemme a causa della cecità e dell’impenitenza di coloro che venne per benedire e per salvare. La storia di oltre mille anni di speciale favore nei confronti dei guardiani di Dio, appartenente al popolo eletto, era aperta allo sguardo di Gesù. C’era il Monte Moria, dove il figlio della promessa, Isacco, come una vittima che senza opporre resistenza si era lasciato legare sull’altare, simboleggiava l’offerta del Figlio di Dio. Lì il patto di benedizione, la gloriosa promessa messianica, era stato confermato al padre dei fedeli {Genesi 22: 9, 16-18}. [18]
Lì le fiamme del sacrificio che saliva al cielo dall’aia di Ornam aveva fatto mettere da parte la spada dell’angelo distruttore {1 Cronache 21}, simbolo del sacrificio e della mediazione del Salvatore in favore degli uomini colpevoli. Gerusalemme era stata onorata da Dio più di qualsiasi altra nazione su tutta la terra. Il Signore aveva “scelto Sion”, l’aveva “desiderato per la sua dimora” {Salmo 132: 13}. Lì, per secoli, i santi profeti avevano pronunciato i loro messaggi di avvertimento. I sacerdoti avevano agitato i loro incensieri e la nuvola di incenso, con le preghiere degli adoratori, era ascesa dinanzi a Dio. Ogni giorno veniva offerto il sangue degli agnelli sacrificati, indicando l’Agnello di Dio. Lì Jehovah aveva rivelato la Sua presenza nella nuvola di gloria sopra il propiziatorio. Sion era la base di quella scala mistica che collegava la terra con il cielo {Genesi 28: 12; Giovanni 1: 51}, quella scala su cui gli angeli di Dio scendevano e salivano, e che aprirono al mondo la via verso il più Santo di tutti. Se Israele come nazione avesse mantenuto la sua fedeltà al Cielo, gli abitanti di Gerusalemme sarebbero rimasti per sempre gli eletti di Dio {Geremia 17: 21-25}. Ma la storia di quella gente favorita non era che un susseguirsi di apostasia e ribellione. Hanno resistito alla grazia del Cielo, hanno abusato dei loro privilegi e hanno offuscato le loro opportunità. Sebbene Israele “si beffò dei messaggeri di Dio, disprezzato le Sue parole e schernì i Suoi profeti” {2 Cronache 36: 16}, si era ancora manifestato a loro, come “il Signore Dio, misericordioso e clemente, lento all’ira ed abbondante in bontà e verità” {Esodo 34: 6}; nonostante i ripetuti rifiuti, la Sua misericordia continuava a manifestarsi con costanti esortazioni. Con un amore più compassionevole di quello che ha un padre per il figlio prediletto, Dio “mandò loro, fin dall’inizio e con insistenza, avvertimenti per mezzo dei suoi messaggeri; perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora” {2 Cronache 36: 15}. Quando gli appelli, le suppliche e i rimproveri non erano serviti a nulla, Egli mandò loro il miglior dono del Cielo, anzi Dio in quell’unico dono ha dato tutto il Cielo. Il Figlio di Dio stesso fu inviato ad esortare la città impenitente. Era Cristo che aveva piantato Israele come una buona vite fuori dall’Egitto {Salmo 80: 8}. [19]
La Sua stessa mano aveva scacciato i pagani davanti al popolo. L’aveva piantato “in una collina molto fruttuosa”. La Sua cura da guardiano l’aveva protetta. I Suoi servi erano stati mandati a coltivarla. “Che cosa si sarebbe potuto fare di più alla mia vigna”, esclama, “che non ho fatto per essa?” {Isaia 5: 1-4}. Sebbene dovesse produrre uva, fece uva selvatica, ma nella speranza desiderabile di vederla feconda venne di persona alla Sua vigna, e cercò di salvarla dalla distruzione. Ha zappato la terra della Sua vite; l’ha potata e l’ha amata. Aveva fatto ogni sforzo per salvare questa vigna da Lui piantata. Per tre anni il Signore della luce e della gloria ha vissuto in mezzo al Suo popolo. Egli “andava in giro facendo del bene e guarendo quanti erano oppressi dal diavolo”, legando i cuori spezzati, lasciando liberi quelli che erano prigionieri, ridando la vista ai ciechi, facendo camminare gli zoppi e dando l’udito ai sordi, purificando i lebbrosi, risuscitando i morti e predicando il Vangelo ai poveri {Atti 10: 38; Luca 4: 18; Matteo 11: 5}. A tutte le classi era rivolta la benevola chiamata: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi, e io vi darò riposo” {Matteo 11: 28}. Nonostante il bene che faceva fosse ricompensato con il male e il Suo amore con l’odio {Salmo 109: 5}, Egli aveva perseguito con determinazione la Sua missione di misericordia. Non sono mai stati respinti quelli che cercavano la Sua grazia. Senza fissa dimora, respinto e disprezzato, ha vissuto per aiutare i bisognosi ed alleggerire le sofferenze degli uomini, supplicandoli di accettare il dono della vita. Le ondate di misericordia, respinte da quei cuori impietriti, ritornarono in una marea più forte di amore compassionevole ed inesprimibile. Ma Israele si era voltato dal suo migliore Amico e unico aiuto. Le suppliche del Suo amore erano state disprezzate, i Suoi consigli respinti, i Suoi avvertimenti ridicolizzati. L’ora della speranza e del perdono stava passando velocemente; il calice dell’ira di Dio a lungo repressa era quasi pieno. La nube di apostasia e ribellione che si era formata per secoli, era ora nera di dolore, e stava per scoppiare su un popolo colpevole. [20]
Colui che solo poteva salvarli dal loro imminente destino era stato offeso, maltrattato, rifiutato e presto sarebbe stato crocifisso. Quando Cristo sarebbe stato appeso alla croce del Calvario, il periodo di Israele come nazione favorita e benedetta da Dio sarebbe finito. La perdita di una sola anima è una calamità che supera infinitamente i guadagni e i tesori di un mondo; Cristo, guardando Gerusalemme, vide la fine e il destino di un’intera città e di un’intera nazione che un tempo era stata scelta da Dio per essere il Suo tesoro personale. I profeti avevano pianto a causa dell’apostasia di Israele e a causa delle terribili desolazioni che i loro peccati avrebbero provocato. Geremia desiderava che i suoi occhi fossero una fonte di lacrime, affinché piangesse giorno e notte per gli uccisi della figlia del Suo popolo, per il gregge del Signore che era stato portato via prigioniero {Geremia 9: 1; 13: 17}. È facile comprendere il dolore di Colui il cui sguardo profetico ha preso in considerazione, non anni, ma secoli! Vide l’angelo distruttore con la spada sollevata contro la città che era stata per lungo tempo la dimora di Geova. Dal crinale del monte degli Ulivi vide il posto in seguito occupato da Tito e dal suo esercito, guardò attraverso la valle sulle corti e sui portici sacri, e con gli occhi offuscati dalle lacrime vide, in una terribile prospettiva, le mura circondate dai nemici. Udì il passo degli eserciti che andavano a farle guerra. Sentì la voce di madri e bambini che piangevano per la fame nella città assediata. Vide la Sua santa e bella casa, i Suoi palazzi e le torri, dati alle fiamme; e dove una volta si trovavano, ora vide solo un mucchio di rovine fumanti. Guardando lungo i secoli, vide il popolo dell’alleanza disperso in ogni paese, “come relitti su una spiaggia deserta”. Nella punizione temporale che stava per cadere sui Suoi figli, vide solo il primo sorso di quella coppa di collera che nel giudizio finale si sarebbe dovuto bere fino in fondo. [21]
Pietà divina, amore struggente, ha trovato espressione nelle lugubri parole: “Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono stati mandati, quante volte ho voluto riunire i tuoi figli insieme, proprio come una gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le sue ali, e tu non hai voluto!” {Matteo 23: 37}. Oh tu, nazione eletta sopra ogni altra, conoscevi il tempo della tua visita e le cose utili alla tua pace! Sono stato Io a trattenere l’angelo della giustizia, ti ho chiamato al pentimento, ma invano. Non solo hai rifiutato e respinto servi e profeti, ma pure il Santo d’Israele, il tuo Redentore. Tu sola sei responsabile della tua distruzione. “Eppure non volete venire a Me per avere la vita!” {Giovanni 5: 40}. Cristo vide in Gerusalemme un simbolo del mondo indurito nell’incredulità e nella ribellione e che si affretta ad incontrare i giudizi di Dio. I dolori di una razza caduta premevano sulla Sua anima, e questo strappò dalle Sue labbra un grido amaro. Vide le tracce del peccato evidenziate nella miseria umana, nelle lacrime e nel sangue; il Suo cuore si commosse con infinita pietà per gli afflitti e sofferenti della terra. Desiderava alleviarli tutti, ma anche la Sua mano non avrebbe potuto trattenere la marea del dolore umano e solo pochi avrebbero cercato la loro unica fonte di aiuto. Era disposto a riversare la Sua anima fino alla morte, per rendere la salvezza alla loro portata; ma pochi sarebbero venuti a Lui per avere la vita. La Maestà del paradiso era in lacrime! Il Figlio del Dio infinito, turbato nello spirito, si prostrava con angoscia! La scena riempì tutto il cielo di meraviglia. Quella scena ci rivela la natura orrenda del peccato; mostra quanto sia difficile il compito, anche per l’Onnipotente, di salvare i colpevoli dalle conseguenze della trasgressione della legge di Dio. Gesù, osservando l’ultima generazione, vide il mondo coinvolto in un inganno simile a quello che causò la distruzione di Gerusalemme. Il grande peccato degli ebrei era il loro rifiuto di Cristo; il grande peccato del mondo cristiano sarebbe stato il rifiuto della legge di Dio, la fondazione del Suo governo in cielo ed in terra. I precetti di Geova sarebbero stati disprezzati ed annullati. [22]
Milioni di oppressi dal peccato, schiavi di Satana, condannati a subire la seconda morte, rifiutarono di ascoltare le parole di verità nel giorno della loro visita. Terribile cecità! Strana infatuazione! Due giorni prima della Pasqua, quando Cristo uscì per l’ultima volta dal tempio, dopo aver denunciato l’ipocrisia dei leader ebrei, andò di nuovo con i Suoi discepoli sul Monte degli Ulivi e si sedette con loro sul pendìo erboso che sovrastava la città. Ancora una volta guardò le sue mura, le sue torri ed i suoi palazzi. Ancora una volta vide il tempio nel suo abbagliante splendore, un diadema di bellezza che coronava il sacro monte. Mille anni prima, il salmista aveva celebrato il favore di Dio nei confronti di Israele nel fare della Sua santa casa la Sua dimora. “A Salem è anche il Suo tabernacolo e la Sua dimora in Sion”. Egli “scelse la tribù di Giuda, il Monte Sion che Lui ha amato. Ed ha costruito il Suo santuario, come i luoghi altissimi” {Salmo 76: 2; 78: 68-69}. Il primo tempio era stato eretto durante il periodo più prospero della storia d’Israele. Grandi tesori, proprio per questo scopo, erano stati raccolti dal re Davide, ed i piani per la sua costruzione furono realizzati per ispirazione divina {1 Cronache 28: 12, 19}. Salomone, il più saggio dei monarchi d’Israele, aveva completato il lavoro. Questo tempio era l’edificio più magnifico che il mondo avesse mai visto. Eppure, il Signore aveva dichiarato per mezzo del profeta Aggeo, riguardo al secondo tempio: “La gloria di quest’ultima casa sarà più grande della prima”. “Scuoterò le nazioni, ed il desiderio di tutte le nazioni verrà: ed io farò riempire questa casa di gloria, dice il Signore degli eserciti” {Aggeo 2: 9, 7}. Dopo la sua distruzione da parte di Nabucodonosor, il tempio fu ricostruito circa cinquecento anni prima della nascita di Cristo per opera di un popolo che, dopo un lungo esilio, faceva ritorno in una terra desolata e quasi deserta. C’erano poi tra loro uomini anziani che avevano visto la gloria del tempio di Salomone, e che piangevano sulle fondamenta del nuovo edificio, che doveva essere così inferiore al precedente. [23]
La sensazione che prevalse allora è descritta con forza dal profeta: “Chi è rimasto tra voi che ha visto questo Tempio nella sua prima gloria? E come la vedete ora? A confronto di quella, non è questa un nulla ai vostri occhi?” {Aggeo 2: 3; Esdra 3: 12}. Poi è stata data la promessa che la gloria di quest’ultima casa sarebbe stata maggiore di quella precedente. Ma il secondo tempio non aveva eguagliato il primo in magnificenza; né era consacrato da quei segni visibili della presenza divina che riguardava il primo tempio. Non c’era alcuna manifestazione di potere soprannaturale per segnare la sua dedizione. Nessuna nuvola di gloria fu vista riempire il santuario appena eretto. Nessun fuoco dal cielo discese per consumare il sacrificio sul suo altare. La Shekinah non dimorava più tra i cherubini nel luogo santissimo; l’arca, il trono di misericordia e le tavole della testimonianza non vi si trovavano più. Nessuna voce risuonò dal cielo per far conoscere al sacerdote la volontà di Dio. Per secoli gli ebrei si erano sforzati invano di capire dove la promessa di Dio data da Aggeo si sarebbe adempiuta; tuttavia, l’orgoglio e l’incredulità accecavano le loro menti al vero significato delle parole del profeta. Il secondo tempio non fu onorato con la nuvola della gloria di Geova, ma con la presenza vivente di Colui nel quale dimorava la pienezza della divinità corporea, che era Dio stesso manifestato nella carne. Il “Desiderio di tutte le nazioni” era davvero venuto nel Suo tempio quando l’Uomo di Nazareth insegnò e guarì nelle corti sacre. Fu con la visita di Cristo, e con questa soltanto, che il secondo tempio superò il primo in gloria. Ma Israele aveva rifiutato il dono del paradiso quando l’umile Maestro che quel giorno era uscito dalle porte dorate, e con Lui la gloria si era allontanata per sempre dal tempio. E le parole del Salvatore si adempirono: “La tua casa è abbandonata e desolata” {Matteo 23: 38}. I discepoli erano colmi di stupore e meraviglia per la predizione di Cristo circa la distruzione del tempio, e volevano capire meglio il significato delle Sue parole. La ricchezza, il lavoro e le abilità architettoniche sono state utilizzate per oltre quarant’anni per accrescere il suo splendore. [24]
Erode il Grande aveva profuso nel tempio sia la ricchezza romana che il tesoro ebraico, e persino l’imperatore l’aveva arricchito con i suoi doni. Massicci blocchi di marmo bianco, di dimensioni quasi favolose, inviati da Roma per questo scopo, formavano una parte della sua struttura; proprio su questi i discepoli avevano richiamato l’attenzione del loro Maestro, dicendo: “Vedi che tipo di pietre e quali edifici ci sono!” {Marco 13: 1}. A queste parole, Gesù fece la solenne e sorprendente risposta: “In verità io vi dico che non sarà lasciata qui pietra su pietra, che non sarà gettata giù” {Matteo 24: 2}. Alla distruzione di Gerusalemme, i discepoli associarono gli eventi della venuta personale di Cristo nella gloria temporale per prendere il trono dell’impero universale, per punire gli ebrei impenitenti e per rompere il giogo dell’oppressione romana. Il Signore aveva detto loro che sarebbe venuto la seconda volta. Quindi, menzionando i giudizi su Gerusalemme, le loro menti tornarono a quella venuta; e mentre erano riuniti con il Salvatore sul Monte degli Ulivi, chiesero: “Quando avverranno queste cose? E quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo?” {Matteo 24: 3}. Il futuro fu misericordiosamente nascosto ai discepoli. Se in quel momento avessero compreso pienamente i due terribili fatti – le sofferenze e la morte del Redentore e la distruzione della loro città e del loro tempio – sarebbero stati sopraffatti dall’orrore. Cristo presentò loro uno schema degli eventi principali che avrebbero avuto luogo prima della fine dei tempi. Le Sue parole però non furono completamente comprese; ma il loro significato doveva essere spiegato al Suo popolo solo quando avrebbe avuto bisogno delle istruzioni da Lui impartite. La profezia che pronunciò era duplice nel suo significato; prefigurando la distruzione di Gerusalemme, prefigurava anche i terrori dell’ultimo grande giorno. Gesù dichiarò ai discepoli i giudizi che dovevano ricadere sull’Israele apostata, e specialmente la vendetta retributiva che sarebbe venuta su di loro per il loro rifiuto e crocifissione del Messia. Segni inconfondibili avrebbero preceduto questo culmine. [25]
L’ora temuta sarebbe arrivata improvvisamente e rapidamente. E il Salvatore avvertì i Suoi seguaci: “Quando dunque vedrete l’abominazione della desolazione, di cui parla il profeta Daniele, posta nel luogo santo, (chi legge comprenda), allora quelli che sono in Giudea fuggano alle montagne” {Matteo 24: 15-16; Luca 21: 20-21}. Quando le insegne idolatre dei Romani fossero state poste nella terra santa, che si estendeva fin fuori dalle mura della città, allora i seguaci di Cristo avrebbero dovuto salvarsi fuggendo. Non appena fosse stato dato il segnale d’avvertimento, si sarebbe dovuto scappare senza esitazione. In tutta la terra della Giudea, così come a Gerusalemme, il segnale della fuga doveva essere individuato immediatamente. Colui che era sul tetto non doveva scendere in casa sua, nemmeno per salvare i suoi tesori più preziosi. Coloro che lavoravano nei campi o nei vigneti non dovevano perdere tempo prendendo i vestiti messi da parte per poter lavorare nella calura del giorno. Non dovevano esitare un momento, per non essere coinvolti nella distruzione generale. Durante il regno di Erode, Gerusalemme non solo era stata grandemente abbellita, ma grazie all’erezione di torri, mura e fortezze, approfittando della sua situazione strategica favorevole, era stata resa apparentemente inespugnabile. Colui che in questo momento avesse predetto pubblicamente la sua distruzione, sarebbe stato accusato, come Noè ai suoi tempi, di essere un insensato allarmista. Ma Cristo aveva detto: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” {Matteo 24: 35}. A causa dei suoi peccati, l’ira di Dio era stata annunciata contro Gerusalemme, e la sua ostinata incredulità rese il suo destino certo. Il Signore aveva dichiarato per mezzo del profeta Michea: “Ascoltate vi prego, voi, capi della casa di Giacobbe e prìncipi della casa d’Israele, che disprezzate la giustizia e pervertite ogni equità, che edificate Sion con il sangue e Gerusalemme con l’iniquità. I suoi capi giudicano secondo ricompensa, i suoi sacerdoti insegnano per un salario e i suoi profeti compiono divinazioni per denaro; tuttavia, si appoggiano al Signore e dicono: “Non è forse il Signore in mezzo a noi? Non verrà su di noi alcun male” {Michea 3: 9-11}. [26]
Queste parole descrivono fedelmente gli abitanti corrotti ed ipocriti di Gerusalemme. Mentre pretendevano di osservare rigidamente i precetti della legge di Dio, trasgredivano tutti i suoi principi. Odiavano Cristo perché la Sua purezza e santità rivelavano la loro iniquità; e Lo accusarono di essere la causa di tutti i problemi che erano venuti su di loro in conseguenza dei loro peccati. Sebbene sapessero che Lui era senza peccato, avevano dichiarato che la Sua morte era necessaria per la loro sicurezza come nazione. “Se lo lasciamo fare”, dissero i capi ebrei, “tutti gli uomini crederanno in lui: i Romani verranno e distruggeranno sia il nostro luogo che la nazione” {Giovanni 11: 48}. Essi pensavano che se Cristo fosse stato sacrificato, avrebbero potuto essere ancora una volta un popolo forte ed unito. Così ragionarono, e concordarono con il consenso del loro sommo sacerdote, che sarebbe stato meglio far morire un uomo, piuttosto che far perire l’intera nazione. Così i capi ebrei avrebbero costruito “Sion con sangue e Gerusalemme con iniquità” {Michea 3: 10}. Eppure, mentre uccidevano il loro Salvatore perché rimproverava i loro peccati, tale era la loro ipocrisia che essi consideravano sé stessi come il popolo favorito da Dio e si aspettavano che il Signore li liberasse dai loro nemici. “Perciò”, continuò il profeta, “Sion sarà per te arato come un campo, e Gerusalemme diventerà un mucchio, e il monte della casa come i luoghi alti della foresta” {Michea 3: 12}. Per quasi quarant’anni, dopo che il destino di Gerusalemme era stato pronunciato da Cristo stesso, il Signore ritardò i Suoi giudizi sulla città e sulla nazione. La pazienza di Dio fu meravigliosa verso coloro che respingevano il Suo Vangelo e verso gli assassini di Suo Figlio. La parabola dell’albero infruttuoso rappresentava i rapporti di Dio con la nazione ebraica. L’ordine era stato dato: “Taglialo; perché deve occupare inutilmente il terreno?” {Luca 13: 7}, ma la divina misericordia era stata ancora una volta manifestata. C’erano ancora molti fra gli ebrei che ignoravano il carattere e l’opera di Cristo. [27]
I bambini non avevano goduto delle opportunità o ricevuto la luce che i loro genitori avevano rifiutato. Attraverso la predicazione degli apostoli e dei loro associati, Dio avrebbe fatto risplendere la luce su di loro; gli sarebbe stato permesso di vedere come la profezia si era adempiuta, non solo nella nascita e nella vita di Cristo, ma nella Sua morte e risurrezione. I bambini non furono condannati per i peccati dei genitori; ma quando, con la conoscenza di tutta la luce data ai loro genitori, i bambini rifiutarono la luce addizionale concessa a loro stessi, divennero partecipi dei peccati dei genitori e riempirono la misura della loro iniquità. L’immensa pazienza di Dio verso Gerusalemme non ha fatto che confermare gli ebrei nella loro ostinata impenitenza. Nel loro odio e crudeltà verso i discepoli di Gesù hanno respinto l’ultima offerta di misericordia. Allora Dio ritirò loro la Sua protezione, togliendo ogni freno contro l’azione di Satana e dei suoi angeli, e la nazione fu abbandonata al controllo del leader che aveva scelto. I Suoi figli avevano respinto la grazia di Cristo, che avrebbe permesso loro di sottomettere i loro impulsi malvagi, ed ora questi diventarono i conquistatori. Satana ha suscitato le passioni più feroci e brutali dell’anima. Gli uomini non ragionavano; erano al di là della ragione, controllati dall’impulso e dalla rabbia cieca. Divennero satanici nella loro crudeltà. Nella famiglia e nella nazione, tra le classi più alte e quelle più basse, erano insorti sospetto, invidia, odio, conflitto, ribellione ed omicidio. Non vi era sicurezza in alcun luogo. Amici e parenti si tradirono l’un l’altro. I genitori uccisero i loro figli e i figli i loro genitori. I governanti del popolo non avevano il potere di governarsi da soli. Le passioni incontrollate li hanno resi tiranni. Gli ebrei avevano accettato false testimonianze per condannare l’innocente Figlio di Dio. Ora le false accuse hanno reso incerte le loro vite. Per le loro azioni avevano da lungo tempo detto: “Allontanateci dagli occhi il Santo di Israele” {Isaia 30: 11}. Ora il loro desiderio è stato esaudito. Il timore di Dio non li disturbava più. [28]
Satana era a capo della nazione, e le più alte autorità civili e religiose erano sotto il suo dominio. A volte i capi delle fazioni opposte si univano per depredare e torturare le loro miserabili vittime, e di nuovo si gettavano l’uno contro l’altro e si massacravano senza pietà. Persino la santità del tempio non poteva frenare la loro orribile ferocia. Gli adoratori furono colpiti davanti all’altare e il santuario fu contaminato con i corpi degli uccisi. Eppure, nella loro cieca e blasfema presunzione, i mandanti di questo lavoro infernale dichiararono pubblicamente di non temere che Gerusalemme sarebbe stata distrutta, poiché era la città di Dio. Per stabilire il loro potere più saldamente, corruppero i falsi profeti per proclamare, anche mentre le legioni romane stavano assediando il tempio, che il popolo doveva aspettare la liberazione di Dio. Fino all’ultimo, moltitudini sostenevano la convinzione che l’Altissimo si sarebbe interposto per la sconfitta dei Suoi avversari. Ma Israele aveva respinto la protezione divina, ed ora non aveva difesa. Gerusalemme infelice! Afflitta da dissidi interni, vedeva scorrere per le sue strade il sangue dei suoi figli che si uccidevano l’un l’altro, mentre eserciti nemici abbattevano le sue fortificazioni ed uccidevano i suoi guerrieri! Tutte le predizioni di fornite da Cristo riguardanti la distruzione di Gerusalemme furono adempiute alla lettera. Gli ebrei hanno sperimentato la veridicità dei Suoi avvertimenti: “Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi” {Matteo 7: 2}. Segni, meraviglie, presagi di disastri e sventure apparvero. Nel mezzo della notte una luce innaturale brillava sul tempio e sull’altare. Sulle nuvole al tramonto erano raffigurati carri da guerra e uomini di guerra che si radunavano per la battaglia. I sacerdoti che prestavano servizio di notte nel santuario erano terrorizzati da suoni misteriosi; la terra tremò e si udì una moltitudine di voci piangere, dicendo: “Andiamo via da qui”. [29]
La grande porta orientale, che era così pesante da poter a mala pena essere chiusa da una ventina di uomini, e che era assicurata da immense sbarre di ferro conficcate nel pavimento di pietra solida, si aprì a mezzanotte, senza agenti visibili (Milman, The History of the Jews, libro 13). Per sette anni un uomo ha continuato ad andare su e giù per le strade di Gerusalemme, dichiarando i guai che dovevano venire sulla città. Di giorno e di notte cantava ripetutamente: “Una voce da est! Una voce da ovest! Una voce dai quattro venti! Una voce contro Gerusalemme e contro il tempio! Una voce contro gli sposi e le spose! Una voce contro tutto il popolo!” (Ibid.). Imprigionato e flagellato, nessuna lamentela uscì dalle sue labbra. Per insultare e maltrattare disse solamente: “Guai a Gerusalemme! Guai, guai ai suoi abitanti!”. Il suo grido di avvertimento cessò soltanto quando fu ucciso nell’assedio che aveva predetto. Nessun cristiano morì nella distruzione di Gerusalemme. Cristo aveva dato avvertimento ai Suoi discepoli e così tutti coloro che hanno creduto alle Sue parole guardavano il segno preannunciato. “Quando vedrete Gerusalemme circondata di eserciti”, disse Gesù, “sappiate allora che la sua desolazione è vicina. Allora coloro che sono nella Giudea fuggano ai monti; e coloro che sono in città se ne allontanino” {Luca 21: 20-21}. Dopo che i Romani sotto Cestio ebbero circondato la città, abbandonarono inaspettatamente l’assedio quando tutto sembrava favorevole per un attacco immediato. Gli assediati, disperati perché pensavano di non resistere, erano sul punto di arrendersi, quando il generale romano ritirò le sue forze senza una minima ragione apparente. Ma la misericordiosa provvidenza di Dio stava dirigendo gli eventi per il bene del Suo popolo. Il segno promesso era stato dato ai cristiani in attesa e ora si offriva un’opportunità a tutti coloro che volevano obbedire all’avvertimento del Salvatore. Gli eventi si evolsero in modo tale che né gli ebrei né i romani avrebbero potuto ostacolare la fuga dei cristiani. Dopo la ritirata di Cestio, gli ebrei, provenienti da Gerusalemme, inseguirono il suo esercito in fuga; e mentre entrambe le forze erano così pienamente impegnate, i cristiani ebbero l’opportunità di lasciare la città. [30]
In quel momento anche il paese era stato ripulito dai nemici che avrebbero potuto tentare di intercettarli. Al momento dell’assedio, gli ebrei erano riuniti a Gerusalemme per celebrare la festa dei Tabernacoli, e così i cristiani di tutto il paese riuscirono a fuggire senza essere ostacolati. Senza indugio fuggirono in un luogo sicuro: la città di Pella, nella terra di Perea, oltre il Giordano. Le forze ebraiche, inseguendo Cestio e il suo esercito, piombarono sui romani con tale ferocia da minacciarne la totale distruzione. Fu con grande difficoltà che i romani riuscirono a ritirarsi. Gli ebrei scapparono quasi senza perdite e con il loro bottino tornarono in trionfo a Gerusalemme. Eppure questo apparente successo portò solamente che male. Li ispirò ad un’ostinata resistenza nei confronti dei romani che si ritorse rapidamente contro la città che venne votata alla distruzione. Terribili furono le calamità che caddero su Gerusalemme quando l’assedio fu ripreso da Tito. La città fu attaccata al tempo della Pasqua ebraica, mentre milioni di ebrei erano riuniti all’interno delle sue mura. I loro depositi di provviste, che se accuratamente preservati avrebbero fornito cibo agli abitanti per anni, erano stati precedentemente distrutti dalla gelosia e dalla vendetta delle fazioni contendenti, ed ora provavano i morsi della fame. Una misura di grano veniva venduta per un talento. Tanta era la fame che gli uomini avrebbero rosicchiato la pelle delle loro cinture, e dei loro sandali e la copertura dei loro scudi. Un gran numero di persone osavano raccogliere piante selvatiche che crescevano fuori dalle mura della città, anche se molti venivano catturati e messi a morte con torture crudeli, e spesso coloro che tornavano indietro venivano derubati di quello che avevano raccolto correndo un grande pericolo. Le torture più disumane furono inflitte da coloro che erano al potere, per costringere la gente a consegnare gli ultimi scarsi rifornimenti che avevano nascosto. Queste crudeltà non raramente erano praticate da uomini ben nutriti, e che erano semplicemente desiderosi di creare un deposito di provviste per il futuro. [31]
Migliaia di persone morirono a causa di carestie e pestilenze. I legami affettivi sembravano essere stati distrutti. I mariti derubavano le loro mogli e le mogli i loro mariti. I bambini strappavano il cibo dalla bocca dei loro genitori anziani. La domanda del profeta: “Può una donna dimenticare il bambino che allatta?”, ha ricevuto la risposta tra le mura di quella città condannata: “Le mani delle donne pietose hanno fatto cuocere i loro figli; sono serviti loro di cibo, nella distruzione della figlia del mio popolo” {Isaia 49: 15; Lamentazioni 4: 10}. Ancora una volta fu adempiuta la profezia di avvertimento data quattordici secoli prima: “La tenera e delicata donna tra di voi, che non avrebbe osato posare la pianta del piede a terra, tanto si sentiva delicata e raffinata, guarderà con occhio maligno il marito che riposa sul suo seno, suo figlio e sua figlia… e verso i suoi figlioli che metterà al mondo, perché, mancando di tutto, se ne ciberà di nascosto, durante l’assedio e nell’angoscia alla quale ti ridurrà il tuo nemico nelle tue città” {Deuteronomio 28: 56-57}. I leader romani cercarono di terrorizzare gli ebrei e quindi di costringerli ad arrendersi. Quei prigionieri che resistettero una volta presi, vennero flagellati, torturati e crocifissi davanti al muro della città. Ogni giorno centinaia di persone venivano messe a morte in questo modo, ed il terribile lavoro continuò fino a quando, lungo la valle di Giosafat e sul Calvario, furono erette croci così numerose che non vi era quasi più spazio per camminare tra loro. Si adempiva in questo modo quell’orribile imprecazione pronunciata davanti al tribunale di Pilato: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli” {Matteo 27: 25}. Tito avrebbe volentieri messo fine a questa scena spaventosa, per risparmiare a Gerusalemme la piena misura del suo destino. Era pieno di orrore quando vide i corpi dei morti che giacevano ammucchiati nelle valli. Come estasiato, guardò dall’alto del monte degli Ulivi il magnifico tempio ed ordinò che non venisse toccata una sola pietra. [32]
Prima di cercare di entrare in possesso di questa fortezza, fece un serio appello ai dirigenti ebrei per non costringerlo a contaminare il luogo sacro con il loro sangue. Se fossero venuti avanti e avessero combattuto in qualsiasi altro luogo, nessun romano avrebbe infranto la santità del tempio. Lo stesso Giuseppe Flavio, in un appello molto eloquente, li esortò ad arrendersi, a salvare sé stessi, la loro città e il loro luogo di culto. Ma risposero alle sue parole soltanto con aspre maledizioni e dardi che furono lanciati contro il loro ultimo mediatore umano, mentre li implorava. Gli ebrei avevano respinto le suppliche del Figlio di Dio, e ora l’invito e la supplica non facevano che renderli più determinati a resistere fino all’ultimo. Vani furono gli sforzi di Tito per salvare il tempio; Uno più grande di lui aveva dichiarato che non una pietra doveva essere lasciata su un’altra. La cieca ostinazione dei capi ebrei, ed i tremendi crimini ripetuti nella città assediata, eccitarono l’orrore e l’indignazione dei romani, ed infine Tito decise prendere d’assalto il tempio. Decise, tuttavia, che, se possibile, doveva essere salvato dalla distruzione. Ma i suoi comandi furono ignorati. Dopo che si era ritirato nella sua tenda di notte, gli ebrei, assediati nel tempio, fecero un’improvvisa sortita, attaccarono i soldati romani che erano all’esterno. Nella lotta, un soldato scagliò una torcia attraverso un’apertura nel portico, ed immediatamente le camere rivestite di cedro attorno alla santa dimora presero fuoco. Tito si precipitò sul posto, seguito dai suoi generali e legionari, ed ordinò ai soldati di spegnere le fiamme. Le sue parole non furono ascoltate. Nella loro furia i soldati scagliarono dardi ardenti nelle camere adiacenti al tempio, e poi con le loro spade massacrarono in gran numero quelli che lì avevano trovato riparo. Il sangue scorreva giù per i gradini del tempio come acqua. Migliaia e migliaia di ebrei morirono. Nel suono della battaglia, si udirono voci gridare: “Ichabod!” cioè, la gloria se n’è andata! “Tito trovò impossibile controllare la rabbia dei soldati; entrò con i suoi ufficiali ed ispezionò l’interno dell’edificio sacro. [33]
Lo splendore li riempì di meraviglia; e poiché le fiamme non erano ancora penetrate nel luogo santo, fece un ultimo sforzo per salvarlo ed esortò di nuovo i soldati ad arrestare il progredire delle fiamme. Il centurione Liberalis, facendosi forte del suo grado di ufficiale si sforzò di imporre l’obbedienza; ma persino il rispetto per l’imperatore lasciò il posto alla furiosa rabbia contro gli ebrei, alla feroce eccitazione della battaglia e all’insaziabile sete di saccheggio. I soldati videro tutto intorno a loro lo splendore dell’oro che brillava in modo abbagliante nella luce selvaggia delle fiamme; si supponeva che tesori incalcolabili fossero depositati nel santuario. Un altro soldato, che passò inosservato, gettò una torcia accesa tra i cardini della porta: l’intero edificio fu in fiamme in un istante. Il fumo accecante ed il fuoco costrinsero gli ufficiali a ritirarsi, e il nobile edificio fu lasciato al suo destino. Se già terribile era la scena per uno spettatore romano, tanto più doveva esserlo era per un ebreo! L’intera sommità della collina che dominava la città, ardeva come un vulcano. Uno dopo l’altro gli edifici caddero, con uno schianto tremendo, e furono inghiottiti nell’abisso infuocato. I tetti di cedro erano fogli ardenti; i pinnacoli dorati brillavano come punte di luce rossa; le torri del cancello mandavano alte colonne di fiamme e fumo. Le colline vicine erano illuminate; e si vedevano gruppi oscuri di persone che osservavano con orribile ansietà il progredire della distruzione: le mura e le altezze della città alta erano affollate di facce, alcune impallidite dall’agonia della disperazione, altre da una sete di vendetta. Le grida dei soldati romani mentre correvano avanti e indietro, e le urla degli insorti che stavano perendo tra le fiamme, si mescolavano al ruggito dell’incendio e al suono tonante di assi cadenti. Gli echi delle montagne rispondevano o riportavano le grida della gente sulle alture; lungo le pareti risuonavano urla e lamenti; gli uomini che si stavano confrontando con la carestia raccolsero le loro residue forze per emettere un grido di angoscia e desolazione. [34]
Il massacro all’interno era ancora più terribile dello spettacolo all’esterno. Uomini e donne, vecchi e giovani, ribelli e sacerdoti, quelli che combattevano e quelli che imploravano misericordia, furono abbattuti in una carneficina indiscriminata. Il numero degli uccisi superava quello dei carnefici. I legionari dovettero arrampicarsi sui cumuli dei morti per continuare il lavoro di sterminio” (Milman, The History of the Jews, vol. 16).
Dopo la distruzione del tempio, l’intera città cadde presto nelle mani dei romani. I capi degli ebrei abbandonarono le loro torri inespugnabili e Tito li trovò solitari. Li guardò con stupore e dichiarò che Dio li aveva dati nelle sue mani; perché nessun macchinario, per quanto potente, avrebbe potuto prevalere contro quelle stupende costruzioni. Sia la città che il tempio furono rasi al suolo, e il terreno sul quale si trovava la casa santa fu “arato come un campo” {Geremia 26: 18}. Durante l’assedio ed il massacro che seguirono, morirono più di un milione di persone; i sopravvissuti furono portati via come prigionieri, venduti come schiavi, trascinati a Roma per onorare il trionfo del conquistatore, gettati a bestie selvagge negli anfiteatri, o dispersi come vagabondi senzatetto in tutta la terra. Gli ebrei avevano forgiato le loro stesse catene; avevano riempito la coppa dell’ira. Nella completa distruzione che li colpì come nazione, e in tutti i guai che li seguirono nella loro dispersione, stavano solo raccogliendo il raccolto che le loro mani avevano seminato. Dice il profeta: “O Israele, ti sei distrutto”; “perché sei caduto per la tua iniquità” {Osea 13: 9; 14: 1}.
Le loro sofferenze sono spesso rappresentate come una punizione che si è abbattuta su di loro in seguito al decreto promulgato da Dio. È così che il grande ingannatore cerca di nascondere la propria opera. Con il rifiuto ostinato dell’amore divino e della misericordia, gli ebrei avevano fatto sì che la protezione di Dio fosse ritirata da loro, ed a Satana fu permesso di governarli secondo la sua volontà. [35]
Le orribili crudeltà attuate nella distruzione di Gerusalemme sono una dimostrazione del potere vendicativo di Satana su coloro che cadono sotto il suo controllo.
Forse non ci rendiamo conto di quanto dobbiamo a Cristo per la pace e la protezione di cui ogni giorno godiamo. È la protezione di Dio che impedisce all’umanità di passare completamente sotto il controllo di Satana. I disobbedienti e gli oppressi hanno una grande ragione di gratitudine per la misericordia e la pazienza di Dio nel tenere sotto controllo il potere crudele e maligno del malvagio. Ma quando gli uomini superano i limiti della divina tolleranza, questa protezione viene rimossa. Dio non si pone verso il peccatore come un carnefice che esegue la sua condanna a causa della trasgressione; ma abbandona a sé stessi coloro che respingono la Sua misericordia, per raccogliere ciò che hanno seminato. Ogni raggio di luce respinto, ogni avvertimento disprezzato o non ascoltato, ogni passione appagata, ogni trasgressione della legge di Dio, è un seme che produce il suo inevitabile raccolto. Lo Spirito di Dio, ostinatamente rifiutato, infine viene ritirato dal peccatore, e non rimane più alcun potere capace di controllare le malvage passioni dell’anima e nessuna protezione dalla malizia e dall’inimicizia di Satana. La distruzione di Gerusalemme è un avvertimento spaventoso e solenne per tutti coloro che respingono le offerte della grazia divina e resistono alle suppliche della divina misericordia. Mai fu data una testimonianza più chiara dell’odio di Dio per il peccato e della punizione certa che ricadrà sui colpevoli. La profezia del Salvatore riguardante l’esecuzione dei giudizi su Gerusalemme avrà un secondo adempimento, di cui quella terribile desolazione non era che una debole ombra. Nel destino della città scelta possiamo vedere il destino di un mondo che ha rifiutato la misericordia di Dio ed ha calpestato la Sua legge. Tenebrosa è la testimonianza della miseria umana di cui la terra è stata testimone durante i suoi lunghi secoli di malvagità. Il cuore si ammala e la mente si affievolisce nella sua contemplazione. Terribili sono stati i risultati del rifiuto dell’autorità del Cielo. Ma una scena ancora più oscura è presentata nelle rivelazioni del futuro. [36]
Le vicende della passata storia – la lunga sequenza di tumulti, conflitti e rivoluzioni, “La battaglia del guerriero… con rumori confusi e vesti inzuppate di sangue” {Isaia 9: 4} -, sono nulla se confrontati con il terrore di quel giorno in cui lo Spirito di Dio sarà completamente ritirato dai malvagi, non controllando più l’esplodere delle umane passioni e dell’ira satanica! Il mondo vedrà quindi, come mai prima, i risultati del dominio di Satana. Ma in quel giorno, come nel tempo della distruzione di Gerusalemme, il popolo di Dio, ovvero tutti quelli che si troveranno scritti tra i vivi {Isaia 4: 3}, sarà liberato. Cristo ha dichiarato che verrà per la seconda volta a radunare i Suoi fedeli intorno a Sé: “Allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell’uomo venire tra le nuvole del cielo con potenza e grande gloria. E manderà i suoi angeli con un grande suono di tromba, per radunare i Suoi eletti dai quattro venti, da un capo all’altro del cielo” {Matteo 24: 30-31}. Allora quelli che non obbediranno al Vangelo saranno consumati con il soffio della Sua bocca e saranno distrutti con la luminosità della Sua venuta {2 Tessalonicesi 2: 8}. Come già nell’Israele dell’antichità, i malvagi verranno distrutti e cadranno per la loro iniquità. Conducendo una vita di peccato, si sono allontanati dall’armonia con Dio, la loro natura è diventata così degradata dal male, che la manifestazione della Sua gloria è per loro come un fuoco divorante. Che gli uomini non trascurino gli insegnamenti trasmessi loro nelle parole di Cristo. Così come avvertì i Suoi discepoli della distruzione di Gerusalemme, dando loro un segno della rovina che si avvicina, affinché potessero scappare; così ha avvertito il mondo del giorno della distruzione finale ed ha dato loro dei segni, affinché tutti quelli che lo vogliono, possano fuggire dall’ira che viene. Gesù dichiara: “Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle; e sulla terra, angoscia fra le nazioni” {Luca 21: 25; Matteo 24: 29; Marco 13: 24-26; Apocalisse 6: 12-17}. [37]
Coloro che osservano i segni della Sua venuta sapranno che Egli “è vicino, persino alle porte” {Matteo 24: 33}. “Vegliate dunque” sono le Sue parole di ammonimento {Marco 13: 35}. Coloro che ascoltano l’avvertimento non saranno lasciati nelle tenebre, ma per quelli che non vegliano “il giorno del Signore verrà come un ladro di notte” {1 Tessalonicesi 5: 2-5}. Il mondo oggi, non è pronto ad accettare il messaggio per questo tempo più di quanto lo fossero gli ebrei nel ricevere l’avvertimento del Salvatore riguardo a Gerusalemme. Il giorno di Dio verrà all’improvviso per gli empi. Mentre la vita prosegue il suo corso abituale; mentre gli uomini sono assorti nel piacere, negli affari, nell’amore per il denaro; mentre i leader religiosi stanno esaltando il progresso e le scoperte del mondo, ed il popolo è cullato in una falsa sicurezza, allora, mentre il ladro a mezzanotte ruba in una casa incustodita, così un’improvvisa distruzione cadrà sui negligenti e sugli empi, “e non scamperanno affatto” {1 Tessalonicesi 5: 3}. [38]
Quando Gesù rivelò ai Suoi discepoli il destino di Gerusalemme illustrò loro anche le scene del Suo secondo avvento, predicendo l’esperienza del Suo popolo dal momento in cui sarebbe stato accolto in cielo fino al Suo ritorno in potenza e gloria per la loro liberazione. Dal monte degli Ulivi il Salvatore vide le tempeste che stavano per abbattersi sulla chiesa apostolica; e penetrando più a fondo nel futuro, il Suo occhio distinse le feroci e devastanti tempeste che avrebbero colpito i Suoi seguaci nelle ere successive dell’oscurità e della persecuzione. In alcune brevi espressioni di terribile significato Egli predisse la parte che i governanti di questo mondo avrebbero avuto contro la chiesa di Dio {Matteo 24: 9, 21-22}. I seguaci di Cristo devono percorrere lo stesso sentiero di umiliazione, di rimprovero e di sofferenza che il loro Maestro aveva percorso. L’inimicizia che si scatenò contro il Redentore del mondo si sarebbe manifestata contro tutti quelli che avrebbero creduto nel Suo nome. La storia della chiesa primitiva testimonia l’adempimento delle parole del Salvatore. Le potenze della terra e dell’inferno si sono schierati contro Cristo nella persona dei Suoi seguaci. Il paganesimo previde che se il Vangelo avesse trionfato, i suoi templi ed altari sarebbero stati spazzati via; quindi ha convogliato tutte le sue forze per distruggere il cristianesimo. I fuochi della persecuzione sono stati accesi. I cristiani furono privati dei loro beni e cacciati dalle loro case. Hanno “sopportato una lotta lunga e dolorosa” {Ebrei 10: 32}. [39]
Hanno subito “prove, scherni, frustate, anche catene e prigionia” {Ebrei 11: 36}. Molti hanno sigillato la loro testimonianza con il loro sangue. Nobili e schiavi, ricchi e poveri, dotti e ignoranti, furono uccisi allo stesso modo senza pietà. Queste persecuzioni, che iniziarono sotto Nerone nel periodo del martirio di Paolo, continuarono con maggiore o minore furia nei secoli. I cristiani furono falsamente accusati dei crimini più terribili e furono ritenuti responsabili di grandi calamità: carestie, pestilenze e terremoti. Mentre diventavano l’oggetto dell’odio popolare e del sospetto, gli informatori erano pronti, per l’amore del guadagno, a tradire l’innocente. Vennero condannati come ribelli contro l’impero, come nemici della religione e parassiti della società. Molti furono gettati nelle arene con bestie feroci o bruciati vivi negli anfiteatri. Alcuni furono crocifissi; altri venivano rivestiti con la pelle di animali selvatici e spinti nell’arena per essere divorati dai cani. La loro punizione era spesso il principale intrattenimento delle feste pubbliche. Le moltitudini si riunivano per godersi lo spettacolo e accentuavano le loro agonie morenti con risate ed applausi. Ovunque cercassero rifugio, i seguaci di Cristo venivano cacciati come bestie da preda. Furono costretti a cercare nascondiglio in luoghi desolati e solitari. “Bisognosi, afflitti, tormentati; (il mondo non era degno di loro) vagavano nei deserti, nelle montagne e nelle tane e nelle caverne della terra” {Ebrei 11: 37-38}. Le catacombe offrirono riparo a migliaia di persone. Sotto le colline fuori dalla città di Roma, lunghe gallerie erano state scavate nella terra e nella roccia; l’oscura ed intricata rete di passaggi venne estesa per migliaia di metri oltre le mura della città. In questi nascondigli sotterranei i seguaci di Cristo seppellivano i loro morti; e questi luoghi, quando qualcuno sospettava di loro, diventavano il loro rifugio. Quando il Donatore della vita risveglierà coloro che hanno combattuto il buon combattimento, molti martiri per l’amor di Cristo usciranno da quelle tetre caverne. [40]
Sotto la più feroce persecuzione questi testimoni di Gesù mantennero la loro fede senza macchia. Sebbene privati di ogni conforto, tenuti lontani dalla luce del sole, si rifugiavano nell’oscuro, ma anche amichevole seno della terra e non pronunciavano alcuna lamentela. Con parole di fede, pazienza e speranza, si incoraggiarono l’un l’altro a sopportare privazioni ed angosce. La perdita di ogni benedizione terrena non poteva costringerli a rinunciare alla loro fede in Cristo. Prove e persecuzioni erano solo passi che li avvicinavano al loro riposo e alla loro ricompensa. Come i servi di Dio nell’antichità, molti furono “torturati, non accettando la liberazione; per poter ottenere una risurrezione migliore” {Ebrei 11: 35}. Questi richiamavano alla mente le parole del loro Maestro, che quando erano perseguitati per la causa di Cristo, dovevano essere felici, poiché grande sarebbe stata la loro ricompensa in cielo; perché proprio in questo modo i profeti erano stati perseguitati prima di loro. Si rallegrarono del fatto che fossero considerati degni di soffrire per la verità, e le canzoni di trionfo salivano dal mezzo di fiamme crepitanti. Guardando verso l’alto per fede, videro Cristo e gli angeli appoggiarsi sui bastioni del cielo, fissandoli con il più profondo interesse e considerando la loro fermezza con approvazione. Una voce discese su di loro dal trono di Dio: “Sii fedele fino alla morte, ed io ti darò una corona di vita” {Apocalisse 2: 10}. Vani furono gli sforzi di Satana per distruggere la chiesa di Cristo con la violenza. Il gran conflitto in cui i discepoli di Gesù persero le loro vite non cessò quando essi morirono sul loro posto di combattimento. E anche se sembravano sconfitti, essi avevano conquistato la vittoria. Gli operai di Dio furono uccisi, ma la Sua opera procedette rapidamente. Il Vangelo continuò a diffondersi ed il numero dei suoi discepoli continuò ad aumentare. Penetrava in regioni inaccessibili e perfino in quelle romane. Un cristiano disse ai sovrani pagani che stavano portando avanti la persecuzione: “Puoi ucciderci, torturarci, condannarci… La tua ingiustizia è la prova che siamo innocenti… la tua crudeltà non ti servirà a nulla.” [41]
Era solo un invito più potente che convinceva i molti ad accettare il cristianesimo. “Più siamo falciati da te, più cresciamo; il sangue dei cristiani è come un seme” (Tertulliano, Apologia, paragrafo 50). Migliaia furono imprigionati e uccisi, ma altri vennero a sostituire i loro posti. E quelli che furono martirizzati per la loro fede furono assicurati a Cristo e considerati come conquistatori. Avevano combattuto il buon combattimento e dovevano ricevere la corona della gloria al ritorno di Cristo. Le sofferenze che sopportarono avvicinarono i cristiani l’uno all’altro ed al loro Redentore. Il loro esempio vivente e la testimonianza in punto di morte erano una costante evidenza della verità; e dove meno se lo aspettavano, i sudditi di Satana abbandonavano il loro servizio e si arruolavano sotto la bandiera di Cristo. Satana quindi mise appunto piani e strategie quanto più efficaci per la guerra contro il governo di Dio piantando il suo stendardo nella chiesa cristiana. Se i seguaci di Cristo fossero stati ingannati e portati a dispiacere Dio, allora le loro forze e certezze sarebbero vacillate e sarebbero divenuti una facile preda. Il grande avversario ora si sforzava di guadagnare con l’inganno ciò che non era riuscito a ottenere con la forza. La persecuzione cessò ed al suo posto furono sostituite le pericolose attrazioni della prosperità materiale e della gloria terrena. Gli idolatri erano portati a ricevere una parte della fede cristiana, respingendo però le verità fondamentali. Si professavano di accettare Gesù come Figlio di Dio e di credere nella Sua morte e risurrezione, ma non avevano alcuna convinzione del peccato e non sentivano alcun bisogno di pentirsi o di cambiare il cuore. Con alcune concessioni da parte loro pretesero che i cristiani avessero dovuto fare anche loro qualche compromesso, potendosi così unire sull’unica piattaforma della fede in Cristo. Ora la chiesa era in grave pericolo. Prigione, tortura, fuoco e spada erano benedizioni in confronto a questo. [42]
Alcuni dei cristiani rimasero saldi, dichiarando di non poter scendere a compromessi. Altri erano favorevoli a cedere o modificare alcune caratteristiche della loro fede e unirsi a coloro che avevano accettato una parte del cristianesimo, esortando che questo potesse essere il mezzo della loro piena conversione. Quello fu un tempo di profonda angoscia per i fedeli seguaci di Cristo. Sotto un manto di finto cristianesimo, Satana si stava insinuando nella chiesa, per corrompere la loro fede e allontanare le loro menti dalla parola di verità. La maggior parte dei cristiani alla fine acconsentì ad abbassare i propri standard e si formò un’unione tra cristianesimo e paganesimo. Sebbene gli adoratori degli idoli si professassero convertiti e uniti alla chiesa, si aggrappavano ancora alla loro idolatria, cambiando solo gli oggetti della loro adorazione con le immagini di Gesù e persino di Maria e dei santi. Il terribile lievito dell’idolatria, portato così in chiesa, continuò il suo funesto lavoro. Dottrine insensate, riti superstiziosi e cerimonie idolatriche furono incorporate nella sua fede e nella sua adorazione. Quando i seguaci di Cristo si unirono agli idolatri, la religione cristiana divenne corrotta e la chiesa perse la sua purezza e potenza. C’erano alcuni, tuttavia, che non erano stati ingannati da queste delusioni. Mantenevano ancora la loro fedeltà all’autore della verità e adoravano solo Dio. Ci sono sempre state due classi tra coloro che professano di essere seguaci di Cristo. Mentre una classe studia la vita del Salvatore e cerca sinceramente di correggere i loro difetti e conformarsi al Modello, l’altra classe evita le verità semplici e pratiche che espongono i loro errori. Anche nella sua migliore condizione la chiesa non era composta interamente da fedeli veri, puri e sinceri. Il nostro Salvatore insegnò che coloro che volontariamente si concedono ai peccati non devono essere ricevuti nella chiesa; tuttavia accettò nel Suo gruppo anche uomini che erano di carattere difettoso concedendo loro i benefici dei Suoi insegnamenti e del Suo esempio, affinché potessero avere l’opportunità di vedere i loro errori e correggerli. Tra i dodici apostoli, infatti, c’era anche un traditore. [43]
Giuda fu accettato, non a causa dei suoi difetti di carattere, ma nonostante loro. Stando con i discepoli, attraverso l’istruzione e l’esempio di Cristo, poteva imparare ciò che costituisce il carattere cristiano, e quindi essere portato a vedere i suoi errori, a pentirsi e, con l’aiuto della grazia divina, a purificare la sua anima “obbedendo alla verità”. Ma Giuda non camminò nella luce che così affabilmente risplendeva su di lui ed indulgendo nel peccato si espose alle tentazioni di Satana. I suoi tratti malvagi di carattere divennero predominanti. Cedendo la sua mente al controllo dei poteri delle tenebre, si arrabbiò quando i suoi difetti furono ripresi, e così fu portato a commettere il terribile crimine di tradire il suo Maestro. Così tutti quelli che amano il male, nascondendolo sotto una professione di pietà, odiano coloro che disturbano la loro pace condannando la loro vita di peccato. Quando viene presentata un’opportunità favorevole, essi, come Giuda, tradiscono coloro che per il loro bene hanno cercato di rimproverarli. Gli apostoli incontrarono nella chiesa coloro che professavano la pietà mentre stavano segretamente coltivando l’iniquità. Anania e Saffira recitavano la parte dei santi, ma imbrogliavano, fingendo di fare un intero sacrificio per Dio, invece nascondevano una porzione per sé stessi. Lo Spirito di verità rivelò agli apostoli il vero carattere di questi pretendenti, ed i giudizi di Dio liberarono la chiesa da questa sporca macchia sulla sua purezza. Questa testimonianza del discernimento dello Spirito di Cristo nella chiesa era un terrore per gli ipocriti ed i malfattori. Non potevano rimanere a lungo in contatto con coloro che erano, per abitudine e disposizione, rappresentanti costanti di Cristo; e mentre le prove e le persecuzioni venivano contro i Suoi seguaci solo coloro che erano disposti a rinunciare a tutto per amore della verità diventavano Suoi discepoli. Quindi, finché la persecuzione continuò, la chiesa rimase relativamente pura. Ma quando cessò, furono aggiunti dei convertiti che erano meno sinceri e devoti, e la via venne aperta a Satana nell’ottenere un punto d’appoggio. [44]
Ma non c’è unione tra il Principe della luce e il principe delle tenebre e non può esserci unione tra i loro seguaci. Quando i cristiani acconsentirono ad unirsi a coloro che erano stati per metà convertiti dal paganesimo, intrapresero un cammino che li portò sempre più lontani dalla verità. Satana esultò per essere riuscito a ingannare un numero così grande di seguaci di Cristo. Quindi portò il suo potere a sopprimere in modo completo questi sentimenti ed ispirò a perseguitare coloro che rimasero fedeli a Dio. Nessuno ha mai capito così bene come opporsi alla vera fede cristiana come hanno fatto coloro che una volta erano stati i suoi difensori; e questi cristiani apostati, unendosi con i loro compagni semi-pagani, dirigevano la loro guerra contro i tratti più essenziali delle dottrine di Cristo. Veniva richiesta una lotta disperata per coloro che volevano rimanere fedeli e saldi contro gli inganni e gli abomini che erano camuffati in abiti sacerdotali e introdotti nella chiesa. La Bibbia non è stata accettata come regola di fede. La dottrina della libertà religiosa era definita eresia, ed i suoi sostenitori erano odiati e perseguitati. Dopo un lungo e severo conflitto, i pochi fedeli decisero di sciogliere ogni unione con la chiesa apostata se si fosse rifiutata di liberarsi dalla menzogna e dall’idolatria. Videro che la separazione era una necessità assoluta se volevano obbedire alla Parola di Dio. Non osarono più tollerare quegli errori fatali per le loro anime perché avrebbe messo in pericolo la fede dei loro figli e dei figli dei loro figli. Per assicurare pace e unità erano pronti a fare qualsiasi concessione coerente con la fedeltà a Dio; ma si rendevano conto che anche questa pace sarebbe stata acquistata ad un prezzo troppo caro sacrificando i loro princìpi religiosi. Se l’unità poteva essere assicurata solo dal compromesso della verità e della rettitudine, allora erano pronti a qualsiasi cosa, persino la guerra. [45]
Sarebbe bene per la chiesa ed il mondo se quei princìpi che hanno dato vita a questi uomini fossero animati nei cuori di coloro che si dicono essere seguaci di Dio. C’è un’indifferenza allarmante nei confronti delle dottrine che sono i pilastri della fede cristiana e si sta rafforzando l’opinione che, dopotutto, questi non sono di vitale importanza. Questa degenerazione sta rafforzando le mani degli agenti di Satana, così che le false teorie e le delusioni fatali che i fedeli in epoche passate hanno cercato di opporvisi, mettendo a repentaglio la loro vita, sono ora considerate con favore da migliaia di persone che affermano di essere seguaci di Cristo. I primi cristiani erano davvero un popolo speciale. Il loro irreprensibile comportamento e la fede incrollabile erano un continuo rimprovero che disturbava la pace del peccatore. Sebbene fossero in numero limitato, senza ricchezza, posizione o titoli onorari, la rivelazione del loro carattere e delle loro dottrine era un terrore per i malfattori. Perciò furono odiati dai malvagi, proprio come Abele era odiato dall’empio Caino.
Per la stessa ragione per cui Caino uccise Abele, quelli che cercarono di sottrarsi al controllo dello Spirito Santo, misero a morte il popolo di Dio. Era per la stessa ragione per cui gli ebrei respinsero e crocifissero il Salvatore perché la purezza e la santità del Suo carattere era un continuo rimprovero al loro egoismo e corruzione. Dai giorni di Cristo fino ad ora i Suoi fedeli discepoli hanno acceso l’odio e l’opposizione di coloro che amano e seguono le vie del peccato. In che modo, allora, il Vangelo può essere chiamato un messaggio di pace? Quando Isaia predisse la nascita del Messia, gli attribuì il titolo di “Principe della pace”. Quando gli angeli annunciarono ai pastori che Cristo era nato, cantavano sopra le pianure di Betlemme: “Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e sulla terra pace verso gli uomini che fanno la sua volontà” {Luca 2: 14}. C’è un’apparente contraddizione tra queste dichiarazioni profetiche e le parole di Cristo: “Non sono venuto a mettervi la pace, ma la spada” {Matteo 10: 34}. [46]
Ma, giustamente capite, queste due sono in perfetta armonia. Il Vangelo è un messaggio di pace. Il cristianesimo è un sistema che, ricevuto e obbedito, diffonderebbe pace, armonia e felicità in tutta la terra. La religione di Cristo unisce in stretta fratellanza tutti coloro che accettano i Suoi insegnamenti. Era la missione di Gesù riconciliare gli uomini a Dio, e quindi l’uno all’altro. Ma il mondo in generale è sotto il controllo di Satana, l’acerrimo nemico di Cristo. Il Vangelo presenta a loro quei princìpi di vita che sono completamente in disaccordo con le loro abitudini e desideri, e si ribellano contro di esso. Odiano la purezza che rivela e condanna i loro peccati, e perseguitano ed annientano coloro che li esortano a conformasi alle sue giuste e sante richieste. È in questo senso che il Vangelo è chiamato “spada”. La misteriosa provvidenza che permette ai giusti di subire persecuzioni per mano dei malvagi è stata causa di grande perplessità per molti che sono deboli nella fede. Alcuni sono persino pronti a gettare via la loro fede in Dio perché il più malvagio degli uomini tende a prosperare, mentre i migliori e più puri sono afflitti e tormentati dal loro potere crudele. Come è possibile, si chiedono, che Colui che è giusto e misericordioso, e che ha anche un potere infinito, possa tollerare tale ingiustizia e oppressione? Questa è una domanda a cui non possiamo rispondere. Dio ci ha dato prove sufficienti del Suo amore, e non dobbiamo dubitare della Sua bontà perché non possiamo comprendere l’operare della Sua provvidenza. Il Salvatore disse ai Suoi discepoli, prevedendo i dubbi che avrebbero pervaso le loro anime in giorni di prove e tenebre: “Ricordatevi la parola che vi dissi: il servo non è più grande del suo signore. Se hanno perseguitato Me, perseguiteranno anche voi” {Giovanni 15: 20}. Gesù ha sofferto per noi più di quanto abbia mai sofferto alcuno dei Suoi seguaci a causa della crudeltà dei malvagi. Coloro che sono chiamati a sopportare la tortura e il martirio non fanno altro che seguire i passi del caro Figlio di Dio. [47]
“Il Signore non ritarda l’adempimento della Sua promessa” {2 Pietro 3: 9}. Non dimentica o trascura i Suoi figli; ma permette che i malvagi rivelino il loro vero carattere, affinché nessuno che desideri fare la Sua volontà sia ingannato. I giusti sono posti nella fornace dell’afflizione, affinché essi stessi siano purificati; che il loro esempio possa convincere gli altri della realtà della fede e della pietà; e che anche la loro vita coerente possa condannare l’empio e l’incredulo. Dio permette ai malvagi di prosperare e di rivelare la loro inimicizia contro di Lui, affinché quando avranno riempito la misura della loro iniquità tutti possano vedere la Sua giustizia e misericordia nella loro completa distruzione. Il giorno della Sua vendetta si affretta, quando tutti coloro che hanno trasgredito la Sua legge e oppresso il Suo popolo incontreranno la giusta ricompensa delle loro azioni; quando ogni atto di crudeltà o ingiustizia verso i fedeli di Dio sarà punito come se fosse stato fatto a Cristo stesso.
C’è un’altra e più importante domanda che dovrebbe attirare l’attenzione delle chiese di oggi. L’apostolo Paolo dichiara che “tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù subiranno persecuzioni” {2 Timoteo 3: 12}. Perché, allora, la persecuzione sembra quasi del tutto sonnecchiare? L’unica ragione è che la chiesa si è conformata agli standard del mondo e quindi non suscita alcuna opposizione. La religione che è attuale ai nostri giorni non è il puro e santo carattere che ha segnato la fede cristiana nei giorni di Cristo e dei Suoi apostoli. È solo a causa dello spirito di compromesso con il peccato che le grandi verità della Parola di Dio sono considerate con indifferenza. Proprio perché c’è così poca religiosità nella chiesa che il cristianesimo è apparentemente così popolare nel mondo. Con un risveglio della fede e della potenza della chiesa apostolica lo spirito di persecuzione sarà rianimato e i fuochi della persecuzione saranno riaccesi. [48]
L’apostolo Paolo, nella sua seconda lettera ai Tessalonicesi, predisse la grande apostasia che avrebbe portato all’istituzione del potere papale. Dichiarò che il giorno di Cristo non sarebbe venuto, “se prima non sia venuta l’apostasia e non sia manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione; che si oppone e si innalza al di sopra di tutto ciò che è chiamato Dio, o che è adorato; fino al punto di sedersi nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio”. Inoltre, l’apostolo avverte i suoi fratelli che “il mistero dell’iniquità è già in atto” {2 Tessalonicesi 2: 3-4, 7}. Paolo già nella sua epoca vide, insinuandosi nella chiesa, errori che avrebbero preparato la strada allo sviluppo del papato. A poco a poco, prima in silenzio e poi più apertamente mentre aumentava di forza e otteneva il controllo delle menti degli uomini, “il mistero dell’iniquità” portava avanti la sua opera ingannevole e blasfema. Quasi impercettibilmente i costumi del paganesimo trovarono la loro strada nella chiesa cristiana. Lo spirito di compromesso e conformità fu per un certo periodo frenato dalle feroci persecuzioni che la chiesa subì sotto il paganesimo. Ma quando la persecuzione cessò e il cristianesimo entrò nelle corti e nei palazzi dei re, depose l’umile semplicità di Cristo e dei Suoi apostoli per la pompa e l’orgoglio dei sacerdoti e dei governanti pagani; e al posto delle esigenze di Dio, sostituì teorie e tradizioni umane. [49]
La conversione nominale di Costantino, nella prima parte del quarto secolo, provocò grande gioia; e il mondo, ammantato di una forma di rettitudine, entrò nella chiesa. Ora il lavoro di corruzione progrediva rapidamente. Il paganesimo, mentre sembrava essere sconfitto, divenne il conquistatore. Il suo spirito controllava la chiesa. Le sue dottrine, cerimonie e superstizioni furono incorporate nella fede e nell’adorazione dei professi seguaci di Cristo. Questo compromesso tra paganesimo e cristianesimo ha portato allo sviluppo “dell’uomo del peccato” predetto nella profezia come oppositore ed esaltatore di sé stesso al di sopra di Dio. Quel gigantesco sistema di false religioni è un capolavoro del potere di Satana, un monumento dei suoi sforzi per sedersi sul trono e per governare la terra secondo la sua volontà. Satana una volta cercò di giungere a un compromesso con Cristo. Egli venne al Figlio di Dio nel deserto della tentazione, e mostrandogli tutti i regni del mondo e la gloria di essi, si offrì di dare tutto questo nelle Sue mani se solo avesse riconosciuto la supremazia del principe delle tenebre. Cristo rimproverò il presuntuoso tentatore e lo costrinse ad andarsene. Ma Satana oggi incontra un successo maggiore nel presentare le stesse tentazioni all’uomo. Per ottenere guadagni e onori mondani, la chiesa fu portata a cercare il favore e il sostegno dei grandi uomini della terra; e avendo così respinto Cristo, fu indotta a dare lealtà al rappresentante di Satana, il papa di Roma. Una delle principali dottrine del Sistema Cattolico Romano è che il papa è il capo visibile della chiesa universale di Cristo e che è investito della suprema autorità su vescovi e pastori in tutte le parti del mondo. In più, al papa sono stati attribuiti gli stessi titoli della Divinità. È stato designato come “Lord God the Pope” (Signore Dio il Papa) ed è stato dichiarato infallibile, esigendo così l’omaggio di tutti gli uomini. La stessa richiesta, sollecitata da Satana nel deserto della tentazione, è ancora sollecitata da lui attraverso la Chiesa di Roma, e un vasto numero di persone è pronto a rendergli omaggio. [50]
Ma quelli che temono e onorano Dio verranno incontro a questa assunzione audace così come Cristo è venuto incontro alle sollecitazioni del nemico, dicendo: “Adora il Signore Dio tuo, e servi a Lui solo” {Luca 4: 8}. Dio non ha mai dato un accenno nella Sua Parola di aver nominato alcun uomo come capo della chiesa. La dottrina della supremazia papale è direttamente opposta agli insegnamenti delle Scritture. Il papa non può avere alcun potere sulla chiesa di Cristo se non usurpando tale autorità. I sostenitori di Roma hanno insistito nel portare contro i Protestanti l’accusa di eresia e separazione volontaria dalla vera chiesa. Ma queste accuse si applicano piuttosto a loro stessi. Sono loro quelli che hanno deposto la bandiera di Cristo e hanno abbandonato “la fede che fu consegnata ai santi una volta per sempre” {Giuda 3}. Satana sapeva bene che le Sacre Scritture avrebbero permesso agli uomini di discernere i suoi inganni e di resistere al suo potere. Era attraverso la Parola di Dio che persino il Salvatore del mondo aveva resistito ai suoi attacchi. Ad ogni assalto, Cristo presentò lo scudo della verità eterna, dicendo: “Sta scritto!”. Egli si oppose ad ogni suggerimento dell’avversario affidandosi alla saggezza e al potere della Parola. Affinché Satana mantenga il suo dominio sugli uomini e stabilisca l’autorità dell’usurpatore pontificio, deve tenerli all’oscuro dalle Scritture. La Bibbia esalta Dio e pone gli uomini finiti nella posizione che gli spetta per davvero; perciò egli voleva che le sacre verità delle Scritture non venissero rese pubbliche o che fossero addirittura eliminate. Questa logica fu adottata dalla Chiesa romana. Per centinaia di anni venne vietata la circolazione della Bibbia. Al popolo era proibito leggerla o averla nelle loro case e preti e prelati privi di principi interpretavano i suoi insegnamenti per sostenere i loro interessi. Così il papa venne quasi universalmente riconosciuto come il vicario di Dio sulla terra, dotato di autorità sulla chiesa e sullo stato. Essendo state eliminate le Sacre Scritture che potevano smascherare l’errore, Satana ha operato tranquillamente mettendo in pratica la sua volontà. La profezia aveva dichiarato che il papato avrebbe voluto “mutare i tempi e la legge” {Daniele 7: 25}. [51]
E ciò non tardò a compiersi. Per permettere ai convertiti del paganesimo di sostituire l’adorazione degli idoli, e quindi di promuovere la loro accettazione nominale nel cristianesimo, l’adorazione delle immagini e delle reliquie fu gradualmente introdotta nel culto cristiano. Il decreto di un consiglio generale stabilì alla fine questo sistema di idolatria. Per completare l’opera sacrilega, Roma presumeva di cancellare dalla legge di Dio il secondo comandamento, che vieta il culto dell’immagine e di dividere il decimo comandamento, al fine di preservarne il numero. Lo spirito di concessione al paganesimo aprì la strada ad un ulteriore disprezzo dell’autorità del Cielo. Satana, lavorando attraverso i capi non consacrati della chiesa, manomise anche il quarto comandamento, cercando di mettere da parte l’antico Sabato, il giorno che Dio aveva benedetto e santificato {Genesi 2: 2-3}, e al suo posto di esaltare le festività osservate dai pagani come ad esempio “il venerabile giorno del sole”. Questo cambiamento non avvenne inizialmente in modo aperto. Nei primi secoli il vero Sabato era stato osservato da tutti i cristiani. Desideravano onorare Dio e, credendo che la Sua legge fosse immutabile, custodivano con zelo la sacralità dei Suoi precetti. Ma con grande sottigliezza Satana ha lavorato attraverso i suoi agenti per realizzare il suo piano. Affinché l’attenzione della gente fosse richiamata alla domenica, iniziarono ad osservare la festa in onore della risurrezione di Cristo. I servizi religiosi erano praticati in quel giorno; tuttavia era considerato come un giorno di ricreazione e svago, essendo il Sabato ancora osservato come giorno sacro. Nel preparare la strada per il lavoro che aveva progettato di realizzare, Satana aveva guidato gli ebrei, prima dell’avvento di Cristo, nel caricare il Sabato con le più rigorose prescrizioni, rendendo la sua osservanza un peso. Ora, approfittando di questa falsa luce e di queste false disposizioni egli ne condannava il disprezzo facendo credere che fosse unicamente un’istituzione ebraica. [52]
Mentre i cristiani, in generale, continuavano ad osservare la domenica come una festività gioiosa, egli li guidava all’odio nei confronti del giudaismo, rendendo il Sabato un giorno di digiuno, un giorno di tristezza e malinconia. Nella prima parte del quarto secolo l’imperatore Costantino emanò un decreto che rese la domenica una festività pubblica in tutto l’Impero Romano. Il “giorno del sole”, la domenica (Sun-day), fu riverito dai suoi sudditi pagani e fu onorato dai cristiani; fu la politica dell’imperatore a unire gli interessi contrastanti del paganesimo e del cristianesimo. Fu esortato a farlo dai vescovi della chiesa, i quali, ispirati dall’ambizione e dalla sete di potere, percepirono che se lo stesso giorno fosse osservato sia dai cristiani che dai pagani, ciò avrebbe promosso l’accettazione nominale del cristianesimo da parte dei pagani e quindi avrebbe fatto progredire il potere e la gloria della chiesa. Mentre molti cristiani timorati di Dio sono stati gradualmente portati a considerare la domenica come se fosse un giorno sacro, loro hanno mantenuto il vero Sabato come il santo giorno del Signore e lo hanno osservato in obbedienza al quarto comandamento. Il grande ingannatore non aveva completato il suo lavoro. Era deciso a riunire il mondo cristiano sotto la sua bandiera e ad esercitare il suo potere attraverso il suo vicario, il fiero pontefice che sosteneva di essere il rappresentante di Cristo. Attraverso pagani convertiti a metà, prelati ambiziosi ed ecclesiastici amanti del mondo raggiunse il suo scopo. Vasti consigli venivano tenuti di volta in volta, in cui i dignitari della chiesa erano convocati da tutto il mondo. In quasi ogni consiglio il Sabato che Dio aveva istituito era premuto sempre più in basso, mentre la domenica era corrispondentemente esaltata. Così la festività pagana arrivò finalmente ad essere onorata come istituzione divina, mentre il Sabato biblico fu pronunciato come una reliquia del giudaismo, e i suoi osservatori furono dichiarati maledetti. Il grande apostata era riuscito ad esaltare sé stesso “sopra tutto quello che è chiamato Dio, o che è adorato” {2 Tessalonicesi 2: 4}. Aveva osato cambiare l’unico precetto della legge divina che indica in modo inequivocabile a tutta l’umanità che Dio è vero e vivente. [53]
Nel quarto comandamento, Dio è rivelato come il Creatore dei cieli e della terra, ed è in tal modo distinto da tutti i falsi dei. Fu come un memoriale del lavoro della creazione che il settimo giorno fu santificato come giorno di riposo per l’uomo. Venne progettato per mantenere il Dio vivente sempre davanti alla mente degli uomini come la fonte della vita e l’oggetto della riverenza e dell’adorazione. Satana si sforza di distogliere gli uomini dalla loro fedeltà a Dio e dall’osservanza alla Sua legge; perciò dirige i suoi sforzi soprattutto contro quel comandamento che indica Dio come il Creatore. I protestanti oggi sostengono che la risurrezione di Cristo ha reso la domenica il nuovo sabato cristiano. Ma mancano le prove scritte. Nessun simile onore è stato dato a questo giorno da Cristo o dai Suoi apostoli. L’osservanza della domenica come istituzione cristiana ebbe origine in quel “mistero di empietà” {2 Tessalonicesi 2: 7} che, anche ai tempi di Paolo, aveva iniziato il suo lavoro. Dove e quando il Signore ha adottato questo frutto del papato? Quale valida ragione può essere data per un cambiamento che le Scritture non prevedono? Nel sesto secolo il papato era saldamente stabilito. La sua sede di potere fu fissata nella città imperiale e il vescovo di Roma fu dichiarato capo di tutta la chiesa. Il paganesimo aveva dato spazio al papato. Il dragone aveva dato alla bestia “il suo potere, il suo trono e una grande autorità” {Apocalisse 13: 2}. È in questo momento che cominciarono i 1260 anni di oppressione papale predetti nelle profezie di Daniele e dell’Apocalisse {Daniele 7: 25; Apocalisse 13: 5-7}. I cristiani furono costretti a scegliere tra cedere alla loro integrità, accettando le cerimonie e l’adorazione papale, o di perdere le loro vite nelle prigioni sotterranee oppure morendo sui roghi, sui patiboli o per decapitazione. Ora erano adempiute le parole di Gesù: “Voi sarete traditi sia dai genitori, sia dai fratelli, dai parenti e amici; e faranno morire parecchi di voi. E sarete odiati da tutti gli uomini a causa del mio nome” {Luca 21: 16-17}. [54]
La persecuzione si scatenò sui fedeli con furia mai vista prima d’ora, e il mondo intero divenne un vasto campo di battaglia. Per centinaia di anni la chiesa di Cristo trovò rifugio nella solitudine e nell’oscurità. Così dice il profeta: “La donna fuggì nel deserto, dove ella aveva un luogo preparato da Dio, affinché fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni” {Apocalisse 12: 6}. L’ascesa della Chiesa romana al potere segnò l’inizio del Medioevo. Mentre il suo potere aumentava, l’oscurità diventava sempre più profonda. La fede fu trasferita da Cristo, il vero fondamento, al papa di Roma. Invece di confidare nel Figlio di Dio per il perdono dei peccati e per la salvezza eterna, la gente si rivolgeva al papa, ai sacerdoti e ai prelati a cui aveva delegato la propria autorità. Fu loro insegnato che il papa era il loro mediatore terreno e che nessuno poteva avvicinarsi a Dio se non per mezzo di lui; e, inoltre, che occupava il posto di Dio quindi doveva essere ascoltato e ubbidito. Una minima deviazione dalle sue richieste era una motivazione sufficiente per la punizione più severa sui corpi e sulle anime dei colpevoli. Così le menti del popolo furono allontanate da Dio e rivolte a uomini fallibili, in errore e crudeli, anzi, ben di più, al principe delle tenebre stesso, che esercitò il suo potere attraverso di loro. Il peccato era camuffato in un abito di santità. Quando le Scritture vengono soppresse e l’uomo si considera supremo, non ci possiamo aspettare solo che frode, inganno e degradazione provenienti dall’iniquità. Con l’elevazione delle leggi e delle tradizioni umane si manifestò la corruzione che deriva sempre dall’annullamento della legge di Dio. Quelli erano giorni di pericolo per la chiesa di Cristo. I fedeli portabandiera erano davvero pochi. Sebbene la verità non fosse lasciata senza testimoni, a volte sembrava che l’errore e la superstizione avrebbero prevalso totalmente, e la vera religione sarebbe stata bandita dalla terra. Il Vangelo fu perso di vista, le forme di religione si moltiplicarono e il popolo fu oppresso da rigorose esazioni. Fu loro insegnato non solo a guardare al papa come loro mediatore, ma a fidarsi delle proprie opere per espiare il peccato. [55]
Lunghi pellegrinaggi, atti di penitenza, l’adorazione delle reliquie, l’erezione di chiese, santuari ed altari, il pagamento di ingenti somme di denaro alla chiesa, questi e molti altri atti simili furono incoraggiati per placare l’ira di Dio o per assicurarsi il Suo favore; come se Dio fosse simile agli uomini, adirato per le banalità, o placato da doni o atti di penitenza! Il vizio prevaleva e anche tra i leader della Chiesa romana questa influenza sembrava costantemente in aumento. Verso la fine dell’ottavo secolo, i seguaci del papato sostennero che nelle prime epoche della chiesa i vescovi di Roma avevano posseduto lo stesso potere spirituale che ora presumevano. Per stabilire questa rivendicazione, alcuni mezzi dovevano essere impiegati per concedergli l’autorità di cui avevano bisogno; e queste prove furono prontamente suggerite dal padre della menzogna. Scritti antichi furono forgiati dai monaci. Decreti di consigli prima sconosciuti furono scoperti, stabilendo la supremazia universale del papa fin dai tempi più antichi. E una chiesa che aveva respinto la verità, accettò avidamente questi inganni. I pochi fedeli che ancora si basavano sul vero fondamento {1 Corinzi 3: 10-11} furono perplessi e ostacolati mentre l’immondizia della falsa dottrina ostruiva il loro lavoro. Come i costruttori sul muro di Gerusalemme ai tempi di Neemia, alcuni erano pronti a dire: “Le forze vengono meno ai portatori di pesi, e c’è molta spazzatura (macerie); e noi non siamo in grado di costruire le mura” {Neemia 4: 10}. Stufi della costante lotta contro la persecuzione, la frode, l’iniquità e ogni altro ostacolo che Satana poteva escogitare per ostacolare i loro progressi, alcuni che erano stati costruttori fedeli si scoraggiarono; e per il bene della pace e della sicurezza delle loro proprietà e delle loro vite, si allontanarono dalle vere fondamenta. Altri, imperterriti dall’opposizione dei loro nemici, dichiararono impavidamente: “Non aver paura di loro: ricorda il Signore, che è grande e terribile” {Neemia 4: 14}; e procedettero con il lavoro, tutti con la propria spada cinta al loro fianco {Efesini 6: 17}. [56]
Lo stesso spirito di odio e opposizione alla verità ha ispirato i nemici di Dio in ogni epoca, e la stessa vigilanza e fedeltà sono state richieste ai Suoi servi. Le parole di Cristo ai primi discepoli sono applicabili ai Suoi seguaci fino alla fine del tempo: “Ciò che vi dico, dico a tutti, vegliate” {Marco 13: 37}. L’oscurità sembrava diventare più densa. Il culto delle immagini si diffuse. Le candele venivano bruciate e venivano offerte alle immagini come preghiere. Le cerimonie e le superstizioni più assurde prevalevano. Le menti degli uomini erano così controllate dalla superstizione che la ragione stessa sembrava aver perso la sua influenza. Mentre i sacerdoti ed i vescovi erano amanti del piacere, sensuali e corrotti, ci si poteva solo aspettare che le persone che guardavano a loro come guida sarebbero state affondate nell’ignoranza e nel vizio. Un ulteriore passo della pretesa papale fu fatto quando, nell’undicesimo secolo, papa Gregorio VII proclamò la perfezione della Chiesa romana. Tra le proposizioni da lui esposte c’era quella che dichiarava che la chiesa non aveva mai sbagliato, né avrebbe mai sbagliato, secondo le Scritture. Ma le prove della Scrittura non hanno supportato tale affermazione. L’orgoglioso pontefice sostenne anche di possedere il potere di deporre gli imperatori e dichiarò nessuno poteva contestare alcuna frase da lui pronunciata, ma che era sua prerogativa rovesciare le decisioni di tutti gli altri. Un’enorme dimostrazione del carattere tirannico di questo difensore dell’infallibilità fu resa nota nel suo trattamento all’imperatore tedesco, Enrico IV, che aveva ignorato l’autorità del papa. Questo monarca fu dichiarato scomunicato e detronizzato. Terrorizzato dalle minacce dei prìncipi, incoraggiati a ribellarsi contro di lui dal mandato papale, Enrico sentì la necessità di riappacificarsi con Roma. In compagnia di sua moglie e di un servo fedele, attraversò le Alpi in inverno, per potersi umiliare davanti al papa. [57]
Raggiunto il castello dove Gregorio si era ritirato, fu condotto, senza le sue guardie, in un cortile esterno, e lì, nel rigido freddo dell’inverno, con la testa scoperta e i piedi nudi, e in un abito miserabile, attese il permesso del papa per venire alla sua presenza. Non prima di aver continuato per tre giorni a digiunare e confessarsi, il pontefice si degnò di concedergli il perdono. Anche allora fu solo a condizione che l’imperatore attendesse la sanzione del papa prima di riprendere i suoi ranghi o di esercitare di nuovo il potere della regalità. E Gregorio, esultante per il suo trionfo, si vantava che era suo dovere abbattere l’orgoglio dei re. Come colpisce il contrasto tra l’orgoglio prepotente di questo pontefice e la mansuetudine e la dolcezza di Cristo, che si presenta come supplicante alla porta del cuore per esservi ammesso, che vuole entrare per portare il perdono e la pace e che ha insegnato ai Suoi discepoli: “Chiunque sarà il capo tra di voi, sia il servitore” {Matteo 20: 27}. I secoli che avanzarono testimoniarono un costante aumento di errori nelle dottrine di Roma. Ancor prima della fondazione del papato, gli insegnamenti dei filosofi pagani avevano ricevuto attenzione ed esercitato un’influenza nella chiesa. Molti di coloro che professavano la conversione si aggrappavano ancora ai principi della loro filosofia pagana, che non solo continuarono a studiare per sé stessi, ma che usarono come mezzo per estendere la loro influenza tra i pagani. Gravi errori sono stati quindi introdotti nella fede cristiana. Tra questi spicca la credenza dell’immortalità dell’anima e della sua coscienza nella morte. Questa dottrina pose le basi su cui Roma stabilì l’invocazione dei santi e l’adorazione della Vergine Maria. Da questo scaturì anche l’eresia del tormento eterno che fu presto incorporato nel credo papale. Allora la via fu preparata per l’introduzione di un’altra invenzione del paganesimo, che Roma chiamò purgatorio, e impiegò per terrorizzare le moltitudini credulone e superstiziose. [58]
Con questa eresia si afferma l’esistenza di un luogo di tormento, in cui le anime di coloro che non hanno meritato la dannazione eterna devono subire la punizione per i loro peccati, e poi, liberate dall’impurità, possono essere ammesse al cielo. Era necessaria ancora un’altra invenzione per permettere a Roma di trarre profitto dalle paure e dai vizi dei suoi aderenti. Questo è stato fornito dalla dottrina delle indulgenze. La completa remissione dei peccati, passata, presente e futura, e la liberazione da tutti i dolori e le pene, fu promessa a tutti coloro che si fossero arruolati nelle guerre del pontefice per estendere il suo dominio temporale, per punire i suoi nemici, o per sterminare quelli che osavano negare la sua supremazia spirituale. Alle persone veniva anche insegnato che con il pagamento dei soldi alla chiesa potevano liberarsi dal peccato e liberare anche le anime dei loro amici defunti che erano confinati nel tormento delle fiamme. Con tali mezzi Roma riempiva i suoi forzieri e sosteneva la magnificenza, il lusso e il vizio dei presunti rappresentanti di Colui che non aveva dove posare la Sua testa. La Santa Cena del Signore era stata sostituita dal sacrificio idolatrico della messa. I preti papali fingevano, con i loro inutili riti, di convertire il semplice pane e vino nel vero “corpo e sangue di Cristo” (Il Cardinale Wiseman, La presenza reale del corpo e del sangue di nostro Signore Gesù Cristo nella beata Eucaristia, lezione 8, sec. 3, par. 26). Con presunzione blasfema, hanno apertamente rivendicato il potere di creare Dio, il Creatore di tutte le cose. Ai cristiani era richiesto, pena la morte, di credere in questa orribile eresia che insulta il Cielo e le moltitudini che hanno rifiutato sono state date alle fiamme. Nel tredicesimo secolo fu stabilita l’arma più terribile del papato: l’Inquisizione. Il principe delle tenebre operò con i leader della gerarchia papale. Nei loro consigli segreti Satana e i suoi angeli controllavano le menti degli uomini malvagi, ma un angelo di Dio prendeva nota della terribile testimonianza dei loro iniqui decreti e scriveva la storia di fatti troppo orribili per apparire agli occhi umani. “Babilonia la grande” era “ubriaca del sangue dei santi”. [59]
Milioni di martiri mutilati erano come se gridassero a Dio per vendicarsi di quel potere apostata. Il papato era diventato una dittatura mondiale. I re e gli imperatori si inchinavano ai decreti del pontefice romano. I destini degli uomini, sia temporali che per l’eternità, sembravano sotto il suo controllo. Per centinaia di anni le dottrine di Roma e i suoi riti vennero riverentemente eseguiti e le sue festività generalmente osservate. Il suo clero fu onorato e sostenuto liberamente. Da allora la Chiesa romana non ha mai più avuto una così grande dignità, magnificenza e potere. “Il mezzogiorno del papato era la mezzanotte del mondo” (Wylie, La Storia del Protestantesimo, b. 1, cap. 4). Le Sacre Scritture erano quasi sconosciute, non solo al popolo, ma anche ai sacerdoti. Come i farisei dell’antichità, i leader papali odiavano la luce che avrebbe rivelato i loro peccati. Avendo rimosso la legge di Dio, la norma della rettitudine, essi esercitavano il potere senza limiti e praticavano il vizio senza ritegno. La frode, l’avarizia e la dissolutezza prevalsero. Gli uomini non esitarono a commettere crimini per poter ottenere ricchezze o posizioni. I palazzi di papi e prelati erano la scena della più vile dissolutezza. Alcuni dei pontefici in carica erano colpevoli di crimini così rivoltanti che i governanti laici si sforzavano di destituire questi dignitari della chiesa perché erano mostri troppo vili per essere tollerati. Per secoli l’Europa non ha fatto alcun progresso nell’apprendimento, nelle arti o nella civiltà. Una paralisi morale ed intellettuale cadde sulla cristianità. La condizione del mondo sotto il potere cattolico presentava un orribile e spaventoso compimento delle parole del profeta Osea: “Il mio popolo è distrutto per mancanza di conoscenza: perché hai rifiutato la conoscenza, anch’io ti respingerò: … perché hai dimenticato la legge del tuo Dio, anch’io dimenticherò i tuoi figli”. “Non c’è verità, né misericordia, né conoscenza di Dio sulla terra. Giurando, mentendo, uccidendo, rubando e commettendo adulterio, si spezza ogni limite e si versa sangue su sangue” {Osea 4: 6, 1-2}. Tali furono i risultati dell’abbandono della Parola di Dio. [60]
In mezzo all’oscurità che dominava la terra, durante il lungo periodo della supremazia papale, la luce della verità non poteva completamente estinguersi. In ogni epoca ci sono stati testimoni di Dio, uomini che amavano la fede in Cristo e ritenevano Gesù come unico mediatore tra Dio e l’uomo. Consideravano la Bibbia come l’unica regola di vita e santificavano il vero Sabato. Quanto il mondo debba a questi uomini non lo sapremo mai. Sono stati etichettati come eretici, le loro motivazioni contestate, le loro persone diffamate, i loro scritti distrutti, censurati o denigrati. Eppure rimasero saldi e di secolo in secolo mantennero la loro fede nella sua purezza originale, come un patrimonio sacro per le generazioni a venire. La storia del popolo di Dio durante le ere delle tenebre che hanno visto la supremazia di Roma è scritta in cielo, ma hanno poco spazio nei documenti terreni. Si possono trovare alcune tracce della loro esistenza, tranne che nelle accuse dei loro persecutori. Era la politica di Roma a cancellare ogni traccia di dissenso dalle sue dottrine o decreti. Ha cercato di distruggere tutto ciò che potesse far pensare all’eresia, sia in relazione a persone o scritti. Espressioni di dubbio o domande sull’autorità dei dogmi papali erano sufficienti per poter condannare a morte ricchi o poveri, gente nobile o umile. Roma cercò anche di distruggere ogni notizia relativa alla sua crudeltà nei confronti dei dissenzienti. [61]
I consigli papali decretarono che i libri e gli scritti contenenti tali documenti dovevano essere dati alle fiamme. Prima dell’invenzione della stampa, i manoscritti erano rari ed in forma poco adatta alla conservazione; perciò era difficile impedire che i seguaci di Roma portassero a termine il loro scopo. Nessuna chiesa che entrava sotto la giurisdizione del Sistema Romano veniva a lungo lasciata indisturbata nel godimento della propria libertà di coscienza. Appena il papato ottenne il potere, allungò le braccia per schiacciare tutto ciò che si rifiutava di riconoscere il suo dominio e una chieda dopo l’altra si sottomise al suo dominio. In Gran Bretagna, il cristianesimo si radicò velocemente ed il Vangelo, ricevuto dai Britannici nei primi secoli, non venne poi corrotto dall’apostasia Romana. Le persecuzioni degli imperatori pagani, che si estendevano fino a queste coste lontane, fu l’unico vantaggio che le prime chiese della Gran Bretagna ricevettero da Roma. Molti dei cristiani, in fuga dalle persecuzioni in Inghilterra, trovarono rifugio in Scozia; quindi la verità fu portata in Irlanda, e in tutti questi paesi fu accolta con gioia. Quando i Sassoni invasero la Gran Bretagna, il paganesimo prese il sopravvento. I conquistatori si sdegnarono di essere istruiti dai conquistati ed i cristiani furono costretti a ritirarsi sulle montagne e sulle brughiere selvagge. Eppure la luce, nascosta per poco tempo, continuò a brillare. In Scozia, un secolo dopo, splendeva con una luminosità che si estendeva fino a terre lontane. Dall’Irlanda arrivarono il devoto Colombano e i suoi collaboratori, i quali, radunando attorno a loro i credenti dispersi sull’isola solitaria di Iona, ne fecero il centro delle loro fatiche missionarie. Tra questi evangelisti c’era un osservatore del Sabato della Bibbia, e così questa verità fu introdotta tra la gente. Fu istituita una scuola a Iona, da cui uscirono missionari, non solo in Scozia e in Inghilterra, ma anche in Germania, Svizzera e persino in Italia. Roma però aveva fissato gli occhi sulla Gran Bretagna decidendo di sottometterla alla sua supremazia. Nel sesto secolo i suoi missionari intrapresero la conversione dei Sassoni pagani. [62]
Accolti favorevolmente dai fieri barbari, questi indussero molte migliaia a professare la fede Romana. Mentre il lavoro progrediva, i leader papali ed i loro fedeli incontrarono i cristiani primitivi. Alla vista si presentarono sorprendenti differenze. Questi ultimi erano semplici, umili e fedeli per carattere, dottrina e maniere, mentre i primi manifestavano la superstizione, il fasto e l’arroganza del papato. L’emissario di Roma impose che queste chiese cristiane riconoscessero la supremazia del sovrano pontefice. I britannici risposero umilmente che desideravano amare tutti gli uomini, ma che il papa non aveva diritto alla supremazia nella chiesa e potevano rendergli solo quella sottomissione che era dovuta a ogni seguace di Cristo. Sono stati fatti ripetuti tentativi per assicurarsi la loro fedeltà a Roma; ma questi umili cristiani, meravigliati dell’orgoglio mostrato dai suoi emissari, replicarono con fermezza che non conoscevano altro padrone che Cristo. Ora si resero conto del vero spirito del papato. Un leader romano disse: “Se non riceverai i fratelli che ti portano la pace, allora riceverai i nemici che ti porteranno la guerra. Se non ti unirai a noi nel mostrare ai Sassoni il modo di vivere, riceverai da loro il colpo mortale” (J. H. Merle D’Aubigne, Storia della Riforma del XVI secolo, b. 17, cap. 2). Queste non erano minacce inattive. Guerre, intrighi e inganni furono impiegati contro questi testimoni per una fede biblica, finché le chiese della Britannia furono distrutte, o costrette a sottomettersi all’autorità del papa. In terre al di fuori della giurisdizione di Roma esistettero per molti secoli gruppi di cristiani rimasti quasi completamente liberi dalla corruzione papale. Erano circondati dal paganesimo e nel corso dei secoli vennero influenzati dai suoi errori; ma continuarono a considerare la Bibbia come l’unica regola di fede ed aderirono a molte delle sue verità. Questi cristiani credevano nella continuità della legge di Dio e osservavano il Sabato del quarto comandamento. Esempi di chiese che sostennero questa fede e questa pratica si poterono trovare nell’Africa centrale e tra gli Armeni dell’Asia. [63]
Tra quelli che resistettero alle usurpazioni del potere papale, i primi furono i Valdesi. Nella stessa terra in cui il papato aveva fissato la sua sede, i Valdesi si opposero con fermezza alla sua menzogna e corruzione. Per secoli le chiese del Piemonte mantennero la loro indipendenza; ma venne il tempo in cui Roma si impose per poterle sottomettere. Dopo inutili lotte contro la sua tirannia, i leader di queste chiese riconobbero a malincuore la supremazia del potere a cui il mondo intero sembrava rendere omaggio. C’erano alcuni, tuttavia, che si rifiutarono di cedere all’autorità del papa o del prelato. Erano determinati a mantenere la loro fedeltà a Dio ed a preservare la purezza e la semplicità della loro fede. Una separazione ebbe luogo. Coloro che aderivano all’antica fede si ritirarono; alcuni, abbandonando le loro Alpi native, innalzarono la bandiera della verità in terre straniere; altri si ritirarono nelle valli appartate e negli anfratti rocciosi delle montagne conservando la loro libertà di adorare Dio. La fede che per secoli fu ricevuta ed insegnata dai cristiani valdesi era in netto contrasto con le false dottrine emanate da Roma. La loro fede religiosa era fondata sulla Parola scritta di Dio, il vero sistema del cristianesimo. Ma quegli umili contadini, nei loro ritiri, lontani dal resto del mondo essendo legati alla fatica quotidiana tra le loro greggi e le loro vigne, non erano arrivati da soli alla verità in opposizione ai dogmi e alle eresie della chiesa apostata. La loro non era una nuova fede appena ricevuta. La loro credenza religiosa era l’eredità tramandata dai loro padri. Sostenevano la fede della chiesa apostolica, “la fede che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre” {Giuda 3}. Non l’orgogliosa gerarchia al trono nella grande capitale del mondo era la vera chiesa di Cristo, ma “la chiesa nel deserto” era il vero guardiano dei tesori di verità che Dio ha affidato al Suo popolo per essere tramandata al mondo. [64]
Tra le principali cause che avevano portato alla separazione della vera chiesa da quella di Roma era l’odio di quest’ultima verso il Sabato biblico. Come predetto dalla profezia, il potere papale gettò la verità a terra. La legge di Dio fu calpestata nella polvere, mentre le tradizioni e le usanze degli uomini furono esaltate. Le chiese che erano sotto il dominio del papato furono presto costrette ad onorare la domenica come un giorno sacro. Tra l’errore prevalente e la superstizione, molti, persino il vero popolo di Dio, divennero così confusi che mentre osservavano il Sabato, si astenevano dal lavoro anche la domenica. Questo non soddisfò i leader cattolici che pretesero non solo che la domenica fosse santificata, ma che il Sabato fosse profanato denunciando con parole blasfeme quelli che osavano dimostrare onore al Sabato. Era solo fuggendo dal potere di Roma che chiunque poteva obbedire alla legge di Dio in pace. I Valdesi furono tra i primi popoli d’Europa ad ottenere una traduzione delle Sacre Scritture. Centinaia di anni prima della Riforma possedevano la Bibbia come manoscritto nella loro lingua madre. Avevano la verità non adulterata e questo li rendeva gli oggetti speciali dell’odio e della persecuzione. Dichiararono la Chiesa di Roma l’apostata Babilonia dell’Apocalisse e, a rischio della loro vita, cercarono di resistere alle sue corruzioni. Mentre, sotto la pressione di persecuzioni prolungate, alcuni compromisero la loro fede, a poco a poco cedendo i suoi principi distintivi, altri rimasero saldamente ancorati alla verità. Attraverso secoli di oscurità ed apostasia i Valdesi negarono la supremazia di Roma, rifiutavano il culto delle immagini che veniva ritenuto idolatria e mantenevano il vero Sabato. Sotto le più feroci opposizioni mantennero la loro fede. Sebbene trafitti dalle lance dei Savoia e bruciati dai roghi di Roma, rimasero saldi alla Parola di Dio e al Suo onore. In tale epoca gli oppressi Valdesi trovarono nascondiglio dentro le alte mura di cinta delle montagne. [65]
Qui la luce della verità continuò a brillare tra le tenebre del Medioevo. Qui, per mille anni, i testimoni della verità mantennero l’antica fede. Dio aveva fornito al Suo popolo un santuario di straordinaria grandezza, che si addiceva alle potenti verità che erano state affidate ad esso. Per quegli esiliati fedeli le montagne erano un segno dell’immutabile giustizia di Dio. Portarono i loro figli sulle alture che torreggiavano sopra di loro in una maestà immutabile e parlarono a loro di Colui nel quale non c’è variabilità né ombra di cambiamento, la cui parola è duratura come le colline eterne. Dio aveva preparato le montagne e le aveva cinte con forza; nessun braccio umano, ma solo quello dell’Onnipotente avrebbe potuto spostarle dalle loro sedi. Allo stesso modo aveva stabilito la Sua legge, il fondamento del Suo governo in cielo e sulla terra. Gli uomini avrebbero potuto raggiungerli e togliere loro la vita; ma cercare di cambiare un precetto della legge di Dio o cercare di cancellare una delle Sue promesse, sarebbe stato come sradicare le montagne dalle loro fondamenta e lanciarle nel mare. Nella loro fedeltà alla Sua legge, i servitori di Dio dovrebbero rimanere fermi così come le montagne rimangono immutabili. Le montagne che avvolgevano le loro valli erano una costante testimonianza del potere creativo di Dio e una garanzia infinita della Sua protezione. Quei pellegrini impararono ad amare i segni silenziosi della presenza di Dio. Non si ribellarono a causa delle difficoltà del loro destino; non erano mai soli tra le solide montagne ringraziando Dio di aver fornito loro un asilo dall’ira e dalla crudeltà degli uomini. Si rallegrarono della loro libertà di poter adorare il Creatore. Spesso perseguitati dai loro nemici, la forza delle colline si dimostrò una difesa sicura. Dalle alte cime dei monti cantavano lodi a Dio, e gli eserciti di Roma non poterono zittire i loro canti di ringraziamento. [66]
Pura, semplice e fervente era la pietà di questi seguaci di Cristo. I princìpi di verità valevano più delle loro case, terre, amici, parenti e persino della loro stessa vita. Questi princìpi hanno impressionato sinceramente i cuori dei giovani. Fin dalla prima infanzia i giovani furono istruiti nelle Scritture e insegnarono a considerare sacre le pretese della legge di Dio. Le copie della Bibbia erano rare; perciò le sue preziose parole venivano memorizzate. Molti furono in grado di ripetere grandi parti sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Le parole di Dio erano associate allo scenario sublime della natura ed alle umili benedizioni della vita quotidiana. I bambini piccoli impararono a guardare con gratitudine Dio come il donatore di ogni favore e ogni conforto. I genitori, teneri e affettuosi com’erano, amavano troppo i loro figli per abituarli a soddisfare tutti i loro desideri egoistici. Davanti a loro c’era una vita di prove e difficoltà e forse anche il martirio della morte. Vennero educati fin dall’infanzia a sopportare la durezza delle difficoltà, ad avere autocontrollo e ancora, a pensare ed agire in modo indipendente. Molto presto gli venne insegnato a sopportare le responsabilità, a essere cauti nel parlare e a comprendere il valore del silenzio. Una parola indiscreta udita dai loro nemici poteva mettere in pericolo non solo la vita di colui che parlava, ma le vite di centinaia dei suoi fratelli; perché come i lupi che cacciano la loro preda, i nemici della verità perseguitavano coloro che osavano rivendicare la libertà di fede religiosa. I Valdesi avevano sacrificato la loro prosperità terrena per la verità e con perseverante pazienza lavoravano per procacciarsi il pane. Ogni pugno di terra coltivabile tra le montagne venne accuratamente coltivato; le valli e le colline meno fertili furono rese adatte per dare loro il nutrimento di cui avevano bisogno. Economia e abnegazione formavano parte dell’educazione che i bambini ricevevano come unica eredità. Fu loro insegnato che Dio desidera che la vita sia disciplinata, e che potevano far fronte ai loro bisogni fisici solo attraverso il lavoro personale, all’accortezza, alla precauzione ed alla fede. [67]
Il processo era duro e faticoso, ma era salutare, proprio ciò di cui l’uomo aveva bisogno nel suo stato decaduto; questa è la scuola che Dio ha fornito per la loro formazione ed il loro sviluppo. Mentre i giovani erano abituati alla fatica e alle difficoltà, la cultura dell’intelletto non venne trascurata. Fu loro insegnato che tutti i loro poteri intellettuali appartenevano a Dio e che tutti dovevano essere migliorati e sviluppati per il Suo servizio. Le chiese Valdesi, nella loro purezza e semplicità, assomigliavano alla chiesa dei tempi apostolici. Rifiutando la supremazia del papa e del prelato romano ritenevano la Bibbia l’unica autorità suprema e infallibile. I loro pastori, a differenza dei sacerdoti nobili di Roma, seguivano l’esempio del loro Maestro, il quale “non era venuto per essere servito, ma per servire” {Matteo 20: 28}. Alimentarono il gregge di Dio, conducendoli verso i verdi pascoli e le sorgenti viventi della Sua santa Parola. Lontano dai monumenti di sfarzo e dall’orgoglio umano, la gente si radunava, non in magnifiche chiese o grandiose cattedrali, ma sotto l’ombra delle montagne, nelle valli alpine, o, in tempo di pericolo, in qualche roccaforte rocciosa, per ascoltare le parole di verità dai servi di Cristo. I pastori non solo predicavano il Vangelo, ma visitavano gli ammalati, istruivano i bambini, ammonivano gli ingiusti, e lavoravano per risolvere le dispute e promuovere l’armonia e l’amore fraterno. In tempo di pace essi erano sostenuti dalle offerte volontarie del popolo; ma, come Paolo il fabbricante di tende, ognuno imparò qualche mestiere o professione con la quale, se necessario, provvedere al proprio sostegno. Dai loro pastori i giovani ricevevano l’istruzione. Mentre l’attenzione era rivolta anche ai rami dell’apprendimento generale, lo studio principale fu quello della Bibbia. I Vangeli di Matteo e Giovanni venivano imparati a memoria assieme a molte delle Epistole. Erano impiegati anche nel copiare le Scritture. Alcuni manoscritti contenevano l’intera Bibbia, altri, solo brevi paragrafi, a cui erano aggiunte solo alcune semplici spiegazioni del testo per coloro che non erano in grado di comprendere le Scritture. [68]
Così sono stati portati avanti i tesori della verità tanto a lungo nascosti da coloro che cercavano di elevarsi al di sopra di Dio. Con un lavoro paziente, instancabile, a volte nelle profonde e oscure caverne della terra, alla luce delle torce, le Sacre Scritture venivano scritte, versetto per versetto, capitolo dopo capitolo. Così il lavoro proseguì e la volontà rivelata di Dio risplendeva come oro puro; solo coloro che erano impegnati in quest’opera erano in grado di capire quale prezzo e in mezzo a quali dure prove esse riuscirono a risplendere ancora più chiare e potenti. Gli angeli celesti avevano circondato questi fedeli lavoratori. Satana aveva sollecitato i sacerdoti e i prelati papali a seppellire la Parola della verità sotto l’immondizia dell’errore, dell’eresia e della superstizione; ma in un modo meraviglioso veniva preservata incontaminata attraverso tutte le epoche di oscurità in quanto non portava un marchio d’uomo, ma l’impronta di Dio. Gli uomini cercarono con tutti i loro sforzi di oscurare il semplice significato delle Scritture inventando contraddizioni inesistenti; ma come l’arca galleggiava sulle onde agitate, la Parola di Dio ha superato le tempeste che ne hanno minacciato la distruzione. Come la miniera ha ricche vene d’oro e d’argento nascoste sotto la superficie, in modo che tutti debbano scavare per scoprirne i suoi preziosi tesori, così le Sacre Scritture hanno tesori di verità che si rivelano solo al ricercatore serio, umile e devoto. Dio ha progettato la Bibbia come un libro di testo per tutta l’umanità, nell’infanzia, nella giovinezza e nell’età adulta, e per essere studiata in ogni momento. Ha dato la Sua Parola agli uomini come rivelazione di Sé stesso. Ogni nuova verità individuata è una nuova rivelazione del carattere del Suo autore. Lo studio delle Scritture è il mezzo divinamente ordinato per avvicinare gli uomini al loro Creatore e per dare loro una conoscenza più chiara della Sua volontà. È il mezzo di comunicazione tra Dio e l’uomo. I Valdesi consideravano il timore del Signore come l’inizio della saggezza, ma tuttavia, non erano ciechi all’importanza del contatto con il mondo, di una conoscenza degli uomini e della vita attiva, espandendo così la loro mente e accrescendone le percezioni. [69]
Dalle loro scuole sulle montagne alcuni giovani venivano inviati in istituti di studio nelle città della Francia o dell’Italia dove avrebbero approfondito lo studio, il pensiero e l’osservazione più di quanto avessero potuto fare sulle loro Alpi native. I giovani inviati furono esposti alla tentazione, videro il vizio, incontrarono gli astuti agenti di Satana, che li esortarono alle eresie più sottili e agli inganni più pericolosi, ma la loro educazione fin dall’infanzia era stata pensata per prepararli a tutto questo. Nelle scuole in cui andavano, non dovevano essere confidenti con nessuno. Le loro vesti erano preparate in tal modo da nascondere il loro più grande tesoro: i preziosi manoscritti delle Scritture. Questi, frutto di mesi e anni di fatica, li portavano con sé e ogni volta che potevano farlo senza eccitare il sospetto, li donavano cautamente a coloro il cui cuore sembrava aperto a ricevere la verità. Dal seno della madre, i giovani Valdesi erano stati addestrati per questo scopo; comprendendo la loro missione la seguirono fedelmente. In queste istituzioni scolastiche molti furono convertiti alla vera fede e spesso i suoi princìpi permeavano l’intera scuola; tuttavia i leader papali non riuscirono, con la più stretta indagine, a rintracciare la fonte della cosiddetta eresia corruttrice Valdese. Lo spirito di Cristo è uno spirito missionario. Il primo impulso di un cuore rinnovato è quello di portare anche gli altri al Salvatore. Tale era lo spirito dei cristiani Valdesi. Sentivano che Dio richiedeva da loro molto più che preservare semplicemente la verità nella sua purezza all’interno delle loro chiese; sentivano che pesava su di loro la solenne responsabilità di far risplendere la luce verso coloro che erano nelle tenebre; con la potenza della Parola di Dio cercarono di rompere la schiavitù imposta da Roma. I pastori Valdesi erano addestrati come missionari e tutti coloro che si aspettavano di entrare nel ministero pastorale dovevano prima ottenere un’esperienza come evangelisti. [70]
Ognuno doveva servire tre anni in un campo missionario prima di ricevere un incarico in una chiesa locale. Questo servizio, che richiedeva fin dall’inizio sacrificio e rinuncia, era un’introduzione appropriata alla vita del pastore che in quei tempi aveva a che fare con gli uomini. I giovani che ricevevano la sacra ordinazione pastorale vedevano davanti a loro, non la prospettiva della ricchezza e della gloria terrena, ma una vita di fatiche e di pericoli, e forse il destino di una morte come martire. I missionari uscivano a due a due, proprio come Gesù mandava i Suoi discepoli. Ad ogni giovane era di solito associato un uomo di maggior età ed esperienza, il giovane era sotto la guida del suo compagno, che era ritenuto responsabile per il suo addestramento, e di cui era tenuto a seguire le istruzioni. Questi collaboratori non erano sempre insieme, ma spesso si incontravano per pregare e consigliarsi, rafforzandosi così reciprocamente nella fede. L’aver reso noto l’oggetto della missione avrebbe assicurato la loro sconfitta; quindi nascosero accuratamente il loro vero intento. Ogni missionario possedeva la conoscenza per svolgere qualche mestiere o professione, così poterono perseguire la loro missione sotto la copertura di un’attività terrena. Di solito sceglievano quella di un mercante o di un venditore ambulante. “Portavano seta, gioielli e altri articoli che in quel momento non erano facilmente acquistabili se non a distanza; così furono accolti come mercanti lì dove sarebbero stati respinti come missionari” (Wylie, b. 1, cap. 7). Tutto il tempo i loro cuori furono elevati a Dio nel ricercare saggezza per presentare un tesoro più prezioso dell’oro o delle gemme. Trasportavano segretamente con loro copie della Bibbia, completa o in parti; e ogni volta che veniva presentata un’opportunità, chiamavano l’attenzione dei loro clienti su questi manoscritti. Spesso un vivo interesse per la lettura della Parola di Dio veniva risvegliato e in tal caso parti di questi manoscritti venivano lasciata volentieri a coloro che desideravano riceverle. Il lavoro di questi missionari cominciò nelle pianure e nelle valli ai piedi delle proprie montagne, ma si estese ben oltre questi limiti. [71]
Con i piedi nudi e con indumenti ruvidi e segnati dai viaggi come quelli del loro Maestro, attraversarono grandi città e penetrarono in terre lontane spargendo ovunque il seme prezioso della Parola di Dio. Le chiese sorsero sul loro cammino e spesso il sangue dei martiri fu la testimonianza della verità. Il giorno di Dio rivelerà un ricco raccolto di anime ottenuto proprio dalle fatiche di questi fedeli. Velata e silenziosa, la Parola di Dio si fece strada attraverso la cristianità e venne accolta con felicità nelle case e nei cuori degli uomini. Per i Valdesi, le Scritture non erano semplicemente una storia dei rapporti di Dio con gli uomini nel passato, ma una rivelazione delle responsabilità e dei doveri del presente e anche l’annuncio dei pericoli e delle glorie del futuro. Credevano che la fine di tutte le cose non fosse molto lontana e, mentre studiavano la Bibbia con preghiere e lacrime, erano più profondamente impressionati dalle sue preziose dichiarazioni e dal loro dovere di far conoscere agli altri le sue verità salvifiche. Videro il piano di salvezza chiaramente rivelato nelle pagine sacre e trovarono conforto, speranza e pace nel credere in Gesù. Mentre la luce illuminava la loro comprensione e rallegrava i loro cuori, essi desideravano spargere questi raggi su coloro che erano nell’oscurità dell’errore papale. Essi videro che sotto la guida del papa e dei preti, moltitudini cercavano vanamente di ottenere il perdono affliggendo i loro corpi per espiare il peccato. Affidandosi alle loro buone opere per salvarsi, hanno sempre guardato a queste; le loro menti si sono soffermate sulla loro condizione peccaminosa, affliggendosi anima e corpo, ma non trovando alcun sollievo ritenevano di essere esposti all’ira di Dio. In questo modo molti uomini sinceri rimasero legati alle dottrine di Roma. Migliaia di uomini perciò preferirono abbandonare amici e parenti e trascorrere la vita in celle di conventi. Con digiuni ripetuti e crudeli afflizioni, con veglie di mezzanotte, con prostrazioni per ore e ore sulle fredde e umide pietre della loro triste dimora, con lunghi pellegrinaggi, umilianti penitenze e paurose torture, migliaia cercarono invano di ottenere la pace dell’anima. [72]
Oppressi da un senso di peccato e perseguitati dal timore della collera vendicatrice di Dio, molti soffrirono così tanto che i loro corpi finirono per cedere esauriti e, senza un raggio di luce o speranza, sprofondarono nella tomba. I Valdesi desideravano donare a queste anime affamate il pane della vita, volevano porgergli questi messaggi di pace presenti nelle promesse di Dio e indirizzarli a Cristo come loro unica speranza di salvezza. La dottrina secondo cui le opere buone possono espiare la trasgressione della legge di Dio, ritenevano fosse basata sulla menzogna. La fiducia nel merito umano si oppone alla visione dell’amore infinito di Cristo. Gesù è morto come sacrificio per l’uomo perché la razza caduta non può fare nulla per raccomandarsi a Dio. I meriti di un Salvatore crocifisso e risorto sono il fondamento della fede del cristiano. La dipendenza dell’anima da Cristo è reale e la sua connessione con Lui deve essere tanto vicina quanto quella di un arto al corpo o di un tralcio alla vite. Gli insegnamenti del papa e dei sacerdoti avevano indotto gli uomini a considerare il carattere di Dio, e persino di Cristo, come severo, cupo e minaccioso. Il Salvatore era stato rappresentato finora come privo di simpatia per l’uomo nel suo stato decaduto, per questo motivo doveva essere invocata la mediazione dei sacerdoti e dei santi. Coloro le cui menti erano state illuminate dalla Parola di Dio desideravano rivolgere queste anime verso Gesù, come il loro compassionevole e amorevole Salvatore, invitando a braccia aperte tutti quanti a venire a Lui con il loro fardello di peccato, Lui che sarebbe stato la cura alla loro stanchezza. Desiderarono sgomberare gli impedimenti che Satana aveva accumulato affinché gli uomini non potessero vedere le promesse e andare direttamente a Dio confessando i loro peccati e ottenendo il perdono e la pace. Con entusiasmo i missionari Valdesi spiegarono alle menti assetate di conoscenza le preziose verità del Vangelo e, cautamente, presentarono in modo accurato quelle parti delle Sacre Scritture. La più grande gioia era quella di dare speranza all’anima coscienziosa e percossa dal peccato, che poteva vedere Dio solo come uno vendicativo, in attesa di giustizia. [73]
Con le labbra tremanti e gli occhi pieni di lacrime, spesso in ginocchio, aprirono ai fratelli le preziose promesse che rivelano l’unica speranza del peccatore. Così la luce della verità penetrò in molte menti cupe, facendo arretrare la nuvola di oscurità, finché il Sole della Giustizia brillò nel loro cuore portando con sé la guarigione nei Suoi raggi. Spesso accadeva che alcune parti della Scrittura venissero lette ripetutamente; era proprio l’ascoltatore che desiderava gli fosse ripetuto come se si assicurasse di averle capite bene. Soprattutto desiderava ardentemente la ripetizione di parole come queste: “Il sangue di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ci purifica da ogni peccato” {1 Giovanni 1: 7}. “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così anche il Figlio dell’uomo deve essere innalzato: affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” {Giovanni 3: 14-15}. Molti si erano accorti delle affermazioni sbagliate di Roma e videro quanto sia vana la mediazione degli uomini o degli angeli in favore del peccatore. Quando il messaggio della verità penetrò nelle loro menti, essi esclamarono di gioia: “Cristo è il mio sacerdote; il suo sangue è il mio sacrificio; il suo altare è il mio confessionale”. Si sono affidati interamente ai meriti di Gesù, ripetendo le parole: “Senza fede è impossibile piacergli” {Ebrei 11: 6}. “Non c’è nessun altro nome sotto il cielo dato tra gli uomini, per cui dobbiamo essere salvati” {Atti 4: 12}. La certezza dell’amore di un Salvatore sembrava qualcosa di troppo straordinario per quelle povere anime tormentate. Così grande fu il sollievo che portò, essendo stata versata una tale quantità di luce su di loro, che sembravano trasportati in cielo. Le loro mani furono posate con fiducia nelle mani di Cristo e i loro piedi furono piantati sulla Roccia Eterna. La paura della morte era scomparsa e potevano ora desiderare la prigione ed il rogo se fosse servito ad onorare così il nome del loro Redentore. In luoghi segreti la Parola di Dio veniva letta a una sola persona o, a volte, anche a piccole compagnie che desideravano la luce e la verità. Spesso l’intera notte veniva trascorsa in questo modo. [74]
Tanto grande era la meraviglia e l’ammirazione degli ascoltatori che il messaggero di misericordia era costretto a interrompere la sua lettura finché gli ascoltatori non riuscissero a cogliere la notizia della salvezza. Spesso si pronunciarono domande come queste: “Dio accetterà davvero la mia offerta? Mi sorriderà? Mi perdonerà?”. La risposta fu letta: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi darò riposo” {Matteo 11: 28}. La fede ha afferrato la promessa e si è sentita la felice risposta: “Non più lunghi pellegrinaggi da fare; non più viaggi dolorosi verso santuari santi. Posso venire a Gesù proprio come sono, peccatore ed empio; Egli non respingerà la mia preghiera penitente. Egli mi dirà: “I tuoi peccati ti sono perdonati”. Si, il mio, anche il mio peccato, può essere perdonato!”. Un’ondata di sacra gioia riempì il loro cuori e il nome di Gesù venne reso magnifico da lode e ringraziamento. Quelle anime felici tornarono alle loro case per diffondere la luce, per ripetere agli altri, come potevano, la loro nuova esperienza e che avevano trovato la Via, quella Via vera e vivente. C’era un potere strano e solenne nelle parole della Scrittura che parlava direttamente al cuore di coloro che desideravano ardentemente la verità. Era la voce di Dio che convinceva coloro che ascoltavano. Il messaggero della verità proseguì la sua strada; ma la sua umiltà, la sua sincerità, la sua serietà e il suo profondo fervore erano argomenti di frequente osservazione. In molti casi i suoi ascoltatori non gli avevano chiesto da dove venisse o dove andasse. Erano stati così sopraffatti, dapprima con sorpresa, e in seguito con gratitudine e gioia, che non avevano pensato di interrogarlo. Quando lo avevano invitato a seguirli nelle loro case, lui aveva risposto che doveva visitare le pecore smarrite del gregge e si chiedevano se per caso non fosse stato un angelo inviato proprio dal cielo. In molti casi il messaggero della verità non fu più visto. Si era diretto verso altre terre, o stava trascorrendo la sua vita in qualche carcere sconosciuto, o forse le sue ossa giacevano là nel punto in cui era stato testimone della verità. [75]
Ma le parole che aveva pronunciato non potevano essere distrutte. Stavano facendo il loro lavoro nel cuore degli uomini; ed i suoi risultati benedetti saranno pienamente noti solo durante il giudizio. I missionari Valdesi stavano invadendo il regno di Satana e i poteri delle tenebre producevano una maggiore vigilanza. Ogni sforzo per far avanzare la verità è stato osservato dal principe del male, il quale ha insinuato paure nei suoi agenti. I dirigenti del papato videro un segno di pericolo per la loro causa nelle fatiche di questi umili itineranti. Se la luce della verità fosse stata lasciata splendere senza ostacoli, avrebbe spazzato via le pesanti nuvole di errore che avvolgevano la gente. Avrebbe diretto le menti degli uomini solamente a Dio e alla fine avrebbe distrutto perfino la supremazia di Roma. L’esistenza stessa di questo popolo, mantenendo la fede dell’antica chiesa, fu una costante testimonianza dell’apostasia di Roma e quindi suscitò l’odio e la persecuzione più aspri. Il loro rifiuto di consegnare le Scritture era anche questo un’offesa che Roma non poteva tollerare e perciò decise di cancellarli dalla faccia della terra. Iniziarono quindi le più terribili crociate contro il popolo di Dio nelle loro case di montagna. Gli inquisitori furono messi sulle loro tracce e la scena dell’innocente Abele che cadeva davanti all’omicida Caino fu frequentemente ripetuta. Più e più volte le loro fertili terre furono devastate, le loro dimore e cappelle furono spazzate via, così che dove un tempo c’erano campi fiorenti e le case di un popolo innocente e industrioso, rimaneva solo un deserto. Come la bestia famelica è resa più furiosa dal sapore del sangue, così la rabbia dei persecutori è stata accesa con maggiore intensità dalle sofferenze delle loro vittime. Molti di questi testimoni della vera fede furono inseguiti attraverso le montagne e braccati nelle valli dove erano nascosti, costretti a rifugiarsi in folte foreste e tra i pinnacoli delle montagne. Nessuna accusa poteva essere mossa contro il carattere morale di questa classe di uomini. Persino i loro nemici li dichiararono pacifici, tranquilli e devoti. [76]
La loro grande offesa era che non avrebbero adorato Dio secondo la volontà del papa. Per questo crimine, tutte le umiliazioni, gli insulti e le torture che uomini o demoni potevano inventare erano ammassati su di loro. Quando Roma decise di sterminare l’odiata setta, il papa emise una bolla, condannandoli come eretici e consegnandoli al massacro. Non furono accusati come fannulloni, disonesti, o disordinati; ma fu dichiarato che avevano un’apparenza di pietà e santità che seduceva “le pecore del vero gregge”. Perciò il papa ordinò che “quella malvagia e abominevole setta di maligni”, se rifiutavano di aderire, sarebbero stati “schiacciati come velenosi serpenti” (Wylie, b. 16, cap. 1). Quest’uomo orgoglioso non si immaginava di incontrare di nuovo quelle sue stesse parole? Sapeva che erano registrate nei libri del cielo e che saranno lette al giudizio? “In quanto l’avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli”, disse Gesù, “l’avete fatto a Me” {Matteo 25: 40}. Questa bolla papale ha invitato tutti i membri della chiesa ad unirsi alla crociata contro gli eretici. Come incentivo a impegnarsi in quest’opera crudele, essa “assolse da tutte le pene comprese quelle ecclesiastiche, generali e particolari; liberò tutti coloro che si unirono alla crociata da qualsiasi giuramento avrebbero potuto prendere; legittimò il titolo a qualsiasi proprietà che avrebbero potuto acquisire illegalmente; e promise la remissione di tutti i peccati a quelli che avrebbero ucciso qualsiasi eretico. Vennero annullati tutti i contratti stipulati con i Valdesi ordinando che i loro domestici li abbandonassero; vietò a tutte le persone di dare loro qualsiasi aiuto e autorizzò tutte le persone a prendere possesso delle loro proprietà” (Wylie, b. 16, cap. 1). Questo documento rivela chiaramente lo spirito principale dietro le quinte. È il ruggito del dragone che si udiva e non la voce di Cristo. I capi della chiesa di Roma non avrebbero conformato i loro caratteri alle grandi indicazioni della legge di Dio, perciò eressero un’altra norma per adattarla a loro stessi e decisi ad obbligare tutti a conformarvisi, misero in atto le più orribili tragedie. Sacerdoti e papi, corrotti e blasfemi, svolgevano il lavoro indicato da Satana. [77]
La misericordia non aveva posto nella loro natura. Lo stesso spirito che crocifisse Cristo e uccise gli apostoli, lo stesso che mosse il sanguinario Nerone contro i fedeli ai suoi tempi, era all’opera per liberare la terra da coloro che erano amati da Dio. Le persecuzioni si abbatterono per molti secoli su questa gente timorata di Dio; esse furono sopportate da loro con una pazienza e costanza che ha onorato il loro Redentore. Nonostante le crociate contro di loro e l’inumana carneficina a cui vennero sottoposti continuarono a inviare i loro missionari per diffondere la preziosa verità. Sono stati braccati a morte; eppure anche se il loro sangue innaffiava il seme piantato i loro frutti non vennero meno. Così i Valdesi furono testimoni di Dio secoli prima della nascita di Lutero. Sparsi in diverse terre piantarono i semi della Riforma che iniziò ai tempi di Wycliffe, che crebbe ampia e profonda nei giorni di Lutero e che sarà portata avanti fino alla fine dei tempi da coloro che saranno disposti a soffrire tutte queste cose per “la parola di Dio e per la testimonianza di Gesù Cristo” {Apocalisse 1: 9}. [78]
Prima della Riforma esistevano solo poche copie della Bibbia, ma Dio non permise che la Sua Parola venisse completamente distrutta. Le sue verità non dovevano rimanere nascoste per sempre. Poteva facilmente diffondere le Sue parole di vita con la stessa facilità con cui aprì le porte delle prigioni e dei cancelli di ferro per liberare i Suoi servi. Nei diversi paesi d’Europa gli uomini furono mossi dallo Spirito di Dio nel ricercare la verità come si fa con i tesori nascosti. Provvidenzialmente guidati alle Sacre Scritture studiarono le pagine sacre e con vivace interesse furono disposti ad accettare la luce, anche se ciò gli sarebbe costato molto. Sebbene non vedessero tutte le cose chiaramente gli fu permesso di comprendere molte verità nascoste da tempo. Come messaggeri inviati dal cielo essi andarono avanti rompendo le catene dell’errore e della superstizione invitando coloro che erano stati così a lungo ridotti in schiavitù ad alzarsi e ad affermare la loro libertà. All’infuori dei Valdesi, la Parola di Dio era stata per secoli rinchiusa in lingue conosciute solo ai dotti, ma era giunto il momento che le Scritture venissero tradotte e date alla gente di diverse terre nella loro lingua natia. Il mondo aveva superato la mezzanotte. Le ore delle tenebre stavano finendo e in molte terre apparvero i segni dell’alba che si stavano avvicinando. [79]
Nel XIV secolo sorse in Inghilterra la “stella del mattino della Riforma”. John Wycliffe fu il messaggero della riforma, non solo per l’Inghilterra, ma anche per tutta la cristianità. La grande protesta contro Roma, che gli fu permesso di iniziare, non fu mai messa a tacere. Quella protesta aprì la lotta che avrebbe portato all’emancipazione degli individui, delle chiese e delle nazioni. Wycliffe ricevette un’ottima educazione e per lui il timore del Signore fu l’inizio della saggezza. Fu notato all’università per la sua fervente pietà, oltre che per i suoi notevoli talenti e per la sana cultura. Nella sua sete di conoscenza cercò di conoscere ogni ramo dell’apprendimento. Fu educato dalla filosofia scolastica, ai canoni della chiesa ed alla legge civile, in particolare a quella del suo stesso paese. Nelle sue successive attività il valore di questa prima preparazione era evidente. Una conoscenza approfondita della filosofia speculativa del suo tempo gli permise di esporre i loro errori e con il suo studio del diritto nazionale ed ecclesiastico era pronto a impegnarsi nella grande lotta per la libertà civile e religiosa. Mentre poteva impugnare le armi tratte dalla Parola di Dio, aveva acquisito la disciplina intellettuale delle scuole e aveva compreso le tattiche degli scolari. Il potere del suo genio unita all’estensione ed alla completezza della sua conoscenza conquistavano il rispetto di amici e nemici. I suoi seguaci videro con soddisfazione che il loro campione era in grado di tener testa alle menti più eccelse della nazione e in questo modo, ai suoi nemici, fu impedito di disprezzare la causa della Riforma accusando i suoi sostenitori di ignoranza e debolezza. Wycliffe iniziò a studiare le Scritture mentre frequentava l’università. In quei primi tempi, quando la Bibbia esisteva solo nelle lingue antiche, solamente gli studiosi erano abilitati ad accedere alla fonte della verità, che invece era interdetta alle classi non istruite. In questo modo la via venne preparata per la futura opera di Wycliffe come riformatore. [80]
Gli uomini di cultura avevano studiato la Parola di Dio e avevano scoperto che era stata rivelata la grande verità della sua grazia gratuita. Nei loro insegnamenti avevano diffuso la conoscenza di questa verità e avevano spinto gli altri a rivolgersi alla Parola di Dio. Quando l’attenzione di Wycliffe fu rivolta alle Scritture iniziò a investigarle con la stessa accuratezza che aveva utilizzato nell’apprendimento offertogli a scuola. Finora aveva sentito un grande vuoto che né i suoi studi scolastici, né l’insegnamento della chiesa di Roma avevano potuto soddisfare. Nella Parola di Dio trovò ciò che prima aveva cercato invano. Qui vide il piano di salvezza rivelato e Cristo gli si manifestò come unico Salvatore dell’uomo. Da quel momento si dedicò al servizio di Cristo, determinato a proclamare le verità che aveva scoperto. Come altri riformatori dopo di lui, Wycliffe, all’inizio della sua opera non si rese conto di dove sarebbe arrivato. Egli non si è posto deliberatamente in opposizione a Roma, ma la sua devozione alla verità non poteva che metterlo in conflitto con la menzogna. Più discerneva gli errori del papato, più presentava seriamente l’insegnamento chiaro della Bibbia. Vide che Roma aveva abbandonato la Parola di Dio per la tradizione umana; accusò senza timore il sacerdozio di aver bandito le Scritture e chiese che la Bibbia fosse restituita al popolo e che la sua autorità fosse nuovamente stabilita nella chiesa. Era un insegnante capace e serio e allo stesso tempo un predicatore eloquente; la sua vita quotidiana era una dimostrazione delle verità che predicava. La sua conoscenza delle Scritture, la forza del suo ragionamento, la purezza della sua vita, il suo inflessibile coraggio e la sua integrità conquistarono la stima e la fiducia di tutti. Molte persone erano insoddisfatte della loro precedente confessione religiosa quando videro l’iniquità che prevaleva nella Chiesa romana e abbracciarono con gioia inconcepibile le verità portate alla luce da Wycliffe; ma i sostenitori del papa erano pieni di rabbia quando percepirono che questo Riformatore stava acquisendo un’influenza più grande della loro. [81]
Wycliffe era un acuto rivelatore di errori e lottò senza paura contro molti degli abusi sanciti dall’autorità di Roma. Mentre svolgeva il ruolo di cappellano del re, prese una posizione coraggiosa contro il pagamento del tributo rivendicato dal papa al monarca inglese e dimostrò che la pretesa papale dell’autorità sui sovrani era contraria sia alla ragione sia alla Parola. Le richieste del papa avevano suscitato grande indignazione e gli insegnamenti di Wycliffe esercitarono un’influenza sulle principali menti della nazione. Il re e i nobili si unirono negando la rivendicazione del pontefice sulle autorità temporali rifiutando il pagamento del tributo. In tal modo venne inflitto un colpo efficace contro la supremazia papale in Inghilterra. Un altro abuso, contro il quale il Riformatore intraprese una lunga e risoluta battaglia, fu l’istituzione degli ordini dei frati mendicanti. Questi frati brulicavano in Inghilterra, recando una vera e propria piaga sulla grandezza e sulla prosperità della nazione. L’industria, l’educazione e la vita morale avevano risentito del loro influsso negativo. La vita di ozio e mendicità del monaco non fu solo una pesante perdita delle risorse del popolo, ma portò le persone a disprezzare l’utilità del lavoro. I giovani erano demoralizzati e corrotti. Grazie all’influenza dei frati, molti vennero indotti a entrare in un monastero ed a dedicarsi alla vita monastica e questo non solo senza il consenso dei genitori, ma anche senza che ne venissero a conoscenza o in modo contrario ai loro comandi. Uno dei primi padri della Chiesa romana, che esortava le pretese del monachesimo al di sopra degli obblighi d’amore e dovere filiale, aveva dichiarato: “Sebbene tuo padre dovesse sdraiarsi davanti alla tua porta, piangere e lamentarsi, e tua madre dovesse mostrare il corpo che ti portarono in grembo e i seni che ti allattarono, calpestali e vai avanti, dritto verso Cristo”. Con questa “mostruosa disumanità”, come la chiamò in seguito Lutero, che ricorda più un lupo e un tiranno che lo spirito di Cristo, “i cuori dei figli venivano temprati contro i loro genitori” (Barnas Sears, La vita di Lutero, pagine 70, 69). [82]
Così i dirigenti del papa, come i farisei dell’antichità, non tennero conto del comandamento di Dio e lo sostituirono con la loro tradizione. Così le case divennero desolate e i genitori furono privati della compagnia dei loro figli. Persino gli studenti delle università furono ingannati dalle false rappresentazioni dei monaci e indotti a unirsi ai loro ordini. Molti in seguito si pentirono di questo passo, vedendo che avevano rovinato le loro vite e che avevano recato dolore ai loro genitori; ma una volta caduti nella trappola era impossibile per loro ottenere la libertà. Molti genitori, temendo l’influenza dei monaci, si rifiutarono di mandare i loro figli nelle università. Ci fu un netto calo nel numero di studenti presenti nei grandi centri di apprendimento. Le scuole languirono e l’ignoranza prevalse. Il papa aveva conferito a questi monaci il potere di ascoltare le confessioni e di concederne il perdono. Ciò divenne fonte di grande male. Impegnati a migliorare i loro guadagni, i frati erano così pronti a concedere l’assoluzione che i criminali di tutte le estrazioni ricorsero a loro e, di conseguenza, i peggiori vizi aumentarono rapidamente. I malati ed i poveri furono lasciati soffrire, mentre i doni che avrebbero dovuto alleviare i loro bisogni andarono ai monaci; chiedevano l’elemosina al popolo con minacce, denunciando l’empietà di coloro che osavano astenersi dal presentare le loro offerte. Nonostante la loro professione di povertà, la ricchezza dei frati era in costante aumento; i loro magnifici edifici e le loro lussuose tavole imbandite rendevano ancora più evidente la crescente povertà della nazione. Mentre trascorrevano il loro tempo nel lusso e nel piacere, questi monaci mandavano uomini ignoranti a svolgere le loro funzioni, che potevano solo raccontare storie, leggende e scherzi per divertire la gente e renderla ancora più ottusa. Eppure i frati continuarono a mantenere la loro presa sulle moltitudini superstiziose e le portarono a credere che tutto il dovere religioso fosse compreso nel riconoscere la supremazia del papa, adorare i santi e fare regali ai monaci, e che questo era sufficiente per assicurarsi un posto in paradiso. [83]
Gli uomini di cultura e pietà avevano faticosamente tentato di realizzare una riforma in questi ordini monastici; ma Wycliffe, con intuizione più acuta, ha colpito alla radice del male, dichiarando che il sistema stesso era falso e che avrebbe dovuto essere abolito. Discussione e inchiesta stavano risvegliando gli animi. Mentre i monaci attraversavano il paese vendendo il perdono del papa, molti erano indotti a dubitare della possibilità di acquistare il perdono con denaro e si domandavano se non dovevano chiedere perdono piuttosto a Dio direttamente che al pontefice di Roma. Non pochi erano allarmati per la rapacità dei frati, la cui avidità sembrava non essere mai soddisfatta. “I monaci ed i preti di Roma”, dissero fra loro, “ci stanno divorando come un cancro. Dio deve liberarci, altrimenti il popolo perirà” (D’Aubigne, b. 17, cap. 7). Per coprire la loro avidità, questi monaci mendicanti affermarono che stavano seguendo l’esempio del Salvatore dichiarando che Gesù e i Suoi discepoli erano stati sostenuti dalle organizzazioni di beneficenza del popolo. Questa affermazione provocò un danno alla loro causa, poiché portò molti a leggere la Bibbia ed a conoscere la verità da soli; una cosa che, tra tutte le altre, era la meno desiderata da Roma. Le menti degli uomini erano dirette alla Fonte della verità, che Roma invece riteneva utile tener nascosta. Wycliffe cominciò a scrivere e pubblicare trattati contro i frati, tuttavia, cercava in questo modo non tanto di entrare in disputa con loro ma di richiamare le menti del popolo agli insegnamenti della Bibbia e del suo Autore. Dichiarò che il potere di perdono o di scomunica posseduto dal papa non era in misura maggiore rispetto a quello dei comuni sacerdoti e che nessun uomo può essere veramente scomunicato a meno che non abbia prima portato su di sé la condanna di Dio. In nessun modo più efficace avrebbe potuto intraprendere il rovesciamento di quel mastodontico tessuto di dominio spirituale e temporale che il papa aveva eretto ed in cui le anime ed i corpi di milioni erano tenuti prigionieri. Ancora una volta Wycliffe fu chiamato a difendere i diritti della corona inglese contro le invasioni di Roma; nominato ambasciatore reale, trascorse due anni in Olanda, in una conferenza con i commissari del papa. [84]
Qui venne messo in comunicazione con ecclesiastici provenienti da Francia, Italia e Spagna avendo l’opportunità di guardare dietro le quinte ed acquisire un’ampia conoscenza di tutte quelle cose che sarebbero rimaste nascoste a lui in Inghilterra. Tutto ciò che imparò gli fu molto utile nella sua attività successiva. In questi rappresentanti della corte papale riconobbe il vero carattere e gli scopi della gerarchia. Tornò in Inghilterra per ripetere i suoi precedenti insegnamenti più apertamente e con maggiore zelo, dichiarando che la bramosia, l’orgoglio e l’inganno erano gli dei di Roma. In uno dei suoi trattati, parlando del papa e dei suoi esattori, disse: “Essi traggono dalla nostra terra il sostentamento degli uomini poveri e molte migliaia di marchi dal tesoro del re in cambio di sacramenti e di funzioni cerimoniali; tutto ciò è una maledetta eresia di simonia, facendo sì che tutto il cristianesimo acconsenta e sostenga questa eresia. Anche se il nostro regno avesse un’enorme collina d’oro e mai nessun altro, ma solo questi orgogliosi preti mondani, vi attingessero, con il passare del tempo questa collina si esaurirebbe poiché preleverebbero sempre denaro dalla nostra terra e non rimarrebbe altro che la maledizione di Dio a causa della sua simonia” (John Lewis, Storia della vita e sofferenze di J. Wycliffe, pagina 37). Poco dopo il suo ritorno in Inghilterra, Wycliffe ricevette dal re la nomina di rettore alla canonica di Lutterworth. Questa era la certezza che il monarca non era affatto dispiaciuto per il suo modo di parlare. L’influenza di Wycliffe è stata avvertita nel plasmare le decisioni della corte, così come è stata utile nel plasmare l’opinione pubblica della nazione. Le bolle papali furono presto scagliate contro di lui. Tre furono inviate in Inghilterra: all’università, al re e ai prelati; tutte comandarono misure immediate e decisive per zittire l’insegnante di eresia (Augustus Neander, Storia generale della religione e della chiesa cristiana, periodo 6, sezione 2, punto 1, par. 8). Prima dell’arrivo delle bolle papali, tuttavia, i vescovi, nel loro zelo, avevano convocato Wycliffe ad un processo e due dei più potenti principi del regno lo accompagnarono al tribunale; [85]
La gente, circondando l’edificio e precipitandosi dentro, intimidiva i giudici tanto che il procedimento venne sospeso per un tempo e gli fu permesso di proseguire la sua strada in pace. Poco dopo i prelati cercarono di influenzare Edoardo III, che era ormai nella sua vecchiaia, contro il riformatore, ma egli morì e l’ex protettore di Wycliffe divenne reggente del regno. L’arrivo delle bolle papali impose a tutta l’Inghilterra un ordine perentorio per l’arresto e la reclusione dell’eretico. Queste misure, ovviamente, preannunciavano il patibolo. Sembrava certo che Wycliffe dovesse presto cadere in preda alla vendetta di Roma. Ma Colui che dichiarò: “Non temere: … Io sono il tuo scudo” {Genesi 15: 1}, di nuovo stese la mano per proteggere il Suo servo. La morte venne, non per il riformatore, ma per il pontefice che aveva decretato la sua distruzione. Gregorio XI morì e gli ecclesiastici che si erano riuniti per il processo contro Wycliffe si dispersero. La provvidenza di Dio annullò gli eventi per dare un’opportunità alla crescita della Riforma. La morte di Gregorio fu seguita dall’elezione di due papi rivali. Due poteri in conflitto, ciascuno dichiaratamente infallibile, rivendicando l’obbedienza. Ognuno invitava i fedeli ad aiutarlo a fare guerra contro l’altro, aggiungendo terribili anatemi contro i suoi avversari e promesse di ricompense in cielo ai suoi sostenitori. Questo evento ha notevolmente indebolito il potere del papato. Le fazioni rivali si attaccavano a vicenda e Wycliffe per un po’ di tempo ebbe riposo. Anatemi e recriminazioni volavano da papa a papa e torrenti di sangue venivano versati per sostenere le loro rivendicazioni conflittuali. Crimini e scandali inondarono la chiesa. Nel frattempo il riformatore, nella tranquilla pensione della sua parrocchia di Lutterworth, lavorava diligentemente per presentare agli uomini Gesù, il Principe della pace, in opposizione ai papi contendenti. Lo scisma, con tutte le lotte e la corruzione che causò, preparò la via alla Riforma consentendo alla gente di vedere che cosa fosse realmente il papato. [86]
In un trattato, da lui pubblicato sullo scisma dei Papi, Wycliffe invitò il popolo a considerare se questi due papi non stessero dicendo la verità nell’accusarsi l’un l’altro di essere l’anti-cristo. Egli disse: “Dio non accettò più che il diavolo regnasse mediante uno solo di questi sacerdoti, ma… permise questa divisione tra i due, affinché gli uomini, nel nome di Cristo, potessero più facilmente vincerli entrambi” (R. Vaughan, Vita e Opinioni di John de Wycliffe, vol. 2, p. 6). Wycliffe, come il suo Maestro, predicò il Vangelo ai poveri. Non contento di diffondere la luce nelle loro umili case, nella città della sua parrocchia di Lutterworth, decise che doveva essere trasportato in ogni parte dell’Inghilterra. Per realizzare ciò egli organizzò un corpo di predicatori, uomini semplici e devoti, che amavano la verità e non desideravano altro se non diffonderla. Questi uomini andavano dappertutto, insegnando nei mercati, nelle strade delle grandi città e nelle strade di campagna. Cercarono gli anziani, i malati ed i poveri annunciando loro la lieta novella della grazia di Dio. Come professore di teologia a Oxford, Wycliffe predicò la Parola di Dio nelle sale dell’università. Presentò fedelmente la verità ai suoi studenti tanto da ricevere il titolo di “Dottore del Vangelo”. Ma la più grande opera della sua vita doveva essere la traduzione delle Scritture nella lingua inglese. In un’opera sulla verità e sul significato delle Scritture espresse la sua intenzione di tradurre la Bibbia in modo che ogni uomo in Inghilterra potesse leggere, nella lingua in cui era nato, le meravigliose opere di Dio. Ma improvvisamente le sue fatiche si arrestarono. Sebbene non avesse ancora sessant’anni, l’incessante fatica, lo studio e gli assalti dei suoi nemici avevano influito sulla sua forza vitale, rendendolo prematuramente vecchio e fu così assalito da una pericolosa malattia. Tale notizia diede grande gioia ai frati. Ora pensavano che si sarebbe pentito amaramente del male che aveva fatto alla chiesa e si affrettarono nella sua camera per ascoltare la sua confessione. I rappresentanti dei quattro ordini religiosi insieme a quattro ufficiali civili si riunirono attorno al presunto moribondo. [87]
“Hai la morte sulle labbra” dissero. “Pentiti dei tuoi errori e ritratta in nostra presenza tutto ciò che hai detto contro di noi”. Il Riformatore ascoltò in silenzio; poi ordinò al suo inserviente di alzarlo nel suo letto e, fissando fermamente i suoi occhi su di loro, mentre stavano aspettando la sua ritrattazione, disse con la voce ferma e forte che tanto spesso li aveva fatti tremare: “Non morirò, ma vivrò e denuncerò di nuovo le cattive azioni dei frati” (D’Aubigne, b. 17, cap. 7). Stupiti e imbarazzati, i monaci si affrettarono a uscire dalla stanza. Le parole di Wycliffe si avverarono. Continuò a vivere per mettere nelle mani dei suoi compatrioti la più potente di tutte le armi contro Roma, per dare loro la Bibbia, l’agente nominato dal Cielo per liberare, illuminare ed evangelizzare il popolo. C’erano molti e grandi ostacoli da superare nella realizzazione di questo lavoro. Wycliffe era appesantito dalle infermità; sapeva che per lui rimanevano solo pochi anni di lavoro; vide l’opposizione che doveva incontrare ma, incoraggiato dalle promesse della Parola di Dio, avanzò con fiducia. Nel pieno vigore dei suoi poteri intellettuali e ricco di esperienza era stato preservato e preparato dalla speciale provvidenza di Dio per questo, la più grande delle sue opere. Mentre tutta la cristianità era piena di tumulti, il riformatore nella sua canonica a Lutterworth, disinteressandosi della tempesta che infuriava, si applicò nello svolgere il compito che aveva scelto. Finalmente l’opera fu completata e la prima traduzione inglese della Bibbia venne pubblicata. In Inghilterra la Parola di Dio fu offerta a tutti. Il riformatore ora non temeva più la prigione od il patibolo. Aveva messo nelle mani degli inglesi una luce che non si sarebbe più estinta. Nel dare la Bibbia ai suoi compatrioti aveva fatto molto di più che spezzare le catene dell’ignoranza e del vizio, molto più che liberare ed elevare il suo paese di quanto non sia mai stato ottenuto dalle più brillanti vittorie sui campi di battaglia. L’arte della stampa era ancora sconosciuta e solo con un lento e faticoso lavoro si riuscì a riprodurre copie della Bibbia. [88]
L’interesse nell’ottenere quel libro era talmente grande che molti si impegnarono volentieri nell’opera di trascrizione, ma fu con difficoltà che i copisti potevano soddisfare la domanda. Alcuni degli acquirenti più facoltosi desideravano l’intera Bibbia, altri invece ne comprarono solo una parte. In molti casi, diverse famiglie si unirono per acquistarne una copia. Così la Bibbia di Wycliffe presto si fece strada nelle case della gente. L’appello alla ragione degli uomini li destò dalla loro passiva sottomissione ai dogmi papali. Wycliffe ora insegnò le dottrine distintive del protestantesimo: la salvezza attraverso la fede in Cristo e l’unica infallibilità delle Scritture. I predicatori che aveva mandato in circolazione diffondevano la Bibbia insieme agli scritti del riformatore e fu con tale successo che la nuova fede fu accettata da quasi la metà del popolo d’Inghilterra. L’apparizione delle Scritture portò sgomento alle autorità della chiesa. Ora dovevano combattere contro un’agenzia molto più potente di Wycliffe, un’agenzia contro la quale le loro armi sarebbero state di poco vantaggio. In quel momento in Inghilterra non esisteva alcuna legge che proibisse la Bibbia, poiché non era mai stata pubblicata nella lingua del popolo. Tali leggi furono in seguito emanate ed applicate rigorosamente. Nel frattempo, nonostante gli sforzi dei sacerdoti, c’era una meravigliosa opportunità per la circolazione della Parola di Dio. Di nuovo i capi papali complottarono per zittire la voce del riformatore che fu successivamente convocato per il processo davanti a tre tribunali, ma senza successo. Prima un sinodo dei vescovi dichiarò i suoi scritti eretici e, contando sul favore del giovane re, Riccardo II, al loro fianco, ottennero un decreto reale imprigionando tutti coloro che dichiaravano di credere nelle dottrine che loro stessi avevano condannate. Wycliffe fece appello al Parlamento e incolpò senza timore la gerarchia di fronte al consiglio nazionale chiedendo una riforma degli enormi abusi sanciti dalla chiesa. Con un potere convincente illustrò l’usurpazione e la corruzione della sede papale ed i suoi nemici furono messi in confusione. [89]
Gli amici ed i sostenitori di Wycliffe erano stati costretti a cedere e ci si aspettava fiduciosamente che il riformatore stesso, nella sua vecchiaia, da solo e senza amici, si sarebbe inchinato all’autorità combinata della corona e della mitra. Ma invece di ottenere questo risultato i sostenitori del papa si videro sconfitti. Il Parlamento, destato dagli stimolanti ricorsi di Wycliffe, abrogò l’editto perseguitante e il Riformatore fu di nuovo in libertà. Il Riformatore venne portato una terza volta in giudizio ed ora davanti al più alto tribunale ecclesiastico del regno. Qui nessun favore sarebbe stato fatto a colui che veniva considerato eretico. Credevano che, alla fine, avrebbe trionfato Roma e l’opera del Riformatore si sarebbe fermata. Questo era ciò che pensavano i sostenitori del papa. Se fossero riusciti a realizzare il loro scopo, Wycliffe sarebbe stato costretto ad abiurare le sue dottrine o avrebbe lasciato quella corte solo per salire sul patibolo. Ma Wycliffe non si ritrasse; egli non ritrattò. Senza timore mantenne i suoi insegnamenti e respinse le accuse dei suoi persecutori. Perdendo di vista se stesso e la posizione nella quale si trovava convocò i suoi ascoltatori davanti al tribunale divino e soppesò i loro sofismi e gli inganni sulla bilancia della verità eterna. Il potere dello Spirito Santo si sentì potentemente nella sala del consiglio. L’influsso di Dio era sugli ascoltatori. Sembravano non avere la forza di lasciare il posto. Come frecce dalla faretra del Signore, le parole del Riformatore trapassarono i loro cuori. L’accusa di eresia, che avevano portato contro di lui, con un potere convincente si ritorse contro di loro. “Perché”, chiese, “hanno osato diffondere i loro errori? Per guadagnare, commercializzando la grazia di Dio? Contro chi pensate di lottare?”, concluse alla fine, “contro un vecchio sull’orlo della tomba? No! Contro la Verità che è più forte di voi e che trionferà su di voi” (Wylie, b. 2, cap. 13). Così dicendo, si ritirò dall’assemblea e nessuno dei suoi avversari tentò di impedirlo. L’opera di Wycliffe era quasi finita; lo stendardo della verità che aveva tanto a lungo innalzato sarebbe presto caduto dalla sua mano; ma ancora una volta doveva testimoniare il Vangelo. [90]
La verità doveva essere proclamata dalla stessa fortezza del regno dell’errore. Wycliffe fu convocato per il processo davanti al tribunale papale di Roma, che aveva così spesso versato il sangue dei santi. Non era cieco circa i pericoli che lo minacciavano, eppure avrebbe accettato la convocazione se non fosse stato per una paralisi che rese impossibile per lui compiere il viaggio. Anche se la sua voce non sarebbe stata ascoltata a Roma, poté parlare mediante lettere; e proprio questo decise di fare. Dalla sua canonica, il Riformatore scrisse al papa una lettera che, pur rispettosa nel tono e nello spirito cristiano, era un acuto rimprovero al fasto e all’orgoglio della sede papale. “In verità è per me una gioia”, disse, “far conoscere e dichiarare ad ogni uomo la fede che professo; specialmente al vescovo di Roma. Per quanto io suppongo sia sana e veritiera, io darò volentieri conferma della mia fede o, se risultasse errata, la modificherò. In primo luogo io credo che il Vangelo di Cristo racchiuda l’intera legge di Dio… Io credo che il vescovo di Roma, poiché si dichiara essere il vicario di Cristo qui sulla terra deve essere strettamente legato, più di qualunque altro, a quella legge del Vangelo. Poiché la grandezza tra i discepoli di Cristo non consisteva in dignità o onori mondani, ma nell’imitazione fedele ed esatta di Cristo nella sua vita e nei suoi modi… Cristo, durante il tempo del suo pellegrinaggio qui, su questa terra, era un uomo molto povero, abietto e respinse ogni regola e onore mondano… Nessun uomo fedele dovrebbe seguire né il papa stesso né alcuno dei santi uomini, se non nella misura in cui, a loro volta, essi seguono l’esempio del Signore Gesù Cristo. Pietro e i figli di Zebedeo, desiderando l’onore del mondo, si dimostrarono in contrasto allo spirito e ai passi di Cristo, perciò, in quei errori non devono essere seguiti… Il papa dovrebbe lasciare al potere secolare tutta l’autorità e il dominio temporale, e di conseguenza spostare ed esortare tutto il suo clero; perché così fece Cristo e così fecero i suoi apostoli. [91]
Pertanto, se ho sbagliato in uno di questi punti, mi sottometterò umilmente alla correzione, anche con la morte, se la necessità lo richiede; se potessi operare secondo la mia volontà o secondo il desiderio della mia persona, mi presenterei sicuramente davanti al vescovo di Roma; ma il Signore ha deciso differentemente dal vescovo di Roma e mi ha insegnato piuttosto a ubbidire a Dio che agli uomini”. Chiudendo, disse: “Preghiamo il nostro Dio che lavori al cuore del nostro papa Urbano VI, così come ha già iniziato a fare, affinché egli assieme al suo clero possa seguire il Signore Gesù Cristo nella vita e nelle buone maniere; che possano insegnare al popolo in modo efficace e che tutti possano seguirli fedelmente nello stesso modo” (John Foxe, Atti e Monumenti, vol. 3, pp. 49, 50). In questo modo Wycliffe presentò al papa e ai suoi cardinali la mansuetudine e l’umiltà di Cristo, esibendo non solo a loro stessi, ma a tutta la cristianità, il contrasto tra loro e il Maestro di cui si professavano i rappresentanti. Wycliffe si aspettava che la sua vita divenisse il prezzo della sua fedeltà. Il re, il papa e i vescovi erano uniti per compiere la sua rovina e sembrava certo che solo un paio di mesi al massimo lo avrebbero separato dal rogo. Il suo coraggio era però incrollabile. “Perché parli di cercare lontano la corona del martirio?” disse. “Predica il vangelo di Cristo ai prelati altezzosi e il martirio non mancherà. Che cosa!? Dovrei vivere e stare zitto? … Mai! Lascia che il colpo cada, attendo che venga”. (D’Aubigne, b. 17, cap. 8). La provvidenza di Dio però proteggeva ancora il Suo servo. L’uomo che per tutta la vita aveva lottato con coraggio in difesa della verità, nel pericolo quotidiano della sua vita, non doveva cadere vittima dell’odio dei suoi nemici. Wycliffe non aveva mai cercato di proteggersi, ma il Signore era stato il suo protettore; e ora, quando i suoi nemici erano sicuri della loro preda, la mano di Dio lo allontanò dalla loro portata. Nella sua chiesa di Lutterworth, mentre stava per dispensare la comunione, cadde, colpito da paralisi e in breve tempo morì. [92]
Dio aveva affidato a Wycliffe la Sua opera. Aveva messo la parola di verità nella sua bocca e aveva posto una barriera su di lui affinché la parola ispirata potesse arrivare alla gente. La sua vita fu protetta e le sue fatiche furono gettate le fondamenta per la grande opera della Riforma. Wycliffe uscì dall’oscurità del Medioevo. Non c’era stato nessuno prima di lui che gli avesse indicato un modello di riforma. Cresciuto come Giovanni il Battista per compiere una missione speciale, fu il messaggero di una nuova era. Eppure nel sistema di verità che presentava c’era un’unità e una completezza che i riformatori dopo di lui non riuscirono a superare e che, alcuni, non raggiunsero nemmeno cento anni dopo. Le fondamenta erano così vaste e profonde, la struttura era così solida e vera che coloro che lo seguirono non dovettero ricostruirla. Il grande movimento inaugurato da Wycliffe, che doveva liberare la coscienza e l’intelletto, e rilasciare le nazioni così a lungo legate alla sorte di Roma, ebbe le sue fondamenta nella Bibbia. Qui si trovava la fonte di quel flusso di benedizione, che, come l’acqua della vita, scorreva attraverso i secoli sin dal XIV secolo. Wycliffe accettò le Sacre Scritture come rivelazione ispirata della volontà di Dio, una vera e propria regola di fede e pratica. Era stato educato a considerare la Chiesa di Roma come l’autorità divina ed infallibile; ad accettare con reverenza incondizionata gli insegnamenti e gli usi stabiliti da mille anni, ma si è allontanato da tutti questi per ascoltare la santa Parola di Dio. Questa era l’autorità che esortò la gente a riconoscere. Invece della chiesa che parlava attraverso il papa, dichiarò che l’unica vera autorità era la voce di Dio che parlava attraverso la Sua Parola. Insegnò non solo che la Bibbia è una perfetta rivelazione della volontà di Dio, ma che lo Spirito Santo è il suo unico interprete e che il dovere di ogni uomo è, mediante lo studio dei suoi insegnamenti, di imparare per sé stesso. Così spostò le menti degli uomini dal papa e dalla Chiesa di Roma alla Parola di Dio. [93]
Wycliffe fu uno dei più grandi riformatori. Nell’ampiezza dell’intelletto, nella chiarezza del pensiero, nella fermezza di mantenere la verità e nell’audacia di difenderla, solo pochi furono eguagliati a lui. La purezza della vita, la diligenza nello studio e nel lavoro, l’integrità incorruttibile, l’amore e la fedeltà simili a quelli di Cristo nel suo ministero, caratterizzarono il primo dei riformatori; e tutto questo nonostante l’oscurità intellettuale e la corruzione morale dell’epoca da cui è emerso. Il personaggio di Wycliffe è una testimonianza del potere educante e trasformante delle Sacre Scritture. Era la Bibbia che lo rendeva quello che era. Lo sforzo di comprendere le grandi verità della rivelazione conferisce freschezza e vigore a tutte le facoltà. Espande la mente, acuisce le percezioni e matura il giudizio. Lo studio della Bibbia nobilita ogni pensiero, sentimento ed aspirazione come nessun altro studio può fare. Dà stabilità di scopo, pazienza, coraggio e forza d’animo; affina il carattere e santifica l’anima. Uno studio sincero e riverente delle Scritture, porta la mente dello studente in contatto diretto con la mente infinita, offre al mondo uomini con un intelletto più forte e più attivo, oltre che di un principio più nobile di quanto sia mai risultato dalla più abile formazione che la filosofia umana possa offrire. “La rivelazione delle tue parole”, dice il salmista, “dà luce; dà intelligenza” {Salmo 119: 130}. Le dottrine che erano state insegnate da Wycliffe continuarono per un tempo a diffondersi; i suoi seguaci, noti come Wycliffiani e Lollardi, non solo attraversarono l’Inghilterra, ma si sparsero in altre terre portando la conoscenza del Vangelo. Ora che il loro capo non c’era più, i predicatori lavoravano con uno zelo maggiore di prima e moltitudini si accalcavano per ascoltare i loro insegnamenti. Tra i convertiti ci furono anche alcuni nobili dell’epoca e persino la moglie del re. In molti luoghi vi fu una profonda riforma nelle abitudini della gente ed i simboli idolatri del papato furono rimossi dalle chiese. Presto, però, la spietata tempesta di persecuzioni esplose su coloro che avevano osato accettare la Bibbia come loro guida. [94]
I monarchi inglesi, desiderosi di rafforzare il loro potere assicurandosi il sostegno di Roma, non esitarono a perseguitare i riformatori. Per la prima volta nella storia dell’Inghilterra venne decretata, contro i discepoli del Vangelo, la morte sul rogo. I martiri si moltiplicavano. I sostenitori della verità, imprigionati e torturati, potevano solo riversare le loro grida nell’orecchio del Signore degli eserciti. Cacciati come nemici della chiesa e traditori del regno, continuarono a predicare in luoghi segreti trovando rifugio come meglio potevano nelle umili case dei poveri e spesso nascondendosi anche negli anfratti e nelle caverne. Nonostante la rabbia della persecuzione, una protesta pacifica, devota, seria e paziente contro la corruzione prevalente della fede religiosa continuò ad essere pronunciata per secoli. I cristiani di quell’epoca antica avevano solo una conoscenza parziale della verità, ma avevano imparato ad amare e ad obbedire alla Parola di Dio soffrendo pazientemente per il suo bene. Come i discepoli nei giorni apostolici, molti sacrificarono i loro beni terreni per la causa di Cristo. Coloro ai quali era permesso di dimorare nelle loro case ospitarono volentieri i loro fratelli banditi, e quando anche loro furono scacciati accettarono allegramente il destino dell’emarginato. Migliaia terrorizzati dalla furia dei loro persecutori, acquistarono la loro libertà con il sacrificio della loro fede e uscirono dalle loro prigioni, vestiti con le tuniche dei penitenti, per pubblicare la loro ritrattazione. Ma molti altri invece testimoniarono senza paura la verità nelle celle dei sotterranei, nelle “torri dei Lollardi” e nel mezzo della tortura e della fiamma, gioendo sapendo di condividere la “comunione delle Sue sofferenze”; tra di loro c’erano uomini di nobile nascita, oltre che umili e poveri. I sostenitori papali non erano riusciti a realizzare la loro volontà durante la vita di Wycliffe ed il loro odio non poteva essere soddisfatto mentre il suo corpo riposava tranquillamente nella tomba. Con il decreto del Concilio di Costanza, più di quarant’anni dopo la sua morte, le sue ossa furono esumate, bruciate pubblicamente e le ceneri furono gettate in un torrente vicino. [95]
“Questo ruscello”, dice un vecchio scrittore, “ha trasportato le sue ceneri nell’Avon; l’Avon a sua volta nel Severn; il Severn negli stretti dei mari e così nell’oceano sconfinato. Le ceneri di Wycliffe sono l’emblema della sua dottrina, che ora è dispersa in tutto il mondo” (T. Fuller, Church History of Britain, b. 4, sec. 2, par. 54). I suoi nemici non si rendevano conto del significato del loro atto malvagio. Fu attraverso gli scritti di Wycliffe che John Huss, di Boemia, fu convinto dei molti errori commessi dal papato e ad intraprendere l’opera della riforma. Così in questi due paesi, così ampiamente separati, fu seminato il seme della verità. Dalla Boemia l’opera si estese ad altre terre. Le menti degli uomini erano condotte verso la Parola di Dio dimenticata da lungo tempo e una mano divina preparava la via per la Grande Riforma. [96]
Il Vangelo era stato diffuso in Boemia già nel IX secolo. La Bibbia era stata tradotta ed il culto pubblico si svolgeva nella lingua del popolo. Ma come il potere del papa aumentava, così la Parola di Dio veniva oscurata. Gregorio VII, che si era proposto di umiliare l’orgoglio dei re, non era meno intento a renderne schiavo il popolo; egli emise una bolla che proibiva di svolgere il culto pubblico nella lingua boema. Il papa dichiarò che “fosse piaciuto all’Onnipotente che la Sua adorazione venisse celebrata in una lingua sconosciuta e che molti mali ed eresie fossero sorte a causa della ribellione a questa regola” (Wylie, b. 3, cap. 1). Così Roma decretò che la luce della Parola di Dio doveva essere spenta e che il popolo venisse imprigionato dalle tenebre. Ma il Cielo aveva fornito altri mezzi in grado di salvaguardare la chiesa. Molti dei Valdesi e degli Albigesi, essendo perseguitati in Italia e in Francia, si rifugiarono in Boemia. Sebbene non osassero insegnare apertamente, lavorarono con zelo in segreto. In questo modo la vera fede venne preservata da un secolo all’altro. Prima dell’apparizione di Huss vi furono degli uomini in Boemia che si sollevarono per condannare apertamente la corruzione nella chiesa e la dissolutezza della gente. I loro interventi suscitarono un diffuso interesse. I timori della gerarchia ecclesiastica furono risvegliati e iniziò la persecuzione contro i discepoli del Vangelo. [97]
Costretti all’adorazione nelle foreste e nelle montagne, furono braccati dai soldati e molti furono messi a morte. Dopo un certo tempo fu decretato che tutti coloro che si allontanavano dall’adorazione Cattolica dovessero essere bruciati vivi. Mentre i cristiani perdevano le loro vite, essi sapevano che la loro causa avrebbe trionfato. Uno di coloro che insegnava che la salvezza doveva essere trovata solo mediante la fede nel Salvatore crocifisso, dichiarava mentre moriva le seguenti parole: “La rabbia dei nemici della verità ora prevale contro di noi, ma non sarà per sempre; sorgerà qualcuno dal popolo, senza spada né autorità, contro il quale non potranno prevalere” (Ibid. b. 3, cap. 1). Il tempo di Lutero era ancora lontano; ma stava già sorgendo qualcuno la cui testimonianza contro Roma avrebbe agitato le nazioni. John Huss era di umile nascita e fu presto lasciato orfano alla morte di suo padre. Sua madre, era una donna pia che considerava l’educazione e il timore di Dio come il più prezioso dei beni, cercò di trasmettere questa eredità a suo figlio. Huss studiò alla scuola provinciale e poi andò all’università di Praga, dove fu ammesso per pura beneficenza. Fu accompagnato durante il viaggio a Praga da sua madre; vedova e povera, non aveva doni di ricchezze mondane da concedere a suo figlio, ma quando si avvicinarono alla grande città, si inginocchiò accanto al giovane senza padre e invocò per lui la benedizione del loro Padre celeste. La madre non si rese conto di come la sua preghiera sarebbe stata esaudita.
All’università, Huss si distinse presto per la sua instancabile applicazione ed il suo rapido progresso, mentre la sua vita irreprensibile ed il suo delicato ed appassionato portamento gli procurarono una stima universale. Era un sincero aderente della Chiesa Romano Cattolica ed un sincero ricercatore delle benedizioni spirituali che essa diceva di conferire. In occasione di un giubileo andò a confessarsi, pagò le ultime monete del suo scarso ricavato e si unì alle processioni per poter condividere la promessa dell’assoluzione. Dopo aver completato il suo corso universitario, entrò nel sacerdozio e rapidamente raggiungendo l’eccellenza negli studi, tanto che presto fu ammesso alla corte del re. [98]
Fu anche nominato professore e poi rettore dell’università dove aveva ricevuto la sua educazione. In pochi anni l’umile studioso di carità era diventato l’orgoglio del suo paese e il suo nome era famoso in tutta Europa. Ma fu in un altro campo che Huss iniziò l’opera di riforma. Diversi anni dopo aver preso i voti da sacerdote fu nominato predicatore della cappella di Betlemme. Il fondatore di questa cappella aveva sostenuto, come materia di grande importanza, la predicazione delle Scritture nella lingua del popolo. Nonostante l’opposizione di Roma a questa pratica, essa non era stata interamente interrotta in Boemia. Vi era una grande ignoranza della Bibbia, i peggiori vizi prevalevano tra la gente di tutti i gradi e Huss denunciò questi mali senza riserve, facendo appello alla Parola di Dio per far rispettare i principi di verità e purezza che essa inculcava. Un cittadino di Praga, Girolamo, che in seguito divenne uno stretto associato di Huss, al suo ritorno dall’Inghilterra aveva portato con sé gli scritti di Wycliffe. La regina d’Inghilterra, che era stata convertita agli insegnamenti di Wycliffe, era una principessa boema ed attraverso la sua influenza le opere del riformatore vennero ampiamente diffuse nel suo paese nativo. Huss lesse questi scritti con interesse; credeva che il loro autore fosse un sincero cristiano ed era incline a considerare con favore le riforme che egli sosteneva. Sebbene non lo sapesse, Huss aveva già imboccato una strada che lo avrebbe condotto lontano da Roma. In quel periodo arrivarono a Praga due estranei provenienti dall’Inghilterra; uomini di cultura, che avevano ricevuto la luce e che erano venuti a diffonderla in questa terra lontana. Cominciarono con un attacco aperto alla supremazia del papa, ma furono presto messi a tacere dalle autorità; non volendo rinunciare al loro scopo, ricorsero ad altre misure. Essendo artisti e predicatori, continuarono ad esercitare le loro abilità. In un luogo aperto al pubblico disegnarono due immagini. La prima rappresentava l’ingresso di Cristo in Gerusalemme, “mite e seduto su un asino” {Matteo 21: 5}, seguito dai Suoi discepoli in abiti consumati dal viaggio e con i piedi nudi. [99]
L’altro ritratto rappresentava una processione pontificia, il papa schierato con le sue ricche vesti e la sua tripla corona, montato su un cavallo magnificamente adornato, preceduto da trombettieri e seguito da cardinali e prelati in una gamma abbagliante. Ecco un sermone che aveva attratto l’attenzione di tutte le classi. Le folle vennero a guardare i disegni. Nessuno poteva mancare di leggerne la morale e molti erano profondamente impressionati dal contrasto tra la mansuetudine e l’umiltà di Cristo, il Maestro, e l’orgoglio e l’arroganza del papa, che si dichiarava essere Suo servo. Ci fu un grande tumulto a Praga, gli stranieri dopo un po’ ritennero necessario, per la propria sicurezza, partire. Ma la lezione che avevano insegnato non fu dimenticata. Le immagini fecero una profonda impressione sulla mente di Huss e lo portarono ad uno studio più attento della Bibbia e degli scritti di Wycliffe. Sebbene non fosse ancora pronto ad accettare tutte le riforme sostenute da Wycliffe, vide più chiaramente il vero carattere del papato e con maggiore zelo denunciò l’orgoglio, l’ambizione e la corruzione della gerarchia. Dalla Boemia la luce si estese fino in Germania; a causa di gravi disordini nell’università di Praga centinaia di studenti tedeschi decisero di ritirarsi. Molti di questi studenti avevano ricevuto da Huss la loro prima conoscenza della Bibbia e ora, al loro ritorno, diffondevano il Vangelo nella loro patria. Le notizie dell’opera a Praga arrivarono fino a Roma e Huss fu presto chiamato a comparire davanti al papa. Obbedire significava esporsi a morte certa. Il re e la regina di Boemia, l’università, i membri della nobiltà e gli ufficiali del governo si unirono in un appello al pontefice affinché Huss potesse rimanere a Praga e farsi rappresentare a Roma da un delegato. Invece di accogliere questa richiesta, il papa procedette al processo e alla condanna di Huss e dichiarò la città di Praga sotto interdizione. [100]
In quell’epoca ogni volta che veniva pronunciata una sentenza simile creava un allarme diffuso. Le cerimonie che l’accompagnavano erano ben adattate ad incutere terrore ad un popolo che considerava il papa come il rappresentante di Dio stesso, con le chiavi del paradiso e dell’inferno, e con il potere di decretare castighi temporali e spirituali. Si credeva che le porte del cielo fossero chiuse contro la regione colpita dall’interdetto; che fino a quando il papa non avesse voluto rimuovere il divieto, i morti venivano esclusi dalle dimore della beatitudine. Come segno di questa terribile calamità, tutti i servizi religiosi venivano sospesi e le chiese chiuse. I matrimoni venivano consacrati nel cortile all’infuori della chiesa, la sepoltura dei morti – essendo negata in terra consacrata a causa dell’interdetto – veniva effettuata senza alcun rito funebre, nei fossati o nei campi. Così con misure di questo tipo, che facevano appello all’immaginazione, il Sistema Cattolico pensava di controllare la coscienza degli uomini. La città di Praga era piena di tumulti. Una grande classe denunciò Huss come causa di tutte le loro calamità e chiese che fosse consegnato all’autorità di Roma. Per calmare la tempesta, il Riformatore si ritirò per un certo periodo nel suo villaggio natale. Scrivendo agli amici che aveva lasciato a Praga, disse: “Se mi sono ritirato dal vostro mezzo, è per seguire il precetto e l’esempio di Gesù Cristo, per non dare spazio a coloro che sono malvagi di disegnare su loro stessi una condanna eterna e non essere per i giusti causa di afflizione e persecuzione. Mi sono anche ritirato per paura che degli empi sacerdoti continuino a proibire la predicazione della Parola di Dio tra di voi; ma non per negare la verità divina, per la quale, con l’aiuto di Dio, sono disposto anche a morire” (Bonnechose, The Reformers Before the Reformation, vol. 1, p. 87). Huss non interruppe la sua attività, anzi viaggiò attraverso il paese circostante, predicando a folle affamate di conoscenza. Così, le misure a cui il papa fece ricorso per sopprimere il Vangelo ne causarono proprio la sua estensione. “Non possiamo fare nulla contro la verità; quel che possiamo è solo per la verità” {2 Corinzi 13: 8}. [101]
“La mente di Huss, in questa fase della sua carriera, sembrerebbe essere stata la scena di un conflitto doloroso. Sebbene la chiesa stesse cercando di sopraffarlo con le sue saette, egli non aveva ancora rinunciato alla sua autorità. Per lui, la Chiesa Romana, era ancora la sposa di Cristo e il papa era ancora il rappresentante e il vicario di Dio. Infatti Huss stava combattendo contro l’abuso dell’autorità e non contro il principio stesso. Ciò provocò un terribile conflitto tra le convinzioni della sua comprensione e le affermazioni della sua coscienza. Se l’autorità era giusta e infallibile, come credeva che fosse, come mai si sentì in dovere di disobbedirgli? Obbedire, voleva dire peccare; ma perché l’obbedienza a una Chiesa infallibile porta a un simile problema? Questo era il problema che non poteva risolvere; questo era il dubbio che lo torturava ora dopo ora. L’approssimazione più vicina ad una soluzione era, come ciò che era accaduto la prima volta ai tempi del Salvatore, che i sacerdoti della Chiesa erano diventati malvagi e che stavano usando la loro legittima autorità per scopi illeciti. Ciò lo portò ad adottare come guida, e a predicarla agli altri, la massima secondo la quale i precetti della Scrittura, trasmessi attraverso la comprensione, dovevano governare la nostra coscienza. In altre parole, l’unica guida infallibile è Dio che parla attraverso la Bibbia e non la chiesa che parla attraverso il sacerdozio” (Wylie, b. 3, cap. 2). Quando dopo un po’ l’entusiasmo a Praga si placò, Huss ritornò nella sua cappella di Betlemme, per continuare con maggiore zelo e coraggio la predicazione della Parola di Dio. I suoi nemici erano attivi e potenti, ma la regina e molti dei nobili erano suoi amici e la gente in grande numero si schierava dalla sua parte. Paragonando i suoi insegnamenti puri ed elevanti, e la sua vita santa ai dogmi degradanti predicati dai Cattolici, l’avarizia e la dissolutezza che praticavano, molti consideravano un onore essere dalla sua parte. Fino a quel momento Huss era rimasto solo nelle sue fatiche; ma ora Gerolamo, che in Inghilterra aveva accettato gli insegnamenti di Wycliffe, si unì all’opera della Riforma. [102]
I due, furono da questo momento in poi, uniti nella loro vita; persino nella morte non sarebbero stati divisi. Un genio brillante, eloquenza e doti di apprendimento che conquistano il favore popolare – erano posseduti in un grado preminente da Gerolamo – ma in quelle qualità che costituiscono la vera forza del carattere, Huss gli era superiore. Il suo calmo giudizio servì da freno allo spirito impulsivo di Gerolamo che, con vera umiltà, percepì il suo valore e cedette ai suoi consigli. Sotto la loro opera unita, la riforma fu ancor più rapidamente estesa. Dio permise alla grande luce di risplendere sulle menti di questi uomini eletti, rivelando loro molti degli errori di Roma; ma essi non ricevettero tutta la luce che doveva essere data al mondo. Attraverso questi Suoi servitori, Dio stava guidando il popolo fuori dall’oscurità del Cattolicesimo; vi erano ancora molti altri e grandi ostacoli che gli aspettavano, ma il Signore li guidò, passo dopo passo, in modo tale che essi potessero sopportarli. Non erano pronti a ricevere tutta la luce in una volta. Come la piena gloria del sole di mezzogiorno a coloro che hanno dimorato a lungo nelle tenebre, se fosse stata presentata nella sua pienezza ne avrebbe fatti allontanare molti. Perciò Dio la rivelò a poco a poco, così come poteva essere ricevuta dal popolo. Secolo dopo secolo, altri fedeli lavoratori si sarebbero aggiunti per guidare la gente ancora più avanti nel cammino della Riforma. Lo scisma nella chiesa continuò ininterrottamente. Tre papi erano ora in lotta per la supremazia e il loro conflitto riempì la cristianità di crimini e tumulti. Non contenti di lanciare anatemi, ricorsero ad armi temporali. Ognuno di essi riteneva suo diritto acquistare armi e ottenere soldati. Ovviamente bisognava avere denaro; e per procurarselo furono messi in vendita i benefici, gli incarichi e le benedizioni della chiesa. Anche i sacerdoti, imitando i loro superiori, ricorsero alla simonia e alla guerra per umiliare i loro rivali e rafforzare il loro potere. Con un’audacia quotidianamente crescente Huss combatté contro gli abomini che furono tollerati in nome della religione; e il popolo accusò apertamente i leader Romani come la causa delle miserie che travolgevano la cristianità. [103]
Di nuovo la città di Praga sembrava sull’orlo di un sanguinoso conflitto. Come nelle epoche precedenti, il servitore di Dio fu accusato di essere “colui che turba Israele” {1 Re 18: 17}. La città fu di nuovo messa sotto interdetto e Huss si ritirò ancora una volta nel suo villaggio nativo. La sua testimonianza così fedelmente portata avanti nell’amata cappella di Betlemme cessò. Ora avrebbe dovuto parlare da un palcoscenico più ampio, che comprendeva tutta la cristianità, prima di dare la sua vita come testimonianza della verità.
Per curare i mali che stavano distruggendo l’Europa, fu convocato da un consiglio generale a Costanza. Il consiglio fu convocato per volere dell’imperatore Sigismondo che convinse uno dei tre papi rivali, Giovanni XXIII. La richiesta di un consiglio non venne vista di buon occhio da papa Giovanni, il cui carattere e la cui politica non potevano reggere alle indagini, anche se condotte da prelati negligenti come lo erano del resto la maggior parte degli uomini della chiesa di quei tempi. Tuttavia, non osava opporsi alla volontà di Sigismondo. Gli obiettivi principali che dovevano essere portati a termine dal consiglio erano quelli di sanare lo scisma nella chiesa e di sradicare l’eresia. Perciò gli altri papi furono chiamati a comparire davanti al concilio, così come lo fu anche il principale propagatore delle nuove opinioni, John Huss. I primi, avendo riguardi per la propria sicurezza, non parteciparono di persona, ma inviarono dei delegati come loro rappresentati. Papa Giovanni, pur essendo apparentemente colui che aveva convocato il concilio, si presentò con molti dubbi; sospettava un complotto dell’imperatore di deporlo e temeva che gli fossero messi in conto tutti quei vizi che avevano disonorato la Tiara papale, così come anche per quei crimini che gliel’avevano assicurata. Tuttavia fece il suo ingresso nella città di Costanza con grande pompa, assistito da ecclesiastici di alto rango e seguito da un seguito numeroso di cortigiani. Tutto il clero ed i dignitari della città, con un’immensa folla di cittadini, uscirono per accoglierlo. Sopra la sua testa vi era un baldacchino dorato, portato da quattro dei principali magistrati. L’ostia lo precedeva. Gli abiti ricchi dei cardinali e dei nobili creavano un imponente spettacolo. Nel frattempo un altro viaggiatore si stava avvicinando a Costanza. Huss era consapevole dei pericoli che lo minacciavano. Si separò dai suoi amici consapevole del fatto che non li avrebbe incontrati mai più e continuò il suo viaggio che sentiva dirigerlo verso il rogo. [104]
Nonostante avesse ottenuto durante il suo viaggio un salvacondotto dal re di Boemia e ne avesse ricevuto un altro anche dall’imperatore Sigismondo, fece tutti i suoi preparativi in vista della sua possibile morte.
In una lettera indirizzata ai suoi amici a Praga disse: “Fratelli miei… sto partendo con un salvacondotto da parte del re per incontrare i miei numerosi nemici… Confido nel Dio onnipotente, nel mio Salvatore; confido nel fatto che ascolterà le vostre ardenti preghiere, che infonderà la Sua prudenza e la Sua saggezza nella mia bocca, affinché io possa resistere; che mi accorderà il Suo Spirito Santo per fortificarmi nella Sua verità, così che possa affrontare con coraggio: tentazioni, prigione e, se necessario, una morte crudele. Gesù Cristo ha sofferto per i suoi beneamati; dovremmo essere sorpresi che egli ci abbia lasciato il Suo esempio, affinché sopportiamo con pazienza tutte le prove per la nostra salvezza? Lui è Dio e noi siamo le Sue creature; Egli è il Signore e noi siamo i Suoi servitori; Lui è il Maestro del mondo e noi siamo spregevoli mortali; eppure quanto ha sofferto! Perché, quindi, non dovremmo soffrire anche noi, in particolare quando la sofferenza è per noi una purificazione? Perciò, cari, se la mia morte dovesse contribuire alla Sua gloria, pregate che venga rapidamente e che Egli possa permettermi di sostenere tutte le mie sofferenze con pazienza. Ma se è meglio che io ritorni tra di voi, preghiamo Dio che mi faccia tornare senza macchia, cioè che io non elimini nemmeno uno iota della verità del Vangelo, per lasciare ai miei fratelli un eccellente esempio da seguire. Probabilmente non vedrete mai più la mia faccia a Praga; ma se la volontà del Dio onnipotente si degnasse di restaurarmi, allora avanzerò con un cuore più saldo nella conoscenza e nell’amore della Sua legge” (Bonnechose, vol. 1, pp. 147, 148). In un’altra lettera, a un prete che era diventato un discepolo del Vangelo, Huss parlò con profonda umiltà dei propri errori, accusandosi di “aver provato piacere nel vestire abiti ricchi e di aver sprecato ore in occupazioni frivole”. [105]
Poi aggiunse questi commoventi ammonimenti: “Che la tua mente sia occupata dalla gloria di Dio e dalla salvezza delle anime e non dal possesso di beni e proprietà. Attento ad adornare la tua casa più della tua anima; e, soprattutto, dedica la tua attenzione all’edificio spirituale. Sii pio e umile con i poveri e non sprecare le tue energie ai banchetti. Se non modifichi la tua vita e non ti astieni dalle superfluità, temo che sarai severamente castigato, come lo sono stato anch’io… Tu conosci la mia dottrina, perché hai ricevuto le mie istruzioni dalla tua fanciullezza; è quindi inutile per me scriverti ancora. Ma ti scongiuro, per la misericordia del nostro Signore, di non imitarmi in nessuna delle vanità in cui mi hai visto cadere. Sulla copertina della lettera aggiunse: «Ti scongiuro, amico mio, di non rompere questo sigillo finché non avrai acquisito la certezza che io sia morto»” (Ibid., vol. 1, pp. 148, 149). Nel suo viaggio, Huss vedeva ovunque indicazioni sulla diffusione delle sue dottrine e sul favore con cui la sua causa veniva considerata. La gente si radunò per incontrarlo ed in alcune città i magistrati lo scortavano lungo le strade. Arrivato a Costanza, Huss ottenne la piena libertà. Al salvacondotto dell’imperatore fu aggiunta una personale assicurazione di protezione da parte del papa. Ma, in violazione a queste dichiarazioni solenni e ripetute, il riformatore fu in breve tempo arrestato per ordine del papa e dei cardinali e spinto in un’angusta prigione. Più tardi fu trasferito in un castello fortificato al di là del fiume Reno e lì venne tenuto come prigioniero. Il papa poté però approfittare poco della sua perfidia, poiché fu poco dopo incarcerato nella stessa prigione (Ibid., Vol. 1, p. 247). Fu giudicato colpevole dal Consiglio dei crimini più bassi come l’omicidio, la simonia e l’adulterio, ovvero quei “peccati che non erano degni di essere nominati”. Così il Consiglio stesso lo dichiarò privato della Tiara papale e lo gettò in prigione. Anche gli altri papi furono deposti e fu scelto un nuovo pontefice. [106]
Sebbene il papa stesso fosse colpevole di crimini ben più gravi di quelli che Huss aveva attribuito ai preti, e per i quali aveva chiesto una riforma, lo stesso Consiglio che degradò il pontefice procedette a schiacciare anche il riformatore. L’imprigionamento di Huss suscitò grande indignazione in Boemia. Potenti nobiluomini si rivolsero al Consiglio per protestare seriamente contro questo oltraggio. L’imperatore, che era riluttante nel permettere la violazione di un salvacondotto, si oppose al processo contro di lui, ma i nemici del Riformatore erano maligni e determinati. Si appellavano ai pregiudizi dell’imperatore, alle sue paure e al suo zelo per la chiesa. Portarono avanti argomenti di grande ampiezza per dimostrare che “la fede non dovrebbe essere custodita da eretici, né persone sospettate di eresia, benché siano fornite di salvacondotti da parte dell’imperatore e dai re” (Jacques Lenfant, Storia del Concilio di Costanza, vol. 1, p. 516). In questo modo essi prevalsero.
Indebolito dalla malattia e dalla prigionia – l’aria umida e fetida della sua prigione gli aveva provocato una febbre che gli stava facendo perdere la vita – Huss venne finalmente portato davanti al Consiglio. Incatenato si fermò alla presenza dell’imperatore, il cui onore e buona fede erano stati impegnati a proteggerlo. Durante la sua lunga prova sostenne fermamente la verità ed in presenza dei dignitari riuniti, sia di chiesa che di stato, protestò solennemente e con fede contro le corruzioni della gerarchia. Quando gli fu richiesto di scegliere se abbandonare le sue dottrine o subire la morte, accettò il destino del martire. La grazia di Dio lo sostenne. Durante le settimane di sofferenza che hanno preceduto le sue ultime parole, la pace del cielo ha riempito la sua anima. “Scrivo questa lettera”, disse a un amico, “nella mia prigione e con le mani incatenate aspetto la mia sentenza di morte domani… Quando, con l’aiuto di Gesù Cristo, ci incontreremo di nuovo nella deliziosa pace della vita futura, conoscerai quanto Dio si è mostrato misericordioso verso di me, quanto efficacemente Egli mi ha sostenuto in mezzo alle tentazioni e alle prove” (Bonnechose, vol. 2, p. 67). [107]
Nell’oscurità della sua prigione egli aveva previsto il trionfo della vera fede. In sogno gli apparve la cappella di Praga dove aveva predicato il Vangelo, vide il papa e i suoi vescovi cancellare le immagini di Cristo che essi avevano dipinte sulle sue pareti. “Questa visione lo angosciò; il giorno dopo vide molti pittori impegnati a restaurare queste figure in numero maggiore e con colori più brillanti. Non appena terminato il loro compito, i pittori, circondati da un’immensa folla, esclamarono: “Ora vengano pure il papa e i suoi vescovi; non riusciranno più a cancellare questi dipinti!”. Il Riformatore disse, mentre raccontava il suo sogno: “Io sono certo che l’immagine di Cristo non sarà mai più cancellata. Hanno desiderato distruggerla, ma sarà dipinta di nuovo in tutti i cuori grazie all’opera di predicatori molto migliori di me” (D’Aubigne, b. 1, cap. 6). Per l’ultima volta Huss venne convocato davanti al Consiglio. Fu una grande e brillante assemblea: l’imperatore, i principi dell’impero, i deputati reali, i cardinali, i vescovi, i preti e un’immensa folla che era venuta come spettatrice degli eventi di quel giorno. Da tutte le parti della cristianità erano stati raccolti testimoni di questo primo grande sacrificio nella lunga lotta con la quale doveva essere assicurata la libertà di coscienza. Essendo stato richiamato per la sua decisione finale, Huss dichiarò il suo rifiuto di ritrattare, e, fissando il suo sguardo penetrante sul monarca la cui triste parola era stata violata così vergognosamente, dichiarò: “Decisi, di mia spontanea volontà, di comparire davanti a questo Consiglio, sotto la protezione pubblica e la fede dell’imperatore qui presente” (Bonnechose, vol. 2, p. 84). Una profonda vampata ardeva il volto di Sigismondo mentre gli occhi di tutti nell’assemblea si rivolgevano verso di lui.
Pronunciata la condanna, iniziò la cerimonia della destituzione. I vescovi vestirono il prigioniero dell’abito sacerdotale e, indossando la veste sacerdotale, egli disse: “Il nostro Signore Gesù Cristo era coperto di una veste bianca, in segno di disonore, quando Erode Lo aveva condotto davanti a Pilato” (Ibid., vol. 2, p. 86). [108]
Essendo di nuovo esortato a ritrattare, rivolgendosi al popolo, rispose: “Con quale faccia potrei guardare verso il cielo? Come potrei guardare quelle moltitudini di uomini a cui ho predicato il puro Vangelo? No! Io stimo la loro salvezza più di questo povero corpo, che ora è destinato alla morte”. I paramenti gli furono rimossi uno ad uno ed ogni vescovo pronunciò una maledizione mentre eseguiva la propria parte nello svolgimento della cerimonia. Alla fine “gli misero in testa un berretto o una mitra di carta a forma piramidale, su cui erano state dipinte figure spaventose di demoni, con in primo piano la scritta “Eretico”. Huss disse: “Con molta gioia indosserò questa corona di vergogna per amore tuo, o Gesù, che hai indossato per me una corona di spine”. Rivestito in questo modo i prelati dissero: “Ora consegniamo la tua anima al diavolo”. John Huss, alzando gli occhi al cielo, disse: “Consacro il mio spirito nelle Tue mani, o Signore Gesù perché mi hai riscattato” (Wylie, b. 3, cap. 7). Venne così consegnato alle autorità secolari e portato al luogo dell’esecuzione. Seguì un’immensa processione, centinaia di uomini armati, preti e vescovi con le loro vesti costose e gli abitanti di Costanza. Quando fu legato sul rogo e tutto fu pronto per accendere il fuoco, il martire fu ancora una volta esortato a salvarsi rinunciando ai suoi errori. “A quali errori”, disse Huss, “dovrei rinunciare? Io non ne riconosco nessuno. Io chiamo Dio per testimoniare che tutto ciò che ho scritto e predicato è stato con l’idea di salvare le anime dal peccato e dalla perdizione; e, quindi, con molta gioia confermerò con il mio sangue quella verità che ho scritto e predicato” (Ibid., b. 3, cap. 7). Quando le fiamme si accesero attorno a lui, cominciò a cantare: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me”, e così continuò finché la sua voce fu messa a tacere per sempre. Persino i suoi nemici furono colpiti dal suo comportamento eroico. Uno zelante sostenitore del papa, che descrisse il martirio di Huss e di Gerolamo, che morì poco dopo, disse: “Entrambi si comportavano con fermezza mentre si avvicinava la loro ultima ora. [109]
Si prepararono per il fuoco come se stessero andando ad una festa di matrimonio. Non emisero grida di dolore. Quando le fiamme si alzarono, cominciarono a cantare inni; e in nessun modo la veemenza del fuoco avrebbe potuto fermare il loro canto” (Ibid., b. 3, cap. 7). Quando il corpo di Huss venne trovato interamente consumato, le sue ceneri furono raccolte e gettate nel Reno, e quindi portate via verso l’oceano. I suoi persecutori credevano invano di aver sradicato le verità che predicava. Pochi si rendevano conto che quelle ceneri portate via dal mare sarebbero state un seme sparso in tutti i paesi del modo; che in terre ancora sconosciute, avrebbero prodotto frutti abbondanti in testimonianza della verità. La voce che aveva parlato nella sala del Consiglio di Costanza aveva risvegliato echi che sarebbero stati ascoltati in tutte le ere successive. Huss non esisteva più, ma le verità per cui morì non sarebbero mai potute scomparire. Il suo esempio di fede e costanza avrebbe incoraggiato le moltitudini a sostenere fermamente la verità, anche se di fronte alla tortura e alla morte. La sua esecuzione aveva esposto al mondo intero la perfida crudeltà di Roma. I nemici della verità, anche se non lo sapevano, avevano promosso la causa che cercavano di distruggere invano. Intanto un altro rogo doveva accendersi a Costanza. Il sangue di un altro testimone doveva testimoniare in favore della verità. Gerolamo, dopo aver salutato Huss alla sua partenza per il Concilio, lo aveva esortato al coraggio e alla fermezza, dichiarando che se fosse stato in pericolo, lui stesso sarebbe venuto in suo aiuto. Dopo aver sentito dell’imprigionamento del riformatore, il discepolo fedele si preparò immediatamente a mantenere la sua promessa. Senza alcun salvacondotto, partì, con un solo compagno, per Costanza. Arrivando lì si convinse di essersi esposto al pericolo, senza la possibilità di fare nulla per la liberazione di Huss. Fuggì dalla città, ma fu arrestato nel viaggio di ritorno verso casa e riportato indietro incatenato e sottoposto alla custodia di un gruppo di soldati. [110]
Alla sua prima apparizione davanti al Consiglio i suoi tentativi di rispondere alle accuse mosse contro di lui furono soffocati dalle grida: “Alle fiamme anche lui! Alle fiamme!” (Bonnechose, vol. 1, p. 234). Fu gettato in una segreta, incatenato in una posizione che gli causò grande sofferenza e si nutrì di pane ed acqua. Dopo alcuni mesi la crudeltà della sua prigionia causò a Gerolamo una malattia che minacciava la sua vita e i suoi nemici, temendo che potesse morire lì, iniziarono a trattarlo con minore severità, anche se rimase in prigione per un anno intero. La morte di Huss non produsse i risultati che avevano sperato i sostenitori del papa. La violazione del salvacondotto aveva scatenato una tempesta di indignazione e, come direzione più sicura, il consiglio decise di costringere Gerolamo a ritrattare, invece di bruciarlo vivo. Fu portato davanti all’assemblea e gli venne offerta la possibilità o di ritrattare o di morire sul rogo. La morte, all’inizio della sua prigionia, sarebbe stata una misericordia rispetto alle terribili sofferenze che aveva subito; ma ora, indebolito dalla malattia, dal rigore impostogli in prigione e dalla tortura morale dovuta alla forte tensione nervosa, separato dai suoi amici e scoraggiato dalla morte di Huss, la forza di Gerolamo cedette e acconsentì di sottomettersi alla volontà del Consiglio. Si impegnò ad aderire alla fede cattolica e accettò l’azione del Concilio nel condannare le dottrine di Wycliffe e Huss, ad eccezione, tuttavia, delle “sacre verità” che avevano insegnato” (Ibid., vol. 2, p. 141). Con questo espediente, Gerolamo si sforzò di zittire la voce della coscienza e di sfuggire al suo destino. Ma nella solitudine della sua cella vide più chiaramente ciò che aveva fatto. Pensò al coraggio e alla fedeltà di Huss e, in modo contrastante, meditò sulla sua negazione della verità. Pensò al divino Maestro che si era impegnato a servire e che per causa sua sopportò la morte della croce. Prima della sua ritrattazione aveva trovato conforto, in mezzo a tutte le sue sofferenze, nella certezza del favore di Dio; ma ora il rimorso e i dubbi torturavano la sua anima. Sapeva che gli sarebbero state chieste di fare altre ritrattazioni prima di poter essere in pace con Roma. [111]
Il sentiero sul quale stava entrando poteva concludersi solo con la completa apostasia. Allora prese questa decisione: egli non avrebbe rinnegato il suo Signore per sfuggire al breve periodo di sofferenza che gli stava davanti. Presto fu di nuovo portato davanti al Consiglio. La sua sottomissione infatti non aveva soddisfatto i suoi giudici. La loro sete di sangue, stuzzicata dalla morte di Huss, reclamava a gran voce nuove vittime. Solamente rinnegare senza riserve la verità, avrebbe potuto salvare la vita di Gerolamo. Ma aveva deciso di confessare la sua fede e seguire il fratello martire sul rogo. Rinunciò alla sua ritrattazione e, ormai moribondo, chiese solennemente un’opportunità per potersi difendere. Temendo l’effetto delle sue parole, i prelati insistettero sul fatto che egli avrebbe semplicemente affermato o negato la verità delle accuse mosse contro di lui. Gerolamo quindi protestò contro tale crudeltà e ingiustizia in questo modo: “Mi avete tenuto rinchiuso trecentoquaranta giorni in una prigione nauseabonda e spaventosa, nel mezzo della sporcizia, della puzza e della massima privazione di tutto; poi mi avete condotto qui davanti a voi e mentre prestate orecchio ai miei nemici, voi vi rifiutate di ascoltarmi… Se siete veramente saggi e luci del mondo, farete attenzione a non peccare contro la giustizia. Quanto a me, sono solo un debole mortale; la mia vita è di ben poca importanza; perciò quando vi esorto a non pronunciare una sentenza ingiusta, lo faccio più per voi che per me” (Ibid., vol. 2, pp. 146, 147). La sua richiesta fu quindi concessa. Alla presenza dei suoi giudici, Gerolamo si inginocchiò e pregò che lo Spirito divino potesse controllare i suoi pensieri e le sue parole, affinché non dicesse nulla di contrario alla verità o di indegno nei confronti del suo Maestro. A lui in quel giorno fu adempiuta la promessa di Dio fatta ai primi discepoli: “Sarete portati davanti a governatori e ai re per causa mia… Ma quando vi metteranno nelle loro mani, non pensate a come o cosa direte: perché in quella stessa ora vi sarà dato ciò che avrete da dire. Perché non parlerete voi, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” {Matteo 10: 18-20}. Le parole di Gerolamo risvegliarono lo stupore e l’ammirazione, persino nei suoi nemici. [112]
Per un anno intero era stato chiuso in una prigione sotterranea, incapace di leggere o persino di vedere, in grande sofferenza fisica e ansia mentale. Eppure i suoi argomenti erano presentati con tanta chiarezza e potere come se avesse avuto un’indisturbata occasione di studio in tutto questo tempo. Ricordò ai suoi ascoltatori la lunga fila di santi uomini che erano stati condannati da questi giudici ingiusti. In quasi ogni generazione vi furono quelli che, mentre cercavano di elevare la gente del loro tempo, sono stati rimproverati e scacciati, ma che in tempi successivi hanno dimostrato di meritare onore. Cristo stesso fu condannato come malfattore in un tribunale ingiusto. Quando ritrattò, Gerolamo aveva riconosciuto la giustizia della sentenza che condannava Huss; ora però dichiarò il suo pentimento e rese testimonianza dell’innocenza e della santità del martire. “L’ho conosciuto dalla sua infanzia”, disse. “Era un uomo eccellente, giusto e santo; è stato condannato, nonostante la sua innocenza… Anch’io sono pronto a morire: non indietreggerò davanti ai tormenti che mi sono preparati dai miei nemici e falsi testimoni, i quali un giorno dovranno rendere conto di tutte queste false accuse davanti al grande Dio, che nessuno può ingannare” (Bonnechose, vol. 2, p. 151). Rimproverandosi per aver rinnegato la verità, Gerolamo continuò dicendo: “Di tutti i peccati che ho commesso dalla mia giovinezza, nessuno pesa così tanto nella mia mente, e mi provoca un rimorso così commovente, come quello che ho commesso in questo luogo fatale, quando ho approvato l’iniqua sentenza resa contro Wycliffe, e contro il santo martire, John Huss, mio maestro e amico. Sì! Lo confesso dal profondo del mio cuore e dichiaro con orrore che li ho disonorati violentemente quando, attraverso un terrore di morte, ho condannato le loro dottrine. Perciò supplico il Dio Onnipotente di perdonare i miei peccati e questo in modo particolare che è il più atroce di tutti. Indicando i suoi giudici, disse fermamente: “Avete condannato Wycliffe e John Huss, non per aver scosso la dottrina della chiesa, ma semplicemente perché hanno marchiato con riprovazione gli scandali provenienti dal clero: la loro pompa, il loro orgoglio e tutti i vizi dei prelati e dei sacerdoti. [113]
Le cose che hanno affermato, che sono inconfutabili, anch’io le penso e le dichiaro come loro”. Le sue parole furono interrotte. I prelati, tremanti di rabbia, gridarono: “Che bisogno c’è di ulteriori prove? Vediamo con i nostri occhi il più ostinato degli eretici!”. Irremovibile nonostante l’opposizione, Gerolamo esclamò: “Che cosa!? Credete che io abbia paura di morire? Mi avete tenuto per un anno intero in una spaventosa prigione, più orribile della morte stessa. Mi avete trattato più crudelmente di un turco, ebreo o pagano, e la mia carne è letteralmente marcita sulle ossa; eppure non mi lamento, perché il lamento fa ammalare il cuore e lo spirito; ma non posso che esprimere il mio stupore per una così grande barbarie nei confronti di un cristiano” (Ibid., vol. 2, pp. 151-153). Di nuovo la tempesta di rabbia esplose e Gerolamo fu rinchiuso in prigione. Ma alcuni nell’assemblea, su cui le sue parole avevano fatto una profonda impressione, desideravano salvargli la vita. Fu visitato dai dignitari della chiesa e sollecitato a sottomettersi al Consiglio. Le migliori prospettive furono presentate davanti a lui come la ricompensa di rinunciare alla sua opposizione a Roma. Ma come il suo Maestro, quando gli venne offerta la gloria del mondo, Gerolamo rimase saldo. Egli disse: “Provatemi mediante le Sante Scritture che sono nell’errore ed io ritratterò”. “Le Sacre Scritture!”, esclamò uno dei suoi tentatori, “Come si può giudicare attraverso le Scritture? Chi può comprenderle se la chiesa non le interpreta?”. Gerolamo replicò: “Le tradizioni degli uomini sono più degne di fede del Vangelo del nostro Salvatore? Paolo non esortò coloro a cui scrisse di ascoltare le tradizioni degli uomini, ma disse: «Investigate le Scritture»”. “Eretico!”, fu la risposta. “Mi pento di aver discusso così a lungo con te. Vedo che sei spinto dal diavolo” (Wylie, b. 3, cap. 10). Una lunga sentenza di condanna fu pronunciata su di lui. Fu condotto nello stesso luogo in cui Huss aveva perso la vita. [114]
Per la strada egli cantava e il suo volto era illuminato con gioia e pace. Il suo sguardo era fisso su Cristo, e per lui la morte perdeva ogni terrore. Quando il boia, sul punto di accendere il mucchio, si avvicinò alle sue spalle, il martire esclamò: “Vieni avanti audacemente; accendi il fuoco davanti a me. Se avessi avuto paura di morire non sarei stato qui”. Le sue ultime parole, pronunciate mentre le fiamme si alzavano attorno a lui, furono una preghiera. “Signore, Padre Onnipotente”, gridò, “abbi pietà di me e perdona i miei peccati; perché sai che ho sempre amato la tua verità” (Bonnechose, vol. 2, p. 168). La sua voce cessò, ma le sue labbra continuarono a muoversi in preghiera. Quando il fuoco ebbe fatto il suo lavoro, le ceneri del martire furono raccolte e, come quelle di Huss, furono gettate nel Reno. In questo modo morirono i fedeli portatori di luce di Dio. Ma la luce delle verità che proclamavano – la luce del loro esempio eroico – non poteva essere estinta. Come gli uomini non possono impedire al sole di proseguire il suo corso e di risplendere sul mondo, così essi non sarebbero riusciti a impedire il sorgere di un nuovo giorno che stava per nascere. L’esecuzione di Huss aveva acceso una fiamma di indignazione e di orrore in Boemia. Tutta la nazione sentiva di essere caduta in preda alla malizia dei preti e al tradimento dell’imperatore. Huss venne dichiarato un insegnante fedele della verità e il consiglio che decretò la sua morte fu accusato di colpevolezza per omicidio. Le sue dottrine ora attiravano maggiore attenzione che mai. Con gli editti papali gli scritti di Wycliffe erano stati condannati alle fiamme. Ma quelli che erano sfuggiti alla distruzione venivano ora portati fuori dai loro nascondigli e studiati in connessione con la Bibbia o parti di essa, e molti furono così portati ad accettare la fede riformata. Gli assassini di Huss non rimasero in silenzio assistendo al trionfo della sua causa. Il papa e l’imperatore si unirono per schiacciare il movimento e gli eserciti di Sigismondo furono scagliati contro la Boemia. [115]
Ma un liberatore sorse. Ziska, il capo dei Boemi, che subito dopo l’inizio della guerra divenne totalmente cieco, fu uno dei generali più abili della sua epoca. Confidando nell’aiuto di Dio e nella giustizia della loro causa, il popolo resistette agli eserciti più potenti che potevano essere scagliati contro di loro. Ripetutamente l’imperatore, reclutò nuovi eserciti per invadere la Boemia, ma venne costantemente respinto. I seguaci di Huss non temevano la morte, nulla poteva resistere contro di loro. Pochi anni dopo l’inizio della guerra, il coraggioso Ziska morì; ma il suo posto venne occupato da Procopio, che fu un generale altrettanto coraggioso e abile, e per certi versi un leader più capace. I nemici dei Boemi, sapendo che il cieco guerriero era morto, consideravano l’opportunità favorevole per recuperare tutto ciò che avevano perso. Il papa ora proclamava una crociata contro i seguaci di Huss, e ancora una volta un’immensa forza invase la Boemia, ma solo per subire una terribile sconfitta. Fu proclamata un’altra crociata. In tutti i paesi papali dell’Europa vennero raccolti uomini, denaro e munizioni per la guerra. Le moltitudini che si arruolavano sotto la bandiera pontificia assicuravano che la fine degli eretici sostenitori di Huss sarebbe arrivata in fretta. Fiduciosa della vittoria, la vasta forza entrò in Boemia e le persone si radunarono per respingerle. I due eserciti si avvicinarono l’uno all’altro fino a quando tra di loro si trovò solo un fiume. “I crociati erano in una forza molto superiore, ma invece di attraversare il corso del fiume mettendo fine alla battaglia contro l’esercito Hussita, essi rimasero a guardare in silenzio quei guerrieri” (Wylie, b. 3, cap. 17). Poi, improvvisamente, un terrore misterioso cadde sugli invasori. Senza colpo ferire, quella potente forza si spezzò e si disperse come se fosse stata dissipata da un potere invisibile. Un gran numero fu massacrato dall’esercito Hussita, che perseguitò i fuggitivi, e un immenso bottino cadde nelle mani dei vincitori. Così quella guerra, anziché impoverire, arricchì i Boemi. Qualche anno dopo, sotto un nuovo papa, fu messa in piedi un’altra crociata. Come prima, uomini e mezzi venivano radunati da tutti i paesi papali dell’Europa. [116]
Grandi erano gli incentivi offerti a coloro che si sarebbero impegnati in questa pericolosa impresa. Il perdono totale dei peccati più atroci fu assicurato ad ogni crociato. A tutti coloro che morirono nella guerra fu promessa una ricca ricompensa in cielo, e quelli che sopravvissero avrebbero raccolto onore e ricchezze sul campo di battaglia. Di nuovo fu adunato un vasto esercito e, attraversando la frontiera, entrarono in Boemia. Le forze Hussite si ritirarono, attirando così gli invasori sempre più lontano dal centro del paese; facendogli credere di avere già la vittoria in pugno. Ma alla fine l’esercito di Procopio prese posizione e avanzò per affrontarli in battaglia. I crociati, scoprendo solo ora il loro errore, aspettarono nell’accampamento in attesa degli sviluppi della situazione. Mentre si udiva il suono dell’esercito in avvicinamento, molto prima di riuscire a vedere gli Hussiti, un panico terribile ricadde sui crociati. Principi, generali e soldati comuni gettarono via la loro armatura fuggendo in tutte le direzioni. Invano il prelato pontificio, che era a capo dell’invasione, si sforzò di radunare l’esercito che era ormai disorganizzato e terrorizzato. Nonostante i suoi sforzi, egli stesso fu trascinato nell’ondata di fuggiaschi. La disfatta fu totale e di nuovo un immenso bottino cadde nelle mani dei vincitori. Così per la seconda volta un vasto esercito, una schiera di uomini coraggiosi e bellicosi, addestrati ed equipaggiati per la battaglia inviato dalle più potenti nazioni d’Europa, fuggì senza colpo ferire davanti ai difensori di una nazione piccola e finora debole. Qui era presente una chiara manifestazione del potere divino. Gli invasori furono colpiti da un terrore soprannaturale. Colui che rovesciò le schiere del Faraone nel Mar Rosso, che mise in fuga gli eserciti di Madian davanti a Gedeone e i suoi trecento, e che in una notte sconfisse le forze del re d’Assiria aveva di nuovo steso la mano per inaridire il potere dell’oppressore. “Ecco là, son presi da grande spavento, dove prima non c’era spavento; poiché Dio ha disperse le ossa di quelli che ti assediavano; tu li hai coperti di confusione, perché Iddio li disdegna” {Salmo 53: 5}. [117]
I capi Cattolici, disperati all’idea di non poterli vincere con la forza, alla fine ricorsero alla diplomazia. Venne stipulato un compromesso che, mentre ufficialmente professava di concedere ai boemi la libertà di coscienza, in realtà li sottometteva al potere di Roma. I boemi avevano specificato quattro punti come condizione della pace con Roma: la libera predicazione della Bibbia; il diritto di tutta la chiesa al pane e al vino nella comunione, e l’uso della lingua madre nel culto divino; l’esclusione del clero da tutti gli uffici e autorità secolari; e, in caso di crimine, la giurisdizione dei tribunali civili sia per il clero che per i laici allo stesso modo. Alla fine le autorità papali “accettarono i quattro articoli degli Hussiti, riservandosi però il diritto che essi potessero essere interpretati, cioè che fosse determinata la loro portata dal Concilio. In altre parole, tale facoltà di interpretazione era concessa al papa e all’imperatore” (Wylie, b. 3, cap. 18). Su questa base fu stipulato un trattato; Roma ottenne per dissimulazione e frode ciò che non era riuscita ad ottenere dal conflitto; poiché, ponendo la propria interpretazione sugli articoli dei sostenitori di Huss, come sulla Bibbia, poteva pervertire il loro significato per soddisfare i propri scopi. Una grande classe in Boemia, visto che essi tradivano le loro libertà, non poté acconsentire al patto. Dissensi e divisioni sorsero, portando a conflitti e a molti spargimenti di sangue. In questo conflitto cadde il nobile Procopio e le libertà della Boemia perirono con lui. Sigismondo, il traditore di Huss e di Gerolamo, divenne ora re di Boemia e, indipendentemente dal suo giuramento di sostenere i diritti dei Boemi, procedette a ristabilire il papato. Ma egli aveva guadagnato ben poco dalla sua sottomissione a Roma. Per vent’anni la sua vita era stata piena di fatiche e pericoli. Le sue armate erano state devastate e i suoi tesori prosciugati da una lunga e infruttuosa battaglia; e ora, dopo aver regnato un anno, morì, lasciando il suo regno sull’orlo della guerra civile ed ai posteri un nome marchiato di infamia. Tumulti, conflitti e spargimenti di sangue si erano protratti a lungo. Di nuovo eserciti stranieri invasero la Boemia, e il dissenso interno continuò ad influenzare la nazione. [118]
Coloro che rimasero fedeli al Vangelo furono sottoposti a una sanguinosa persecuzione. Come i loro fratelli in passato, alcuni entrando in unione con Roma, ne assorbirono i suoi errori, mentre quelli che aderivano all’antica fede formarono una chiesa distinta, prendendo il nome di “Fratelli uniti”. Quest’azione attirò su di loro le maledizioni di tutte le classi. Eppure la loro fermezza era incrollabile. Costretti a cercare rifugio nei boschi e nelle caverne, si riunirono ancora per leggere la Parola di Dio e unirsi nella Sua adorazione. Attraverso messaggeri segretamente inviati in diversi paesi, appresero che qua e là vi erano “testimoni isolati della verità; alcuni in questa città e pochi altri in quell’altra; e come loro, anch’essi erano oggetto della persecuzione. Tra le montagne delle Alpi c’era un’antica chiesa, che poggiava sui princìpi della Scrittura e che protestava contro le idolatre corruzioni di Roma” (Wylie, b. 3, cap. 19). Questa notizia fu accolta con grande gioia e aprì una corrispondenza con i cristiani valdesi. Fedeli al Vangelo, i Boemi attesero la notte della loro persecuzione, nell’ora più buia rivolsero gli occhi verso l’orizzonte come gli uomini che guardano il mattino. “Erano giorni terribili, ma… si ricordarono le parole pronunciate da Huss, e ripetute da Gerolamo, secondo cui doveva passare un secolo prima che potesse spuntare il giorno tanto atteso. Per i Taboriti (Hussiti) queste furono come le parole di Giuseppe per le tribù d’Israele nella casa della schiavitù: “Io muoio, ma Dio sicuramente vi visiterà e vi farà uscire” (Ibid., b. 3, cap. 19). “Il periodo di chiusura del quindicesimo secolo assistette al lento ma sicuro aumento delle chiese dei “Fratelli uniti”. Sebbene lungi dall’essere indisturbati, poterono godere di un relativo riposo. All’inizio del XVI secolo le loro chiese erano duecento in Boemia e Moravia” (Ezra Hall Gillett, Vita e tempi di John Huss, vol. 2, p. 570). “Pur sfuggendo alla furia distruttiva del fuoco e della spada, il rimanente risultò abbastanza numeroso da poter vedere l’alba di quel giorno che Huss aveva preannunciato” (Wylie, b. 3, cap. 19). [119]
Primo, fra coloro che furono chiamati a liberare la chiesa dall’oscurità del papato alla luce di una fede più pura, si erigeva Martin Lutero. Zelante, ardente e devoto, non aveva alcuna paura all’infuori del timore di Dio e non riconosceva alcun fondamento per la fede religiosa all’infuori delle Sacre Scritture. Lutero fu l’uomo adatto per quel tempo; attraverso di lui Dio ha compiuto una grande opera di riforma per la chiesa che illuminò il mondo intero. Come i primi proclamatori del Vangelo, Lutero nacque in un ambiente di forte povertà. Egli trascorse i suoi primi anni di vita in un’umile casa di campagna tedesca. Suo padre lavorava come minatore e in questo modo si guadagnava il denaro per l’educazione del figlio. Sperava divenisse un avvocato; ma Dio volle renderlo un costruttore del grande tempio che stava sorgendo così lentamente attraverso i secoli. Difficoltà, privazioni e severa disciplina erano la scuola alla quale l’infinita Saggezza preparava Lutero per l’importante missione della sua vita.
Il padre di Lutero era un uomo dalla mente forte e attiva. Era dotato di una grande forza di carattere, era onesto, risoluto e schietto. Era fedele nella sua convinzione di adempiere il proprio dovere, indipendentemente dalle conseguenze che ne sarebbero potute derivare. Il suo buon senso lo portò a considerare con diffidenza il sistema monastico. Fu molto dispiaciuto quando Lutero, senza il suo consenso, entrò in un monastero; passarono ben due anni prima di riconciliarsi con il figlio, ma anche allora le sue opinioni non cambiarono. [120]
I genitori di Lutero curarono molto l’educazione e la formazione dei loro figli. Si sforzarono di istruirli nella conoscenza di Dio e nella pratica delle virtù cristiane. Spesso le preghiere del padre venivano ascoltate dal figlio affinché potesse ricordare il nome del Signore e poi, un giorno, operare per il progresso della Sua verità. Ogni possibilità di sviluppo morale o intellettuale, che la loro faticosa vita gli permetteva di ottenere, era impiegata con entusiasmo da questi genitori in favore dei figli. Fecero sforzi seri e perseveranti per preparare i loro figli ad una vita di pietà e utilità. Con la loro fermezza e forza di carattere talvolta esercitavano un’eccessiva severità; ma lo stesso Riformatore, pur consapevole che per alcuni aspetti esageravano, considerava la loro disciplina più da approvare che da condannare. Nella scuola, dove fu mandato già in tenera età, Lutero fu trattato con asprezza e persino con violenza. La povertà dei suoi genitori era così grande che, andando da casa a scuola in un’altra città, per un certo periodo fu costretto a procurarsi il cibo cantando di porta in porta; spesso soffrendo la fame. Le idee cupe e superstiziose della religione, che allora erano prevalenti, lo riempivano di paura. Si coricava di notte con un cuore triste, guardando avanti tutto tremante verso l’oscuro futuro e in costante terrore al pensiero di un Dio che immaginava essere un giudice severo ed inesorabile, un crudele tiranno piuttosto che un buon Padre celeste. Pur essendo così grandemente scoraggiato, Lutero perseguiva insistentemente l’alto livello di eccellenza morale ed intellettuale che attirava la sua anima. Aveva sete di conoscenza e il carattere serio e pratico della sua mente lo portava a desiderare il concreto ed utile piuttosto che il vistoso e superficiale. Quando, all’età di diciotto anni, entrò all’Università di Erfurt, la sua situazione era migliorata e le sue prospettive erano più luminose che nei suoi primi anni. I suoi genitori avendo acquisito una certa competenza nelle loro attività, disponevano ora della prosperità materiale che era in grado di fornirgli tutta l’assistenza necessaria. [121]
L’influenza di alcuni buoni amici aveva in un qualche modo attenuato la tendenza al pessimismo provocata dalla sua precedente educazione. Iniziò a studiare i migliori autori, facendo diligentemente tesoro dei loro pensieri più profondi e assimilando il frutto della loro saggezza. Persino sotto la dura disciplina dei suoi precedenti istruttori, aveva dimostrato capacità non comuni. Ora, grazie a tutte queste influenze favorevoli, la sua mente poté svilupparsi rapidamente. Una memoria impeccabile, un’immaginazione vivace, ottime capacità di ragionamento e un’applicazione costante lo distinsero presto fra tutti i suoi compagni. La disciplina intellettuale e la comprensione di giudizio che maturò, risvegliò in lui una potente attività mentale e un’acuta percezione che lo stavano preparando ai conflitti della sua vita. Il timore del Signore che dimorava nel cuore di Lutero gli permise di perseverare nei suoi propositi e di rimanere profondamente umile di fronte a Dio. Aveva una costante percezione della sua dipendenza nei confronti dell’aiuto divino e non mancava di iniziare ogni giornata con la preghiera, mentre il suo cuore cercava continuamente guida e sostegno. “Pregare bene”, diceva spesso, “vale metà dello studio” (D’Aubigne, n. 2, cap. 2). Un giorno, mentre esaminava i libri nella biblioteca dell’Università, Lutero scoprì una Bibbia latina. Un libro del genere non lo aveva mai visto prima. Ignorava persino la sua esistenza. Aveva ascoltato ogni tanto alcune parti dei Vangeli e delle Epistole che venivano lette alla gente durante il culto pubblico e supponeva che esse fossero l’intera Bibbia. Ma ora, per la prima volta, aveva davanti a sé l’intera Parola di Dio. Con un misto di stupore e meraviglia, sfogliò quelle pagine sacre; con pulsazioni accelerate e cuore palpitante lesse personalmente le Parole di vita, soffermandosi di tanto in tanto per esclamare: “Oh, se Dio mi permettesse di possedere un libro del genere!” (Ibid., b. 2, cap. 2). Gli angeli del cielo erano al suo fianco e i raggi di luce che provenivano dal trono di Dio gli rivelavano i preziosi tesori della verità. Aveva sempre temuto di offendere Dio, ma ora la profonda convinzione della sua condizione di peccatore si impadronì di lui come mai prima d’ora. [122]
Un desiderio sincero di liberarsi dal peccato e di trovare la pace con Dio lo portò finalmente ad entrare in un chiostro e a dedicarsi alla vita monastica. Qui gli fu richiesto di eseguire i lavori più umili e di mendicare di casa in casa. Aveva raggiunto un’età in cui si desiderano il rispetto e l’apprezzamento in modo ardente, ma questi compiti umili mortificavano profondamente i suoi sentimenti naturali; ma pazientemente sopportò questa umiliazione, credendo che fosse necessaria per espiare i suoi peccati. Ogni momento che poteva sottrarre ai suoi doveri quotidiani lo dedicava allo studio. Si privava del sonno e rimpiangeva perfino il tempo trascorso consumando i suoi scarsi pasti. Più di ogni altra cosa, si dilettava nello studio della Parola di Dio. Aveva trovato una Bibbia incatenata al muro del convento e spesso la utilizzava. Mentre cresceva in lui la convinzione del proprio peccato, egli cercò con le proprie opere di ottenere perdono e pace. Condusse una vita molto rigorosa, sforzandosi con digiuni, veglie e maltrattamenti corporei per cercare di sottomettere i mali della sua natura; cosa che la vita monastica non era stata in grado di fare. Egli era pronto a sacrificare tutto quanto pur di raggiungere quella purezza di cuore che gli avrebbe permesso di essere approvato davanti a Dio. “Ero per davvero un monaco devoto”, disse in seguito, “seguì le regole del mio ordine più rigorosamente di quanto io possa esprimere. Se mai il monaco potesse ottenere il cielo con le sue opere monacali, ne avrei certamente ricevuto il diritto… Se avessi continuato ancora per molto, avrei sicuramente portato le mie mortificazioni fino alla morte” (Ibid., b. 2, cap. 3). Come risultato di questa dolorosa disciplina perse forza e soffrì di svenimenti. Gli effetti di questo stato fisico però non vennero mai completamente ristabiliti. Con tutti questi sforzi la sua anima oppressa non trovò sollievo. Alla fine fu portato sull’orlo della disperazione. Quando apparve a Lutero che tutto era perduto, Dio suscitò un amico e un aiuto per lui. Il pio Staupitz aprì la Parola di Dio alla mente di Lutero e gli ordinò di distogliere lo sguardo da sé stesso, di cessare la contemplazione della punizione infinita per la violazione della legge di Dio e di guardare verso Gesù, Colui che può perdonare il suo peccato. [123]
“Invece di torturarti per i tuoi peccati, gettati nelle braccia del Redentore. Abbi fiducia in Lui, nella giustizia della Sua vita, nell’espiazione della Sua morte… Ascolta il Figlio di Dio. Egli si è fatto uomo per assicurarti il favore divino. Ama colui che ti ha amato per primo” (Ibid., b. 2, cap. 4). Egli fu un messaggero di misericordia. Le sue parole fecero una profonda impressione sulla mente di Lutero. Dopo molte lotte a causa di errori a lungo condivisi, fu in grado di comprendere la verità e la pace inondò la sua anima tormentata. Lutero fu ordinato sacerdote e fu chiamato ad insegnare alla cattedra dell’Università di Wittenberg. Qui si applicò allo studio delle Scritture nelle lingue originali. Iniziò a tenere conferenze sulla Bibbia; e i libri dei Salmi, dei Vangeli e delle Epistole furono aperti alla comprensione delle folle di ascoltatori entusiasti. Staupitz, suo amico e superiore, lo esortò ad ascendere sul pulpito e a predicare la Parola di Dio. Lutero esitò, sentendosi indegno di parlare alle persone nel nome di Cristo. Fu solo dopo una lunga lotta che cedette alle sollecitazioni dei suoi amici. Era ormai diventato un esperto delle Scritture e la grazia di Dio riposava su di lui. La sua eloquenza affascinava i suoi ascoltatori, la chiarezza e il potere con cui presentava la verità convinsero le loro menti e il suo fervore toccava i loro cuori. Lutero era ancora un sincero figlio della chiesa papale e non pensava che sarebbe mai diventato qualcos’altro. Mediante la provvidenza di Dio fu condotto a visitare Roma. Iniziò il suo viaggio a piedi, alloggiando nei monasteri che trovava lungo la strada. Arrivato in un convento in Italia, rimase stupefatto a causa della ricchezza, della magnificenza e del lusso di cui era testimone. Dotati di un reddito principesco, i monaci dimoravano in splendidi appartamenti, si vestivano delle vesti più ricche e costose e banchettavano su un tavolo sontuoso. Con molti e dolorosi dubbi Lutero comparava questa scena all’abnegazione e alle difficoltà della propria vita. La sua mente era perplessa. [124]
Alla fine egli scorse in lontananza la città dei sette colli. Con profonda emozione si prostrò a terra, esclamando: “Santa Roma, ti saluto!” (Ibid., b. 2, cap. 6). Entrò in città, visitò le chiese, ascoltò i meravigliosi racconti ripetuti da sacerdoti e monaci, e celebrò tutte le cerimonie richieste. Ovunque egli contemplava scene che lo riempivano di stupore e orrore. Vide che esisteva iniquità tra tutte le classi del clero. Udiva battute indecenti da parte dei prelati ed era pieno di orrore a causa della loro profanità, anche durante il tempo della messa. Mentre si mescolava con i monaci e i cittadini, incontrò corruzione e dissolutezza. Egli notava la profanazione, anche là dove avrebbe dovuto regnare la santità. “Nessuno può immaginare”, scrisse, “quali peccati e azioni infami si commettono a Roma; devono essere visti e ascoltati per essere creduti. Questo è il detto che si sente dire: “Se esiste un inferno, Roma vi è costruita sopra: Roma è un abisso dal quale scaturiscono ogni tipo di peccato” (Ibid., b. 2, cap. 6). Con un recente editto era stata promessa un’indulgenza da parte del papa a tutti coloro che avrebbero salito in ginocchio “la scala di Pilato”, che si dice essere stata discesa dal nostro Salvatore uscendo dal tribunale romano e che sia stata trasportata miracolosamente da Gerusalemme a Roma. Un giorno Lutero saliva con devozione questi gradini, quando improvvisamente una voce simile al tuono gli disse: “Il giusto vivrà per fede” {Romani 1: 17}. Si alzò in piedi e rapidamente si allontanò dal luogo per la vergogna e l’orrore. Quel testo rimase potentemente nella sua anima. Da quel momento vide più chiaro che mai l’errore di affidarsi alle opere umane per la salvezza e la necessità di una fede costante nei meriti di Cristo. I suoi occhi erano stati aperti, e non sarebbero mai più stati chiusi, davanti agli inganni del papato. Quando voltò le spalle a Roma, la cancellò anche dal proprio cuore e da quel momento la separazione si allargò, fino a interrompere ogni legame con la chiesa papale. Dopo il suo ritorno da Roma, Lutero ricevette dall’Università di Wittenberg il titolo di dottore in teologia. Ora era libero di dedicarsi completamente, come mai prima, alle Scritture che tanto amava. [125]
Aveva fatto un voto solenne di studiare attentamente e di predicare con fedeltà, non le tradizioni e le dottrine dei papi, ma la pura Parola di Dio tutti i giorni della sua vita. Non era più il semplice monaco o professore, ma il messaggero autorizzato della Bibbia. Era stato chiamato come pastore per nutrire il gregge di Dio che era affamato e assetato di verità. Dichiarò fermamente che i cristiani non avrebbero dovuto ricevere altre dottrine oltre a quelle che si basano sull’autorità delle Sacre Scritture. Queste parole hanno colpito le fondamenta della supremazia papale; esse contenevano il principio vitale della Riforma.
Lutero infatti vide il pericolo di esaltare le teorie umane al di sopra della Parola di Dio. Attaccò senza timore l’infedeltà speculativa degli alunni e si oppose alla filosofia e alla teologia che da tanto tempo esercitavano un’influenza dominante sul popolo. Denunciò studi di questo genere non solo come inutili ma anche come nocivi e cercò di distogliere le menti dei suoi ascoltatori dai sofismi dei filosofi e dei teologi, per rivolgerle alle verità eterne stabilite dai profeti e dagli apostoli. Il messaggio diretto alle folle, che pendevano impazienti dalle sue parole, si dimostrò prezioso. Mai prima d’ora questi insegnamenti arrivarono alle loro orecchie. La lieta novella dell’amore di un Salvatore, la certezza del perdono e della pace attraverso il Suo sangue espiatorio, rallegravano i loro cuori e ispiravano in loro una speranza incrollabile. A Wittenberg si accese una luce i cui raggi si estendevano fino alle parti più estreme della terra e che sarebbe aumentata in luminosità fino alla fine dei tempi. Ma la luce e l’oscurità non possono armonizzarsi. Tra verità ed errore esiste un conflitto irrefrenabile. Sostenere e difendere l’una significa attaccare e rovesciare l’altro. Il nostro Salvatore stesso dichiarò: “Non sono venuto per mettere pace, ma spada” {Matteo 10: 34}. Pochi anni dopo l’inizio della Riforma Lutero disse: “Dio non mi guida: mi spinge in avanti, anzi mi trascina addirittura! Io non sono padrone di me stesso. Vorrei vivere tranquillo; ma sono gettato in mezzo a tumulti e rivoluzioni” (D’Aubigne, b. 5, cap. 2). Ora Lutero stava per essere gettato proprio nel vivo della lotta. [126]
La Chiesa Cattolica Romana metteva in vendita la grazia di Dio. Le tavole dei cambiavalute {Matteo 21: 12} erano sistemate accanto agli altari e l’aria risuonava delle urla di compratori e venditori. Con il pretesto di raccogliere fondi per l’erezione della chiesa di San Pietro a Roma, le indulgenze per il peccato furono pubblicamente messe in vendita con il beneplacito del papa. Con il prezzo del crimine si sarebbe costruito un tempio per l’adorazione di Dio; la pietra angolare con il salario dell’ingiustizia! Ma gli stessi mezzi adottati per l’ingrandimento di Roma diedero un colpo mortale al suo potere e alla sua grandezza. Fu proprio questo a suscitare il più risoluto e vittorioso oppositore del papato; egli iniziò quella battaglia che avrebbe scosso il trono papale e che avrebbe spinto via la triplice corona dalla testa del pontefice. Il funzionario incaricato di condurre la vendita delle indulgenze in Germania – Jan Tetzel – era stato condannato per i reati più gravi contro la società e contro la legge di Dio; ma essendo sfuggito alla punizione dovuta per i suoi crimini, fu impiegato per promuovere i progetti mercenari e senza scrupoli del papa. Con grande sfrontatezza ripeteva le menzogne più clamorose e le storie più incredibili per ingannare un popolo ignorante, credulone e superstizioso. Se avesse posseduto la Parola di Dio, non sarebbe stato così ingannato. Era per tenerlo sotto il controllo del papato, al fine di aumentare il potere e la ricchezza dei suoi ambiziosi leader, che la Bibbia era stata loro negata. (Giovanni C. L. Gieseler, “Un compendio di storia ecclesiastica”, 1° comma, 5). Mentre Tetzel entrava in una città, un messaggero gli andò incontro annunciando: “La grazia di Dio e del “santo padre” è alle vostre porte” (D’Aubigne, b. 3, cap. 1). La gente accolse il blasfemo pretendente come se fosse Dio stesso disceso per loro dal cielo. Il famigerato traffico fu allestito nella chiesa, e Tetzel, salendo sul pulpito, esaltava le indulgenze come il dono più prezioso di Dio. [127]
Dichiarò che in virtù dei suoi certificati di perdono tutti i peccati che l’acquirente avrebbe voluto commettere, in seguito sarebbero stati perdonati e che “non era necessario alcun pentimento” (Ibid., b. 3, cap. 1). In più, assicurò ai suoi ascoltatori che le indulgenze avevano il potere di salvare non solo i vivi ma anche i morti; nel momento stesso in cui il denaro avesse tintinnato contro il fondo della cassa, l’anima per la quale si era pagato sarebbe fuggita dal purgatorio e si sarebbe diretta verso il cielo (K. R. Hagenbach, History of the Reformation, vol. 1, 96). Quando Simon Mago offrì denaro agli apostoli in cambio del potere di compiere miracoli, Pietro gli rispose: “Il tuo denaro perisce con te, perché hai pensato che il dono di Dio possa essere acquistato con denaro” {Atti 8: 20}. Ma l’offerta di Tetzel fu afferrata da migliaia con entusiasmo. L’oro e l’argento fluivano nel suo tesoro. Una salvezza che può essere comprata con denaro è più facile da ottenere di quella che richiede pentimento, fede e uno sforzo diligente per resistere e vincere il peccato. La dottrina delle indulgenze fu combattuta a lungo da uomini di cultura e di pietà all’interno della Chiesa Romana; infatti furono molti coloro che non credevano nelle pretese così contrarie alla ragione e alla rivelazione. Ma nessun prelato osò alzare la voce contro questo traffico iniquo; le menti degli uomini erano turbate e inquiete, e molti si chiedevano con impazienza se Dio non avrebbe operato attraverso qualche strumento per la purificazione della Sua chiesa. Lutero, pur essendo ancora un fervente sostenitore del papa, era pieno di orrore per le blasfeme dichiarazioni dei mercanti d’indulgenza. Molti membri della propria congregazione avevano acquistato certificati di perdono e ben presto cominciarono a venire da lui, confessando i loro vari peccati e aspettandosi l’assoluzione, non perché fossero penitenti e desiderassero riformarsi, ma per l’indulgenza acquistata. [128]
Lutero si rifiutò di assolverli e li avvertì che, a meno che non si fossero pentiti e avessero desiderato riformare le loro vite, sarebbero periti nei loro peccati. Con grande perplessità si rivolsero a Tetzel lamentandosi del fatto che il loro confessore avesse rifiutato i suoi certificati; alcuni coraggiosamente chiesero persino che i loro soldi gli fossero restituiti. Il frate era pieno di rabbia. Egli pronunciò le più terribili maledizioni e fece accendere dei roghi nelle piazze pubbliche, dichiarando che “aveva ricevuto l’ordine dal papa di bruciare tutti gli eretici che avessero osato opporsi alle sue santissime indulgenze” (D’Aubigne, n. 3, cap. 4). Lutero iniziò così la sua audace opera come paladino della verità. La sua voce fu udita dal pulpito pronunciando seri e solenni avvertimenti. Mostrò al popolo il carattere offensivo del peccato e insegnò loro che è impossibile per l’uomo, per mezzo delle sue stesse opere, ridurre la sua colpa o eludere la sua punizione. Nient’altro all’infuori del pentimento nei confronti di Dio e la fede in Cristo possono salvare il peccatore. La grazia di Cristo non può essere acquistata; è un regalo gratuito. Consigliò alla gente di non comprare indulgenze, ma di guardare con fede il Redentore crocifisso. Riferì la sua dolorosa esperienza personale, cercando invano umiliazione e penitenza per assicurarsi la salvezza, assicurando ai suoi ascoltatori di avere trovato la pace e la gioia solo rivolgendosi a Gesù e confidando in lui. Mentre Tetzel continuava il suo traffico e le sue empie pretese, Lutero decise di ricorrere a una protesta più efficace contro simili abusi. Molto presto gli venne offerta un’occasione. La chiesa del castello di Wittenberg possedeva molte reliquie, che in certi giorni santi erano esposte al popolo, e la completa remissione dei peccati veniva concessa a tutti coloro che avrebbero visitato la chiesa e si fossero confessati. Di conseguenza, in quei giorni, la gente affluiva in quel luogo numerosa. Una delle più importanti di queste occasioni, “la festa di tutti i santi”, si stava avvicinando. Il giorno precedente, Lutero, unendosi alla folla che si stava già dirigendo verso la chiesa, affisse alla sua porta un foglio contenente novantacinque tesi contro la dottrina delle indulgenze. [129]
Dichiarò la sua disponibilità nel difendere queste tesi il giorno dopo all’università, davanti a tutti coloro che avrebbero ritenuto opportuno attaccarle. Le sue tesi attirarono l’attenzione di tutti. Furono lette e rilette, e ripetute ovunque. Si venne a creare una grande eccitazione, sia all’università che in tutta la città. Con queste tesi fu dimostrato che il potere di concedere il perdono dei peccati e di rimettere la pena, non era mai stato affidato al papa o a nessun altro uomo. L’intero sistema era una farsa, un inganno per estorcere denaro giocando sulle superstizioni del popolo, un dispositivo di Satana per distruggere le anime di tutti coloro che si sarebbero fidati delle sue pretese bugiarde. Venne anche chiaramente dimostrato che il Vangelo di Cristo è il tesoro più prezioso della chiesa e che la grazia di Dio, in esso rivelata, è liberamente conferita a tutti coloro che la cercano mediante il pentimento e la fede. Le tesi di Lutero invitavano gli uomini a riflettere; ma nessuno osò accettare la sfida. Le domande che aveva proposto si diffusero in pochi giorni in tutta la Germania e in poche settimane risuonarono in tutta la cristianità. Molti Cattolici devoti avevano visto le terribili iniquità che regnavano nella chiesa e ne erano rimasti dispiaciuti, ma non sapevano come fermarne i progressi; ora loro leggevano queste proposizioni con grande gioia, riconoscendo in loro la voce di Dio. Sentivano che il Signore voleva amorevolmente fermare la rapida ondata di corruzione che scaturiva dalla sede di Roma. Magistrati e prìncipi si rallegravano segretamente che fosse stato posto un freno all’arrogante potere che negava il diritto di appello alle sue decisioni. Ma le moltitudini amanti del peccato e delle superstizioni furono terrorizzati quando i sofismi che placavano le loro paure venivano messi in discussione. Ecclesiastici astuti, ostacolati nella loro opera che mirava a sanzionare il crimine, vedendo i loro guadagni in pericolo, furono infuriati e si radunarono per sostenere le loro pretese. Il riformatore avrebbe dovuto affrontare accusatori accaniti. Alcuni lo accusarono di agire frettolosamente e d’impulso, mentre altri lo accusarono di presunzione, dichiarando di non essere guidato da Dio, ma agendo per orgoglio e sfrontatezza. [130]
Egli replicò dicendo: “Tutti sapete che un uomo raramente porta avanti qualche nuova idea, senza essere accusato di un certo orgoglio e di voler provocare delle polemiche… Perché Cristo e tutti i martiri furono messi a morte? Perché sembravano orgogliosi di essere disprezzati dalla saggezza del tempo e perché avanzavano nuove idee senza prima essersi umilmente consigliati degli oracoli della religione ufficiale”. Di nuovo dichiarò: “Qualunque cosa io faccia, sarà fatta non secondo la prudenza degli uomini, ma secondo il consiglio di Dio. Se l’opera è di Dio, chi la fermerà? Se non lo è, chi potrà farla progredire? Non la mia volontà, né la loro, né la nostra; ma la Tua volontà, o santo Padre, che sei nei cieli” (Ibid., b. 3, cap. 6). Sebbene Lutero fosse stato mosso dallo Spirito di Dio per iniziare la Sua opera, non l’avrebbe portata avanti senza gravi conflitti. I rimproveri dei suoi nemici, la loro falsa rappresentazione dei suoi propositi e le loro ingiuste accuse sul suo carattere e sulle sue motivazioni, si riversarono su di lui come un’inondazione travolgente; esse non mancarono di provocare degli effetti. Si era sentito al sicuro sapendo che i leader del popolo, della chiesa e delle scuole si sarebbero uniti volentieri a lui negli sforzi per la Riforma. Le parole di incoraggiamento di coloro che erano in posizioni elevate lo avevano ispirato con gioia e speranza. Egli aveva già previsto per la chiesa il sorgere di un giorno più luminoso. Ma l’incoraggiamento si mutò in rimprovero e condanna. Molti dignitari, sia della chiesa che dello stato, furono condannati a causa della veridicità delle sue tesi; ma presto videro che l’accettazione di queste verità avrebbe comportato grandi cambiamenti. Illuminare e riformare la gente avrebbe virtualmente indebolito l’autorità di Roma, fermando così migliaia di beni economici che ora fluivano nel suo tesoro, e quindi avrebbe ridotto notevolmente la stravaganza e il lusso dei leader papali. Inoltre concedere al popolo la libertà di pensare e di agire come esseri responsabili, guardando solo a Cristo per la loro salvezza, avrebbe rovesciato il trono del pontefice e alla fine avrebbe distrutto la sua autorità. Per questa ragione essi rifiutarono la conoscenza offerta loro da Dio e si schierarono contro Cristo e la verità, opponendosi all’uomo che Egli aveva inviato per illuminarli. [131]
Lutero, tremava guardando la sua posizione: un uomo si stava opponendo alle più grandi potenze della terra. A volte dubitava che fosse stato effettivamente condotto da Dio a mettersi contro l’autorità della chiesa. “Chi sono io”, scrive, “per opporsi alla maestà del papa, davanti al quale… i re della terra e il mondo intero tremano?… Nessuno può sapere che cosa ha sofferto il mio cuore durante questi primi due anni e in quale scoraggiamento, o per meglio dire in quale disperazione, sono sprofondato” (Ibid., b. 3, cap. 6). Ma Lutero non si lasciò scoraggiare completamente. Quando il sostegno umano fallì, guardò solamente a Dio e imparò che poteva appoggiarsi in perfetta sicurezza a quel braccio onnipotente. Ad un amico della Riforma, Lutero scrisse: “Non possiamo raggiungere la comprensione della Scrittura né dallo studio né dall’intelletto. Il tuo primo dovere è quello di iniziare con la preghiera. Chiedi al Signore di concederti, nella Sua grande misericordia, la vera comprensione della Sua Parola. Non esiste altro interprete della Parola di Dio che l’Autore stesso di questa Parola. Dio stesso lo ha dichiarato: “Saranno tutti istruiti da Dio”. Non aspettarti nulla dalle tue stesse fatiche, dalla tua stessa comprensione: confida unicamente in Dio e nell’influenza del Suo Spirito. Credi alla parola di un uomo che ha avuto questa esperienza” (Ibid., b. 3, cap. 7). Ecco una lezione di vitale importanza per coloro che sentono di essere chiamati da Dio per presentare agli altri le solenni verità per questo tempo. Queste verità susciteranno l’inimicizia di Satana e degli uomini che amano le favole che egli ha inventato. In questo conflitto contro i poteri del male c’è bisogno di qualcosa che sia più potente dell’intelletto e della saggezza umana. Quando i nemici si appellavano alle consuetudini e alle tradizioni, oppure alle affermazioni e all’autorità del papa, Lutero li affrontava con la Bibbia e con la Bibbia soltanto. Qui vi erano argomentazioni a cui non potevano rispondere; perciò gli schiavi del formalismo e della superstizione chiedevano a gran voce il suo sangue, così come anche gli ebrei avevano richiesto il sangue di Cristo. [132]
“È un eretico!”, esclamarono i fanatici romani. “È un alto tradimento contro la chiesa permettere a un eretico così orribile di vivere ancora un’ora soltanto. Che un patibolo sia immediatamente eretto per lui!” (Ibid., b. 3, cap. 9). Ma Lutero non cadde in preda alla loro furia. Dio aveva un’opera da svolgere attraverso di lui e gli angeli del cielo furono inviati per proteggerlo. Molti, tuttavia, tra coloro che ricevettero da Lutero la preziosa luce, affrontarono l’ira di Satana e per amore della verità subirono, senza paura, la tortura e la morte. Gli insegnamenti di Lutero attirarono l’attenzione delle menti più intelligenti di tutta la Germania. I suoi sermoni e scritti emanavano raggi di luce che risvegliavano e illuminavano migliaia di persone. Una fede vivente stava prendendo il posto del formalismo morto in cui la chiesa era stata tenuta per tanto tempo. La gente stava perdendo ogni giorno la fiducia nelle superstizioni del Cattolicesimo. Le barriere del pregiudizio stavano cedendo. La Parola di Dio, con la quale Lutero mise alla prova ogni dottrina e ogni pretesa, era come un’arma a doppio taglio, che faceva strada nel cuore della gente. Ovunque era presente il risveglio di un desiderio di progresso spirituale. Ovunque si manifestavano fame e sete di giustizia, cose che non si erano più verificate da secoli. Gli occhi della gente, così a lungo diretti verso i riti umani e i mediatori terreni, si stavano ora indirizzando verso il pentimento, la fede in Cristo e Lui crocifisso. Questo diffuso interesse suscitò ancora di più i timori delle autorità papali. Lutero ricevette una convocazione per comparire a Roma, affinché rispondesse dell’accusa di eresia. Quest’ordine riempì i suoi amici di terrore. Sapevano benissimo il pericolo che lo minacciava in quella città corrotta, già ubriaca del sangue dei martiri di Gesù. Essi si rifiutarono di lasciar andare Lutero a Roma e chiesero che venisse giudicato in Germania. Questo accordo fu finalmente raggiunto e il papa nominò un legato che si occupasse del caso. Nelle istruzioni comunicate dal pontefice a questo funzionario, si affermava che Lutero era già stato dichiarato eretico. Il legato fu quindi invitato a “perseguire e costringere senza indugio”. [133]
Se Lutero fosse rimasto risoluto e il legato non fosse riuscito ad impossessarsi della sua persona, fu autorizzato a “bandirlo in ogni parte della Germania; ed esiliare, maledire e scomunicare tutti coloro che si fossero uniti a lui” (Ibid., b. 4, cap. 2). Inoltre, il papa consigliò al suo legato, per sradicare interamente l’eresia pestilenziale, di scomunicare tutti coloro, indipendentemente dall’incarico in chiesa o nello stato, eccetto l’imperatore, che avesse trascurato di catturare Lutero e i suoi collaboratori, per consegnarli alla vendetta di Roma. Qui si vide chiaramente il vero carattere del papato. Nessuna traccia di principi cristiani o di giustizia comune si può trovare in tutto il documento. Lutero si trovava a grande distanza da Roma e non aveva avuto l’opportunità di spiegare o difendere la sua posizione. Ancora prima che il suo caso fosse indagato, fu dichiarato sommariamente eretico e, nello stesso giorno, esortato, accusato, giudicato e condannato; e tutto ciò dal sedicente “santo padre”, l’unica autorità suprema e infallibile nella chiesa e nello stato!
In quel momento, quando Lutero aveva tanto bisogno della simpatia e dei consigli di un vero amico, la provvidenza di Dio mandò Melantone a Wittenberg. Giovane d’età, modesto e diffidente nei suoi modi, ma sicuro del suo giudizio, possedeva una vasta conoscenza e un’eloquenza che attirava e che, combinate alla purezza e alla rettitudine del suo carattere, ottennero ammirazione e stima universali. Lo splendore dei suoi talenti non era superiore alla gentilezza della sua disposizione. Ben presto divenne un serio discepolo del Vangelo e l’amico più fidato di Lutero, suo stimato sostenitore. La sua gentilezza, prudenza e tatto servirono a completare il coraggio e l’energia di Lutero. La loro unione nell’opera rafforzò la Riforma e fu una fonte di grande incoraggiamento per Lutero. Augusta era stata fissata come sede dell’incontro e il Riformatore si mise in cammino per compiere il viaggio fin là. Grandi paure vennero espresse per la sua incolumità. Venne minacciato apertamente che sarebbe stato catturato e ucciso per strada. Per questo motivo i suoi collaboratori lo implorarono di non avventurarsi in un’impresa così rischiosa. [134]
Lo supplicarono persino di lasciare Wittenberg per un po’ di tempo e di trovare rifugio presso coloro che lo avrebbero protetto volentieri. Ma egli non avrebbe mai lasciato la posizione in cui Dio lo aveva posto. Doveva continuare a proclamare fedelmente la verità, nonostante le avversità che lo minacciavano. Egli diceva: “Sono come Geremia, un uomo di lotta e contesa; più aumentano le loro minacce, più la mia gioia si moltiplica… Hanno già distrutto il mio onore e la mia reputazione. Rimane solo una cosa: il mio disgraziato corpo. Che se lo prendano pure; così accorceranno la mia vita di qualche ora. Però, per quanto riguarda la mia anima, loro non potranno prendersela. Colui che desidera annunciare la Parola di Cristo al mondo, deve aspettarsi la morte in ogni momento” (Ibid., b. 4, cap. 4). La notizia dell’arrivo di Lutero ad Augusta diede grandi soddisfazioni al legato pontificio. Il “fastidioso eretico” che stava catturando l’attenzione di tutto il mondo, ora sembrava essere sotto il potere di Roma, e il legato decise che non sarebbe dovuto sfuggire. Il riformatore non aveva un salvacondotto e i suoi amici lo esortarono a non comparire davanti al legato senza averne uno; perciò loro stessi si impegnarono a procurarglielo dall’imperatore. Il legato intendeva costringere Lutero, se possibile, a ritrattare o, in mancanza di ciò, a farlo trasferire a Roma, facendogli condividere il destino di Huss e di Gerolamo. Attraverso i suoi agenti, si sforzò di indurre Lutero ad apparire senza un salvacondotto, fidandosi della sua misericordia. Il Riformatore rifiutò fermamente di accettare tale richiesta e comparì alla presenza dell’ambasciatore papale solo dopo aver ricevuto il documento che gli offriva la protezione dell’imperatore.
Mediante un’abile mossa politica, i Cattolici avevano cercato di conquistare Lutero con un’apparente dolcezza. Il legato, nelle discussioni che ebbe con lui, professò una grande amicizia; tutto questo affinché Lutero si sottomettesse implicitamente all’autorità della chiesa e cedesse ad ogni punto senza discussioni o domande. Non aveva valutato correttamente il carattere dell’uomo con cui aveva a che fare. Lutero, in risposta, espresse il suo apprezzamento per la chiesa, il suo desiderio per la verità, la sua disponibilità a rispondere a tutte le obiezioni relative a ciò che aveva insegnato e sottopose le sue dottrine alla decisione delle più importanti università. [135]
Ma allo stesso tempo protestò contro il cardinale per averlo costretto a ritrattare senza avergli mostrato quale fosse il suo errore. L’unica risposta fu: “Ritratta, ritratta!”. Il Riformatore dimostrò che la sua posizione era sostenuta dalle Scritture e dichiarò fermamente che non poteva rinunciare alla verità. Il legato, incapace di rispondere alle argomentazioni di Lutero, lo travolse con una tempesta di rimproveri, di lusinghe e di adulazioni, inserendo qua e là alcune citazioni della tradizione dei padri, che non concessero al Riformatore alcuna opportunità di parola. Vedendo che la discussione sarebbe stata del tutto inutile, Lutero ottenne finalmente un riluttante permesso di rispondere per iscritto.
“Così facendo”, scrivendo ad un amico, disse: “gli oppressi trovano doppio guadagno; in primo luogo, ciò che è scritto può essere sottoposto al giudizio degli altri; e secondo, uno ha una migliore possibilità di agire sulle paure, se non sulla coscienza, di un despota arrogante e balbettante, che altrimenti finirebbe per avere il sopravvento con il suo linguaggio minaccioso” (Martyn, La vita e i tempi di Lutero, pagine 271, 272). In occasione dell’incontro successivo, Lutero presentò un’esposizione chiara, concisa e convincente delle sue opinioni, pienamente supportata da molte citazioni della Scrittura. Questo documento, dopo esser stato letto ad alta voce, venne consegnato al cardinale, che rigettò con disprezzo, affermando che si trattava di una massa di parole oziose e citazioni irrilevanti. Lutero, pienamente motivato, affrontò quel altezzoso prelato sul proprio terreno – le tradizioni e gli insegnamenti della chiesa – e rovesciò completamente le sue affermazioni. Quando il prelato vide che il ragionamento di Lutero non poteva essere smentito, perse ogni controllo e pieno di rabbia gridò: “Ritratta! Oppure ti manderò a Roma per comparire davanti ai giudici incaricati di esaminare il tuo caso. Scomunicherò te e tutti i tuoi collaboratori e tutti coloro che in un qualsiasi momento vorranno sostenerti, io li caccerò fuori dalla chiesa”. [136]
Alla fine dichiarò con tono altezzoso e rabbioso: “Ritratta o non presentarti mai più davanti a me” (D’Aubigne, ed. Londra, b. 4, cap. 8). Il riformatore si ritirò, accompagnato dai suoi amici, dichiarando chiaramente in questo modo che non ci si poteva aspettare da lui alcuna ritrattazione. Questo non era ciò che il cardinale si era proposto. Si illuse che con la violenza avrebbe potuto intimidire Lutero inducendolo alla sottomissione. Ora, lasciato solo con i suoi sostenitori, li guardò uno ad uno, dispiaciuto per l’inaspettato fallimento dei suoi piani. Gli sforzi di Lutero in questa occasione non rimasero senza esiti positivi. La grande assemblea ebbe l’opportunità di confrontare i due uomini e di giudicare da soli lo spirito manifestato da entrambi, nonché la forza e la veridicità delle loro affermazioni. Quant’era marcato il contrasto! Il riformatore: semplice, umile, fermo, era sostenuto dalla forza di Dio, avendo la verità dalla sua parte; mentre il rappresentante del papa: autoritario, prepotente, altezzoso e irragionevole, era senza una sola argomentazione proveniente dalle Scritture, eppure gridava con veemenza: “Ritratta, o sarai mandato a Roma per essere giustiziato”. Nonostante Lutero si fosse assicurato un salvacondotto, i Cattolici stavano complottando per catturarlo e imprigionarlo. I suoi amici insistettero sul fatto che, essendo inutile per lui prolungare la sua permanenza, sarebbe dovuto tornare a Wittenberg senza indugio e che la massima cautela doveva essere impiegata per mantenere il segreto sulle sue intenzioni. Di conseguenza lasciò Augusta prima dell’alba, a cavallo, accompagnato solo da una guida fornita dal magistrato. Con molti presentimenti, si fece segretamente strada attraverso le strade buie e silenziose della città. I suoi nemici, vigili e crudeli, stavano tramando la sua distruzione. Sarebbe sfuggito alle insidie preparate per lui? Erano momenti di ansia e preghiera sincera. Raggiunsero un piccolo cancello che si vedeva nelle mura della città. Esso fu aperto per lui; e con la sua guida passò senza ostacoli. Una volta fuori, i fuggiaschi affrettarono la fuga e prima che il legato venisse a sapere della partenza di Lutero, era fuori dalla portata dei suoi persecutori. [137]
Satana ed i suoi emissari furono sconfitti. L’uomo che pensavano fosse in loro potere era sparito, scappato come un uccello dalla trappola del cacciatore. Alla notizia della fuga di Lutero, il legato fu sopraffatto dalla sorpresa e dalla rabbia. Si aspettava di ricevere grande onore per la sua saggezza e fermezza nel trattare con questo disturbatore della chiesa; ma la sua speranza venne delusa. Diede libero sfogo alla sua ira in una lettera a Federico, l’elettore di Sassonia, denunciando amaramente Lutero e chiedendo di mandare il riformatore a Roma oppure di bandirlo dalla Sassonia. In sua difesa, Lutero esortò il legato e il papa a mostrargli i suoi errori per mezzo delle Scritture; egli si impegnò solennemente a rinunciare alle sue dottrine a condizione che gli fossero dimostrate contraddizioni con la Parola di Dio. Inoltre, egli espresse la sua gratitudine nei confronti di Dio che lo ritenne degno di soffrire per una causa così santa. Finora l’elettore non conosceva bene le dottrine riformate, ma rimase profondamente impressionato dal candore, dalla forza e dalla chiarezza delle parole di Lutero; finché il Riformatore non si dimostrò nell’errore, Federico continuò ad essere il suo protettore. In risposta alla richiesta del legato, scrisse: “Poiché Martin Lutero si è presentato ad Augusta, lei dovrebbe esserne soddisfatto. Non ci aspettavamo che avrebbe cercato di farlo ritrattare senza averlo convinto dei suoi errori. Nessuno dei dotti nel nostro principato mi ha informato che la dottrina di Martin sia empia, anticristiana o eretica” (D’Aubigne, b. 4, cap. 10). Il principe rifiutò, inoltre, di mandare Lutero a Roma, o di bandirlo dai suoi stati. L’elettore vide manifestato un generale abbattimento delle restrizioni morali della società. Perciò vide la necessità di una grande opera di riforma. Le complicate e costose disposizioni per reprimere e punire il crimine non sarebbero necessarie se gli uomini riconoscessero e obbedissero alle esigenze di Dio e ai dettami di una coscienza illuminata. [138]
Vide che Lutero stava lavorando per ottenere questo obbiettivo e segretamente si rallegrò di questa migliore influenza che veniva avvertita nella chiesa. Vide inoltre, che come professore universitario Lutero sarebbe stato un successo assicurato. Passò solo un anno da quando il Riformatore affisse le sue tesi sulla porta della chiesa del castello, eppure si era già registrato un grande calo nel numero di pellegrini che visitavano la chiesa durante “la festa di tutti i santi”. Roma era stata privata di adoratori ed offerte, ma il loro posto venne occupato da un’altra classe: ora a Wittenberg non venivano più pellegrini per adorare le sue reliquie, ma studenti che riempivano le sue sale universitarie. Gli scritti di Lutero avevano acceso ovunque un nuovo interesse per le Sacre Scritture, non solo in tutte le parti della Germania, ma anche in altre terre, gli studenti accorrevano per ottenere un posto nelle università. I giovani, vedendo Wittenberg per la prima volta, “alzarono le loro mani al cielo e lodarono Dio per aver fatto risplendere la luce della verità su questa città, come su Sion nei tempi antichi; luce che si sarebbe diffusa anche verso i paesi più lontani” (Ibid., b. 4, cap. 10). Lutero però era ancora parzialmente convertito dagli errori del Cattolicesimo. Ma mentre confrontava i santi oracoli della Scrittura con i decreti e le costituzioni papali, rimase pieno di meraviglia. “Sto leggendo”, scrisse, “i decreti dei pontefici, e… non so se il papa sia l’anticristo stesso, o il suo apostolo, tanto che in essi Cristo è travisato e crocifisso” (Ibid., b. 5, cap. 1). In quel momento Lutero era ancora un sostenitore della Chiesa Cattolica Romana e non pensò affatto che si sarebbe mai potuto separare dalla sua comunione. Gli scritti del Riformatore e la sua dottrina si estesero in ogni nazione della cristianità. L’opera si diffuse in Svizzera e in Olanda. Copie dei suoi scritti trovarono la loro strada in Francia e in Spagna. In Inghilterra i suoi insegnamenti furono ricevuti come parola di vita. Anche in Belgio e in Italia la verità si diffuse. Migliaia si stavano svegliando dal loro torpore mortale alla gioia e alla speranza di una vita di fede. [139]
Roma divenne sempre più esasperata dagli attacchi di Lutero, perciò fu dichiarato da alcuni dei suoi fanatici oppositori e persino da alcuni dottori nelle università cattoliche, che colui che avrebbe ucciso il monaco ribelle sarebbe stato senza peccato. Un giorno un estraneo, con una pistola nascosta sotto il mantello, si avvicinò al Riformatore e chiese perché andasse in giro da solo. Lutero rispose: “Sono nelle mani di Dio. Lui è la mia forza e il mio scudo. Cosa può fare l’uomo per me?” (Ibid., b. 6, cap. 2). Sentendo queste parole, lo straniero impallidì e fuggì via dalla presenza degli angeli del cielo. Roma era decisa a distruggere Lutero; ma Dio era la sua difesa. Le sue dottrine erano ascoltate ovunque – “nelle case di campagna e nei conventi… nei castelli dei nobili, nelle università e nei palazzi dei re” (Ibid., b. 6, cap. 2) – e uomini nobili si schieravano in sua difesa per sostenere i suoi sforzi. Fu in quel periodo che Lutero, leggendo le opere di Huss, capì che la grande verità della giustificazione per fede, che lui stesso stava cercando di sostenere e insegnare, era già stata compresa dal riformatore boemo. Lutero disse: “Noi tutti: Paolo, Agostino ed io stesso, siamo Hussiti senza saperlo! Dio sicuramente ricorderà al mondo la verità che è stata predicata un secolo fa, ed è stata bruciata!” (Wylie, b. 6, cap. 1). In un appello all’imperatore e alla nobiltà della Germania in favore della riforma del cristianesimo, Lutero scrisse riguardo al papa: “È orribile vedere l’uomo che si auto-proclama essere il vicario di Cristo, mostrando una magnificenza che nessun imperatore può eguagliare. Sarebbe egli come il povero Gesù o l’umile Pietro? Dicono che egli sia il signore del mondo! Ma Cristo, il cui vicario si vanta di essere, ha detto: “Il mio regno non è di questo mondo”. Possono i domini di un vicario estendersi oltre quelli del suo superiore?” (D’Aubigne, n. 6, cap. 3). Scrisse così delle università: “Ho molta paura che le università possano diventare le grandi porte dell’inferno, a meno che non lavorino diligentemente nello spiegare le Sacre Scritture e le incidano nel cuore della gioventù. [140]
Non consiglio a nessuno di mandare il proprio bambino là dove le Scritture non regnano sovrane. Ogni istituzione in cui gli uomini non consultano incessantemente la Parola di Dio è destinata a corrompersi” (Ibid., b. 6, cap. 3). Questo appello fu rapidamente diffuso in tutta la Germania ed esercitò una potente influenza sul popolo. L’intera nazione fu stimolata e moltitudini intere furono sollevate in favore della riforma. Gli oppositori di Lutero ardevano dal desiderio di vendetta, tanto da esortare il papa a prendere misure decisive contro di lui. Fu decretato che le sue dottrine dovevano essere immediatamente condannate. Sessanta giorni furono concessi al Riformatore e ai suoi seguaci, dopo di che, se non avessero ritrattato, sarebbero stati tutti quanti scomunicati. Fu una terribile crisi per la Riforma. Per secoli la condanna di scomunica pronunciata da Roma aveva colpito il terrore di potenti monarchi; aveva riempito potenti imperi di dolore e desolazione. Coloro su cui cadeva la condanna venivano universalmente considerati con terrore e orrore; venivano abbandonati dai loro simili e trattati come fuorilegge, erano votati allo sterminio. Lutero non era cieco alla tempesta che stava per esplodere su di lui; ma rimase fermo, confidando in Cristo, affinché fosse Lui il suo sostegno e scudo. Con la fede e il coraggio di un martire, scrisse: “Quello che sta per accadere non lo so, né mi interessa saperlo… Il colpo si abbatta dove vuole, io non ho paura. Nessuna foglia cade, senza la volontà del Padre nostro celeste. Quanto più si prenderà cura di noi! È una bella esperienza morire per la Parola, poiché la Parola che si è fatta carne ha subito anch’essa la morte. Se moriamo con Lui, potremo anche vivere con Lui; e passando attraverso ciò che Egli ha attraversato prima di noi, saremo dove Egli è e dimoreremo con Lui per sempre” (Ibid., 3d London ed. Walther, 1840, b. 6, cap. 9). Quando la bolla papale raggiunse Lutero, disse: “La disprezzo e la combatto perché empia e falsa… Cristo stesso viene condannato in essa… Mi rallegro di dover sopportare tali mali per il conseguimento di questa causa. [141]
Sento già una maggiore libertà nel mio cuore; perché finalmente so che il papa è l’anticristo e che il suo trono è quello di Satana” (D’Aubigne, b. 6, cap. 9). Eppure la bolla papale non fu priva di effetti. La prigione, la tortura e la spada erano armi potenti per far rispettare l’obbedienza. I deboli e superstiziosi tremavano dinanzi al decreto del papa; e mentre vi era una generale simpatia per Lutero, molti sentivano che la vita era troppo cara per essere rischiata nella causa della riforma. Tutto sembrava indicare che l’opera del riformatore stava per concludersi. Ma Lutero non aveva paura. Roma aveva scagliato i suoi anatemi contro di lui, e il mondo lo guardava, nulla metteva in dubbio che sarebbe morto o costretto a cedere. Invece, contrariamente a ogni previsione, Lutero riuscì a fare in modo che la sentenza di condanna si ritorcesse contro chi l’aveva emessa e affermò pubblicamente la propria decisione di abbandonare Roma per sempre. Alla presenza di una folla di studenti, dottori e cittadini di tutte le classi, Lutero bruciò la bolla papale, assieme ad altre leggi del canone, dei decretali e certi scritti che sostenevano il potere papale. “I miei nemici sono stati capaci di bruciare i miei libri”, disse, “di ferire la causa della verità nelle menti della gente comune e di distruggere le loro anime; per questo motivo, io a mia volta, ho bruciato i loro libri. Una grande lotta è appena iniziata. Fino ad ora ho solo scherzato con il papa. Ho iniziato quest’opera nel nome di Dio; essa proseguirà anche senza di me, mediante la Sua forza” (Ibid., b. 6, cap. 10). Agli scherni dei suoi nemici che sottolineavano la debolezza della sua causa, Lutero rispose: “Chissà se Dio non ha scelto e chiamato proprio me, e se essi, disprezzando me, non disprezzano Dio stesso? Mosè era solo alla partenza dall’Egitto; Elia era solo durante il regno del Re Acab; Isaia era da solo a Gerusalemme; Ezechiele era solo in Babilonia… Dio non ha mai scelto come profeta né il sommo sacerdote né alcun altro grande personaggio; ma ordinariamente scelse uomini umili e disprezzati, una volta scelse persino il pastore Amos. [142]
In ogni epoca i santi hanno rimproverato i grandi re, principi, sacerdoti e uomini saggi, a rischio della loro vita… Non dico di essere un profeta; ma io dico che dovrebbero temere proprio perché mentre io sono solo, essi sono molti. E sono sicuro di questo, che la Parola di Dio è con me e che non è con loro” (Ibid., b. 6, cap. 10). Eppure non fu senza una terribile lotta con sé stesso che Lutero decise di separarsi definitivamente dalla chiesa. Fu più o meno in questo periodo che egli scisse: “Ogni giorno sento sempre più quanto sia difficile mettere da parte gli scrupoli che ho assimilato durante l’infanzia. Oh, quanto dolore mi ha causato, anche se ho avuto le Scritture dalla mia parte, per giustificare a me stesso che avrei avuto il coraggio di prendere una posizione contro il papa e di denunciarlo come l’anticristo! Quale terribile angoscia ho provato nel mio cuore! Quante volte mi sono posto con amarezza quella domanda che era così frequente sulle labbra dei sostenitori del papa: “Solo tu sei saggio? Tutti gli altri si stanno sbagliando? Come sarebbe se alla fine fossi tu stesso a sbagliare e a trascinare nell’errore molte anime, che poi saranno condannate eternamente?”. Così ho combattuto contro me stesso e contro Satana, fino a quando Cristo, con la Sua Parola infallibile, ha fortificato il mio cuore contro questi dubbi” (Martyn, pagine 372, 373). Il papa aveva minacciato Lutero di scomunicarlo se non avesse ritrattato e ora la minaccia si era concretizzata. Apparve una nuova bolla, che dichiarò la definitiva separazione del Riformatore dalla Chiesa Romana, denunciandolo come maledetto dal Cielo e includendo nella stessa condanna tutti coloro che avrebbero ricevuto le sue dottrine. Iniziò così la grande battaglia. L’opposizione si manifesta nei confronti di tutti coloro che Dio impiega per presentare la verità applicabile in modo specifico al tempo in cui vivono. Vi era una verità presente ai tempi di Lutero, ovvero una verità in quel momento di speciale importanza, come anche oggi vi è una verità presente per la chiesa di Dio. [143]
Colui che fa ogni cosa secondo il consiglio della propria volontà, è stato lieto di chiamare uomini in varie circostanze e di imporre loro doveri specifici per i tempi in cui vivevano e le condizioni in cui erano posti. Se apprezzassero la luce ricevuta, si aprirebbero davanti a loro ampi orizzonti per la proclamazione della verità. Ma oggi la minoranza non è desiderata dalla maggioranza più di quanto non lo fossero i sostenitori del papa che si opponevano a Lutero. Ecco presente la stessa disposizione ad accettare le teorie e le tradizioni degli uomini invece della Parola di Dio come nelle epoche precedenti. Coloro che presentano la verità per questo tempo non dovrebbero aspettarsi di essere accolti con maggiore favore rispetto ai riformatori passati. La grande controversia tra verità ed errore, tra Cristo e Satana, aumenterà in intensità fino alla fine della storia di questo mondo. Gesù disse ai Suoi discepoli: “Se voi foste del mondo, il mondo amerebbe quel che è suo: ma poiché voi non siete del mondo, io vi ho scelto di mezzo dal mondo, quindi il mondo vi odia. Ricordate la parola che vi ho detto, il servo non è più grande del suo Signore. Se mi hanno perseguitato, allora perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, allora osserveranno anche la vostra” {Giovanni 15: 19-20}. D’altro canto, il nostro Signore dichiarò chiaramente: “Guai a voi, quando tutti gli uomini parleranno bene di voi! Perché così fecero i padri loro con i falsi profeti” {Luca 6: 26}. Lo spirito del mondo oggi non è in armonia con lo spirito di Cristo più di quanto lo fosse nei tempi antichi, e coloro che predicano la Parola di Dio nella sua purezza non saranno accolti con più favore di allora. Le forme di opposizione alla verità possono cambiare, l’inimicizia può essere meno aperta è più sottile; ma lo stesso antagonismo esiste ancora oggi e si manifesterà fino alla fine dei tempi. [144]
Un nuovo imperatore, Carlo V, era salito sul trono della Germania e gli emissari di Roma si affrettarono nel presentare le loro congratulazioni e nell’indurre il monarca ad impiegare il suo potere contro la Riforma. D’altra parte, l’elettore di Sassonia, a cui Carlo era in gran parte debitore per la sua corona, lo supplicava di non fare alcun passo contro Lutero finché non gli fosse concessa un’udienza. L’imperatore fu così posto in una posizione di grande perplessità ed imbarazzo. Mentre i sostenitori del papa sarebbero stati soddisfatti solo da un editto imperiale che condannava a morte Lutero, l’elettore aveva dichiarato con fermezza che “né la sua maestà imperiale né alcun’altra persona avevano dimostrato che gli scritti di Lutero erano stati smentiti”, pertanto chiese “che Lutero fosse dotato di un salvacondotto, in modo che potesse comparire davanti a un tribunale di giudici istruiti, devoti e imparziali” (D’Aubigne, b. 6, cap. 11).
L’attenzione di tutti era ora diretta verso l’assemblea degli stati tedeschi che si sarebbe riunita a Worms poco dopo l’elezione di Carlo V come imperatore. Vi erano importanti questioni ed interessi politici da considerare in questo consiglio nazionale; per la prima volta i principi della Germania avrebbero incontrato il loro giovane monarca in un’assemblea legislativa. I dignitari di chiesa e stato vennero da tutte le parti della patria. Signori secolari nobili, potenti e gelosi dei loro diritti ereditari; ecclesiastici principeschi, facevano sfoggio della loro superiorità di rango e di potere; cavalieri cortigiani e i loro servitori armati; ambasciatori di terre straniere e lontane, tutti riuniti a Worms. Eppure in quella vasta assemblea il soggetto che eccitava il più profondo interesse era la causa del Riformatore sassone. [145]
In precedenza Carlo V aveva consigliato all’elettore di portare con sé Lutero alla Dieta, assicurandogli protezione e promettendo una conversazione libera, con persone competenti, delle questioni in discussione. Lutero era ansioso di comparire davanti all’imperatore. La sua salute era in questo momento molto compromessa; tuttavia scrisse all’elettore le seguenti parole: “Se non posso andare a Worms in buona salute, sarò portato lì, malato come sono. Perché se l’imperatore mi chiama, sono certo che questa chiamata venga da Dio stesso. Se desiderano usare violenza contro di me, e questo è molto probabile (perché non è per la loro istruzione che mi ordinano di apparire), io metto la mia vita nelle mani del Signore. Egli vive e regna ancora, Colui che salvò i tre giovani nella fornace ardente. Se Lui non mi salverà, non importa. Cerchiamo solo di impedire che il Vangelo venga esposto al disprezzo dei malvagi e versiamo il nostro sangue per questo, affinché essi non trionfino. Non spetta a me decidere se la mia vita o la mia morte contribuiranno di più alla salvezza di tutti… Potresti aspettarti tutto da me… tranne la fuga e la ritrattazione. Io non posso scappare, né tanto meno ritrattare” (Ibid., b. 7, cap. 1). Mentre veniva diffusa la notizia a Worms che Lutero sarebbe apparso davanti alla Dieta, venne a crearsi un’eccitazione generale. Aleandro, il legato pontificio a cui era stato affidato il caso, era allarmato e infuriato. Vide che il risultato sarebbe potuto essere disastroso per la causa papale. Istituire un’inchiesta su un caso che il papa aveva già condannato significava disprezzare l’autorità del sovrano pontefice. Inoltre, era preoccupato che le argomentazioni eloquenti e potenti di quest’uomo potessero allontanare molti dei principi dalla causa del papa. [146]
Perciò, nel modo più urgente, protestò contro Carlo affinché non si permettesse a Lutero di apparire alla Dieta di Worms. Proprio in quel periodo fu pubblicata la bolla che dichiarava la scomunica di Lutero; e questo, unito alle argomentazioni del legato, indusse l’imperatore a cedere. Scrisse all’elettore che se Lutero non ritrattava, sarebbe dovuto rimanere a Wittenberg. Non contento di questa vittoria, Aleandro lavorò con tutto il potere e l’astuzia che possedeva per assicurarsi la condanna di Lutero. Con una perseveranza degna della causa migliore, sollecitò la questione all’attenzione di principi, prelati e altri membri dell’assemblea, accusando il riformatore di “sedizione, ribellione, empietà e blasfemia”. Ma la veemenza e la passione manifestate dal legato rivelò chiaramente lo spirito che lo conduceva. “È mosso dall’odio e dalla vendetta”, fu l’osservazione generale, “molto più che dallo zelo e dalla pietà” (Ibid., b. 7, cap. 1). La maggior parte della dieta era più che mai incline a considerare favorevolmente la causa di Lutero. Con zelo raddoppiato, Aleandro esortò l’imperatore di eseguire gli editti papali. Ma secondo le leggi della Germania ciò non poteva essere fatto senza l’approvazione dei principi; alla fine, cedendo alle richieste del legato, Carlo gli ordinò di presentare il suo caso alla Dieta. “È stato un giorno di grande orgoglio per il nunzio. L’assemblea era grande e ancora più grande era la sua causa. Aleandro rappresentava Roma… la madre e signora di tutte le chiese”. Egli doveva rivendicare la supremazia di Pietro davanti ai maggiori esponenti della cristianità. “Aleandro aveva il dono dell’eloquenza e si dimostrò all’altezza della situazione. La Provvidenza permise che Roma apparisse alla presenza del tribunale più importante e che fosse difesa dal suo più abile oratore, prima di essere condannata” (Wylie, b. 6, cap. 4). Con alcuni timori, coloro che favorirono il Riformatore immaginavano l’effetto del discorso di Aleandro. L’elettore di Sassonia non era presente, ma aveva incaricato alcuni dei suoi consiglieri di prendere nota del discorso del nunzio. [147]
Con tutto il potere del sapere e dell’eloquenza, Aleandro si impegnò a rovesciare la verità. Egli scagliò contro Lutero accusa dopo accusa dipingendolo come fosse il nemico principale della chiesa e dello stato, dei vivi e dei morti, del clero e dei laici, dei concili e dei singoli cristiani. “Gli errori di Lutero sono sufficienti”, dichiarò, “per giustificare la morte di centomila eretici al rogo”. In conclusione, cercò di gettare discredito sugli aderenti alla fede riformata: “Cosa sono tutti questi luterani? Un gruppo di pedagoghi insolenti, sacerdoti corrotti, monaci dissoluti, avvocati ignoranti e nobili degradati, che hanno fuorviato e pervertito la gente comune. Il Cattolicesimo non è forse superiore a loro per numero, abilità e potere? Un decreto unanime di questa illustre assemblea illuminerà i semplici, avvertirà gli imprudenti, renderà fermi gli indecisi e darà forza ai deboli” (D’Aubigne, n. 7, cap. 3).
Con tali armi sono stati attaccati i sostenitori della verità in ogni epoca. Gli stessi argomenti sono ancora sollecitati contro tutti coloro che osano presentare, in opposizione agli errori stabiliti, gli insegnamenti semplici e diretti della Parola di Dio. “Chi sono questi predicatori di nuove dottrine?”, esclamano quelli che desiderano una religione popolare. “Sono ignoranti, pochi in numero e della classe più povera. Eppure pretendono di avere la verità e di essere il popolo eletto di Dio. Sono ignoranti e ingannati. Quanto grande è il numero e l’influenza della nostra chiesa! Quanti uomini grandi e colti vi sono tra noi! Quanto è straordinaria la nostra potenza!”. Questi sono gli argomenti che hanno un’influenza significativa sul mondo; ma anche oggi non sono più convincenti di quanto non lo fossero ai tempi del Riformatore. La Riforma, come molti suppongono, non finì con Lutero. Essa deve continuare fino alla fine della storia di questo mondo. Lutero aveva una grande opera da svolgere nel riflettere agli altri la luce che Dio gli aveva affidato; eppure egli non ricevette tutta la luce che doveva essere condivisa con il mondo. [148]
Da quel momento in poi, una nuova luce ha continuato a risplendere sulle Scritture e nuove verità sono state costantemente rivelate. Il discorso del legato lasciò una profonda impressione sulla Dieta e Lutero non fu là presente con le sue chiare e convincenti verità della Parola di Dio per affrontare il rappresentante papale. Nessun tentativo venne fatto per difendere il Riformatore. L’opinione generale non mirava solo a condannare Lutero e le dottrine che egli insegnava, ma se fosse stato possibile a sradicare l’eresia. Roma aveva goduto dell’opportunità più favorevole per difendere la sua causa. Tutto ciò che poteva dire in sua difesa era stato detto. Ma l’apparente vittoria fu il segnale della sconfitta. D’ora in avanti il contrasto tra verità ed errore si sarebbe visto sempre più chiaramente. Da quel giorno, la Chiesa Cattolica non si sarebbe più sentita al sicuro come lo era stata fino ad allora. Mentre la maggior parte dei membri della Dieta non avrebbe esitato a consegnare Lutero alla vendetta di Roma, molti di loro videro e disprezzarono la depravazione esistente nella chiesa, desiderando una soppressione degli abusi che opprimevano il popolo tedesco in conseguenza alla corruzione e all’avidità della gerarchia cattolica. Il legato aveva presentato la bolla papale nella luce più favorevole. Ma in questo momento il Signore si servì di un membro della Dieta per delineare il vero volto della tirannia papale. Con nobile fermezza, il Duca Giorgio di Sassonia si alzò in quella assemblea principesca e specificò con accurata precisione gli inganni e le abominazioni del papato e i loro terribili effetti. In conclusione a tale discorso disse: “Questi sono alcuni degli abusi che gridano contro Roma. Tutta la vergogna è stata messa da parte e il loro unico scopo sono… soldi, soldi, soldi… in modo tale che i predicatori che dovrebbero insegnare la verità, non pronuncino altro che falsità e non solo sono tollerati, ma anche premiati perché maggiore è la loro menzogna, maggiore è il loro guadagno. È da questa folle sorgente che fluiscono acque così contaminate. La dissolutezza stringe la mano dell’avarizia… Ahimè, è proprio lo scandalo causato dal clero che getta così tante povere anime in una condanna eterna. Una riforma generale deve essere effettuata” (Ibid., b. 7, cap. 4). [149]
Una denuncia più energica ed abile degli abusi papali non sarebbe potuta essere presentata dallo stesso Lutero; ed il fatto che l’oratore fosse un nemico ostinato del Riformatore diede maggiore influenza alle sue parole. Se gli occhi dell’assemblea fossero stati aperti, avrebbero visto gli angeli di Dio in mezzo a loro, spargere fasci di luce contro l’oscurità dell’errore e aprire le menti e i cuori alla ricezione della verità. Era il potere del Dio di verità e saggezza che controllava persino gli avversari della Riforma e quindi preparò la strada per la grande opera che stava per essere compiuta. Martin Lutero non fu là presente; ma la voce di Colui che è più grande di Lutero venne udita in quell’assemblea. Un comitato fu subito nominato dalla Dieta per preparare un’enumerazione delle oppressioni papali che pesavano così tanto sul popolo tedesco. Questo elenco, contenente centouno specifiche, fu presentato all’imperatore, con la richiesta di prendere misure immediate per la correzione di questi abusi. “Quante anime cristiane perse”, dissero i compilatori dell’elenco, “quante depravazioni e quante estorsioni a causa degli scandali che circondano il capo spirituale della cristianità! È nostro dovere prevenire la rovina e il disonore della nostra gente. Per questo motivo la invitiamo con umiltà, ma con la massima urgenza, a ordinare una riforma generale e ad intraprenderne il suo compimento” (Ibid., b. 7, cap. 4). Il consiglio allora richiese l’apparizione del riformatore davanti a loro. Nonostante le suppliche, le proteste e le minacce di Aleandro, l’imperatore alla fine acconsentì e Lutero fu chiamato a comparire davanti alla Dieta. Con l’invito fu emesso anche un salvacondotto, assicurando così il suo ritorno in un luogo sicuro. Questi furono portati a Wittenberg da un araldo, che fu incaricato di condurlo a Worms. Gli amici di Lutero erano terrorizzati e angosciati. Conoscendo il pregiudizio e l’inimicizia contro di lui, temevano che persino il suo salvacondotto non sarebbe stato rispettato e lo implorarono di non mettere a repentaglio la sua vita. Ma egli rispose: “I sostenitori del papa non desiderano che io vada a Worms, ma ciò che desiderano è la mia condanna e la mia morte. [150]
Ma questo non importa. Pregate non per me, ma per la Parola di Dio… Cristo mi darà il Suo Spirito per superare questi ministri dell’errore. Io li ho disprezzati durante la mia vita e trionferò su di loro con la mia morte. A Worms si impegnano per costringermi a ritrattare; e questa sarà la mia ritrattazione: in precedenza ho detto che il papa era il vicario di Cristo, ma ora dichiaro che egli è l’avversario del nostro Signore e l’apostolo del diavolo” (Ibid., b. 7, cap. 6). Lutero non avrebbe affrontato questo viaggio pericoloso da solo. Oltre al messaggero imperiale, tre dei suoi amici più fidati decisero di accompagnarlo. Melantone desiderava ardentemente unirsi a loro. Il suo cuore era stretto a quello di Lutero e desiderava seguirlo, se necessario, in prigione o alla morte. Ma le sue suppliche gli furono negate. Se Lutero fosse morto, tutte le speranze della Riforma si sarebbero incentrate sul suo giovane collaboratore. Il riformatore disse mentre si separava da Melantone: “Se non ritorno, significa che i miei nemici mi hanno messo a morte, continua a insegnare e rimani saldo nella verità. Lavora al mio posto… Se tu sopravvivi, la mia morte non avrà importanza” (Ibid., b. 7, cap. 7). Studenti e cittadini furono profondamente commossi assistendo alla partenza di Lutero. Una moltitudine i cui cuori erano stati toccati dal Vangelo, gli disse addio piangendo. Così il riformatore e i suoi compagni partirono da Wittenberg. Durante il viaggio videro che le menti della gente erano oppresse da cupi presentimenti. In alcune città non gli veniva conferito alcun onore. Mentre si fermarono per la notte, un prete amichevole espresse le sue paure mostrando a Lutero il ritratto di un riformatore italiano che aveva sofferto il martirio. Il giorno dopo appresero che a Worms gli scritti di Lutero erano stati condannati. I messaggeri imperiali proclamavano il decreto dell’imperatore e invitavano il popolo a portare le opere vietate ai magistrati. L’araldo, temendo per la sicurezza di Lutero e pensando che avessero già cambiato parere, chiese se voleva ancora andare avanti. Egli rispose: “Sebbene sia interdetto in ogni città, continuerò” (Ibid., b. 7, cap. 7). [151]
A Erfurt, Lutero fu ricevuto con tutti gli onori. Circondato da una folla ammirata, passò per le strade che aveva spesso attraversato con il suo sacco di frate mendicante. Visitò la sua cella nel convento e pensò alle lotte attraverso le quali la luce che ora inondava la Germania era stata versata sulla sua anima. Fu esortato quindi a predicare. Gli era stato proibito di farlo, ma l’araldo gli concesse il permesso e il frate che un tempo svolgeva lavori umili nel convento, ora salì sul pulpito.
Ad un’assemblea molto affollata egli parlò dall’espressione di Cristo: “Pace a voi”. “Filosofi, dottori e scrittori”, disse, “hanno cercato di insegnare agli uomini la via per ottenere la vita eterna, ma non ci sono riusciti. Ora ve la insegnerò io: Dio ha resuscitato un uomo dai morti, il Signore Gesù Cristo, per distruggere la morte, estirpare il peccato e chiudere le porte dell’inferno. Questa è l’opera della salvezza… Cristo ha vinto! Questa è la lieta novella; e noi siamo salvati per opera Sua e non per merito nostro… il nostro Signore Gesù Cristo disse: “Pace a voi. Guardate le mie mani!” {Giovanni 20: 19-20}. Ciò vuol dire: “Guarda, o uomo! Sono io, io solo che ho cancellato il tuo peccato e ti ho riscattato; e ora hai la pace”. Questo dice il Signore”. Ha continuato, dimostrando che la vera fede si manifesta con una vita santa. “Poiché Dio ci ha salvati, compiamo le nostre opere affinché siano accettate da Lui. Sei ricco? Lascia che i tuoi beni soddisfino le necessità dei poveri. Sei povero? Che i tuoi servizi siano graditi ai ricchi. Se il tuo lavoro è utile solo a te stesso, il servizio che tu pretendi di rendere a Dio è una bugia” (Ibid., b. 7, cap. 7). La gente ascoltava incantata. Il pane della vita fu spezzato per quelle anime affamate. Davanti a loro Cristo fu innalzato come al di sopra di papi, legati, imperatori e re. Lutero non fece alcun riferimento al pericolo che correva. Non si fece oggetto di alcun pensiero o simpatia. Nella contemplazione di Cristo si era perso di vista. Egli si nascose dietro l’Uomo del Calvario, cercando solo di presentare Gesù come Redentore del peccatore. [152]
Mentre il Riformatore procedeva nel suo viaggio, veniva considerato ovunque con grande interesse. Una moltitudine si affollò tutta intorno a lui e le voci amichevoli lo avvertirono dello scopo dei Cattolici. “Ti metteranno al rogo”, disse qualcuno, “e ridurranno il tuo corpo in cenere, come hanno fatto con John Huss”. Lutero rispose: “Anche se dovessero accendere un fuoco da Worms fino a Wittenberg, le cui fiamme raggiungessero il cielo, io comunque vorrei attraversarlo nel nome del Signore; per presentarmi davanti a loro; entrare nelle fauci di questo Behemoth (animale terribile) e rompergli i denti, confessando il Signore Gesù Cristo” (Ibid., b. 7, cap. 7). La notizia del suo approccio a Worms creò grande fermento. I suoi amici temevano per la sua vita; i suoi nemici temevano per l’insuccesso della loro causa. Sforzi sovrumani vennero fatti per dissuaderlo dall’entrare in città. Su istigazione dei sostenitori del papa, gli venne consigliato di rifugiarsi nel castello di un cavaliere amico, dove, fu dichiarato, tutte le difficoltà potevano essere adattate amichevolmente. Gli amici si sforzavano di svegliare le sue paure descrivendo i pericoli che lo minacciavano. Tutti i loro sforzi fallirono. Lutero, ancora una volta, dichiarò: “Anche se ci fossero tanti diavoli a Worms quante sono le tegole sui tetti delle case, io entrerei in essa” (Ibid., b. 7, cap. 7). Al suo arrivo a Worms, una vasta folla accorse alle porte per accoglierlo. Un simile corteo non si era riunito neppure per salutare l’imperatore stesso. L’agitazione era intensa e dal mezzo della folla una voce acuta e lamentosa cantava un inno funebre per avvertire Lutero del destino che lo attendeva. “Dio sarà la mia difesa”, disse lui mentre scendeva dalla sua carrozza. I seguaci del papa non credevano che Lutero si sarebbe per davvero azzardato ad apparire a Worms e il suo arrivo li riempì di costernazione. L’imperatore convocò immediatamente i suoi consiglieri per riflettere sul corso da seguire. Uno dei vescovi, un rigido sostenitore del papa, dichiarò: “Ci siamo consultati a lungo su questo punto; Sua maestà imperiale si sbarazzi di quest’uomo rapidamente. [153]
Sigismondo non fece bruciare John Huss? Noi non siamo obbligati a dare o ad osservare il salvacondotto di alcun eretico”. “No!”, disse l’imperatore, “Dobbiamo mantenere la nostra promessa” (Ibid., b. 7, cap. 8). Venne quindi deciso di ascoltare il riformatore. Tutta la città era impaziente di vedere quest’uomo straordinario e una folla di visitatori riempì presto il suo alloggio. Lutero si era appena ristabilito dalla sua recente malattia; era stanco del viaggio che gli aveva occupato due settimane intere e doveva prepararsi per affrontare gli eventi epocali del domani, perciò aveva bisogno di tranquillità e riposo. Ma così grande fu il desiderio di vederlo che riuscì a beneficiare di solo poche ore di riposo quando nobili, cavalieri, sacerdoti e cittadini si riunirono impazientemente attorno a lui. Tra questi vi furono molti dei nobili che avevano chiesto con tanta audacia all’imperatore una riforma per gli abusi ecclesiastici e che, come disse Lutero, “erano stati tutti liberati dal messaggio del vangelo” (Martyn, pagina 393). I nemici, così come gli amici, vennero a vedere l’impavido monaco; egli li ricevette con una calma incrollabile, rispondendo a tutti con dignità e saggezza. Il suo comportamento era fermo e coraggioso. Il suo volto pallido e sottile, segnato dalle tracce della fatica e della malattia, portava un’espressione gentile e perfino gioiosa. La solennità e la profonda serietà delle sue parole gli davano un potere che i suoi nemici non potevano affatto sopportare. Sia gli amici che i nemici erano pieni di meraviglia. Alcuni erano convinti che un’influenza divina lo assistesse; altri dichiararono, come i farisei parlando di Cristo: “Egli ha il diavolo”. Il giorno seguente Lutero fu convocato per partecipare alla Dieta. Fu nominato un ufficiale imperiale per condurlo nella sala delle udienze; tuttavia fu con grande difficoltà che raggiunse il luogo. Ogni strada era affollata di spettatori desiderosi di vedere il monaco che aveva osato resistere all’autorità del papa. Mentre stava per entrare alla presenza dei suoi giudici, un vecchio generale, l’eroe di molte battaglie, gli disse gentilmente: “Povero monaco, povero monaco, tu ora stai per occupare una posizione molto più nobile di quella che io o altri capitani abbiamo mai ricevuto nella più sanguinosa delle nostre battaglie. [154]
Se la tua causa è giusta, e ne sei sicuro, vai avanti nel nome di Dio e non temere nulla. Dio non ti abbandonerà” (D’Aubigne, b. 7, cap. 8). Alla fine Lutero si presentò al consiglio. L’imperatore occupava il trono ed era circondato dai personaggi più illustri dell’impero. Mai nessun uomo apparve in presenza di un’assemblea più imponente di quella davanti alla quale Martin Lutero avrebbe risposto della sua fede. “Questa sua presenza era, di per sé, un’incredibile vittoria sul papato. Il papa aveva condannato Lutero che ora si trovava di fronte a un tribunale che, proprio per questo atto, si poneva al di sopra del papa. Il papa lo aveva sottoposto ad una scomunica e lo aveva escluso dalla società umana; eppure fu convocato mediante un linguaggio rispettoso e venne ricevuto dalla più importante assemblea del mondo. Il papa lo aveva condannato al silenzio perpetuo e ora stava per parlare davanti a migliaia di ascoltatori attenti riuniti dalle parti più lontane della cristianità. Un’immensa rivoluzione era stata quindi effettuata mediante Lutero. Roma stava già scendendo dal suo trono e questa sua umiliazione era stata causata proprio da un monaco” (Ibid., b. 7, cap. 8). In presenza di quella potente e titolata assemblea il Riformatore, di umili origini, sembrava intimidito e imbarazzato. Molti dei principi, osservando la sua emozione, si avvicinarono a lui, e uno di loro gli sussurrò: “Non temere quelli che uccidono il corpo, essi non sono in grado di uccidere l’anima”. Un altro disse: “Quando sarete portati davanti ai governatori e ai re per amor mio, ti sarà dato, per lo Spirito del Padre vostro, ciò che dovrai dire”. In questo modo le parole di Cristo vennero pronunciate dai grandi uomini del mondo per rafforzare il Suo servo nell’ora della prova. Lutero fu condotto al posto assegnatoli che si trovava proprio di fronte al trono dell’imperatore. Un profondo silenzio cadde sull’assemblea affollata. Poi un ufficiale imperiale si alzò e, indicando una raccolta di scritti di Lutero, chiese al Riformatore di rispondere a due domande: se lui le riconoscesse come sue e se fosse disposto a ritrattare le opinioni che aveva avanzato in quella sede. [155]
Vennero letti i titoli dei libri e Lutero rispose che per quanto riguarda la prima domanda, riconosceva i libri come suoi. “Quanto alla seconda”, disse, “visto che è una questione che riguarda la fede e la salvezza delle anime e in cui è coinvolta la Parola di Dio, il tesoro più grande e prezioso in cielo o in terra, io agirei imprudentemente se dovessi rispondere senza riflettere. Potrei affermare meno di quello che le circostanze richiedono, o più di quello che la verità richiede, e così peccare contro ciò che ha detto Cristo: “Chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli” {Matteo 10: 33}. Per questo motivo supplico sua maestà imperiale, con tutta umiltà, di concedermi tempo, affinché risponda senza offendere la Parola di Dio” (D’Aubigne, b. 7, cap. 8). Nel fare questa richiesta, Lutero si muoveva con saggezza. Il suo comportamento convinse l’assemblea che non agiva secondo passioni o impulsi. Una tale calma e autocontrollo, inaspettati in uno che si era mostrato audace e intransigente, aumentò il suo potere e gli permise di rispondere con prudenza, decisione, saggezza e dignità che sorprese e deluse i suoi avversari, i quali si sentivano rimproverati per la loro insolenza e il loro orgoglio. Il giorno successivo sarebbe apparso per dare la sua risposta finale. Per un po’ il suo cuore si scoraggiò mentre contemplava le forze che si erano unite contro la verità. La sua fede vacillò; la paura e il tremito si abbatterono su di lui e l’orrore lo sopraffece. I pericoli si moltiplicavano davanti a lui; i suoi nemici sembravano sul punto di trionfare e i poteri delle tenebre prevalere. Nuvole si radunarono attorno a lui e sembravano separarlo da Dio. Desiderava ardentemente ottenere la certezza che il Signore degli eserciti sarebbe stato con lui. Nell’angoscia dello spirito si gettò con la faccia a terra e innalzò grida spezzate che straziavano il suo cuore, che nessuno tranne Dio poteva comprendere appieno. “O Dio onnipotente ed eterno”, supplicò, “quanto è terribile questo mondo! Ecco, esso apre la sua bocca per inghiottirmi e ho così poca fiducia in Te… [156]
Se dovessi riporre la mia fiducia nella forza di questo mondo, sarebbe finita per me… La mia ultima ora è giunta, la mia condanna è stata pronunciata… O Dio, aiutami contro tutta la saggezza di questo mondo. Soltanto Tu puoi farlo… perché questa non è opera mia, ma Tua. Io non posso fare niente qui, non posso contendere con i grandi del mondo… Ma questa è la Tua causa… ed è una causa giusta ed eterna. O Signore, aiutami! Dio fedele e immutabile, in nessun uomo ripongo la mia fiducia… Tutto ciò che è umano è incerto; tutto ciò che viene dall’uomo fallisce… Tu mi hai scelto per quest’opera… Sii al mio fianco, per misericordia del tuo beneamato Gesù Cristo, che è la mia difesa, il mio scudo e il mio rifugio” (Ibid., b. 7, cap. 8). Nella Sua provvidenza sapiente, Dio aveva permesso a Lutero di rendersi conto del pericolo che stava correndo, di non fidarsi delle proprie forze e precipitarsi con presunzione. Eppure non era la paura della sofferenza fisica, il terrore della tortura o della morte che sembrava ormai imminente, che lo riempiva di terrore. Era giunto nell’ora della crisi e sentiva la sua insufficienza nell’affrontarla. Attraverso la sua debolezza la causa della verità avrebbe potuto subire una perdita. Egli lottò con Dio non per la propria salvezza, ma per il trionfo del Vangelo. La sua angoscia e il suo tormento erano paragonabili a quelli provati da Giacobbe in quella lotta notturna sulle rive di un ruscello. Come Giacobbe, anche Lutero vinse. Nella sua totale impotenza, la sua fede si fissò su Cristo, il potente Liberatore. Fu rafforzato dalla certezza che non sarebbe apparso da solo davanti al consiglio. La pace tornò nella sua anima e si rallegrò del fatto che gli fu permesso di elevare la Parola di Dio davanti ai governanti delle nazioni. Con la mente che rimaneva fissa su Dio, Lutero si preparò per la lotta che gli stava davanti. Preparò una risposta, esaminò i passaggi nei suoi scritti e trasse dalle Sacre Scritture prove adeguate per sostenere le sue posizioni. Quindi, posando la mano sinistra sul Libro Sacro, che era aperto davanti a lui, alzò la sua mano destra al cielo e giurò “di rimanere fedele al Vangelo, e liberamente di confessare la sua fede, anche se avesse dovuto sigillare la sua testimonianza con il proprio sangue” (Ibid., b. 7, cap. 8). [157]
Quando fu di nuovo introdotto alla presenza della Dieta, il suo viso non mostrò alcuna traccia di paura o imbarazzo. Calmo e pacifico, ma grandiosamente coraggioso e nobile, si ergeva come testimone di Dio tra i grandi della terra. L’ufficiale imperiale gli chiese quale fosse la sua decisione e se desiderava ritrattare le sue dottrine. Lutero pronunciò la sua risposta in tono sommesso e umile, senza violenza o passione. Il suo comportamento era riverente e rispettoso; tuttavia manifestò una sicurezza e una gioia che sorpresero l’assemblea. “Serenissimo Imperatore, principi illustri, gentili signori”, disse Lutero, “oggi mi presento davanti a voi, in conformità all’ordine datomi ieri, e per la misericordia di Dio invoco vostra maestà e le vostre auguste altezze ad ascoltare cortesemente la difesa di una causa che sono sicuro sia giusta e vera. Se, per ignoranza, dovessi venire meno agli usi e alle regole dei tribunali, vi supplico di perdonarmi; poiché io non sono stato allevato nei palazzi dei re, ma nella clausura di un convento” (Ibid., b. 7, cap. 8). Quindi, procedendo alla domanda, dichiarò che i suoi scritti pubblicati non erano tutti quanti dello stesso carattere. In alcuni aveva trattato di fede e buone opere, e persino i suoi nemici non le ritenevano offensive ma bensì redditizie. Ritrattarle avrebbe significato condannare la verità che tutti confessavano. Il secondo gruppo consisteva in scritti che esponevano le corruzioni e gli abusi del papato. Revocare queste opere avrebbe rafforzato la tirannia di Roma e avrebbe aperto una porta più ampia a molte e terribili ingiustizie. Nel terzo gruppo dei suoi libri aveva attaccato individui che avevano nascosto e difeso abusi esistenti. Per quanto riguarda questi ultimi, confessò pubblicamente di essere stato più violento del dovuto. Non pretese di essere senza colpa; ma anche questi libri non potevano essere ritrattati, perché un simile comportamento avrebbe incoraggiato i nemici della verità a cogliere l’occasione per schiacciare il popolo di Dio con ancora maggiore crudeltà. [158]
“Eppure io sono solo un semplice uomo, e non Dio”, continuò, “perciò mi difenderò come ha fatto anche Cristo: “Se ho parlato male, dimostrate il male”… Per la misericordia di Dio, vi scongiuro, serenissimo imperatore, voi principi illustri e voi tutti uomini di ogni grado, provate attraverso gli scritti dei profeti e degli apostoli che ho sbagliato. Non appena ne sarò convinto, ritratterò ogni errore e sarò il primo ad afferrare i miei libri e a gettarli nel fuoco. Ciò che ho appena detto mostra chiaramente, spero, che ho valutato attentamente e che ho considerato tutti i pericoli a cui mi espongo; ma lontano dall’essere allarmato, mi rallegro nel vedere che il Vangelo è ora, come nei tempi passati, causa di problemi e dissensi. Questo è il carattere e il destino della Parola di Dio. “Sono venuto non per mettere pace sulla terra, ma la spada” {Matteo 10: 34}, ha detto Gesù Cristo. Dio è meraviglioso e tremendo nei Suoi consigli; fate attenzione, pensando di eliminare le discussioni, a non distorcere la Santa Parola di Dio e di attirare su di voi una terribile quantità di pericoli insormontabili, di disgrazie presenti e di desolazioni eterne… Potrei citare molti esempi dagli oracoli di Dio. Potrei parlare dei faraoni, dei re di Babilonia e di quelli di Israele, le cui opere non hanno mai contribuito in modo più efficace alla loro distruzione, quanto al momento nel quale si misero a cercare l’apparente consiglio dei saggi per rafforzare il loro dominio. “Dio rimuove le montagne, senza che esse se ne accorgano” {Giobbe 9: 5}” (Ibid., b. 7, cap. 8).
Lutero parlò in tedesco; ma ora gli venne chiesto di ripetere le stesse parole in latino. Sebbene esausto per lo sforzo precedente, rispettò l’ordine, e pronunciò di nuovo il suo discorso, con la stessa chiarezza ed energia del primo. La provvidenza di Dio diresse le circostanze. Le menti di molti principi che erano così accecate dall’errore e dalla superstizione, tanto che nel primo discorso non videro la forza del ragionamento di Lutero; ma la ripetizione del discorso in latino permise loro di percepire chiaramente i punti presentati. [159]
Quelli che ostinatamente chiudevano gli occhi alla luce e che con determinazione non volevano essere convinti della verità, si infuriarono a causa del potere delle parole di Lutero. Quando smise di parlare, il portavoce della Dieta disse con rabbia: “Non hai risposto alla domanda che ti è stata rivolta… Devi rispondere in modo chiaro e preciso… Vuoi, o non vuoi, ritrattare?”. Il Riformatore rispose: “Poiché vostra maestà serenissima e le illustri autorità richiedono da me una risposta chiara, semplice e precisa, ve ne darò una che è questa: io non posso sottomettere la mia fede né al papa né ai consigli perché è chiaro come la luce del giorno che essi si sono spesso sbagliati e si sono contraddetti l’un l’altro. Perciò, a meno che io non sia convinto dalla testimonianza della Scrittura o dal ragionamento più chiaro, a meno che io non sia persuaso per mezzo dei passi che ho citato e a meno che la mia coscienza venga vincolata dalla Parola di Dio, io non posso e non voglio ritrattare perché non è bene che un cristiano parli contro la sua coscienza. Questa è la mia posizione. Non posso fare nient’altro; che Dio mi aiuti, Amen” (Ibid., b. 7, cap. 8). In questo modo quest’uomo giusto rimase sul sicuro fondamento della Parola di Dio. La luce del cielo illuminava il suo volto. La sua grandezza e purezza di carattere, la sua pace e la gioia del suo cuore erano evidenti a tutti mentre testimoniava contro il potere dell’errore e attestava la superiorità di quella fede che vince il mondo. L’intera assemblea rimase per un momento senza parole per lo stupore. Rispondendo la prima volta alla domanda, Lutero aveva parlato a voce bassa, con un atteggiamento rispettoso, quasi sottomesso e i Cattolici interpretarono questa risposta come la prova che il suo coraggio stesse diminuendo. Essi consideravano la richiesta di un rinvio come il semplice preludio alla sua ritrattazione. Lo stesso Carlo V, guardando quasi con disprezzo l’aspetto straziante del frate, la semplicità del suo abbigliamento e del suo linguaggio, dichiarò: “Questo monaco non farà mai di me un eretico”. Ma il coraggio e la fermezza che dimostrò, così come il potere e la chiarezza del suo ragionamento, sorprese tutti quanti. [160]
L’imperatore, mosso dall’ammirazione, esclamò: “Questo monaco parla con un cuore intrepido e un coraggio incrollabile”. Molti dei principi tedeschi guardavano con orgoglio e gioia questo rappresentante della loro nazione. I seguaci di Roma erano stati vinti; infatti la loro causa apparve in una luce molto sfavorevole. Cercarono di mantenere il loro potere, non facendo appello alle Scritture, ma ricorrendo alle minacce e all’infallibilità di Roma. Il portavoce della Dieta disse: “Se non ritratti, l’imperatore e gli stati dell’impero si consulteranno sul comportamento da adottare contro un eretico incorreggibile”.
Gli amici di Lutero, che con grande gioia avevano ascoltato la sua nobile difesa, ora tremavano davanti a queste parole; ma Lutero, rimanendo calmo, rispose: “Possa Dio essere il mio aiuto, poiché non posso ritrattare nulla” (Ibid., b. 7, cap. 8). Gli fu ordinato di ritirarsi dalla Dieta, affinché i principi si consultassero assieme. L’arrivo di questa crisi si sentì molto. Il persistente rifiuto di Lutero di ritrattare avrebbe potuto influenzare la storia della chiesa per secoli. Fu quindi deciso di dargli un’altra possibilità di ritrattare. Per l’ultima volta venne convocato all’assemblea. Di nuovo fu posta la stessa domanda, riguardante la ritrattazione delle sue dottrine. “Non ho altra risposta da dare”, disse, “se non quella che ho già dato”. Era evidente che non poteva essere indotto, né con promesse né con minacce, a cedere davanti alle richieste di Roma. I capi papali erano infastiditi dal fatto che il loro potere, che aveva fatto tremare re e nobili, fosse così disprezzato da un umile monaco; desideravano fargli sentire tutto il peso della loro ira torturando la sua vita. Ma Lutero, comprendendo il pericolo nel quale si trovava, aveva parlato a tutti con dignità cristiana e calma. Le sue parole non espressero né orgoglio, né passioni, né false rappresentazioni. Aveva perso di vista sé stesso e gli uomini grandi che lo circondavano, sentiva solo di essere alla presenza di Uno infinitamente superiore a papi, prelati, re e imperatori. Cristo aveva parlato attraverso la testimonianza di Lutero con un potere e una grandezza che per il momento ispirarono sia gli amici che i nemici con stupore e meraviglia. [161]
Lo Spirito di Dio era stato presente in quel consiglio, impressionando i cuori dei capi dell’impero. Molti dei principi hanno audacemente riconosciuto la giustizia della causa di Lutero. Molti erano convinti della verità; ma come di solito succede, le convinzioni non durano molto. Vi fu anche un altro gruppo che in quel momento non espresse le proprie impressioni, ma che, dopo aver investigato le Scritture per sé stessi, in un momento futuro divennero intrepidi sostenitori della Riforma. L’elettore Federico aveva aspettato con ansia l’arrivo di Lutero davanti alla Dieta e con profonda emozione ascoltò il suo discorso. Con gioia e orgoglio assistette al coraggio, alla fermezza e all’auto-controllo di Lutero, decidendo così di difenderlo con fermezza. Contrapponeva le parti in conflitto e vedeva che la saggezza di papi, re e prelati divenne nulla a causa del potere della verità. Il papato aveva subito una sconfitta che si sarebbe risentita in tutte le nazioni e in tutte le epoche. Mentre il legato percepiva l’effetto prodotto dal discorso di Lutero, temeva, come mai prima d’ora, per la sicurezza del potere Cattolico e decise di impiegare tutti i mezzi a sua disposizione per effettuare il rovesciamento del Riformatore. Con tutta l’eloquenza e l’abilità diplomatica che lo distinguevano in modo eminente, rappresentò al giovane imperatore la follia e il pericolo di sacrificare, per la causa di un monaco insignificante, l’amicizia e il sostegno della potente sede di Roma. Le sue parole non rimasero senza effetto. Il giorno successivo alla risposta di Lutero, Carlo mandò un messaggio alla Dieta, annunciando la sua determinazione a portare avanti la politica dei suoi predecessori per mantenere e proteggere la religione cattolica. Poiché Lutero si era rifiutato di rinunciare ai suoi errori, le misure più vigorose sarebbero state impiegate contro di lui e contro le eresie da lui insegnate. “Un singolo monaco, ingannato dalla propria follia, si è alzato contro la fede della cristianità. Per estirpare questa eresia sacrificherò i miei regni, i miei tesori, i miei amici, il mio corpo, il mio sangue, la mia anima e la mia vita. [162]
Sto per bandire l’agostiniano Lutero, vietandogli di causare il minimo disordine tra la gente. Procederò contro di lui e contro i suoi seguaci considerandoli eretici; mi servirò della scomunica, dell’interdetto e di ogni mezzo utile a distruggerli. Invito i membri degli stati a comportarsi da fedeli cristiani” (Ibid., b. 7, cap. 9). Tuttavia l’imperatore dichiarò che il salvacondotto di Lutero sarebbe stato rispettato e che prima di avviare un procedimento contro di lui, gli si sarebbe dovuto permettere di raggiungere la sua dimora in sicurezza. Due opinioni contrastanti erano sorte tra i membri della Dieta. Gli emissari e i rappresentanti del papa richiesero ancora una volta che il salvacondotto del Riformatore venisse ignorato. “Il Reno”, dissero, “deve ricevere le sue ceneri, come ha ricevuto quelle di John Huss un secolo fa” (Ibid., b. 7, cap. 9). Ma i prìncipi della Germania, benché fossero sostenitori del papa e nemici dichiarati di Lutero, protestarono contro tale violazione, ritenendola una macchia sull’onore della nazione. Mostrarono le calamità che avevano seguito la morte di Huss e dichiararono che non osavano richiamare sulla Germania e sul capo del loro giovane imperatore una ripetizione di quei terribili mali. Lo stesso Carlo, in risposta alla proposta, disse: “Anche se l’onore e la fede fossero banditi da tutto il mondo, dovrebbero trovare sempre un rifugio nei cuori dei prìncipi” (Ibid., b. 7, cap. 9). Egli però venne spinto insistentemente dai più aspri nemici pontefici di Lutero a trattare il riformatore, così come anche Sigismondo aveva trattato Huss, abbandonandolo all’ira della chiesa; ma ricordando la scena in cui Huss nell’assemblea pubblica aveva indicato le sue catene e ricordato al monarca della sua promessa, Carlo V dichiarò: “Non voglio arrossire come Sigismondo!” (Lenfant, vol. 1, p. 422). Eppure Carlo aveva deliberatamente rifiutato le verità presentata da Lutero dicendo: “Sono fermamente deciso a imitare l’esempio dei miei antenati” (D’Aubigne, b. 7, cap. 9). Aveva deciso che non sarebbe uscito dal sentiero della consuetudine e che non avrebbe camminato nelle vie della verità e della giustizia. [163]
Come fecero i suoi padri, anch’egli avrebbe sostenuto il papato con tutta la sua crudeltà e corruzione. Assunta questa posizione, rifiutò di accettare qualsiasi luce ulteriore rispetto a quella che i suoi padri ricevettero e di adempiere qualsiasi altro compito che essi non avevano messo in pratica. Oggi ci sono molti che si aggrappano alle usanze e alle tradizioni dei loro padri. Quando il Signore invia loro una luce ulteriore, rifiutano di accettarla, perché, non essendo stata concessa ai loro padri, non deve essere accettata neanche da loro. Noi non viviamo più i tempi dei nostri padri; di conseguenza i nostri doveri e le nostre responsabilità non sono uguali alle loro. Non saremo approvati da Dio nel guardare all’esempio dei nostri padri per determinare il nostro dovere invece di ricercarlo personalmente nella Parola di Verità. La nostra responsabilità è maggiore di quella dei nostri antenati. Siamo responsabili della luce che hanno ricevuto e che è stata tramandata come un’eredità per noi e siamo responsabili anche della luce supplementare che ora risplende su di noi dalla Parola di Dio. Il Cristo disse degli ebrei non credenti: “Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato, ma ora non hanno scusa per il loro peccato” {Giovanni 15: 22}. Lo stesso potere divino parlò, mediante Lutero, all’imperatore e ai principi della Germania. Mentre la luce risplendeva dalla Parola di Dio, lo Spirito Santo rivolgeva, forse per l’ultima volta, un appello a molti membri di quell’assemblea. Come Pilato che, secoli prima, consentì all’orgoglio e alla popolarità di chiudere il suo cuore al Redentore del mondo; come il tremante Felix ordinò al messaggero della verità: “Per il momento va quando avrò l’opportunità, ti manderò a chiamare” {Atti 24: 25}; come l’orgoglioso Agrippa che confessò: “Ancora un po’ e mi persuadi a diventare cristiano” {Atti 26: 28}, eppure trascurò il messaggio inviato dal cielo; allo stesso modo Carlo V, cedendo ai dettami dell’orgoglio e della politica mondana, decise di respingere la luce della verità. Le voci sulle drastiche misure che sarebbero state adottate contro Lutero furono ampiamente diffuse, causando così grande eccitazione in tutta la città. [164]
Il riformatore aveva molti amici, i quali, conoscendo la tremenda crudeltà di Roma verso tutti quelli che osavano denunciare le sue corruzioni, decisero di fare tutto il possibile per salvarlo. Centinaia di nobili si impegnarono nel proteggerlo e non pochi fra di loro denunciarono apertamente il comportamento regale che dimostrava una chiara sottomissione al potere dominante di Roma. Sulle porte delle case e nei luoghi pubblici venivano apposti cartelli, alcuni che condannavano Lutero e altri che lo sostenevano. Su uno di questi furono riportate le parole significative del saggio Salomone: “Guai a te, o terra, quando il tuo re è un bambino” {Ecclesiaste 10: 16}. L’entusiasmo popolare a favore di Lutero in tutta la Germania convinse sia l’imperatore che l’intera Dieta che ogni manifestazione d’ingiustizia avrebbe messo in pericolo la pace dell’impero e persino la stabilità del trono. Federico di Sassonia mantenne una saggia riservatezza, celò accuratamente i suoi veri sentimenti verso il Riformatore, mentre allo stesso tempo lo sorvegliava con instancabile vigilanza, osservando tutti i suoi movimenti e tutti quelli dei suoi nemici. Ci furono però molti che non fecero alcun tentativo di nascondere la loro simpatia per Lutero. Fu visitato da principi, conti, baroni ed altre personalità di rilievo, sia laiche che ecclesiastiche. “La stanzetta del dottore”, scrisse Spalatino, “non poteva contenere tutti i visitatori che si presentavano” {Martyn, vol. 1, p. 404}. La gente lo considerava come se fosse un essere sovrumano. Perfino quelli che non credevano nelle sue dottrine non potevano non ammirare quell’elevata integrità che lo stava portando verso una coraggiosa morte piuttosto che a violare la sua coscienza. Furono compiuti seri sforzi per indurre Lutero a un compromesso con Roma. Nobili e principi gli spiegarono che se avesse insistito nel ritenere superiore le sue opinioni rispetto a quelle della chiesa e dei consigli, sarebbe stato presto bandito dall’impero e non avrebbe potuto avere alcuna difesa. A questo appello Lutero rispose: “Il vangelo di Cristo non può essere predicato senza offesa… Perché allora la paura o l’apprensione del pericolo dovrebbero separarmi dal Signore e da quella Sua Parola divina che è l’unica verità? No! Preferirei di gran lunga separarmi dal mio corpo, dal mio sangue e dalla mia vita” (D’Aubigne, b. 7, cap. 10). [165]
Ancora una volta fu sollecitato a sottomettersi al giudizio dell’imperatore, perché così non avrebbe avuto nulla da temere, egli rispose dicendo: “Io acconsento con tutto il cuore che l’imperatore, i principi e anche il più umile cristiano esaminino e giudichino le mie opere; ma a una condizione, che prendano la Parola di Dio come metro di giudizio. Gli uomini non hanno nulla da fare se non obbedire ad essa. Non cercate di forzare la mia coscienza, essa è legata ed incatenata alle Sacre Scritture” (Ibid., b. 7, cap. 10). Ad un altro appello, rispose: “Acconsento a rinunciare al mio salvacondotto. Metto la mia persona e la mia vita nelle mani dell’imperatore, ma non rinuncerò alla Parola di Dio, mai!” (Ibid., b. 7, cap. 10). Decise di sottomettere la propria volontà al Consiglio Generale, a patto che il Consiglio prendesse una decisione in base alle Scritture. “Per quanto riguarda la Parola di Dio e la fede”, aggiunse, “ogni cristiano è un buon giudice quanto il papa, anche se egli è sostenuto da un milione di Consigli” (Martyn, vol. 1, p. 410). Sia gli amici che i nemici erano finalmente convinti che ogni ulteriore sforzo per ottenere una riconciliazione sarebbe stato inutile. Se il Riformatore avesse ceduto in un sol punto, Satana e i suoi collaboratori avrebbero ottenuto la vittoria. Ma la sua incrollabile fermezza era il mezzo che avrebbe liberato la chiesa e iniziato un’era nuova e migliore. L’influenza di quest’uomo, che osò pensare e agire individualmente in campo religioso, fu quella di influenzare la chiesa e il mondo, non solo nel suo tempo, ma in tutte le generazioni future. La sua fermezza e fedeltà avrebbero rafforzato tutti coloro che, fino alla fine dei tempi, avrebbero dovuto affrontare un’esperienza simile. Il potere e la maestà di Dio si erigevano al di sopra del consiglio degli uomini e al di sopra del potere di Satana. A Lutero fu presto comandato dalle autorità imperiali di ritornare a casa, sapendo che questo avviso sarebbe stato rapidamente seguito da quello della sua condanna. [166]
Nuvole minacciose si addensavano sul suo cammino; ma, mentre si allontanava da Worms, il suo cuore si riempì di gioia e di lode. Poi disse: “Il diavolo in persona sorveglia la cittadella del papa; ma Cristo ha fatto una breccia così grande in essa che Satana è costretto a confessare che il Signore è più potente di lui” (D’Aubigne, b. 7, cap. 11).
Dopo la sua partenza, preoccupato che la sua fermezza fosse scambiata per ribellione, Lutero scrisse all’imperatore. “Dio, Colui che investiga i cuori, è mio testimone”, disse, “che io sono sinceramente pronto ad obbedire a sua Maestà, nella gloria e nel disonore, nella vita e nella morte, senza alcuna eccezione se non quella rappresentata dalla Parola di Dio, grazie alla quale l’uomo ha la vita. In tutte le vicende di questa vita terrena, la mia fedeltà sarà incrollabile, perché in questo caso il successo o l’insuccesso non ha conseguenze per la salvezza. Ma quando si tratta di interessi eterni, Dio non vuole che l’uomo si sottometta all’uomo. Poiché tale sottomissione in questioni spirituali è una vera e propria adorazione, e questa dovrebbe essere resa unicamente al Creatore” (Ibid., b. 7, cap. 11). Durante il viaggio di ritorno da Worms, l’accoglienza di Lutero fu ancora più lusinghiera di quando passò per la prima volta. Alcuni principi ecclesiastici accolsero il monaco scomunicato e i governanti civili onorarono l’uomo che l’imperatore aveva denunciato. Fu invitato a predicare e, nonostante il divieto imperiale, salì di nuovo sul pulpito. “Non mi sono mai impegnato a incatenare la Parola di Dio”, disse, “né lo farò mai” (Martyn, vol. 1, p. 420). Non passò molto tempo da quando aveva lasciato Worms che i sostenitori del papa prevalsero sull’imperatore per emettere un editto contro di lui. In questo decreto Lutero fu denunciato come “Satana in persona sotto le spoglie di un uomo, vestito con un abito da monaco” (D’Aubigne, b. 7, cap. 11). Venne ordinato che, non appena il suo salvacondotto fosse scaduto, si sarebbero presi provvedimenti per fermare la sua opera. A tutte le persone era vietato ospitarlo, dargli da mangiare o da bere, rivolgergli la parola o un atto, in pubblico o in privato, aiutarlo o favorirlo. Doveva essere preso ovunque si trovasse e consegnato alle autorità. Anche i suoi adepti dovevano essere imprigionati e le loro proprietà confiscate. I suoi scritti sarebbero stati distrutti e, infine, tutti coloro che avrebbero osato agire in contrasto con questo decreto sarebbero stati sottoposti alla stessa condanna. [167]
L’elettore di Sassonia e i principi, amici di Lutero, avevano lasciato Worms subito dopo la sua partenza e così il decreto dell’imperatore venne approvato della Dieta. Ora i Cattolici esultavano e pensavano che il destino della Riforma sarebbe stato deciso una volta per tutte, ma Dio aveva fornito una via di fuga per il Suo servo in questo momento di pericolo. Un occhio vigile aveva seguito i movimenti di Lutero e un cuore sincero e nobile aveva deciso di venire in suo soccorso. Era chiaro che Roma si sarebbe accontentata solamente della sua morte; e l’unico modo per preservare Lutero dalle fauci del leone era quello di nasconderlo. Dio diede saggezza a Federico di Sassonia affinché ideasse un piano per proteggere il Riformatore. Mediante la collaborazione di veri alleati il piano dell’elettore si realizzò e Lutero venne effettivamente nascosto sia agli amici che ai nemici. Durante il suo viaggio di ritorno verso casa venne catturato, separato dai suoi accompagnatori e trasportato velocemente attraverso la foresta fino al castello di Wartburg, una fortezza di montagna isolata. Sia il suo sequestro che il suo nascondiglio furono così avvolti nel mistero che perfino lo stesso Federico per molto tempo non seppe dove fosse stato condotto. Tale ignoranza non era casuale; poiché l’elettore non sapendo il luogo in cui Lutero si trovava, non poteva rivelare nulla. Si convinse che il Riformatore fosse al sicuro e con questa consapevolezza fu contento. Passarono la primavera, l’estate e l’autunno, e arrivò l’inverno, e Lutero rimase ancora nascosto. Aleandro e i suoi partigiani esultavano perché sembrava che la luce del Vangelo stesse per spegnersi. Ma al contrario, il Riformatore stava alimentando la sua lampada attingendo dal magazzino della verità; in modo tale che la sua luce risplendesse di una luce sempre maggiore. Nell’amichevole fortezza di Wartburg, Lutero, per un periodo, gioì di essere lontano dal tumulto e dalla confusione della battaglia. Ma non riuscì a trovare soddisfazione in quella tranquillità riposante. Abituato a una vita di attività e a severi conflitti, non riusciva a rimanere inattivo. In quei giorni solitari apparve davanti a lui la condizione della chiesa così com’era e gridò disperato: “Ahimè! Non vi è nessuno in questi ultimi giorni della Sua ira, che si eriga come un muro davanti al Signore e salvi Israele!” (Ibid., b. 9, cap. 2). [168]
I suoi pensieri iniziarono a concentrarsi su di sé e iniziò a temere di essere accusato di codardia nel ritirarsi dal conflitto. Cominciò quindi a rimproverarsi per la sua indolenza e auto-indulgenza. Eppure, allo stesso tempo, fece ogni giorno molto più di quello che avrebbe potuto fare qualsiasi altro uomo. La sua penna non smise mai di scrivere. Mentre i suoi nemici si lusingavano di averlo messo a tacere, rimasero stupiti e confusi nel vedere la prova tangibile del fatto che era ancora attivo. Una serie di volantini, scritti dalla sua penna, circolavano in tutta la Germania. Eseguì persino un’opera molto importante per i suoi connazionali traducendo il Nuovo Testamento in lingua tedesca. Dalla sua rocciosa Patmos, continuò per quasi un anno intero a proclamare il Vangelo e a rimproverare i peccati e gli errori del suo tempo. Non fu solo per preservare Lutero dall’ira dei suoi nemici e nemmeno per offrirgli un periodo di tranquillità per l’elaborazione di queste importanti opere, che Dio aveva ritirato il Suo servitore dal palcoscenico della vita pubblica, ma per ottenere risultati ben più preziosi di questi. Nella solitudine e nell’oscurità del suo ritiro in montagna, a Lutero furono impediti il consenso e le lodi umane. Fu così salvato dall’orgoglio e dalla sicurezza di sé che sono così spesso causati dal successo. Mediante la sofferenza e l’umiliazione fu di nuovo pronto a camminare con sicurezza sulle vertiginose cime su cui venne così improvvisamente innalzato. Mentre gli uomini si rallegrano della libertà che la verità portava loro, furono inclini ad esaltare coloro che Dio impiegò per spezzare le catene dell’errore e della superstizione. Satana cercò quindi di deviare i pensieri e gli affetti degli uomini da Dio e di fissarli su agenti umani; li spinse ad onorare il semplice strumento umano e ad ignorare la Mano divina che dirigeva tutti gli eventi della provvidenza. Troppo spesso, i leader religiosi, che sono così lodati e riveriti, perdono di vista la loro dipendenza da Dio e sono portati a fidarsi di loro stessi. [169]
Di conseguenza essi cercano di controllare le menti e le coscienze delle persone, che sono disposte a guardare a loro come una guida invece di indirizzare i loro sguardi verso la Parola di Dio. L’opera della Riforma viene spesso ritardata proprio a causa di questo spirito manifestato da parte dei suoi sostenitori. Dio, però, protesse la causa della Riforma da un pericolo simile, perché desiderava che quell’opera ricevesse la Sua impronta e non quella di un uomo. Quando gli occhi degli uomini si rivolsero verso Lutero come un esponente della verità, egli venne fatto sparire affinché gli occhi di tutti si rivolgessero verso Colui che è l’Autore eterno della verità. [170]
Nella scelta degli strumenti umani per effettuare la riforma della chiesa, si nota lo stesso piano divino che provvide a crearla. Il Maestro celeste non si servì dei grandi uomini della terra, dei nobili e dei ricchi che erano abituati a ricevere lode e omaggio da parte del popolo. Erano così orgogliosi e sicuri di sé nella loro arrogante superiorità che non potevano essere impiegati né per simpatizzare con i loro simili né per diventare collaboratori dell’umile Uomo di Nazareth. Ai semplici e incolti pescatori della Galilea venne indirizzata la seguente chiamata: “Seguitemi e vi farò pescatori di uomini” {Matteo 4: 19}. Questi discepoli erano umili e disposti a lasciarsi istruire. Essi non erano stati così tanto influenzati dal falso insegnamento del loro tempo, perciò Cristo riuscì a formarli più facilmente per il Suo servizio. La medesima situazione si verificò ai tempi della Grande Riforma. I riformatori principali erano uomini che vivevano una vita umile priva di orgoglio, bigottismo e clericalismo. È il piano di Dio quello di impiegare strumenti umili per ottenere grandi risultati. Allora la gloria non sarà data agli uomini, ma a Colui che “opera in voi il volere e l’operare, per la sua benevolenza” {Filippesi 2: 13}. Poche settimane dopo la nascita di Lutero, in una capanna di minatori in Sassonia, Huldreich Zwingli nacque in una casa di pastori tra le Alpi. [171]
L’ambiente in cui Zwingli trascorse l’infanzia e ricevette la sua prima educazione contribuì non poco a prepararlo per la sua futura missione. Cresciuto in mezzo a scene naturali straordinarie, bellissime e sublimi, la sua mente fu presto impressionata dal senso della grandezza, del potere e della maestosità di Dio. La storia delle coraggiose gesta compiute sulle montagne native accese di entusiasmo le sue aspirazioni giovanili. Dalle labbra della sua pia nonna imparò alcuni preziosi episodi biblici che ella attinse dalle leggende e dalle tradizioni della chiesa. Con curioso interesse ascoltò le grandi imprese dei patriarchi, dei profeti e dei pastori che vegliavano sulle loro greggi fra le colline della Palestina, quando gli angeli apparvero e annunciarono loro la nascita del Bambino di Betlemme, dell’Uomo del Calvario. Come il padre di Lutero, anche il padre di Zwingli desiderava una buona educazione per suo figlio; perciò il ragazzo fu presto allontanato dalla sua valle natia. La sua mente si sviluppò rapidamente e divenne presto un problema trovare insegnanti competenti ad istruirlo. All’età di tredici anni andò a Berna, che allora era la scuola più illustre della Svizzera. Qui, tuttavia, c’era un pericolo che minacciava di rovinare le aspettative riposte in lui. I frati facevano di tutto per attirarlo in uno dei loro monasteri. I monaci domenicani e francescani erano in competizione per ottenere il favore popolare. Si sforzavano perciò di assicurarselo grazie agli appariscenti ornamenti delle loro chiese, alla pompa dei loro cerimoniali, alle attrazioni di famose reliquie e di immagini miracolose. I domenicani di Berna capirono che se fossero riusciti ad avere la collaborazione di questo talentuoso giovane erudito, avrebbero ottenuto sia guadagno sia onore. La sua giovinezza, la sua naturale abilità di oratore e scrittore, e il suo genio per la musica e la poesia sarebbero stati molto più efficaci dello sfarzo e della pompa nell’attirare le persone verso i loro servizi e aumentare le entrate del loro ordine. Con l’inganno e l’adulazione si sforzarono di indurre Zwingli ad entrare nel loro convento. Lutero, quando era ancora uno studente a scuola, fu rinchiuso in una cella del convento e ciò non gli avrebbe permesso di compiere la sua missione nel mondo se la provvidenza di Dio non l’avesse liberato. [172]
Zwingli non corse lo stesso pericolo. Provvidenzialmente suo padre ricevette informazioni riguardanti i piani dei frati. Non aveva intenzione di permettere a suo figlio di seguire la vita oziosa e senza valore dei monaci. Si rendeva conto che era in gioco il suo avvenire, così gli ordinò di tornare a casa immediatamente. L’ordine fu rispettato; ma il giovane non poteva adattarsi a rimanere nella sua valle natia, perciò dopo un certo periodo riprese i suoi studi, partendo per Basilea. Fu qui che Zwingli sentì per la prima volta il messaggio del Vangelo della grazia gratuita di Dio. Wittembach, un insegnante di lingue antiche, mentre studiava il greco e l’ebraico, fu condotto alle Sacre Scritture; grazie a lui i raggi di luce divina furono riversati nelle menti degli studenti sotto la sua istruzione. Dichiarò che esisteva una verità più antica e di valore infinitamente più grande delle teorie insegnate dagli studiosi e dai filosofi. Questa antica verità era che la morte di Cristo è l’unico riscatto del peccatore. Per Zwingli queste parole furono come il primo raggio di luce che precede l’alba. Ben presto Zwingli venne invitato a lasciare Basilea per iniziare quella che sarebbe stata la sua futura opera. Il suo primo campo di lavoro fu in una parrocchia alpina, non lontano dalla sua valle natia. Dopo aver ricevuto l’ordinazione sacerdotale, “si dedicò con tutta la sua anima alla ricerca della verità divina; poiché era ben consapevole”, dice un collega riformatore, “di quanto deve sapere chi ha l’incarico di guidare il gregge di Cristo” (Wylie, b. 8, cap. 5). Più studiava le Scritture, più appariva chiaro il contrasto tra le verità in esse contenute e le eresie di Roma. Egli accettava la Bibbia come Parola di Dio, come unica e infallibile regola di vita, e si rendeva conto che essa è l’interprete di sé stessa. Non osava tentare di spiegare la Scrittura per sostenere una teoria o una dottrina frutto di preconcetti, e stimava fosse suo dovere accettare l’insegnamento diretto e logico di esse. Cercò di avvalersi di ogni aiuto possibile per ottenere una piena e corretta comprensione del suo significato, invocò quindi l’aiuto dello Spirito Santo che, dichiarava, gli avrebbe rivelato tutto ciò che stava cercando di comprendere con sincerità e preghiera. [173]
“Le Scritture”, disse Zwingli, “vengono da Dio, non dall’uomo. Quel Dio che ti illumina, ti darà la consapevolezza che quelle parole vengono da Lui. La parola di Dio… non può fallire; essa risplende, insegna, spiega sé stessa, illumina l’anima con tutta la salvezza della grazia, la conforta in Dio e la umilia in modo tale da poter abbracciare Dio”. Zwingli stesso aveva dimostrato la veridicità di queste parole. Più tardi, parlando della sua esperienza in questo periodo, scrisse: “Quando… cominciai a dedicarmi interamente alle Sacre Scritture, la filosofia e la teologia (scolastica) continuavano a suggerirmi continue liti e contrasti. Alla fine arrivai a questa conclusione: “Tu devi lasciare tutto ciò che è bugia e comprendere il significato dei messaggi di Dio mediante la Sua pura e semplice Parola”. Poi iniziai a chiedere a Dio la Sua luce e le Scritture cominciarono ad essere molto più facili per me” (Ibid., b. 8, cap. 6). La dottrina predicata da Zwingli non proveniva da Lutero: era la dottrina di Cristo. “Se Lutero predica il Cristo”, disse il Riformatore svizzero, “fa quello che sto facendo anch’io”. Quelli che ha portato lui a Cristo sono più numerosi di quelli che ho guidato io. Ma questo non importa. Non porterò altro nome oltre a quello di Cristo, di cui sono il soldato, il quale Lui solo è il mio Capo. Non ho mai mandato una lettera a Lutero, né lui a me. E perché?… Affinché fosse dimostrata l’unicità dello Spirito di Dio in lui e in me. Affinché entrambi, senza alcuna collusione, insegniamo la dottrina di Cristo secondo tale uniformità” (D’Aubigne, b. 8, cap. 9). Nel 1516 Zwingli fu nominato predicatore nel convento di Einsiedeln. Qui avrebbe avuto una visione più ravvicinata delle corruzioni di Roma e avrebbe esercitato un’influenza da Riformatore che si sarebbe sentita molto al di là delle sue alpi native. Tra le principali attrazioni di Einsiedeln vi era un’immagine della Vergine che si diceva avesse il potere di operare miracoli. Sopra la porta del convento c’era l’iscrizione: “Qui si può ottenere una remissione plenaria dei peccati” (Ibid., b. 8, cap. 5). [174]
I pellegrini durante tutto l’anno facevano tappa al santuario della Vergine; ma era soprattutto in occasione della grande festa annuale della sua consacrazione, che moltitudini di persone vi affluivano da tutte le parti della Svizzera, persino dalla Francia e dalla Germania. Zwingli, molto afflitto da tale vista, colse l’opportunità di proclamare la libertà del Vangelo a questi schiavi della superstizione. Egli disse: “Non crediate che Dio sia in questo tempio più che in qualsiasi altra parte del Suo creato. Qualunque sia il paese in cui dimori, Dio è accanto a te e ti ascolta… Possono le opere inutili, i lunghi pellegrinaggi, le offerte, le immagini, l’invocazione della Vergine o dei santi, assicurarti la grazia di Dio?… Che cosa comporta la moltitudine di parole con le quali pronunciamo le nostre preghiere? Quale efficacia ha un cappuccio lucido, una testa rasata, una veste lunga e fluente o delle pantofole ricamate d’oro?… Dio guarda al cuore, e i nostri cuori sono lontani da Lui. Il Cristo che fu offerto una volta sola sulla croce, è il sacrificio, è la vittima che ha espiato i peccati dei credenti per l’eternità” (Ibid., b. 8, cap. 5). Per molti ascoltatori questi insegnamenti non furono graditi. Fu un’amara delusione per loro dire che il loro faticoso viaggio era stato fatto invano. Essi non potevano comprendere il perdono offerto loro gratuitamente tramite Cristo. Erano soddisfatti della vecchia via verso il cielo che il Sistema Cattolico aveva tracciato, e non piaceva loro l’idea di cercare qualcosa di migliore. Era più facile confidare nella loro salvezza attraverso i sacerdoti e il papa che cercare la purezza del cuore. Ci fu però un’altra classe di persone che ricevette con gioia la novella della redenzione attraverso Cristo. I riti imposti da Roma non avevano portato la pace nella loro anima, perciò accettarono con fede l’insegnamento secondo il quale soltanto il sangue del Salvatore poteva offrire loro l’espiazione. Questi ultimi ritornarono nelle loro case per rivelare agli altri la preziosa luce ricevuta. La verità veniva così proclamata da un villaggio all’altro, da una città all’altra, e il numero dei pellegrini nel santuario della Vergine diminuiva notevolmente. [175]
Ci fu un calo nelle offerte, e di conseguenza nel salario di Zwingli, che era tratto da esse. Ma questo gli procurava solo gioia vedendo che il potere del fanatismo e della superstizione veniva spezzato. Le autorità della chiesa non erano cieche all’opera che Zwingli stava realizzando; ma per il momento non volevano interferire. Speravano ancora di riuscire a conquistarlo alla loro causa con le lusinghe; ma nel frattempo la verità si faceva strada nel cuore del popolo. Le fatiche di Zwingli a Einsiedeln lo avevano preparato a una missione più importante, alla quale presto sarebbe stato chiamato a parteciparvi. Dopo tre anni fu nominato predicatore nella cattedrale di Zurigo. Questa era la città più importante della confederazione svizzera e qui l’influenza esercitata sarebbe stata ampiamente sentita. Gli ecclesiastici che lo avevano invitato a Zurigo erano tuttavia desiderosi di impedire qualsiasi innovazione, e quindi procedettero ad istruirlo sui suoi doveri. Essi dissero: “Farai ogni sforzo per raccogliere le entrate della chiesa, senza trascurarne neanche una. Esorterai i fedeli, sia dal pulpito che dal confessionale, a pagare tutte le decime e le tasse, e a dimostrare con le loro offerte il loro affetto verso la chiesa. Sarai diligente nell’aumentare le entrate derivanti dai malati, dalle masse e in generale da ogni rito ecclesiastico. Per quanto riguarda l’amministrazione dei sacramenti, la predicazione e la cura del gregge questi sono doveri che spettano al cappellano. Ma per svolgerli puoi impiegare un sostituto, in particolare per quanto riguarda la predicazione. Dovrai amministrare i sacramenti solamente a persone di riguardo, e solo quando sarai direttamente chiamato a farlo; ti è proibito farlo indiscriminatamente” (Ibid., b. 8, cap. 6). Zwingli ascoltò in silenzio questo mandato, e in risposta, dopo aver espresso la sua gratitudine per l’onore che gli derivava da una carica così importante, continuò a spiegare la linea di condotta che intendeva seguire. [176]
“La vita di Cristo”, disse, “è stata troppo a lungo nascosta alla gente. Io predicherò in modo particolare il Vangelo di Matteo… attingendo esclusivamente dalla fonte della Scrittura, analizzando le sue profondità, confrontando un passaggio all’altro e cercandone la comprensione mediante una preghiera costante e sincera. È per la gloria di Dio, per la lode del Suo unico Figlio, per la vera salvezza delle anime e per la loro edificazione nella vera fede, che io consacrerò il mio ministero” (Ibid., b. 8, cap. 6). Sebbene alcuni ecclesiastici disapprovassero il suo piano e tentarono di dissuaderlo dal metterlo in pratica, Zwingli rimase saldo. Dichiarò che non voleva introdurre alcun nuovo metodo, ma solo riadottare quel vecchio metodo impiegato dalla chiesa nei primi tempi della sua purezza. Le verità che insegnava avevano già suscitato un vivo interesse; la gente si adunava in gran numero per ascoltare la sua predicazione. Molti di coloro che avevano da tempo smesso di prestare servizio erano suoi ascoltatori. Iniziò il suo ministero aprendo i Vangeli, leggendo e spiegando ai suoi ascoltatori la narrativa ispirata della vita, degli insegnamenti e della morte del Cristo. Qui, come ad Einsiedeln, presentò la Parola di Dio come l’unica autorità infallibile e la morte di Cristo come l’unico sacrificio per davvero completo. Egli disse: “È a Cristo che desidero guidarti; a Cristo che è la vera fonte di salvezza” (Ibid., b. 8, cap. 6). Intorno al predicatore si affollavano genti di tutte le classi, dagli uomini di stato agli studiosi, dagli artigiani ai contadini. Con profondo interesse ascoltavano le sue parole. Non solo proclamò l’offerta di una salvezza gratuita, ma rimproverò senza paura i mali e le corruzioni del tempo. Molti tornarono dalla cattedrale lodando Dio. “Quest’uomo”, dissero, “è un predicatore della verità. Sarà il nostro Mosè, per condurci fuori da quest’oscurità egiziana” (Ibid., b. 8, cap. 6). Ma sebbene all’inizio le sue fatiche furono accolte con grande entusiasmo, dopo un certo tempo sorse l’opposizione. I monaci si impegnarono nell’ostacolare la sua opera e a condannare i suoi insegnamenti. [177]
Molti lo assalirono con beffe e scherni; altri fecero ricorso all’insolenza e alle minacce. Ma Zwingli sopportava tutto con pazienza, dicendo: “Se desideriamo conquistare i malvagi a Gesù Cristo, dobbiamo chiudere gli occhi su molte cose” (Ibid., b. 8, cap. 6). In quel periodo arrivò un nuovo collaboratore per far avanzare l’opera della Riforma. Un certo Luciano fu mandato a Zurigo con alcuni scritti di Lutero. Un amico della fede riformata, che abitava a Basilea, suggerì che la vendita di questi libri poteva essere un potente mezzo per diffondere la luce. “Assicurati”, scrisse a Zwingli, “se quest’uomo possiede sufficiente prudenza e abilità; se lo è, lascia che egli diffonda tra gli svizzeri le opere di Lutero, specialmente la sua esposizione della “Preghiera del Signore” scritta per i laici, di città in città, di paese in paese, di villaggio in villaggio e di casa in casa. Più saranno conosciuti questi scritti, più sostenitori troveranno” (Ibid., b. 8, cap. 6). In questo modo la luce venne diffusa. Nel momento in cui Dio si prepara a spezzare le catene dell’ignoranza e della superstizione, allora Satana inizia a lavorare con grande potere per avvolgere gli uomini nelle tenebre e per serrare ancora più fermamente le loro catene. Mentre uomini si levavano in terre diverse per presentare al popolo il perdono e la giustificazione attraverso il sangue di Cristo, Roma procedeva con rinnovate energie per aprire il suo mercato in tutto il mondo cristiano, offrendo il perdono in cambio di denaro. Ogni peccato aveva la sua tariffa, in questo modo veniva concessa agli uomini la possibilità di peccare, purché il tesoro della chiesa diventasse sempre più abbondante. I due movimenti avanzarono, offrendo uno il perdono del peccato mediante il denaro, mentre l’altro il perdono per mezzo di Cristo. Roma permetteva il peccato e ne faceva fonte di guadagno; i riformatori condannavano il peccato e indicavano Cristo come liberatore e mediatore. In Germania la vendita delle indulgenze era stata affidata ai frati domenicani ed era diretta dal famigerato Tetzel. In Svizzera il traffico fu affidato ai francescani, sotto il controllo di Sansone, un monaco italiano. [178]
Sansone aveva già operato un buon servizio per la chiesa, raccogliendo somme immense di denaro in Germania e in Svizzera riempiendo così il tesoro papale. Ora egli attraversava la Svizzera richiamando grandi folle, depredando i poveri contadini dei loro scarni guadagni ed esigendo ricchi doni dalle classi benestanti. Ma l’influenza della riforma iniziava a farsi sentire limitandone, anche se non del tutto, il traffico. Zwingli era ancora ad Einsiedeln quando Sansone, poco dopo essere entrato in Svizzera, arrivò in una città vicina. Essendo stato informato della sua missione, il Riformatore si mise subito in contatto con lui. I due non si incontrarono, ma il successo di Zwingli nell’esporre le assurdità delle pretese del frate fu tale che lo obbligò ad andarsene. A Zurigo, Zwingli predicava zelantemente contro il perdono dei peccati dei preti; quando Sansone si avvicinò alla città, fu invitato da un messaggero del consiglio a non fermarsi. Alla fine, attraverso uno stratagemma, riuscì ad entrare ugualmente ma fu mandato via senza riuscire a vedere neppure una sola indulgenza; così poco dopo lasciò la Svizzera.
Un forte impulso fu dato alla Riforma dall’apparizione della peste, anche chiamata “Grande Morte”, che colpì gravemente la Svizzera nel 1519. Quando gli uomini furono portati faccia a faccia con questo terribile distruttore, molti si resero conto di quanto vane ed inutili fossero tutte quelle indulgenze che avevano recentemente acquistato; essi ora desideravano una base più sicura per la loro fede. Zwingli, a Zurigo, fu colpito gravemente dalla peste; le speranze riguardanti la sua guarigione furono abbandonate da molti e svariate volte si diffuse la voce che fosse persino morto. In quell’ora di prova la sua speranza e il suo coraggio erano incrollabili. Guardò con fede la croce del Calvario, confidando in quell’espiazione sufficiente per il perdono del peccato. Quando si riprese, continuò a predicare il Vangelo con più fervore che mai; le sue parole esercitavano una forza straordinaria. La gente accolse con gioia il loro amato pastore sfuggito alla morte. [179]
Loro stessi avevano attraversato l’esperienza della peste che aveva procurato moltissimi malati e morti; essi sentivano, come mai prima d’ora, il grande valore del Vangelo. Zwingli era arrivato a una comprensione più chiara della verità e aveva sperimentato in modo più completo la sua potenza rinnovatrice. La caduta dell’uomo e il piano di redenzione erano i temi sui quali egli si soffermava maggiormente. “In Adamo”, ha detto, “siamo tutti morti, immersi nella corruzione e nella condanna” (Wylie, b. 8, cap. 9). “Cristo… ha acquistato per noi una redenzione infinita… La sua morte è… un sacrificio di portata eterna, e pienamente efficace per salvare; esso soddisfa costantemente la giustizia divina in favore di tutti coloro che si affidano ad essa con fede ferma e incrollabile”. Tuttavia ha chiaramente insegnato che gli uomini, anche se dispongono della grazia di Cristo, non sono liberi di continuare a peccare. “Ovunque ci sia fede in Dio, là vi è presente Dio; e ovunque dimori Dio, lì esiste uno zelo che sollecita e spinge gli uomini a compiere buone opere.” (D’Aubigne, b. 8, cap. 9).
L’interesse per le predicazioni di Zwingli era tale che la cattedrale ogni volta era piena di persone che desideravano ascoltarlo. A poco a poco, in modo tale da essere accettata, mostrò la verità ai suoi ascoltatori. Stava attento a non introdurre, fin da subito, quegli insegnamenti che li avrebbero spaventati e che avrebbero creato pregiudizi. La sua missione era quella di conquistare il loro cuore mediante gli insegnamenti di Cristo, per renderli sensibili al Suo amore e per presentare loro il Suo esempio; una volta accettati i principi del Vangelo, le loro credenze e le loro pratiche superstiziose sarebbero state inevitabilmente abbandonate. Passo dopo passo la Riforma avanzò nella città di Zurigo. Allarmati, i suoi nemici suscitarono un’opposizione attiva. Un anno prima, il monaco di Wittenberg aveva pronunciato il suo “No!” al papa e all’imperatore durante la dieta di Worms; ora tutto sembrava indicare che Zurigo avrebbe assunto una posizione simile nei confronti delle richieste papali. Attacchi ripetuti furono diretti a Zwingli. Nei cantoni papali, di tanto in tanto, i discepoli del Vangelo venivano bruciati sul rogo, ma questo non era abbastanza; colui che insegnava eresie doveva essere messo a tacere. Di conseguenza il vescovo di Costanza inviò tre deputati al Concilio di Zurigo, accusando Zwingli di insegnare al popolo di trasgredire le leggi della chiesa, mettendo così in pericolo la pace e il buon ordine della società. [180]
Egli disse: “Se l’autorità della chiesa fosse messa da parte, l’unica cosa che ne risulterebbe sarebbe un anarchia universale”. Zwingli rispose che era stato quattro anni ad insegnare il Vangelo a Zurigo e “che questa città era la più tranquilla e pacifica dell’intera confederazione”. Concluse dicendo “Non è allora il cristianesimo la migliore salvaguardia della sicurezza generale?” (Wylie, b. 8, cap. 11). I deputati avevano esortato i membri del consiglio a rimanere nella chiesa, al di fuori della quale, dichiararono, non c’era salvezza. Zwingli rispose: “Non lasciatevi turbare da questa dichiarazione. Il fondamento della chiesa è la stessa Roccia, Cristo, che diede a Pietro il suo nome perché egli lo professasse fedelmente. In ogni nazione chiunque crede con tutto il cuore nel Signore Gesù è accettato da Dio. Questa in realtà e anche la vera chiesa di Dio, all’infuori della quale nessuno può essere salvato” (D’Aubigne, ed. Londra, b. 8, cap. 11). A seguito della conferenza, uno dei deputati del vescovo accettò la fede riformata. Il consiglio rifiutò di agire contro Zwingli e Roma si preparò per un nuovo attacco. Il riformatore, quando fu informato delle trame dei suoi nemici, esclamò: “Lasciateli venire; io ho paura di loro come la scogliera ha paura delle onde che si agitano e tuonano ai suoi piedi” (Wylie, b. 8, cap. 11). Gli sforzi degli ecclesiastici hanno solo favorito la causa che cercavano di rovesciare. La verità ha continuato a diffondersi. In Germania i suoi seguaci, abbattuti dalla scomparsa di Lutero, si rianimarono vedendo il progresso del Vangelo in Svizzera. Quando la Riforma si stabilì a Zurigo, i suoi frutti furono evidenti nella soppressione del vizio e nella promozione dell’ordine e dell’armonia. “La pace dimora nella nostra città”, scrisse Zwingli, “nessuna lite, nessuna ipocrisia, nessuna invidia, nessuna lotta. Quale può essere l’origine di tutto questo se non dal Signore e dalla nostra dottrina, che ci riempie dei frutti della pace e della pietà?” (Ibid., b. 8, cap. 15). Le vittorie conquistate dalla Riforma mossero i Cattolici a sforzi ancora più decisi per cercare di rovesciarla. [181]
Vedendo che i risultati conseguiti erano piuttosto scarsi, e che la persecuzione nulla aveva potuto contro l’opera di Lutero in Germania, decisero di combattere la riforma con le loro stesse armi. Avrebbero organizzato una discussione con Zwingli. Essi pensavano di assicurarsi la vittoria scegliendo domande strategiche, il luogo nel quale si sarebbe svolto il confronto e persino i giudici che avrebbero deciso a chi sarebbe spettata la vittoria. Se fossero riusciti ad avere Zwingli in loro potere, si sarebbero assicurati di non lasciarselo scappare via. Essi ritenevano che una volta messo a tacere il leader, tutto il movimento sarebbe stato rapidamente schiacciato. Questo complotto, tuttavia, fu accuratamente tenuto segreto. Il confronto avrebbe avuto luogo a Baden; ma Zwingli non vi si presentò. Il Consiglio di Zurigo, sospettando i disegni dei sostenitori del papa e consapevoli del fatto che nelle vicinanze venivano ancora accesi i roghi per coloro che predicano il Vangelo, proibì al loro pastore di esporsi a questo pericolo. A Zurigo sarebbe stato pronto ad incontrare tutti gli esponenti di Roma che sarebbero stati mandati; ma andare a Baden, dove il sangue dei martiri per la verità era appena stato versato, significava andare incontro a morte certa. Ecolampadio e Haller furono scelti per rappresentare i riformatori, mentre il famoso dottor Eck, sostenuto da una schiera di dotti e prelati, fu il portavoce di Roma. Sebbene Zwingli non fosse presente alla conferenza, la sua influenza fu avvertita. I segretari furono tutti quanti scelti dalle fila dei sostenitori papali e agli altri fu rigorosamente proibito di prendere appunti, pena la morte. Nonostante ciò, Zwingli ricevette quotidianamente un resoconto fedele di ciò che fu detto a Baden. Uno studente presente al confronto fece ogni sera un resoconto degli argomenti presentati quel giorno. Tale relazione, accompagnata da una lettera di Ecolampadio, era consegnata ad altri due studenti che provvedevano a recapitare tutto a Zwingli, che rispondeva dando consigli e suggerimenti. Le lettere venivano scritte di notte e i suoi studenti le consegnavano la mattina a Baden. Per eludere la vigilanza delle guardie che stavano alle porte della città questi messaggeri portavano cestini di pollame sulle loro teste, così fu loro permesso di passare senza ostacoli. [182]
Fu in questo modo che Zwingli continuò la battaglia contro i suoi astuti antagonisti. Miconio disse: “Ha faticato di più con le sue meditazioni, le sue notti insonni e con i consigli che trasmise a Baden, di quanto avrebbe fatto discutendo di persona in mezzo ai suoi nemici” (D’Aubigne, b. 11, cap. 13). I Cattolici, certi del trionfo anticipato, vennero a Baden abbigliati con le loro vesti più ricche, piene di scintillanti gioielli. Trattati regalmente, sui loro tavoli si trovavano le prelibatezze più costose e i vini più ricercati. La responsabilità dei loro doveri ecclesiastici fu alleggerita dall’allegria e dal divertimento. I riformatori, che apparvero in netto contrasto con il loro stile di vita, vennero considerati poco più che mendicanti; l’eccessivo prezzo del cibo faceva sì di tenerli a tavola solo per un brevissimo tempo. Il padrone di casa di Ecolampadio, approfittando dell’occasione per spiarlo nella sua stanza, lo trovò sempre impegnato nello studio o nella preghiera e, meravigliandosi molto, riferì che l’eretico era perlomeno “molto pio”. Alla conferenza, “Eck salì altezzosamente su un pulpito splendidamente decorato, mentre l’umile Ecolampadio, malamente vestito, fu costretto a prendere posto davanti al suo avversario su uno sgabello scorticato” (Ibid., b. 11, cap. 13).
La voce risonante di Eck e la sua illimitata sicurezza non lo abbandonarono mai. Il suo zelo fu stimolato dalla speranza dell’oro e della fama; come difensore della fede egli sarebbe stato ricompensato abbondantemente. Quando i suoi migliori argomenti non andavano a buon fine, iniziò a fare ricorso agli insulti e persino alle bestemmie. Ecolampadio, modesto e timido per natura, esitò a lungo prima di iniziare la discussione. Quando si decise, fece questa solenne dichiarazione: “Non riconosco altro criterio di giudizio oltre alla parola di Dio” (Ibid., b. 11, cap. 13). Benché gentile e cortese, si dimostrò capace e risoluto. Mentre i sostenitori di Roma, secondo il loro solito, si appellavano all’autorità delle tradizioni della chiesa, il Riformatore si atteneva fermamente alle Sacre Scritture. “La tradizione”, disse, “non ha alcun valore nella nostra Svizzera, a meno che non sia in conformità alla costituzione; ora, in materia di fede, la Bibbia è la nostra costituzione” (Ibid., b. 11, cap. 13). [183]
Il contrasto tra i due contendenti non fu privo di effetti. Il calmo e chiaro ragionamento del riformatore, così dolcemente e modestamente presentato, piaceva molto alle menti che si ribellavano alle presuntuose e chiassose supposizioni di Eck. La discussione durò diciotto giorni. Alla sua conclusione i rappresentanti papali, con grande sicurezza, rivendicarono la vittoria. La maggior parte dei deputati si schierò dalla parte di Roma; la Dieta dichiarò i riformatori sconfitti e dichiarò che essi, insieme a Zwingli, il loro capo, erano esclusi dalla chiesa. Ma i frutti di questa disputa rivelavano da che parte stava veramente il vantaggio. Il dibattito diede un forte impulso alla causa protestante e dopo non molto tempo le importanti città di Berna e Basilea dichiararono di accettare la Riforma. [184]
La misteriosa scomparsa di Lutero suscitò costernazione in tutta la Germania. Tutti facevano domande riguardanti il suo conto e le voci più strane furono subito diffuse e molti credettero che fosse stato assassinato. Ci fu un grande pianto, non solo da parte dei suoi amici, ma anche da migliaia di persone che non avevano apertamente preso posizione per la Riforma. Molti si impegnarono in un solenne giuramento nel vendicarne la morte.
Gli esponenti principali della Chiesa Cattolica Romana vedevano con terrore quello che era il tono del sentimento suscitato contro di loro. Sebbene all’inizio gioirono per la presunta morte di Lutero, presto dovettero nascondersi dall’ira del popolo. I nemici di Lutero non furono mai stati così tanto turbati dai suoi atti più audaci, quanto lo furono adesso alla sua scomparsa. Coloro che, nella loro rabbia, avevano cercato di distruggere l’audace Riformatore erano pieni di paura ora che era diventato un prigioniero impotente. “L’unico modo che ci rimane per salvarci”, disse uno tra loro, “è quello di accendere delle torce e di cercare Lutero in tutto il mondo, per riportarlo nella nazione che lo sta invocando” (D’Aubigne, b. 9, cap. 1). L’editto dell’imperatore sembrava impotente e i legati pontefici erano pieni di indignazione quando si accorsero che esso richiamava molta meno attenzione della sorte stessa di Lutero. La notizia che egli era al sicuro, anche se come prigioniero, calmò le paure della gente ed infiammò ancora di più il loro entusiasmo a suo favore. [185]
I suoi scritti furono letti con un entusiasmo senza paragoni. Un numero crescente di persone si unirono alla causa dell’uomo eroico che aveva difeso la Parola di Dio, in modo così coraggioso. La Riforma stava costantemente guadagnando forze e terreno. Il seme che Lutero aveva seminato sorse dappertutto. La sua assenza portò a termine un lavoro che la sua presenza non avrebbe reso possibile. I suoi collaboratori sentirono una nuova responsabilità, ora che il loro grande capo era stato rimosso. Con nuova fede e serietà si spinsero a fare tutto ciò che stava in loro potere, affinché l’opera così nobilmente iniziata non fosse ostacolata. Ma Satana non rimase inattivo. Egli, così come aveva fatto per ogni altro movimento di riforma precedente, cercò di ingannare e distruggere le persone, offrendo loro una contraffazione al posto della vera opera da svolgere. Come vi erano falsi cristi nel primo secolo della chiesa cristiana, così nel sesto secolo sorsero falsi profeti.
Alcuni uomini, profondamente colpiti dall’eccitazione nel mondo religioso, credevano di avere ricevuto rivelazioni speciali dal Cielo, sostenendo di essere stati divinamente incaricati di portare a compimento la Riforma che, come essi dichiararono, aveva avuto solo un debole inizio con Lutero. In verità, essi stavano rovinando l’opera che egli aveva compiuto. Rifiutarono il grande principio che costituiva il vero fondamento della Riforma, ovvero che la Parola di Dio è l’unica regola della fede e della pratica. Essi cercarono di sostituire questa guida infallibile con il criterio mutevole e incerto dei propri sentimenti e delle proprie impressioni. Con questo atto che metteva da parte la Parola di Dio, capace di rivelare l’errore e la menzogna, si aprì la via per consentire a Satana di controllare le menti degli uomini a proprio piacimento. Uno di questi “profeti” sosteneva di essere stato istruito dall’angelo Gabriele. Uno studente che si unì a lui abbandonò i suoi studi dichiarando di essere stato dotato da Dio stesso di grande saggezza per esporre la Sua parola. Anche altri, che erano inclini per natura al fanatismo, si unirono a loro provocando così molta eccitazione. [186]
La predicazione di Lutero aveva suscitato nel popolo la necessità di una riforma e ora alcune persone veramente oneste erano fuorviate dalle pretese dei nuovi profeti. I capi del movimento procedettero verso Wittenberg ed esposero i loro insegnamenti a Melantone e ai suoi collaboratori dicendo: “Siamo inviati da Dio per istruire il popolo. Abbiamo avuto conversazioni con il Signore; sappiamo cosa accadrà; in una parola, noi siamo apostoli e profeti e facciamo appello a Lutero” (Ibid., b. 9, cap. 7). I riformatori erano sbalorditi e perplessi. Questo era qualcosa che non avevano mai incontrato prima d’ora e non sapevano quale direzione seguire. Melantone disse: “Ci sono per davvero degli spiriti straordinari in questi uomini; ma di quali spiriti si tratta? Da una parte, facciamo attenzione a non spegnere lo Spirito di Dio e dall’altra, di non essere fuorviati dallo spirito di Satana” (Ibid., b. 9, cap. 7). Il frutto di questo nuovo insegnamento però divenne presto evidente. Il popolo fu portato a trascurare la Bibbia e a metterla da parte. Le scuole entrarono in una grande confusione. Gli studenti, disprezzando ogni disciplina, abbandonarono gli studi e si ritirarono dall’università. Gli uomini che si ritenevano competenti nel rianimare e nel guidare l’opera della Riforma, non fecero altro che portarla sull’orlo della rovina. I Cattolici ora riacquistarono la loro fiducia ed esclamarono esultanti: “Un’ultima battaglia e tutti quanti saranno nostri” (Ibid., b. 9, cap. 7). Lutero, alla Wartburg, sentendo ciò che era accaduto, disse con profonda preoccupazione: “Mi aspettavo che Satana ci avrebbe mandato questa piaga” (Ibid., b. 9, cap. 7). Egli percepì il vero carattere di quei pretesi profeti e vide il pericolo che minacciava la causa della verità. L’opposizione del papa e dell’imperatore non gli aveva causato una così grande perplessità e angoscia come lo stavano facendo ora questi falsi profeti. Dai professi amici della Riforma erano sorti i suoi peggiori nemici. [187]
Le stesse verità che gli avevano procurato così tanta gioia e consolazione venivano ora impiegate per suscitare conflitti e creare confusione nella chiesa. Nell’opera di riforma, Lutero era stato spinto dallo Spirito di Dio al di là di quanto avesse potuto immaginare inizialmente. Egli non ebbe l’intenzione di prendere posizioni del genere o di fare cambiamenti così radicali. Era stato soltanto uno strumento nella mano del Potere Infinito, eppure spesso tremava per il risultato della sua opera. Una volta disse: “Se io sapessi che la mia dottrina può ferire un uomo, anche soltanto un uomo, per quanto umile e semplice esso possa essere – ma non può, poiché essa è il Vangelo – preferirei morire dieci volte piuttosto che ritrattarla” (Ibid., b. 9, cap. 7). Ora la stessa Wittenberg, il vero centro della Riforma, stava rapidamente cadendo sotto il potere del fanatismo e dell’illegalità. Questa terribile condizione non era il risultato degli insegnamenti di Lutero; ma in tutta la Germania i suoi nemici la attribuivano a lui. A volte, con un’anima piena di amarezza, si domandava: “Questa può dunque essere la fine della grande opera della Riforma?” (Ibid., b. 9, cap. 7). Ma mentre egli lottava con Dio in preghiera, sentì la pace scorrere nel suo cuore. “Quest’opera non è mia, ma è Tua!” disse. “Tu non permetterai che essa venga corrotta dalla superstizione e dal fanatismo”. Ma il pensiero di rimanere ancora a lungo nascosto, in una tale crisi, divenne insopportabile. Decise di tornare a Wittenberg e senza indugio, partì per il suo pericoloso viaggio. Era ricercato da tutto l’impero. I suoi nemici erano liberi di togliergli la vita e agli amici fu proibito di aiutarlo o di offrirgli riparo. Il governo imperiale stava adottando misure drastiche contro i sostenitori di Lutero. Ma egli vide che l’opera del Vangelo era in pericolo e nel nome del Signore uscì senza paura combattendo per la causa della verità. In una lettera al principe elettore, dopo aver affermato il suo proposito di lasciare Wartburg, Lutero disse: “Sia noto a vostra Altezza che vado a Wittenberg sotto una protezione molto superiore a quella che potrebbe essermi offerta dai principi e dagli elettori. Non penso di sollecitare il sostegno di sua Altezza, e sono ben lontano dal desiderare la sua protezione, tanto che preferirei io stesso proteggerla. [188]
Se sapessi che sua Altezza potesse e volesse proteggermi, io non andrei affatto a Wittenberg. Poiché non esiste alcuna spada che possa favorire questa causa. Dio solo deve fare tutto, senza l’aiuto o la concorrenza dell’uomo. Colui che ha la più grande fede è il più adatto a poter proteggere” (Ibid., b. 9, cap. 8). In una seconda lettera, scritta sulla via per Wittenberg, Lutero aggiunse: “Sono pronto a incorrere nel dispiacere di sua Altezza e nella rabbia di tutto il mondo. Le mie pecore non sono forse gli abitanti di Wittenberg? Dio non me li ha forse affidati? Non dovrei forse io, se fosse necessario, espormi alla morte in loro favore? Inoltre, temo di veder scoppiare una terribile sommossa in Germania, con la quale Dio punirà la nostra nazione” (Ibid., b. 9, cap. 7). Con grande cautela e umiltà, e allo stesso tempo con decisione e fermezza, egli si mise all’opera dicendo: “Mediante la verità dobbiamo rovesciare e distruggere ciò che è stato creato dalla violenza. Non farò uso della forza contro i superstiziosi e gli increduli… Nessuno deve essere costretto. La libertà è l’essenza stessa della fede” (Ibid., b. 9, cap. 8). Presto fu riferito a Wittenberg che Lutero era tornato e che avrebbe predicato. La gente affluiva da tutte le direzioni e la chiesa era piena fino a traboccare. Salendo sul pulpito, egli con grande saggezza e dolcezza istruì, esortò e rimproverò. Rivolgendosi ad alcuni che fecero ricorso a misure violente per abolire la messa, egli disse: “La messa è una brutta cosa e Dio si oppone ad essa; dovrebbe essere abolita e vorrei che in tutto il mondo fosse sostituita con la Cena del Vangelo. Ma nessuno deve essere costretto con la forza. Dobbiamo lasciare la questione nelle mani di Dio. La Sua Parola deve agire, e non noi. Vi chiederete perché… Ebbene io non tengo i cuori degli uomini nella mia mano, così come il vasaio tiene l’argilla. Noi abbiamo il diritto di parlare, ma non abbiamo il diritto di agire. Noi tutti siamo chiamati a predicare, ma il resto appartiene a Dio. Se ricorressimo alla forza, che vantaggio ne otterremmo? Smorfie, formalismo, scimmiette, tradizioni umane e ipocrisia… Ma non ci sarebbe sincerità di cuore, né fede, né carità. [189]
Dove mancano questi tre, manca tutto, ed io non mi impegnerei per un simile risultato… Dio fa molto di più con la Sua Parola di quanto possa fare la forza mia, tua e di tutto il mondo messa assieme. Dio vince il cuore; e quando il cuore è conquistato, tutto quanto è vinto… Predicherò, discuterò e scriverò; ma non costringerò nessuno, poiché la fede è un atto volontario. Guardate ciò che io ho fatto. Mi sono opposto al papa, alle indulgenze e ai suoi sostenitori, ma senza violenza o alcun tumulto. Ho proclamato la Parola di Dio; ho predicato e ho scritto, questo è tutto ciò che ho fatto. Persino mentre dormivo… la parola che avevo predicato e scritto ha demolito il papato, tanto che neppure il principe né l’imperatore gli arrecarono altrettanto danno. Eppure non ho fatto nulla; la sola Parola ha fatto il tutto. Se avessi voluto fare appello alla forza, tutta la Germania sarebbe stata inondata dal sangue. Ma quale sarebbe stato il risultato? Rovina e desolazione sia per il corpo che per l’anima. Perciò sono rimasto zitto e ho lasciato che la Parola percorresse da sola tutto il mondo” (Ibid., b. 9, cap. 8).
Giorno dopo giorno, per un’intera settimana, Lutero continuò a predicare alle folle entusiaste. La Parola di Dio spezzò l’incanto dell’entusiasmo fanatico. Il potere del Vangelo riportò le persone fuorviate sulla via della verità. Lutero non desiderava confrontarsi con i fanatici la cui opera aveva prodotto un così grande male. Sapeva che erano uomini dal giudizio sbagliato e dalle passioni indisciplinate, che, pur sostenendo di essere particolarmente illuminati dal Cielo, non avrebbero sopportato la minima contraddizione e neanche il più gentile rimprovero o consiglio. Arrogando a sé stessi l’autorità suprema, essi esigevano che tutti, senza alcuna discussione, riconoscessero la validità delle loro affermazioni. Ma, siccome essi desideravano un incontro con lui, Lutero acconsentì. Riuscì così bene a rispondere alle loro pretese che questi impostori se ne andarono immediatamente da Wittenberg. Il fanatismo fu controllato per un po’ di tempo, ma diversi anni dopo scoppiò nuovamente con maggiore violenza e con risultati peggiori di quelli di prima. [190]
Lutero disse le seguenti parole riguardo ai capi di questo movimento: “Per loro le Sacre Scritture erano solo una lettera morta. Tutti cominciarono a piangere gridando: “Lo Spirito! Lo Spirito!” Ma io non intendo sicuramente seguirli là dove il loro spirito li guida. Possa Dio, nella sua misericordia, preservarmi da una chiesa in cui ci sono solo santi. Desidero dimorare con gli umili, i deboli, gli ammalati, che conoscono e sentono i loro peccati, e che gemono e piangono continuamente dinanzi a Dio dal profondo del loro cuore per ottenere la Sua consolazione e il Suo sostegno” (Ibid., b. 10, cap. 10). Thomas Müntzer, il più attivo dei fanatici, era un uomo di considerevole abilità, che, se utilizzate giustamente, gli avrebbero permesso di fare del bene; ma non aveva imparato i primi principi della vera religione. “Era posseduto dal desiderio di riformare il mondo e dimenticò, come fanno tutti i fanatici, che la riforma doveva cominciare da se stesso” (Ibid., B. 9, cap. 8). Era ambizioso nell’ottenere posizione e influenza; non voleva essere secondo a nessuno, neppure a Lutero. Dichiarò che i riformatori, sostituendo l’autorità del papa a quella delle Scritture, stavano solo stabilendo una forma diversa di papato. Lui stesso sosteneva di essere stato divinamente incaricato di introdurre la vera riforma. “Chi possiede questo spirito”, disse Müntzer, “possiede la vera fede, anche se in vita sua non dovesse mai vedere le Scritture” (Ibid., b. 10, cap. 10). Gli insegnanti fanatici si sono lasciati governare dalle impressioni, considerando ogni pensiero e impulso come la voce di Dio; di conseguenza il loro atteggiamento raggiunse livelli estremi. Alcuni addirittura bruciarono le loro Bibbie, esclamando: “La lettera uccide, ma lo Spirito vivifica”. L’insegnamento di Müntzer faceva appello al desiderio degli uomini per il meraviglioso, gratificando il loro orgoglio e collocando virtualmente idee e opinioni umane al di sopra della Parola di Dio. Le sue dottrine furono accolte da migliaia di persone. Presto denunciò ogni ordine di culto pubblico e dichiarò che obbedire ai principi era cercare di servire sia Dio che Belial. Anche le menti del popolo, che già cominciavano a desiderare di liberarsi dal giogo del papato, stavano diventando impazienti sotto le restrizioni dell’autorità civile. [191]
Gli insegnamenti rivoluzionari di Müntzer, reclamando la sanzione divina, li portarono a distaccarsi da ogni controllo e a dare sfogo ai loro pregiudizi e passioni. Seguirono le scene più terribili di sedizione e conflitto, e i campi della Germania si riempirono di sangue.
Quell’angoscia profonda dell’anima che Lutero aveva vissuto così a lungo a Erfurt, ora lo spingeva con una forza raddoppiata vedendo i risultati del fanatismo attribuiti alla Riforma. I prìncipi sostenitori del papa dichiararono – e molti erano pronti ad accettare la loro dichiarazione – che la ribellione fosse il frutto legittimo delle dottrine di Lutero. Sebbene questa accusa fosse priva di fondamento, non poteva che causare grande sofferenza al Riformatore. Che la causa della verità dovesse essere così disonorata dal fatto di essere classificato con il fanatismo più basso, andava al di là di quanto potesse sopportare. D’altra parte, i capi della rivolta odiavano Lutero perché, non solo si era opposto alle loro dottrine e negato le loro pretese all’ispirazione divina, ma gli aveva dichiarati ribelli contro l’autorità civile. Per vendicarsi, lo denunciarono, accusandolo di essere colui che le aveva iniziate. Sembrava aver preso su di sé l’inimicizia sia dei prìncipi che del popolo. I Cattolici esultarono, aspettandosi di assistere alla rapida caduta della Riforma; essi accusavano Lutero anche degli errori che aveva cercato così sinceramente di correggere. Il partito fanatico, affermando falsamente di essere stato trattato con grande ingiustizia, riuscì ad ottenere le simpatie di un gran numero di persone e, come spesso accade a quelli che si schierano dalla parte dell’errore, esso venne considerato vittima. Così coloro che esercitavano ogni energia in opposizione alla Riforma erano ritenuti pietosi e lodati come vittime della crudeltà e dell’oppressione. Questa fu l’opera di Satana, stimolata dallo stesso spirito di ribellione che fu manifestato la prima volta in cielo. Satana cerca costantemente di ingannare gli uomini e di indurli a chiamare la giustizia peccato e il peccato giustizia. Quanto successo ha avuto la sua opera! Quante volte si censurano e si rimproverano i fedeli servitori di Dio perché si erigono senza paura in difesa della verità! [192]
Gli agenti di Satana sono lodati e lusingati, e a volte persino considerati martiri, mentre quelli che dovrebbero essere rispettati e sostenuti per la loro fedeltà a Dio, sono lasciati da soli, considerati con sospetto e sfiducia. La falsa santità e la falsa santificazione sta ancora operando i suoi inganni. Sotto varie forme esibisce lo stesso spirito che ai tempi di Lutero deviava le menti dalle Scritture e guidava gli uomini a seguire i propri sentimenti e le proprie impressioni piuttosto che cedere all’obbedienza della legge di Dio. Questo è uno dei dispositivi di maggior successo di Satana per annullare la purezza e la verità.
Senza paura Lutero difese il Vangelo dagli attacchi che arrivavano da ogni parte. La Parola di Dio si dimostrò un’arma potente in ognuno di questi conflitti. Per mezzo della parola ha combattuto contro l’autorità usurpatrice del papa e la filosofia razionalista degli scolastici, rimanendo fermo come una roccia contro il fanatismo che cercava di allearsi con la Riforma. Ognuno di questi elementi stava a suo modo cercando di mettere da parte le Sacre Scritture per esaltare la saggezza umana come fonte di verità e di conoscenze religiose. Il razionalismo idolatra la ragione e ne fa il criterio per la religione. Il Cattolicesimo, sostenendo che il sommo pontefice fosse illuminato da un’ispirazione ininterrotta proveniente dalla linea degli apostoli, e immutabile in ogni tempo, offrì ampie opportunità ad ogni specie di stravaganza e corruzione di nascondersi sotto la santità del mandato apostolico. L’ispirazione sostenuta da Müntzer e dai suoi associati proveniva da una fonte non superiore a quella dei capricci dell’immaginazione, e la sua influenza non riconosceva alcuna autorità, né umana né divina. Il vero cristianesimo, invece, riceve la Parola di Dio come un grande tesoro della verità ispirata e come testo di paragone per ogni altra ispirazione. Al suo ritorno dalla Wartburg, Lutero completò la sua traduzione del Nuovo Testamento e il Vangelo fu presto dato al popolo tedesco nella loro lingua madre. [193]
Questa traduzione fu accolta con grande gioia da tutti coloro che amavano la verità; ma fu respinta sdegnosamente da coloro che scelsero le tradizioni umane e i comandamenti degli uomini. I sacerdoti erano allarmati al pensiero che le persone comuni sarebbero state ora in grado di discutere con loro i precetti della Parola di Dio e che la loro stessa ignoranza sarebbe stata così esposta. Le armi del loro ragionamento carnale erano impotenti contro la spada dello Spirito. Roma ricorse a tutta la sua autorità per impedire la circolazione delle Scritture; ma i decreti, gli anatemi e le torture furono inutili. Più si condannava e più si proibiva la Bibbia, maggiore era il desiderio delle persone di sapere cosa insegnasse veramente. Tutti quelli che sapevano leggere erano desiderosi di studiare la Parola di Dio per sé stessi. La portavano con loro, la leggevano e rileggevano e non erano soddisfatti finché non avessero imparato a memoria grandi quantità di brani. Vedendo il favore con cui il Nuovo Testamento fu ricevuto, Lutero iniziò immediatamente la traduzione dell’Antico, e lo pubblicò in parti man mano che lo completava. Gli scritti di Lutero furono accolti allo stesso modo sia nelle città che nei villaggi. “Quello che Lutero e i suoi amici traducevano, altri facevano circolare. Dei monaci, convinti dell’illegalità degli obblighi monastici, desiderosi di scambiare una lunga vita di pigrizia con uno sforzo attivo, essendo troppo ignoranti per proclamare la Parola di Dio, viaggiarono attraverso le province, visitando frazioni e casolari, dove vendettero i libri di Lutero e dei suoi amici. La Germania presto brulicava di questi coraggiosi colportori” (Ibid., b. 9, cap. 11). Questi scritti furono studiati con profondo interesse da ricchi e poveri, colti e ignoranti. Di notte gli insegnanti delle scuole del villaggio li leggevano ad alta voce ai piccoli gruppi riuniti attorno ad un caminetto. Con ogni tipo di sforzo le anime furono condotte alla verità e, ricevendo la Parola con gioia, avrebbero a loro volta dato la buona notizia ad altri. [194]
Si adempirono così le parole ispirate: “La dichiarazione delle tue parole illumina; dà intelletto ai semplici” {Salmo 119: 130}. Lo studio delle Scritture stava operando un potente cambiamento nelle menti e nei cuori delle persone. Il dominio papale aveva posto sui suoi sudditi un giogo di ferro che li teneva nell’ignoranza e nella degradazione. Una superstiziosa osservanza delle forme era stata scrupolosamente mantenuta, nella quale il cuore e l’intelletto erano stati relativamente coinvolti nell’adorazione di Dio. La predicazione di Lutero, che esponeva le semplici verità della Parola di Dio, e poi la stessa parola scritta posta nelle mani della gente comune, aveva risvegliato le loro facoltà assopite; non solo purificando e nobilitando la natura spirituale, ma anche dando nuova forza e vigore all’intelletto. Persone di tutti i gradi e classi si vedevano con la Bibbia nelle mani, difendendo le dottrine della Riforma.
I sostenitori del papa che avevano affidato lo studio delle Scritture ai sacerdoti e ai monaci ora li invitavano a farsi avanti e a confutare i nuovi insegnamenti. Ma, nella loro ignoranza delle Scritture e del potere di Dio, i sacerdoti e i frati furono totalmente sconfitti da coloro che avevano denunciato come ignoranti ed eretici. Uno scrittore cattolico disse: “Sfortunatamente Lutero aveva persuaso i suoi seguaci a confidare solamente nei profeti delle Sacre Scritture” (D’Aubigne, n. 9, cap. 11). Le folle si riunivano per ascoltare le verità sostenute da uomini di poca istruzione e da essi discusse persino con teologi istruiti ed eloquenti. La vergognosa ignoranza di questi grandi uomini fu resa evidente dal fatto che i loro argomenti erano contraddetti dai semplici insegnamenti della Parola di Dio. Lavoratori, soldati, donne e persino bambini conoscevano meglio gli insegnamenti biblici dei sacerdoti e dei dottori istruiti. Il contrasto tra i discepoli del Vangelo e i sostenitori della superstizione papale era ancora più evidente tra la gente comune e le file degli studiosi. [195]
“Ai vecchi campioni della gerarchia, che avevano trascurato lo studio delle lingue e la coltivazione della letteratura… si erano aggiunti giovani generosi dediti allo studio, alla ricerca della Scrittura e alla familiarizzazione con i capolavori dell’antichità. Possedendo una mente attiva, un’anima elevata e un cuore intrepido, questi giovani acquisirono presto tale conoscenza che per un lungo periodo nessuno poteva competere con loro… Di conseguenza, quando questi giovani difensori della Riforma incontrarono gli insegnanti Cattolici in qualsiasi assemblea, li attaccavano con tanta disinvoltura e sicurezza che questi uomini ignoranti esitavano, si imbarazzavano e cadevano nel disprezzo tanto meritato agli occhi di tutti” (Ibid., b. 9, cap. 11). Mentre il clero di Roma vedeva diminuire le loro congregazioni, essi invocarono l’aiuto dei magistrati, e con ogni mezzo in loro potere cercarono di riconquistare i loro ascoltatori. Ma il popolo aveva trovato in questi nuovi insegnamenti ciò che poteva soddisfare i desideri delle loro anime; essi si allontanarono quindi da coloro che li avevano nutriti per così tanto tempo con le spoglie senza valore dei riti superstiziosi e delle tradizioni umane. Quando la persecuzione fu accesa contro i maestri della verità, prestarono attenzione alle parole di Cristo: “Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra” {Matteo 10: 23}. La luce penetrava ovunque. I fuggiaschi avrebbero trovato da qualche altra parte una porta ospitale aperta a loro, e lì dimorando, avrebbero predicato il Cristo persino in chiesa, ma se gli fosse stato negato questo privilegio, avrebbero continuato nelle case private o all’aria aperta. Ovunque avessero trovato degli ascoltatori quel luogo sarebbe diventato un tempio consacrato.
La verità, proclamata con tanta energia e sicurezza, si diffuse con potere irresistibile. Invano furono invocate autorità sia ecclesiastiche che civili per schiacciare l’eresia. Invano fecero ricorso alla prigionia, alla tortura, al fuoco e alla spada. Migliaia di credenti sigillarono la loro fede con il loro sangue, ma l’opera andò avanti. La persecuzione serviva solo ad estendere la verità, mentre il fanatismo che Satana cercò di introdurre portò solamente a una comprensione più chiara del contrasto tra l’opera di Satana e l’opera di Dio. [196]
Una delle più nobili testimonianze mai pronunciate in favore della Riforma fu la protesta dei prìncipi cristiani della Germania alla Dieta di Spira, nel 1529. Il coraggio, la fede e la fermezza di quegli uomini di Dio conquistarono per le generazioni successive la libertà di pensiero e di coscienza. Fu la protesta dei prìncipi, i quali sono “l’essenza stessa del protestantesimo” (D’Aubigne, b. 13, cap. 6), a far sì che la chiesa riformata venisse definita protestante. Un giorno oscuro e minaccioso sarebbe arrivato per la Riforma. Nonostante l’editto di Worms, che dichiarò Lutero un fuorilegge e che vietò l’insegnamento e la fede delle sue dottrine, la tolleranza religiosa era prevalsa nell’impero. La provvidenza di Dio aveva tenuto sotto controllo le forze che si opponevano alla verità. Carlo V era deciso ad estirpare la Riforma, ma spesso, alzando la mano per colpire, qualcosa impediva la sua azione. Varie volte la distruzione di tutti coloro che osavano opporsi a Roma era sembrata imminente; ma ecco che nel momento più critico gli eserciti dei turchi apparvero sulla frontiera orientale o il re di Francia, o lo stesso papa, geloso della crescente grandezza dell’imperatore, era deciso a fargli guerra; e così, in mezzo al conflitto e al tumulto delle nazioni, la Riforma aveva avuto modo di rafforzarsi ed estendersi. Alla fine, tuttavia, i sovrani cattolici soffocarono le loro faide, affinché potessero fare causa comune contro i riformatori. La Dieta di Spira, nel 1526, aveva dato a ciascuno stato piena libertà in materia di religione fino alla convocazione di un consiglio generale; [197]
Ma non appena vennero superati i pericoli che assicuravano questa concessione, l’imperatore convocò una seconda Dieta a Spira nel 1529 allo scopo di estirpare l’eresia. I prìncipi dovevano essere indotti, con mezzi pacifici, se possibile, a schierarsi contro la Riforma; ma se questo tentativo fosse fallito, Carlo V era pronto a ricorrere alla forza. I sostenitori del papa erano esultanti. Affluirono a Spira in gran numero e manifestarono apertamente la loro ostilità verso i Riformatori e tutti coloro che li favorivano. Melantone disse: “Noi siamo divenuti la maledizione e la spazzatura del mondo; ma Cristo volgerà il Suo sguardo verso il Suo povero popolo e lo preserverà” (Ibid., b. 13, cap. 5). Ai prìncipi evangelici presenti alla Dieta era proibito persino di far predicare il Vangelo nelle loro dimore. Ma il popolo di Spira aveva sete della Parola di Dio e, nonostante il divieto, migliaia si affollavano ai servizi che si svolgevano nella cappella dell’elettore di Sassonia. Questo accelerò la crisi. Un messaggio imperiale annunciò alla Dieta che poiché la decisione di concedere la libertà di coscienza aveva dato origine a grandi disordini, l’imperatore richiedeva che fosse annullato. Questo atto arbitrario ha suscitato l’indignazione e l’allarme dei cristiani evangelici. Uno di loro disse: “Cristo è di nuovo caduto nelle mani di Caiafa e Pilato”. I Cattolici divennero sempre più violenti. Un bigotto sostenitore del papa dichiarò: “I turchi sono migliori dei Luterani; perché i turchi osservano dei giorni di digiuno mentre i luterani li violano. Se dobbiamo scegliere tra le Sacre Scritture di Dio e i vecchi errori della chiesa, dovremmo respingere le prime”. Melantone disse ancora: “Ogni giorno, in piena assemblea, Faber lancia qualche nuova pietra contro di noi evangelici” (Ibid., b. 13, cap. 5). La tolleranza religiosa era stata stabilita legalmente e gli stati evangelici erano decisi a opporsi alla violazione dei loro diritti. Lutero, essendo ancora sotto il divieto imposto dall’Editto di Worms, non era autorizzato ad essere presente a Spira; ma il suo posto fu occupato dai suoi collaboratori e dai prìncipi che Dio aveva suscitato per difendere la Sua causa in questa emergenza. [198]
Il nobile Federico di Sassonia, ex protettore di Lutero, era morto; ma il duca Giovanni, suo fratello e successore, aveva accolto con gioia la Riforma e, pur essendo amico della pace, dimostrò grande energia e coraggio in tutte le questioni relative agli interessi della fede. I sacerdoti chiesero che gli stati che avevano accettato la Riforma si sottomettessero implicitamente alla giurisdizione romana. I riformatori, d’altra parte, rivendicavano la libertà che era stata precedentemente concessa. Non potevano permettere a Roma di portare di nuovo sotto il suo controllo quegli stati che avevano con così grande gioia ricevuto la Parola di Dio. Come compromesso era stato infine proposto che laddove la Riforma non fosse ancora arrivata, l’editto di Worms doveva essere applicato rigorosamente; mentre “in quelli in cui il popolo non ne aveva tenuto conto e perciò non era possibile conformarsi ad esso senza pericolo di rivolta non avrebbero dovuto effettuare alcuna nuova riforma, né prendere in considerazione i punti controversi; la celebrazione della messa doveva essere tollerata e non si doveva permettere a nessun cattolico di abbracciare il luteranesimo” (Ibid., b. 13, cap. 5). Questa proposta fu approvata dalla Dieta con grande soddisfazione da parte dei sacerdoti e dei prelati cattolici. Se questo editto fosse stato applicato “la Riforma non si sarebbe potuta estendere… là dove ancora era sconosciuta, né essere stabilita su solide fondamenta là dove già esisteva” (Ibid., b. 13, cap. 5). La libertà di parola sarebbe stata vietata e nessuna conversione sarebbe stata consentita; i sostenitori della Riforma furono subito obbligati a sottomettersi a queste restrizioni e proibizioni. Le speranze del mondo sembravano sul punto di estinguersi. “Il ristabilimento della gerarchia romana… avrebbe riportato in modo infallibile gli antichi abusi” e questa sarebbe stata un’occasione ideale per “completare la distruzione di un’opera già così violentemente scossa” dal fanatismo e dal dissenso. (Ibid., b. 13, cap. 5). Mentre i membri del partito evangelico si incontravano per consultarsi, si guardavano l’un l’altro in un vuoto sgomento. Uno chiedeva all’altro: “Che cosa si deve fare?” Erano in gioco enormi interessi che riguardavano il mondo intero. [199]
“I capi della Riforma dovrebbero forse sottomettersi e accettare l’editto? Con quanta facilità i Riformatori, in questa crisi che è stata veramente terribile, avrebbero potuto imboccare una strada sbagliata! Quanti pretesti plausibili e ragioni giuste avrebbero potuto trovare per sottomettersi! Ai principi luterani fu garantito il libero esercizio della loro religione. Lo stesso favore era stato esteso anche a tutti i loro sudditi che, prima della decisione proposta, avevano abbracciato la fede riformata. Non doveva tutto ciò accontentarli? Quanti pericoli sarebbero stati evitati con la loro sottomissione! L’opposizione, invece, avrebbe provocato contrattempi e conflitti. Chi poteva conoscere quali opportunità aveva in serbo il futuro? Abbracciare la pace; prendere il ramo di ulivo che Roma protende e guarire le ferite della Germania. Con argomentazioni del genere, i riformatori avrebbero potuto giustificare benissimo l’adozione di un corso che avrebbe sicuramente portato in poco tempo al rovesciamento della loro causa.
“Fortunatamente hanno esaminato il principio su cui si basava questo accordo e hanno agito con fede. Qual era questo principio? Era il diritto che Roma si arrogava di limitare la coscienza e proibire il libero arbitrio. Ma non erano loro stessi e gli altri protestanti a godere della libertà religiosa? Sì, ma come un favore appositamente previsto nell’accordo e non come un diritto. Per quanti si trovavano al di fuori di questo accordo, vigeva il grande principio dell’autorità Cattolica; la coscienza non contava più; Roma era il giudice infallibile e tutti dovevano obbedirgli. L’accettazione dell’accordo proposto sarebbe stata un’ammissione virtuale che la libertà religiosa doveva essere limitata unicamente alla Sassonia riformata; e per quanto riguardava tutto il resto della cristianità, il libero arbitrio e la professione della fede riformata erano crimini e dovevano essere puniti con la prigione e il rogo. I riformatori avrebbero acconsentito nel localizzare e limitare la libertà religiosa? Potevano proclamare implicitamente che la Riforma aveva ormai fatto la sua ultima conversione? Che avevano occupato il suo ultimo acro di terreno? E che ovunque Roma regnasse in quel momento, lì il suo dominio doveva essere perpetuato? I riformatori potevano dichiararsi innocenti del sangue di quelle centinaia e migliaia di persone che, in base a questo accordo, sarebbero state messe a morte nelle terre papali? [200]
Questo sarebbe stato tradire, in quell’ora solenne, la causa del Vangelo e la libertà della cristianità” (Wylie, b. 9, cap. 15). Piuttosto “avrebbero sacrificato tutto, persino i loro possedimenti, le loro corone e le loro vite” (D’Aubigne, b. 13, cap. 5). “Rifiutiamo questo decreto”, dissero i principi. “In materia di coscienza, la maggioranza non ha potere”. I deputati dichiararono: “È grazie al decreto del 1526 che beneficiamo della pace di cui oggi gode l’impero: la sua abolizione riempirebbe la Germania di problemi e divisioni. La Dieta non può fare altro che preservare la libertà religiosa finché il Consiglio non si riunisca” (Ibid., b. 13, cap. 5). Proteggere la libertà di coscienza è un dovere dello stato e questo è il limite della sua autorità in materia di religione. Ogni governo secolare che tenta di regolare o di far rispettare le osservanze religiose da parte dell’autorità civile sta sacrificando il principio stesso per cui il cristiano evangelico ha lottato così nobilmente. I sostenitori del papa decisero di sopprimere quella che chiamavano “un’ostinazione audace”. Iniziarono cercando di provocare divisioni tra i sostenitori della Riforma e intimidendo tutti coloro che non si erano apertamente dichiarati in suo favore. I rappresentanti delle città libere furono convocati dinnanzi alla Dieta per dichiarare se avevano aderito o meno ai termini della proposta. Chiesero un ritardo, ma fu invano. Quando furono messi alla prova, quasi la metà del loro numero si schierò con i riformatori. Coloro che si rifiutavano in questo modo di sacrificare la libertà di coscienza e il diritto di un giudizio individuale sapevano bene che la loro posizione attuale li avrebbe segnati per future critiche, condanne e persecuzioni. Uno dei delegati disse: “Noi dobbiamo o negare la Parola di Dio, o accettare il rogo” (Ibid., b. 13, cap. 5). Il re Ferdinando, rappresentante dell’imperatore alla Dieta, si rese conto che il decreto avrebbe causato gravi divisioni, a meno che i principi non potessero essere indotti ad accettarlo e sostenerlo. Ricorse perciò all’arte della persuasione, ben sapendo che impiegare la forza con uomini simili gli avrebbe resi solo più determinati. [201]
Egli “supplicò i prìncipi di accettare il decreto, assicurando loro che l’imperatore sarebbe stato estremamente soddisfatto di loro”. Ma questi uomini fedeli riconobbero un’autorità superiore a quella dei governanti terreni, e risposero con calma: “Obbediremo all’Imperatore in tutto ciò che può contribuire a mantenere la pace e l’onore di Dio” (Ibid., b. 13, cap. 5). Durante la Dieta il re annunciò all’elettore e ai suoi amici che l’editto “stava per essere redatto sotto forma di un decreto imperiale” e che “la loro unica possibilità rimanente era quella di sottomettersi alla maggioranza”. Avendo così parlato, si ritirò dall’assemblea, togliendo ai riformatori l’occasione di deliberare o di rispondere. “Essi mandarono invano una delegazione che supplicava il re di tornare”. Alle loro rimostranze rispose solo: “È ormai deciso; la sottomissione è tutto ciò che vi rimane da fare” (Ibid., b. 13, cap. 5). Il partito imperiale era convinto che i prìncipi cristiani avrebbero considerato le Sacre Scritture superiori alle dottrine e alle tradizioni umane; e sapevano che ovunque fosse accettato questo principio, il papato sarebbe stato rovesciato. I suoi aderenti, come molti altri in seguito, che consideravano solo le “cose visibili”, si lusingarono che la causa dell’imperatore e del papa fosse forte, e quella dei Riformatori debole. Se i Riformatori si fossero basati solo sull’aiuto umano, sarebbero stati per davvero impotenti così come supponevano i sostenitori del papa. Ma sebbene fossero pochi come numero e in disaccordo con Roma, essi erano forti. Cambiarono il loro punto di riferimento “dal rapporto della Dieta alla parola di Dio e dall’Imperatore Carlo a Gesù Cristo, il Re dei re e il Signore dei signori” (Ibid., b. 13, cap. 6). Mentre Ferdinando si era rifiutato di considerare le loro convinzioni di coscienza, i prìncipi decisero di non considerarlo e di portare la loro protesta davanti al consiglio nazionale senza indugio. Fu quindi redatta e presentata alla Dieta questa solenne dichiarazione: “Protestiamo davanti a Dio, il nostro unico Creatore, Custode, Redentore e Salvatore, che un giorno sarà nostro Giudice, come anche davanti a tutti gli uomini e a tutte le creature, che per noi e per la nostra gente, non acconsentiremo e non aderiremo in alcun modo al decreto proposto, in tutto ciò che è contrario a Dio, alla Sua santa Parola, alla nostra retta coscienza e alla salvezza delle nostre anime”. [202]
“Che cosa? Ratificare questo editto? Affermare che quando Dio, l’Onnipotente, chiama un uomo alla Sua conoscenza, quest’uomo non è libero di ricevere la conoscenza di Dio? Non esiste altra dottrina certa, se non quella che è conforme alla Parola di Dio… Il Signore proibisce l’insegnamento di qualsiasi altra dottrina… Le Sacre Scritture dovrebbero essere spiegate con altri testi biblici più chiari; questo libro sacro è necessario in ogni aspetto della vita del cristiano; è facile da comprendere e pensato per disperdere l’oscurità dell’errore. Perciò noi siamo decisi, mediante la grazia di Dio, nel mantenere la pura ed esclusiva predicazione della Sua Parola, così com’è contenuta nei libri biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento, senza aggiungere nulla che possa essere contrario ad essa. Questa Parola è l’unica verità, è l’unica regola sicura di ogni dottrina e di ogni esistenza che non può mai fallire o ingannarci. Colui che costruisce su questo fondamento resisterà contro tutte le potenze dell’inferno, mentre tutte le vanità umane che si levano contro di essa cadranno davanti agli occhi di Dio”. “Per questa ragione noi respingiamo il giogo che ci viene imposto e allo stesso tempo, ci aspettiamo che sua maestà imperiale si comporti nei nostri confronti come un principe cristiano che ama Dio sopra ogni cosa. Noi in questo modo ci dichiareremo pronti a tributargli, come pure a voi, nobili signori, tutto l’affetto e l’obbedienza che sono il nostro dovere legittimo e giusto nei vostri confronti” (Ibid., b. 13, cap. 6). Questa risposta produsse una profonda impressione sulla Dieta. La maggioranza era piena di stupore ed allarme per l’audacia dei manifestanti. Il futuro apparve loro tempestoso e incerto. Dissenso, conflitto e spargimento di sangue sembravano inevitabili. Ma i riformatori, sicuri della giustizia della loro causa e confidando nel braccio dell’Onnipotente, erano “pieni di coraggio e fermezza”. “I princìpi contenuti in questa celebre protesta… costituiscono l’essenza stessa del protestantesimo”. [203]
Questa protesta si oppone a due abusi dell’uomo in materia di fede: la prima è l’intrusione del magistrato civile e la seconda l’autorità arbitraria della chiesa. Invece di promuovere questi abusi, il protestantesimo innalza il potere della coscienza al di sopra del magistrato e l’autorità della Parola di Dio al di sopra della chiesa visibile. In primo luogo, rifiuta il potere civile nelle questioni divine e proclama assieme ai profeti e agli apostoli le seguenti parole: “Dobbiamo ubbidire a Dio piuttosto che all’uomo”. Al cospetto della corona di Carlo V, eleva la corona di Gesù Cristo. Ma va ben più lontano: stabilisce il principio secondo il quale tutto l’insegnamento umano dovrebbe essere subordinato ai profeti di Dio” (Ibid., b. 13, cap. 6). I manifestanti avevano inoltre affermato il loro diritto di esprimere liberamente le proprie convinzioni in materia di verità. Non solo credevano e obbedivano, ma insegnavano ciò che la Parola di Dio presenta e negavano il diritto del prete o del magistrato di interferire. La protesta di Spira fu una solenne testimonianza contro l’intolleranza religiosa e un’affermazione del diritto di tutti gli uomini di adorare Dio secondo i dettami della propria coscienza. La dichiarazione rimase impressa nel ricordo di migliaia di persone e registrata nei libri del cielo, dove nessuno sforzo umano poteva cancellarla. Tutta la Germania evangelica protestò come espressione della propria fede. Ovunque gli uomini vedevano in questa dichiarazione la promessa di una nuova e migliore era. Uno dei prìncipi disse ai protestanti della Spira: “Possa l’Onnipotente, che vi ha dato la grazia di confessarlo energicamente, liberamente e senza paura, preservarvi in quella fermezza cristiana fino al giorno dell’eternità” (Ibid., b. 13, cap. 6). Se la Riforma, dopo aver raggiunto un certo grado di successo, avesse acconsentito a temporeggiare per assicurarsi il favore con il mondo, sarebbe stata infedele a Dio e a sé stessa, e avrebbe quindi assicurato la propria distruzione. L’esperienza di questi nobili riformatori contiene una lezione per tutte le età successive. Oggi il modo di operare di Satana contro Dio e la Sua Parola non è cambiato; egli è sempre ostile alle Scritture, quali norme della vita, così come lo era nel sedicesimo secolo. Nel nostro tempo c’è un ampio divario dalle loro dottrine e dai loro precetti e perciò c’è bisogno di un ritorno al grande principio protestante: la Bibbia e la Bibbia soltanto, come regola della fede e di condotta. [204]
Satana sta ancora lavorando con tutti i mezzi a sua disposizione per controllare e distruggere la libertà religiosa. Il potere anticristiano che i manifestanti di Spira respinsero, è presente proprio ora con rinnovato vigore, cercando di ristabilire la sua supremazia perduta. Oggi la stessa incrollabile adesione alla Parola di Dio manifestata in quella crisi della Riforma è ancora l’unica speranza di riforma. Apparvero segni di pericolo per i protestanti; ma vi erano anche chiari segni che mostravano la mano divina tesa per proteggere i fedeli. Fu in quel periodo che “Melantone condusse frettolosamente per le strade di Spira, verso il Reno, il suo amico Simon Grynaeus, sollecitandolo ad attraversare il fiume. Quest’ultimo era sbalordito da così tanta fretta e Melantone gli disse: “Un vecchio dall’aria grave e solenne, a me sconosciuto, mi apparve davanti e mi disse: “In un minuto ufficiali di giustizia saranno inviati da Ferdinando per arrestare Grynaeus”. Durante quello stesso giorno, Grynaeus venne scandalizzato da un sermone di Faber, un importante dottore pontificio; alla fine del quale, non esitò a protestare contro di lui per aver difeso “alcuni errori detestabili”. “Faber dissimulò la sua rabbia, ma subito dopo si rivolse al re, dal quale aveva ottenuto un ordine contro l’importuno professore di Heidelberg. Melantone non dubitava del fatto che Dio avesse voluto salvare il suo amico inviando uno dei suoi santi angeli ad avvertirlo. “Immobile sulle rive del Reno, attese che le acque di quel torrente portassero al sicuro Grynaeus lontano dai suoi persecutori. “Finalmente” gridò Melantone, vedendolo dal lato opposto, “finalmente è strappato dalle mascelle crudeli di chi ha sete di sangue innocente”. Quando tornò a casa, Melantone venne informato che gli ufficiali in cerca di Grynaeus avevano perquisito da cima a fondo la sua abitazione” (Ibid., b. 13, cap. 6).
La Riforma doveva essere portata in maggior risalto davanti ai potenti della terra. Ai prìncipi evangelici era stata negata l’udienza da parte dal re Ferdinando, ma dovevano avere l’opportunità di presentare la loro causa alla presenza dell’imperatore e dei dignitari riuniti della chiesa e dello stato. [205]
Per placare i dissidi che disturbavano l’impero, Carlo V, nell’anno successivo alla protesta di Spira, convocò una Dieta ad Augusta, con l’intenzione di presiederla personalmente. Lì furono convocati anche i leader protestanti. Grandi pericoli minacciarono la Riforma; ma i suoi sostenitori avevano posto la fiducia della loro causa in Dio e si impegnavano ad essere fermi nel Vangelo. L’elettore di Sassonia fu sollecitato dai suoi consiglieri a non presentarsi alla Dieta. Dissero che l’imperatore richiedeva la presenza dei principi con lo scopo di attirarli in una trappola: “Non significava forse rischiare tutto per andare a chiudersi dentro le mura di una città con un potente nemico?”. Ma altri nobilmente dichiararono: “Lascia che i prìncipi si comportino con coraggio e che la causa di Dio venga salvata”. Lutero disse: “Dio è fedele; non ci abbandonerà” (Ibid., b. 14, cap. 2). L’elettore partì, con il suo seguito, per Augusta. Tutti conoscevano i pericoli che lo minacciavano e molti procedevano con un’espressione cupa e un cuore turbato. Ma Lutero, che li accompagnò fino a Coburgo, rianimò la loro fede, che stava affondando, cantando un inno, scritto durante il viaggio: “Forte rocca è il nostro Dio”. Molti oscuri presagi furono banditi e molti cuori appesantiti furono illuminati all’ascolto di questo inno ispirato. I prìncipi riformati avevano deciso di fare una dichiarazione dei loro punti di vista in forma sistematica, provata interamente dalle Scritture, da presentare alla Dieta; il compito di questa documentazione fu affidato a Lutero, Melantone e ai loro collaboratori. Questa Confessione fu accettata dai protestanti come l’esposizione della loro fede. Essi si riunirono tutti per firmare l’importante documento. Si trattava di un tempo solenne e decisivo. I riformatori non volevano che la loro causa venisse confusa con questioni politiche; sentivano che la Riforma non doveva esercitare altra influenza all’infuori di quella che procede dalla Parola di Dio. [206]
Quando i prìncipi cristiani avanzarono per firmare la Confessione, Melantone si interpose, dicendo: “Spetta ai teologi e ai ministri del Vangelo proporre queste cose; mentre l’autorità dei potenti di questa terra è riservata ad altre questioni”. Giovanni di Sassonia rispose: “Dio non voglia che tu debba escludermi! Sono deciso a fare ciò che è giusto, senza preoccuparmi della mia corona. Desidero confessare il Signore. Il mio cappello elettorale e il mio ermellino non mi sono così preziosi quanto la croce di Gesù Cristo”. Detto questo, firmò a suo nome. Mentre prendeva la penna, un altro tra i prìncipi, disse: “Se l’onore del mio Signore Gesù Cristo lo richiede, sono pronto… a lasciarmi alle spalle i miei beni e la mia vita”. Preferirei piuttosto rinunciare ai miei sudditi e ai miei possedimenti, abbandonare persino il paese dei miei padri piuttosto che aderire a qualsiasi altra dottrina al di fuori di quelle contenute in questa Confessione” (Ibid., b. 14, cap. 6). Tale era la fede e l’audacia di quegli uomini di Dio. Arrivò quindi il momento stabilito di presentarsi davanti all’imperatore. Carlo V, seduto sul suo trono, circondato dagli elettori e dai prìncipi, diede ascolto ai Riformatori protestanti. La confessione della loro fede venne letta. In quell’importante assemblea le verità del Vangelo vennero chiaramente esposte e gli errori della chiesa papale segnalati. Quel giorno fu dichiarato esser “il più grande giorno della Riforma, e uno dei più gloriosi nella storia del cristianesimo e dell’umanità” (Ibid., b. 14, cap. 7). Passarono alcuni anni da quando il monaco di Wittenberg si trovava da solo a Worms prima del consiglio nazionale. Ora al suo posto c’erano i prìncipi più nobili e potenti dell’impero. A Lutero era stato proibito di apparire ad Augusta, ma era stato presente con le sue parole e con le sue preghiere. “Sono felicissimo”, scrisse, “di aver vissuto fino a questo momento, in cui Cristo è stato pubblicamente esaltato da tali illustri confessori, in un’assemblea così gloriosa” (Ibid., b. 14, cap. 7). Si adempiva così ciò che dice la Scrittura: “Parlerò delle tue testimonianze davanti ai re e non sarò svergognato” {Salmo 119: 46}. [207]
Nei suoi tempi, Paolo portò dinanzi ai prìncipi e ai nobili della città imperiale quel Vangelo, a cagione del quale egli era stato messo in prigione. Così in questa occasione, quello che l’imperatore aveva proibito di predicare dal pulpito fu proclamato dal palazzo; ciò che molti consideravano inadeguato far udire anche solo ai loro servi, fu ascoltato con meraviglia dai grandi e dai signori dell’impero. L’uditorio si componeva di re e di alti dignitari, i predicatori erano dei prìncipi coronati e il sermone era rappresentato dalle grandi verità di Dio. “Fin dall’epoca apostolica”, disse uno scrittore, “non c’era mai stata un’opera più grande o una più grande confessione” (D’Aubigne, n. 14, cap. 7). “Tutto ciò che hanno detto i luterani è vero; non possiamo negarlo”, ha dichiarato un vescovo cattolico. “Può lei smentire, con motivazioni valide, la Confessione fatta dall’elettore e dai suoi alleati?”, chiese un altro al dottor Eck. La risposta fu: “Con gli scritti degli apostoli e dei profeti, no!”; “Ma con quelli dei padri e dei concili… sì!”. “Capisco”, rispose l’interlocutore. “I luterani sono fedeli alla Scrittura ma noi non lo siamo” (Ibid., B. 14, cap. 8). Alcuni dei principi della Germania furono vinti alla fede riformata. L’imperatore stesso dichiarò che gli articoli protestanti erano una fonte di verità. La Confessione è stata tradotta in molte lingue e diffusa in tutta Europa, essendo poi accettata da milioni di generazioni successive come espressione della loro fede. I servi fedeli di Dio non stavano lavorando da soli. Mentre i principati, le potenze e gli spiriti malvagi dei luoghi celesti si univano contro di loro, il Signore non abbandonò il Suo popolo. Se i loro occhi fossero stati aperti, avrebbero visto prove evidenti della presenza divina e dell’intervento che sarebbe stato concesso come in passato in favore di un profeta dell’antichità. Quando il servitore di Eliseo additò al suo padrone l’esercito nemico che li circondava e che precludeva loro ogni opportunità di fuga, il profeta pregò: “Signore, ti prego, aprigli gli occhi, affinché possa vedere” {2 Re 6: 17}. Ed ecco, la montagna era piena di carri e cavalli di fuoco, l’esercito del cielo era là per proteggere l’uomo di Dio. Allo stesso modo gli angeli custodivano gli operai nella causa della Riforma. [208]
Uno dei princìpi più fermamente sostenuti da Lutero era che non si doveva far ricorso né al potere laico a sostegno della Riforma, né far ricorso alle armi per la sua difesa. Si rallegrava che il Vangelo fosse confessato dai prìncipi dell’impero; ma quando proposero di unirsi in una lega difensiva, dichiarò che “la dottrina del Vangelo doveva essere difesa solamente da Dio… Quanto meno l’uomo si fosse intromesso nell’opera, tanto più sorprendente sarebbe stato l’intervento di Dio in suo favore. Tutte le precauzioni politiche suggerite erano, a suo avviso, attribuibili a timori indegni e sfiducia peccaminosa” (D’Aubigne, Londra ed., B. 10, cap. 14). Quando dei potenti nemici si univano per rovesciare la fede riformata, e migliaia di spade stavano per essere sfoderate contro di essa, Lutero scriveva: “Satana sta sfogando tutta la sua ira; gli empi pontefici stanno cospirando; siamo minacciati di guerra. Esortate le persone a combattere valorosamente davanti al trono del Signore, mediante la fede e la preghiera, in modo che i nostri nemici, sconfitti dallo Spirito di Dio, possano essere costretti alla pace. Il nostro primario bisogno e la nostra principale preoccupazione è la preghiera; la gente sappia che ora siamo esposti alla spada e alla furia di Satana… che preghino!” (D’Aubigne, n. 10, cap. 14). Di nuovo, in un secondo momento, riferendosi alla lega formata dai principi riformati, Lutero dichiarò che l’unica arma impiegata in questa guerra doveva essere “la spada dello Spirito”. Egli scrisse all’elettore di Sassonia: “In coscienza, non posso approvare l’alleanza proposta. Preferirei morire dieci volte piuttosto che vedere il nostro Vangelo far versare una goccia di sangue. La nostra parte è quella di comportarci come agnelli pronti al massacro. La croce di Cristo deve essere sopportata. Sua altezza non abbia paura: otterremo più noi dalle nostre preghiere che tutti i nostri nemici con la loro spavalderia. Solo non lasci che le sue mani siano macchiate del sangue dei suoi fratelli. Se l’imperatore esige che noi siamo consegnati ai suoi tribunali, allora saremo pronti a presentarci. Lei non può difendere la nostra fede: ognuno deve credere a proprio rischio e pericolo” (Ibid., B. 14, cap. 1). [209]
Dal luogo segreto della preghiera derivò il potere della Grande Riforma che scosse il mondo intero. Lì, con santa calma, i servi del Signore posero i loro piedi sulla roccia delle Sue promesse. Durante la lotta ad Augusta, Lutero “non passò un giorno senza dedicare almeno tre ore alla preghiera; esse furono ore selezionate fra quelle migliori per lo studio”. Nell’intimità della sua camera fu ascoltato versare la sua anima davanti a Dio con parole “piene di adorazione, timore e speranza, come quando si parla ad un amico”. “So che Tu sei nostro Padre e nostro Dio”, disse, “e che disperderai i persecutori dei tuoi figli; perché Tu stesso sei in pericolo, la responsabilità è Tua, sei Tu che ci hai costretto ad impegnarci in questa direzione. Difendici, o Padre!” (Ibid., b. 14, cap. 6). A Melantone, che era oppresso dal peso dell’ansia e della paura, scrisse: “Grazia e pace in Cristo… in Cristo, dico, e non nel mondo. Io detesto con un odio estremo quelle eccessive preoccupazioni che ti consumano. Se la causa è ingiusta, abbandonala; se la causa è giusta, perché dovremmo dubitare delle promesse di Colui che ci ordina di dormire senza paura? Il Cristo non trascurerà la Sua opera di giustizia e verità. Egli vive e regna; che paura potremo mai avere?” (Ibid., b. 14, cap. 6). Dio ha ascoltato le grida dei Suoi servi. Egli diede ai prìncipi e ai ministri la grazia e il coraggio di mantenere pura la verità contro i governanti delle tenebre di questo mondo. Il Signore dice: “Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare, eletta, preziosa; e chi crederà in essa non sarà affatto svergognato” {1 Pietro 2: 6}. I riformatori protestanti si erano fondati su Cristo e le porte dell’inferno non potevano prevalere contro di loro. [210]
La protesta di Spira e la confessione di fede ad Augusta, che segnarono il trionfo della Riforma in Germania, furono seguite da anni di conflitti e oscurità. Indebolito dalle divisioni tra i suoi sostenitori e assalito da potenti nemici, il protestantesimo sembrava destinato ad essere completamente distrutto. Migliaia di persone sigillarono la loro testimonianza con il proprio sangue. Scoppiò la guerra civile e la causa protestante fu tradita da uno dei suoi principali aderenti; il più nobile dei principi riformati cadde nelle mani dell’imperatore e tanti furono imprigionati di città in città. Ma nel momento del suo apparente trionfo, l’imperatore fu sconfitto. Vide sfuggirgli di mano la preda che credeva fosse già sua e alla fine fu costretto a tollerare quelle stesse dottrine che si era proposto di distruggere. Egli, che aveva impiegato tutto il suo regno, i suoi tesori e la sua stessa vita per schiacciare l’eresia, vide i suoi eserciti devastati dalla battaglia, i suoi tesori prosciugati, i suoi numerosi regni minacciati dalla rivolta, mentre ovunque la fede, che aveva cercato invano di sopprimere, andava estendendosi sempre più. Carlo V aveva combattuto contro il potere dell’Onnipotente. Dio aveva detto: “Sia la luce”, ma l’imperatore si era illuso di riuscire a mantenere ininterrotta l’oscurità. Il suo proposito fallì; sebbene ancora relativamente giovane, logorato dalla lunga lotta, abdicò il trono e si isolò in un convento. In Svizzera, come in Germania, ci furono giorni bui per la Riforma. Mentre molti cantoni accettavano la fede riformata, altri si aggrappavano con cieca ostinazione al credo di Roma. [211]
La persecuzione di coloro che desideravano ricevere la verità alla fine diede origine ad una vera e propria guerra civile. Zwingli e molti che si erano uniti a lui nella Riforma caddero sull’insanguinato campo di Cappel. Ecolampadio, sopraffatto da queste terribili esperienze, morì poco dopo. Roma era trionfante e sembrava sul punto di recuperare tutto ciò che aveva perso. Ma Colui i cui consigli sono eterni non aveva abbandonato la Sua causa né il Suo popolo. La Sua mano avrebbe recato loro la liberazione. In molte altre terre Dio aveva suscitato operai che avrebbero portato avanti la Riforma. In Francia, ancor prima che il nome di Lutero fosse conosciuto come quello di un riformatore, iniziò già a spuntare l’alba di un nuovo giorno. Uno dei primi a scorgere la luce fu l’anziano Lefevre, un uomo di grande cultura, professore all’Università di Parigi ed un sincero e zelante sostenitore del papa. Indagando nella letteratura antica, la sua attenzione venne rivolta alla Bibbia e ne introdusse lo studio tra i suoi studenti. Lefevre era un’entusiasta adoratore dei santi, si era impegnato a preparare una storia dei santi e dei martiri secondo le leggende della chiesa. Questa era un’opera che richiedeva un grande sforzo; aveva già fatto notevoli progressi, quando pensò che la Bibbia gli avrebbe potuto fornire informazioni utili. Qui trovò dei santi che però non avevano nulla a che fare con quelli figurati nel calendario romano e un’ondata di luce divina irruppe nella sua mente. Con stupore e disgusto, abbandonò il lavoro intrapreso e si dedicò alla Parola di Dio. Le preziose verità che scoprì, presto cominciò ad insegnarle. Nel 1512, prima che Lutero o Zwingli avessero iniziato l’opera della Riforma, Lefevre scrisse: “È Dio che ci dona, per fede, quella giustizia che, per sola grazia, ci giustifica per la vita eterna” (Wylie, b. 13, cap. 1). [212]
Riflettendo sui misteri della redenzione, esclamò: “Oh, indicibile grandezza di questa sostituzione! L’innocente è condannato e il colpevole è liberato; la benedizione subisce la maledizione e il maledetto viene benedetto; la vita muore e i morti vivono; la gloria è immersa dall’oscurità e colui che non conosceva altro che confusione è rivestito di gloria” (D’Aubigne, Londra ed., b. 12, cap. 2).
Pur insegnando che la gloria della salvezza appartiene unicamente a Dio, egli dichiarava anche che il dovere dell’obbedienza appartiene all’uomo. “Se sei un membro della chiesa di Cristo”, disse, “sei un membro del Suo corpo; se fai parte del Suo corpo, allora sei ripieno della natura divina… Oh, se gli uomini potessero comprendere questo privilegio, vivrebbero la loro vita in modo puro, casto e santo! E quanto considererebbero spregevole quella gloria terrena, se confrontata con quella gloria che l’occhio carnale non può vedere” (Ibid., b. 12, cap. 2). Vi erano alcuni tra gli studenti di Lefevre che ascoltavano con entusiasmo le sue parole e che molto tempo dopo, quando la voce dell’insegnante fu messa a tacere, continuarono a proclamare la verità. Vi era un tale chiamato William Farel. Figlio di devoti genitori ed educato fin da piccolo ad accettare con fede implicita gli insegnamenti della chiesa, avrebbe potuto ripetere, parlando di sé stesso, le parole dell’apostolo Paolo: “Secondo la setta più rigida della nostra religione, ho vissuto da fariseo” {Atti 26: 5}. Devoto cattolico, era pieno di zelo, pronto a distruggere tutti coloro che si fossero opposti alla chiesa. “Digrignavo i denti come un lupo furioso”, disse in seguito riferendosi a quel periodo della sua vita, “quando sentivo qualcuno parlare contro il papa” (Wylie, b. 13, cap. 2). Fu un instancabile adoratore dei santi, in compagnia di Lefevre fece il giro delle chiese di Parigi, adorando dinanzi agli altari e recando doni ai sacri santuari. Ma queste osservanze non potevano portare pace all’anima. Egli sentiva gravare su di sé la convinzione del peccato, e nulla poteva tranquillizzarlo, nonostante tutti i suoi atti di penitenza. Egli ascoltava le parole del Riformatore come se fossero una voce proveniente dal cielo: “La salvezza è per grazia”. “L’Innocente è condannato e il criminale è assolto”. [213]
“Solo la croce di Cristo può aprire le porte del cielo e chiudere le porte dell’inferno” (Ibid., b. 13, cap. 2). Farel accettò con gioia la verità. Con una conversione simile a quella di Paolo egli si volse dalla schiavitù della tradizione alla libertà dei figli di Dio. “Invece del cuore omicida di un lupo rapace”, disse, “tornai tranquillamente come un agnello mite e innocuo, avendo allontanato completamente il mio cuore dal papa, per donarlo a Gesù Cristo” (D’Aubigne, b . 12, cap. 3). Mentre Lefevre continuava a diffondere la luce tra i suoi studenti, Farel, essendo zelante nella causa di Cristo come lo era stato in quella del papa, uscì per proclamare la verità in pubblico. Un dignitario della chiesa, il vescovo di Meaux, subito dopo si unì a loro. Anche altri insegnanti, noti per il loro sapere, si unirono nella proclamazione del Vangelo, conquistando aderenti tra tutte le classi, dalle case degli artigiani e dei contadini al palazzo reale. La sorella di Francesco I, che allora era il monarca regnante, accettò la fede riformata. Il re stesso e la regina madre apparvero per un certo tempo favorevoli alla Riforma e, con grandi speranze, i riformatori attesero il momento in cui la Francia avrebbe conquistato il Vangelo. Ma le loro speranze non si sarebbero realizzate. Processi e persecuzioni attendevano i discepoli di Cristo. Questo, però, fu misericordiosamente velato ai loro occhi. Ci fu infatti un breve tempo di pace, che permise loro di riprendere forza per affrontare l’imminente tempesta; la Riforma, quindi, fece rapidi progressi. Il vescovo di Meaux lavorava zelantemente nella sua diocesi per istruire sia il clero che il popolo. I sacerdoti ignoranti e immorali furono rimossi e, per quanto possibile, sostituiti da uomini dotti e pii. Il vescovo desiderava fortemente che il popolo potesse avere l’accesso diretto e personale alla Parola di Dio; e questo fu presto realizzato. Lefevre intraprese la traduzione del Nuovo Testamento; e proprio nel momento in cui la Bibbia tedesca di Lutero usciva dalla stampa di Wittenberg, il Nuovo Testamento francese fu pubblicato a Meaux. Il vescovo non risparmiò né sforzi né spese per diffonderlo nelle sue parrocchie e presto i contadini di Meaux entrarono in possesso delle Sacre Scritture. [214]
Come i viaggiatori che periscono assetati accolgono con gioia una sorgente d’acqua viva, allo stesso modo queste anime accettarono con gioia il messaggio del Cielo. I contadini nel campo e gli artigiani nel laboratorio rallegrarono le loro fatiche quotidiane parlando delle preziose verità della Bibbia. Alla sera, invece di andare alla bettola, si radunavano nelle case degli uni o degli altri per leggere la Parola di Dio e unirsi nella preghiera e nella lode. Un grande cambiamento si manifestò presto in queste comunità. Pur appartenendo alla classe più umile, nelle vite di quei contadini senza istruzione e cultura, si rivelò il potere riformatore ed edificante della grazia divina. Umili, amorevoli e santi essi testimoniavano ciò che il Vangelo può compiere in chi lo accetta con sincerità. La luce accesa a Meaux proiettò lontano i suoi raggi. Ogni giorno aumentava il numero dei convertiti. L’ira della gerarchia papale fu tenuta per un breve periodo sotto il controllo del re, il quale disprezzava lo stretto bigottismo dei monaci; ma i dirigenti papali alla fine prevalsero e il patibolo fu innalzato. Il vescovo di Meaux, costretto a scegliere tra il rogo e la ritrattazione, scelse la via più facile; ma nonostante la caduta del leader, il suo gregge rimase saldo anche se molti testimoniarono della verità tra le fiamme. Con il loro coraggio e fedeltà sul patibolo, questi umili cristiani parlarono a migliaia di persone che in giorni di pace non avrebbero mai ascoltato la loro testimonianza. Non erano solo gli umili e i poveri, che tra la sofferenza e il disprezzo, osavano rendere testimonianza di Cristo. Nelle sale signorili del castello e del palazzo vi erano delle anime nobili che stimavano la verità al di sopra della ricchezza, della posizione sociale e persino della propria vita. Il manto regale nascondeva uno spirito più alto e più saldo di quanto non facesse la veste e la mitra del vescovo. Louis de Berquin era di nobile nascita. Cavaliere coraggioso e cortese, era dedito allo studio, raffinato nei modi e di morale irreprensibile. Uno scrittore disse: “Era un fedele seguace delle istituzioni papali e un grande ascoltatore di messe e di sermoni; egli coronava le sue virtù odiando in modo particolare il Luteranesimo”. [215]
Ma, come tanti altri, provvidenzialmente guidati alla Bibbia, fu sorpreso di trovare lì “non le dottrine di Roma, ma le dottrine di Lutero” (Wylie, b. 13, cap. 9). Da quel momento in poi si consacrò devotamente alla causa del Vangelo. Considerato “il più dotto fra i nobili di Francia”, il suo genio e la sua eloquenza, il suo coraggio indomito, il suo eroico zelo e la sua influenza a corte, essendo il favorito del re, fecero in modo che fosse considerato da molti come il futuro riformatore della sua patria. Beza disse: “Berquin sarebbe stato un secondo Lutero, se avesse trovato in Francesco I un secondo elettore”. I sostenitori del papa infatti gridavano: “È peggio di Lutero” (Ibid., b. 13, cap. 9). Era il più temuto dai Cattolici di Francia, i quali lo fecero imprigionare come eretico. Il re, però, lo fece liberare. Per anni questa lotta continuò. Francesco, oscillando tra Roma e la Riforma, alternava tolleranza e restrizioni nei confronti dell’eccesso di zelo dei monaci. Berquin fu tre volte imprigionato dalle autorità papali, per poi essere rilasciato dal re, che, ammirando il suo genio e la sua nobiltà di carattere, si rifiutò di sacrificarlo alla malizia delle gerarchie romane. Berquin fu ripetutamente avvertito del pericolo che lo minacciava in Francia e fu sollecitato a seguire i passi di coloro che avevano trovato sicurezza nell’esilio volontario. Erasmo, timido e opportunista, che nonostante la dovizia del suo sapere era privo di quella grandezza morale che sa anteporre la verità alla vita e agli onori, scrisse a Berquin queste parole: “Chiedi di essere inviato come ambasciatore in qualche paese straniero; vai e viaggia fino in Germania. Tu conosci Beda che come sai è un mostro dalle mille teste, che sprizza veleno da ogni parte. I tuoi nemici sono una legione. Anche se la tua causa fosse migliore di quella di Gesù Cristo, essi non ti lasceranno andare finché non ti avranno distrutto miseramente. Non fidarti troppo della protezione del re. In ogni caso, non mi compromettere con la facoltà di teologia” (Ibid., b. 13, cap. 9). Man mano che i pericoli aumentavano, lo zelo di Berquin diventava sempre più forte. Lungi dall’adottare il consiglio politico ed egoista di Erasmo, decise di ricorrere a misure ancora più audaci. [216]
Non avrebbe solo difeso la verità, ma avrebbe attaccato l’errore. L’accusa di eresia che i cattolici stavano cercando di gettare su di lui, si sarebbe ritorta su di loro. I più attivi e severi tra i suoi oppositori furono i dottori e i monaci del dipartimento teologico della grande Università di Parigi, una delle più alte autorità ecclesiastiche della città e della nazione. Dagli scritti di questi dottori, Berquin estrasse dodici proposizioni che dichiarò pubblicamente essere “contrarie alla Bibbia ed eretiche” e fece appello al re affinché agisse da giudice nella controversia. Il monarca, non fu per nulla riluttante nel contrastare la potenza e l’acutezza dei campioni in lotta fra loro, e allo stesso tempo lieto di avere l’opportunità di umiliare l’orgoglio di questi monaci altezzosi, invitò i Cattolici a difendere la loro causa mediante la Bibbia. Quest’arma avrebbe giovato loro ben poco perché essi invece sapevano servirsi bene della prigione, della tortura e del rogo. Ora che le carte in gioco erano state scoperte, si vedevano già sul punto di cadere nella fossa in cui avevano sperato di lanciare Berquin. Preoccupati si guardarono attorno per trovare una via di fuga. “Proprio in quel momento un’immagine della Vergine posta all’angolo di una delle strade, venne mutilata”. C’era una grande eccitazione nella città. Folle di persone accorrevano sul luogo con espressioni di lutto e indignazione. Persino il re fu profondamente scosso. Ecco un espediente che i monaci avrebbero potuto utilizzare a loro vantaggio e che concretizzarono rapidamente. “Questi sono i frutti delle dottrine di Berquin” gridarono. “Tutto sta per essere sovvertito – la religione, le leggi, il trono stesso – da questa cospirazione luterana” (Ibid., b. 13, cap. 9). Di nuovo Berquin fu arrestato. Il re si ritirò da Parigi e i monaci furono quindi lasciati liberi di operare secondo la loro volontà. Il riformatore fu processato e condannato a morte e, per evitare che Francesco intervenisse ancora una volta per salvarlo, la sentenza fu eseguita proprio il giorno stesso in cui essa fu pronunciata. [217]
A mezzogiorno, Berquin fu condotto al patibolo. Un’immensa moltitudine si radunò per assistere all’esecuzione e molti videro con stupore e dolore che la vittima era stata scelta tra le migliori e più nobili famiglie della Francia. Lo stupore, l’indignazione, il disprezzo e l’odio amaro oscuravano i volti di quella folla sempre in aumento; solo un volto pareva tranquillo: quello di Berquin. I pensieri del martire erano ben lontani da quella scena di tumulto; egli sentiva solo la presenza del Signore. Il disgraziato tumulto delle folle che percorreva, le facce accigliate dei suoi persecutori e la terribile morte a cui stava andando incontro non attiravano la sua attenzione; Colui che è morto e che ora è vivo per sempre, che ha le chiavi della morte e dell’inferno, era lì accanto a lui. Il volto di Berquin era radioso della luce e della pace del cielo. Aveva indossato il suo abito migliore, “un mantello di velluto, un farsetto di raso e damasco e calze dorate” (D’Aubigne, Storia della Riforma in Europa al tempo di Calvino, n. 2, cap. 16). Stava per testimoniare la sua fede alla presenza del Re dei re e dell’universo intero e nessun segno di lutto avrebbe dovuto smentire la sua gioia. Mentre il corteo avanzava lentamente tra le strade affollate, la gente si stupiva nel notare la serena pace e il gioioso trionfo del suo aspetto e del suo portamento. “Egli è”, dissero, “come uno che siede in un tempio e medita su cose sante” (Wylie, b. 13, cap. 9). Sul rogo, Berquin cercò di rivolgere alcune parole alla gente; ma i monaci, temendone il risultato, cominciarono a gridare mentre i soldati facevano tintinnare le loro armi in modo che il clamore coprisse la voce del martire. Così nel 1529 la più alta autorità letteraria ed ecclesiastica della colta Parigi “diede alla popolazione del 1793 un vile esempio di come soffocare sul patibolo le parole sacre dei morenti” (Ibid. B. 13, cap. 9). Berquin fu strangolato e il suo corpo fu consumato dalle fiamme. La notizia della sua morte causò molta tristezza fra gli amici della Riforma in tutta la Francia. [218]
Ma il suo esempio non fu vano. “Anche noi siamo pronti”, dissero i testimoni della verità, “ad incontrare la morte allegramente, fissando i nostri sguardi sulla vita che verrà” (D’Aubigne, Storia della Riforma in Europa al tempo di Calvino, b. 2, cap. 16). Durante la persecuzione di Meaux, gli insegnanti della fede riformata furono privati della licenza di predicare e se ne andarono in altri campi. Lefevre dopo un po’ si diresse in Germania. Farel tornò nella sua città natale, nella Francia orientale, per diffondere la luce nella casa della sua infanzia. Anche là erano già arrivate le notizie di quello che avveniva a Meaux, e così la verità che insegnava con impavido zelo, trovò molti ascoltatori. Ben presto le autorità cercarono di farlo tacere e fu bandito dalla città. Sebbene non potesse più lavorare pubblicamente, attraversò pianure e villaggi, insegnando nelle abitazioni private e nei prati appartati, trovando riparo in quelle foreste e in quelle caverne rocciose che erano state il suo rifugio durante la fanciullezza. Dio lo stava preparando per maggiori prove. “Le croci, le persecuzioni e le macchinazioni di Satana, di cui sono stato preavvisato, non mancano”, disse; “Sono anche molto più severe di quanto io non pensassi; ma Dio è mio Padre; Egli mi ha fornito e mi fornirà sempre la forza di cui ho bisogno” (D’Aubigne, Storia della Riforma del XVI secolo, n. 12, cap. 9). Come ai giorni apostolici, la persecuzione aveva contribuito “piuttosto all’avanzamento del Vangelo” {Filippesi 1: 12}. Scacciati da Parigi e da Meaux, “se ne andarono di città in città predicando la parola” {Atti 8: 4}. Fu proprio in questo modo che la luce si fece strada in molte delle remote province della Francia. Intanto Dio stava preparando altri operai per estendere la sua causa. In una delle scuole di Parigi vi era un giovane riflessivo e tranquillo, che stava già dando prova di una grande mente. Egli si distingueva per il comportamento irreprensibile, per la preparazione intellettuale e la devozione religiosa. Il suo genio e la sua intuizione lo resero presto l’orgoglio del collegio, tanto che era facile immaginare che Jean Calvin (Calvino) sarebbe diventato uno dei più abili e onorati difensori della chiesa. [219]
Ma un raggio di luce divina penetrò anche dentro le mura dell’insegnamento scolastico e della superstizione con cui Calvino era stato educato. Sentì parlare di queste nuove dottrine con terrore e non dubitò del fatto che gli eretici meritassero il fuoco nel quale venivano gettati. Eppure, involontariamente, fu indotto ad affrontare l’eresia faccia a faccia e costretto a testare il potere della teologia Cattolica Romana per combattere l’insegnamento protestante. Un cugino di Calvino, Olivetano, che si era unito ai riformatori, era a Parigi. I due parenti spesso si incontravano e discutevano insieme le questioni che stavano disturbando la cristianità. “Esistono solo due religioni nel mondo”, disse Olivetano, il protestante, “una è quella che comprende tutte le religioni inventate dagli uomini, in cui l’uomo si salva attraverso cerimonie e buone opere; mentre l’altra è quella religione rivelata dalla Bibbia e che insegna all’uomo di cercare la salvezza unicamente nella grazia gratuita di Dio”. “Non accetterò nessuna delle tue nuove dottrine!”, esclamò Calvino, “Pensi che io abbia vissuto nell’errore tutta la mia vita?” (Wylie, b. 13, cap. 7). Nella mente di Calvino erano entrati dei pensieri che egli non poteva eliminare. Solo, nella sua camera, meditò sulle parole di suo cugino. La condanna del peccato si fissò su di lui; vide sé stesso, senza un intercessore, in presenza di un giudice santo e giusto. La mediazione dei santi, le buone opere e le cerimonie della chiesa erano tutte impotenti nell’espiare il suo peccato. Poteva vedere davanti a sé solo l’oscurità dell’eterna disperazione. Invano i dottori della chiesa si sforzarono di alleviare il suo dolore. La confessione e la penitenza venivano fatte invano; non potevano riconciliare la sua anima a Dio. Mentre era ancora impegnato in queste infruttuose lotte, Calvino un giorno, si trovò costretto a visitare una delle piazze pubbliche dove assistette al rogo di un eretico. Si meravigliò per l’espressione di pace che si era posata sul volto del martire. [220]
Tra le torture di quella terribile morte e sotto la più terribile condanna della chiesa, manifestò una fede e un coraggio che il giovane studente non poteva fare a meno di paragonare alla propria disperazione, nonostante vivesse nella più rigida obbedienza alla chiesa. Calvino sapeva che gli eretici fondavano la loro fede sulla Bibbia. Decise quindi di studiarla e di scoprire il segreto della loro gioia. Nella Bibbia trovò Cristo. “O Padre”, gridò, “il suo sacrificio ha placato la Tua ira. Il suo sangue ha lavato via le mie impurità. La sua croce ha rimosso la mia maledizione. La sua morte mi ha espiato. Noi abbiamo inventato molte follie inutili, ma hai posto la Tua parola davanti a me come una torcia e hai toccato il mio cuore, affinché io ritenga abominio tutti gli altri meriti, tranne quelli di Gesù” (Martyn, vol. 3, cap. 13). Calvino era stato educato affinché divenisse un sacerdote. Quando aveva solo dodici anni venne nominato cappellano di una piccola chiesa e la sua testa venne tosata dal vescovo secondo il canone della chiesa. Non avendo ancora ricevuto la consacrazione sacerdotale, egli non svolgeva ancora le mansioni di prete, ma era per diritto membro del clero e percepiva un’indennità a riguardo. Ora, comprendendo che non sarebbe mai più potuto diventare un prete, si interessò per un periodo allo studio della legge, ma alla fine abbandonò questo scopo e decise di dedicare la sua vita al Vangelo. Tuttavia esitò a diventare un insegnante pubblico. Era per natura timido; si sentiva oppresso dalla pesante responsabilità della sua posizione e desiderava dedicarsi ancora allo studio. Le richieste insistenti dei suoi amici, tuttavia, ottennero il suo consenso. “È meraviglioso”, disse, “che qualcuno di così umili origini venga esaltato ad una così grande dignità” (Wylie, b. 13, cap. 9). Calvino iniziò la sua missione e le sue parole furono come la rugiada che cadeva per rinfrescare la terra. Aveva lasciato Parigi e ora si trovava in una città di provincia sotto la protezione della principessa Margherita, che, amando il Vangelo, estendeva la sua protezione ai suoi discepoli. [221]
Calvino, ancora giovane, dal portamento gentile e senza pretese, iniziò la sua attività visitando le persone nelle loro case. Circondato dai membri della famiglia, leggeva la Bibbia e svelava le verità della salvezza. Chi ascoltava il messaggio portava la buona novella ad altri e presto l’insegnante passò oltre la città fino ad arrivare alle città e ai villaggi periferici. Ovunque, sia nei castelli che nelle capanne, il messaggio venne accettato e andò oltre gettando le fondamenta delle chiese che avrebbero formato impavidi testimoni per la causa della verità. Alcuni mesi dopo andò di nuovo a Parigi. Vi era un’agitazione insolita nella cerchia degli uomini colti e degli studiosi. Lo studio delle lingue antiche aveva condotto gli uomini alla Bibbia e molti, i cui cuori non erano stati toccati dalle sue verità, stavano discutendo ardentemente e persino dando battaglia ai maggiori esponenti del cattolicesimo. Calvino, pur essendo un abile combattente nel campo teologico, aveva una missione ben più alta da compiere rispetto a quella di questi rumorosi scolari. Le menti degli uomini erano agitate e ora era il momento di svelare loro la verità. Mentre le sale delle università erano piene di clamore a causa delle dispute teologiche, Calvino si stava facendo strada di casa in casa, spiegando alla gente la Bibbia e parlando loro di Cristo e di Lui crocifisso. Nella provvidenza di Dio, Parigi avrebbe avuto l’occasione di ricevere un nuovo invito ad accettare il Vangelo. Il richiamo di Lefevre e Farel era stato respinto, ma di nuovo il messaggio sarebbe stato ascoltato da tutte le classi di quella grande capitale. Il re, influenzato dalle considerazioni politiche, non si era ancora schierato pienamente dalla parte del Sistema Romano contro la Riforma. Margherita nutriva ancora la speranza che il protestantesimo potesse trionfare in Francia. Decise che la fede riformata doveva essere predicata a Parigi perciò, durante l’assenza del re, ordinò a un pastore protestante di predicare nelle chiese della città. Essendo stato però proibito dai dignitari papali, la principessa fece aprire le porte del palazzo reale. Un appartamento venne adibito a cappella e fu annunciato che ogni giorno, a un’ora specifica, sarebbe stato predicato un sermone al quale persone di ogni grado e classe sociale sarebbero state invitate a parteciparvi. [222]
Le folle si accalcarono per assistere al servizio. Non solo la cappella, ma anche le anticamere e i corridoi erano affollati. Migliaia si riunivano ogni giorno: nobili, statisti, avvocati, commercianti e artigiani. Il re, invece di vietare le assemblee, ordinò che fossero aperte le porte di due chiese di Parigi. Mai prima d’ora la città fu così scossa dalla Parola di Dio. Lo spirito di vita che veniva dal cielo sembrava essersi posto sul popolo. La temperanza, la purezza, l’ordine e l’attività stavano prendendo il posto dell’ubriachezza, della licenziosità, dei tumulti e dell’ozio. Ma la gerarchia cattolica non rimase inattiva; il re si rifiutò di interferire interrompendo la predicazione, perciò si rivolse alla popolazione. Non venne risparmiato alcun mezzo per eccitare le paure, i pregiudizi e il fanatismo delle moltitudini ignoranti e superstiziose. Cedendo ciecamente ai suoi falsi insegnanti, Parigi, come l’antica Gerusalemme, non conobbe il tempo del suo giudizio {Isaia 29: 6} né le cose che servivano alla sua pace {Luca 19: 42}. Per due anni la Parola di Dio fu predicata nella capitale; ma, mentre vi erano molti che accettavano il Vangelo, la maggioranza della gente lo respingeva. Francesco si era dimostrato apparentemente tollerante, ma solo per perseguire i propri scopi e così i sostenitori del papa riuscirono a riconquistare potere. Di nuovo le chiese vennero chiuse e i patiboli innalzati. Calvino si trovava ancora a Parigi diffondendo la luce della Parola, e nel contempo studiando, meditando e pregando per potersi preparare alla sua futura attività. Alla fine, tuttavia, tutti i sospetti si fissarono su di lui. Le autorità decisero quindi di condannarlo al rogo. Ritenendosi al sicuro nel suo rifugio non aveva pensato a questo pericolo, quando all’improvviso i suoi amici arrivarono di corsa nella sua stanza con la notizia che gli agenti stavano arrivando per arrestarlo. In quell’istante si udì un forte bussare all’ingresso esterno. Non c’era tempo da perdere. Alcuni dei suoi amici trattennero gli agenti alla porta, mentre altri aiutarono il riformatore a calarsi da una finestra, per poi dirigersi rapidamente verso la periferia della città. Trovando rifugio nella casetta di un operaio, che era un amico della riforma, scambiò le proprie vesti con le sue e, con una zappa in spalla, si mise in viaggio. [223]
Viaggiando verso sud, trovò nuovamente protezione nei domini di Margherita (D’Aubigne, Storia della Riforma in Europa nel tempo di Calvino, Vol. 2, cap. 30). Qui rimase per alcuni mesi, al sicuro sotto la protezione di potenti amici, continuando lo studio che aveva iniziato precedentemente. Ma il suo cuore era rivolto all’evangelizzazione della Francia e non poteva restare a lungo inattivo. Non appena la tempesta si attenuò in qualche modo, cercò un nuovo campo di lavoro a Poitiers, dove c’era persino un’università e dove le nuove opinioni avevano già trovato favore. Gente di ogni classe ascoltava volentieri il Vangelo. Non vi era un luogo pubblico per la predicazione, ma nella casa del capo magistrato, nei suoi alloggi e talvolta nei giardini pubblici, Calvino svelava quelle che erano le Parole della vita eterna a coloro che desideravano ascoltare. Dopo un po’, quando il numero degli ascoltatori aumentò, si pensò che fosse più sicuro riunirsi fuori dalla città. Una grotta situata sul fianco di una profonda e stretta gola, dove alberi e rocce a strapiombo rendevano l’isolamento ancora più completo, fu scelto come luogo di incontro. Piccoli gruppi lasciavano la città per vie diverse, riunendosi in questo luogo isolato dove la Bibbia veniva letta ad alta voce e spiegata. Proprio qui la Cena del Signore venne celebrata per la prima volta dai protestanti di Francia. Da quella piccola chiesa furono inviati numerosi fedeli evangelisti. Ancora una volta, Calvino tornò a Parigi. Non poteva ancora rinunciare alla speranza che la Francia, come nazione, accettasse la Riforma. Ma trovò quasi tutte le porte chiuse. Insegnare il Vangelo significava incamminarsi per la strada che portava al rogo, perciò alla fine decise di partire per la Germania. Aveva appena lasciato la Francia quando una tempesta irruppe sui protestanti; se fosse rimasto, sarebbe stato sicuramente coinvolto nella rovina generale. I riformatori francesi, desiderosi di vedere il loro paese al passo con la Germania e la Svizzera, decisero di colpire in modo audace le superstizioni di Roma, in modo tale da risvegliare l’intera nazione. [224]
Di conseguenza, una notte, vennero affissi in tutta la Francia dei cartelloni che attaccavano la messa. Invece di portare avanti la riforma, questo gesto zelante, ma mal pensato, ne portò la rovina, non solo dei suoi propagatori, ma anche degli amici della fede riformata in tutta la Francia. Esso diede ai Cattolici un’opportunità che avevano desiderato a lungo: un pretesto per chiedere la completa distruzione degli eretici come agitatori pericolosi per la stabilità del trono e la pace della nazione. Una mano sconosciuta, quella di un amico indiscreto o di un nemico astuto, attaccò uno dei cartelli alla porta della camera privata del re. Il monarca fu pieno di orrore. In questo documento vennero attaccate in modo spietato tutte quelle superstizioni che furono accolte e venerate ormai da secoli. L’incredibile audacia che venne utilizzata nell’introdurre queste offensive espressioni alla presenza reale suscitò l’ira del sovrano. Con stupore, rimase per un po’ tremante e senza parole. Poi la sua rabbia trovò espressione nelle terribili parole: “Siano presi indistintamente tutti coloro che sono sospettati di Luteresia. Li sterminerò tutti!” (Ibid., b. 4, cap. 10). Il dado venne tratto! Il re decise quindi di schierarsi completamente dalla parte del Sistema Romano. Furono subito prese delle misure per l’arresto di ogni luterano di Parigi. Un povero artigiano, un aderente alla fede riformata, che solitamente convocava i credenti nelle loro assemblee segrete, fu preso e, sotto la minaccia di una morte istantanea sul rogo, gli fu ordinato di condurre l’emissario papale nella casa di ogni protestante della città. Si ritrasse inorridito dalla proposta iniziale, ma alla fine prevalse la paura per le fiamme e acconsentì a diventare il traditore dei suoi fratelli. Preceduto dall’ostia e circondato da un abbondante numero di sacerdoti, incensieri, monaci e soldati, Morin, il giustiziere reale, con il traditore, passò lentamente e silenziosamente per le strade della città. La dimostrazione era apparentemente in onore del “santo sacramento”, come atto di espiazione per l’insulto recato alla messa dai manifestanti. Ma sotto questo pretesto si celava uno scopo omicida. [225]
Arrivando di fronte alla casa di un luterano, il traditore fece un cenno, ma non venne pronunciata alcuna parola. La processione si fermò, entrarono in casa, trascinarono via la famiglia e la incatenarono; così facendo la terribile compagnia se ne andò via in cerca di nuove vittime. Non risparmiarono nessuna casa, grande o piccola, nemmeno i college dell’Università di Parigi… Morin fece tremare tutta la città… Era diventato un regno di terrore” (Ibid., b. 4, cap. 10). Le vittime furono messe a morte dopo crudeli torture, ordinando espressamente che il fuoco fosse mantenuto basso per prolungare la loro agonia. Ma morirono come conquistatori. La loro costanza era incrollabile, la loro pace senza alcuna ombra. I persecutori, impotenti nello spostare la loro inflessibile fermezza, si sentirono sconfitti. “Le impalcature erano distribuite su tutti i quartieri di Parigi ed i roghi sarebbero stati accesi nei giorni successivi con l’idea di diffondere il terrore dell’eresia mediante le esecuzioni. Il vantaggio, tuttavia, rimase dalla parte del Vangelo perché tutti ebbero modo di vedere che tipo di persone condividevano le nuove opinioni. Non esisteva pulpito paragonabile al rogo del martire. La serena gioia che illuminava i volti di questi uomini mentre camminavano… verso il luogo dell’esecuzione, il loro eroismo mentre si trovavano tra le fiamme, il loro perdono per le ferite ricevute, trasformarono, in molti casi, la rabbia in pietà e l’odio in amore, e parlavano con estrema eloquenza in difesa del Vangelo” (Wylie, b. 13, cap. 20). I sacerdoti, impegnati nell’istigare l’ira popolare, fecero circolare le più terribili accuse contro i protestanti. Furono accusati di complottare un massacro dei cattolici, di voler rovesciare il governo e persino di voler uccidere il re. Non fu però possibile trovare neanche una sola prova a sostegno delle accuse. Eppure queste profezie di sventura si sarebbero adempiute; anche se in circostanze molto diverse e per cause di carattere opposto. Le crudeltà inflitte agli innocenti protestanti da parte dei cattolici si accumularono in tensioni, che secoli dopo segnarono quel destino predetto come incombente sul re, sul suo governo e sui suoi sudditi; ma fu ad opera degli infedeli e dei cattolici stessi. Fu proprio la repressione del protestantesimo che, trecento anni dopo, avrebbe causato alla Francia queste terribili calamità. [226]
Sospetto, sfiducia e terrore pervasero tutte le classi della società. In mezzo all’allarme generale si vide quanto fosse profonda la presa dell’insegnamento luterano sulle menti degli uomini che si distinguevano per educazione, influenza ed eccellenza del carattere. Improvvisamente posizioni di fiducia ed onore rimasero vacanti. Artigiani, tipografi, studiosi, professori nelle università, autori e persino cortigiani scomparvero. Centinaia di persone fuggirono da Parigi, scegliendo di auto-esiliarsi dalla loro terra natia, rivelando così il loro favore per la fede riformata. I seguaci del papa si guardarono attorno con stupore al pensiero di aver avuto, senza saperlo, degli eretici che erano stati tollerati in mezzo a loro. La loro rabbia si sfogò su moltitudini di vittime più umili che erano in loro potere. Le prigioni erano affollate e l’aria stessa sembrava oscurata dal fumo dei roghi, accesi per i testimoni del Vangelo. Francesco I si era gloriato di essere un leader nel grande movimento di risveglio culturale che segnò l’apertura del sedicesimo secolo. Si era compiaciuto di riunire alla sua corte uomini colti di ogni paese. L’amore per la cultura e il grado di tolleranza che accordò alla Riforma, lo portò a disprezzare l’ignoranza e la superstizione dei monaci. Ispirato dallo zelo per eliminare l’eresia, questo mecenate della cultura emanò un editto che dichiarava la stampa abolita in tutta la Francia! Francesco I fu uno tra i molti esempi registrati che dimostrò che la cultura intellettuale non è una salvaguardia contro l’intolleranza religiosa e la persecuzione. La Francia, con una cerimonia solenne e pubblica, si sarebbe pienamente impegnata nella distruzione del protestantesimo. I sacerdoti chiesero che l’affronto offerto all’Alto Cielo nel condannare la messa fosse espiato nel sangue e che il re, a nome del suo popolo, ordinasse pubblicamente la condanna di questa tremenda iniziativa. [227]
Il 21 gennaio 1535 fu fissata la data per l’esecuzione del terribile cerimoniale. Le paure superstiziose e l’odio bigotto dell’intera nazione erano state risvegliate. Parigi era affollata dalle moltitudini provenienti da tutto il paese circostante. Il giorno doveva essere inaugurato da una vasta e imponente processione. “Le case lungo il percorso seguito dal corteo erano tappezzate di drappi a lutto, mentre di tanto in tanto sorgevano degli altari”. Dinnanzi a ogni porta vi era posta una torcia accesa in onore del “santo sacramento”. Prima dell’alba si formò la processione dal palazzo del re. “Per primi arrivarono gli stendardi e le croci delle diverse parrocchie; apparvero poi i cittadini, camminando due a due e portando le torce”. Seguirono i quattro ordini di frati, ognuno con il proprio abito particolare. Arrivò poi una vasta collezione di rinomate reliquie. Seguirono i cavalieri ecclesiastici signorili ammantati di porpora e scarlatto, decorati con gioielli di una matrice splendida e scintillante. “L’ostia fu portata dal vescovo di Parigi sotto un magnifico baldacchino, sostenuto da quattro principi… Dopo l’ostia arrivò anche il re… Francesco I in quel giorno non portava né corona, né abito reale. Con la testa scoperta, gli occhi gettati a terra e nella sua mano un cero acceso, il re di Francia appariva come un penitente” (Ibid., b. 13, cap. 21). Ad ogni altare si inchinava come segno d’umiliazione, non a causa dei vizi che profanavano la sua anima, né per il sangue innocente che gli macchiava le mani, ma per il “peccato capitale” dei suoi sudditi che avevano osato condannare la messa. Seguendolo venne la regina e i dignitari di stato, anch’essi a piedi, due a due, ciascuno con una torcia accesa. Come parte del programma di quel giorno, lo stesso monarca doveva tenere un discorso agli alti funzionari del regno nella grande sala del palazzo vescovile. Con un aspetto triste apparve davanti a loro e con parole di commovente eloquenza pianse “il crimine, la bestemmia, il giorno del dolore e della disgrazia”, che era venuto sulla nazione. Invocò l’aiuto di ogni suddito leale per l’estirpazione dell’eresia pestilenziale che minacciava la Francia con la rovina. [228]
“Signori, com’è vero che io sono il vostro re”, disse, “se io sapessi che uno dei miei arti è macchiato o infetto da questo detestabile marciume, vi direi di tagliarmelo… E ancora, se io vedessi uno dei miei figli contaminato da esso, non lo risparmierei… io stesso ve lo consegnerei affinché venga sacrificato a Dio”. Le lacrime soffocavano le sue parole; anche l’intera assemblea pianse ed esclamò concorde: “Vivremo e moriremo per la religione cattolica!” (D’Aubigne, Storia della Riforma in Europa al tempo di Calvino, n. 4, cap. 12). L’oscurità della nazione, che aveva respinto la luce della verità, era diventata terribile. La grazia “che porta salvezza” era apparsa; ma la Francia, dopo aver ammirato il suo potere e la sua santità, dopo che migliaia erano stati attratti dalla sua divina bellezza, dopo che città e villaggi erano stati illuminati dal suo splendore, si era allontanata, scegliendo l’oscurità piuttosto che la luce. Avendo respinto il dono celeste quando gli venne offerto, iniziarono a chiamare il bene male e il male bene, finché non caddero vittima del loro auto-inganno. Ora, sebbene potessero effettivamente credere che stavano svolgendo un servizio per Dio nel perseguitare il Suo popolo, tuttavia la loro sincerità non li rendeva innocenti. La luce che li avrebbe salvati dall’inganno, dal macchiare le loro anime con la colpevolezza del sangue, l’avevano volontariamente respinta. Venne fatto un giuramento solenne per estirpare l’eresia nella grande cattedrale dove, quasi tre secoli dopo, la “Dea della Ragione” sarebbe stata posta sul trono da una nazione che aveva dimenticato il Dio vivente. Di nuovo la processione si formò e i rappresentanti della Francia partirono per iniziare la missione che si erano proposti di portare a termine. “A poca distanza erano stati eretti patiboli, su cui alcuni cristiani protestanti sarebbero stati bruciati vivi e venne stabilito che i roghi fossero accesi proprio nel momento in cui il re si avvicinava di modo che la processione potesse fermarsi per testimoniarne l’esecuzione” (Wylie, b. 13, cap. 21). I dettagli delle torture inflitte a questi testimoni di Cristo sono troppo strazianti per essere descritti; ma nessuna delle vittime tentennò. Venendo esortato a ritrattare, uno rispose: “Io credo solo in ciò che predicarono i profeti e gli apostoli, e a ciò che i santi credevano. [229]
La mia fede ha una fiducia in Dio che resisterà a tutti i poteri dell’inferno” (D’Aubigne, Storia della Riforma in Europa al tempo di Calvino, n. 4, cap. 12). La processione si fermò successivamente nei vari luoghi di tortura. Giunti al punto di partenza del palazzo reale, la folla si disperse, e il re e i prelati si ritirarono, ben accontentandosi degli eventi del giorno e congratulandosi con loro stessi che il lavoro iniziato sarebbe continuato fino alla completa distruzione dell’eresia. Il Vangelo di pace che la Francia aveva respinto sarebbe stato sradicato prontamente, ma le conseguenze sarebbero state terribili. Il 21 gennaio 1793, 258 anni dal giorno in cui la Francia si impegnò nella persecuzione dei riformatori, un’altra processione, con uno scopo ben diverso, attraversò le strade di Parigi. “Di nuovo il re era la figura principale; di nuovo ci furono tumulti e grida; di nuovo si udì il grido di altre vittime; di nuovo c’erano lutti; e di nuovo la giornata si chiuse con orribili esecuzioni; Luigi XVI, dimenandosi dalla presa dei suoi carcerieri e carnefici, fu trascinato fino al ceppo che, da lì a poco tempo, avrebbe immobilizzato la sua testa finché l’ascia non l’avesse colpita e non l’avesse fatta rotolare sul patibolo” (Wylie, b. 13, cap. 21). Il re però non fu l’unica vittima; vicino allo stesso punto, oltre 2700 esseri umani perirono di ghigliottina durante i giorni sanguinosi del Regno del Terrore. La Riforma aveva presentato al mondo una Bibbia aperta, sottolineando i precetti della legge di Dio e sollecitando le sue affermazioni sulle coscienze del popolo. L’Amore infinito aveva spiegato agli uomini gli statuti e i principi del cielo. Dio aveva detto: “Le osserverete dunque e le metterete in pratica; poiché quella sarà la vostra sapienza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo savio e intelligente!” {Deuteronomio 4: 6}. Quando la Francia rifiutò il dono del cielo, seminò i semi dell’anarchia e della rovina; e l’inevitabile conseguenza di causa ed effetto portò alla rivoluzione e al regno del terrore. [230]
Molto prima che la persecuzione fosse provocata dalla manifestazione con i cartelli, l’audace e ardente Farel era stato costretto a fuggire dalla sua terra natale. Trovò riparo in Svizzera dove, insieme a Zwingli, contribuì alla diffusione e al successo della Riforma. I suoi ultimi anni sarebbero trascorsi in questo paese, ma continuò ad esercitare un’influenza decisiva anche nella Riforma in Francia. Durante i primi anni del suo esilio, i suoi sforzi furono diretti specialmente nel diffondere il Vangelo nel suo paese natale. Trascorse molto tempo a predicare tra i suoi concittadini vicino alla frontiera, dove con instancabile vigilanza gli aiutava, attraverso le sue parole di incoraggiamento e consiglio, nel combattimento in favore della verità. Con l’aiuto di altri esuli, gli scritti dei riformatori tedeschi furono tradotti in lingua francese e, insieme alla Bibbia francese, furono stampati in grandi quantità. Queste opere furono diffuse in Francia da colportori. A questi, il materiale era fornito ad un prezzo basso perciò i profitti tratti dalle loro vendite gli consentivano di continuare l’opera. Farel iniziò la sua missione in Svizzera sotto l’umile veste di un maestro di scuola. Rifugiandosi in una parrocchia appartata, si dedicò all’istruzione dei bambini. Oltre ai soliti rami dell’apprendimento, introdusse cautamente le verità della Bibbia, sperando di raggiungere i genitori tramite i bambini. Alcuni iniziarono a credere, ma i sacerdoti si fecero avanti per fermare la sua opera e la superstiziosa gente di campagna fu sollevata per opporsi contro di lui. “Questo non può essere il Vangelo di Cristo”, esortò il prete, “poiché la sua predicazione non porta alla pace, ma alla guerra” (Wylie, b. 14, cap. 3). Come i primi discepoli, quando veniva perseguito in una città fuggiva in un’altra. Di villaggio in villaggio, di città in città, andava, viaggiando a piedi, sopportando la fame, il freddo e la stanchezza, mettendo in pericolo la sua vita ovunque andava. Predicava nei mercati, nelle chiese, a volte dai pulpiti delle cattedrali. A volte trovava le chiese vuote; a volte la sua predicazione era interrotta da grida e schiamazzi; più di una volta venne fatto scendere dal pulpito violentemente. Altrettante volte fu preso dalla plebaglia e picchiato quasi fino alla morte. [231]
Eppure andò avanti. Sebbene spesso venisse respinto, con instancabile persistenza tornava all’attacco; e, una dopo l’altra, vide città, che una volta erano roccaforti del papato, aprire le porte al Vangelo. La piccola parrocchia in cui aveva lavorato per la prima volta accettò presto la fede riformata. Anche le città di Morat e Neuchatel rinunciarono ai riti romani e rimossero le immagini idolatriche dalle loro chiese. Farel desiderava da tanto tempo piantare lo stendardo protestante a Ginevra. Se questa città fosse stata vinta, sarebbe diventata un centro importantissimo per la Riforma in Francia, in Svizzera e in Italia. Con questo obbiettivo davanti a lui, continuò la sua opera fino a quando molte delle città e dei villaggi circostanti vennero vinti. Poi, solo con un compagno, entrò a Ginevra. Ma lì riuscì a predicare solo due sermoni. I sacerdoti, avendo vanamente cercato di ottenere la sua condanna da parte delle autorità civili, lo convocarono davanti ad un concilio ecclesiastico, al quale giunsero con armi nascoste sotto le vesti, determinati a togliergli la vita. Fuori dalla sala una folla inferocita, con mazze e spade, si era riunita per assicurarsi la morte di Farel nel caso fosse riuscito a scappare dal concilio. La presenza di magistrati e di soldati, tuttavia, lo salvò. La mattina presto fu condotto, con il suo compagno, attraverso il lago in un luogo sicuro. In questo modo finì il suo primo tentativo di evangelizzare Ginevra. Per il secondo tentativo fu scelto uno strumento più umile: Froment, un giovane così umile in apparenza da essere trattato freddamente persino dai sostenitori della Riforma. Ma cosa poteva fare un tale come lui lì dove Farel fu rifiutato? Come poteva uno di così poco coraggio ed esperienza resistere alla tempesta davanti alla quale il più forte e coraggioso era stato costretto a fuggire? “Non per forza, né per potenza, ma per il Mio Spirito, dice il Signore” {Zaccaria 4: 6}. “Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le cose che sono potenti… Perché la follia di Dio è più saggia degli uomini; e la debolezza di Dio è più forte degli uomini” {1 Corinzi 1: 27, 25}. Anche Froment iniziò la sua missione come insegnante. Le verità che insegnava ai bambini a scuola, loro la ripetevano nelle loro case. [232]
Ben presto i genitori vennero a conoscenza degli insegnamenti biblici; non passò molto tempo che la sua aula fu piena di attenti ascoltatori. Nuovi Testamenti e trattati furono distribuiti liberamente, fino a raggiungere molti che non osavano ascoltare apertamente le nuove dottrine. Dopo un po’ anche questo predicatore fu costretto a fuggire; ma le verità che insegnò si radicarono nelle menti delle persone. La Riforma era stata piantata e continuava a rafforzarsi ed estendersi. I predicatori tornarono e, attraverso i loro sforzi, il culto protestante fu finalmente stabilito a Ginevra. La città si era già dichiarata favorevole alla Riforma quando Calvino, dopo varie peregrinazioni e vicissitudini, entrò dalle sue porte. Di ritorno da un’ultima visita nella sua città natale, stava andando a Basilea, quando, trovando la strada principale occupata dagli eserciti di Carlo V, fu costretto a percorrere quella secondaria diretta verso Ginevra. In occasione di questa visita Farel riconobbe la mano di Dio. Anche se Ginevra accettava la fede riformata, rimaneva da fare ancora un grande lavoro. Gli uomini non si convertono a Dio in gruppo ma come individui; l’opera di rigenerazione doveva essere operata nel cuore e nella coscienza dei singoli mediante il potere dello Spirito Santo e non attraverso i decreti dei concili. Mentre il popolo di Ginevra aveva rifiutato l’autorità Cattolica, non era tuttavia così pronto a rinunciare a quei vizi che erano stati coltivati sotto il suo governo. Stabilire quei principi puri del Vangelo e preparare le persone ad occupare degnamente il posto al quale la Provvidenza le chiamava, non era un compito facile. Farel era sicuro di aver trovato in Calvino un compagno che si sarebbe potuto unire a lui in quest’opera. Nel nome di Dio, egli scongiurò solennemente il giovane evangelista di rimanere e lavorare lì. Calvino tuttavia ne fu allarmato. Timido e amante della pace, si ritirò dal contatto con quello spirito audace, indipendente e persino violento dei ginevrini. La debolezza della sua salute, insieme alle sue abitudini di studio, lo portarono a cercare un posto appartato. Credendo che con la sua penna potesse servire meglio la causa della riforma, desiderava trovare un rifugio tranquillo per lo studio, e lì, attraverso la stampa, incoraggiare ed istruire le chiese. [233]
Ma la solenne ammonizione di Farel venne da lui percepita come una chiamata dal Cielo e non osò rifiutare. Gli sembrava, disse, “che la mano di Dio si fosse distesa dal cielo, che si fosse impadronita di lui e che lo stabiliva irrevocabilmente nel luogo dal quale lui era così impaziente di andarsene” (D’Aubigne, Storia della Riforma in Europa al tempo di Calvino, b. 9, cap. 17). In quel momento grandi pericoli circondavano la causa protestante. Gli anatemi del papa rombavano contro Ginevra e le potenti nazioni la minacciavano di distruzione. Come poteva questa piccola città resistere alla potente gerarchia papale che tanto spesso aveva costretto i re e gli imperatori alla sottomissione? Come poteva resistere agli eserciti dei più grandi conquistatori del mondo? In tutta la cristianità, il protestantesimo fu minacciato da possenti nemici. Dopo i primi trionfi della Riforma, Roma convocò nuove forze, sperando di poter realizzare la sua distruzione. In quel momento fu creato l’ordine dei Gesuiti, ovvero il più crudele, il più privo di scrupoli e il più potente fra tutti gli esponenti del papato. Privi di ogni legame terreno, di ogni affetto umano, totalmente sordi ai richiami della ragione e della coscienza, non conoscevano alcuna regola e nessun legame all’infuori di quelle del loro ordine; e nessun dovere se non quello di estenderne il suo potere. Il Vangelo di Cristo aveva permesso ai suoi aderenti di affrontare il pericolo e di sopportare le sofferenze, il freddo, la fame, la fatica e la povertà pur di sostenere lo stendardo della verità anche dinnanzi alla prigione, al rogo e al patibolo. Per combattere queste forze, l’ordine dei Gesuiti ispirò nei suoi seguaci un fanatismo che permise loro di sopportare pericoli simili e di opporre al potere della verità tutte le armi dell’inganno. Per loro non esisteva crimine da commettere troppo grande, inganno troppo grave da pronunciare e travestimento troppo difficile da assumere. Votati all’umiltà e alla povertà perpetue, era il loro scopo quello di assicurarsi ricchezze e potere, per servirsene in favore del rovesciamento del protestantesimo e per ristabilire la supremazia papale. [234]
Quando apparivano nelle vesti ufficiali di membri dell’ordine, indossavano un abito di santità, visitavano carceri e ospedali, prestavano servizio ai malati e ai poveri, professavano di aver rinunciato al mondo, di portare il sacro nome di Gesù e di andare in giro facendo del bene. Ma sotto questo aspetto irreprensibile, erano spesso nascosti gli scopi più criminali ed omicidi. Il principio fondamentale dell’ordine è che il fine giustifica i mezzi. Con questo principio la menzogna, il furto, lo spergiuro e l’assassinio non solo erano perdonabili ma persino lodevoli quando servivano agli interessi della chiesa. Sotto vari travestimenti i Gesuiti si fecero strada negli uffici di stato, eletti come consiglieri dei re, manovrando la politica delle nazioni. Essi si facevano servi con lo scopo di poter spiare i loro padroni. Istituirono collegi per i figli di principi e nobili, e scuole per la gente comune; per fare in modo che anche i figli dei genitori protestanti fossero attratti dall’osservanza dei riti papali. Tutta la pompa e l’esibizione esteriore del culto Cattolico furono portate a confondere la mente e ad abbagliare e affascinare l’immaginazione; così, la libertà per cui i padri avevano faticato e lottato a costo del loro sangue fu tradita dai figli. I Gesuiti si diffusero rapidamente in tutta Europa e ovunque andavano, seguiva un risveglio del papato. Per dar loro maggior potere, fu emessa una bolla che ristabiliva l’Inquisizione. Nonostante l’avversione generale con cui veniva considerata, persino nei paesi cattolici, questo terribile tribunale venne nuovamente costituito dai sovrani popolani e nelle sue segrete vennero a ripetersi quelle terribili atrocità troppo orribili per essere sopportate alla luce del giorno. In molti paesi, migliaia e migliaia di persone che costituivano il fior fiore della nazione: pastori puri e nobili, intellettuali altamente istruiti, pii e devoti, cittadini industriosi e patriottici, brillanti studiosi, artisti di talento e abili artigiani furono uccisi o obbligati a fuggire in altre terre. Tali erano i mezzi che Roma aveva invocato per spegnere la luce della Riforma, per ritirare dagli uomini la Bibbia e per ripristinare l’ignoranza e la superstizione dei secoli bui. [235]
Ma sotto la benedizione di Dio e le fatiche di quei nobili uomini che si erano eretti come successori di Lutero, il protestantesimo non venne rovesciato. Non per il favore o le armi dei prìncipi, ma per la sua stessa forza. I paesi più piccoli, le nazioni più umili e meno potenti, divennero le sue fortezze. La piccola Ginevra in mezzo a potenti nemici che complottavano la sua distruzione; l’Olanda, sui suoi banchi di sabbia vicino al mare settentrionale, lottava contro la tirannia della Spagna, il più grande e il più prospero dei regni all’epoca; anche la Svezia, tetra e sterile, ottenne numerose vittorie in favore della Riforma. Per quasi trent’anni, Calvino lavorò a Ginevra, dapprima per fondarvi una chiesa aderente alla moralità della Bibbia e poi per il progresso della Riforma in tutta Europa. Il suo comportamento come leader pubblico non fu impeccabile, né le sue dottrine erano esenti da errori. Ma fu determinante nel diffondere verità che erano di particolare importanza ai suoi tempi, nel mantenere i princìpi del protestantesimo contro l’ondata del papato che tornava rapidamente e nel promuovere, nelle chiese riformate, la semplicità e la purezza della vita al posto dell’orgoglio e della corruzione promossa sotto l’insegnamento dei Cattolici. Da Ginevra uscirono pubblicazioni e predicatori per diffondere le dottrine riformate. A questo punto i perseguitati di ogni paese aspettavano istruzione, consiglio e incoraggiamento. La città di Calvino divenne un rifugio per i riformatori che fuggivano braccati da tutta l’Europa occidentale. Fuggendo dalle terribili tempeste che continuarono per secoli, i fuggiaschi giungevano alle porte di Ginevra affamati, feriti, privi di casa e parenti, furono accolti calorosamente e accuditi teneramente. Trovando un rifugio in questo luogo, benedissero la città che gli adottò mettendo a disposizione la loro abilità, il loro apprendimento e la loro pietà. Molti di coloro che cercarono qui un rifugio, successivamente tornarono nei loro paesi per resistere alla tirannia di Roma. John Knox, il coraggioso riformatore scozzese, alcuni dei puritani inglesi, i protestanti d’Olanda, di Spagna e gli Ugonotti di Francia riportarono da Ginevra la fiaccola della verità per vincere l’oscurità delle loro terre natali. [236]
Nei Paesi Bassi la tirannia papale molto presto ha suscitato proteste accese. Settecento anni prima di Lutero, il papa fu rimproverato duramente da due vescovi, che, essendo stati inviati come ambasciatori a Roma, avevano compreso il vero carattere della “santa sede”. Questi dissero: “Dio ha reso la chiesa, sua regina e sposa, una nobile ed eterna eredità per sé e per la sua famiglia, una dote che non è né sbiadita né corruttibile, le ha dato una corona e uno scettro eterni… e tu ti stai appropriando di questi beni come un ladro. Ti sei stabilito nel tempio di Dio; invece di un pastore, sei diventato un lupo che divora pecore… vorresti farci credere che sei un vescovo supremo, ma ti comporti come un tiranno. Tu dovresti essere il servo dei servi, ma ti sforzi di diventare il signore dei signori. Tu richiami il disprezzo sui comandamenti di Dio. È lo Spirito Santo che edifica le chiese di tutto il mondo… La città del nostro Dio, di cui siamo i cittadini, raggiunge tutte le regioni; ed è più grande della città che i santi profeti chiamarono Babilonia, che pretende di essere divina, si innalza fino al cielo e si vanta che la sua sapienza sia immortale; infine, anche se senza ragione, pretende di non aver mai sbagliato, né di poter mai errare in futuro” (Gerard Brandt, Storia della Riforma nei e sui Paesi Bassi, b. 1, p. 6). [237]
Anche altri sorsero secolo dopo secolo per ricordare e portare avanti questa protesta. Quei primi predicatori che attraversando varie terre, conosciute sotto diversi nomi, portavano il carattere dei missionari valdesi e diffondevano ovunque la conoscenza del Vangelo, arrivarono anche nei Paesi Bassi. Le loro dottrine si diffusero rapidamente. La Bibbia valdese fu tradotta in lingua olandese. Si diceva che in essa vi fosse un grande vantaggio: “niente frivolezze, niente favole, niente sciocchezze, niente inganni, ma solo parole di verità; in effetti c’era qua e là una crosta dura, ma il midollo e la dolcezza di ciò che era buono e santo potevano essere facilmente scoperto in essa” (Ibid., b. 1, p. 14). Così scrivevano gli amici dell’antica fede, nel dodicesimo secolo. Proprio in quell’epoca iniziarono le persecuzioni romane; ma nonostante i roghi e le torture, i credenti continuarono a moltiplicarsi, dichiarando fermamente che la Bibbia è l’unica autorità infallibile nella religione, e che “nessuno dovrebbe essere costretto a credere, ma dovrebbe essere conquistato dalla predicazione” (Martyn, vol. 2, p. 87). Gli insegnamenti di Lutero trovarono un terreno congeniale nei Paesi Bassi e sorsero uomini seri e fedeli che predicavano il Vangelo. Da una delle province dell’Olanda arrivò Menno Simons. Istruito come cattolico e ordinato sacerdote era completamente ignorante della Bibbia, che non avrebbe mai letto per paura di cadere nell’eresia. Quando dei dubbi sulla dottrina della transustanziazione si fissarono nella sua mente, li considerò una tentazione di Satana, perciò in preghiera e in confessione cercava di liberarsene; ma invano. Cercava di zittire la voce accusatrice della coscienza; ma senza successo. Dopo poco fu condotto allo studio del Nuovo Testamento, e ciò, assieme agli scritti di Lutero, lo spinse ad accettare la fede riformata. Poco dopo vide in un villaggio vicino la decapitazione di un uomo che fu messo a morte per essere stato ribattezzato. Questo lo portò a studiare la Bibbia riguardo la dottrina del battesimo dei bambini. Non riuscì a trovare prove nelle Scritture, ma vide che il pentimento e la fede sono richiesti ovunque come condizione per ricevere il battesimo. [238]
Menno si ritirò dalla Chiesa Cattolica Romana e dedicò la sua vita all’insegnamento delle verità che aveva ricevuto. In Germania e nei Paesi Bassi era sorta una classe di fanatici, i quali sostenevano dottrine assurde e sediziose che miravano a distruggere l’ordine e il decoro portando alla violenza e all’insurrezione. Menno vide i risultati orribili che questi movimenti avrebbero inevitabilmente portato, e si oppose strenuamente agli insegnamenti errati e alle false teorie dei fanatici. Molti erano stati ingannati da questi fanatici, ma lavorando diligentemente li aiutò a rinunciare a quelle pericolose dottrine; vi erano ancora molti discendenti degli antichi cristiani, frutto dell’insegnamento valdese. Tra queste classi Menno operò con grande zelo e successo.
Per venticinque anni viaggiò, con moglie e figli, sopportando grandi disagi e privazioni, mettendo frequentemente in pericolo la sua vita. Attraversò l’Olanda e la Germania settentrionale, lavorando principalmente tra le classi più umili, esercitando una grande influenza. Eloquente per natura, anche se in possesso di una formazione limitata, era un uomo di integrità incrollabile, di umile spirito, di modi gentili e di sincera pietà; metteva in pratica nella sua vita i precetti che insegnava e ciò attirava la fiducia della gente. I suoi seguaci erano dispersi e oppressi. Soffrivano enormemente poiché venivano confusi con i fanatici di Münster. Eppure numerosi furono convertiti grazie ai suoi sforzi. In nessun luogo le dottrine riformate si diffusero come nei Paesi Bassi. In alcuni paesi i loro aderenti subirono terribili persecuzioni. In Germania Carlo V aveva bandito la Riforma e avrebbe portato volentieri tutti i suoi aderenti al rogo; ma i principi si erigevano come una barriera contro la sua tirannia. Nei Paesi Bassi il suo potere era maggiore e gli editti che ordinavano la persecuzione si susseguivano rapidamente. [239]
Leggere la Bibbia, ascoltarla, predicarla, o anche solo parlarne erano motivi sufficienti per incorrere nella pena di morte sul rogo. Pregare Dio in segreto, astenersi dall’inchinarsi davanti ad un’immagine, o persino cantare un Salmo, anche questo era punibile con la morte. Anche coloro che volevano abiurare i loro errori furono condannati: se uomini, a morire di spada; se donne, ad essere sepolte vive. Migliaia di persone morirono sotto il regno di Carlo V e di Filippo II. Una volta un’intera famiglia fu portata davanti agli inquisitori sotto l’accusa di non partecipare alla messa e di adorare a casa. Durante l’interrogatorio riguardante le loro pratiche segrete, il figlio più giovane rispose: “Ci mettiamo in ginocchio e preghiamo che Dio possa illuminare le nostre menti e perdonare i nostri peccati; preghiamo per il nostro sovrano, affinché il suo regno sia prospero e la sua vita felice; preghiamo per i nostri magistrati, affinché Dio li preservi” (Wylie, La storia del protestantesimo, b. 18, cap. 6). Alcuni dei giudici furono profondamente commossi, tuttavia il padre e uno dei suoi figli furono condannati al rogo. La rabbia dei persecutori era corrispondente alla fede dei martiri. Non solo uomini, ma anche donne fragili e giovani fanciulle mostrarono un coraggio irrefrenabile. “La moglie stava schierata vicino al rogo del marito e mentre egli era consumato dal fuoco, lei gli sussurrava parole di conforto o un Salmo cantato per rallegrarlo. Le giovani vergini scendevano viventi nella loro tomba come se stessero entrando nella loro camera da letto; oppure andavano al patibolo e al rogo, vestite con il loro miglior abito, come se stessero andando al loro matrimonio” (Ibid., b. 18, cap. 6). Come nei giorni in cui il paganesimo cercava di distruggere il Vangelo, il sangue dei cristiani era come un seme (Vedi Tertulliano, Apologia, paragrafo 50). La persecuzione servì ad aumentare il numero dei testimoni per la verità. Anno dopo anno il monarca, folle d’ira per l’indomita determinazione del popolo, continuava la sua crudele opera; ma invano. Sotto il nobile Guglielmo d’Orange la Rivoluzione finalmente portò in Olanda la libertà di adorare Dio. Nelle montagne del Piemonte, nelle pianure della Francia e sulle rive dell’Olanda, il progresso del Vangelo era segnato dal sangue dei suoi discepoli. [240]
Nei paesi del nord, però, trovò un ingresso pacifico. Gli studenti di Wittenberg, tornando alle loro case, portarono la fede riformata in Scandinavia. Anche la pubblicazione degli scritti di Lutero diffuse una grande luce. Le persone semplici e rustiche del Nord si rivoltarono alla corruzione, allo sfarzo e alle superstizioni di Roma, per accogliere la purezza, la semplicità e le verità vivificanti della Bibbia. Tausen, “il riformatore della Danimarca”, era figlio di un contadino. Il ragazzo diede subito prova di un intelletto vigoroso; aveva sete di conoscenza; ma questo gli fu negato dalle circostanze dei suoi genitori, ed iniziò a lavorare in un chiostro. Qui la purezza della sua vita, insieme alla sua diligenza e fedeltà, conquistò il favore del suo superiore. Un esame, al quale venne sottoposto, dimostrò che il giovane possedeva un talento che prometteva bene in favore della chiesa. Il superiore era determinato a dargli una buona formazione in alcune università della Germania o dei Paesi Bassi. Al giovane studente fu data la possibilità di scegliere lui stesso una scuola, ad una condizione, che non andasse a Wittenberg. Lo studioso della chiesa non doveva essere messo in pericolo, come dicevano i frati, dal veleno dell’eresia.
Tausen andò a Colonia, che era allora come oggi, una delle roccaforti del Cattolicesimo. Qui venne subito disgustato dai misticismi degli insegnanti. Più o meno nello stesso periodo ottenne degli scritti di Lutero. Li leggeva con meraviglia e gioia, e desiderava fortemente applicare le istruzioni del Riformatore. In questo modo avrebbe offeso il suo superiore monastico, perdendo così il suo sostegno. Ma la sua decisione prevalse e si iscrisse come studente a Wittenberg. Tornato in Danimarca, tornò a lavorare nel suo chiostro. Nessuno lo sospettava di luteranesimo; non rivelò il suo segreto, ma cercò, senza eccitare i pregiudizi dei suoi compagni, di condurli a una fede più pura e a una vita più santa. Aprì la Bibbia, ne spiegò il vero significato, e alla fine predicò loro il Cristo, la giustizia del peccatore e la sua unica speranza di salvezza. [241]
L’ira del priore fu grandissima, egli aveva riposto grandi speranze nel trovare in lui un valoroso difensore di Roma. Tausen fu subito trasferito dal suo monastero ad un altro e rinchiuso in una cella sotto stretta sorveglianza. Con sgomento dei suoi nuovi guardiani, alcuni dei monaci si dichiararono presto convertiti al protestantesimo. Attraverso le sbarre della sua cella, Tausen aveva comunicato ai suoi compagni la conoscenza della verità. Se quei padri danesi si fossero attenuti al piano della chiesa nel trattare con l’eresia, la voce di Tausen non si sarebbe mai più ascoltata; ma invece di consegnarlo alla morte, riponendolo in una segreta sotterranea, lo espulsero dal monastero. Ora erano impotenti. Un editto reale, appena emanato, offriva protezione agli insegnanti della nuova dottrina e Tausen cominciò a predicare. Le chiese gli furono aperte e la gente si affollava per ascoltarlo. Anche altri iniziarono a predicare la Parola di Dio. Il Nuovo Testamento, tradotto nella lingua danese, fu ampiamente diffuso. Gli sforzi compiuti dai sostenitori del papato per rovesciare la loro opera portò invece l’estensione della verità, invitando la Danimarca ad accettare la fede riformata. Anche in Svezia, i giovani che avevano bevuto dal pozzo di Wittenberg portavano l’acqua della vita ai loro compatrioti. Due dei leader della Riforma svedese, Olaf e Laurenzio Petri, figli di un fabbro di Orebro, studiarono sotto la guida di Lutero e Melantone iniziando così ad insegnare le verità che avevano apprese. Come il grande Riformatore, Olaf risvegliò il popolo con il suo zelo ed eloquenza, mentre Laurenzio, come Melantone, fu più riflessivo, colto e calmo. Entrambi erano uomini di ardente pietà, di grandi conquiste teologiche e di coraggio risoluto nel far progredire la verità. L’opposizione papale non mancava. I preti cattolici istigavano contro di loro la gente ignorante e superstiziosa. Olaf Petri fu spesso assalito dalla folla e in parecchie occasioni riuscì a malapena a salvarsi la vita. Questi riformatori furono, tuttavia, favoriti e protetti dal re. [242]
Sotto il dominio della Chiesa romana, il popolo sprofondò nella povertà e fu atterrato dall’oppressione. Essendo ignoranti nelle Scritture; avevano una religione di semplici riti e cerimonie, che non trasmettevano luce alla mente, che li stavano facendo ritornare alle credenze superstiziose e alle pratiche dei loro antenati pagani. La nazione era divisa in fazioni contendenti, la cui lotta perpetua aumentava la sofferenza di tutti. Il re decise di applicare una riforma dello stato e della chiesa, accogliendo così questi abili assistenti nella battaglia contro Roma. Alla presenza del monarca e degli uomini di spicco della Svezia, Olaf Petri, con grande abilità, difese le dottrine della fede riformata contro i rappresentanti Cattolici romani. Dichiarò che gli insegnamenti dei padri dovevano essere accolti solo se in accordo con le Scritture; che le dottrine essenziali della fede sono presentate nella Bibbia in modo chiaro e semplice, affinché tutti gli uomini possano capirle. Cristo disse: “La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato” {Giovanni 7: 16}; Paolo dichiarò che se avesse predicato un altro Vangelo oltre a quello che aveva ricevuto, sarebbe stato anatema {Galati 1: 8}. “In che modo, allora”, disse il riformatore, “gli altri presumono di inscenare dogmi a loro piacimento e di imporli come fossero necessari per la salvezza?” (Wylie, b. 10, cap. 4). Mostrò che i decreti della chiesa non hanno alcuna autorità quando si contrappongono ai comandamenti di Dio e sostenne il grande principio protestante che “la Bibbia e la Bibbia soltanto” è la vera regola della fede e della condotta.
Questa discussione, sebbene fosse condotta in un ambito relativamente limitato, serve a mostrarci “il tipo di uomini che formava il rango dell’esercito dei Riformatori. Non erano né analfabeti, né settari, né rumorosi polemici, ma tutt’altro; erano uomini che avevano studiato la Parola di Dio e sapevano bene come impugnare le armi fornite dall’arsenale biblico. Per quanto riguarda l’erudizione, essi erano all’avanguardia, rispetto alla loro epoca. [243]
Quando limitiamo la nostra attenzione ai brillanti centri di Wittenberg e Zurigo, e ai nomi illustri di Lutero e Melantone, di Zwingli e di Ecolampadio, essendo loro i leader del movimento, potremmo aspettarci di vedere in loro un potere prodigioso e grandi azioni, o che i loro subordinati non fossero alla loro altezza. Invece, se ci rivolgiamo allo sconosciuto territorio della Svezia e agli umili nomi di Olaf e Laurenzio Petri, passando dai maestri ai discepoli, che cosa notiamo? Erano degli studiosi e teologi; uomini che hanno assimilato perfettamente l’intero sistema di verità evangeliche e che ottennero una facile vittoria sui sofisti delle scuole e sui dignitari di Roma” (Ibid., b. 10, cap. 4).
Come risultato di questa discussione il re di Svezia accettò la fede protestante e non molto tempo dopo l’assemblea nazionale si dichiarò favorevole ad essa. Il Nuovo Testamento era stato tradotto da Olaf Petri nella lingua svedese, e per desiderio del re i due fratelli intrapresero la traduzione dell’intera Bibbia. Così per la prima volta il popolo svedese ha ricevuto la Parola di Dio nella sua lingua madre. La Dieta ordinò che le Scritture fossero spiegate in tutto il regno e che nelle scuole venisse insegnato ai bambini di leggere la Bibbia. A poco a poco l’oscurità dell’ignoranza e della superstizione fu dissipata dalla benedetta luce del Vangelo. Liberata dall’oppressione dei Cattolici, la nazione raggiunse una forza e una grandezza che non aveva mai raggiunto prima. La Svezia divenne uno dei baluardi del protestantesimo. Un secolo dopo, in un momento di grave pericolo, questa piccola e finora debole nazione, fu l’unica in Europa che osò dare una mano alla Germania nella terribile “guerra dei trent’anni”. Tutta l’Europa del Nord sembrava sul punto di essere riportata sotto la tirannia di Roma, ma fu proprio l’esercito svedese che permise alla Germania di contrastare e respingere l’esercito papale, di assicurare la tolleranza per i protestanti, i calvinisti e i luterani, e per ristabilire la libertà di coscienza in quei paesi che avevano accettato la Riforma. [244]
Mentre Lutero presentava gli insegnamenti della Bibbia al popolo tedesco, Tyndale fu spinto dallo Spirito di Dio a fare lo stesso in Inghilterra. La Bibbia di Wycliffe venne tradotta dal testo latino, che conteneva molti errori. Non era mai stata stampata e il costo delle copie dei manoscritti era così grande che solo pochi uomini o nobili facoltosi potevano procurarsela; inoltre, essendo severamente vietata dalla chiesa, aveva avuto una circolazione relativamente ristretta. Nel 1516, un anno prima della comparsa delle tesi di Lutero, Erasmo aveva pubblicato la sua versione greca e latina del Nuovo Testamento. Ora, per la prima volta, la Parola di Dio venne stampata nella lingua originale. In quest’opera vennero corretti molti errori delle versioni precedenti e il senso delle frasi fu reso più chiaro. Portò molte delle classi colte a una migliore conoscenza della verità e diede un nuovo impulso all’opera di riforma. Ma la gente comune era ancora, in larga misura, esclusa dal poter possedere la Parola di Dio. Tyndale quindi avrebbe completato il lavoro di Wycliffe nell’offrire la Bibbia ai suoi compatrioti. Studente diligente e ricercatore sincero della verità, ricevette il messaggio del Vangelo dal Testamento greco di Erasmo. Predicò senza timore le sue convinzioni, esortando che tutte le dottrine fossero dimostrate dalle Scritture. Alle pretese del papato, secondo cui la Bibbia era stata data alla chiesa e perciò soltanto la chiesa poteva spiegarla, Tyndale rispose: “Chi ha insegnato alle aquile a trovare la loro preda? [245]
Ebbene, quello stesso Dio insegna ai suoi figli affamati a trovare il loro Padre nella Sua Parola. Invece di darci le Scritture, siete voi che ce le tenete nascoste; siete voi che fate bruciare tutti coloro che la insegnano e se voi poteste, brucereste le stesse Scritture” (D’Aubigne, Storia della Riforma del XVI secolo, n. 18, cap. 4). La predicazione di Tyndale suscitò grande interesse; molti accettarono la verità. Ma i preti rimasero in allerta e non appena ebbe lasciato la località ricorsero alle false dichiarazioni e alle minacce per cercare di distruggere il suo lavoro. Molto spesso riuscirono nei loro intenti. “Che cosa devo fare?”, ha esclamato Tyndale. “Mentre semino in un posto, l’avversario distrugge il campo che ho appena lasciato. Non posso essere ovunque. Oh! Se i cristiani possedessero le Sacre Scritture nella loro lingua madre, potrebbero resistere da soli a questi sofisti. Senza la Bibbia è impossibile educare i laici nella verità” (Ibid., b. 18, cap. 4). Un nuovo scopo si impadronì della sua mente. Egli diceva: “Era nella lingua del popolo d’Israele che i salmi venivano cantati nel tempio di Dio; allora perché il Vangelo non può essere tradotto nella lingua del popolo d’Inghilterra? La chiesa doveva forse ricevere meno luce a mezzogiorno che all’alba? I cristiani dovevano leggere il Nuovo Testamento nella loro lingua madre”. I dottori e gli insegnanti della chiesa non erano d’accordo tra loro; solo attraverso la Bibbia gli uomini potevano arrivare alla verità. “Uno segue questo dottore, uno ne segue un altro; e ognuno di questi autori contraddice l’altro. Come possiamo quindi distinguere chi dice la verità da chi dice menzogne? … Come? … Solo attraverso la Parola di Dio” (Ibid., b. 18, cap. 4). Non passò molto tempo dopo che un dottore cattolico, impegnato in diverse polemiche contro di lui, esclamò: “Meglio essere senza le leggi di Dio che senza quelle del papa”. Tyndale rispose: “Sfido il papa e tutte le sue leggi; se Dio risparmia la mia vita ancora per molti anni, farò in modo che un ragazzo che guida l’aratro conosca meglio di voi la Scrittura” (Anderson, Annals of the English Bible, pagina 19). [246]
L’obbiettivo che aveva iniziato ad amare, ovvero quello di dare al popolo le Scritture del Nuovo Testamento nella loro lingua madre, era ora diventato realtà e immediatamente si mise all’opera. Spinto lontano dal suo paesino a causa della persecuzione, andò a Londra e lì, per un po’, continuò la sua opera indisturbatamente, ma ancora una volta la violenza dei seguaci del papa lo costrinse a fuggire. Tutta l’Inghilterra sembrava fosse contro di lui e decise di cercare rifugio in Germania. Qui iniziò la stampa del Nuovo Testamento in inglese. Per due volte il lavoro venne interrotto; quando fu proibito di stampare in una città, lui se ne andò in un’altra. Alla fine si diresse verso Worms, dove, alcuni anni prima, Lutero aveva difeso il Vangelo davanti alla Dieta. In quell’antica città c’erano molti sostenitori della Riforma e lì Tyndale proseguì il suo lavoro senza ulteriori impedimenti. Tremila copie del Nuovo Testamento furono presto terminate e un’altra edizione seguì nello stesso anno. Con grande serietà e perseveranza continuò il suo lavoro. Nonostante le autorità inglesi sorvegliassero i loro porti con la più severa vigilanza, la Parola di Dio fu in vario modo trasmessa segretamente a Londra e, da allora, fatta circolare in tutto il paese. I sostenitori del papa tentarono di sopprimere la verità, ma invano. Il vescovo di Durham comprò da un libraio, che era amico di Tyndale, tutta la sua scorta di Bibbie allo scopo di distruggerle supponendo che ciò avrebbe notevolmente ostacolato la sua opera. Ma, al contrario, con il denaro ottenuto venne acquistato sufficiente materiale per la lavorazione di una nuova e migliore edizione, che altrimenti non avrebbe potuto essere pubblicata. Quando in seguito Tyndale fu fatto prigioniero, gli venne offerta la libertà a condizione che rivelasse i nomi di coloro che lo avevano aiutato a far fronte alle spese di stampa delle sue Bibbie ed egli rispose che il vescovo di Durham aveva fatto più di ogni altra persona; poiché pagando una grande somma di denaro per i libri acquistati, gli aveva permesso di andare avanti con coraggio. Tyndale fu tradito e messo nelle mani dei suoi nemici, subendo il carcere per molti mesi. Alla fine corredò la sua fede con una morte da martire; ma le armi che preparò permisero ad altri soldati di combattere attraverso tutti i secoli fino ai giorni nostri. [247]
Latimer, dal pulpito, dichiarò che la Bibbia doveva essere letta nella lingua delle persone comuni. “L’Autore della Sacra Scrittura”, disse, “è Dio stesso, e proprio questa Scrittura caratterizza la forza e l’eternità del suo Autore. Non esiste re, imperatore, magistrato e governatore… che non sia tenuto ad obbedire alla Sua santa Parola. Non incamminiamoci per alcun sentiero secondario, ma lasciamo che la Parola di Dio ci diriga: non andiamo dietro ai nostri antenati, né preoccupiamoci di sapere ciò che hanno fatto loro, ma piuttosto ciò che avrebbero dovuto fare” (Hugh Latimer, Il primo sermone predicato davanti al re Edoardo VI). Barnes e Frith, fedeli amici di Tyndale, combatterono per difendere la verità. Seguiti da Ridley e Cranmer. Questi leader della Riforma inglese erano uomini di cultura; molti di loro erano stati stimati per lo zelo o la pietà dimostrati nelle comunità Cattoliche Romane. La loro opposizione al papato fu il risultato della conoscenza degli errori della “santa sede”. La loro conoscenza dei misteri di Babilonia conferiva maggiore potere alle loro testimonianze contro di lei. “Ora vorrei farvi una strana domanda”, disse Latimer, “chi è il vescovo o il prelato più diligente di tutta l’Inghilterra?… Vi vedo ansiosi e attenti di sapere da me il nome… ve lo dirò: è il diavolo… non si è mai allontanato dalla sua diocesi; chiamatelo quando volete, è sempre nella sua sede; è sempre pronto… non lo trovereste mai ozioso, ve lo garantisco… ovunque il diavolo sia residente le sue parole saranno: abbassate i libri e innalzate le candele; abbassate le Bibbie e innalzate il rosario; abbassate la luce del Vangelo e innalzate la luce dei ceri, anche a mezzogiorno; abbassate la croce di Cristo e innalzate il purgatorio che svuota le tasche dei fedeli; giù i vestiti per gli ignudi, i poveri e gli indifesi e innalzate le immagini e gli ornamenti addobbati con pietre preziose; abbassate le tradizioni di Dio e la Sua santissima Parola e innalzate le tradizioni dell’uomo e le sue leggi… Oh, se i nostri prelati fossero così diligenti nel seminare il grano della buona dottrina, come lo è Satana nel seminare la zizzania nel cuore!” (Ibid., “Sermone dell’aratro”). [248]
Il grande principio sostenuto da questi Riformatori – lo stesso che fu predicato dai Valdesi, da Wycliffe, da John Huss, da Lutero, da Zwingli e da tutti quelli che si unirono a loro – fu l’infallibile autorità delle Sacre Scritture come regola di fede e di condotta. Negarono l’autorità dei papi, dei consigli, dei padri della chiesa e dei re di controllare la coscienza in materia di religione. La Bibbia era la loro autorità e con il suo insegnamento misero alla prova tutte le dottrine e tutte le credenze. La fede in Dio e nella Sua Parola ha sostenuto questi santi uomini mentre mettevano fine alla loro vita sul rogo. “Ti conforti la certezza”, esclamò Latimer al suo compagno martire, mentre le fiamme stavano per mettere a tacere le loro voci, “che oggi, per grazia di Dio, accenderemo una candela simile in Inghilterra, che non verrà mai più spenta” (Works of Hugh Latimer, vol. 1, p. 13). In Scozia i semi della verità disseminati da Colombano e dai suoi collaboratori non vennero mai completamente distrutti. Centinaia di anni dopo che le chiese d’Inghilterra furono sottomesse a Roma, quelle scozzesi continuarono a mantenere la loro libertà. Nel dodicesimo secolo, tuttavia, il papato si stabilì qui e vi esercitò un’influenza assoluta, come in nessun altro paese. In nessun altro luogo l’oscurità divenne così profonda. Eppure arrivarono dei raggi di luce per perforare l’oscurità e offrire la promessa di un nuovo giorno. I Lollardi, venuti dall’Inghilterra con la Bibbia e gli insegnamenti di Wycliffe, fecero molto per preservare la conoscenza del Vangelo. Ogni secolo ebbe i suoi testimoni ed i suoi martiri. Con l’iniziò della Grande Riforma in Scozia arrivarono prima gli scritti di Lutero e poi il Nuovo Testamento inglese di Tyndale. Inosservati dalla gerarchia papale, questi messaggeri attraversarono silenziosamente le montagne e le valli, dando nuova vita alla fiaccola della verità quasi estinta in Scozia e annullando così l’opera che Roma aveva compiuto in quattro secoli di oppressione. Il sangue dei martiri diede nuovo slancio al movimento. Gli esponenti papali, risvegliati improvvisamente del pericolo che minacciava la loro causa, condannarono al rogo alcuni dei più nobili e dei più onorati figli della Scozia. [249]
In tal modo però, non fecero altro che erigere un pulpito, dal quale le parole di questi testimoni morenti furono udite in tutta la terra, entusiasmando le anime del popolo a liberarsi dalle catene di Roma. Hamilton e Wishart, nobili di carattere e di nascita, posero fine alla loro vita sul rogo, ottenendo così una lunga fila di umili discepoli. Dal cumulo ardente dove morì Wishart, sorse qualcuno che le fiamme non avrebbero messo a tacere, qualcuno che sotto la guida di Dio avrebbe colpito mortalmente il papato in Scozia. John Knox si allontanò dalle tradizioni e dai misticismi della chiesa, per nutrirsi delle verità della Parola di Dio; l’insegnamento di Wishart aveva confermato la sua determinazione a rinunciare alla comunione di Roma e ad unirsi ai riformatori perseguitati. Spinto dai suoi compagni ad iniziare l’opera di predicazione, cercò di ritrarsi con tremore da questa responsabilità, ma fu solo dopo giorni di solitudine e doloroso conflitto con sé stesso che accettò questo incarico. Una volta accettata questa posizione avanzò con inflessibile determinazione e impavido coraggio sino alla fine della sua vita. Questo Riformatore sincero non temeva il volto dell’uomo. I roghi del martirio, che ardevano attorno a lui, servivano solo a rendere più intenso il suo zelo. Con l’ascia del tiranno tenuta minacciosamente sulla sua testa, rimase in piedi, inflisse duri colpi per demolire l’idolatria. Quando si trovò faccia a faccia con la regina di Scozia, alla cui presenza si era attenuato lo zelo di molti leader protestanti, John Knox fu un testimone irrefrenabile in favore della verità. Non sarebbe stato vinto né dalle carezze, né dalle minacce. La regina lo accusò di eresia. Aveva insegnato alla gente di appropriarsi ad una religione proibita dallo stato, dichiarando che in questo modo aveva trasgredito il comando di Dio che ordinava ai sudditi di obbedire ai loro principi. Knox rispose fermamente: “Siccome la vera religione non riceve né forza né autorità dai principi mondani, ma soltanto dal Dio eterno, così neanche gli uomini sono tenuti a inquadrare la loro religione secondo i capricci dei loro principi. [250]
Spesso, infatti, i principi sono molto più ignoranti di tutti gli altri nella vera religione di Dio… Se tutta la discendenza di Abramo avesse abbracciato la religione del Faraone, del quale furono sudditi così a lungo, io le domando, Signora, quale sarebbe stata la religione del mondo? O se tutti gli uomini ai tempi degli apostoli fossero stati della religione degli imperatori romani, quale religione ci sarebbe stata sulla faccia della terra?… Così, Signora, voi potete comprendere che i sudditi non sono legati alla religione dei loro principi, benché sia comandato di dare loro obbedienza”. Maria replicò dicendo: “Tu interpreti le Scritture in un modo, e loro [i maestri cattolico romani] le interpretano in un altro; a chi dovrei credere? E chi sarà il giudice?”. Il riformatore rispose: “Creda in Dio, che parla chiaramente attraverso la Sua Parola. Oltre a quello che vi insegna la Parola, non crederà né l’uno né l’altro. La Parola di Dio è chiara in sé stessa e se in un punto appare dell’oscurità, lo Spirito Santo, che non è mai contrario a Sé stesso, spiegherà la stessa cosa in un modo più chiaro altrove, in maniera tale che non rimanga alcun dubbio, se non in coloro che desiderano rimanere ostinatamente ignoranti” (David Laing, The Collected Works of John Knox, vol. 2, p. 281, 284). Tali erano le verità che l’impavido riformatore, a rischio della sua vita, proclamò all’orecchio della regina. Con lo stesso impavido coraggio continuò a perseverare nel suo scopo, pregando e combattendo le battaglie del Signore, fino a quando la Scozia non fosse stata completamente liberata dal papato. In Inghilterra l’instaurazione del protestantesimo come religione nazionale fece diminuire le persecuzioni, ma non le fece cessare del tutto. Mentre molte delle dottrine di Roma vennero abbandonate, alcuni dei suoi riti vennero mantenuti. La supremazia del papa fu respinta, ma al suo posto il monarca fu incoronato come il capo della chiesa. Nei culti della chiesa si poteva ancora avvertire un ampio allontanamento dalla purezza e semplicità del Vangelo. Inoltre, il grande principio della libertà religiosa non era ancora stato capito. [251]
Sebbene le orribili crudeltà che Roma impiegava contro l’eresia fossero state raramente riutilizzate dai sovrani protestanti, il diritto di ogni uomo di adorare Dio secondo i dettami della propria coscienza non era ancora riconosciuto. Tutti furono obbligati ad accettare le dottrine e ad osservare le forme di culto prescritte dalla chiesa ufficiale. I dissidenti subirono persecuzioni in misura maggiore o minore per centinaia d’anni. Nel diciassettesimo secolo migliaia di pastori furono espulsi dalle loro posizioni. Alle persone, sotto pena di pesanti multe, reclusione ed esilio, venne proibito di partecipare a qualsiasi riunione religiosa, ad eccezione di quelle organizzate dalla chiesa. Quelle anime fedeli che non potevano trattenersi dal radunarsi per adorare Dio furono costrette ad incontrarsi in vicoli bui, in soffitte oscure ed in alcune stagioni nei boschi a mezzanotte. Immersi nel folto delle foreste, che formavano un tempio naturale costruito da Dio, i figli dispersi e perseguitati del Signore si radunarono per versare le loro anime in preghiera e lode. Ma nonostante tutte le loro precauzioni, molti soffrirono per la loro fede. Le prigioni erano affollate. Le famiglie furono divise. Molti furono banditi in terre straniere. Eppure Dio era con il Suo popolo e le persecuzioni non potevano prevalere nel mettere a tacere la loro testimonianza. Molti furono costretti a fuggire attraverso l’oceano in America e qui gettarono le basi della libertà civile e religiosa che sono state il baluardo e la gloria di questo paese. Ancora una volta, come nei giorni apostolici, la persecuzione si rivelò in favore del Vangelo. In un’odiosa prigione affollata di dissoluti e criminali, John Bunyan respirava l’atmosfera stessa del paradiso; lì scrisse la sua meravigliosa allegoria del viaggio del pellegrino dalla terra della perdizione alla città celeste. Per oltre duecento anni quella voce, uscita dal carcere di Bedford, parlò con una forza elettrizzante al cuore degli uomini. Le opere di Bunyan, “Pilgrim’s Progress” e “Grace Abounding to the Chief of Sinners”, guidarono molti peccatori sul sentiero della vita. Baxter, Flavel, Alleine ed altri uomini di talento, educazione e profonda esperienza cristiana si schierarono in difesa della fede “che è stata trasmessa una volta per sempre ai santi” {Giuda 3}. [252]
L’opera compiuta da questi uomini, ritenuti fuori legge dai governanti di questo mondo, non sarebbe mai perita. “Fountain of Life” e “Method of Grace” di Flavel hanno insegnato a migliaia di persone come affidare la cura delle proprie anime a Cristo. “Reformed Pastor” di Baxter si dimostrò una grande benedizione per coloro che desideravano un risveglio dell’opera di Dio, mentre l’opera “Saint’s Everlasting Rest” ha portato a compimento la sua missione nel condurre le anime dei fedeli al “riposo che rimane per il popolo di Dio” {Ebrei 4: 6}. Cento anni dopo, in un giorno di grande oscurità spirituale, Whitefield e i fratelli Wesley apparvero come portatori di luce inviati da Dio. Sotto il dominio della chiesa ufficiale il popolo d’Inghilterra era caduto in uno stato di declino religioso simile a quello del paganesimo. La religione naturale era lo studio preferito del clero e comprendeva buona parte della loro teologia. Le classi superiori si beffavano della pietà e si vantavano di essere al di sopra di quello che esse chiamavano fanatismo. Le classi inferiori erano grossolanamente ignoranti e abbandonate al vizio, mentre la chiesa non aveva più coraggio o fede per sostenere la causa della verità caduta. La grande dottrina della giustificazione per fede, così chiaramente insegnata da Lutero, era stata quasi del tutto persa di vista; il principio cattolico di affidarsi alle buone opere per ottenere la salvezza, aveva preso il suo posto. Whitefield e i due Wesley erano membri della chiesa ufficiale, ma erano sinceri ricercatori della grazia di Dio; avevano imparato a concepire la salvezza come qualcosa che poteva essere conquistata solo mediante una vita virtuosa e una rigida osservanza dei riti della religione. Un giorno Charles Wesley si ammalò gravemente tanto da aspettarsi che la morte lo avrebbe portato via e gli fu chiesto su cosa riponesse la sua speranza di vita eterna. La sua risposta fu: “Ho impiegato i miei migliori sforzi per servire Dio”. Mentre l’amico che aveva posto la domanda sembrava non essere pienamente soddisfatto della sua risposta, Wesley pensò: “Cosa!? I miei sforzi non sono un motivo sufficiente di speranza? Vorrebbe forse privarmi dei miei meriti? Non avrei nient’altro su cui confidare” (John Whitehead, Vita del reverendo Charles Wesley, pagina 102). [253]
Tale era la densa oscurità che aveva invaso la chiesa, nascondendo l’opera di espiazione, derubando il Cristo della Sua gloria e allontanando le menti degli uomini dalla loro unica speranza di salvezza: il sangue del Redentore crocifisso. Wesley ed i suoi associati furono portati a comprendere che la vera religione vive nel cuore e che la legge di Dio si estende sia ai pensieri che alle parole nonché alle azioni. Convinti della necessità di una santità del cuore, così come della correttezza del portamento esteriore, essi si misero a vivere una nuova vita. Con gli sforzi più diligenti e devoti cercarono di sottomettere i mali del cuore naturale. Vivevano una vita di abnegazione, carità e umiliazione, osservando con grande rigore ed esattezza ogni misura che pensavano potesse essere loro utile per ottenere ciò che più desideravano; la santità che poteva assicurare il favore di Dio. Ma non riuscirono a raggiungere l’obbiettivo che ricercavano. Invano si sforzarono di liberarsi dalla condanna del peccato o di rompere il suo potere. Era la stessa lotta che Lutero aveva vissuto nella sua cella di Erfurt. Era la stessa domanda che aveva torturato la sua anima: “Come può un uomo essere giusto davanti a Dio?” {Giobbe 9: 2}. Il fuoco della verità divina, quasi estinto sugli altari del protestantesimo, doveva essere riacceso dall’antica torcia tramandata nei secoli dai cristiani boemi. Dopo la Riforma, il protestantesimo in Boemia era stato calpestato dalle orde di Roma. Tutti coloro che si rifiutarono di rinunciare alla verità furono costretti a fuggire, ma alcuni di questi, trovando rifugio in Sassonia, mantennero l’antica fede. Fu dai discendenti di questi cristiani che arrivò la luce a Wesley e ai suoi associati. John e Charles Wesley, dopo essere stati ordinati al ministero, furono inviati in missione in America. A bordo della nave vi era una compagnia di Moravi. La traversata incontrò violente tempeste e John Wesley, portato faccia a faccia con la morte, sentì che non aveva la certezza della pace con Dio. I tedeschi, al contrario, manifestavano una calma e una fiducia a lui estranee. [254]
Egli disse: “Avevo già da tempo osservato la grande serietà del loro comportamento. Diedero prova della loro umiltà in modo continuo, eseguendo quegli umili ordini per gli altri passeggeri che nessuno degli inglesi avrebbe mai intrapreso; per i quali essi non avrebbero ricevuto né desiderato alcuna retribuzione, dicendo che era un bene per i loro cuori orgogliosi e che il loro amorevole Salvatore aveva fatto ben di più per loro. Ogni giorno aveva dato loro l’occasione di mostrare una mansuetudine che nessuna offesa poteva smuovere. Se venivano colpiti, urtati o spinti, si alzavano di nuovo e se ne andavano; ma nessuna lamentela è stata trovata nella loro bocca. Ebbero persino l’opportunità di provare che si erano liberati dallo spirito di paura, oltre che da quello di orgoglio, rabbia e vendetta. Nel mezzo del salmo cantato con cui iniziava il loro servizio religioso, il mare furibondo squarciò la vela maestra facendola a pezzi, coprendo così tutta la nave con le sue onde, tanto da sembrare che il grande abisso ci avesse inghiottiti. Un terribile urlo si sentì tra gli inglesi, ma i tedeschi continuarono a cantare tranquillamente. Chiesi a uno di loro in seguito: “Non eri spaventato?” Egli rispose: “Grazie a Dio, no”. Continuai a chiedere: “Ma non erano spaventate le vostre donne e i vostri bambini?”. Rispose gentilmente: “No; le nostre donne e i nostri bambini non hanno paura di morire” (Whitehead, Vita del Rev. John Wesley, pagina 10). Arrivato a Savannah, Wesley rimase per un breve periodo con i Moravi, rimanendo profondamente colpito dal loro comportamento cristiano. A proposito di uno dei loro servizi religiosi, che era in netto contrasto con il formalismo senza vita della Chiesa d’Inghilterra, scrisse: “La grande semplicità e solennità dell’insieme mi ha fatto quasi dimenticare i 1.700 anni trascorsi e mi ha fatto immaginare di essere in una di quelle assemblee presiedute da Paolo, il fabbricante di tende, o Pietro, il pescatore; in cui il formalismo non esisteva e dove vi era un’evidente dimostrazione dello Spirito di Dio e del Suo potere” (Ibid., pagine 11, 12). Al suo ritorno in Inghilterra, Wesley, sotto la guida di un predicatore moravo, arrivò a una comprensione più chiara della fede biblica. Si convinse di dover rinunciare a ogni dipendenza dalle sue stesse opere come mezzo di salvezza e di fidarsi interamente “dell’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo” {Giovanni 1: 29}. [255]
Durante una riunione della Società Morava a Londra, Lutero lesse una dichiarazione che descriveva il cambiamento che lo Spirito di Dio opera nel cuore del credente. Mentre Wesley ascoltava, si accese la fede nella sua anima. “Ho sentito il mio cuore stranamente riscaldato”, disse. “Sentivo di aver fiducia in Cristo, solo Cristo, per la mia salvezza; mi è stata data una sicurezza, che ha cancellato i miei peccati e che mi ha salvato dalla legge del peccato e della morte” (Ibid., pagina 52). Attraverso lunghi anni di sforzi faticosi e senza conforto, di rigorosa abnegazione, di rimprovero e di umiliazione l’unico proposito di Wesley fu quello di cercare Dio. Ora lo aveva trovato; e comprese che la grazia che aveva tanto faticato ad ottenere con preghiere e digiuni, con elemosina e abnegazione di sé stesso, era un dono “senza denaro e senza prezzo”. Una volta fortificato nella fede di Cristo, tutta la sua anima desiderò ardentemente diffondere ovunque la conoscenza del glorioso Vangelo della grazia gratuita di Dio. “Io considero tutto il mondo come la mia parrocchia”, disse, “nel senso che ovunque io mi trovi, io ritengo sia giusto e mio dovere, dichiarare a tutti coloro che sono disposti ad ascoltare, la lieta novella della salvezza” (Ibid., pagina 74). Egli tuttavia continuò la sua vita severa e abnegante, considerandola ora non più come la condizione, ma come il risultato della fede; non la radice, ma il frutto della santità. La grazia di Dio in Cristo è il fondamento della speranza del cristiano e quella grazia si manifesterà nell’obbedienza. La vita di Wesley era dedicata alla predicazione delle grandi verità che aveva ricevuto, ovvero, la giustificazione attraverso la fede nel sangue espiatorio di Cristo e il potere rinnovatore dello Spirito Santo sul cuore, portando come frutto una vita conforme all’esempio di Cristo. Whitefield e Wesley erano stati preparati per la loro futura missione da lunghe e acute convinzioni personali sulla loro condizione di peccato; per poter sopportare la sofferenza come buoni soldati di Cristo, erano stati sottoposti alla dura prova del disprezzo, della derisione e della persecuzione, sia all’università che al loro ingresso nel ministero. [256]
Loro due e altri che simpatizzarono con loro furono chiamati con disprezzo “Metodisti” dai loro empi compagni di studi, un nome che oggi è considerato onorevole da una delle più grandi denominazioni in Inghilterra e in America. Come membri della Chiesa d’Inghilterra erano fortemente attaccati alle sue forme di culto, ma il Signore aveva presentato davanti a loro, attraverso la Sua Parola, uno standard più elevato. Lo Spirito Santo li esortò a predicare Cristo e Lui crocifisso. Il potere dell’Altissimo partecipava alle loro fatiche. Migliaia furono resi coscienti della loro condizione di peccato ed essi si convertirono veramente. Era necessario che queste pecore fossero protette dai lupi rapaci. Wesley non aveva pensato di formare una nuova denominazione, ma li organizzò sotto quella che fu chiamata “La Connessione Metodista” (The Methodist Connection). Questi predicatori incontrarono una misteriosa ed estenuante opposizione da parte della chiesa ufficiale; tuttavia Dio, nella sua saggezza, aveva diretto gli eventi in modo tale da far iniziare la Riforma all’interno della stessa chiesa. Se fosse venuta completamente dall’esterno, non sarebbe penetrata là dove era tanto necessario. Ma poiché i predicatori del risveglio erano uomini di chiesa e poiché lavoravano per essa ovunque se ne presentasse un’opportunità, la verità sarebbe entrata per quelle porte che altrimenti sarebbero rimaste chiuse. Alcuni membri del clero furono destati dal loro stupore morale e divennero zelanti predicatori nelle loro parrocchie. Chiese pietrificate dal formalismo si animarono di vita. Ai tempi di Wesley, come in tutte le epoche della storia della chiesa, uomini con doni diversi eseguivano il lavoro loro assegnato. Non si armonizzarono su ogni punto della dottrina, ma tutti furono mossi dallo Spirito di Dio e uniti nello scopo prioritario di conquistare anime per Cristo. Contemporaneamente però, le differenze tra Whitefield e Wesley minacciavano di creare una divisione; ma mentre imparavano la mansuetudine, la reciproca tolleranza e la carità nella scuola di Cristo, essi si riconciliavano. [257]
Non avevano tempo da perdere in inutili discussioni, mentre l’errore e l’iniquità brulicavano ovunque, ed i peccatori continuavano ad andare verso la rovina. I servi di Dio percorsero un sentiero accidentato. Gli uomini di influenza e di cultura impiegarono tutti i loro poteri contro di loro. Dopo un po’ di tempo molti membri del clero manifestarono una risoluta ostilità e le porte delle chiese furono chiuse contro una fede pura e contro coloro che la proclamarono. Il comportamento del clero, nel denunciarli dal pulpito, suscitò contro di loro ogni elemento d’oscurità, d’ignoranza e d’iniquità. Più volte John Wesley sfuggì alla morte miracolosamente, grazie all’intervento della misericordia di Dio. Quando la rabbia della folla si accese contro di lui, e non sembrava esserci via di fuga, un angelo in forma umana venne al suo fianco, la folla cadde a terra ed il servo di Cristo se ne andò dal luogo del pericolo. Dopo una di queste sue liberazioni dalla folla inferocita Wesley disse: “Molti hanno cercato di farmi precipitare mentre stavo scendendo da una collina su un sentiero scivoloso verso la città; se fossi scivolato, non mi sarei più potuto alzare. Ma non mi inciampai affatto, né scivolai minimamente finché non fui completamente fuori dalla loro portata… Sebbene molti si sforzassero di aggrapparsi al mio colletto o ai miei vestiti, per tirarmi giù, non poterono assolutamente attaccarsi: solo uno afferrò velocemente il lembo del mio panciotto, che però si strappò immediatamente; l’altro lembo, nella cui tasca vi era una banconota, fu strappato solo a metà… Un uomo robusto mi colpì alle spalle più volte con un grosso bastone di quercia; con il quale se mi avesse colpito una sola volta sulla parte posteriore della testa, per me sarebbe stato mortale. Ma ogni volta, il colpo non andava a segno, non so come; perché non potevo né muovermi a destra né a sinistra… Un altro arrivò di corsa da in mezzo alla folla, alzò il braccio per colpirmi, ma all’improvviso lo lasciò cadere e mi accarezzò solo la testa, dicendo: “Che capelli morbidi che hai!”. I primissimi uomini i cui cuori vennero trasformati divennero proprio gli eroi della città, sempre pronti ad incitare la marmaglia in tutte le occasioni, uno di loro fu persino un pugile professionista al “The Bear Gardens”… [258]
Con quanta gentilezza Dio ci prepara per la sua volontà! Due anni fa, un pezzo di mattone mi sfiorò le spalle. Fu un anno dopo che una pietra mi colpì in mezzo agli occhi. Lo scorso mese ricevetti un colpo e stasera due, uno prima di entrare in città, e uno dopo essere uscito; ma entrambi non mi arrecarono nessun danno: poiché, sebbene un uomo mi colpisse sul petto con tutte le sue forze e un altro sulla bocca con tale forza che il sangue sgorgasse immediatamente, non sentivo più dolore di quello che avrei potuto sentire se mi avessero toccato con una cannuccia” (John Wesley, Works, vol. 3, pp. 297, 298). I metodisti di quei primi giorni – predicatori e membri – sopravvissero al ridicolo e alla persecuzione sia dei membri della chiesa ufficiale che di coloro che si dichiaravano apertamente irreligiosi, infiammati dalle false dichiarazioni nei confronti dei Metodisti. Furono chiamati in giudizio dinanzi a tribunali, solo di nome, perché la giustizia era rara nelle corti di quel tempo. Spesso subirono violenze da parte dei loro persecutori. I poliziotti andavano di casa in casa, distruggendo mobili e merci, saccheggiando qualsiasi cosa volessero e abusando brutalmente di uomini, donne e bambini. In alcuni casi, furono trasmessi avvisi pubblici, che invogliavano tutti coloro che desideravano aiutare le autorità nel rompere le finestre o nel derubare le case dei Metodisti, di riunirsi in una certa ora ed in un determinato luogo. Queste violazioni aperte, sia della legge umana che di quella divina, vennero autorizzate senza alcun rimprovero. Una persecuzione sistematica fu condotta contro un popolo la cui unica colpa era quella di cercare di condurre i passi dei peccatori dal sentiero della distruzione al sentiero della santità. John Wesley, riferendosi alle accuse contro sé stesso e i suoi associati, disse: “Alcuni sostengono che le dottrine di questi uomini siano false, errate e fanatiche; che sono nuove e che solo ora se ne è sentito parlare; che si tratti di quaccherismo, di fanatismo o di papismo. Ebbene, ognuna di queste menzogne è già stata tagliata dalle radici, ogni ramo di questa dottrina è stato dimostrato dalla pura dottrina della Scrittura interpretata dalla nostra stessa chiesa. [259]
Quindi non possono essere né false né erronee, a condizione che la Scrittura sia vera”. Altri affermano: “La loro dottrina è troppo severa; rendono la via verso il paradiso troppo stretta”. Questa in realtà è l’unica obiezione originale, che sta segretamente alla base di molte altre migliaia, che appaiono in varie forme. Ma essa, rende per davvero la via per il paradiso più stretta di quanto il nostro Signore e i Suoi apostoli abbiano fatto? La loro dottrina è più severa di quella della Bibbia? Considerate solo alcuni semplici testi: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutta l’anima tua e con tutta la tua forza” {Matteo 22: 37}. “Ogni parola oziosa che gli uomini pronunciano, dovranno renderne conto nel giorno del giudizio” {Matteo 12: 36}. “Sia che mangiate, sia che beviate, o facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio” {1 Corinzi 10: 31}. Se la loro dottrina è più severa di questa, sono da condannare; ma voi sapete che nella vostra coscienza non lo sono. Chi può essere uno iota meno severo, senza corrompere la Parola di Dio? Può un pio, custode dei misteri di Dio, essere trovato fedele se cambia qualche parte di ciò che gli è stato affidato? No. Non può placare nulla, non può ammorbidire nulla; ed è costretto a dichiarare a tutti gli uomini: “Non posso adattare la Scrittura ai vostri gusti. Siete voi che dovete adattarvi ad essa, o perirete per sempre”. Questa è anche la base effettiva dell’altra accusa popolare relativa alla “mancanza di carità in questi uomini”. Non sono caritatevoli, vero? In che senso? Non nutrono gli affamati e non vestono i nudi? No; non si tratta di questo, perché queste cose le fanno, ma perché sono così privi di carità nel giudicare! Pensano che nessuno possa essere salvato, se non fanno come loro” (Ibid., vol. 3, pp. 152, 153). La decadenza spirituale che era stata manifestata in Inghilterra poco prima dell’epoca di Wesley era in larga misura il risultato dell’insegnamento dell’antinomismo. Molti hanno affermato che Cristo aveva abolito la legge morale e che quindi i cristiani non hanno alcun obbligo di osservarla; che il credente è liberato dalla “schiavitù delle buone opere”. [260]
Altri, pur ammettendo la perpetuità della legge, dichiararono che non era necessario che i pastori esortassero il popolo all’obbedienza dei suoi precetti, poiché coloro che Dio aveva eletto alla salvezza, “per l’irresistibile impulso della grazia divina, sarebbero stati portati alla pratica della pietà e della virtù”, mentre quelli che erano condannati all’eterna punizione “non avevano il potere di obbedire alla legge divina”. Altri, sostenendo che “gli eletti non potessero cadere dalla grazia né rinunciare al favore divino”, arrivarono alla conclusione ancora più errata che “le azioni malvagie che commettono non sono veramente peccaminose, né devono essere considerate come trasgressioni della legge divina, e che, di conseguenza, non hanno alcun bisogno di confessare i loro peccati o di rinunciarvi per mezzo del pentimento” (McClintock e Strong, Cyclopedia, art. “Antinomiani”). Pertanto, dichiararono che anche uno dei più vili peccati, “considerato universalmente come una tremenda trasgressione della legge divina, non è considerato come tale agli occhi di Dio”, se commesso da uno dei suoi eletti, “perché è una delle caratteristiche essenziali e distintive degli eletti, che non possono fare nulla che sia sgradevole a Dio o proibito dalla legge”. Queste terribili dottrine sono essenzialmente le stesse insegnate dai successivi educatori e teologi popolari i quali negano l’esistenza di una legge divina immutabile come standard di giustizia e che lo standard di moralità è indicato dalla società stessa; perciò esso è stato costantemente soggetto a cambiamenti. Tutte queste idee sono ispirate dallo stesso spirito maestro, da colui che, anche tra gli innocenti abitanti del cielo, ha iniziato la sua opera di eliminazione dei giusti vincoli imposti dalla legge di Dio. La dottrina della “predestinazione”, che fissava inalterabilmente il carattere degli uomini, aveva portato molti a un rifiuto virtuale della legge di Dio. Wesley si oppose fermamente agli errori degli insegnanti antinomiani e dimostrò che questa dottrina era contraria alle Scritture. [261]
“La grazia di Dio, che porta la salvezza, è apparsa a tutti gli uomini” {Tito 2: 11}. “Questo è buono e accettevole al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Poiché v’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, il quale diede sé stesso qual prezzo di riscatto per tutti” {1 Timoteo 2: 3-6}. Lo Spirito di Dio è liberamente concesso per consentire ad ogni uomo di impadronirsi di quei mezzi per ottenere la salvezza. Così Cristo “era la vera Luce, che illumina ogni uomo che viene nel mondo” {Giovanni 1: 9}. Solo coloro che rifiuteranno volontariamente il dono della vita non otterranno la salvezza. In risposta all’affermazione che alla morte di Cristo i precetti del Decalogo vennero aboliti insieme alla legge cerimoniale, Wesley disse: “La legge morale, contenuta nei Dieci Comandamenti e applicata dai profeti, non è stata abolita. L’obbiettivo della Sua venuta non era quello di revocare una qualsiasi parte del Decalogo. Questa è una legge che non potrà mai essere distrutta, che sta in piedi come un “testimone fedele nei cieli”… Questa fu dall’inizio del mondo, essendo “scritta non su tavole di pietra”, ma nel cuore di tutti i figli degli uomini, appena usciti dalle mani del loro Creatore. Anche se le parole scritte inizialmente dal dito di Dio furono in larga misura deturpate dal peccato, tuttavia esse non possono essere cancellate completamente, finché esisterà in noi la consapevolezza del bene e del male. Ogni parte di questa legge deve rimanere in vigore per l’intera umanità e in tutte le epoche; poiché non dipende né dal tempo né dal luogo, né da qualsiasi altra circostanza suscettibile al cambiamento, ma dalla natura di Dio e dalla natura dell’uomo, e dalla loro immutabile relazione l’una con l’altra. “Io non sono venuto per abolire, ma per adempiere” {Matteo 5: 17}… Senza dubbio, il significato di queste parole (coerentemente con tutto ciò che precede e con tutto ciò che segue dopo) è: “Sono venuto per stabilire la legge nella sua pienezza, nonostante tutti i sofismi degli uomini; sono venuto per dare una visione chiara e completa di qualunque cosa fosse oscura o dubbiosa; sono venuto a dichiarare la vera e piena importazione di ogni sua parte; per mostrare la lunghezza, la larghezza e l’intera estensione di ogni comandamento in essa contenuto; oltre che l’altezza, la profondità, la purezza inconcepibile e la spiritualità di essa in tutti i suoi rami” (Wesley, sermone 25). [262]
Wesley dichiarò la perfetta armonia della legge e del Vangelo. “Esiste, quindi, una connessione così intima tra la legge e il Vangelo. Da un lato, la legge ci indirizza continuamente verso il Vangelo; dall’altra, il Vangelo ci conduce continuamente ad un più esatto adempimento della legge. La legge, ad esempio, ci impone di amare Dio, amare il prossimo, essere miti, umili e santi. Ci rendiamo quindi conto di non essere in grado di farlo; perché per l’uomo questo è impossibile, ma vediamo la promessa di Dio di darci quell’amore, di renderci umili, mansueti e santi: ci aggrappiamo a questo Vangelo, a questa lieta novella; e ci viene fatto secondo la nostra fede; “la giustizia della legge si adempie in noi” attraverso la fede che è in Cristo Gesù… Al primo posto tra i nemici del Vangelo di Cristo”, diceva Wesley, “ci sono coloro che apertamente ed esplicitamente giudicano la legge stessa e ne parlano male, insegnando agli uomini a trasgredire (a dissolvere, sciogliere dall’obbligo, annullare) non uno, minimo o importante che sia, ma tutti i comandamenti in un colpo solo… La cosa più sorprendente è che tutti coloro che sostengono questo terribile inganno pensano veramente di onorare il Cristo; rovesciando la sua legge credono di magnificare la Sua opera mentre di fatto stanno distruggendo la Sua dottrina! Sì, lo onorano proprio come fece Giuda quando disse: “Salve, Maestro” e poi lo baciò; e Gesù potrebbe giustamente chiedere a ciascuno di loro: “Tradisci tu il Figlio dell’uomo con un bacio?”. Abolire una parte qualsiasi della Sua legge, con la scusa di far progredire il Suo Vangelo, significa tradirlo con un bacio e parlare del Suo sangue strappandogli la corona. Chi predica la fede in un modo che tende direttamente o indirettamente a mettere da parte un qualsiasi ramo dell’obbedienza a Dio, non può sfuggire a questa accusa! Chi predica Cristo in questo modo non fa altro che annullare o indebolire anche il minimo dei comandamenti di Dio” (Ibid.). [263]
A quanti dichiaravano che “la predicazione del Vangelo prende il posto della legge”, Wesley rispondeva: “Questo lo neghiamo completamente. Il Vangelo non si sostituisce alla legge, essa ha il compito di convincere gli uomini del peccato, di risvegliare coloro che sono addormentati sull’orlo dell’inferno”. L’apostolo Paolo dichiara che “mediante la legge vi è la conoscenza del peccato” {Romani 3: 20}; “Finché l’uomo non sarà convinto di peccato, non sentirà veramente il suo bisogno del sangue espiatorio di Cristo… “Non sono i sani”, come osserva il nostro stesso Signore, “che hanno bisogno di un medico, ma i malati” {Marco 2: 17}. È assurdo, quindi, offrire un medico a coloro che sono sani o che almeno credono di esserlo. Prima dovete convincerli che sono malati; altrimenti non vi ringrazieranno per il vostro interessamento. È ugualmente assurdo offrire il Cristo a coloro che hanno un cuore sano, che non è mai stato spezzato” (Ibid., Sermone 35). Così, mentre predicava il Vangelo della grazia di Dio, Wesley, come il suo Maestro, cercava di “glorificare la legge di Dio e di renderla onorevole”. Fedelmente completò l’opera che gli era stata data da Dio e i suoi risultati furono gloriosi. Alla fine della sua lunga vita, più di ottant’anni – oltre mezzo secolo trascorso in un ministero itinerante – gli aderenti ufficialmente dichiarati contavano più di mezzo milione di persone, ma il numero di coloro che attraverso le sue fatiche erano stati sollevati dalla rovina e dalla degradazione del peccato verso una vita più alta e più pura e quelli che con il suo insegnamento raggiunsero un’esperienza più profonda e più ricca, non sarà reso noto fino a quando l’intera famiglia dei redenti non sarà riunita nel regno di Dio.
La sua vita presenta una lezione di valore inestimabile per ogni cristiano. Che la fede, l’umiltà, lo zelo instancabile, il sacrificio di sé e la devozione di questo servitore di Cristo si riflettano nelle chiese di oggi! [264]
Nel XVI secolo, la Riforma, presentando una Bibbia aperta al popolo, cercò di introdurla in tutti i paesi d’Europa. Alcune nazioni la accolsero con gioia, come se fosse una messaggera del Cielo, in altre invece il papato riuscì in larga misura ad impedirne l’ingresso e la luce della conoscenza biblica, con le sue influenze nobilizzanti, venne quasi del tutto vietata. In uno di questi paesi, sebbene la luce avesse trovato una porta aperta, in seguito venne soffocata dall’oscurità. Per secoli, la verità e l’errore lottarono per il dominio, ma alla fine il male trionfò e la verità del Cielo venne respinta. “Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, e gli uomini hanno amato le tenebre più della luce” {Giovanni 3: 19}. Quella nazione raccolse i frutti amari dei semi che aveva seminato. La presenza dello Spirito di Dio fu rimossa da un popolo che aveva disprezzato il dono della Sua grazia. Il male si sviluppò sino alla maturità e tutto il mondo vide il frutto del rifiuto intenzionale della luce. La guerra contro la Bibbia, portata avanti per tanti secoli in Francia, culminò nelle scene della rivoluzione. Quel terribile sfogo fu solo il legittimo risultato della soppressione delle Scritture da parte di Roma. Presentò l’esempio più eclatante che il mondo abbia mai visto dell’elaborazione della politica papale, un esempio dei risultati che una nazione può ottenere dopo più di mille anni trascorsi alla scuola della Chiesa romana. [265]
La soppressione delle Scritture durante il periodo della supremazia papale fu predetta dai profeti e l’Apocalisse annuncia anche i terribili risultati che si sarebbero accumulati, in particolare per la Francia, dal dominio “dell’uomo del peccato”. L’angelo del Signore disse: “Calpesteranno la città santa per quarantadue mesi. Io concederò ai Miei due testimoni di profetizzare milleduecentosessanta giorni, vestiti di sacco… E quando avranno finito la loro testimonianza, la bestia che sale dall’abisso farà guerra contro di loro, li sconfiggerà e li ucciderà. E i loro cadaveri giaceranno nella strada della grande città, che spiritualmente è chiamata Sodoma ed Egitto, dove anche il nostro Signore fu crocifisso… E quelli che abitano sulla terra si rallegreranno di loro e faranno festa e si invieranno regali gli uni agli altri; perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra. Ma dopo tre giorni e mezzo lo Spirito di vita di Dio entrò in loro, e si misero in piedi e grande paura cadde su quelli che li videro” {Apocalisse 11: 2-11}. I periodi qui menzionati, “quarantadue mesi” e “milleduecentosessanta giorni”, sono gli stessi e allo stesso modo rappresentano il tempo in cui la chiesa di Cristo doveva subire l’oppressione da parte di Roma. I 1260 anni di supremazia papale iniziarono nel 538 d.C. e terminarono nel 1798. A quel tempo l’esercito francese entrò a Roma e fece prigioniero il papa che morì in esilio. Benché un nuovo papa fosse stato eletto subito dopo, la gerarchia papale non è mai stata in grado di esercitare il potere che possedeva prima. La persecuzione della chiesa non è continuata per tutto il periodo dei 1260 anni. Dio, nella Sua grande misericordia per il Suo popolo, ha abbreviato il tempo della loro ardente sofferenza. [266]
Nel predire la “grande tribolazione” che colpì la chiesa, il Salvatore disse: “Se quei giorni non fossero stati abbreviati, nessuno si sarebbe salvato; ma a motivo degli eletti quei giorni saranno abbreviati” {Matteo 24: 22}. Attraverso l’influenza della Riforma, la persecuzione finì prima del 1798. Riguardo ai due testimoni, il profeta dichiara inoltre: “Questi sono i due olivi e i due candelabri che stanno davanti al Dio della terra”. “La tua parola”, disse il salmista, “è una lampada ai miei piedi e una luce sul mio sentiero” {Apocalisse 11: 4; Salmo 119: 105}. I due testimoni rappresentano le Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento. Entrambe sono importanti testimonianze dell’origine e della continuità della legge di Dio. Entrambi sono testimoni anche del piano di salvezza. I tipi, i sacrifici e le profezie dell’Antico Testamento si riferiscono a un Salvatore che verrà. I Vangeli e le Epistole del Nuovo Testamento parlano di un Salvatore che è venuto nella maniera esatta predetta delle profezie. “Profetizzeranno milleduecentosessanta giorni, vestiti di sacco”. Durante la maggior parte di questo periodo, i testimoni di Dio rimasero in uno stato di oscurità. Il potere papale ha cercato di nascondere al popolo la Parola della verità e ha posto davanti a loro falsi testimoni per contraddire la loro testimonianza. Quando la Bibbia fu proibita dall’autorità religiosa e laica; quando la sua testimonianza fu pervertita e ogni sforzo venne fatto da uomini e demoni affinché riuscissero a distogliere le menti delle persone dalle verità bibliche; quando quelli che osavano proclamare le sue sacre verità venivano cacciati, traditi, torturati, sepolti nelle celle dei sotterranei, martirizzati per la loro fede, o costretti a fuggire sulle catene montuose e nelle tane e nelle caverne della terra; allora i testimoni fedeli profetizzavano in sacco. Eppure hanno continuato la loro testimonianza per tutto il periodo di 1260 anni. Nei tempi più bui c’erano uomini fedeli che amavano e onoravano la Parola di Dio. [267]
A questi leali servitori fu data saggezza, potere e autorità nel proclamare la Sua verità durante tutto questo tempo. “E se qualcuno vorrà fare del male a loro, fuoco uscirà dalla loro bocca e divorerà i loro nemici; e se qualcuno vorrà fare del male a loro, dovrà essere ucciso in questa maniera” {Apocalisse 11: 5}. Gli uomini non possono calpestare la Parola di Dio senza subirne le conseguenze. Il significato di questa spaventosa denuncia è esposto nel capitolo conclusivo dell’Apocalisse: “Io lo dichiaro a ogni uomo che ascolta le parole della profezia di questo libro, se qualcuno aggiungerà a queste cose, Dio gli aggiungerà le piaghe che sono scritte in questo libro: e se qualcuno toglierà dalle parole del libro di questa profezia, Dio toglierà la sua parte dall’albero della vita, e dalla città santa, e dalle cose che sono scritto in questo libro” {Apocalisse 22: 18-19}.
Tali sono gli avvertimenti che Dio ha dato per proteggere gli uomini dal modificare in qualsiasi modo ciò che Egli ha rivelato o comandato. Queste solenni denunce si applicano a tutti coloro che con la loro influenza inducono gli uomini a considerare con leggerezza la legge di Dio. Dovrebbero far temere e tremare coloro che dichiarano sfacciatamente che ha poca importanza se obbediamo o meno alla legge di Dio. Tutti coloro che esaltano le proprie opinioni al di sopra della rivelazione divina, tutti coloro che modificherebbero il semplice significato della Scrittura per adattarla alla propria convenienza o per conformarsi al mondo, si assumono una responsabilità spaventosa. La Parola scritta, la legge di Dio, sarà il criterio che misurerà il carattere di ogni uomo e condannerà tutti coloro che saranno stati trovati mancanti. “Quando avranno finito [staranno per finire] la loro testimonianza”. Il periodo in cui i due testimoni dovevano profetizzare vestiti di sacco, finì nel 1798. Mentre si avvicinavano alla fine del loro ministero nell’oscurità, loro sarebbero stati contrastati dal potere rappresentato come “la bestia che sale dall’abisso” {Apocalisse 11: 7}. In molte delle nazioni europee i poteri che governavano la chiesa e lo stato erano stati per secoli controllati da Satana attraverso il papato, ma qui venne portata alla luce una nuova manifestazione del potere satanico. Era stata la politica di Roma, sotto una falsa riverenza per la Bibbia, a tenere il libro di Dio sigillato in una lingua sconosciuta e nascosta alla gente. [268]
Sotto il suo dominio i testimoni profetizzarono “vestiti di sacco”. Ma un altro potere, la bestia che sale dall’abisso, doveva sorgere per dichiarare apertamente guerra alla Parola di Dio. “La grande città” nelle cui strade sono stati uccisi i testimoni e dove giacciono i loro cadaveri, è “spiritualmente” l’Egitto. Di tutte le nazioni presentate nella storia della Bibbia, l’Egitto ha negato con coraggio l’esistenza del Dio vivente e ha resistito ai Suoi ordini. Nessun monarca si è mai avventurato in una più aperta ed elevata ribellione contro l’autorità del Cielo di quanto non avesse fatto il re d’Egitto. Quando il messaggio fu portato da Mosè, nel nome del Signore, il faraone rispose con orgoglio: “Chi è Dio, che io ascolti la sua voce e lasci andare Israele? Non conosco l’Eterno, e inoltre non lascerò andare Israele” {Esodo 5: 2}. Questo è anche chiamato ateismo e la nazione rappresentata dall’Egitto porta avanti una simile negazione delle pretese del Dio vivente e manifesta uno spirito simile di incredulità e di sfida. “La grande città” è anche paragonata “spiritualmente” a Sodoma. La corruzione di Sodoma nel calpestare la legge di Dio si manifestava specialmente nella lussuria. Questo peccato doveva anche essere una caratteristica preminente della nazione che avrebbe soddisfatto le caratteristiche di questa profezia. Secondo le parole del profeta, quindi, un po’ prima dell’anno 1798, un potere di origine e di carattere satanico avrebbe fatto guerra alla Bibbia. E nella terra in cui i due testimoni di Dio dovevano quindi essere messi a tacere, si sarebbe manifestato l’ateismo del faraone e la lussuria di Sodoma.
Questa profezia si è compiuta esattamente e sorprendente nella storia della Francia. [269]
Durante la Rivoluzione, nel 1793, “il mondo per la prima volta ascoltò un’assemblea di uomini, nati e istruiti nella civiltà, che si assumeva il diritto di governare una delle più belle nazioni europee, sollevando la loro voce unita per negare la più solenne verità che l’anima dell’uomo potesse conoscere: la fede e il culto di una divinità” (Sir Walter Scott, Vita di Napoleone, vol. 1, cap. 17). “La Francia è l’unica nazione al mondo della quale si sono ritrovati riferimenti storici autentici, che come nazione ha osato schierarsi in aperta ribellione contro l’Autore dell’universo. Molti bestemmiatori e atei sono sempre esistiti, e continuano ad esserlo, in Spagna, Germania, Inghilterra e altrove; ma la Francia si distingue nella storia del mondo come l’unico stato che, con il decreto della sua Assemblea legislativa, ha dichiarato che non esisteva Dio; dove l’intera popolazione della capitale, con un’altra vasta maggioranza altrove, di donne e uomini, ha ballato e cantato con gioia nell’accettarne l’annuncio” (Blackwood’s Magazine, novembre 1870). La Francia inoltre ha manifestato anche le caratteristiche che hanno particolarmente contraddistinto Sodoma. Durante la rivoluzione si manifestò uno stato di degrado morale e di corruzione simile a quello che portò la distruzione sulle città della pianura. Lo stesso storico presenta uniti l’ateismo e la lussuria della Francia, così come indicato nella profezia: “Intimamente connessa a queste leggi che influenzano la religione, vi era quella che sminuiva l’unione del matrimonio (l’impegno più sacro che gli esseri umani possono formare, e la cui validità conduce più fortemente al consolidamento della società) allo stato di un semplice contratto civile di carattere transitorio, dove viene detto che due persone potevano impegnarsi e separarsi a piacimento… Se i demoni si fossero dati da fare nello scoprire un modo per distruggere più efficacemente tutto ciò che è venerabile e aggraziato nella vita domestica, e di ottenere allo stesso tempo la certezza che il danno avrebbe potuto perpetuare da una generazione all’altra, non avrebbero potuto inventare un piano più efficace di quello già presente, dove il degrado aveva portato il matrimonio ad un livello così basso. [270]
Sophie Arnoult, un’attrice divenuta famosa a motivo delle intelligenti parole da lei pronunciate, ha descritto il matrimonio repubblicano come “il sacramento dell’adulterio” (Scott, vol. 1, cap. 17). “Dove anche il nostro Signore fu crocifisso”. Anche questa specificazione della profezia fu adempiuta dalla Francia. In nessuna terra lo spirito di inimicizia contro Cristo è stato manifestato in modo più evidente. In nessun altro paese come questo la verità ha incontrato un’opposizione più aspra e crudele. Nella persecuzione che la Francia aveva ingaggiato nei confronti dei fedeli del Vangelo, aveva crocifisso Cristo nella persona dei Suoi discepoli. Secolo dopo secolo il sangue dei santi era stato versato. Mentre i Valdesi perdevano le loro vite sulle montagne piemontesi “per la parola di Dio e per la testimonianza di Gesù Cristo”, simili testimonianze della verità erano state sostenute dai loro fratelli, gli Albigesi di Francia. Ai tempi della Riforma i Suoi discepoli erano stati messi a morte con orribili torture. Re e nobili, donne distinte e fanciulle delicate, l’orgoglio e il vanto della cavalleria della nazione, avevano visto con i loro occhi le agonie dei martiri di Gesù. I coraggiosi Ugonotti hanno versato il loro sangue combattendo su molti campi per difendere quei diritti che il cuore umano detiene tra i più sacri. I protestanti erano considerati fuorilegge, un prezzo era posto sulle loro teste e venivano braccati come bestie feroci. La “Chiesa nel deserto”, ovvero i pochi discendenti degli antichi cristiani che ancora vivevano in Francia nel diciottesimo secolo, nascondendosi nelle montagne del sud, amava ancora la fede dei suoi padri. Mentre si avventuravano per incontrarsi di notte sulle montagne o nelle brughiere solitarie, furono inseguiti dai soldati del re e trascinati via in schiavitù per tutta la vita nelle galere. I più puri, i più onesti e i più intelligenti tra i francesi furono incatenati in orribili torture, tra ladri e assassini (Vedi Wylie, b 22, cap.6). [271]
Altri, trattati più misericordiosamente, furono uccisi a sangue freddo, mentre, disarmati e indifesi, cadevano in ginocchio in preghiera. Centinaia di uomini anziani, donne indifese e bambini innocenti vennero uccisi e lasciati morti proprio lì dove si erano riuniti per celebrare il loro culto. Attraversando le montagne o le foreste, dove erano stati abituati a radunarsi, non era insolito trovare “ogni quattro passi, corpi morti stesi al suolo, e cadaveri appesi agli alberi”. Il loro paese, devastato dalla spada, dall’ascia e dal rogo, “fu trasformato in una vasta e tetra natura selvaggia”. “Queste atrocità non furono messe in atto in nessun’epoca oscura, ma nella brillante era di Luigi XIV. La scienza venne esaltata, le lettere fiorirono, i teologi della corte e della capitale furono uomini istruiti ed eloquenti, vantavano le grazie della mansuetudine e della carità” (Ibid., b. 22, cap. 7). Ma la pagina più nera e più orribile del crimine che sia mai stata scritta tra le azioni diaboliche di tutti i secoli, fu quella relativa al massacro di San Bartolomeo. Il mondo ricorda ancora con orrore tremante le scene di quell’assalto vigliacco e crudele. Il re di Francia, sollecitato dai preti romani, approvò quel massacro terribile. Una campana, che suonava a tarda notte, era il segnale che dava inizio al massacro. Migliaia di protestanti che dormivano tranquillamente nelle loro case, confidando nell’onore del loro re, vennero trascinati fuori senza preavviso e uccisi a sangue freddo. Così come Cristo era stato il capo invisibile del popolo dalla schiavitù egiziana, così Satana era il capo invisibile dei suoi sudditi in questa orribile opera di moltiplicazione dei martiri. Per sette giorni il massacro continuò a Parigi, i primi tre con una furia inconcepibile. E non fu limitato alla città stessa, ma per ordine speciale del re fu esteso a tutte le province e le città dove i protestanti furono trovati. Né l’età né il sesso sono stati rispettati. Né l’innocente né l’uomo dai capelli bianchi furono risparmiati. Nobili e contadini, vecchi e giovani, madri e figli, furono abbattuti insieme. In tutta la Francia la carneficina è continuata per due mesi e 70.000, del fior fiore della nazione, perirono. [272]
“Quando la notizia del massacro giunse a Roma, l’esultanza tra il clero non conobbe limiti. Il cardinale di Lorena ricompensò il messaggero con mille corone; il cannone di Sant’Angelo ha sparato un colpo in segno di gioia; le campane suonavano in ogni campanile; i roghi trasformarono la notte in giorno; papa Gregorio XIII, scortato da cardinali e altri dignitari ecclesiastici, andò in processione fino alla chiesa di San Luigi, dove il cardinale di Lorena intonò un Te Deum… Fu coniata una medaglia per commemorare il massacro, e andando al Vaticano si possono ancora vedere tre affreschi del Vasari, che descrivono l’uccisione dell’ammiraglio di Coligny, il re in consiglio che complotta il massacro e il massacro stesso. Gregorio inviò a Carlo la Rosa d’Oro e quattro mesi dopo il massacro… ascoltò compiaciuto il sermone di un prete francese, che parlò di “quel giorno così pieno di felicità e gioia, quando il santissimo padre ricevette la notizia, e andò solennemente a rendere grazie a Dio e a San Luigi” (Henry White, The Massacre of St. Bartholomew, cap. 14, par. 34). Lo stesso spirito maestro che ha sollecitato il massacro di San Bartolomeo ha portato anche alle scene della rivoluzione. Gesù Cristo fu dichiarato un impostore, e il grido di battaglia degli atei francesi fu: “Schiacciate l’infame”, che alludeva a Cristo. La bestemmia e le abominevoli malvagità nei confronti del Cielo andavano mano nella mano, tanto che gli uomini più spregevoli, mostri della crudeltà e del vizio, erano altamente esaltati e onorati. In tutto questo il supremo omaggio fu offerto a Satana; mentre Cristo, nelle Sue caratteristiche di verità, purezza e amore disinteressato, fu crocifisso. “La bestia che sale dall’abisso farà guerra contro di loro, e li vincerà e li ucciderà”. Il potere ateo che regnava in Francia durante la Rivoluzione ed il Regno del Terrore, fece una tale guerra contro Dio e la Sua santa Parola come il mondo non aveva mai visto prima. L’adorazione della Divinità fu abolita dall’Assemblea Nazionale. Le Bibbie venivano raccolte e bruciate pubblicamente con ogni possibile manifestazione di disprezzo. [273]
La legge di Dio fu calpestata. Le istituzioni della Bibbia furono abolite. Il giorno di riposo settimanale venne accantonato ed al suo posto ogni decimo giorno è stato dedicato alla baldoria e alla bestemmia. Il battesimo e la comunione furono proibiti. Le iscrizioni funerarie dichiararono in modo evidente la morte come un sonno eterno. Si diceva che il timore di Dio fosse così lontano dal principio della saggezza che era l’inizio della follia. Ogni culto religioso era proibito, tranne quello della Libertà e quello del paese. “Il vescovo costituzionale di Parigi venne spinto in avanti per svolgere la parte principale nella farsa più intollerabile e scandalosa mai recitata di fronte a una rappresentanza nazionale… In piena processione dichiarò alla Convenzione che la religione che aveva insegnato per così tanti anni era, sotto ogni aspetto, un’invenzione che non aveva fondamento né nella storia né nella sacra Verità. Egli rinnegò, in termini solenni ed espliciti, l’esistenza della Divinità alla cui adorazione era stato consacrato e si dedicò da quel momento all’omaggio della libertà, dell’uguaglianza, della virtù e della moralità. Quindi posò sul tavolo le sue decorazioni episcopali e ricevette un abbraccio fraterno dal presidente della Convenzione. E molti altri sacerdoti apostati come lui hanno seguito l’esempio di questo prelato” (Scott, vol. 1, cap. 17). “E quelli che abitano sulla terra si rallegreranno di loro, e faranno festa, e si manderanno regali gli uni agli altri; perché questi due profeti tormentavano quelli che abitavano sulla terra”. La Francia infedele aveva messo a tacere la voce di rimprovero dei due testimoni di Dio. La Parola della verità giaceva morta nelle sue strade, e quelli che odiavano le restrizioni e le richieste della legge di Dio esultavano con gioia. Gli uomini sfidarono pubblicamente il Re dei cieli. Come i peccatori dell’antichità, gridavano: “Com’è possibile che Dio sappia ogni cosa, che vi sia conoscenza nell’Altissimo?” {Salmo 73: 11}. Con una sfrontatezza blasfema, quasi incredibile, uno dei preti del nuovo ordine disse: “Dio, se esisti, vendica il tuo nome che viene così tanto insultato. Ti sfido! Tu rimani in silenzio e non osi lanciare i tuoi tuoni. Chi, dopo questo, potrà ancora credere nella Tua esistenza?” (Lacretelle, History, vol. 11, p. 309; in Sir Archibald Alison, History of Europe, vol. 1, cap. 10). [274]
Sembrano proprio l’eco delle parole del faraone: “Chi è Dio, che io debba ubbidire alla sua voce? Io non conosco l’Eterno!”. “Il pazzo ha detto nel suo cuore: Non esiste Dio” {Salmo 14: 1}. Il Signore dichiara riguardo ai pervertitori della verità: “La loro follia sarà manifestata a tutti” {2 Timoteo 3: 9}. Dopo che la Francia aveva rinunciato all’adorazione del Dio vivente, “l’Alto ed Eccelso che abita l’eternità”, in poco tempo si degradò nell’idolatria del culto della dea della Ragione nella persona di una donna impura. E questo accadde nell’assemblea rappresentativa della nazione e dalle sue più alte autorità civili e legislative! Lo storico dice: “Le porte della Convenzione furono aperte a una banda di musicisti, preceduti dai membri del corpo municipale, che entrarono in solenne processione, cantando un inno di lode alla libertà e scortando, come oggetto della loro futura adorazione, una donna velata, che chiamarono la dea della Ragione. Essendo portata all’interno della sala, fu svelata con grande solennità e posta alla destra del presidente. Questa donna, una ballerina dell’Opera, venne rappresentata come l’emblema più “adatto” di quella Ragione che è stata adorata dalla Convenzione Nazionale della Francia e alla quale ha reso un pubblico omaggio. “Questo rito empio e ridicolo ebbe un seguito; l’adorazione della Dea della Ragione fu imitato in tutta la nazione e in tutti quei luoghi, appartenenti alla Francia, dove gli abitanti desideravano mostrarsi all’altezza della rivoluzione” (Scott, vol. 1, cap. 17). L’oratore che introdusse il culto della ragione disse: “Legislatori! Il fanatismo ha lasciato il posto alla ragione. I suoi occhi velati non potevano sopportare lo splendore della luce. In questo giorno un’immensa folla si è riunita sotto quelle volte gotiche che, per la prima volta, hanno sentito echeggiare la verità. [275]
Lì i francesi hanno celebrato l’unica vera adorazione, quella della Libertà, quella della Ragione. Lì abbiamo formulato voti per la prosperità delle armi della Repubblica. Lì abbiamo abbandonato gli idoli inanimati per la Ragione che è un’immagine animata, il capolavoro della natura” (M. A. Thiers, Storia della rivoluzione francese, vol. 2, pp. 370, 371). Quando la dea fu portata nella Convenzione, l’oratore la prese per mano, e rivolgendosi all’assemblea disse: “Mortali! Cessate di tremare davanti ai tuoni impotenti di un Dio creato dalle vostre paure. D’ora in poi non riconoscerete più la Divinità, ma la Ragione. Io vi offro la sua immagine più nobile e più pura; se dovete avere degli idoli, ebbene, fate dei sacrifici solo ad uno come questo… Cadi di fronte all’augusto Senato della Libertà, o velo della ragione!”. “La dea, dopo essere stata abbracciata dal presidente, fu collocata su un magnifico carro e condotta, tra un’immensa folla, alla cattedrale di Notre Dame, per prendere il posto della Divinità. Lì fu elevata sull’altare maggiore e ricevette l’adorazione di tutti i presenti” (Alison, vol. 1, cap. 10). Questo fu seguito, non molto tempo dopo, dall’incendio pubblico della Bibbia. In un’occasione “la Società Popolare del Museo” entrò nella sala del comune esclamando: “Viva la Ragione!”. E portando in cima ad un palo i resti bruciati a metà di diversi libri come breviari, messali, l’Antico e il Nuovo Testamento, che “espiarono in un grande falò”, il presidente disse che queste erano la causa di “tutte le sciocchezze che la razza umana aveva commesse” (Journal of Paris, 1793, No. 318. Citato in Buchez-Roux, Raccolta di storia parlamentare, vol. 30, pp. 200, 201). Era stato il papato che aveva iniziato l’opera e ora l’ateismo la stava portando a termine. La politica di Roma aveva messo a punto quelle condizioni sociali, politiche e religiose, che stavano affrettando la Francia alla rovina. Gli scrittori, riferendosi agli orrori della rivoluzione, dicono che questi eccessi dovevano essere attribuiti al trono e alla chiesa. [276]
Infatti per correttezza e giustizia dobbiamo dire che in realtà essi vanno imputati alla chiesa. Il papato aveva avvelenato le menti dei re contro la Riforma, come fosse un nemico della corona, un elemento di discordia che sarebbe stato fatale per la pace e l’armonia della nazione. Fu il genio di Roma che in questo modo ispirò la più inaudita delle crudeltà e la peggiore oppressione che procedeva dal trono. Lo spirito di libertà, invece, si affermava con la Bibbia. Ovunque sia stato ricevuto il Vangelo, le menti degli uomini sono state risvegliate. Cominciarono a sbarazzarsi delle catene che li tenevano nell’ignoranza, il vizio e la superstizione, iniziando a pensare e a comportarsi da uomini. I monarchi se ne resero conto e iniziarono a tremare per il loro dispotismo. Roma non trascurò di alimentare le loro paure gelose. Il papa disse al reggente di Francia nel 1525: “Questa mania [il Protestantesimo] non solo confonderà e distruggerà la religione, ma anche tutti i principati, nobiltà, leggi, ordini e gradi” (G. de Felice, Storia dei protestanti di Francia, b. 1, cap. 2, par. 8). Alcuni anni dopo un nunzio papale avvertì il re: “Sire, non siate ingannato. I protestanti sconvolgeranno tutti gli ordini civili e religiosi… Il trono è in pericolo tanto quanto l’altare… L’introduzione di una nuova religione deve necessariamente introdurre un nuovo governo” (D’Aubigne, Storia della Riforma in Europa al tempo di Calvino, b. 2, cap. 36). E i teologi si appellarono ai pregiudizi del popolo dichiarando che la dottrina protestante “attira gli uomini verso novità e follia; deruba il re del devoto affetto dei suoi sudditi, e devasta sia la chiesa che lo stato”. Così Roma riuscì ad allineare la Francia contro la Riforma. “Era per sostenere il trono, preservare i nobili e mantenere le leggi, che la spada della persecuzione fu sguainata per la prima volta in Francia” (Wylie, b. 13, cap. 4). I governanti della terra non avevano previsto i risultati di quella fatidica politica. L’insegnamento della Bibbia avrebbe impiantato nella mente e nel cuore della gente quei principi di giustizia, temperanza, verità, equità e benevolenza che sono la pietra angolare della prosperità di una nazione. “La giustizia esalta una nazione” {Proverbi 14: 34}. In tal modo “il trono è reso stabile con la giustizia” {Proverbi 16: 12}. [277]
“Il frutto della giustizia sarà la pace” e l’effetto della giustizia “tranquillità e sicurezza per sempre” {Isaia 32: 17}. Chi obbedisce alla legge divina, rispetterà veramente e obbedirà alle leggi del suo paese. Colui che teme Dio onorerà il re nell’esercizio di ogni giusta e legittima autorità. Ma l’infelice Francia proibì la Bibbia e bandì i suoi discepoli. Secolo dopo secolo, uomini di princìpi ed integrità, uomini di acutezza intellettuale e forza morale, che ebbero il coraggio di confessare le loro convinzioni e di soffrire per la fede nella verità, per secoli questi uomini faticarono come schiavi nelle galere, perirono arsi sul rogo o lasciati marcire in orride celle. Migliaia e migliaia trovarono sicurezza nella fuga; e questo continuò per duecentocinquanta anni dopo l’inizio della Riforma. “C’è stata appena una generazione di francesi, durante questo lungo periodo, che non abbia visto i discepoli del Vangelo fuggire davanti alla folle furia del persecutore. Fuggirono portando con sé l’intelligenza, le arti, l’industria e i mestieri (in cui eccellevano in modo preminente) arricchendo le terre in cui trovavano asilo. E in proporzione riempirono altri paesi con questi buoni doni, a scapito di coloro che li avevano messi al bando. Se tutto ciò che era stato portato via fosse stato trattenuto in Francia; se, durante questi trecento anni, l’abilità industriale degli esuli avesse coltivato la sua terra; se, durante questi trecento anni, la loro inclinazione artistica avesse migliorato le sue manifatture; se, durante questi trecento anni, il loro genio creativo ed il potere analitico avessero arricchito la sua letteratura e coltivato la sua scienza; se la loro saggezza avesse guidato i suoi consigli; se il loro coraggio avesse combattuto le sue battaglie; se la loro equità avesse redatto le sue leggi, e se avesse mantenuto la religione della Bibbia che rafforzava l’intelletto e governava la coscienza del popolo; quale gloria in questo momento avrebbe abbracciato la Francia! Che paese grande, prospero e felice – sarebbe stato un modello per le nazioni! [278]
“Ma un cieco ed inesorabile bigottismo cacciava dalla sua terra ogni maestro di virtù, ogni paladino dell’ordine, ogni onesto difensore del trono; agli uomini che avrebbero potuto rendere la loro patria “famosa e gloriosa” sulla terra, si diceva: “Decidi quale vuoi: o il rogo o l’esilio”. Alla fine la rovina dello stato fu completa; non rimaneva più coscienza da opprimere; non più religione da trascinare sul rogo; non più patriottismo da mandare in esilio” (Wylie, b. 13, cap. 20). La Rivoluzione, con tutti i suoi orrori, fu il terribile risultato. “Con la partenza degli Ugonotti un declino generale si sviluppò in Francia. Le fiorenti città manifatturiere caddero in rovina; i quartieri fertili tornarono alla loro natura selvaggia; ottusità intellettuale e declino morale ebbero un periodo di progresso insolito. Parigi divenne un vasto ospizio e si stima che, alla vigilia della rivoluzione, duecentomila poveri abbiano rivendicato di essere mantenuti con i sussidi della casa regale. I gesuiti da soli prosperarono nella nazione decadente e governarono con terribile tirannia su chiese e scuole, prigioni e galere”. Il Vangelo avrebbe portato alla Francia la soluzione di quei problemi politici e sociali che confondevano le capacità del suo clero, del suo re e dei suoi legislatori, e che alla fine avrebbero gettato la nazione nell’anarchia e nella rovina. Sotto il dominio della Chiesa di Roma, il popolo aveva dimenticato le lezioni del Salvatore riguardanti il sacrificio di sé e l’amore altruistico. Erano stati allontanati dalla pratica di abnegazione per il bene degli altri. I ricchi non venivano rimproverati per l’oppressione dei poveri ed i poveri erano totalmente abbandonati alla servitù e alla degradazione. L’egoismo dei ricchi e dei potenti divenne sempre più evidente ed opprimente. Per secoli l’avidità e la dissolutezza del nobile si concretizzarono in sistematiche estorsioni verso i contadini. I ricchi sfruttavano i poveri e i poveri odiavano i ricchi. In molte province le proprietà erano detenute dai nobili e le classi lavoratrici erano solo inquiline; [279]
Erano in balia dei loro proprietari terrieri e furono costrette a sottomettersi alle loro esorbitanti richieste. L’onere di sostenere sia la chiesa che lo stato ricadde sulle classi medie e basse, che erano pesantemente tassate dalle autorità civili e dal clero. “Il piacere dei nobili era considerato la legge suprema; i contadini e gli agricoltori morivano di fame, ma ciò non importava ai loro oppressori… La gente era costretta costantemente a consultare l’interesse esclusivo del proprietario. Le vite dei braccianti agricoli erano vite di lavoro incessante e di infelicità senza limiti; le loro lamentele, se mai avessero osato lamentarsi, furono trattate con insolente disprezzo. Le corti di giustizia avrebbero dato invariabilmente ragione a un nobile che si lamenta contro un contadino; le tangenti erano notoriamente accettate dai giudici; e il più semplice capriccio dell’aristocrazia aveva l’appoggio della legge, in virtù di questo sistema di corruzione universale. Tra le tasse strappate alla gente comune dai magnati laici da una parte e il clero dall’altra, solo una parte affluiva nel tesoro reale o episcopale; il resto veniva sprecato in una dissoluta auto-indulgenza. E gli uomini che così impoverivano i loro simili erano essi stessi esenti dalla tassazione e avevano diritto per legge o costume a tutte le nomine dello stato. Le classi privilegiate contavano 150.000 membri e per la loro gratificazione milioni erano condannati ad una vita senza speranza e di degrado”. La corte è stata abbandonata al lusso e alla dissolutezza. C’era poca fiducia tra il popolo e i governanti e ciò faceva sì che ogni provvedimento dello stato fosse accolto con diffidenza. Per più di mezzo secolo prima del momento della Rivoluzione il trono fu occupato da Luigi XV, il quale, anche in quei tempi malvagi, fu distinto come un monarca indolente, frivolo e sensuale. Con un’aristocrazia depravata e crudele e una classe inferiore impoverita ed ignorante, uno stato finanziariamente imbarazzato e un popolo esasperato, non c’era bisogno di occhi profetici per prevedere un terribile scoppio imminente della rivoluzione. [280]
Agli avvertimenti dei suoi consiglieri il re era abituato a rispondere: “Cerca di far andare avanti le cose finché io vivo; dopo la mia morte sarà quel che sarà”. Invano si cercava di mettere in risalto la necessità di una riforma. Egli vide i mali, ma non ebbe né il coraggio né il potere di porvi rimedio. Il destino che attendeva la Francia era definito molto bene dalla sua risposta indolente ed egoista: “Dopo di me, il diluvio!”. Lavorando sulla gelosia dei re e delle classi dominanti, la Chiesa romana li aveva influenzati nel mantenere il popolo in schiavitù, ben sapendo che lo stato si sarebbe indebolito. Attraverso questo mezzo essa desiderava legare sia governanti che gente semplice in schiavitù, rafforzando così la sua autorità sulle nazioni. Con una politica lungimirante capì che per poter soggiogare efficacemente gli uomini, le catene dovevano essere legate alle loro anime e che il modo più sicuro per impedire loro di sfuggire dalla loro schiavitù era di renderli incapaci della libertà. Mille volte più terribile della sofferenza fisica derivante dalla sua politica era il degrado morale. Privata della Bibbia e abbandonata agli insegnamenti del bigottismo e dell’egoismo, la gente era così avvolta nell’ignoranza, nella superstizione e affondata nel vizio, che era completamente inadatta all’autogoverno. Ma le conseguenze di tutto questo erano molto diverse da quelle previste da Roma. Invece di tenere le masse in una cieca sottomissione ai suoi dogmi, la sua opera portò a renderle infedeli e rivoluzionarie, iniziando pure a disprezzare il Cattolicesimo romano. Videro il clero proprio come una parte della loro oppressione. L’unico dio che conoscevano era il dio di Roma. Il suo insegnamento era la loro unica religione, la cui avarizia e ingordigia erano ritenuti i frutti legittimi del Vangelo e finirono quindi con l’essere rifiutati da tutti. Roma aveva travisato il carattere di Dio e pervertito le Sue esigenze e ora gli uomini hanno rifiutato sia la Bibbia che il suo Autore. Roma aveva richiesto una fede cieca nei suoi dogmi, sotto la pretesa approvazione delle Scritture. Per reazione, Voltaire e i suoi associati, misero da parte la Parola di Dio e diffusero ovunque il veleno dell’incredulità. Roma aveva schiacciato il popolo sotto il suo tallone di ferro; [281]
Ora le masse, degradate e brutalizzate, nel loro rifiuto della sua tirannia, esclusero ogni moderazione. Infuriate a causa dello scintillante inganno a cui avevano tanto a lungo reso omaggio, rifiutarono sia la verità sia la menzogna; scambiando l’immoralità per la libertà, schiave del vizio, esultarono nella loro presunta “libertà”. All’inizio della Rivoluzione, con la concessione del re, il popolo aveva fatto ottenere agli stati generali una rappresentanza superiore a quella dei nobili ed il clero combinato. Quindi l’equilibrio del potere era nelle loro mani, ma non erano disposti ad usarlo con saggezza e moderazione. Desiderosi di rimediare ai torti subiti, decisero di intraprendere la ricostruzione della società. Un popolo indignato, le cui menti erano piene di ricordi amari, era risoluto a rivoluzionare lo stato di miseria che era diventato insopportabile ed a vendicarsi di coloro che consideravano gli autori delle loro sofferenze. In tal modo gli oppressi, applicando le lezioni apprese sotto la tirannia, divennero gli oppressori di coloro che li avevano oppressi. La Francia infelice mieteva sangue nel raccolto che aveva seminato. Terribili furono i risultati della sua sottomissione al potere di Roma. Proprio là in Francia, dove a causa dell’influsso di Roma aveva istituito il primo rogo all’inizio della Riforma, la rivoluzione innalzò la sua prima ghigliottina. Nel punto in cui furono bruciati i primi martiri della fede protestante nel sedicesimo secolo, le prime vittime furono ghigliottinate nel diciottesimo. Nel respingere il Vangelo che avrebbe portato la sua guarigione, la Francia aveva aperto la porta all’infedeltà e alla rovina. Quando le restrizioni della legge di Dio furono messe da parte, si scoprì che le leggi dell’uomo erano inadeguate per tenere a bada i legami potenti della passione umana e la nazione passò alla rivoluzione e all’anarchia. La guerra contro la Bibbia ha inaugurato un’era conosciuta nella storia del mondo come il regno del terrore. La pace e la felicità furono bandite dalle case e dai cuori degli uomini. Nessuno era sicuro perché colui che ha trionfato oggi, poteva essere sospettato e condannato domani. Violenza e lussuria hanno avuto un’influenza indiscussa. [282]
Re, clero e nobili furono costretti a sottomettersi alle atrocità di un popolo eccitato e impazzito. La loro sete di vendetta fu stimolata solo dall’esecuzione del re e di quelli che lo avevano sostenuto facendoli perire sul patibolo. Fu determinato un massacro generale nei confronti di tutti coloro che erano sospettati di ostilità verso la rivoluzione. Le prigioni erano affollate tanto che, ad un certo momento, contenevano oltre duecentomila prigionieri. Le città del regno erano piene di scene di orrore. I vari partiti rivoluzionari si combattevano fra loro e la Francia divenne un vasto campo di battaglia fra masse in continua lotta, influenzate dalla furia delle loro passioni.
“A Parigi i tumulti si susseguivano e i cittadini erano suddivisi in tante fazioni che sembravano avere come unico scopo quello di sterminarsi a vicenda”. Al culmine di questa situazione di miseria generale, la nazione è stata coinvolta in una guerra prolungata e devastante con le grandi potenze dell’Europa. “Il paese era quasi in bancarotta, gli eserciti chiedevano a gran voce arretrati di retribuzione, i parigini stavano morendo di fame, le province erano devastate dai briganti e la civiltà si era quasi estinta in anarchia e depravazione”. Fin troppo bene il popolo aveva imparato le lezioni di crudeltà e torture che Roma aveva insegnato così diligentemente. Era arrivato finalmente il giorno della retribuzione. Non erano ora i discepoli di Gesù che furono cacciati nelle segrete e gettati nel rogo, in quanto ormai da tempo questi erano morti o erano stati cacciati in esilio. Roma ora sentiva il potere mortale di coloro che aveva addestrato al crimine e alle azioni di sangue. “L’esempio di persecuzione che il clero francese aveva esibito per così tante epoche, si ritorceva su di loro con inaudito vigore. I patiboli erano rossi a causa del sangue dei preti. Le galere e le prigioni, un tempo affollate di Ugonotti, erano ora piene dei loro persecutori. Incatenati al banco e affaticandosi sui remi, il clero cattolico romano ha sperimentato tutti i mali che la loro chiesa aveva inflitto così facilmente ai gentili eretici”. [283]
“Poi vennero quei giorni in cui il più barbaro di tutti i codici fu applicato dal più barbaro di tutti i tribunali; quando nessuno poteva salutare i suoi vicini o dire le sue preghiere… senza correre il pericolo di commettere un crimine capitale; quando spie si nascondevano ad ogni angolo; quando la ghigliottina era in azione fin dal mattino; quando le prigioni furono riempite così tanto come le stive di una nave schiava; quando dalle fogne scorrevano sangue schiumoso nella Senna… Mentre i carri carichi delle vittime venivano portati giornalmente attraverso le strade di Parigi, i proconsoli mandati dal comitato di Salute Pubblica nei vari dipartimenti, godevano di un’inaudita crudeltà sconosciuta anche nella capitale. La lama della ghigliottina si alzava e cadeva troppo lentamente per poter completare in tempo il loro lavoro di macellazione. Lunghe file di prigionieri furono falciate con la mitraglia. Fori sono stati fatti sul fondo di barche affollate per far annegare tutti i passeggeri. Lione fu trasformata in un deserto. Ad Arras anche la crudele misericordia di una rapida morte fu negata ai prigionieri. Lungo tutta la Loira, da Saumur al mare, grandi stormi di corvi e nibbi banchettavano su cadaveri nudi, intrecciati in orribili abbracci. Nessuna pietà è stata mostrata riguardo al sesso o all’età. Ragazze e ragazzi al di sotto dei diciassette anni furono sgozzati a centinaia. I bambini strappati dal seno della madre venivano lanciati sulla punta aguzza delle picche dei Giacobini”. In poco meno di dieci anni, moltitudini di esseri umani perirono. Tutto questo rientrava nel piano di Satana, ciò era quello che per anni aveva cercato di assicurarsi. La sua politica si basa sull’inganno dal primo all’ultimo, ed il suo obiettivo costante è quello di portare la sventura e la miseria sugli uomini, di imbrattare e contaminare l’opera di Dio, di mettere in rovina gli scopi divini di benevolenza e amore, causando dolore in cielo. Quindi, con le sue arti ingannevoli, acceca le menti degli uomini e li porta ad accusare Dio del suo lavoro, come se tutta questa miseria fosse il risultato del piano del Creatore. [284]
Allo stesso modo, quando coloro che sono stati degradati e brutalizzati dal suo potere crudele raggiungono la loro libertà, li esorta ad eccessi ed atrocità che i tiranni e gli oppressori definiscono come un’illustrazione dei risultati della libertà. Quando l’errore è stato rilevato in un qualsiasi dei suoi abiti, Satana lo maschera in un diverso travestimento e le moltitudini lo ricevono con la stessa bramosia del primo. Quando la gente trovò nel cattolicesimo un inganno li esortò a considerare ogni religione come un imbroglio e la Bibbia come una favola e, allontanando gli statuti divini, si abbandonarono all’iniquità sfrenata. L’errore fatale che provocò una tale pena per gli abitanti della Francia fu l’ignoranza di questa grande verità: che la vera libertà si trova nell’obbedienza alla legge di Dio. “Oh se tu avessi dato ascoltato ai miei comandamenti! Allora la tua pace sarebbe stata come un fiume, e la tua giustizia come le onde del mare… Non c’è pace, dice il Signore, ai malvagi” {Isaia 48: 18, 22}. “Ma chi ascolta me, dimorerà sicuro, e sarà tranquillo senza paura di alcun male” {Proverbi 1: 33}. Atei, infedeli e apostati si oppongono e denunciano la legge di Dio; ma i risultati della loro influenza dimostrano che il benessere dell’uomo è legato all’obbedienza degli statuti divini. Coloro che non leggeranno le lezioni insegnate dal libro di Dio sono invitati a leggerne le conseguenze nella storia delle nazioni. Quando Satana operò attraverso la Chiesa romana per allontanare gli uomini dall’obbedienza, il suo libero arbitrio fu nascosto, e la sua opera fu così camuffata che il degrado e la miseria che ne risultarono non furono visti come il frutto della trasgressione. Il suo potere fu ostacolato dallo Spirito di Dio e così la piena realizzazione dei suoi propositi fu impedita. Le persone non seppero risalire dall’effetto alla causa e scoprire così la fonte delle loro miserie. [285]
Durante la Rivoluzione Francese, la legge di Dio fu apertamente messa da parte dal Consiglio nazionale e nel Regno del Terrore che seguì; il rapporto di causa ed effetto poteva essere visto da tutti. Quando la Francia rigettò pubblicamente Dio e mise da parte la Bibbia, i malvagi e gli spiriti delle tenebre esultarono nel raggiungimento dell’oggetto tanto desiderato – un regno libero dai vincoli della legge di Dio. “Siccome la sentenza contro un’opera malvagia non è stata eseguita rapidamente, il cuore dei figli degli uomini è pieno della voglia di fare il male” {Ecclesiaste 8: 11}. Ma la trasgressione di una legge giusta può solo portare inevitabilmente alla miseria e alla rovina. Sebbene non fossero stati visitati immediatamente con i giudizi di Dio, la malvagità degli uomini stava sicuramente mettendo fine al loro destino. Secoli di apostasia e crimini avevano accumulato un “tesoro” d’ira per il giorno della punizione; e quando la loro iniquità era al culmine, gli schernitori di Dio appresero troppo tardi che era una cosa spaventosa aver messo a dura prova la pazienza divina. Lo Spirito di Dio, che impone un controllo sul potere crudele di Satana, fu in gran parte rimosso, e così a colui che si compiace delle sventure degli uomini fu permesso di operare a suo piacimento. Coloro che avevano scelto la ribellione furono lasciati a coglierne i frutti fino a quando la terra fu piena di crimini troppo orribili da poterli descrivere. Dalle province devastate e dalle città in rovina si udì un terribile grido, un grido di angoscia amara. La Francia fu scossa da un terremoto. La religione, la legge, l’ordine sociale, la famiglia, lo stato e la chiesa – tutto fu colpito dalla mano di colui che si era sollevato contro la legge di Dio. Giustamente l’uomo saggio dice: “L’empio cadrà per la sua malvagità” {Proverbi 11: 5}. “Sebbene un peccatore faccia il male cento volte, e i suoi giorni siano prolungati, tuttavia io so che il bene è per quelli che temono Dio, che provano timore al suo cospetto: ma non andrà bene per i malvagi” {Ecclesiaste 8: 12-13}. “Odiavano la conoscenza e non sceglievano il timore del Signore… perciò mangeranno del frutto della loro propria via e si riempiranno dei loro propri consigli” {Proverbi 1: 29, 31}. [286]
I fedeli testimoni di Dio, uccisi dal potere blasfemo che “sale dall’abisso”, non tardarono a rimanere in silenzio. “Dopo tre giorni e mezzo lo Spirito di vita di Dio entrò in loro, e si misero in piedi; grande paura cadde su coloro che li vedevano” {Apocalisse 11: 11}. Nel 1793 un decreto dell’Assemblea francese abolì la religione cristiana e accantonò la Bibbia. Tre anni e mezzo più tardi una delibera della stessa assemblea revocava questo decreto, garantendo così la tolleranza alle Scritture. Il mondo rimase sbigottito dall’enormità della colpa che era il risultato del rifiuto della Parola di Dio, riconosceva la necessità della fede in Dio e nella Sua Parola come fondamento della virtù e della moralità. Dice il Signore: “Chi hai rimproverato e bestemmiato? Contro chi hai esaltato la tua voce e hai sollevato in alto i tuoi occhi? Contro il Santo di Israele” {Isaia 37: 23}. “Perciò, ecco, questa volta farò loro conoscere la Mia mano e la Mia potenza; e sapranno che il mio nome è l’Eterno” {Geremia 16: 21}. Riguardo ai due testimoni il profeta dichiara ulteriormente: “Ed essi udirono una grande voce dal cielo che diceva loro: Vieni qua. E salirono al cielo in una nuvola; e i loro nemici li videro” {Apocalisse 11: 12}. Da quando la Francia ha fatto guerra ai due testimoni di Dio, essi sono stati onorati come mai prima d’ora. Nel 1804 fu organizzata la Società Biblica Britannica e Forestiera, seguita poi da organizzazioni simili, con numerose filiali, nel continente europeo. Nel 1816 fu fondata la Società Biblica Americana. Quando si formò la Società Britannica, la Bibbia fu stampata e fatta circolare in cinquanta lingue. Da allora è stata tradotta in molte centinaia di lingue e dialetti. Per i cinquant’anni precedenti al 1792, poca attenzione fu data alle missioni estere. [287]
Non si formarono nuove società e solo poche chiese facevano sforzi per la diffusione del cristianesimo nelle terre pagane, ma verso la fine del diciottesimo secolo ebbe luogo un grande cambiamento. Gli uomini erano insoddisfatti dei risultati del razionalismo e si rendevano conto della necessità della rivelazione divina e della religione. Da quel momento l’opera delle missioni straniere raggiunse una crescita senza precedenti. I miglioramenti nella stampa diedero slancio all’opera di circolazione della Bibbia. Le maggiori possibilità di comunicazione tra i diversi paesi, l’abbattimento delle antiche barriere del pregiudizio, dell’esclusività nazionale e la perdita del potere secolare da parte del pontefice di Roma aprirono la strada all’ingresso della Parola di Dio. Per alcuni anni la Bibbia fu venduta senza restrizioni nelle strade di Roma ed oggi è sempre più diffusa nelle varie parti del globo abitabile.
L’infedele Voltaire una volta disse in modo esagerato: “Sono stanco di sentire le persone ripetere che dodici uomini hanno stabilito la religione cristiana. Dimostrerò che un uomo può bastare a rovesciarla”. Generazioni sono passate dalla sua morte e milioni di persone si sono unite alla guerra contro la Bibbia. Ma è così lontana dall’essere distrutta che dove ce ne sono cento al tempo di Voltaire, ora ci sono diecimila, anzi, centomila copie del Libro di Dio! Ecco le parole di un primo riformatore della chiesa cristiana: “La Bibbia è un’incudine che ha consumato molti martelli”. Il Signore afferma: “Nessun’arma fabbricata contro di te prospererà; e ogni lingua che si leverà contro di te in giudizio tu la condannerai” {Isaia 54: 17}. “La parola del nostro Dio rimarrà per sempre” {Isaia 40: 8}. “Tutti i suoi comandamenti sono sicuri. Stanno saldi per sempre, e sono fatti nella verità e nella rettitudine” {Salmo 111: 7-8}. Tutto ciò che è costruito sull’autorità dell’uomo sarà rovesciato; ma ciò che è fondato sulla roccia della Parola immutabile di Dio rimarrà per sempre. [288]
I riformatori inglesi, pur rinunciando alle dottrine cattoliche, avevano conservato molte delle sue forme. Quindi, sebbene l’autorità ed il credo di Roma fossero respinti, non poche delle sue usanze e cerimonie furono incorporate nel culto della Chiesa d’Inghilterra. Si sosteneva che queste cose non avevano a che fare con questioni di coscienza; che sebbene non fossero presenti nella Scrittura, non erano però proibite e quindi non erano intrinsecamente malvagie in quanto non essenziali. La loro osservanza però tendeva a ridurre la distanza che separava le chiese riformate da Roma e ciò fu considerato come qualcosa che poteva agevolare l’accettazione della fede protestante da parte dei cattolici. Per i conservatori e gli opportunisti, questi argomenti sembravano sufficienti, ma c’era un’altra classe che non la pensava così. Il fatto che queste abitudini “tendessero a scavalcare l’abisso tra Roma e la Riforma” (Martyn, volume 5, pagina 22) non era a loro avviso un argomento sufficiente per continuarle a praticare. Le consideravano persino come un segno distintivo della schiavitù da cui erano stati liberati e nella quale non avevano alcuna intenzione di ricaderci. Pensavano che Dio nella Sua Parola ha stabilito le norme che governano la Sua adorazione, e che gli uomini non sono liberi di aggiungerne o toglierne. L’inizio della grande apostasia si era verificata proprio nel cercare di integrare l’autorità di Dio con quella della chiesa. [289]
Roma cominciò a imporre ciò che Dio non aveva proibito e finì col proibire ciò che Dio aveva esplicitamente ordinato di fare. Molti desideravano ardentemente ritornare alla purezza ed alla semplicità che caratterizzavano la chiesa primitiva. Essi consideravano molte delle abitudini stabilite della Chiesa inglese come monumenti d’idolatria e non potevano coscienziosamente riunirsi nella sua adorazione. La chiesa, essendo sostenuta dall’autorità civile, non permetteva alcun dissenso dalle sue forme. La partecipazione alle sue funzioni era richiesta dalla legge e le assemblee religiose non autorizzate per il culto religioso erano proibite sotto pena di reclusione, esilio e morte. All’inizio del diciassettesimo secolo, il monarca, che era appena salito sul trono d’Inghilterra, dichiarò la sua determinazione a far “conformare i puritani… sotto pena di esilio o peggio” (George Bancroft, Storia degli Stati Uniti d’America, pt. 1, cap. 12, par. 6). Cacciati, perseguitati ed imprigionati, non potevano discernere in futuro alcuna garanzia di giorni migliori e molti cedettero alla convinzione che “l’Inghilterra cessò di essere un paese abitabile per chi voleva servire Dio secondo la propria coscienza” (J. G. Palfrey, History of New England, cap. 3, par. 43). Alcuni finalmente decisero di cercare rifugio in Olanda. Nonostante furono riscontrate difficoltà, perdite e reclusioni, nonostante i loro scopi vennero vanificati e furono traditi nelle mani dei loro nemici, la loro tenace perseveranza alla fine trionfò e trovarono rifugio sulle sponde amichevoli della Repubblica olandese. Nella loro fuga avevano lasciato le loro case, i loro beni e i loro mezzi di sostentamento. Erano estranei in una terra straniera, tra un popolo di lingue e costumi diversi. Furono costretti a ricorrere a nuove occupazioni, pur senza esperienza, per guadagnarsi il pane. Gli uomini di mezza età, che avevano passato la vita a coltivare la terra, dovevano ora imparare mestieri meccanici, ma accettarono allegramente la situazione e non persero tempo nell’ozio o nella lamentela. [290]
Anche se spesso erano ridotti alla povertà, ringraziavano Dio per le benedizioni che ancora gli erano concesse e trovarono la loro gioia nella comunione spirituale che non era più limitata. “Sapevano che erano pellegrini, non guardavano molto a queste cose, ma alzavano gli occhi al cielo, il loro paese più caro, e calmavano i loro spiriti” (Bancroft, pt. 1, cap. 12, par. 15). Nel mezzo dell’esilio e delle difficoltà il loro amore e la loro fede si rafforzarono. Si fidavano delle promesse del Signore e Lui non mancò nel momento del bisogno. I Suoi angeli erano al loro fianco per incoraggiarli e sostenerli. Quando la mano di Dio comandò di attraversare il mare, in una terra dove avrebbero potuto trovare uno stato e lasciare ai loro figli la preziosa eredità della libertà religiosa, andarono avanti, senza esitare, sulla via della provvidenza. Dio aveva permesso che prove venissero sul Suo popolo per prepararlo al compimento del Suo benevolo proposito verso di loro. La chiesa era stata umiliata, per poter essere esaltata. Dio stava per mostrare il Suo potere in loro favore, per dare al mondo un’altra prova che Egli non abbandonerà coloro che credono in Lui. Aveva diretto gli eventi in modo che l’ira di Satana e le trame di uomini malvagi facessero progredire la Sua gloria per portare il Suo popolo in un luogo sicuro. La persecuzione e l’esilio stavano aprendo la strada alla libertà. Quando, per la prima volta, furono costretti a separarsi dalla Chiesa inglese, i Puritani si unirono a loro volta in un patto solenne, così come fece il popolo libero del Signore, “per camminare insieme in tutte le sue vie che l’Eterno aveva rese note o che avrebbe fatto conoscere loro” (J. Brown, The Pilgrim Fathers, pagina 74). Ecco il vero spirito di riforma, il principio vitale del protestantesimo. Fu con questo scopo che i pellegrini partirono dall’Olanda per trovare una casa nel Nuovo Mondo. John Robinson, il loro pastore, che provvidenzialmente non poté accompagnarli, nel suo discorso di addio agli esuli disse: [291]
“Fratelli, stiamo ormai per separarci e il Signore solo sa se potrò mai vivere per vedere ancora le vostre facce. Che il Signore lo permetta o no, io vi scongiuro davanti a Dio e ai suoi angeli benedetti di seguirmi non più lontano di quanto abbia seguito io Cristo. Se Dio vi rivelasse qualcosa con qualsiasi altro Suo strumento, sii pronto a riceverlo così come hai fatto quando accettasti ogni nuova verità attraverso il mio ministero; poiché sono molto fiducioso che il Signore ha molte altre verità e luce che farà scaturire dalla Sua santa Parola” (Martyn, vol. 5, p. 70). “Per quanto mi riguarda, non posso lamentarmi sufficientemente delle condizioni delle chiese riformate: esse sono giunte a un periodo statico in materia di religione e si rifiutano di compiere un passo oltre a quelli fatti dalle guide spirituali nel periodo della Riforma. I luterani non possono essere spronati ad andare oltre ciò che Lutero vide; anche i calvinisti, restano fermi lì dove sono stati lasciati da quel grande uomo di Dio, che però non riuscì a vedere tutte le verità. Questa è una realtà che addolora molto; poiché sebbene fossero ardenti e splendenti luci nel loro tempo, tuttavia non penetrarono nell’intero consiglio di Dio, ma se fossero ora viventi, sarebbero disposti ad abbracciare ulteriore luce così come la ricevettero per la prima volta in passato” (D. Neal, Storia dei Puritani, vol. 1, p. 269). “Ricordatevi del vostro patto con la chiesa, in cui avete accettato di camminare in tutte le vie del Signore, che vi ha rivelato o che vi rivelerà. Ricordate la vostra promessa e l’alleanza fatta a Dio e fatta gli uni con gli altri, per ricevere ogni luce e verità che Egli vi renderà nota mediante la Sua Parola scritta; ma, attenzione, vi prego, vi prego, ciò che ricevete come verità confrontatela ed esaminatela con altre Scritture prima di accettarla; poiché non è possibile che il mondo cristiano, uscito così di recente da una tale oscurità anticristiana, arrivi alla piena perfezione della conoscenza della luce così immediatamente” (Martyn, vol. 5, pp. 70, 71). Era il desiderio di libertà di coscienza che ispirava i pellegrini a sfidare i pericoli del lungo viaggio attraverso il mare, a sopportare le avversità ed i pericoli del deserto e porre, con la benedizione di Dio, sulle rive dell’America, le fondamenta di una nazione potente. [292]
Per quanto onesti e timorati di Dio, i padri pellegrini non compresero ancora il grande principio della libertà religiosa e quindi non erano ugualmente propensi ad accordare quella libertà, alla quale avevano sacrificato tutto. “Pochissimi, anche tra i più importanti pensatori e moralisti del diciassettesimo secolo, avevano una giusta idea di quel grande principio contenuto nel Nuovo Testamento, che riconosce Dio come unico giudice della fede umana” (Ibid., vol. 5, p. 297). La dottrina secondo cui Dio ha affidato alla Chiesa il diritto di controllare la coscienza, di definire e punire l’eresia, è uno degli errori papali più profondamente radicati. Mentre i riformatori respingevano il credo di Roma, non si erano completamente liberati del suo spirito di intolleranza. La densa oscurità in cui, attraverso le lunghe epoche del suo regno, il papato aveva avvolto tutta la cristianità, non era ancora stata completamente dissipata. Uno dei massimi ministri della colonia del Massachusetts, Bay, disse: “È stata la tolleranza a rendere il mondo anticristiano; la chiesa non si è mai rammaricata della sua severità nei confronti degli eretici” (Ibid., vol. 5, p. 335). Questo regolamento fu adottato dai coloni: solo i membri della chiesa avevano voce nel governo civile. Si formò quindi una sorta di unione chiesa stato, tutte le persone dovevano contribuire al sostegno del clero ed i magistrati furono autorizzati a sopprimere l’eresia. Quindi il potere civile era nelle mani della chiesa. Non passò molto tempo prima che queste misure portassero all’inevitabile risultato della persecuzione. Undici anni dopo la fondazione della prima colonia, Roger Williams venne nel Nuovo Mondo. Come i primi pellegrini, venne a godere della libertà religiosa; ma, a differenza di loro, vide – quello che così pochi nel suo tempo avevano visto – che quella libertà era il diritto inalienabile di tutti, qualunque potesse essere il loro credo. Era un sincero cercatore di verità e come Robinson, egli riteneva impossibile che tutta la luce della Parola di Dio fosse già stata rivelata. Williams “fu la prima persona della cristianità moderna a stabilire un governo civile sulla dottrina della libertà di coscienza e dell’uguaglianza delle opinioni davanti alla legge” (Bancroft, pt. 1, cap. 15, par. 16). [293]
Dichiarò che era dovere del magistrato reprimere il crimine, ma non quello di controllare la coscienza. Egli disse: “Il pubblico ministero o i magistrati possono decidere ciò che è dovuto da un uomo all’altro; ma quando cercano di prescrivere i doveri di un uomo nei confronti di Dio, sono fuori posto e non può esserci sicurezza; perché è chiaro che se i magistrati hanno questo potere, loro potranno decretare oggi una serie di opinioni o credo e domani altri ancora; come è stato fatto in Inghilterra da diversi re e regine e da diversi papi e concili nella Chiesa Cattolica Romana; così tutti quei credo diventerebbero confusione” (Martyn, vol. 5, p. 340). La presenza alle funzioni religiose della chiesa era obbligatoria, pena: multe o carcere. “Williams disapprovò questa legge; il peggior statuto nel codice inglese era proprio quello che faceva rispettare la partecipazione obbligatoria alla chiesa parrocchiale. Egli riteneva che costringere gli uomini ad unirsi a quelli di un credo diverso, era un’aperta violazione dei loro diritti naturali. D’altra parte, trascinare al culto pubblico l’irreligioso e il riluttante, sembrava solo una richiesta d’ipocrisia. “Nessuno dovrebbe essere obbligato a venerare, o…” aggiunse “osservare un’adorazione contro il proprio consenso”. “Cosa!” esclamarono i suoi antagonisti, meravigliati dei suoi princìpi “il lavoratore non è degno del suo salario?”. “Sì!” rispose lui, “ma da parte di quelli che lo impiegano” (Bancroft, pt. 1, cap. 15, par. 2). Roger Williams era rispettato e amato come ministro fedele del Vangelo, uomo di rari doni, di inflessibile integrità e vera benevolenza; tuttavia la sua costante negazione del diritto dei magistrati civili di esercitare l’autorità sulla chiesa e la sua difesa della libertà religiosa non potevano essere tollerate. Si diceva che l’applicazione di questa nuova dottrina avrebbe “sovvertito le fondamenta dello stato e del governo del paese” (Ibid., pt. 1, cap. 15, par. 10). Fu condannato all’esilio nelle colonie ed infine, per evitare l’arresto, fu costretto a fuggire, tra il freddo e le tempeste dell’inverno, nella foresta ininterrotta. “Per quattordici settimane”, disse, “sono stato tristemente gettato nella stagione amara dell’inverno, non sapendo cosa significasse il pane o il letto”. [294]
Ma “i corvi mi hanno nutrito nel deserto e gli alberi cavi erano il mio riparo” (Martyn, vol. 5, pp. 349, 350). Così continuò il suo doloroso volo attraverso la neve e la foresta senza sentieri, finché non trovò rifugio presso una tribù indiana, della quale aveva conquistato la fiducia e l’affetto mentre si sforzava di insegnare loro le verità del Vangelo. Facendosi finalmente strada, dopo mesi di cambiamenti e vagabondaggi, sulle rive della Baia di Narragansett, pose le fondamenta del primo stato moderno che nel senso più ampio riconosceva il diritto alla libertà religiosa. Il principio fondamentale della colonia di Roger Williams era che “ogni uomo dovrebbe avere la libertà di adorare Dio secondo la luce della propria coscienza” (Ibid., vol. 5, p. 354). Il suo piccolo stato, Rhode Island, divenne il rifugio degli oppressi, esso aumentò e prosperò fino a quando i suoi princìpi di fondazione, la libertà civile e religiosa, divennero i capisaldi della Repubblica americana. In quell’antico documento che i nostri antenati esponevano come la magna carta dei diritti – la Dichiarazione di Indipendenza – dichiararono: “Noi riteniamo che queste verità siano evidenti: tutti gli uomini sono creati uguali; sono tutti dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili; tra questi ci sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità”. La Costituzione garantisce, nei termini più espliciti, l’inviolabilità della coscienza: “Nessuna prova religiosa sarà mai richiesta come una qualifica a qualsiasi ufficio di pubblica responsabilità negli Stati Uniti”. “Il Congresso non voterà alcuna legge relativa alla creazione di uno stabilimento religioso o al divieto di un suo libero esercizio”. “I legislatori della Costituzione riconoscevano il principio eterno secondo il quale la relazione dell’uomo con il suo Dio è al di sopra della legislazione umana e i suoi diritti di coscienza sono inalienabili. Non era necessario questo ragionamento per stabilire questa verità; ne siamo consapevoli nel nostro stesso senno. Questa certezza, che sfida le leggi umane, ha sostenuto tanti martiri nelle torture e nelle fiamme. Sentivano che il loro dovere verso Dio era superiore alle disposizioni umane e che l’uomo non poteva esercitare alcuna autorità sulla propria coscienza. Questo è un principio innato nell’uomo che nessuno può sradicare” (Documenti del Congresso (U.S.A.), numero di serie 200, documento n. 271). [295]
Mentre le notizie di una terra in cui ogni uomo può godere del frutto del proprio lavoro e obbedire alle convinzioni della propria coscienza si diffondevano attraverso i paesi europei, migliaia si riversarono sulle rive del Nuovo Mondo. Le colonie si moltiplicarono rapidamente. “Il Massachusetts, con questa legge speciale, offriva accoglienza e aiuti gratuiti, mediante spese pubbliche, a cristiani di qualsiasi nazionalità che si trasferissero oltre l’Atlantico” per fuggire da guerre o carestie o dall’oppressione dei loro persecutori. “Così i fuggitivi e gli oppressi erano, per statuto, resi ospiti dello stato” (Martyn, vol. 5, p. 417). A vent’anni dal primo sbarco a Plymouth, migliaia di pellegrini si stabilirono nel New England. Per assicurarsi l’obbiettivo che cercavano “si accontentarono di guadagnare una nuda sussistenza con una vita di frugalità e fatica. Non chiedevano nulla dal terreno, se non i ritorni ragionevoli del loro stesso lavoro. Nessuna visione d’oro gettava influenze ingannevoli sul loro cammino… Si accontentarono del lento ma costante progresso della loro politica sociale. Hanno pazientemente sopportato le privazioni del deserto, irrigando l’albero della libertà con le loro lacrime e con il sudore della loro fronte, finché non ha messo radici profonde nella terra”. La Bibbia era considerata il fondamento della fede, la fonte della saggezza e la carta della libertà. I suoi principi furono insegnati diligentemente a casa, a scuola e in chiesa, e i suoi frutti si manifestarono in parsimonia, intelligenza, purezza e temperanza. Si poteva passare anni nelle zone abitate dell’insediamento puritano “e non vedere un ubriacone, o sentire una bestemmia, o incontrare un mendicante” (Bancroft, pt. 1, cap. 19, par. 25). È stato dimostrato che i princìpi della Bibbia sono le garanzie più sicure della grandezza nazionale. Le colonie deboli e isolate si trasformarono in una confederazione di stati potenti ed il mondo prese atto con meraviglia della pace e della prosperità di “una chiesa senza un papa e uno stato senza un re”. [296]
Numerosi ed in continuo aumento furono coloro, che attratti dalle coste dell’America, arrivarono con varie motivazioni in parte anche diverse da quelle dei primi Pellegrini. Sebbene la fede e la purezza primitive esercitassero un potere diffuso e plasmabile, tuttavia la sua influenza divenne sempre meno man mano che aumentava il numero di coloro che cercavano solo vantaggi mondani. Il regolamento adottato dai primi coloni, di consentire solo ai membri della chiesa di votare o di ricoprire cariche nel governo civile portò però a risultati molto nefasti. Questa misura era stata accettata come mezzo per preservare la purezza dello stato, ma finì con il portare la corruzione della chiesa. Una semplice professione di fede, essendo la condizione necessaria di suffragio e di incarichi d’ufficio, rese molti uniti alla chiesa senza un cambiamento del cuore, poiché attivati unicamente da motivi di politica mondana. Così le chiese arrivarono a contare, in misura considerevole, molte persone non convertite; persino nel ministero pastorale c’erano quelli che non solo sostenevano errori di dottrina, ma che ignoravano anche il potere rinnovatore dello Spirito Santo. Così ancora una volta furono dimostrati i cattivi risultati, così spesso testimoniati nella storia della chiesa dai tempi di Costantino ad oggi, di tentare di edificare la chiesa con l’aiuto dello stato, di appellarsi al potere secolare a sostegno del Vangelo di Colui che ha dichiarato: “Il mio regno non è di questo mondo” {Giovanni 18: 36}. L’unione della chiesa con lo stato, in qualunque forma anche lieve, può sembrare che avvicini il mondo alla chiesa, ma in realtà porta la chiesa più vicina al mondo. Il grande principio così nobilmente sostenuto da Robinson e Roger Williams, che la verità è progressiva e che i cristiani dovrebbero essere pronti ad accettare tutta la luce che può brillare dalla santa Parola di Dio, è stato perso di vista dai loro discendenti. Le chiese protestanti dell’America e anche quelle Europee, molto favorite nel ricevere le benedizioni della Riforma, fallirono a portare avanti la via del rinnovamento. Sebbene alcuni uomini fedeli si esposero, di tanto in tanto, per proclamare le nuove verità e denunciare i vecchi errori, la maggioranza, come gli ebrei ai tempi di Cristo o i sostenitori del papa ai tempi di Lutero, si accontentava di credere come i loro padri avevano creduto e di vivere come loro avevano vissuto. [297]
Perciò la religione di nuovo degenerò in formalismo; gli errori e le superstizioni che sarebbero stati messi da parte se la chiesa avesse continuato a camminare nella luce della Parola di Dio vennero invece mantenuti ed amati. Così lo spirito trasmesso dalla Riforma si estinse gradualmente, finché cominciò a farsi sentire il bisogno di una nuova riforma nelle chiese protestanti così come accadde nella Chiesa Cattolica Romana ai tempi di Lutero. Era presente purtroppo, la stessa mondanità, incredulità spirituale, riverenza per le opinioni degli uomini e sostituzione di teorie umane al posto degli insegnamenti della Parola di Dio. L’ampia circolazione della Bibbia nella prima parte del diciannovesimo secolo, la grande luce così diffusa sul mondo, non fu seguita da un corrispondente progresso nella conoscenza della verità rivelata, o nella vita religiosa. Satana non poteva, come nelle epoche precedenti, nascondere la Parola di Dio al popolo; era stata messa alla portata di tutti; ma per realizzare ancora il suo obbiettivo, portò molti a considerarla con leggerezza. Gli uomini, trascurando di esaminare le Scritture, continuarono ad accettare false interpretazioni e ad amare le dottrine che non avevano fondamento nella Bibbia. Vedendo il fallimento dei suoi sforzi per distruggere la verità con le persecuzioni, Satana ricorse nuovamente al piano di compromesso che portò alla grande apostasia e alla formazione della Chiesa Cattolica. Egli non aveva indotto i cristiani ad allearsi con semplici pagani, ma a coloro che, con la loro devozione per le cose di questo mondo, si erano dimostrati dei veri idolatri come lo erano gli adoratori delle immagini scolpite. I risultati di questa unione non erano meno pericolosi di quelli nelle epoche precedenti; l’orgoglio e la stravaganza venivano incoraggiati sotto l’apparenza della religione e le chiese ne furono contagiate sempre più. Satana continuò a pervertire le dottrine della Bibbia; e le tradizioni, che avrebbero rovinato milioni, si stavano radicando profondamente. La chiesa sosteneva e difendeva queste tradizioni invece di combattere per “la fede che fu data una volta per sempre ai santi” {Giuda 3}. Così, furono degradati i princìpi per i quali i riformatori avevano lottato e sofferto così tanto. [298]
Una delle verità più solenni e gloriose rivelate nella Bibbia è quella della seconda venuta di Cristo per completare la grande opera di redenzione. Al popolo di Dio, pellegrino in questa “valle d’ombra e di morte”, una speranza preziosa e ispiratrice di gioia viene data nella promessa della venuta di Colui che è “la risurrezione e la vita” per “portare a casa” i Suoi redenti. La dottrina del secondo avvento è la nota dominante delle Sacre Scritture. Dal giorno in cui la prima coppia si è allontanata piena di dolore dall’Eden, i figli della fede hanno aspettato la venuta di Colui che doveva venire per rompere il potere del male e riportarli nuovamente nel Paradiso perduto. Nell’antichità gli uomini santi di Dio attendevano con ansia l’avvento del Messia in gloria come il pieno compimento della loro speranza. Ad Enoch, il settimo discendente di quelli che abitavano nell’Eden, colui che per tre secoli camminò sulla terra con Dio, fu permesso di vedere da lontano la venuta del Liberatore. “Ecco”, dichiarò, “il Signore è venuto con le sue sante miriadi per far giudizio contro tutti e per convincere tutti gli empi di tutte le opere d’empietà che hanno empiamente commesso e di tutti gli insulti che gli empi peccatori hanno proferito contro di Lui” {Giuda 14-15}. Il patriarca Giobbe nella notte della sua afflizione esclamò con incrollabile fiducia: “So che il mio Redentore vive e che negli ultimi giorni si leverà sulla terra… nella mia carne vedrò Dio… i miei occhi lo vedranno, e non un altro” {Giobbe 19: 25-27}. [299]
La venuta di Cristo, che inaugura il regno della giustizia, ha ispirato le espressioni più sublimi e appassionate degli scrittori sacri. I poeti e i profeti della Bibbia si sono soffermati su di essa con parole brillantemente ispirate. Il salmista cantò del potere e della maestà del re di Israele dicendo: “Da Sion, perfetta in bellezza, Dio è apparso nel suo fulgore. Il nostro Dio verrà e non tacerà… Egli chiamerà i cieli dall’alto e la terra per giudicare il suo popolo” {Salmo 50: 2-4}. “Si rallegrino i cieli e si rallegri la terra… davanti al Signore: poiché viene, perché viene a giudicare la terra; giudicherà il mondo con giustizia e il popolo secondo la sua verità” {Salmo 96: 11-13}. Il profeta Isaia disse: “Svegliati e giubila, tu che abiti nella polvere: poiché la tua rugiada è come la rugiada dell’aurora e la terra ridarà vita ai morti”. “I morti vivranno, insieme al mio corpo morto, si alzeranno”. “Annienterà per sempre la morte nella vittoria; il Signore Dio asciugherà le lacrime da tutte le facce; il rimprovero del suo popolo si allontanerà da tutta la terra, perché il Signore ha parlato. E in quel giorno si dirà: Ecco, questo è il nostro Dio; lo abbiamo aspettato e Lui ci salverà. Questo è il Signore; lo abbiamo aspettato, saremo felici e gioiremo della sua salvezza” {Isaia 26: 19; 25: 8-9}. Abacuc, rapito in una visione santa, vide l’apparizione di Gesù. “Dio viene da Teman e il Santo dal monte Paran. La sua gloria copriva i cieli e la terra era piena delle sue lodi. Il suo splendore era come la luce”. “Si alzò e misurò la terra, egli guardò e fece tremare le nazioni; le montagne eterne furono disperse, la collina perpetua si piegò; le sue vie sono eterne”. “Tu cavalcavi sui tuoi cavalli, sui tuoi carri di salvezza”. “I monti ti videro e tremarono… l’abisso udì la sua voce e alzò le mani in alto. [300]
Il sole e la luna si fermarono nella loro dimora: si cammina alla luce delle tue saette, al luccicare della tua lancia scintillante”. “Tu esci per salvare il tuo popolo, per liberare il tuo unto” {Abacuc 3: 3-4, 6, 8, 10-11, 13}. Quando il Salvatore stava per essere separato dai Suoi discepoli li confortò con la certezza che sarebbe tornato: “Il vostro cuore non sia turbato… Nella casa di mio Padre ci sono molte dimore… Io vado a prepararvi un posto; e quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, tornerò, e vi accoglierò presso di me, affinché dove sia io siate anche voi” {Giovanni 14: 1-3}. “Il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e tutti i santi angeli con lui… Allora sederà sul trono della sua gloria e davanti a Lui saranno radunate tutte le nazioni” {Matteo 25: 31-32}. Gli angeli, che si erano attardati sul monte degli Ulivi dopo l’ascensione di Cristo, rinnovarono ai discepoli la promessa del Suo ritorno: “Questo stesso Gesù, che è stato tolto da voi e preso in cielo, verrà nella medesima maniera in cui l’avete visto andare in cielo” {Atti 1: 11}. E l’apostolo Paolo, parlando per mezzo dello Spirito, testimoniò: “Il Signore stesso scenderà dal cielo con un grido, con la voce dell’Arcangelo e con la tromba di Dio” {1 Tessalonicesi 4: 16}. Il profeta di Patmos, dice: “Ecco, egli viene con le nuvole; e ogni occhio lo vedrà” {Apocalisse 1: 7}. Dalla Sua venuta dipende la “restaurazione di tutte le cose, che Dio ha pronunciato per bocca di tutti i Suoi santi profeti da quando il mondo ha avuto inizio” {Atti 3: 21}. Il male che ha regnato a lungo sarà distrutto; “I regni di questo mondo” diventeranno “i regni del nostro Signore e del suo Cristo; e regnerà nei secoli dei secoli” {Apocalisse 11: 15}. “La gloria del Signore sarà rivelata e ogni carne la vedrà”. “Il Signore, Dio, farà sorgere giustizia e lode davanti a tutte le nazioni”. Egli sarà “una corona di gloria e un diadema di bellezza per il rimanente del suo popolo” {Isaia 40: 5; 61: 11; 28: 5}. [301]
Allora il regno pacifico e a lungo desiderato del Messia sarà stabilito sotto tutto il cielo. “Il Signore consolerà Sion: consolerà tutti i suoi luoghi desolati; ed Egli renderà il suo deserto come l’Eden e il suo deserto come il giardino del Signore”. “Le sarà data la gloria del Libano, la magnificenza del Carmelo e di Saron”. “Non ti si chiamerà più “Abbandonata”; la tua terra non sarà più desolata, ma sarai chiamata la mia “delizia” e la tua terra “maritata”… come lo sposo si rallegra della sposa, così il tuo Dio si rallegra su te” {Isaia 51: 3; 35: 2; 62: 4-5}. La venuta del Signore è stata in tutte le epoche la speranza dei Suoi veri seguaci. La promessa del Salvatore sul monte degli Ulivi, che sarebbe tornato di nuovo, illuminò il futuro dei Suoi discepoli, riempiendo i loro cuori di gioia e speranza che non sono state spente né dalle prove né dal dolore. Tra sofferenza e persecuzione “l’apparizione del grande Dio e nostro Salvatore Gesù Cristo” è stata la “speranza benedetta”. Quando i cristiani di Tessalonica erano pieni di dolore mentre seppellivano i loro cari, che tanto desideravano di vivere per vedere l’avvento del Signore, Paolo, il loro maestro, li consolò parlando loro della risurrezione che avverrà al ritorno del Salvatore. Allora i morti in Cristo risorgeranno e insieme ai viventi andranno incontro al Signore nell’aria. “E così”, disse, “saremo sempre con il Signore. Perciò consolatevi l’un l’altro con queste parole” {1 Tessalonicesi 4: 16-18}. Sull’isola rocciosa di Patmos, l’amato discepolo udì la promessa: “Si, vengo presto” e la sua risposta ardente esprime la preghiera della chiesa in tutto il suo pellegrinaggio: “Vieni, Signore Gesù!” {Apocalisse 22: 20}. Dalla prigione, dal rogo e dal patibolo dove i santi e i martiri hanno testimoniato della verità, arriva a noi attraverso i secoli l’espressione della loro fede e speranza. “Certi della loro risurrezione e di conseguenza anche del Suo sicuro avvento” uno di questi cristiani disse che “disprezzavano la morte e si elevavano al di sopra di essa” (Daniel T. Taylor, Il Regno di Cristo sulla terra: La voce della Chiesa in tutte le età, pagina 33). [302]
Erano disposti a scendere nella tomba, affinché potessero risorgere “liberati” (Ibid., pagina 54). Aspettavano di vedere il “Signore venire dal cielo tra le nuvole con la gloria di Suo Padre inaugurando il regno. I Valdesi avevano la stessa fede” (Ibid., pagine 129-132). “Wycliffe non vedeva l’ora che il Redentore apparisse come speranza della chiesa” (Ibid., pagine 132-134). Lutero dichiarò: “Sono persuaso in verità che il giorno del giudizio avverrà tra trecento anni. Dio non può, non vuole, sopportare questo mondo malvagio ancora molto a lungo”. “Si avvicina il grande giorno in cui il regno delle abominazioni sarà rovesciato” (Ibid., pagine 158, 134). “Questo mondo invecchiato non è lontano dalla sua fine”, ha detto Melantone. Calvino invita i cristiani “a non esitare, desiderando ardentemente il giorno della venuta di Cristo come si aspettano tutti gli eventi di buon auspicio” e dichiara che “tutta la famiglia dei fedeli deve pensare a quel giorno”. “Dobbiamo avere fame di Cristo, dobbiamo cercare, contemplare”, dice, “fino all’alba di quel grande giorno, quando il nostro Signore manifesterà pienamente la gloria del Suo regno” (Ibid., pagine 158, 134). “Il Signore Gesù non ha forse portato il nostro corpo in cielo?”, disse Knox, il Riformatore scozzese, “Non tornerà? Noi sappiamo che Egli ritornerà”. Ridley e Latimer, che hanno perso le loro vite per la verità, hanno visto, ispirati dalla fede, la venuta del Signore. Ridley ha scritto: “Il mondo senza dubbio – questo io credo e quindi lo dico – va verso la sua conclusione. Con Giovanni, il servo di Dio, gridiamo con tutto il cuore al nostro Salvatore: Vieni, Signore Gesù, vieni!” (Ibid., pagine 151, 145). “Il pensiero dell’avvento del Signore”, ha detto Baxter, “è molto dolce e gioioso per me”. (Richard Baxter, Works, vol. 17, p. 555). “Amare il Suo ritorno e cercare quella benedetta speranza è l’opera della fede ed è anche la caratteristica dei suoi santi”. “Se la morte è l’ultimo nemico da distruggere alla risurrezione, allora possiamo imparare con quanto ardore i credenti dovrebbero pregare per la seconda venuta di Cristo, finché questa vittoria sarà pienamente e definitivamente conquistata” (Ibid., vol. 17, p. 500). [303]
“Questo è il giorno in cui tutti i credenti dovrebbero desiderare, sperare e attendere come il compimento di tutta l’opera della loro redenzione e di tutti i desideri e gli sforzi delle loro anime”. “Affretta, o Signore, questo giorno benedetto!” (Ibid., vol. 17, pp. 182, 183). Tale era la speranza della chiesa apostolica, della “chiesa nel deserto” e dei riformatori. La profezia non solo predice il modo e lo scopo della venuta di Cristo, ma presenta anche dei segni premonitori attraverso cui gli uomini possano sapere che il tempo è vicino. Disse Gesù: “Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle” {Luca 21: 25}. “Il sole sarà oscurato, la luna non darà la sua luce, le stelle del cielo cadranno e le potenze che sono nei cieli saranno scosse. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire tra le nuvole con grande potenza e gloria” {Marco 13: 24-26}. Il veggente di Patmos descrive così il primo dei segni che precede il secondo avvento: “Si fece un grande terremoto; e il sole divenne nero come un sacco di crine e la luna divenne come sangue” {Apocalisse 6: 12}. Questi segni apparvero prima dell’inizio del diciannovesimo secolo. In adempimento a questa profezia avvenne nell’anno 1755 il terremoto più terribile che sia mai stato registrato. Sebbene sia comunemente noto come “il terremoto di Lisbona”, esso si estese per la maggior parte dell’Europa, dell’Africa e dell’America. Si è sentito in Groenlandia, nelle Indie occidentali, nell’isola di Madeira, in Norvegia e Svezia, in Gran Bretagna e in Irlanda. Ha coperto una superficie di non meno di sei milioni di kmq. In Africa la scossa è stata forte quasi come in Europa. Gran parte dell’Algeria fu distrutta; e a poca distanza dal Marocco, un villaggio contenente dagli otto ai diecimila abitanti fu inghiottito. Una vasta mareggiata si abbatté sulle coste della Spagna e dell’Africa, inghiottendo le città e causando grandi distruzioni. In Spagna e in Portogallo, però, la scossa manifestò la sua violenza estrema. A Cadice l’onda che arrivò raggiunse circa diciotto metri di altezza. [304]
“Alcune delle più grandi montagne del Portogallo sono state scosse dalle loro stesse fondamenta tanto che sono state divise e spezzate; in alcune di queste si sono verificate delle fenditure sulle vette, provocando la caduta di enormi pietre sulle valli adiacenti; e fiamme scaturivano dai piedi di queste montagne” (Sir Charles Lyell, Principi di Geologia, pagina 495). A Lisbona “si udì un rumore di tuono sotterraneo e subito dopo una scossa violenta gettò giù la maggior parte di quella città. Nel corso di circa sei minuti morirono sessantamila persone. Il mare si ritirò lasciando asciutte le sue rive per poi abbattersi salendo di circa quindici metri o più al di sopra del suo livello ordinario. Tra gli altri eventi straordinari relativi a Lisbona avvenuti durante la catastrofe, c’era il cedimento di una nuova banchina, interamente costruita in marmo, costata un’immensa somma di denaro. Una grande folla di persone si era raccolta lì per salvarsi, come fosse un punto in cui potevano essere al sicuro, ma all’improvviso la banchina è crollata con tutte le persone su di essa e nessuno dei corpi morti apparve più in superficie” (Ibid., pagina 495). La scossa del terremoto “è stata immediatamente seguita dalla caduta di ogni chiesa e convento, quasi tutti gli edifici pubblici più grandi e più di un quarto delle case. In circa due ore dopo la scossa scoppiò un incendio in diversi quartieri che si scatenò con tale violenza nel giro di tre giorni che la città fu completamente distrutta. Il terremoto è avvenuto in un giorno di festa, quando chiese e conventi erano pieni di gente; pochi riuscirono a sopravvivere” (Enciclopedia Americana, arte. “Lisbona”, editto 1831). “Il terrore della gente era indescrivibile. Nessuno piangeva; perché tutto ciò era al di là delle lacrime. Corsero in qua e in là, deliranti dall’orrore e dallo stupore, battendosi i volti e il petto, piangendo: “Misericordia! Il mondo è alla fine!”. Le madri, dimenticando i loro figli, iniziarono a correre cariche di crocifissi. Sfortunatamente, molti si diressero nelle chiese per proteggersi; ma invano valse l’esposizione del sacramento; invano le povere creature abbracciarono gli altari; immagini, sacerdoti e persone furono sepolti in una rovina comune”. Fu stimato che novantamila persone persero la vita in quel giorno fatale. [305]
Venticinque anni dopo apparve il secondo segno menzionato nella profezia: l’oscuramento del sole e della luna. Ciò che ha reso questo evento ancora più sorprendente è stato il fatto che il momento del suo adempimento era stato predetto con una precisione impressionante. Nella conversazione del Salvatore con i suoi discepoli sul monte degli Ulivi, dopo aver descritto il lungo periodo di prova che la chiesa doveva subire – i 1260 anni di persecuzione pontificia riguardo ai quali Dio aveva promesso che la tribolazione sarebbe stata abbreviata – menzionò alcuni eventi che avrebbero preceduto la Sua seconda venuta. Egli vide e fissò il tempo in cui il primo di questi sarebbe apparso: “In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà la sua luce” {Marco 13: 24}. I 1260 giorni, o anni, terminarono nel 1798, ma un quarto di secolo prima la persecuzione era cessata quasi del tutto. Dopo questa persecuzione, secondo le parole di Cristo, il sole si sarebbe oscurato. Il 19 maggio 1780 questa profezia si avverò. “Quasi unico, se non l’unico, fu il fenomeno più misterioso e inspiegabile del suo genere… il giorno oscuro del 19 maggio 1780; un oscuramento inspiegabile di tutto il cielo visibile e dell’atmosfera avvenne nella Nuova Inghilterra” (R. M. Devens, Il nostro primo secolo, pagina 89). Un testimone oculare che vive in Massachusetts descrive l’evento come segue: “Al mattino il sole si è alzato, ma ben presto fu oscurato. Le nuvole, nere e minacciose, si abbassarono e da esse apparvero lampi e tuoni e cominciò a cadere un po’ di pioggia. Verso le nove, le nuvole si assottigliarono e assunsero un aspetto bronzeo o ramato e la terra, le rocce, gli alberi, gli edifici, l’acqua e le persone parvero come trasformati da questa strana luce ultraterrena. Pochi minuti dopo, una densa nuvola nera si diffuse su tutto il cielo lasciando solo un piccolo bordo all’orizzonte. Era buio come lo è di solito alle nove in una sera d’estate… “La paura, l’ansia e il timore riempivano gradualmente le menti delle persone. Le donne stavano sulla porta, guardando il paesaggio scuro; gli uomini tornarono dal lavoro nei campi; [306]
il falegname lasciò i suoi attrezzi, il fabbro la sua fucina, il commerciante il suo bancone. Le scuole furono chiuse e i bambini fuggirono verso casa tremando. I viaggiatori si fermarono alla fattoria più vicina e chiedevano: “Che cosa sta succedendo?”… Sembrava che un uragano stesse per abbattersi sulla terra come se fosse il giorno della fine di tutte le cose. Tutti usavano le candele; i fuochi del focolare brillavano così intensamente come in una sera senza luna in autunno… Le galline si ritiravano nei pollai per dormire, il bestiame tornato dai pascoli si ritirava nei recinti e nelle stalle, le rane gracidavano, gli uccelli cantavano le loro sinfonie serali e i pipistrelli volavano. Ma l’uomo sapeva che quella non era una notte… “Il Dr. Nathanael Whittaker, pastore della chiesa del Tabernacolo di Salem, svolse funzioni religiose nella casa delle riunioni e predicò un sermone in cui sostenne che l’oscurità fosse di origine soprannaturale. Le congregazioni si sono riunite in molti altri posti. I passaggi biblici impiegati in questi sermoni improvvisati erano invariabilmente quelli che sembravano indicare che l’oscurità era in armonia con la profezia biblica… L’oscurità divenne ancora più densa poco dopo le undici del mattino” (The Essex Antiquarian, April, 1899, vol. 3, n. 4, pagg. 53, 54). “Nella maggior parte del paese fu così buio durante il giorno che la gente non poté né vedere l’ora dall’orologio, né cenare, né gestire i propri affari domestici senza la luce delle candele… L’estensione di questa oscurità era straordinaria. È stata vista dall’oriente fino a Falmouth, dall’occidente raggiunse la parte più lontana del Connecticut. Verso sud fu vista lungo le coste; e a nord fino all’estremità degli insediamenti americani” (William Gordon, Storia dell’Ascendente, Progresso e Istituzione dell’indipendenza degli Stati Uniti, vol. 3, p. 57). All’intensa oscurità della giornata apparve, un’ora o due prima del tramonto in un cielo parzialmente chiaro, un sole timido che illuminò sebbene fosse ancora oscurato dalla nebbia nera e pesante. [307]
“Dopo il tramonto le nuvole sono tornate di nuovo e il cielo si è oscurata molto velocemente”. “L’oscurità della notte non fu meno rara e terrificante di quella del giorno; nonostante ci fosse quasi la luna piena, nessun oggetto era percepibile se non con l’aiuto di una luce artificiale che, vista dalle case vicine e da altri luoghi a distanza, appariva soffocata da una specie di oscurità che sembrava pressoché impermeabile ai suoi raggi quasi come accadde in Egitto” (Isaiah Thomas, Spy of Massachusetts; oppure, American Oracle of Liberty, vol. 10, n. 472, 25 maggio 1780). Un testimone oculare della scena disse: “Non potei fare a meno di pensare al fatto che se in quel momento ogni corpo luminoso nell’universo fosse stato avvolto da quell’oscurità impenetrabile, non ci sarebbe potuto essere buio più completo” (Lettera dal Dr. Samuel Tenney, di Exeter, New Hampshire, dicembre 1785, nel Massachusetts Historical Society Collections 1792, vol.1 pag. 97). Sebbene alle nove in punto quella notte la luna si innalzasse al massimo, ciò “non ebbe il minimo effetto nel dissipare quelle ombre simili alla morte”. Dopo mezzanotte l’oscurità scomparve e la luna, quando fu visibile per la prima volta, ebbe l’aspetto del sangue. Il 19 maggio 1780 è passato alla storia come “Il Giorno Oscuro”. Dal tempo di Mosè non c’è mai stato nessun periodo di tale oscurità per densità, estensione e durata. La descrizione di questo evento, come fornita da testimoni oculari, non è che un’eco delle parole del Signore registrate dal profeta Gioele venticinque secoli prima del loro adempimento: “Il sole sarà trasformato in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il grande e terribile giorno del Signore” {Gioele 2: 31}. Cristo aveva ordinato al Suo popolo di vigilare sui segni del Suo avvento e di gioire perché questi segni preannunciavano che il loro Re stava venendo. “Quando queste cose cominciano a verificarsi”, disse, “allora alza lo sguardo e alza la testa; perché la tua redenzione si avvicina”. Egli indicò ai Suoi seguaci l’immagine degli alberi che germogliano, dicendo: “Guardate il fico e tutti gli alberi; quando cominciano a germogliare, voi guardando, saprete riconoscere che l’estate è ormai vicina. Allo stesso modo, quando vedrete queste cose avverarsi, sappiate che il regno di Dio è vicino” {Luca 21: 28, 30-31}. [308]
Ma poiché lo spirito di umiltà e devozione nella chiesa aveva lasciato il posto all’orgoglio e al formalismo, l’amore per Cristo e la fede nella Sua venuta si erano raffreddati. Assorbito dalla mondanità e dalla ricerca del piacere, colui che si riteneva essere un fedele di Dio finì per diventare cieco alle istruzioni del Salvatore riguardo ai segni della Sua apparizione. La dottrina del secondo avvento era stata trascurata; le scritture relative ad essa erano sminuite da interpretazioni errate, fino a quando, in larga misura, era stata ignorata e dimenticata. Questo, si verificò in modo speciale nelle chiese d’America. La libertà e il conforto di cui godevano tutte le classi sociali, l’ambizioso desiderio di ricchezza e lusso che generava una devozione avvincente nel fare soldi e l’impaziente slancio per la popolarità e il potere, sembravano essere alla portata di tutti. Tutto questo spinse gli uomini a concentrare i loro interessi e le loro speranze sulle cose di questa vita e spostarono ad un futuro molto lontano quel giorno solenne in cui tutte le cose presenti sarebbero passate via.
Quando il Salvatore indicò ai Suoi seguaci i segni del Suo ritorno, predisse lo stato di totale apostasia che sarebbe esistito proprio prima del Suo secondo avvento. Ci sarebbe stato, come ai tempi di Noè, molta attività e frenesia negli affari e nel soddisfare i piaceri mondani – comprando, vendendo, piantando, costruendo, sposando e dando in matrimonio – abbandonando Dio e dimenticando la vita futura. Per coloro che vivono in questo momento della storia del mondo l’ammonimento di Cristo è: “Prestate attenzione a voi stessi, che talora i vostri cuori non siano sovraccaricati da eccessi, da ubriachezze e dalle ansiose sollecitudini di questa vita, e così, quel giorno non vi venga addosso all’improvviso come un laccio”. “Vegliate dunque, e pregate sempre, affinché possiate essere in grado di sfuggire a tutte queste cose che avverranno, e comparire davanti al Figlio dell’uomo” {Luca 21: 34, 36}. La condizione della chiesa in questo momento è indicata nelle parole del Salvatore nel libro dell’Apocalisse: “Tu hai la reputazione di vivere, ma sei morto”. [309]
Il solenne avvertimento è anche rivolto a quelli che si rifiutano di scuotersi dalla loro indifferenza: “Quanto hai ricevuto e udito, osservalo e ravvediti. Se tu non vegli, io verrò su di te come un ladro e non saprai a quale ora verrò su di te” {Apocalisse 3: 1-3}. Era necessario che gli uomini comprendessero il pericolo che correvano; si sarebbero dovuti risvegliare per prepararsi agli eventi solenni legati alla chiusura della grazia. Il profeta di Dio dichiara: “Il giorno del Signore è grande e molto terribile; e chi può sopportarlo?” {Gioele 2: 11}. Chi potrà resistere quando apparirà Colui che ha “gli occhi troppo puri per sopportare la vista del male”? {Abacuc 1: 13}. A quelli che gridano: “Mio Dio, noi ti conosciamo”, ma hanno trasgredito il Suo patto e “corrono dietro ad un altro dio”, nascondendo l’iniquità nei loro cuori e amando i sentieri dell’ingiustizia, per questi il giorno del Signore è come “l’oscurità, e non luce, molto scuro e senza luminosità in esso”. {Osea 8: 2, 1; Salmo 16: 4; Amos 5: 20}. “Avverrà in quel momento”, dice il Signore, “che frugherò Gerusalemme con lampade e punirò gli uomini che, fermi sulle loro fecce, dicono nel loro cuore: Il Signore non farà né bene né male” {Sofonia 1: 12}. “Punirò il mondo per il suo male e il malvagio per la sua iniquità; farò cessare l’arroganza dei superbi e abbasserò l’arroganza dei tiranni” {Isaia 13: 11}. “Né il loro argento né il loro oro saranno in grado di liberarli”; “i loro beni diverranno un bottino di guerra e le loro case una desolazione” {Sofonia 1: 18, 13}. Il profeta Geremia, in attesa di questo momento di paura, esclamò: “Sono addolorato nel mio cuore… Non posso trattenere la pace; poiché, anima mia, hai sentito il suono della tromba, il grido di guerra. Si annunciano rovine su rovine” {Geremia 4: 19-20}. “Quel giorno è un giorno d’ira, un giorno di difficoltà e angoscia, un giorno di desolazione e rovina, un giorno di oscurità e opacità, un giorno di nuvole e fitte tenebre, un giorno di tromba e d’allarme” {Sofonia 1: 15-16}. [310]
“Ecco, il giorno del Signore viene… per fare della terra un deserto e sterminare i peccatori da essa” {Isaia 13: 9}. In vista di quel grande giorno, la Parola di Dio, nel linguaggio più solenne e impressionante invita il Suo popolo a svegliarsi dal loro letargo spirituale e ha cercare il Suo volto con pentimento e umiliazione: “Suonate la tromba in Sion, date l’allarme sul mio monte santo: tremino tutti gli abitanti della terra, perché il giorno dell’Eterno viene, perché è vicino”. “Proclamate un digiuno, convocare un’assemblea solenne: radunate il popolo, santificate la congregazione, riunite gli anziani e si raccolgano i bambini… che lo sposo esca dalla sua camera e la sposa fuori dalla sua camera nuziale. Tra il portico e l’altare piangano i sacerdoti, i ministri del Signore”. “Volgetevi a Me con tutto il vostro cuore, con il digiuno, con il pianto, con il lutto! Stracciate il vostro cuore e non i vostri vesti, rivolgetevi all’Eterno, al vostro Dio, poiché è misericordioso e pietoso, lento all’ira e di grande benignità” {Gioele 2: 1, 15-17, 12-13}. Per preparare un popolo capace di stare in piedi nel giorno di Dio, doveva essere compiuta una grande opera di riforma. Dio vide che molti dei Suoi così detti “fedeli” non stavano costruendo in vista dell’eternità e nella Sua misericordia stava per inviare un messaggio di avvertimento per svegliarli dal loro torpore e inviarli a prepararsi per la venuta del Signore. Questo avvertimento è riportato in Apocalisse 14. Ecco il triplice messaggio, presentato e proclamato da esseri celesti, immediatamente seguito dalla venuta del Figlio dell’uomo per “mietere la terra”. Il primo di questi avvertimenti annuncia l’avvicinarsi di un giudizio. Il profeta vide un angelo che volava “in mezzo al cielo, recante il vangelo eterno per annunciarlo a quelli che abitano sulla terra, ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo. Dicendo a gran voce: Temete Dio e dategli gloria poiché l’ora del suo giudizio è venuta; adorate Colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le fonti delle acque” {Apocalisse 14: 6-7}. [311]
Questo messaggio fa parte del “vangelo eterno”. L’opera di predicazione del Vangelo non è stata affidata agli angeli, ma è stata affidata agli uomini. Questi tre angeli sono stati impiegati nel dirigere quest’opera che assicura la salvezza agli uomini; ma la vera proclamazione del Vangelo è fatta dai servi di Cristo sulla terra. Gli uomini fedeli, che erano obbedienti ai suggerimenti dello Spirito di Dio e agli insegnamenti della Sua Parola, dovevano proclamare questo avvertimento al mondo. Questi sono coloro che hanno prestato attenzione alla “parola sicura della profezia”, alla “lampada splendente in un luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori” {2 Pietro 1: 19}. Avevano cercato la conoscenza di Dio più di tutti i tesori nascosti, valutandola “migliore dell’argento e il suo frutto vale più dell’oro fino” {Proverbi 3: 14}. Il Signore, quindi, rivelò loro le grandi realtà del regno: “Il segreto del Signore è per quelli che lo temono ed Egli farà conoscere loro il suo patto” {Salmo 25: 14}. Non furono i dotti teologi che capirono questa verità e che si impegnarono nella sua proclamazione. Se questi fossero stati sentinelle fedeli, scrutando diligentemente e devotamente le Scritture, avrebbero conosciuto a che punto era la notte; le profezie gli avrebbero mostrato gli eventi che stavano per accadere. Ma si dimostrarono indifferenti e il messaggio fu dato a uomini più umili. Gesù disse: “Camminate mentre avete la luce, affinché non vi colgano le tenebre” {Giovanni 12: 35}. Coloro che si allontanano dalla luce che Dio ha dato, o che trascurano di cercarla quando è alla loro portata, sono lasciati nelle tenebre. Ma il Salvatore dichiara: “Chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” {Giovanni 8: 12}. Chiunque abbia il solo scopo di cercare di fare la volontà di Dio, attenendosi sinceramente alla luce già ricevuta, riceverà una luce ancora più grande; e a quella persona verrà inviata una stella di radiosità celeste per guidarlo in tutta la verità. [312]
Al tempo del primo avvento di Cristo, i sacerdoti e gli scribi della Città Santa, ai quali erano stati affidati i misteri di Dio, avrebbero potuto discernere i segni dei tempi e proclamare la venuta del promesso Salvatore. La profezia di Michea ha designato il luogo della Sua nascita; Daniele ha specificato il tempo del Suo avvento. {Michea 5: 2; Daniele 9: 25}. Dio aveva affidato queste profezie ai capi ebrei e non avevano scuse per aver ignorato l’imminenza della venuta del Messia e non avevano avvertito il popolo. La loro indifferenza era il risultato della loro negligenza peccaminosa. Gli ebrei stavano costruendo monumenti per i profeti di Dio uccisi, ma mentre adoravano questi grandi uomini di Dio rendevano omaggio ai servitori di Satana. Assorbiti nel loro ambizioso conflitto per il domino e il potere tra gli uomini, persero di vista gli onori divini che furono loro offerti dal Re dei cieli. Con un profondo e riverente interesse gli anziani di Israele avrebbero dovuto studiare il luogo, il tempo e le circostanze del più grande evento della storia del mondo: la venuta del Figlio di Dio per compiere la redenzione dell’uomo. Tutte le persone avrebbero dovuto vigilare e attendere di poter essere tra i primi ad accogliere il Redentore del mondo. Ma, ecco, a Betlemme due stanchi viaggiatori provenienti dalle colline di Nazareth attraversarono l’intera lunghezza della stretta strada fino all’estremità orientale della città, cercando invano un luogo di riposo e di riparo per la notte. Nessuna porta è stata aperta per riceverli. Alla fine trovarono rifugio in una miserabile stanza preparata per il bestiame e lì nacque il Salvatore del mondo. Gli angeli celesti avevano visto la gloria che il Figlio di Dio aveva condiviso con il Padre prima che il mondo fosse e avevano guardato con intenso interesse il Suo apparire sulla terra come un evento carico della più grande gioia per tutte le persone. Gli angeli furono incaricati di portare la lieta novella a coloro che erano pronti a riceverlo e che lo avrebbero fatto conoscere con gioia agli abitanti della terra. [313]
Cristo si era abbassato per prendere su di sé la natura dell’uomo; doveva sopportare un peso infinito dando la Sua vita come offerta di riscatto per il peccato degli uomini; tuttavia gli angeli desideravano che, persino nella Sua umiliazione, il Figlio dell’Altissimo potesse apparire davanti agli uomini con una dignità e una gloria che si addicono al Suo carattere. I grandi uomini della terra si riunirono nella capitale di Israele per dargli il benvenuto? Legioni di angeli lo avrebbero presentato a quanti lo aspettavano? Un angelo visitò la terra per vedere chi era pronto ad accogliere Gesù. Ma lui non riuscì a discernere alcun segno di attesa. Non sentì alcuna voce di lode o di esultanza che annunciava l’imminenza della venuta del Messia. L’angelo si soffermò per un tempo sulla città prescelta e sul tempio dove la presenza divina si era manifestata per secoli; ma anche qui era presente la stessa indifferenza. I sacerdoti, nella loro superbia e arroganza, offrivano sacrifici contaminati nel tempio. I farisei si rivolgevano alla gente con voce autorevole e recitavano preghiere piene d’orgoglio dettate dalla presunzione ad ogni angolo delle strade. Nei palazzi dei re, nelle assemblee dei filosofi, nelle scuole dei rabbini, tutti rimasero ugualmente indifferenti a quell’evento tanto meraviglioso che ha riempito il cielo di gioia e lode: il Redentore degli uomini stava per apparire sulla terra. Non c’era nessuna evidenza del fatto che Cristo fosse atteso e non vi era alcuna preparazione per accogliere il Principe della vita. Con stupore, il messaggero celeste che stava per ritornare in cielo con quelle notizie vergognose, scoprì un gruppo di pastori che stavano facendo la guardia ai loro greggi di notte. Mentre guardavano il cielo stellato contemplando la profezia di un Messia che sarebbe venuto sulla terra e bramando l’avvento del Redentore del mondo, l’angelo disse: “Ecco un gruppo che sia pronto a ricevere il messaggio celeste”. Improvvisamente apparve l’angelo del Signore che annunciò la buona novella di una grande gioia. La gloria celeste inondava tutta la pianura, una schiera innumerevole di angeli venne rivelata; la gioia, essendo troppo grande per essere portata dal cielo per mezzo di un solo messaggero, venne trasmessa da una moltitudine di voci che intonò l’inno che un giorno sarà cantato dai salvati di tutte le nazioni: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace sulla terra fra gli uomini che Egli gradisce” {Luca 2: 14}. [314]
Oh, che lezione meravigliosa è questa storia di Betlemme! Essa è un rimprovero alla nostra incredulità, al nostro orgoglio e alla nostra autosufficienza. Essa ci avverte di stare attenti per timore che la nostra indifferenza peccaminosa non riesca a discernere i segni dei tempi e quindi non riconosciamo il giorno del nostro giudizio. Non solo sulle colline della Giudea e non solo tra gli umili pastori gli angeli trovarono uomini in attesa della venuta del Messia. Nella terra dei pagani ve ne erano altri che Lo attendevano; erano uomini saggi, ricchi e nobili filosofi dell’est. Studenti della natura, i Magi, avevano visto Dio nelle opere della Sua creazione. Dalle Scritture ebraiche, poi, avevano appreso che la Stella sorgeva da Giacobbe {Numeri 24: 17} e con ardente desiderio attendevano la Sua venuta che non sarebbe stata solo la “Consolazione di Israele”, ma anche una “Luce per illuminare i Gentili” e “per la salvezza fino alle estremità della terra” {Luca 2: 25, 32; Atti 13: 47}. Essi cercavano la luce; e la luce dal trono di Dio illuminava il sentiero per i loro passi. Mentre i sacerdoti e i rabbini di Gerusalemme, i depositari e gli interpreti della verità erano avvolti nell’oscurità, la stella inviata dal Cielo guidò questi stranieri verso il luogo della nascita del Re dei re. È “a coloro che Lo cercano” che Cristo “apparirà una seconda volta senza peccato per la salvezza” {Ebrei 9: 28}. Come per la notizia della nascita del Salvatore, così il messaggio del secondo avvento non fu affidato ai capi religiosi del popolo. Non avevano mantenuto la loro connessione con Dio e avevano rifiutato la luce proveniente dal Cielo; perciò non vennero considerati fra coloro che sono descritti dall’apostolo Paolo in questo modo: “Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, perché quel giorno non vi raggiunga come un ladro. Voi siete tutti figli della luce e figli del giorno: noi non siamo della notte né delle tenebre” {1 Tessalonicesi 5: 4-5}. Le sentinelle sulle mura di Sion avrebbero dovuto essere le prime a cogliere le notizie dell’avvento del Salvatore, le prime a proclamare che la Sua venuta era vicina e le prime ad avvertire la gente di prepararsi per la Sua venuta. [315]
Ma erano a loro agio, sognando pace e sicurezza, mentre la gente dormiva nei loro peccati. Gesù vide la Sua chiesa come il fico sterile, coperto di foglie pretenziose, ma privo di preziosi frutti. Si veneravano molto le forme di religione mentre mancava lo spirito di vera umiltà, penitenza e fede, che avrebbero reso puro e gradito il loro servizio a Dio. Al posto del frutto dello Spirito si manifestava l’orgoglio, il formalismo, la vanagloria, l’egoismo e l’oppressione. Una chiesa apostata chiuse gli occhi davanti ai segni dei tempi. Dio non li abbandonò e continuò a dimostrarsi fedele; ma essi si allontanarono da Lui e si separarono dal Suo amore. Rifiutando di rispettare le condizioni, essi persero i benefici delle Sue promesse. Questo è il risultato sicuro della negligenza e dell’indifferenza nei confronti della luce e dei privilegi che Dio offre. Se la chiesa non percorrerà la via tracciata inizialmente da Dio, accettando ogni raggio di luce, compiendo ogni dovere nella misura in cui viene rivelato, la religione inevitabilmente degenererà nell’osservanza delle forme e lo spirito della pietà scomparirà completamente. Questa verità è stata più volte illustrata nella storia della chiesa. Dio richiede al Suo popolo opere di fede e obbedienza corrispondenti alle benedizioni e ai privilegi concessi. L’obbedienza richiede un sacrificio e comporta una croce; ed è per questo che così tanti, che si dichiararono essere seguaci di Cristo, rifiutarono di ricevere la luce dal cielo e, come gli ebrei di un tempo, non riconobbero il momento del loro giudizio {Luca 19: 44}. A causa del loro orgoglio e della loro incredulità il Signore passò oltre e rivelò la Sua verità a coloro che, come i pastori di Betlemme e i Magi d’oriente, avevano prestato attenzione a tutta la luce che avevano ricevuto. [316]
Un contadino onesto e giusto fu appositamente scelto da Dio per dare vita alla proclamazione della seconda venuta di Cristo; egli, inizialmente, fu indotto a dubitare dell’autorità divina delle Scritture, tuttavia desiderava sinceramente conoscere la verità. Come molti altri riformatori, William Miller aveva dovuto confrontarsi fin dall’inizio della sua vita con la povertà e aveva così imparato le grandi lezioni di tenacia e sacrificio. I membri della famiglia da cui proveniva erano caratterizzati da uno spirito indipendente, amante della libertà e della resistenza e da un ardente patriottismo; tratti che si riscontravano anche nel suo carattere. Suo padre fu un capitano nell’esercito della Rivoluzione e per i sacrifici fatti nelle lotte e nelle sofferenze di quel periodo burrascoso, Miller trascorse la sua infanzia in circostanze davvero angoscianti. Possedeva una solida costituzione fisica e persino durante l’infanzia diede prova di capacità intellettuali non comuni. Crescendo, queste capacità divennero ancora più accentuate. La sua mente era attiva e ben sviluppata e nutriva una forte sete di conoscenza. Sebbene non godesse dei vantaggi di un’educazione scolastica, il suo amore per lo studio, un’attitudine a riflettere e un attento spirito critico lo rendevano un uomo di sano giudizio e di chiare vedute. Possedeva un carattere morale irreprensibile e una reputazione invidiabile, essendo generalmente stimato per la sua integrità, parsimonia e benevolenza. Grazie alla sua tenacia e impegno, acquisì presto una certo benessere, pur continuando a mantenere le sue abitudini di studio costante. [317]
Ricoprì con onore vari incarichi civili e militari, aprendo così davanti a lui la via della ricchezza e dell’onore. Sua madre era una donna d’onorevole pietà, che aveva inculcato in suo figlio, durante la sua infanzia, saldi princìpi religiosi. Nella sua età matura, tuttavia, venne attratto dalla società dei deisti, la cui influenza era ancora più forte a causa del fatto che era composta per lo più da buoni cittadini e da uomini di indole umana e benevola. Vivendo, come loro, in mezzo alle istituzioni cristiane, i loro caratteri vennero in un qualche modo plasmati dall’ambiente circostante. Le qualità, che avevano permesso loro di conquistare il rispetto e la stima degli uomini, provenivano tuttavia dalla Bibbia; ma essi pervertirono queste buone qualità con un’influenza opposta alla Parola di Dio. Associandosi con questi uomini, Miller fu portato ad adottare le loro opinioni. Le interpretazioni di allora della Scrittura presentavano difficoltà che gli sembravano insormontabili; eppure le sue nuove convinzioni, che annullavano gli insegnamenti della Bibbia, non gli offrivano nulla di meglio ed egli rimase grandemente insoddisfatto. Tuttavia, continuò a mantenere queste opinioni per circa dodici anni. Ma all’età di trentaquattro anni lo Spirito Santo impressionò il suo cuore con la piena consapevolezza della sua condizione di peccatore. Non poteva trovare alcuna garanzia di felicità oltre la tomba, nella sua attuale convinzione religiosa. Il futuro era scuro e cupo. Riferendosi in seguito ai suoi sentimenti di quel momento, disse: “L’idea dell’annientamento era un pensiero freddo e agghiacciante e il giudizio futuro significava sicuramente distruzione per tutti gli uomini. I cieli erano come rame sopra la mia testa e la terra come ferro sotto i miei piedi. L’eternità: cos’era? E la morte: perché esisteva? Più ragionavo, più difficilmente trovavo una risposta. Più pensavo, più le mie conclusioni diventavano nulle. Provai a smettere di pensare, ma i miei pensieri non potevano essere controllati. Mi sentivo infelice, ma non ne capivo la causa. Mormoravo e mi lamentavo, ma non sapevo di chi. Sapevo che c’era qualcosa di sbagliato, ma non sapevo come o dove trovare la soluzione. Piangevo, ma senza speranza”. [318]
Continuò in questo stato per alcuni mesi. “Improvvisamente”, disse, “il carattere del Salvatore venne vividamente impresso nella mia mente. Sembrava che potesse per davvero esistere un essere così buono e compassionevole da espiare le nostre trasgressioni e quindi salvarci dalla pena del peccato. Immediatamente mi resi conto quanto doveva essere adorabile un simile essere e immaginai di gettarmi tra le Sue braccia e di poter confidare nella Sua misericordia. Ma la domanda che sorse fu: “come posso provare l’esistenza di tale essere?”, a parte la Bibbia, capì che non potevo ottenere alcuna prova dell’esistenza di un simile Salvatore e di una vita eterna in futuro… Vidi che la Bibbia rivelava un Salvatore di cui io avevo proprio bisogno; rimasi perplesso nel constatare che un libro, che io ritenevo non ispirato, potesse sviluppare dei princìpi così perfettamente adattati alle esigenze di un mondo decaduto. Fui costretto ad ammettere che le Scritture erano una rivelazione di Dio. Esse diventarono la mia gioia; in Gesù trovai un amico. Il Salvatore divenne per me il più importante tra diecimila; le Scritture, che prima erano oscure e contraddittorie, ora diventarono una lampada ai miei piedi e una luce sul mio sentiero. La mia mente si sentì estremamente soddisfatta. Compresi che il Signore Dio era come una roccia in mezzo all’oceano della vita. La Bibbia diventò il mio principale oggetto di studio, che ricercai per davvero con grande gioia. Convinto che non mi fosse stata rivelata neppure la metà della sua bellezza, mi chiedevo perché non ne avessi visto il suo splendore e la gloria in passato, e mi meravigliavo di come avevo potuto respingerla. Trovai in essa tutto ciò di cui aveva bisogno il mio cuore e un rimedio sicuro per guarire ogni malattia dell’anima. Persi ogni gusto per altre letture e applicai il mio cuore al fine di ottenere la saggezza divina” (Santa Beatitudine, memorie di Wm. Miller, pagine 65-67). Miller quindi professò pubblicamente la sua fede nella religione che aveva tanto disprezzato. Ma i suoi compagni infedeli iniziarono a presentargli tutti quegli argomenti che lui stesso aveva spesso impiegato contro l’autorità divina delle Scritture. Non era ancora pronto a rispondere loro riguardo a quelle argomentazioni; ma pensava che se la Bibbia era una rivelazione di Dio, allora doveva essere coerente con sé stessa; e poiché fu data per l’istruzione dell’uomo, essa doveva quindi essere adatta anche alla sua comprensione. [319]
Decise di studiare da solo le Scritture e di accertare se ogni apparente contraddizione non potesse essere armonizzata. Sforzandosi di mettere da parte tutte le opinioni preconcette e facendo a meno dei commentari, mise a confronto le Scritture con l’ausilio dei riferimenti marginali e della concordanza biblica. Proseguì il suo studio in modo regolare e metodico; iniziando con Genesi, leggeva versetto per versetto, andando avanti solo dopo aver compreso il significato dei vari passaggi e avendo eliminato da lui ogni perplessità. Quando trovava qualcosa di incerto, era sua abitudine confrontarlo con ogni altro testo che sembrava avere qualche riferimento alla questione in esame. Se l’insieme dei passi consultati portava ad una conclusione che risultava in accordo con il pensiero biblico, Miller ne deduceva che la difficoltà era stata eliminata e quindi superata. Così, ogni volta che incontrava un passaggio difficile da comprendere, trovava una spiegazione in qualche altra parte delle Scritture. Studiando con sincera preghiera, per l’illuminazione divina, ciò che prima sembrava oscuro alla sua comprensione, ora divenne chiaro. Egli sperimentò la verità contenuta nelle parole del salmista: “La testimonianza delle Tue parole illumina; dà comprensione ai semplici” {Salmo 119: 130}. Con intenso interesse, studiò i libri di Daniele e Apocalisse, utilizzando gli stessi principi interpretativi delle altre Scritture e capì, con grande gioia, che i simboli profetici potevano essere compresi. Vide che le profezie erano state adempiute letteralmente; che tutte le varie figure, metafore, parabole, similitudini, ecc… erano o spiegate nel loro contesto immediato, oppure i termini utilizzati erano definiti in altre Scritture e, una volta così interpretati, dovevano essere letteralmente compresi. “Ero così soddisfatto”, disse, “la Bibbia è un sistema di verità rivelate, così chiare e semplici che perfino un viandante, sebbene sia uno sciocco, non avrebbe potuto sbagliarne l’interpretazione” (Santa Beatitudine, pagina 70). [320]
Collegamento dopo collegamento, nella grande catena della verità, vedeva ricompensati i suoi sforzi, mentre passo dopo passo tracciava le grandi linee della profezia. Gli angeli del cielo guidavano la sua mente e aprivano le Scritture alla sua comprensione.
Prendendo come criterio il modo in cui le profezie erano state adempiute in passato, per capire l’adempimento di quelle future, egli si convinse che la visione popolare del regno spirituale di Cristo – secondo la quale, prima della fine del mondo, ci sarebbe stato un Millennio temporale – non era sostenuta dalla Parola di Dio. Questa dottrina, che indica mille anni di rettitudine e pace prima della venuta personale del Signore, allontanò i terrori suscitati dai giudizi del gran giorno dell’ira di Dio. Ma, per quanto piacevole possa essere, è contrario agli insegnamenti di Cristo e dei Suoi apostoli, che dichiararono che il grano e la zizzania devono crescere insieme fino alla mietitura, cioè alla fine del mondo {Matteo 13: 30, 38-41}; che “i malvagi e gli impostori andranno di male in peggio” {2 Timoteo 3: 13}, che “negli ultimi giorni verranno dei tempi difficili” {2 Timoteo 3: 1} e che il regno delle tenebre durerà fino all’avvento del Signore, che “distruggerà (l’empio) col soffio della sua bocca, e annienterà con l’apparizione della Sua venuta” {2 Tessalonicesi 2: 8}. La dottrina della conversione del mondo e il regno spirituale di Cristo non appartenevano alla chiesa apostolica. Infatti non fu generalmente accettata dai cristiani fino all’inizio del XVIII secolo. Come ogni altro errore, i suoi risultati furono negativi. Insegnava agli uomini di considerare la venuta del Signore come un evento lontano nel futuro, impedendo loro di prestare attenzione ai segni che annunciavano il Suo imminente ritorno. Instaurò un sentimento di fiducia e sicurezza che non era ben fondato e portò molti a trascurare la preparazione necessaria per incontrare il loro Signore. Miller, invece, comprese la venuta letterale e personale di Cristo così com’è chiaramente insegnata nelle Scritture. Paolo disse: “Il Signore stesso discenderà dal cielo con un grido, con voce d’Arcangelo e con la tromba di Dio” {1 Tessalonicesi 4: 16}. [321]
Il Salvatore dichiarò: “Vedranno il Figlio dell’uomo venire tra le nuvole del cielo con potenza e grande gloria” {Matteo 24: 30}. “Come il lampo che viene dall’oriente e brilla fino all’occidente; così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo” {Matteo 24: 27}. Sarà accompagnato da tutte le schiere del cielo. “Il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e tutti i santi angeli con lui” {Matteo 25: 31}. “Manderà i suoi angeli con un grande suono di tromba, e radunerà insieme i suoi eletti” {Matteo 24: 31}. Alla Sua venuta, i morti giusti saranno risuscitati, mentre i viventi giusti saranno trasformati. “Non tutti morremo”, diceva Paolo, “ma tutti saremo mutati, in un momento, in un batter d’occhio, al suon dell’ultima tromba. Perché la tromba suonerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo mutati. Poiché bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità, e che questo mortale rivesta immortalità” {1 Corinzi 15: 51-53}. Nella sua lettera ai Tessalonicesi, dopo aver descritto la venuta del Signore, scrive: “I morti in Cristo risusciteranno per primi: allora noi che siamo viventi, che saremo rimasti, saremo rapiti insieme con loro nelle nuvole, per incontrare il Signore nell’aria: e così saremo sempre con il Signore” {1 Tessalonicesi 4: 16-17}. Il popolo di Dio riceverà il Suo regno non prima dell’avvento personale di Cristo. Il Salvatore disse: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e tutti i santi angeli con lui, allora siederà sul trono della sua gloria, e tutte le genti saranno radunate dinanzi a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come un pastore divide le pecore dai capri: metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sua sinistra. Allora il Re dirà a quelli alla sua destra: Venite, voi benedetti dal Padre mio, ereditate il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo” {Matteo 25: 31-34}. Abbiamo appena visto dalle scritture citate che quando il Figlio dell’uomo verrà, i morti risusciteranno incorruttibili e gli esseri viventi saranno trasformati. [322]
In seguito a questo grande cambiamento saranno pronti a ricevere il regno; perché Paolo dice: “Carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio; né la corruzione eredita l’incorruttibilità” {1 Corinzi 15: 50}. L’uomo nel suo stato presente è mortale e corruttibile; ma il regno di Dio sarà incorruttibile e durerà per sempre. Quindi l’uomo nel suo stato presente non può entrare nel regno di Dio. Ma quando Gesù verrà, conferirà l’immortalità al Suo popolo; e poi li chiamerà per entrare nel regno di cui fino ad allora erano stati solo eredi. Queste e altre Scritture dimostrarono chiaramente alla mente di Miller che gli eventi, che si presumevano dovessero verificarsi prima della venuta di Cristo, come il regno universale della pace e l’attuazione del regno di Dio sulla terra, dovessero invece essere successivi al secondo avvento. Inoltre, tutti i segni dei tempi e la condizione del mondo corrispondevano alla descrizione profetica degli ultimi giorni. Perciò giunse alla conclusione, mediante lo studio della sola Scrittura, che il periodo assegnato alla continuazione della terra nel suo stato attuale stava per concludersi. “Un’altra prova che influenzò la mia mente in modo decisivo”, disse, “fu la cronologia delle Scritture… Mi resi conto che gli eventi predetti, che erano stati adempiuti in passato, spesso si verificavano in un determinato periodo di tempo. I centoventi anni dal diluvio {Genesi 6: 3}; i sette giorni che dovevano precederlo e i quaranta giorni di pioggia predetta {Genesi 7: 4}; i quattrocento anni del soggiorno in Egitto della discendenza di Abramo {Genesi 15: 13}; i tre giorni dei sogni del coppiere e del panettiere {Genesi 40: 12-20}; i sette anni del Faraone {Genesi 41: 28-54}; i quarant’anni nel deserto {Numeri 14: 34}; i tre anni e mezzo di carestia {1 Re 17: 1} [vedi Luca 4: 25]… la prigionia dei settant’anni {Geremia 25: 11}; i sette tempi di Nabucodonosor {Daniele 4: 13-16}; sette settimane, sessantadue settimane e una settimana, che realizzavano in totale settanta settimane, riguardo agli ebrei {Daniele 9: 24-27}; tutti gli eventi di questi periodi cronologici erano l’espressione di profezie che si erano adempiute secondo le previsioni” (Santa Beatitudine, pagine 74, 75}. [323]
Perciò, quando Miller, nel suo studio della Bibbia, trovò vari periodi cronologici che, secondo la sua comprensione, si sarebbero estesi fino alla seconda venuta di Cristo, non poteva che considerarli come tempi predetti, che Dio aveva rivelato “per bocca di tutti i santi profeti” {Atti 3: 21}. “Le cose occulte”, diceva Mosè, “appartengono al Signore nostro Dio: ma quelle cose che sono state rivelate appartengono a noi e ai nostri figli per sempre” {Deuteronomio 29: 29} e il Signore dichiara per mezzo del profeta Amos che “non farà nulla, senza rivelare il suo segreto ai suoi servi, i profeti” {Amos 3: 7}. Quanti studiando la Parola di Dio quindi, possono fiduciosamente aspettarsi di trovare gli eventi più straordinari, verificatisi nella storia umana, chiaramente indicati nelle Scritture. “Sono pienamente convinto”, disse Miller, “che tutte le Scritture ispirate da Dio siano utili {2 Timoteo 3: 16}; che non siano state date in un momento qualsiasi secondo la volontà dell’uomo, ma che siano state scritte per mezzo di uomini santi, mossi dallo Spirito Santo {2 Pietro 1: 21} e che furono scritte per il nostro apprendimento, affinché attraverso la pazienza e il conforto delle Scritture potessimo avere la speranza {Romani 15: 4}. Quindi, non potrei fare a meno di considerare quei periodi profetici della Bibbia come una parte integrale della Parola di Dio, altrettanto degna della nostra più seria considerazione, come qualsiasi altra parte delle Scritture. Perciò capì che nel tentativo di comprendere ciò che Dio, nella Sua misericordia, aveva ritenuto opportuno rivelarci, io non avevo alcun diritto di trascurare i periodi profetici” (Santa Beatitudine, pagina 75). La profezia che sembrava più chiaramente rivelare il tempo del secondo avvento era quella di {Daniele 8:14} che diceva: “Fino a duemilatrecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato”. Seguendo la sua regola di fare della Scrittura il suo unico interprete, Miller scoprì che un giorno nella profezia simbolica equivale a un anno {Numeri 14: 34; Ezechiele 4: 6}; capì così che il periodo dei 2300 giorni profetici, o anni letterali, si sarebbe esteso ben oltre la fine della dispensazione ebraica e quindi non poteva riferirsi al santuario di quel popolo. [324]
Miller adottò la visione, generalmente accettata, secondo cui la terra era il santuario, perciò concluse che la purificazione del santuario predetta in {Daniele 8: 14} rappresentasse la purificazione della terra mediante il fuoco alla seconda venuta di Cristo. Se, quindi, fosse riuscito a trovare il punto di partenza esatto dei 2300 giorni profetici, allora sarebbe riuscito ad accertare con esattezza il tempo del secondo avvento. Così, sarebbe stato rivelato il tempo di quella grande consumazione, il tempo in cui la società presente, con “tutto il suo orgoglio e potere, la pompa e la vanità, la malvagità e l’oppressione sarebbe giunta alla fine, quando la maledizione sarebbe stata rimossa dalla terra, la morte sarebbe stata distrutta, la ricompensa sarebbe stata data ai servi di Dio, ai profeti e ai santi e a quelli che temono il suo nome e quelli che distruggono la terra sarebbero stati distrutti” (Santa Beatitudine, pagina 76). Con una nuova e più profonda serietà, Miller continuò ad esaminare le profezie, dedicando intere notti e giorni allo studio di ciò che ora gli appariva di una tale importanza ed interesse, tale da assorbirlo completamente. Nell’ottavo capitolo di Daniele non riuscì a trovare alcun indizio sul punto di partenza dei 2300 giorni; l’angelo Gabriele, sebbene fosse stato inviato per far comprendere a Daniele la visione, gli diede solo una spiegazione parziale. Mentre la terribile persecuzione nei confronti della chiesa appariva sempre più chiara agli occhi del profeta, perse le forze fisiche. Non poteva sopportare altro e l’angelo lo lasciò per un po’. Daniele “svenne e fu malato vari giorni… fui sorpreso dalla visione, ma nessuno la comprese” {Daniele 8: 27}. Poiché Dio aveva incaricato il suo messaggero con questo messaggio: “Gabriele, fai capire a quest’uomo la visione” {Daniele 8: 16}, questo mandato doveva essere adempiuto. Obbedendo ad esso, l’angelo, qualche tempo dopo, ritornò a Daniele, dicendo: “Daniele, io sono venuto ora per farti comprendere la visione. Fa dunque attenzione alla parola e comprendi la visione” {Daniele 9: 22-23}. Vi era un punto molto importante nella visione del capitolo 8 che era stato lasciato senza spiegazione, cioè quello relativo al tempo – il periodo dei 2300 giorni – perciò l’angelo, riprendendo la sua spiegazione, si soffermò principalmente sulla spiegazione del dato temporale: [325]
“Settanta settimane sono determinate sul tuo popolo e sulla tua Santa Città… Sappi dunque e comprendi che dal momento in cui è uscito l’ordine di restaurare e riedificare Gerusalemme fino all’apparire del Messia, il Principe, vi sono sette settimane; e in sessantadue settimane essa sarà restaurata e ricostruita, piazze e mura, ma in tempi angosciosi. Dopo le sessantadue settimane, un unto sarà soppresso… Egli stabilirà un saldo patto con molti, durante una settimana; e in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e oblazione…” {Daniele 9: 24-27}. L’angelo era stato inviato a Daniele con il preciso scopo di spiegargli il punto che non aveva compreso nella visione dell’ottavo capitolo, la dichiarazione relativa al tempo: “fino a duemilatrecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato”. Dopo aver detto a Daniele: “Fa dunque attenzione alla parola e comprendi la visione”, le primissime parole dell’angelo furono: “Settanta settimane sono determinate sul tuo popolo e sulla tua Città Santa”. La parola qui tradotta con il termine “determinate” significa letteralmente “tagliate”. Settanta settimane, che rappresentano 490 anni, sono dichiarate dall’angelo essere tagliate, in particolare per quanto riguarda gli ebrei. Ma da cosa sono state tagliate? Poiché i 2300 giorni erano l’unico periodo di tempo menzionato nel capitolo 8, questo doveva essere il periodo da cui erano state tagliate le settanta settimane; le settanta settimane devono quindi far parte dei 2300 giorni; i due periodi devono perciò avere lo stesso punto di partenza. L’angelo dichiarò che le settanta settimane iniziavano con la proclamazione del decreto per restaurare e costruire Gerusalemme. Se fosse stato possibile trovare la data di questo decreto, allora il punto di partenza per il grande periodo dei 2300 giorni poteva essere accertato. Nel settimo capitolo di Esdra viene trovato proprio questo decreto {Esdra 7: 12-26}. Nella sua forma più completa, il decreto fu emesso da Artaserse, re di Persia, nel 457 a.C. Ma in {Esdra 6: 14} si dice che la casa del Signore a Gerusalemme sarebbe stata costruita “secondo il comandamento (decreto) di Ciro, Dario e Artaserse, re di Persia”. [326]
Questi tre re, originando, riaffermando e completando il decreto, lo portarono alla perfezione richiesta dalla profezia per segnare l’inizio dei 2300 anni. Prendendo il 457 a.C., l’anno in cui fu completato il decreto, come data del decreto in oggetto, ci si accorge che ogni elemento della profezia, riguardante le settanta settimane, è stato adempiuto. “Dal momento in cui è uscito l’ordine di restaurare e riedificare Gerusalemme, fino all’apparire del Messia, il Principe, vi sono sette settimane; e in sessantadue settimane”, cioè sessantanove settimane o 483 anni. Il decreto di Artaserse entrò in vigore nell’autunno del 457 a.C. Da questa data, 483 anni si estendono fino all’autunno del 27 d.C. In quell’anno questa profezia vide la sua realizzazione. La parola “Messia” significa “Unto”. Nell’autunno del 27 d.C. Cristo fu battezzato da Giovanni e ricevette l’unzione dello Spirito. L’apostolo Pietro testimonia che “Dio unse Gesù di Nazareth con lo Spirito Santo e con potenza” {Atti 10: 38}. Il Salvatore stesso lo dichiarò: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, perché mi ha unto per predicare il Vangelo ai poveri” {Luca 4: 18}. Dopo il Suo battesimo, andò in Galilea, “predicando il vangelo del regno di Dio e dicendo: Il tempo è compiuto” {Marco 1: 14-15}. “E confermerà l’alleanza con molti per una settimana”. La “settimana” qui riportata è l’ultima delle settanta; sono gli ultimi sette anni del periodo assegnato specialmente agli ebrei. Durante questo periodo, che si estendeva dal 27 al 34 d.C., il Cristo, inizialmente in prima persona ed in seguito nella persona dei suoi discepoli, estese l’invito ad accettare il Vangelo soprattutto agli ebrei. Mentre gli apostoli predicavano la buona novella del regno, l’indicazione data dal Salvatore era: “Non andate fra i Gentili, e non entrate in alcuna città dei Samaritani, ma andate piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele” {Matteo 10: 5-6}. “Nel mezzo della settimana, Egli farà cessare sacrificio e oblazione”. Nel 31 d.C., tre anni e mezzo dopo il Suo battesimo, il nostro Signore fu crocifisso. [327]
Con il grande sacrificio offerto sul Calvario, finì quel sistema di offerte che per quattromila anni aveva indicato l’Agnello di Dio. Il tipo aveva incontrato l’antìtipo, perciò tutti i sacrifici e le oblazioni del sistema cerimoniale sarebbero cessate. Le settanta settimane, o i 490 anni, “tagliate” per gli ebrei, finirono, come abbiamo visto, nel 34 d.C. In quell’anno, mediante l’azione del Sinedrio ebraico, la nazione sigillò il suo rifiuto del Vangelo con il martirio di Stefano e la persecuzione dei seguaci di Cristo. Il messaggio di salvezza, non essendo più limitato al popolo eletto, venne esteso al mondo intero. I discepoli, costretti dalle persecuzioni a fuggire lontano da Gerusalemme, “andarono ovunque, predicando la Parola. Filippo scese nella città di Samaria e predicò Cristo a loro” {Atti 8: 4-5}. Pietro, divinamente guidato, proclamò il Vangelo al centurione di Cesarea e al pio Cornelio; l’ardente Paolo, vinto alla fede di Cristo, fu incaricato di portare la lieta novella “lontano tra i Gentili” {Atti 22: 21}. Finora ogni elemento della profezia si è avverato in modo sorprendente, perciò l’inizio delle settanta settimane può essere fissato senza dubbio nel 457 a.C. e la loro scadenza nel 34 d.C. Partendo da questa data non vi è alcuna difficoltà nel trovare la fine dei 2300 giorni. Le settanta settimane – 490 giorni – furono “tagliate” dalle 2300, quindi rimanevano ancora 1810 giorni. Dopo la fine dei 490 giorni, i 1810 giorni dovevano essere ancora soddisfatti. Dal 34 d.C. i 1810 anni si estendono fino al 1844. Di conseguenza, i 2300 giorni di {Daniele 8: 14} terminano nel 1844. Alla fine di questo grande periodo profetico, secondo la testimonianza dell’angelo di Dio, “il santuario sarà purificato”. Il tempo della purificazione del santuario – che si credeva quasi universalmente avvenisse al secondo avvento – venne così determinato. All’inizio, Miller e i suoi collaboratori, credevano che i 2300 giorni sarebbero terminati nella primavera del 1844, mentre la profezia indicava l’autunno di quell’anno. [328]
L’errata comprensione di questo punto portò delusioni e perplessità a coloro che avevano fissato una data riguardante la venuta del Signore. Ma ciò non influì minimamente sulla forza dell’argomentazione, la quale dimostrava, che i 2300 giorni terminarono nell’anno 1844 e che il grande evento rappresentato dalla purificazione del santuario doveva quindi aver luogo. Approfondendo lo studio delle Scritture, per dimostrare che essa era una rivelazione di Dio, Miller inizialmente non aveva la minima certezza di giungere alla conclusione alla quale era arrivato. Lui stesso dubitava dei risultati della sua indagine. Ma le prove della Scrittura erano troppo chiare e potenti per essere messe da parte. Aveva dedicato due anni allo studio della Bibbia, quando, nel 1818, raggiunse la solenne convinzione che in circa venticinque anni Cristo sarebbe apparso per la redenzione del Suo popolo. “Non ho bisogno di parlare”, disse Miller, “della gioia che ha riempito il mio cuore in vista della deliziosa prospettiva, né degli ardenti desideri della mia anima per una partecipazione alle gioie dei redenti. Ora la Bibbia era per me un nuovo libro e costituiva una vera gioia per la ragione; tutto ciò che era dubbioso, mistico o oscuro nei suoi insegnamenti, era stato dissipato dalla mia mente dinanzi alla chiara luce che ora scorgevo dalle sue pagine sacre; oh, come mi apparve splendente la gloriosa verità! Erano sparite tutte le contraddizioni e le incoerenze che avevo riscontrato prima; e, sebbene ci fossero molte parti delle quali non ero soddisfatto, ne possedevo una piena comprensione; molta luce fu emanata da essa per illuminare la mia mente, che prima era oscurata, ma che ora mi faceva trovare un piacere nello studio della Scrittura che non avevo mai pensato di poter ottenere dai suoi insegnamenti” (Santa Beatitudine, pagine 76, 77). “Con la solenne convinzione che tali eventi epocali erano previsti nelle Scritture da adempiersi in così poco tempo, sorse una domanda riguardante al mio dovere verso il mondo, in considerazione delle convinzioni che si erano radicate nella mia mente” (Ibid., pagina 81). [329]
Sentiva che era suo dovere trasmettere agli altri la luce che aveva ricevuto. Si aspettava di incontrare l’opposizione degli empi, ma era sicuro che tutti i cristiani si sarebbero rallegrati nella speranza di incontrare il Salvatore che professavano di amare. La sua unica paura era che nella loro grande gioia per la prospettiva della gloriosa liberazione così vicina, molti avrebbero ricevuto la dottrina senza esaminare a sufficienza le Scritture per verificarne la loro veridicità. Perciò esitò a presentarla, per timore di essere in errore e per timore di ingannare gli altri. Fu così portato a rivedere le prove a sostegno delle conclusioni alle quali era arrivato e a considerare attentamente ogni difficoltà che si presentava alla sua mente. Trovò che le obiezioni svanivano davanti alla luce della Parola di Dio, come nebbia davanti ai raggi del sole. Impiegò cinque anni per la revisione di queste teorie e si convinse pienamente della correttezza della sua posizione. Ora il dovere di far conoscere agli altri ciò che credeva essere così chiaramente insegnato nelle Scritture, si impose con nuova forza in lui. “Ero intento alle mie occupazioni”, disse, “quando sentì echeggiare alle mie orecchie: “Vai e avverti il mondo del pericolo” e mi ritornò alla mente questo testo: “Quando dico al malvagio: O uomo malvagio, tu sicuramente morirai; e tu non avrai parlato per avvertire l’empio che si ritragga dalla sua via, quell’empio morrà per la sua iniquità, ma io domanderò conto del suo sangue alla tua mano. Ma, se tu avverti l’empio che si ritragga dalla sua via, e quegli non se ne ritrae, esso morrà per la sua iniquità, ma tu salverai l’anima tua” {Ezechiele 33: 8-9}. Sentii che se i malvagi potessero essere avvertiti efficacemente, una moltitudine di loro si sarebbe pentita; e che se non fossero stati avvertiti, il loro sangue sarebbe stato richiesto dalla mia mano” (Santa Beatitudine, pagina 92). Cominciò a presentare le sue opinioni in privato, ogni volta che se ne presentava l’opportunità, pregando che qualche pastore potesse sentire la forza delle argomentazioni e dedicarsi alla loro proclamazione. Ma non poteva sottrarsi dalla convinzione di avere un dovere personale nel dare l’avvertimento. [330]
Ritornavano alla sua mente le parole che erano state pronunciate: “Vai e avverti il mondo; il loro sangue ricadrà sulla tua mano”. Miller attese per nove anni, il fardello incalzava ancora sulla sua anima, finché nel 1831 per la prima volta pubblicò le ragioni della sua fede.
Come Eliseo fu chiamato a lasciare i suoi buoi nel campo, per ricevere il mantello della consacrazione al ministero profetico, così fu chiamato William Miller a lasciare il suo aratro per rivelare al popolo i misteri del regno di Dio. Con timore iniziò la sua opera, conducendo i suoi ascoltatori passo dopo passo, attraverso i periodi profetici, fino alla seconda apparizione di Cristo. Ad ogni sforzo compiuto guadagnava forza e coraggio vedendo il diffuso interesse suscitato dalle sue parole. Fu solo in seguito alle pressioni dei suoi fratelli, nelle cui parole sentì la chiamata di Dio, che Miller acconsentì a presentare le sue opinioni in pubblico. Aveva ormai cinquant’anni, non era abituato a parlare in pubblico e aveva un senso di incapacità per l’opera che aveva davanti. Fin dall’inizio però, i suoi sforzi furono benedetti in modo straordinario per la salvezza delle anime. La sua prima lezione fu seguita da un risveglio religioso in cui tredici famiglie intere, con l’eccezione di due persone, furono convertite. Fu immediatamente inviato a parlare in altri luoghi e in quasi ogni luogo la sua attività portò a una rinascita dell’opera di Dio. I peccatori furono convertiti, i cristiani furono sensibilizzati a una maggiore consacrazione, mentre i deisti e gli infedeli furono portati a riconoscere la verità della Bibbia e della religione cristiana. La testimonianza di coloro ai quali si rivolgeva ora era: “Un’intera classe di menti è stata raggiunta da lui, sulla quale altri non avrebbero avuto alcuna influenza” (Ibid., pagina 138). La sua predicazione fu ritenuta in grado di risvegliare l’interesse dell’opinione pubblica sulle grandi realtà della religione e di arginare la crescente mondanità e sensualità del tempo. In quasi tutte le città vi erano convertiti, in alcune se ne contarono persino centinaia, in seguito alla sua predicazione. [331]
In molti luoghi le chiese protestanti di quasi tutte le confessioni erano aperte nei suoi confronti e di solito gli inviti alla predicazione venivano proprio dai pastori delle varie congregazioni. Era una sua immutabile regola, quella di non predicare in nessun posto in cui non fosse stato invitato e ben presto si ritrovò incapace di soddisfare solo la metà delle richieste che gli venivano fatte. Molti di coloro che non accettavano le sue opinioni sulla data esatta del secondo avvento tuttavia erano convinti della certezza e della vicinanza della venuta di Cristo e del loro bisogno di preparazione. In alcune delle grandi città la sua opera produsse un’impressione marcata. I rivenditori di liquori ne abbandonavano il commercio e trasformarono i loro negozi in sale per riunioni; bische clandestine chiusero; infedeli, deisti, universalisti e persino i profanatori più irriverenti si convertirono; alcuni di loro non erano entrati in una casa di culto da ormai molti anni. Gli incontri di preghiera venivano stabiliti dalle varie confessioni, in diversi quartieri, a quasi ogni ora, uomini d’affari si riunivano a mezzogiorno per pregare e lodare Dio. Non si trattava di un’eccitazione stravagante, ma di una solennità quasi universale nelle menti della gente. La sua opera, come quella dei primi riformatori, tendeva a convincere la coscienza piuttosto che a suscitare ed eccitare le emozioni. Nel 1833, Miller ricevette una licenza per la predicazione dalla Chiesa Battista di cui era membro. Anche un gran numero di pastori della sua denominazione approvò il suo lavoro e fu proprio con il loro consenso formale che continuò la sua opera. Viaggiò e predicò incessantemente, sebbene la sua attività si fosse limitata principalmente alla Nuova Inghilterra e agli stati del centro. Per diversi anni le sue spese furono interamente coperte con i suoi soldi, ma anche in seguito non ricevette mai abbastanza per coprire le spese di viaggio sostenute per raggiungere i luoghi in cui era stato invitato. Così le sue opere pubbliche, lungi dall’essere un beneficio economico, divennero una pesante tassa sulle sue proprietà, che diminuì gradualmente durante questo periodo della sua vita. Era il padre di una grande famiglia, ma poiché erano tutti attivi e industriosi, la sua fattoria era sufficiente per il loro mantenimento e anche per le sue spese. [332]
Nel 1833, due anni dopo che Miller cominciò a presentare in pubblico le prove della venuta di Cristo, apparve l’ultimo dei segni che erano stati promessi dal Salvatore come segni del Suo secondo avvento. Gesù disse: “Le stelle cadranno dal cielo” {Matteo 24: 29}. Anche Giovanni nell’Apocalisse dichiarò, mentre vedeva in visione le scene che avrebbero preannunciato il giorno di Dio: “Le stelle del cielo caddero sulla terra, proprio come un fico scosso da un grande vento lascia cadere i suoi fichi immaturi” {Apocalisse 6: 13}. Questa profezia ricevette un notevole e impressionante adempimento nella grande pioggia meteorica del 13 novembre 1833. Quella fu la più ampia e meravigliosa esibizione di stelle cadenti mai registrata; “L’intero firmamento degli Stati Uniti, fu per ore intere un movimento infuocato! Nessun fenomeno celeste si era mai verificato in questo paese, dal suo primo insediamento, che suscitasse una così intensa ammirazione in una parte degli abitanti, e così tanta paura ed allarme in un’altra parte. La sua sublime grandezza e la sua terribile bellezza persistono ancora in molte menti… Non si è mai vista una pioggia cadere con un’intensità simile a quelle delle meteore; est, ovest, nord e sud, ovunque si vedeva la stessa scena. In una parola, tutto il cielo sembrava in movimento… Lo spettacolo, descritto dal Professor Silliman nel suo Journal, venne visto in tutto il Nord America… Dalle due del mattino fino alla luce del giorno, in un cielo perfettamente sereno e senza nuvole, uno spettacolo incessante di luminosissime luci si notò in tutto il cielo” (R. M. Devens, American Progress; I grandi eventi del secolo, cap. 28, par. 1-5). “Nessuna lingua, in effetti, non avrebbe potuto descrivere quella magnifica visione; nessuno, che non abbia assistito, può dare una descrizione adeguata della sua gloria. Sembrava come se l’intero cielo stellato si fosse radunato in un punto vicino allo zenit e che contemporaneamente scendessero, con la velocità del lampo, in ogni parte dell’orizzonte; esse si susseguivano rapidamente: migliaia di persone cercarono di seguire rapidamente le ondate di stelle, come se fossero state create apposta per l’occasione” (F. Reed, Christian Advocate and Journal, 13 dicembre 1833). [333]
“Non esisteva immagine più corretta di un albero di fico, che scosso da un grande vento, lancia cadere i suoi fichi, per descrivere la scena” (“Il vecchio contadino”, Portland Evening Advertiser, 26 novembre 1833). Nel New York Journal of Commerce del 14 Novembre 1833 apparve un lungo articolo su questo meraviglioso fenomeno, contenente questa affermazione: “Nessun filosofo o studioso ha mai raccontato o registrato un evento simile a quello di ieri mattina. Un profeta però, milleottocento anni fa lo predisse esattamente; ognuno potrebbe rendersene conto se intendessimo per “stelle che cadono” stelle cadenti… ovvero, l’unico senso in cui la cosa possa essere letteralmente possibile”. Così, apparve l’ultimo di quei segni della Sua venuta, riguardo al quale Gesù disse ai Suoi discepoli: “Quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, proprio alle porte” {Matteo 24: 33}. Dopo questi segni, Giovanni vide, come il grande evento imminente, i cieli che si aprivano come un rotolo, mentre la terra tremava, le montagne e le isole venivano rimosse dai loro luoghi, e i malvagi terrorizzati cercavano di fuggire dalla presenza del Figlio dell’uomo {Apocalisse 6: 12-17}.
Molti di coloro che assistettero alla caduta delle stelle, lo consideravano come un araldo dell’imminente giudizio, “un simbolo terribile, un precursore sicuro, un segno misericordioso, di quel grande e terribile giorno” (“Il vecchio contadino”, Portland Evening Advertiser, 26 novembre 1833). L’attenzione del popolo fu rivolta all’adempimento della profezia e molti furono portati a prestare attenzione all’avvertimento del secondo avvento. Nell’anno 1840, un altro notevole adempimento della profezia suscitò un diffuso interesse. Due anni prima, Josiah Litch, uno dei principali ministri che predicava il secondo avvento, pubblicò un’esposizione di Apocalisse 9, che prevedeva la caduta dell’impero ottomano. Secondo i suoi calcoli, questo potere doveva essere rovesciato “nel 1840 d.C. e precisamente nel mese di agosto”, solo pochi giorni prima del suo adempimento scrisse: “Ammettendo che il primo periodo, quello di 150 anni, si sia adempiuto esattamente prima che Dragasio salisse al trono con il permesso dei turchi e che i 391 anni e quindici giorni, siano cominciati alla fine del primo periodo (27 Luglio 1449), ne risulta che l’11 Agosto 1840 ci si possa aspettare la caduta del potere ottomano a Costantinopoli. E credo che sarà proprio così” (Josiah Litch, Signs of the Times, and Expositor of Prophecy, 1 Agosto 1840). [334]
Nel momento indicato, la Turchia, attraverso i suoi ambasciatori, accettò la protezione delle potenze alleate dell’Europa e quindi si pose sotto il dominio delle nazioni cristiane. L’evento soddisfò esattamente la previsione. Quando divenne noto, moltitudini furono convinte della correttezza dei principi di interpretazione profetica adottati da Miller e dai suoi associati, e un meraviglioso impulso fu dato al movimento dell’avvento. Uomini di cultura e posizione elevata si unirono a Miller, sia nella predicazione che nella pubblicazione delle sue opinioni e dal 1840 al 1844 l’opera si estese rapidamente. William Miller possedeva forti poteri mentali, disciplinati dal pensiero e dallo studio; e aggiunse a questi la sapienza del Cielo collegandosi alla Fonte della saggezza. Era un uomo di grande valore morale, non poteva che imporre rispetto e stima ovunque venisse apprezzata l’integrità del carattere e dell’eccellenza morale. Unendo la vera gentilezza del cuore con l’umiltà cristiana e il potere dell’autocontrollo, era attento ed affabile con tutti, pronto ad ascoltare le opinioni degli altri e a soppesare le loro argomentazioni. Senza passioni o eccitazioni, mise alla prova tutte le teorie e le dottrine della Parola di Dio; il suo brillante ragionamento e la sua profonda conoscenza delle Scritture gli permisero di confutare l’errore e di esporre la menzogna. Eppure non proseguì la sua opera senza un’aspra opposizione. Come con i precedenti riformatori, le verità che presentava non vennero accolte favorevolmente dagli insegnanti religiosi popolari. Poiché questi uomini non potevano sostenere la loro posizione con le Scritture, ricorsero ai detti, alle dottrine degli uomini e alle tradizioni dei Padri. Ma la Parola di Dio era l’unica testimonianza accettata dai predicatori della verità dell’avvento. “La Bibbia e la Bibbia soltanto” era la loro parola d’ordine. In mancanza di argomenti scritturali, gli oppositori di Miller iniziavano a prendersi gioco e a beffarsi di lui. [335]
Tempo, mezzi e talenti vennero impiegati per calunniare coloro il cui unico reato era quello di guardare con gioia al ritorno del loro Signore e si sforzavano di vivere una vita santa e di esortare gli altri a prepararsi per la Sua apparizione. Vennero impiegati sforzi incredibili per allontanare le menti delle persone dal tema del secondo avvento. Studiare le profezie che riguardano la venuta di Cristo e la fine del mondo venne fatto apparire come un peccato, come qualcosa di cui gli uomini si sarebbero dovuti vergognare. In questo modo il ministero popolare minò la fede nella Parola di Dio. Ne risultò che il loro insegnamento creò degli atei e spinse molti a cercare di soddisfare tutti i loro gusti le loro passioni. Perciò, gli avventisti furono considerati i diretti responsabili di queste conseguenze. Mentre Miller, nelle sue riunioni, riempiva sale di ascoltatori intelligenti e attenti, il suo nome veniva raramente menzionato dalla stampa religiosa, se non per metterlo in ridicolo o per denunciare le sue opinioni. I negligenti e gli empi incoraggiati dalla posizione dei maestri religiosi, ricorrevano spesso a epiteti contrari, basandosi su arguzie blasfeme, il cui scopo era quello di screditare Miller e la sua opera. L’uomo dai capelli ormai bianchi, che aveva lasciato una casa confortevole per viaggiare a sue spese di città in città, lavorando instancabilmente per portare al mondo il solenne avvertimento dell’imminente giudizio, fu beffardamente denunciato come un fanatico, un bugiardo, un furfante speculativo. Il ridicolo, la menzogna e gli abusi accumulati su di lui suscitarono una forte protesta, persino dalla stampa secolare. “Trattare un tema di tale maestosa imponenza e di tali conseguenze spaventose con termini così leggeri e così irrispettosi”, dicevano gli uomini di sano giudizio, “non significa solo prendersi gioco dei sentimenti dei suoi propagatori e sostenitori, ma addirittura desiderare il giorno del giudizio, per beffarsi della Divinità stessa e disprezzare le pene del Suo giudizio” (Santa Beatitudine, pagina 183). L’istigatore di tutti i mali cercò non solo di neutralizzare l’effetto del messaggio dell’avvento, ma di distruggerne persino il messaggero stesso. Miller fece un’applicazione pratica della verità scritturale nel cuore dei suoi ascoltatori, rimproverando i loro peccati e turbando la loro autosufficienza. Le sue parole semplici e taglienti suscitarono la loro ostilità. [336]
L’opposizione manifestata dai membri della chiesa verso il suo messaggio incoraggiò le classi basse ad oltrepassare ogni limite; i suoi nemici pianificarono di togliergli la vita mentre usciva dal luogo di un incontro. Ma i santi angeli erano nella folla e uno di questi, nella forma di un uomo, prese il braccio di questo servo del Signore e lo guidò in salvo dalla folla inferocita. La sua opera non era ancora terminata e perciò Satana e i suoi emissari ne furono delusi. Nonostante tutte le opposizioni, l’interesse per il movimento dell’avvento continuò ad aumentare. Da decine e centinaia, le congregazioni erano cresciute fino ad ottenere migliaia di persone. Grandi adesioni vennero fatte alle varie chiese, ma dopo un po’ lo spirito di opposizione si manifestò anche contro questi convertiti e le chiese iniziarono a prendere provvedimenti disciplinari con coloro che avevano abbracciato le opinioni di Miller. Ciò lo indusse a scrivere una lettera ai cristiani di tutte le denominazioni, dicendo che se le sue dottrine erano false, avrebbero dovuto dimostrarglielo mediante le Scritture. “Che cosa crediamo”, disse, “che non proviene direttamente dalla Parola di Dio, che voi stessi riconoscete come la regola, l’unica regola, della nostra fede e condotta? Che cosa abbiamo fatto per meritarci una così violenta denuncia da parte della chiesa e della stampa e che vi dà il diritto di espellerci dalla chiesa e dalla comunità? Se abbiamo torto, mostrateci in che cosa consiste. Mostrateci mediante la Parola di Dio che siamo nell’errore; siamo stati ridicolizzati già abbastanza, ma ciò non può convincerci del fatto che siamo nel torto; solo la Parola di Dio può cambiare le nostre opinioni. Le nostre conclusioni sono state formate deliberatamente e in preghiera, basandoci sulle prove nelle Scritture” (Ibid., pagine 250, 252). Di generazione in generazione gli avvertimenti che Dio ha inviato al mondo, per mezzo dei Suoi servi, sono stati ricevuti con una simile incredulità. [337]
Quando l’iniquità degli antidiluviani spinse Dio a mandare il diluvio sulla terra, Egli fece prima conoscere loro il Suo intento, affinché potessero avere l’opportunità di abbandonare le loro cattive abitudini. Per centoventi anni risuonò nelle loro orecchie l’avvertimento che gli invitava a pentirsi, affinché l’ira di Dio non si manifestasse nella loro distruzione. Ma loro considerarono questo messaggio una favola, tanto da non crederci. Incoraggiati dalla loro malvagità, derisero il messaggero di Dio, beffandosi dei suoi avvertimenti e accusandolo persino di presunzione. “Come osa un solo uomo mettersi contro a tutti i grandi della terra?”. Se il messaggio di Noè fosse stato vero, perché tutto il mondo non se ne rendeva conto e non vi credeva? L’affermazione di un uomo solo contro la saggezza di migliaia! Essi non avrebbero né accreditato l’avvertimento, né cercato riparo nell’arca. Gli schernitori indicavano i fenomeni naturali – la successione invariabile delle stagioni, i cieli azzurri che non avevano mai fatto scendere una goccia di pioggia, i campi verdi rinfrescati dalla rugiada della notte – e gridarono: “Egli parla in parabole!”. Con disprezzo dichiararono che il predicatore di giustizia era un povero esaltato; e proseguirono, con ancora più convinzione di prima, nella loro ricerca del piacere e di fare del male. Ma la loro incredulità non ostacolò l’evento previsto. Dio sopportò a lungo la loro malvagità, dando loro ampie opportunità di pentimento; ma all’ora stabilita i Suoi giudizi visitarono coloro che avevano respinto la Sua misericordia. Cristo dichiara che esisterà una simile incredulità prima della Sua seconda venuta. Come il popolo dei giorni di Noè “di nulla si avvide la gente, finché venne il diluvio che li portò via tutti quanti, così”, afferma il Salvatore, “avverrà alla venuta del Figliuol dell’uomo” {Matteo 24: 39}. Quando i fedeli di Dio si uniscono al mondo, vivono come vive il mondo e partecipano con loro ai piaceri proibiti; quando la lussuria del mondo diventa la lussuria della chiesa; quando le campane del matrimonio suonano e tutti aspettano con ansia molti anni di prosperità mondana, allora, all’improvviso come un lampo che squarcia i cieli, verrà la fine delle loro brillanti visioni e delle loro illusorie speranze. [338]
Come Dio mandò il Suo servitore ad avvertire il mondo dell’imminente Diluvio, così mandò dei messaggeri per far conoscere la vicinanza del giudizio finale. Mentre i contemporanei di Noè prendevano in giro e disprezzavano le predizioni del predicatore di giustizia, così ai tempi di Miller molti, perfino coloro che facevano parte del popolo di Dio, si fecero beffe delle parole d’avvertimento. Perché la dottrina e la predicazione della seconda venuta di Cristo erano così sgradite alle chiese? Mentre ai malvagi l’avvento del Signore porta dolore e desolazione, ai giusti è sinonimo di gioia e speranza. Questa grande verità era stata la consolazione dei fedeli di Dio attraverso tutti i secoli; perché essa è diventata, così come il suo Autore, “una pietra d’inciampo” e “una pietra d’offesa” per i suoi seguaci? Non è stato proprio il nostro Signore a promettere ai Suoi discepoli: “quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò, e vi accoglierò presso di me” {Giovanni 14: 3}. Fu il compassionevole Salvatore, che, anticipando la solitudine e il dolore dei Suoi seguaci, incaricò gli angeli di confortarli con la certezza che sarebbe tornato di persona, proprio mentre andava in cielo. Mentre i discepoli stavano fissando intensamente i loro sguardi verso l’alto per contemplare l’ultima volta Colui che amavano, la loro attenzione fu attratta dalle parole: “Uomini Galilei, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù che è stato tolto da voi ed assunto in cielo, verrà nella medesima maniera che l’avete veduto andare in cielo” {Atti 1: 11}. La speranza venne riaccesa dal messaggio degli angeli. I discepoli “tornarono a Gerusalemme con grande gioia: erano continuamente nel tempio, lodando e benedicendo Dio” {Luca 24: 52-53}. Non si rallegravano perché Gesù era stato separato da loro e perché furono lasciati a combattere con le prove e tentazioni del mondo, ma a motivo della certezza che era stata data loro dagli angeli che sarebbe tornato. La proclamazione della venuta di Cristo dovrebbe essere anche ora, come quella fatta dagli angeli ai pastori di Betlemme, una fonte di buone novelle e di grande gioia. [339]
Coloro che amano veramente il Salvatore non possono che accogliere con gioia l’annuncio, fondato sulla Parola di Dio, secondo il quale Colui che ci assicura la vita eterna sta per ritornare; questa volta non per essere insultato, disprezzato e rifiutato, come nel Suo primo avvento, ma in potenza e gloria, per riscattare il Suo popolo. Sono coloro che non amano il Salvatore a desiderare che Lui rimanga lontano, infatti l’irritazione e l’ostilità provocate da questo messaggio inviato dal Cielo, sono le prove più evidenti del fatto che le Chiese si siano allontanate da Dio. Coloro che accettarono la dottrina dell’avvento furono sollecitati alla necessità del pentimento e dell’umiliazione davanti a Dio. Molti erano da tempo indecisi tra Cristo e il mondo; ora sentivano di dover prendere una posizione. “Le cose riguardanti l’eternità assunsero per loro una realtà insolita. Il cielo fu fatto avvicinare a loro e si sentirono colpevoli davanti a Dio” (Santa Beatitudine, pagina 146). I cristiani furono vivificati in una nuova vita spirituale. Si rendevano conto che il tempo era breve e che dovevano avvertire rapidamente i loro simili. La terra si ritirò, l’eternità sembrò aprirsi davanti a loro e l’anima, con tutto ciò che apparteneva al suo benessere o dolore, fu eclissata da ogni realtà temporale. Lo Spirito di Dio riposava su di loro e diede potere ai loro più sinceri appelli affinché i loro fratelli, e persino i peccatori, si preparassero per il giorno di Dio. La silenziosa testimonianza della loro vita quotidiana era un continuo rimprovero a quei membri della chiesa formali e non consacrati. Questi non volevano essere disturbati nella loro ricerca del piacere, nella loro dedizione nel fare soldi e nella loro ambizione per l’onore mondano. Da qui nacquero l’inimicizia e l’opposizione suscitate contro la fede dell’avvento e contro coloro che la proclamarono. Poiché gli argomenti dei periodi profetici erano ritenuti inespugnabili, gli oppositori si sforzarono di scoraggiare lo studio delle argomentazioni insegnando che le profezie erano sigillate. In questo modo i protestanti seguirono le orme dei Cattolici. Mentre la chiesa papale impediva la diffusione della Bibbia al popolo, le chiese Protestanti affermavano che alcune parti importanti della Parola Sacra (parti che aprivano gli occhi alla comprensione delle verità riguardanti specialmente il nostro tempo) non potevano essere comprese. [340]
Pastori e membri dichiararono che le profezie di Daniele e Apocalisse fossero misteri incomprensibili. Ma Cristo diresse i Suoi discepoli alle parole del profeta Daniele riguardo agli eventi che avrebbero avuto luogo nel loro tempo e disse: “Chi legge, comprenda” {Matteo 24: 15}. La dichiarazione secondo la quale il libro di Apocalisse fosse un mistero, che non potesse essere compreso, è contraddetta dalla stessa introduzione del libro: “Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli ha dato, per mostrare ai Suoi servi le cose che devono accadere a breve… Beati coloro che leggono e che ascoltano le parole di questa profezia e che osservano le cose che vi sono scritte: perché il tempo è vicino” {Apocalisse 1: 1-3}. Il profeta dice: “Beato colui che legge”. Ci sono molti che non leggono; questa benedizione non è per loro. “E quelli che ascoltano”. Ci sono anche alcuni che rifiutano di ascoltare qualsiasi cosa riguardante le profezie; la benedizione non è per questa classe di persone. “E osserva le cose che vi sono scritte”. Molti rifiutano di ascoltare gli avvertimenti e le istruzioni contenute nell’Apocalisse; nessuno di questi può reclamare le benedizioni promesse. Tutti coloro che mettono in ridicolo i seguaci della profezia e deridono i simboli qui solennemente riportati, tutti coloro che rifiutano di riformare le loro vite e di prepararsi per la venuta del Figlio dell’uomo, non saranno benedetti. In vista della testimonianza precedente, come si osa insegnare agli uomini che il libro dell’Apocalisse sia un mistero al di là della portata della comprensione umana? Esso è un mistero rivelato, ovvero un libro aperto. Lo studio dell’Apocalisse dirige la mente verso le profezie di Daniele, ed entrambe presentano le istruzioni più importanti, date da Dio agli uomini, riguardo agli eventi che si verificheranno alla fine della storia di questo mondo. A Giovanni furono rivelate scene di profondo ed elettrizzante interesse, riguardanti l’esperienza della chiesa. Vide la posizione, i pericoli, i conflitti e la liberazione finale del popolo di Dio. [341]
Registrò i messaggi conclusivi che faranno maturare il raccolto della terra; facendone fasci da raccogliere nel granaio celeste o fascine per il fuoco della distruzione. Gli vennero rivelati argomenti di grande importanza, specialmente per l’ultima chiesa, affinché coloro che fossero passati dall’errore alla verità fossero istruiti riguardo ai pericoli e ai conflitti che li attendevano. Nessuno deve essere nelle tenebre riguardo a ciò che sta per avvenire sulla terra. Perché, quindi, questa diffusa ignoranza riguarda una parte così importante della Sacra Scrittura? Perché questa generale riluttanza nell’indagare i suoi insegnamenti? È il risultato di uno sforzo grandemente studiato dal principe delle tenebre per nascondere agli uomini ciò che rivela i suoi inganni. Per questa ragione Cristo, il Rivelatore, prevedendo la guerra che sarebbe stata condotta contro lo studio dell’Apocalisse, pronunciò una benedizione su tutti coloro che avrebbero letto, ascoltato e osservato le parole della profezia. [342]
Una sorprendente somiglianza ha caratterizzato ogni grande riforma o movimento religioso che, di secolo in secolo, hanno presentato al mondo i progressi dell’opera di Dio. I princìpi che si trovano all’origine del comportamento di Dio nei confronti degli uomini sono sempre gli stessi. Gli importanti movimenti del presente hanno un loro parallelo in quelli del passato e l’esperienza della chiesa nelle epoche precedenti presenta lezioni di grande valore per il nostro tempo. Nessuna verità è insegnata più chiaramente nella Bibbia di quella che Dio, mediante il Suo Spirito Santo, dirige i Suoi servi nei grandi movimenti per portare avanti l’opera di salvezza sulla terra. Gli uomini sono strumenti nelle mani di Dio, impiegati da Lui per realizzare i Suoi propositi di grazia e misericordia. Ognuno ha la sua parte da compiere; a ciascuno è concessa una misura di luce, adattata alle necessità del suo tempo e sufficiente a consentirgli di compiere il lavoro che Dio gli ha affidato. Tuttavia nessun uomo, per quanto onorato dal Cielo, ha mai raggiunto una piena comprensione del grande piano di redenzione, o addirittura di una perfetta valutazione dello scopo divino nell’opera per la sua epoca. Gli uomini non possono comprendere appieno ciò che Dio vuole compiere con l’opera che Egli affida loro; essi non riescono a comprendere pienamente il messaggio che proclamano nel Suo nome. “Puoi tu scandagliare le profondità di Dio? Arrivare a conoscere appieno l’Onnipotente?” {Giobbe 11: 7}. “Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie, dice l’Eterno. Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri” {Isaia 55: 8-9}. “Io sono Dio, e non ve n’è alcun altro; sono Dio, e nessuno è simile a me; che annunzio la fine sin dal principio, e molto tempo prima proclamo le cose non ancora avvenute” {Isaia 46: 9-10}. [343]
Persino i profeti che erano favoriti dalla speciale illuminazione dello Spirito non comprendevano appieno l’importanza delle rivelazioni a loro assegnate. Il significato doveva essere spiegato e compreso nel corso dei secoli, affinché il popolo di Dio potesse usufruire delle istruzioni ivi contenute nella misura in cui ne aveva bisogno. Pietro, scrivendo della salvezza riportata alla luce attraverso il Vangelo, dice: di questa salvezza “i profeti indagavano quale fosse il tempo e quali le circostanze a cui lo Spirito di Cristo che era in loro accennava, quando anticipatamente testimoniava delle sofferenze di Cristo, e delle glorie che dovevano seguire. E fu loro rivelato che non per sé stessi ma per voi ministravano quelle cose” {1 Pietro 1: 10-12}. Tuttavia, anche se non era stato dato ai profeti di comprendere pienamente le rivelazioni ricevute, hanno sinceramente cercato di ottenere tutta la luce che Dio si era compiaciuto di manifestare. Essi indagavano e studiavano diligentemente per conoscere il tempo e le circostanze mediante lo Spirito di Cristo che era in loro. Che meravigliosa lezione per il popolo di Dio dell’era cristiana che beneficiò di queste profezie che furono trasmesse dai Suoi messaggeri! “Fu loro rivelato che non per sé stessi ma per voi ministravano quelle cose”. Notate con quanta cura quei santi uomini di Dio “indagavano e studiavano diligentemente” riguardo alle rivelazioni date loro per le generazioni che non erano ancora nate. Osservate quale contrasto fra il loro santo zelo e l’indifferenza con cui i favoriti delle epoche successive trattano questo dono del Cielo. Che rimprovero all’indifferenza tanto amata del mondo che si accontenta di dichiarare che le profezie non possono essere comprese! [344]
Anche se le menti finite degli uomini sono inadeguate per entrare nei consigli dell’Infinito, o per comprendere appieno l’elaborazione dei Suoi propositi, eppure spesso questo stato di cose avviene a causa di qualche loro errore o negligenza che rende così vaga la comprensione dei messaggi del cielo. Non di rado le menti del popolo, e persino dei servi di Dio, sono così accecate dalle opinioni umane, dalle tradizioni e dai falsi insegnamenti degli uomini, che sono in grado solo parzialmente di cogliere le grandi cose che Egli ha rivelato nella Sua Parola. Così è stato anche con i discepoli di Cristo, quando il Salvatore era con loro di persona. Le loro menti erano diventate imbevute della concezione popolare del Messia che lo vedeva come un principe temporale, che doveva esaltare Israele sul trono dell’impero universale, non facendogli comprendere il vero significato delle Sue parole che predicevano le Sue sofferenze e la Sua morte. Cristo stesso li aveva incaricati di annunciare il messaggio: “Il tempo è compiuto, e il regno di Dio è vicino: ravvedetevi e credete al Vangelo” {Marco 1: 15}. Quel messaggio era basato sulla profezia di Daniele 9. Le sessantanove settimane furono dichiarate dall’angelo estendersi fino all’apparizione del “Messia, il Principe”, e con grandi speranze e gioiose anticipazioni i discepoli attesero l’insediamento del regno del Messia a Gerusalemme per governare tutta la terra. Predicavano il messaggio che Cristo aveva loro affidato, sebbene essi stessi non ne capissero il significato. Mentre la loro predicazione era fondata su Daniele 9: 25, non videro, nel versetto successivo dello stesso capitolo, che il Messia doveva essere “soppresso”. Fin da piccoli i loro cuori erano stati rivolti alla gloria di un impero terreno e questo accecava la loro comprensione sia per quanto riguardava le specifiche della profezia sia per quello che le parole di Cristo significavano. Essi svolsero il loro dovere nel presentare alla nazione ebraica l’invito della misericordia, e poi, proprio nel momento in cui si aspettavano di vedere il loro Signore salire sul trono di Davide, lo videro preso come un malfattore, flagellato, deriso, condannato e innalzato sulla croce del Calvario. [345]
Quale disperazione e angoscia straziavano i cuori dei discepoli durante i giorni in cui il loro Signore stava dormendo nella tomba! Cristo era venuto nel momento esatto e nelle modalità predette dalla profezia. La testimonianza della Scrittura era stata adempiuta in ogni dettaglio del Suo ministero. Aveva predicato il messaggio della salvezza con parole piene di potere. I cuori dei Suoi ascoltatori avevano testimoniato la Sua origine divina. La Parola e lo Spirito di Dio attestarono la divina missione di Suo Figlio. I discepoli si aggrappavano ancora, con un affetto incedibile, al loro amato Maestro. Eppure le loro menti erano avvolte nell’incertezza e nel dubbio. Nella loro angoscia non ricordarono le parole di Cristo che indicava la Sua sofferenza e morte. Se Gesù di Nazareth fosse stato il vero Messia, sarebbero stati così addolorati per questa delusione? Questa era la domanda che sconvolgeva le loro anime mentre il Salvatore si trovava nel sepolcro durante le ore di quel Sabato senza speranza che separava la Sua morte e la Sua risurrezione. Sebbene la notte della tristezza fosse scesa sui seguaci di Gesù, tuttavia non furono abbandonati. Il profeta disse: “Quando mi siedo nelle tenebre, il Signore sarà una luce per me… Egli mi porterà alla luce, e io vedrò la Sua giustizia” {Michea 7: 8-9}. “Sì, le tenebre non possono nasconderti nulla; ma la notte brilla come il giorno: le tenebre e la luce sono tutt’uno per te” {Salmo 139: 12}. Dio ha detto: “La luce si leva nelle tenebre per quelli che sono retti, per chi è misericordioso, pietoso e giusto” {Salmo 112: 4}. “Farò camminare i ciechi per una via che ignorano, li guiderò per sentieri che non conoscono: farò luce alle tenebre davanti a loro e le cose storte diritte. Queste cose farò a loro e non li abbandonerò” {Isaia 42: 16}. L’annuncio che era stato fatto dai discepoli nel nome del Signore era corretto in tutti i suoi particolari, gli eventi a cui si riferivano si adempivano proprio in quel momento. Il loro messaggio era “il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino”. [346]
Alla fine del “tempo” – le sessantanove settimane di Daniele 9, che dovevano estendersi fino all’apparizione del Messia, “un Unto” – Cristo aveva ricevuto l’unzione dello Spirito dopo il battesimo di Giovanni nel Giordano. Il “regno di Dio” che essi avevano dichiarato essere “vicino” fu stabilito dalla morte di Cristo. Questo regno non era, come gli era stato insegnato a credere, un impero terreno. Né fu quel futuro regno immortale che sarà istituito quando “il regno e il dominio, e la grandezza del regno sotto tutto il cielo, saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo”, quel regno eterno, in cui “tutti i domini lo serviranno e gli ubbidiranno” {Daniele 7: 27}. Nella Bibbia, l’espressione “regno di Dio” è usata per designare sia il regno della grazia, che il regno della gloria. Paolo descrive il regno della grazia nella Lettera agli Ebrei. Dopo aver indicato Cristo, l’intercessore compassionevole che ha condiviso la nostra umanità, l’apostolo dice: “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per esser soccorsi al momento opportuno” {Ebrei 4: 15-16}. Il trono della grazia rappresenta il regno della grazia; perché l’esistenza di un trono implica anche l’esistenza di un regno. In molte delle Sue parabole, Cristo usa l’espressione “il regno dei cieli” per designare l’opera della grazia divina sul cuore degli uomini. Quindi il trono della gloria rappresenta il regno della gloria; regno che le parole del Salvatore descrivono così: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e tutti i santi angeli con lui, allora siederà sul trono della sua gloria: e davanti a lui saranno riunite tutte le nazioni” {Matteo 25: 31-32}. Questo è un regno futuro che sarà istituito solo al secondo avvento di Cristo. Il regno della grazia, invece, fu istituito immediatamente dopo la caduta dell’uomo, quando fu elaborato un piano per la redenzione della razza colpevole. Già da allora questo regno esisteva come scopo e promessa di Dio; attraverso la fede, gli uomini potevano diventare i suoi sudditi. Eppure esso fu ufficialmente stabilito solo dopo la morte di Cristo. [347]
Anche dopo aver iniziato la Sua missione terrena, il Salvatore, stanco della cocciutaggine e ingratitudine degli uomini, avrebbe potuto rifiutarsi di sacrificarsi sulla croce del Calvario. Nel Getsemani il calice del dolore tremava nelle Sue mani. Anche in quel momento Egli avrebbe potuto asciugare il sudore di sangue dalla Sua fronte e lasciare la razza colpevole scontare la sua iniquità. Se avesse fatto questo, non ci sarebbe stata alcuna redenzione per gli uomini caduti. Ma quando il Salvatore cedette la Sua vita, con il Suo ultimo respiro gridò: “È compiuto!”, allora fu assicurato il compimento del piano di redenzione. La promessa della salvezza fatta alla coppia peccatrice nell’Eden fu rinnovata. Il regno della grazia, che già da prima esisteva in virtù della promessa di Dio, fu quindi stabilito. In questo modo la morte di Cristo – ovvero lo stesso evento che i discepoli avevano considerato essere la definitiva distruzione della loro speranza – era ciò che la confermava per l’eternità. Se per loro la morte del Cristo rappresentò una cocente delusione, in realtà dimostrò l’esattezza delle loro convinzioni. L’evento che li aveva colmati di lutto e disperazione era quello che apriva la porta della speranza ad ogni figlio di Adamo e in cui si concentrava la vita futura e la felicità eterna di tutti i fedeli di Dio nelle epoche a venire. Gli scopi della misericordia infinita stavano raggiungendo il loro adempimento, anche attraverso la delusione dei discepoli. Mentre i loro cuori erano stati conquistati dalla grazia divina e dal potere dell’insegnamento di Colui che parlava come nessun altro prima di Lui, all’oro puro del loro amore per Gesù, si mescolava l’orgoglio mondano delle loro ambizioni egoistiche. Anche nella stanza nella quale si celebrò la Pasqua ebraica, in quell’ora solenne in cui il loro Maestro si stava preparando ad entrare nell’ombra del Getsemani, vi era “un conflitto tra loro per sapere chi di loro fosse il più grande” {Luca 22: 24}. Essi pensavano al trono, alla corona e alla gloria, mentre proprio davanti a loro giaceva la vergogna e l’agonia del giardino, del tribunale e della croce del Calvario. [348]
Era il loro orgoglio di cuore e la loro sete di gloria mondana, che li aveva portati ad aggrapparsi così tenacemente al falso insegnamento del loro tempo e a non ascoltare le parole del Salvatore che mostravano la vera natura del Suo regno e che indicavano la Sua agonia e morte. Questi errori gli portarono ad affrontare una prova severa ma necessaria, che fu consentita affinché potessero essere corretti. Sebbene i discepoli non avessero compreso il significato del loro messaggio e non avessero realizzato le loro aspettative, tuttavia avevano predicato l’avvertimento dato loro da Dio e il Signore avrebbe ricompensato la loro fede e onorato la loro obbedienza. A loro doveva essere affidato il compito di annunciare a tutte le nazioni il glorioso Vangelo del loro Signore risorto. Era per prepararli a quest’opera che l’esperienza, che a loro sembrava così amara, era stata permessa. Dopo la Sua risurrezione, Gesù apparve ai Suoi discepoli sulla via di Emmaus e, “cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che Lo concernevano” {Luca 24: 27}. I cuori dei discepoli furono scossi. La loro fede fu riaccesa. Si sentirono “rigenerati… ad una viva speranza” ancor prima che Gesù si rivelasse a loro. Il Suo scopo era quello di illuminare la loro comprensione e di fissare la loro fede sulla “sicura parola profetica”. Desiderava che la verità prendesse salde radici nelle loro menti, non solo perché era sostenuta dalla Sua testimonianza personale, ma a causa delle indiscutibili prove presentate dai simboli e dalle ombre della legge cerimoniale e dalle profezie dell’Antico Testamento. Era necessario che i seguaci di Cristo avessero una fede intelligente, non solo per sé stessi, ma anche per trasmettere la conoscenza di Cristo nel mondo. Come primo passo per impartire questa conoscenza, Gesù diresse l’attenzione dei discepoli a “Mosè e tutti i profeti”. Tale era la testimonianza data dal Salvatore risorto al valore e all’importanza delle Scritture dell’Antico Testamento. Quale cambiamento fu operato nel cuore dei discepoli mentre guardavano ancora una volta il volto del loro amato Maestro! {Luca 24: 32}. [349]
Essi riconobbero in un senso più completo e perfetto come mai prima d’ora, di avere trovato “Colui del quale hanno scritto Mosè e i profeti”. L’incertezza, l’angoscia e la disperazione hanno lasciato il posto ad una certezza perfetta e ad una fede senza dubbi. Ciò che meraviglia è che dopo la Sua ascensione essi “erano continuamente nel tempio, lodando e benedicendo Dio” {Luca 24: 53}. La gente, conoscendo solo la terribile morte del Salvatore, guardando nei loro volti si aspettavano di vedere un’espressione di dolore, confusione e sconfitta; ma videro invece felicità e trionfo. Quale preparazione avevano ricevuto questi discepoli per la grande opera che avevano davanti! Avevano attraversato la prova più dolorosa che si possa immaginare, avevano visto come, anche se da un punto di vista umano tutto sembrava perduto, la Parola di Dio era stata trionfalmente compiuta. Da ora in poi cosa avrebbe potuto scoraggiare la loro fede o raffreddare l’ardore del loro amore? Nel più acuto dolore avevano “una forte consolazione”, una speranza che era come “un’ancora dell’anima, sicura e ferma” {Ebrei 6: 18-19}. Erano stati testimoni della saggezza e del potere di Dio e furono “persuasi, che né la morte, né la vita, né gli angeli, né i principati, né i poteri, né le cose presenti, né le cose a venire, né l’altezza, né la profondità, né qualsiasi altra creatura” sarebbero stati in grado di separarli “dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù nostro Signore” {Romani 8: 38-39}. “In tutte queste cose”, dissero, “siamo più che vincitori per mezzo di Colui che ci ha amati” {Romani 8: 37}. “La parola del Signore dura per sempre” {1 Pietro 1: 25}. “Chi sarà colui che condanna? È Cristo che è morto, anzi, che è risorto e che è alla destra di Dio; che pure intercede per noi” {Romani 8: 34}. Il Signore dice: “Il mio popolo non si vergognerà mai” {Gioele 2: 26}. “Il pianto può durare una notte, ma la gioia viene al mattino” {Salmo 30: 5}. Quando nel giorno della risurrezione i discepoli rividero il Salvatore, con il cuore che ardeva in loro, ascoltavano le Sue parole; [350]
Quando guardavano la testa, le mani e i piedi che erano stati feriti per loro; quando, prima della Sua ascensione, Gesù li condusse fino a Betania, alzando le mani in segno di benedizione, ordinò loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo” {Marco 16: 15}, aggiungendo: “Ecco, Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente” {Matteo 28: 20}; quando nel giorno della Pentecoste, il tanto promesso Consolatore discese, fu concesso potere dall’alto e le anime entusiaste dei credenti furono consapevoli della presenza del loro Signore asceso al cielo; allora, né il sacrificio e neanche il martirio, avrebbero cambiato quel desiderio di diffondere il Vangelo della Sua grazia e di ricevere la “corona di giustizia” alla Sua venuta, per la gloria di un trono terreno, che avevano tanto desiderato nella loro prima esperienza di apostolato. “Colui che è capace di fare infinitamente al di là di quel che domandiamo o pensiamo” {Efesini 3: 20} aveva loro concesso, mediante la comunione delle sue sofferenze, la comunione della Sua gioia, la gioia di “portare molti figli alla gloria”. Una gioia indicibile, un “peso eterno di gloria”, a cui Paolo fa riferimento dicendo che “la nostra leggera afflizione, che è solo per un momento”, non è “degna di esservi paragonata”. L’esperienza dei discepoli che predicarono il “vangelo del regno” al primo avvento di Cristo ebbe la sua controparte nell’esperienza di coloro che proclamarono il messaggio del Suo secondo avvento. Come i discepoli andarono a predicare, “Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino”, così Miller ed i suoi collaboratori proclamarono che l’ultimo periodo profetico ed il più lungo presentato nella Bibbia stava per adempiersi; che il giudizio era vicino e che il regno eterno stava per essere inaugurato. La predicazione dei discepoli all’epoca si basava sulle settimane settanta di Daniele 9. Il messaggio proclamato da Miller e dai suoi collaboratori annunciava la fine dei 2300 giorni di {Daniele 8: 14}, di cui facevano parte le settanta settimane. La predicazione di ciascuno era basata sul compimento di una parte diversa dello stesso grande periodo profetico. Come i primi discepoli, anche William Miller e i suoi collaboratori non compresero a pieno l’importanza del messaggio che annunciavano. [351]
Gli errori, che da tanto tempo si erano ormai affermati nella chiesa, hanno impedito loro di arrivare ad una corretta interpretazione della profezia. Pertanto, pur proclamando il messaggio che Dio aveva loro affidato perché fosse predicato al mondo, a causa di un’errata comprensione del suo significato, soffrirono una terribile delusione. Nello spiegare {Daniele 8: 14} “Fino a duemilatrecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato” Miller, come già affermato, adottò l’idea generalmente accettata che la terra fosse il santuario, credette quindi che la purificazione del santuario rappresentasse la purificazione della terra mediante il fuoco alla venuta del Signore. Perciò quando egli scoprì che la fine dei 2300 giorni era stata preannunciata chiaramente dalla profezia, ne concluse che questa coincidesse con il tempo del secondo avvento. Il suo errore fu l’accettazione della comprensione popolare riguardante il santuario.
Nel sistema tipico, che era un’ombra del sacrificio e del sacerdozio di Cristo, la purificazione del santuario era l’ultimo servizio svolto dal sommo sacerdote nel ciclo annuale del suo ministero. Era l’opera conclusiva dell’espiazione, una rimozione o eliminazione definitiva del peccato da Israele. Essa ha prefigurato l’opera di conclusione nel ministero del nostro Sommo Sacerdote in cielo e nella rimozione o cancellazione dei peccati del Suo popolo, che sono registrati nei libri celesti. Questo servizio implica un’opera di investigazione, un’opera di giudizio; che precede immediatamente la venuta di Cristo sulle nuvole del cielo con potenza e grande gloria; perché quando viene, ogni caso è già stato deciso. Gesù dice: “La mia ricompensa è con Me, per dare a ciascuno secondo la sua opera” {Apocalisse 22: 12}. È proprio quest’opera di giudizio, che precede immediatamente il secondo avvento, annunciato nel messaggio del primo angelo di {Apocalisse 14: 7} “Temete Dio e dategli gloria; perché è giunta l’ora del Suo giudizio”. Coloro che hanno proclamato questo avvertimento hanno dato il messaggio giusto al momento giusto. [352]
Ma come i primi discepoli dichiararono: “Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino”, basato sulla profezia di Daniele 9, mentre loro non riuscirono a percepire che la morte del Messia era predetta nella stessa scrittura, allo stesso modo Miller e i suoi associati predicarono il messaggio basato su {Daniele 8:14} e {Apocalisse 14: 7}, senza riuscire a vedere che c’erano ancora altri messaggi in Apocalisse 14 che dovevano essere proclamati prima dell’avvento del Signore. Siccome i discepoli si sbagliavano riguardo al regno che sarebbe stato creato alla fine delle settanta settimane, gli Avventisti si sbagliarono riguardo all’evento che avrebbe avuto luogo alla fine dei 2300 giorni. In entrambi i casi c’era un’accettazione, o piuttosto un’adesione ad errori popolari che accecavano la mente alla verità. Entrambi i gruppi hanno adempiuto la volontà di Dio nel consegnare il messaggio che doveva essere dato, ed entrambi, attraverso lo stesso malinteso riguardante la comprensione del messaggio, ne subirono una delusione. Eppure Dio realizzò ugualmente il suo scopo benefico nel permettere che l’avvertimento del giudizio fosse dato proprio così com’era. Il grande giorno era vicino e, nella Sua provvidenza, Dio fece in modo che le persone fossero avvertite per rivelare loro ciò che era nei loro cuori. Il messaggio era stato progettato per testare e purificare la chiesa. Essa doveva vedere se i suoi affetti erano rivolti su questo mondo oppure su Cristo e sul Cielo. Hanno professato di amare il Salvatore; ora dovevano dimostrare il loro amore. Erano pronti a rinunciare alle loro speranze e ambizioni mondane per accogliere con gioia l’avvento del loro Signore? Il messaggio fu progettato per far loro discernere il loro vero stato spirituale; Dio, nella Sua misericordia, lo inviò loro per invogliarli a cercare il Signore con pentimento e umiliazione. Persino la delusione, anche se era il risultato della loro errata interpretazione del messaggio che annunciavano, era per il loro bene. Avrebbe messo alla prova i cuori di coloro che avevano professato di ricevere l’avvertimento. Di fronte alla delusione, avrebbero abbandonato avventatamente la loro esperienza e gettato via la loro fiducia nella Parola di Dio? [353]
Oppure, nella preghiera e nell’umiltà, avrebbero cercato di discernere ciò che non avevano compreso della profezia? Quanti erano stati mossi dalla paura, o dall’impulso e dall’eccitazione? Quanti erano solo in parte convinti e increduli? Moltitudini professarono di amare l’apparizione del Signore, ma se fossero stati chiamati a sopportare gli scherni e i rimproveri del mondo, che furono infatti manifestati nel tempo del ritardo della delusione, avrebbero rinunciato alla loro fede? Poiché non compresero immediatamente il piano di Dio per loro, avrebbero messo da parte le verità sostenute dalla più chiara testimonianza della Sua Parola? Questa prova avrebbe rivelato la forza di coloro che, con una vera fede, avevano obbedito a ciò che credevano essere l’insegnamento della Parola e dello Spirito di Dio. Esso inoltre avrebbe insegnato loro, come solo un’esperienza simile poteva fare, il pericolo di accettare le teorie e le interpretazioni degli uomini invece di fare della Bibbia il proprio interprete. Ai figli della fede la perplessità e il dolore derivanti dal loro errore costituivano la necessaria correzione. Sarebbero stati condotti a uno studio più attento della parola profetica. A loro sarebbe stato insegnato ad esaminare con maggiore attenzione il fondamento della loro fede e a rifiutare tutto ciò, per quanto largamente accettato dal mondo cristiano, che non fosse fondato sulle Scritture della verità. A questi credenti, come per i primi discepoli, ciò che nell’ora del giudizio appariva oscuro alla loro comprensione, in seguito sarebbe stato reso evidente. Quando avrebbero visto la “fine” che il Signore aveva loro accordato, si sarebbero resi conto che nonostante il risultato dei loro errori, i Suoi propositi d’amore verso di loro si stavano costantemente adempiendo. Avrebbero imparato, mediante quella beata esperienza, che Egli è “molto pietoso e di tenera misericordia”, che tutti i Suoi sentieri “sono misericordia e verità per coloro che osservano il Suo patto e le Sue testimonianze”. [354]
Durante la proclamazione dell’imminente avvento di Cristo, predetto nella profezia del messaggio del primo angelo di Apocalisse 14, si produsse un grande risveglio religioso. Un angelo “volava in mezzo al cielo, avendo il vangelo eterno per annunciarlo a quelli che abitano sulla terra, ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo e diceva a gran voce: Temete Dio e dategli gloria; perché è giunta l’ora del suo giudizio e adorate colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le fonti delle acque” {Apocalisse 14: 6-7}. Il fatto che un angelo sia il messaggero di questo avvertimento è significativo. Con la purezza, la gloria e il potere del messaggero celeste, la provvidenza divina ebbe il piacere di mettere in risalto il carattere dell’opera che doveva essere compiuta da questo messaggio, come pure la potenza e la gloria che dovevano parteciparvi. Il volo dell’angelo “in mezzo al cielo”, la “gran voce” con cui viene pronunciato l’avvertimento e la sua promulgazione a tutti “gli abitanti della terra, ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo” testimoniano la rapidità e la portata mondiale del movimento. Il messaggio stesso indica il momento in cui questo movimento deve manifestarsi. Infatti è dichiarato far parte del “vangelo eterno” e annuncia l’inizio del giudizio. [355]
Il messaggio della salvezza venne predicato in tutte le epoche; ma questo messaggio è una parte del Vangelo che deve essere proclamato solo negli ultimi giorni, perché solo allora sarebbe stato veritiero dire che “è giunta l’ora del suo giudizio”. Le profezie presentano una successione di eventi che portano all’apertura del giudizio. Questo viene particolarmente rivelato nel libro di Daniele. Ma il profeta fu pregato di chiudere e sigillare “fino al tempo della fine” quella parte della sua profezia che si riferiva agli ultimi giorni. Soltanto con l’inizio di questo periodo temporale si sarebbe potuto proclamare il messaggio del giudizio, basato sull’adempimento di queste profezie. Ma con l’inizio del tempo della fine, il profeta dice: “molti lo studieranno con cura e la conoscenza aumenterà” {Daniele 12: 4}. L’apostolo Paolo avvertì la chiesa di non aspettare il ritorno di Cristo nei suoi tempi. “Quel giorno non verrà”, dice, “se prima non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato l’uomo del peccato” {2 Tessalonicesi 2: 3}. Solo dopo la grande apostasia e il lungo periodo del regno dell’uomo del peccato ci si poteva aspettare l’avvento del nostro Signore. L’uomo del peccato, chiamato anche “mistero dell’iniquità”, “figlio della perdizione” e “il maligno”, rappresenta il papato, che, come predetto nella profezia, doveva esercitare il suo dominio per 1260 anni. Questo periodo terminò nel 1798. La venuta di Cristo non poteva avvenire prima di quel tempo. Paolo, con la sua dichiarazione, copre tutta la dispensazione cristiana fino all’anno 1798. È da questa data che si può annunciare il messaggio della seconda venuta di Cristo. Nessun messaggio simile è mai stato dato in epoche passate.
Paolo, come abbiamo visto, non la predicava; egli indicava ai suoi fratelli la venuta del Signore come un evento appartenente ad un futuro lontano. I riformatori non la proclamarono. Martin Lutero disse che il giudizio sarebbe avvenuto tra circa trecento anni nel futuro, avendo come punto d’inizio i suoi giorni. Ma dal 1798 il libro di Daniele venne aperto, la conoscenza delle profezie aumentò e molti proclamarono il solenne messaggio dell’imminente giudizio. [356]
Come la grande Riforma del XVI secolo, anche il movimento dell’avvento apparve contemporaneamente in diversi paesi della cristianità. In Europa e in America uomini di fede e preghiera furono condotti allo studio delle profezie e, rintracciando la documentazione ispirata, videro prove convincenti che la fine di tutte le cose era vicina. In diverse terre vi erano gruppi di cristiani isolati che, unicamente attraverso lo studio delle Scritture, arrivarono alla convinzione che l’avvento del Salvatore fosse vicino. Nel 1821, tre anni dopo che Miller era giunto alla sua conclusione sulle profezie che indicavano il momento del giudizio, il Dottor Joseph Wolff, “il missionario del mondo”, iniziò a proclamare che il Signore sarebbe arrivato presto. Wolff era nato in Germania, ma era di origine ebraica, infatti suo padre era un rabbino ebreo. Mentre era molto giovane, venne convinto della verità sulla religione cristiana. Mediante una mente attiva e indagatrice, ascoltò con attenzione le conversazioni che si svolgevano nella casa di suo padre mentre i devoti ebrei si radunavano ogni giorno per raccontare le speranze e le anticipazioni del loro popolo, la gloria del prossimo Messia e la restaurazione di Israele. Un giorno, quando sentì parlare di Gesù di Nazareth, il ragazzo chiese chi fosse. La risposta fu: “Un ebreo del più grande talento; ma siccome fingeva di essere il Messia, il tribunale ebraico lo condannò a morte”. Allora il ragazzo chiese: “Perché è stata distrutta Gerusalemme e perché siamo in esilio?”. Suo padre rispose: “Ahimè, ahimè! Perché gli ebrei hanno assassinato i profeti”. Al bambino nacque subito un pensiero: “Forse Gesù era anche lui un profeta e gli ebrei lo uccisero anche se innocente” (Viaggi e avventure del reverendo Joseph Wolff, vol. 1, p. 6). Questo suo sentimento era così forte che, sebbene gli fosse proibito entrare in una chiesa cristiana, si soffermava spesso all’esterno per ascoltare la predicazione. Quando aveva solo sette anni vantandosi con un anziano cristiano del prossimo trionfo di Israele e dell’avvento del Messia, il vecchio rispose gentilmente: “Caro ragazzo, ti dirò chi era il vero Messia: era Gesù di Nazareth… che i tuoi antenati hanno crocifisso, come fecero con i profeti dell’antichità. [357]
Vai a casa, leggi il capitolo 53 di Isaia e ti convincerai che Gesù Cristo è il Figlio di Dio” (Ibid., vol. 1, p. 7). La condanna di quelle parole si fissò subito su di lui. Andò a casa e lesse il capitolo. Non poteva credere che quella profezia su Gesù di Nazareth si fosse adempiuta in modo così perfetto. Le parole del cristiano erano vere? Il ragazzo chiese a suo padre una spiegazione sulla profezia, ma incontrò un silenzio così severo che non osò mai più riferirsi a quell’argomento. Questo, tuttavia, aumentò il suo desiderio di conoscere meglio la religione cristiana. La conoscenza che ricercava era severamente proibita nella sua casa ebraica; ma, quando ebbe solo undici anni, lasciò la casa di suo padre e andò nel mondo per ottenere da solo un’educazione, scegliere la sua religione e la sua vocazione. Per un certo periodo di tempo trovò rifugio a casa di alcuni parenti, ma fu presto cacciato da loro come apostata. Da solo e senza un soldo dovette farsi strada tra gli estranei. Andò da un posto all’altro, studiando diligentemente e mantenendosi insegnando l’ebraico.
Attraverso l’influenza di un istruttore cattolico fu portato ad accettare la fede Cattolica Romana e si formò con lo scopo di diventare un missionario per il suo popolo. Con questo obbiettivo andò, pochi anni dopo, a proseguire gli studi nel “Collegio della Propaganda” a Roma. Ma qui il suo modo di parlare con assoluta franchezza e il suo spirito indipendente, gli costarono l’accusa di eresia. Attaccò apertamente gli abusi della chiesa e sollecitò la necessità di una riforma. Sebbene in un primo momento sia stato trattato con un favore speciale dai dignitari papali, dopo un certo periodo fu allontanato da Roma. Sotto la sorveglianza della chiesa venne mandato da un posto all’altro, finché divenne evidente che non si sarebbe più potuto fare nulla per sottometterlo alla schiavitù del Sistema Cattolico. Fu dichiarato incorreggibile e fu lasciato libero di andare dove voleva. Ora si diresse verso l’Inghilterra e, professando la fede protestante, si unì alla Chiesa Anglicana. Dopo due anni di studio, nel 1821 partì per la sua missione. Mentre Wolff accettava la grande verità del primo avvento di Cristo come “un uomo di dolore, familiare con la sofferenza” {Isaia 53: 3}, vide che le profezie mostravano con uguale chiarezza il Suo secondo avvento con potenza e gloria. [358]
Mentre cercava di condurre il suo popolo a Gesù di Nazareth come il promesso Messia e di rivolgerli alla Sua prima venuta in umiliazione, come sacrificio per i peccati degli uomini, insegnò loro anche la Sua seconda venuta come Re e Liberatore. “Gesù di Nazareth, il vero Messia”, disse, “le cui mani e piedi furono trafitti, che fu portato come un agnello al massacro, uomo di dolore e familiare con la sofferenza, che venne la prima volta quando lo scettro fu preso da Giuda e il potere legislativo fu messo sotto i suoi piedi; verrà la seconda volta tra le nuvole del cielo e con la tromba dell’Arcangelo” (Joseph Wolff, Researches and Missionary Labors, pagina 62). “Egli starà sul Monte degli Ulivi; e quel dominio sul creato, che una volta fu consegnato ad Adamo e da questi perduto {Genesi 1: 26; 3: 17}, sarà dato a Gesù.
Egli sarà Re su tutta la terra. I gemiti e i lamenti della creazione cesseranno e si ascolteranno canti di lode e ringraziamenti… Quando Gesù verrà nella gloria di Suo Padre, con i santi angeli… i credenti morti risusciteranno per primi {1 Tessalonicesi 4: 16; 1 Corinzi 15: 32}. Questo è ciò che noi cristiani chiamiamo la prima risurrezione. Allora il regno animale cambierà la sua natura {Isaia 11: 6-9} essendo sottomesso a Gesù {Salmo 8} e la pace universale trionferà” (Giornale del Rev. Joseph Wolff, pagine 378, 379). “Il Signore guarderà di nuovo la terra, e dirà: Ecco, è molto buono” (Ibid., pagina 294). Wolff credeva che la venuta del Signore fosse a portata di mano. La sua interpretazione dei periodi profetici poneva il grande compimento entro pochissimi anni secondo il tempo indicato da Miller. A coloro che dichiaravano mediante le Scritture: “Di quel giorno e quell’ora nessuno li sa”, in modo tale che gli uomini non sapessero nulla riguardo alla vicinanza dell’avvento, Wolff rispose: “Il nostro Signore disse che quel giorno e quell’ora non sarebbero mai stati scoperti da nessuno? [359]
Non ci ha dato i segni dei tempi, in modo che possiamo conoscere almeno l’approccio della Sua venuta, così come si conosce anche l’avvicinarsi dell’estate dal fico che si copre di foglie? {Matteo 24: 32}. Non dovremmo noi conoscere quel periodo, dal momento che Lui stesso ci esorta non solo a leggere il profeta Daniele, ma anche a capirlo? Proprio nel libro di Daniele si dice che le parole rimarranno sigillate fino al tempo della fine (ciò era valido per la sua epoca) e che “molti correranno avanti e indietro” (un’espressione ebraica per “osservare e considerare” il tempo), “e la conoscenza” (riguardo a quel tempo) “aumenterà” {Daniele 12: 4}. Oltre a questo, il nostro Signore non intende dire che l’avvicinarsi del tempo non sarà conosciuto, ma qui dice che l’esatto “giorno e ora nessuno li sa”. Egli inoltre dice che il Suo avvenire sarà riconosciuto dai segni dei tempi, per indurci a prepararci per la Sua venuta, così come Noè preparò l’arca” (Wolff, Research and Missionary Labors, pagine 404, 405). Riguardo al sistema popolare di interpretazione, o piuttosto di fraintendimento delle Scritture, Wolff scrisse: “La maggior parte della chiesa cristiana ha deviato dal semplice senso della Scrittura e si è rivolta al sistema fantomatico dei buddisti, che credono che la felicità futura dell’umanità consisterà nel muoversi nell’aria, e supporre che quando leggono “Giudei” debbano comprendere “Gentili”; e quando leggono “Gerusalemme”, debbano capire “Chiesa”; e se si dice “Terra”, allora significa “Cielo”; e che per “la venuta del Signore” devono comprendere il “progresso delle società missionarie”; e che “salire sulla montagna della casa del Signore”, significa “un grande incontro di metodisti” (Giornale del Rev. Joseph Wolff, pagina 96). Durante i ventiquattro anni dal 1821 al 1845, Wolff viaggiò molto: in Africa, visitando l’Egitto e l’Abissinia; in Asia, attraversando la Palestina, la Siria, la Persia, il Bokhara e l’India. Visitò anche gli Stati Uniti; e mentre ci andava fece anche uno scalo predicando sull’isola di Sant’Elena. Arrivò a New York nell’agosto del 1837; e, dopo aver parlato in quella città, predicò a Filadelfia e a Baltimora ed infine procedette a Washington. [360]
Qui, disse, “riguardo alla mozione presentata dall’ex presidente, John Quincy Adams, in una delle sale del Congresso, la Camera mi concesse all’unanimità l’uso del ‘Congress Hall’ per una conferenza, che ho tenuto durante un Sabato, onorato dalla presenza di tutti i membri del Congresso, e anche dal vescovo della Virginia, del clero e dei cittadini di Washington. Lo stesso onore mi è stato concesso dai membri del governo del New Jersey e della Pennsylvania, alla cui presenza ho tenuto conferenze sulle mie ricerche in Asia e anche sul regno personale di Gesù Cristo” (Ibid., pagine 398, 399). Il Dottor Wolff viaggiò nei paesi più barbari senza la protezione di alcuna autorità europea, sopportando molte difficoltà e circondato da innumerevoli pericoli. Fu bastonato e affamato, venne venduto come schiavo e condannato a morte per ben tre volte. Fu assediato dai ladroni e, a volte, quasi perì per la sete.
Una volta venne spogliato di tutto ciò che possedeva e se ne andò a percorrere centinaia di chilometri a piedi attraverso le montagne, la neve gli batteva in faccia e i suoi piedi nudi erano intorpiditi dal contatto con il terreno ghiacciato. Quando fu messo in guardia sul fatto di non andare disarmato tra le tribù selvagge e ostili, disse di essere “fornito di armi… preghiera, zelo per Cristo e fiducia nel Suo aiuto”. “Inoltre”, aggiunse, “sono fornito dell’amore per Dio e per il mio prossimo nel cuore e la Bibbia è nella mia mano” (WHD Adams, In Perils Oft, pagina 192). Portava con sé una Bibbia in ebraico e in inglese ovunque andasse. Di uno dei suoi ultimi viaggi disse: “Io… tenevo aperta la Bibbia nella mia mano. Sentivo che il mio potere era nel Libro e che la Sua forza mi avrebbe sostenuto” (Ibid., pagina 201). Così perseverò nelle sue fatiche fino a quando il messaggio del giudizio non fu portato in gran parte del globo abitato. Tra ebrei, turchi, persiani, induisti e molte altre nazionalità e razze distribuì la Parola di Dio in queste varie lingue e dappertutto preannunciò l’avvicinarsi del regno del Messia. Nei suoi viaggi a Bokhara scoprì che la dottrina di un Signore che presto sarebbe venuto era già nota ad un popolo che abitava remoto ed isolato dagli altri del luogo. [361]
“Gli arabi dello Yemen”, disse, “sono in possesso di un libro chiamato Seera, che dà notizie della seconda venuta di Cristo e del suo regno nella gloria; essi aspettano grandi eventi riguardanti l’anno 1840” (Giornale del Rev. Joseph Wolff, pagina 377). “In Yemen… Ho trascorso sei giorni con i discendenti dei Recabiti. Non bevono vino, non piantano vigne, non seminano, vivono nelle tende e ricordano il buon vecchio Gionadab, figlio di Recab; ho trovato nel loro gruppo persino dei figli d’Israele, della tribù di Dan… che aspettano, come anche i figli di Recab, il rapido arrivo del Messia tra le nuvole del cielo” (Ibid., pagina 389). Una credenza simile venne scoperta da un altro missionario che operava tra i Tartari. Un sacerdote tartaro pose la domanda al missionario su quando sarebbe venuto il Cristo la seconda volta.
Quando il missionario rispose che non ne sapeva nulla, il prete sembrò molto sorpreso di tale ignoranza in uno che professava di essere un insegnante della Bibbia e affermò la propria convinzione, fondata sulla profezia, che Cristo sarebbe arrivato nel 1844. Già nel 1826 il messaggio dell’avvento cominciò ad essere predicato in Inghilterra. Il movimento qui non assunse una forma così definita come in America; infatti generalmente non si insegnava il tempo esatto dell’avvento, ma la grande verità dell’imminente venuta del potere e della gloria di Cristo fu ampiamente proclamata. E tutto ciò non solo tra i dissenzienti e gli anticonformisti. Mourant Brock, uno scrittore inglese, afferma che circa settecento pastori della Chiesa d’Inghilterra erano impegnati a predicare “questo vangelo del regno”. Il messaggio che indicava il 1844 come il momento della venuta del Signore venne anche proclamato in Gran Bretagna. Le pubblicazioni riguardanti l’avvento furono ampiamente diffuse dagli Stati Uniti. Libri e riviste furono ripubblicate in Inghilterra. Nel 1842 Robert Winter, un inglese di nascita, che aveva ricevuto la fede dell’avvento in America, tornò nel suo paese nativo per annunciare la venuta del Signore. Molti si unirono a lui nell’opera e il messaggio del giudizio fu proclamato in varie parti dell’Inghilterra. [362]
Nell’America del Sud, nel mezzo della barbarie e del sacerdozio, Lacunza, un gesuita spagnolo, trovò la sua strada nelle Scritture e così ricevette la verità del rapido ritorno di Cristo. Spinto a dare l’avvertimento, ma desideroso di sfuggire alle censure di Roma, pubblicò le sue opinioni sotto il falso nome di “Rabbi Ben-Ezra”, rappresentando sé stesso come un ebreo convertito. Lacunza visse nel XVIII secolo, ma fu verso il 1825 che il suo libro, giunto a Londra, fu tradotto in lingua inglese. La sua pubblicazione servì per approfondire l’interesse già risvegliato in Inghilterra sul tema del secondo avvento. In Germania la dottrina venne insegnata nel diciottesimo secolo da Bengel, un ministro nella chiesa luterana e un famoso studioso e critico biblico. Terminati gli studi, Bengel si dedicò “allo studio della teologia alla quale si sentiva portato sia dal tono grave e religioso della sua mente, sia dal suo primo insegnamento e disciplina, che lo inclinavano naturalmente”. Come altri giovani di carattere premuroso, prima e dopo, dovette lottare con dubbi e difficoltà di natura religiosa, e alluse, con molto sentimento, alle “molte frecce che hanno trafitto il suo povero cuore, e che hanno reso difficile la sua gioventù”. Diventando membro del concistoro di Württemberg, sostenne la causa della libertà religiosa. “Pur mantenendo i diritti e i privilegi della chiesa, era sostenitore di ogni ragionevole libertà accordata a coloro che si sentivano obbligati, per motivi di coscienza, a ritirarsi dalla sua comunione” (Enciclopedia Britannica, nono ed., Art. “Bengel”). Gli effetti positivi di questa politica sono ancora presenti nella sua provincia nativa. Fu durante la preparazione di un sermone su Apocalisse 21 per la “domenica dell’avvento”, che la luce della seconda venuta di Cristo irruppe nella mente di Bengel. Le profezie dell’Apocalisse furono chiare alla sua comprensione come mai prima d’ora. Sopraffatto dal senso dell’importanza stupenda e dalla superbia gloria delle scene presentate dal profeta, fu costretto a voltarsi per un momento dalla contemplazione del soggetto. [363]
Sul pulpito però, si presentò di nuovo a lui con tutta la sua vividezza e potenza. Da quel momento si dedicò allo studio delle profezie, in particolare a quelle dell’Apocalisse, e presto arrivò alla convinzione di poter indicare la venuta di Cristo il più vicino possibile. La data che fissò come il tempo del secondo avvento fu molto vicina a quella che Miller avrebbe assegnato pochissimi anni dopo. Gli scritti di Bengel vennero diffusi in tutta la cristianità. Le sue opinioni sulla profezia vennero generalmente ricevute nella sua regione del Württemberg, e in una certa misura in altre parti della Germania. Il movimento continuò anche dopo la sua morte e il messaggio dell’avvento venne ascoltato in Germania nello stesso momento in cui stava attirando l’attenzione in altre terre. All’inizio alcuni dei credenti andarono in Russia e lì formarono colonie, in questo modo la fede del Cristo che sta per venire venne detenuta dalle chiese tedesche di quel paese. La luce brillava anche in Francia e in Svizzera.
A Ginevra, dove Farel e Calvino avevano diffuso la verità della Riforma, Gaussen predicò il messaggio del secondo avvento. Mentre era studente a scuola, Gaussen aveva incontrato quello spirito di razionalismo che pervadeva tutta l’Europa durante l’ultima parte del XVIII e l’inizio del XIX secolo; quando entrò nel ministero non solo ignorava la vera fede, ma era incline allo scetticismo. In gioventù però si interessò allo studio della profezia.
Dopo aver letto la storia antica di Rollin, la sua attenzione fu richiamata al secondo capitolo di Daniele, ed egli fu colpito dalla meravigliosa esattezza con cui la profezia si era adempiuta, così come si vede nella cronaca dello storico. Qui vi era una testimonianza inconfutabile dell’ispirazione delle Scritture, che gli apparve come una vera àncora in mezzo ai pericoli degli ultimi tempi. Non poteva essere soddisfatto degli insegnamenti del razionalismo e studiando la Bibbia e cercando una luce più chiara, dopo un po’, fu portato ad ottenere una fede salda. Mentre proseguiva nelle sue indagini sulle profezie, arrivò alla convinzione che la venuta del Signore fosse imminente. [364]
Colpito dalla solennità e dall’importanza di questa grande verità, desiderava portarla davanti al popolo; ma la credenza popolare secondo cui le profezie di Daniele sono misteri e non possono essere comprese fu un serio ostacolo sulla sua strada. Alla fine decise – come Farel aveva fatto prima di lui nell’evangelizzare Ginevra – di iniziare con i bambini, attraverso i quali sperava di arrivare ai genitori. “Desidero che questa verità sia compresa”, disse successivamente parlando dello scopo riguardante quest’impresa, “non per la sua scarsa importanza, ma al contrario, per il suo grande valore, che ho voluto presentarla in questa semplice forma ed è questo il motivo per il quale l’ho indirizzata ai bambini. Desideravo essere ascoltato e temevo di non essere preso in considerazione se prima mi fossi rivolto ai più grandi. Decisi quindi di andare dai più giovani. Allora dissi: raccoglierò un pubblico di bambini, se poi il gruppo si allarga, se vedo che ascoltano, che sono contenti e interessati, che capiscono e che sono in grado di spiegare l’argomento, allora sarò sicuro di avere presto una seconda cerchia e, a loro volta, gli adulti vedranno che vale la pena per loro di sedersi e studiare. Quando questo verrà fatto, la causa sarà vinta” (L. Gaussen, Daniele il profeta, vol. 2, prefazione). Lo sforzo ebbe successo. Mentre si rivolgeva ai bambini, le persone più anziane venivano ad ascoltare. Le gallerie della sua chiesa erano piene di ascoltatori attenti. Tra loro c’erano uomini di alto grado e cultura e anche stranieri in visita a Ginevra; così il messaggio fu portato anche altrove. Incoraggiato da questo successo, Gaussen pubblicò le sue lezioni, con la speranza di promuovere lo studio dei libri profetici nelle chiese dei francofoni. “Pubblicare le istruzioni impartite ai bambini”, disse Gaussen, “significa dire agli adulti, che troppo spesso trascurano tali libri con la falsa pretesa di essere incomprensibili; come possono essere incomprensibili, dal momento che i tuoi bambini li capiscono?”. “Avevo un grande desiderio”, aggiunse, “di infondere una conoscenza delle profezie nei nostri greggi, se fosse stato possibile. Non esiste studio, infatti, che possa rispondere meglio alle esigenze del momento. È con questo che dobbiamo prepararci per l’imminente tribolazione, nell’attesa vigilante di Gesù Cristo”. [365]
Sebbene fosse uno dei più illustri e amati predicatori della lingua francese, Gaussen dopo un po’ venne sospeso dal ministero; il suo principale reato fu quello di aver utilizzato al posto del catechismo della chiesa, ovvero un manuale razionale e insensibile quasi privo di fede positiva, la Bibbia per dare istruzioni ai giovani. In seguito divenne insegnante in una scuola teologica, mentre di domenica continuava il suo lavoro di catechista, rivolgendosi ai bambini e istruendoli nelle Scritture. Anche le sue pubblicazioni sulle profezie suscitarono molto interesse. Dalla cattedra del professore, attraverso la stampa, e nella sua occupazione preferita come insegnante di bambini, continuò per molti anni ad esercitare una vasta influenza e fu determinante nel richiamare l’attenzione di molti sullo studio delle profezie che mostravano l’avvento del Signore come imminente. Anche in Scandinavia venne proclamato il messaggio dell’avvento, dove si accese un vasto interesse. Molti furono svegliati dalla loro incurante sicurezza nel confessare e abbandonare i loro peccati e cercare perdono nel nome di Cristo. Ma il clero della chiesa di stato si oppose al movimento e attraverso la loro influenza alcuni che predicarono il messaggio furono gettati in prigione. In molti luoghi, dove i predicatori del Signore erano stati ridotti in questo modo al silenzio, Dio fu lieto di inviare il messaggio, in modo miracoloso, attraverso i piccoli bambini. Poiché erano minorenni, la legge dello stato non poteva trattenerli e fu loro permesso di parlare indisturbati. Il movimento si era sviluppato principalmente nella classe inferiore, ed era nelle umili dimore dei lavoratori che il popolo si radunava per ascoltare l’avvertimento. I bambini-predicatori stessi erano per lo più poveri contadini. Alcuni di loro non avevano più di sei o otto anni; e mentre le loro vite testimoniavano che amavano il Salvatore e cercavano di vivere in obbedienza alle sacre esigenze di Dio, di solito manifestavano solo un’intelligenza e una capacità generalmente possedute dai ragazzi della loro età. [366]
Tuttavia, quando si trovavano di fronte al popolo, era evidente che fossero mossi da un’influenza che andava oltre i propri doni naturali. Il tono e la maniera cambiarono e con un potere solenne diedero l’avvertimento del giudizio, usando le stesse parole della Scrittura: “Temete Dio e dategli gloria; perché l’ora del Suo giudizio è venuta” {Apocalisse 14: 7}. Rimproverarono i peccati del popolo, non solo condannando l’immoralità e il vizio, ma rimproverando la mondanità e il traviamento, e avvertendo i loro ascoltatori di affrettarsi a fuggire dall’ira a venire. La gente sentì il messaggio con tremore. Lo Spirito di Dio parlava con convinzione ai loro cuori. Molti furono portati ad avere un interesse nuovo e più profondo delle Scritture, gli intemperanti e immorali furono riformati, altri abbandonarono le loro pratiche disoneste e un’opera fu fatta in modo tale che persino i pastori della chiesa di stato furono costretti a riconoscere che la mano di Dio guidava questo movimento. Era secondo la volontà di Dio che le notizie della venuta del Salvatore venissero proclamate nei paesi scandinavi; quando le voci dei Suoi servi furono messe a tacere, riversò il Suo Spirito sui bambini, affinché il lavoro potesse essere compiuto. Quando Gesù si avvicinò a Gerusalemme assistito dalle moltitudini esultanti che, con grida di trionfo e l’ondeggiare di rami di palma, lo preannunciavano come il Figlio di Davide, i farisei gelosi Lo invitavano a zittirli; ma Gesù rispose che tutto ciò stava adempiendo la profezia e che se questi fossero rimasti in silenzio, le stesse pietre avrebbero gridato. Il popolo, intimidito dalle minacce dei sacerdoti e dei governanti, cessò il loro gioioso annuncio mentre entravano nelle porte di Gerusalemme; ma i bambini nelle corti del tempio dopo aver ripetuto il ritornello e aver agitato i rami di palma, gridarono: “Osanna al Figlio di Davide!” {Matteo 21: 8-16}. Quando i Farisei, dolorosamente irritati, gli chiesero: “Ascolti ciò che questi dicono?”. Gesù rispose: “Sì; non hai mai letto, dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto le lodi?” {Matteo 21: 16}. [367]
Come Dio ha operato attraverso i bambini al tempo del primo avvento di Cristo, così Egli ha operato attraverso di loro nel dare il messaggio del Suo secondo avvento. La parola di Dio deve essere adempiuta, affinché la proclamazione della venuta del Salvatore sia data a tutti i popoli, lingue e nazioni. A William Miller e ai suoi collaboratori fu dato di predicare l’avvertimento in America. Questo paese divenne il centro del grande movimento dell’avvento. Fu qui che la profezia del messaggio del primo angelo ebbe la sua più completa realizzazione. Gli scritti di Miller e dei suoi associati furono trasmessi in terre lontane.
Ovunque i missionari fossero penetrati nel mondo, furono inviate le liete novelle del rapido ritorno di Cristo. Vicino e lontano echeggiò il messaggio del vangelo eterno: “Temete Dio e dategli gloria; perché l’ora del Suo giudizio è venuta” {Apocalisse 14: 7}. La testimonianza delle profezie che sembrava indicare la venuta di Cristo nella primavera del 1844 assunse una profonda presa sulle menti del popolo. Mentre il messaggio passava da uno stato all’altro, vi era ovunque un vivo e profondo interesse. Molti erano convinti che gli argomenti dei periodi profetici fossero corretti e, sacrificando la loro superbia d’opinione, essi ricevettero gioiosamente la verità. Alcuni pastori misero da parte le loro opinioni e sentimenti settari, abbandonarono i loro stipendi e le loro chiese, si unirono per proclamare la venuta di Gesù. C’erano tuttavia pochi pastori che avrebbero accettato questo messaggio; quindi venne in gran parte dedicato agli umili laici. Gli agricoltori lasciavano i loro campi, i meccanici i loro attrezzi, i commercianti le loro merci, gli uomini di professione le loro posizioni; eppure il numero di lavoratori era piccolo rispetto al lavoro da compiere. La condizione di una chiesa peccatrice e di un mondo che giace nella malvagità, opprimeva le anime delle vere sentinelle e, sopportando volontariamente la fatica, la privazione e la sofferenza, chiamarono gli uomini al pentimento per ottenere la salvezza. Sebbene opposta da Satana, l’opera procedette speditamente e la verità dell’avvento fu accettata da molte migliaia. [368]
Ovunque è stata ascoltata la testimonianza che avvertiva i peccatori, sia del mondo che della chiesa, di fuggire dall’ira a venire. Come Giovanni il Battista, il precursore di Cristo, i predicatori hanno posto l’ascia alla radice dell’albero e hanno esortato tutti a produrre frutti per il pentimento. I loro stimolanti appelli erano in netto contrasto con le dichiarazioni di pace e sicurezza che venivano ascoltate dai pulpiti popolari; ovunque il messaggio veniva proclamato, esso smuoveva le persone. La semplice e diretta testimonianza delle Scritture, preparata dal potere dello Spirito Santo, portò un peso di convinzione che solo pochi furono in grado di resistere interamente. I professori di religione vennero destati dalla loro falsa sicurezza. Videro la loro rovina, la loro mondanità e incredulità, il loro orgoglio e il loro egoismo. Molti cercarono il Signore con pentimento e umiliazione. Gli affetti che erano rimasti così a lungo attaccati alle cose terrene, ora fissavano il cielo. Lo Spirito di Dio si posò su di loro e, mediante i loro cuori addolciti e sommessi, si unirono per proclamare il grido: “Temete Dio e dategli gloria; perché l’ora del Suo giudizio è venuta” {Apocalisse 14: 7}. I peccatori chiedevano piangendo: “Che cosa devo fare per essere salvato?”. Coloro le cui vite erano state segnate dalla disonestà ora erano ansiosi di effettuare una riforma. Tutti quelli che trovavano pace in Cristo desideravano vedere gli altri condividere la stessa benedizione. I cuori dei genitori erano rivolti ai loro figli e il cuore dei figli ai loro genitori. Le barriere dell’orgoglio e del riserbo furono spazzate via. Furono fatte delle sentite confessioni e i membri della famiglia operavano per la salvezza di coloro che erano più vicini e più cari. Spesso si sentiva il suono della sincera intercessione.
Ovunque vi erano anime in profonda angoscia che imploravano Dio. Molti hanno lottato tutta la notte in preghiera per la certezza che i propri peccati fossero stati perdonati, o per la conversione dei loro parenti e dei loro vicini. Alle riunioni degli Avventisti partecipavano tutte le classi sociale: ricchi e poveri, grandi e piccoli, erano, per varie cause, ansiosi di ascoltare personalmente la dottrina del secondo avvento. Il Signore ha tenuto sotto controllo lo spirito di opposizione mentre i Suoi servi spiegavano le ragioni della loro fede. [369]
A volte lo strumento era debole; ma lo Spirito di Dio dava potere alla Sua verità. La presenza dei santi angeli venne avvertita in queste assemblee e molti furono aggiunti ogni giorno al numero dei credenti. Mentre venivano ripetute le prove della venuta di Cristo, vaste folle ascoltavano in silenzio, col fiato sospeso, le solenni parole. Il cielo e la terra sembravano avvicinarsi l’un l’altro. Il potere di Dio era manifestato su vecchi, giovani e di mezza età.
Gli uomini riempivano le loro case con lodi sulle loro labbra e il lieto suono risuonava nell’aria tranquilla della notte. Nessuno che abbia partecipato a quegli incontri potrà mai dimenticare quelle scene di profondo interesse. La proclamazione di un tempo definito per la venuta di Cristo suscitò una grande opposizione da parte di molte classi, dal pastore sul pulpito fino al più spericolato e temerario peccatore. Le parole della profezia si adempirono: “Arriveranno negli ultimi giorni degli schernitori, che cammineranno secondo le loro concupiscenze e diranno: Dov’è la promessa della sua venuta? Perché dal giorno in cui i vostri padri si sono addormentati, tutte le cose continuano come erano dal principio della creazione?” {2 Pietro 3: 3-4}. Molti che hanno professato di amare il Salvatore, hanno dichiarato di non avere opposizione alla dottrina del secondo avvento; si sono semplicemente opposti al tempo definito. Ma l’occhio onniveggente di Dio leggeva i loro cuori. Non desideravano saperne della venuta di Cristo per giudicare il mondo con rettitudine. Erano servi infedeli, le loro opere non potevano sopportare il vaglio da parte di un Dio che scruta i cuori e temevano di incontrare il loro Signore. Come gli ebrei al tempo del primo avvento di Cristo, non erano preparati ad accogliere Gesù. Non solo rifiutarono di ascoltare i semplici argomenti della Bibbia, ma ridicolizzarono quelli che stavano cercando il Signore. Satana e i suoi angeli esultavano e accusavano il Cristo, con i Suoi angeli, di avere un popolo che dimostrava di non desiderare il Suo ritorno. “Nessun uomo conosce il giorno e l’ora” era l’argomento che più spesso veniva portato avanti da coloro che respingevano la fede dell’avvento. La Scrittura dice: “Quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, ma solo il Padre mio” {Matteo 24: 36}. [370]
Una spiegazione chiara e armoniosa di questo testo è stata data da coloro che aspettavano il Signore, mettendo in evidenza l’uso sbagliato impiegato dai loro avversari. Le parole furono pronunciate da Cristo in quella memorabile conversazione con i Suoi discepoli sul monte degli Olivi, dopo che per l’ultima volta uscì dal tempio.
I discepoli avevano posto la domanda: “Quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo?” {Matteo 24: 3} e Gesù diede loro dei segni e disse: “Quando vedrete tutte queste cose, sappiate che Egli è vicino, proprio alle porte” {Matteo 24: 33}. Una frase del Salvatore non può essere usata per distruggerne un’altra. Sebbene nessun uomo conosca il giorno né l’ora della Sua venuta, noi abbiamo bisogno di essere istruiti e di sapere quando Egli è vicino. Ci viene inoltre insegnato che ignorare il Suo avvertimento e rifiutare o trascurare di sapere quando il Suo avvento è vicino, sarà fatale per noi come lo fu per coloro che vissero ai tempi di Noè, non sapendo quando sarebbe arrivato il diluvio. La parabola nello stesso capitolo, che parla del contrasto fra il servo fedele ed infedele, mette in evidenza la sorte di chi dice in cuor suo: “il mio Signore tarda la sua venuta”, mostrando così in quale luce Cristo considererà e ricompenserà coloro che trova vegliando e insegnando la Sua venuta e quelli che la negano. “Vegliate quindi”, dice; “beato quel servo, che il suo Signore, quando verrà, troverà così occupato” {Matteo 24: 42, 46}. “Se dunque non veglierai, io verrò su di te come un ladro e tu non saprai a che ora verrò su di te” {Apocalisse 3: 3}. Paolo parla di una classe per la quale l’apparizione del Signore verrà inavvertitamente. “Il giorno del Signore verrà come viene un ladro nella notte. Quando diranno: Pace e sicurezza, allora di subito una improvvisa rovina verrà loro addosso… e non scamperanno affatto”. Ma aggiunge a coloro che hanno prestato attenzione all’avvertimento del Salvatore: “Ma voi fratelli, non siete nelle tenebre, sì che quel giorno abbia a cogliervi a guisa di ladro; poiché voi tutti siete figli di luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre” {1 Tessalonicesi 5: 2-5}. [371]
Così è stato dimostrato che la Scrittura non autorizza gli uomini a rimanere nell’ignoranza riguardo alla vicinanza dell’avvento di Cristo. Ma quelli che desideravano solo una scusa per rifiutare la verità chiusero le loro orecchie a questa spiegazione e le parole: “nessuno conosce il giorno e l’ora”, continuarono ad essere echeggiate dallo spavaldo all’audace, fino al professo pastore di Cristo. Mentre la gente veniva svegliata e iniziava a indagare sulla via della salvezza, gli insegnanti religiosi si intromettevano tra loro e la verità, cercando di placare le loro paure interpretando falsamente la Parola di Dio. Guardie infedeli si unirono nell’opera del grande ingannatore, gridando: “pace, pace, quando Dio non aveva parlato di pace”. Come i farisei ai tempi di Cristo, molti di loro rifiutarono di entrare nel regno dei cieli e quelli che desideravano entrare venivano ostacolati da essi. Il sangue di queste anime sarà richiesto dalle loro mani. I più umili e devoti nelle chiese erano di solito i primi a ricevere il messaggio. Coloro che studiavano la Bibbia da soli non potevano fare a meno di notare il carattere non-scritturale delle idee popolari riguardanti le profezie; se la gente non si lasciava dominare dall’influsso del clero e studiava la Parola di Dio, la dottrina dell’avvento, esaminata alla luce delle Scritture, risultava convalidata dall’autorità divina. Molti vennero perseguitati dai loro fratelli increduli. Per mantenere la loro posizione nella chiesa, alcuni acconsentirono a tacere riguardo alla loro speranza; mentre altri sentivano che la lealtà verso Dio proibiva loro di nascondere le verità che aveva affidato alla loro fiducia.
Non pochi furono esclusi dalla comunione della chiesa per la semplice motivazione di voler esprimere la loro fede nella venuta di Cristo. Molto preziose, per coloro che hanno sopportato questa prova della loro fede, sono state le parole del profeta: “I tuoi fratelli che ti odiavano, che ti hanno cacciato per causa del mio nome, dissero: Si mostri il Signore nella Sua gloria; affinché possiamo vedere la vostra gioia! Ma essi saranno confusi” {Isaia 66: 5}. Gli angeli di Dio stavano osservando con il più profondo interesse il risultato dell’avvertimento. [372]
Quando ci fu un rifiuto generale del messaggio da parte delle chiese, gli angeli si allontanarono con tristezza. Ma c’erano molti che non erano ancora stati testati riguardo alla verità dell’avvento. Molti furono tratti in inganno da mariti, mogli, genitori o figli e gli venne fatto credere che fosse un peccato persino ascoltare quelle eresie insegnate dagli Avventisti. Gli angeli erano invitati a sorvegliare con cura queste anime, perché altra luce doveva ancora splendere su di loro dal trono di Dio. Coloro che avevano ricevuto il messaggio vegliavano con un desiderio indicibile per la venuta del loro Salvatore. Il momento in cui ci si aspettava di incontrarlo era vicino. Si avvicinarono a quest’ora con una solenne calma. Si riposarono in dolce comunione con Dio e con la sincera pace che sarebbe stata loro data nella luminosa vita futura. Nessuno che abbia sperimentato questa speranza e questa fiducia può dimenticare quelle preziose ore di attesa. Per alcune settimane prima del tempo, gli affari mondani furono per la maggior parte messi da parte. I sinceri credenti esaminavano con cura ogni pensiero e ogni emozione dei propri cuori come se si trovassero in punto di morte.
Non c’era alcuna produzione di “abiti per l’ascensione” (la storia che gli avventisti si fossero cuciti degli abiti da indossare per “incontrare il Signore nell’aria” fu inventata da quanti intendevano denigrare il messaggio avventista. Fu diffusa con tanta abilità che molti ci credettero. Però un’accurata indagine ne dimostrò la falsità); tutti sentivano il bisogno di sentirsi pronti per incontrare il proprio Salvatore; le loro bianche vesti erano la purezza del carattere dell’anima purificata dal peccato nel sangue espiatorio di Cristo. Voglia Dio che ancora oggi, coloro che si professano Suo popolo, abbiano lo stesso desiderio di esaminare la propria coscienza, lo stesso fervore e la stessa fede! Se avessero continuato così ad umiliarsi dinanzi al Signore e a pregare, avrebbero ottenuto un’esperienza molto più ricca di quella che hanno ora. C’è troppo poca preghiera, troppo poca convinzione reale del peccato e la mancanza di fede vivente priva molti di quella grazia così riccamente fornita dal nostro Redentore. Dio ha voluto mettere alla prova il Suo popolo. La Sua mano copriva un errore nell’adempimento dei periodi profetici. [373]
Gli Avventisti non scoprirono l’errore, né venne scoperto dal più esperto dei loro avversari. Quest’ultimo disse: “La vostra stima dei periodi profetici è corretta. Qualche grande evento sta per avere luogo; ma non è quello che predice il signor Miller; è la conversione del mondo e non il secondo avvento di Cristo”. Il tempo dell’attesa passò e Cristo non apparve per la liberazione del Suo popolo. Coloro che con sincera fede e amore avevano aspettato il loro Salvatore, provarono un’amara delusione. Eppure gli scopi di Dio erano compiuti; stava mettendo alla prova i cuori di coloro che professavano di aspettare il Suo apparire. Tra loro c’erano molti che non erano stati attivati da un motivo più alto della paura. La loro professione di fede non aveva influenzato il loro cuore o la loro vita. Quando l’evento tanto atteso non ebbe luogo, queste persone dichiararono di non essere state deluse; poiché non avevano mai creduto che Cristo sarebbe venuto. Sono stati tra i primi a mettere in ridicolo il dolore dei veri credenti. Ma Gesù e tutta la schiera celeste guardarono con amore e simpatia coloro che furono provati e che rimasero fedeli, ma delusi. Se il velo che separa il mondo visibile fosse stato spazzato via, gli angeli sarebbero stati visti avvicinarsi a queste anime risolute per proteggerle dagli attacchi di Satana. [374]
Nel predicare la dottrina del secondo avvento, William Miller e i suoi associati avevano lavorato con l’unico scopo di suscitare negli uomini la preparazione per il giudizio. Avevano cercato di risvegliare coloro che si professavano avere una religione alla vera speranza della chiesa e al loro bisogno di una più profonda esperienza cristiana; essi lavorarono anche per risvegliare i non convertiti al dovere dell’immediato pentimento e della conversione a Dio. “Non fecero alcun tentativo di convertire uomini in una setta o in un gruppo religioso. Perciò poterono lavorare tra tutti i gruppi e le sette, senza però interferire con la loro organizzazione o disciplina”. “In tutte le mie fatiche”, disse Miller, “non ho mai avuto il desiderio o il pensiero di stabilire un interesse separato da quello delle denominazioni esistenti o di avvantaggiarne una a scapito dell’altra. Ho pensato di darne un beneficio a tutte. Supponendo che tutti i cristiani si rallegrassero nella prospettiva della venuta di Cristo, credendo che quelli che non vedevano le cose come io le vedevo non avrebbero interferito con la proclamazione di questa dottrina, non pensavo che ci sarebbe mai stata alcuna necessità di avere riunioni separate. Il mio unico scopo era mosso dal desiderio di convertire le anime a Dio, di comunicare al mondo un giudizio in arrivo e di indurre i miei simili a fare quella preparazione del cuore che consenta loro di incontrare il loro Dio in pace. La grande maggioranza di coloro che si convertirono sotto il mio lavoro si unì alle varie chiese già esistenti” (Beatitudine, pagina 328). [375]
Poiché il suo lavoro tendeva a consolidare le chiese, per un certo periodo fu considerato con favore. Ma come i pastori e i leader religiosi decisero di schierarsi contro la dottrina dell’avvento, desiderarono sopprimere ogni eventuale reazione legata al soggetto, non solo si opposero dal pulpito, ma negarono ai loro membri il privilegio di frequentare quei luoghi dove avveniva la predicazione del secondo avvento, o anche solo di parlarne durante gli incontri sociali della chiesa. Così i credenti si trovarono in una posizione di grande prova e perplessità. Amavano le loro chiese ed erano riluttanti a separarsi da esse; ma quando videro la testimonianza della Parola di Dio soppressa e il loro diritto di indagare sulle profezie, la lealtà verso Dio proibiva loro di sottomettersi. Coloro che cercavano di escludere la testimonianza della Parola di Dio non potevano considerarli come componenti della chiesa di Cristo, “la colonna e il fondamento della verità” {1 Timoteo 3: 15}. Quindi loro si sentirono giustificati nel separarsi dalla loro precedente connessione. Nell’estate del 1844 circa cinquantamila si ritirarono dalle chiese. In quel periodo, un notevole cambiamento fu evidente nella maggior parte delle chiese degli Stati Uniti. Vi era stata per molti anni una conformità graduale ma in costante aumento alle pratiche e alle usanze mondane e un corrispondente declino nella vita spirituale reale; ma in quell’anno ci furono prove di un improvviso e marcato cambiamento in quasi tutte le chiese del paese. Mentre nessuno sembrava in grado di capirne la causa, il fatto stesso fu ampiamente notato e commentato sia dalla stampa che dal pulpito. Durante una riunione del sinodo di Filadelfia, il signor Barnes, autore di un commento ampiamente divulgato e pastore di una delle principali chiese di quella città, “affermò di essere stato nel ministero per vent’anni, e mai, fino all’ultima Comunione, aveva amministrato l’ordinanza senza ricevere membri nuovi nella chiesa. Ma ora non ci sono risvegli, né conversioni, né molta apparente crescita nella grazia nei confronti di chi si ritiene cristiano, e nessuno viene nel suo studio per parlare della salvezza delle loro anime. [376]
Con l’aumento degli affari e le prospettive illuminanti del commercio e della manifattura, vi è un aumento della mondanità. Così è in tutte le denominazioni” (Congregational Journal, 23 maggio 1844). Nel mese di febbraio dello stesso anno, il professor Finney dell’Oberlin College disse: “Ci siamo resi conto, che, in generale, le chiese protestanti del nostro paese, in quanto tali, erano o apatiche o ostili a quasi tutte le riforme morali dell’epoca. Ci sono eccezioni parziali, ma non abbastanza da confermarle come regola. Abbiamo anche un altro elemento importante: l’assenza quasi universale di risveglio nelle chiese. L’apatia spirituale è quasi onnipresente ed è spaventosamente profonda; così riporta la stampa religiosa di tutta la nazione… In modo esteso, i membri della chiesa stanno diventando devoti della moda, uniscono le mani agli empi nelle feste di piacere, nella danza, nelle feste, ecc… Ad ogni modo non abbiamo bisogno di dilungarci su questo argomento doloroso. Basti pensare, e ciò diventa sempre più sconvolgente ed evidente, che le chiese generalmente stanno tristemente degenerando. Sono andati molto lontano dal Signore e Lui si è ritirato da loro”. Uno scrittore nel Religious Telescope testimoniò: “Non abbiamo mai assistito a un tale declino generale della religione come al presente. In verità, la chiesa dovrebbe svegliarsi e cercare la causa di questa afflizione; perché per tutti quelli che amano Sion questa situazione è catastrofica. Quando richiamiamo alla mente i pochi e lontani casi di vera conversione e alla durezza quasi ineguagliabili dei peccatori, quasi esclamiamo involontariamente: “Dio ha dimenticato di essere misericordioso? Oppure, la porta della grazia è stata chiusa?”. Tale condizione, non sarebbe esistita senza una causa che si ritrova proprio nella chiesa stessa. L’oscurità spirituale che scende sulle nazioni, sulle chiese e sugli individui, è dovuta non a un arbitrario ritiro dei soccorsi della grazia divina da parte di Dio, ma alla trascuratezza o al rifiuto della luce divina da parte degli uomini. [377]
Una straordinaria illustrazione di questa verità è presentata nella storia del popolo ebraico al tempo di Cristo. Con la loro devozione al mondo e la loro trascuratezza di Dio e della Sua Parola, la loro comprensione si era oscurata e i loro cuori divennero terreni e sensuali. Così erano nell’ignoranza riguardo all’avvento del Messia, e nel loro orgoglio e incredulità respinsero il Redentore. Dio non ha nemmeno tolto alla nazione ebraica la conoscenza o la partecipazione alle benedizioni della salvezza, ma quelli che hanno respinto la verità hanno perso ogni desiderio di ricevere il dono del Cielo. Avevano mutato “l’oscurità in luce e la luce in oscurità”, fino al punto in cui la luce che era stata data loro diventò oscurità; e quanto era grande quell’oscurità! Si adattarono alla politica di Satana, secondo cui gli uomini avrebbero dovuto mantenere le loro forme di religione senza quello spirito di pietà vitale della spiritualità. Dopo il loro rifiuto del Vangelo, gli ebrei hanno continuato con zelo a mantenere i loro antichi riti, hanno rigorosamente preservato la loro esclusività come nazione scelta, mentre loro stessi ammettevano che la presenza di Dio non si manifestava più tra loro. La profezia di Daniele indicava in modo inequivocabile il momento della venuta del Messia, e predisse così anche la Sua morte, ma scoraggiandone lo studio, alla fine i rabbini pronunciarono una maledizione su tutti coloro che avrebbero tentato un calcolo dei tempi della profezia. Nella loro cecità e nella loro impenitenza il popolo di Israele durante i secoli successivi diventò indifferente al dono della salvezza, senza curarsi delle benedizioni del Vangelo, diventarono un solenne e spaventoso esempio del pericolo di rifiutare la luce che viene dal Cielo. Ovunque esista una stessa causa, seguiranno gli stessi risultati. Colui che rinuncia deliberatamente alle sue convinzioni, perché interferiscono con le sue inclinazioni e passioni, finirà per perdere il potere di distinguere la verità dall’errore. La comprensione diventa oscurata, la coscienza insensibile, il cuore indurito e l’anima separata da Dio. Dove il messaggio della verità divina viene respinto o trascurato, la chiesa sarà avvolta nell’oscurità; [378]
La fede e l’amore si raffredderanno, mentre l’estraniamento e il dissenso entreranno a farne parte. I membri della Chiesa concentrano i loro interessi e le loro energie nelle attività mondane, e i peccatori diventano induriti nella loro impenitenza. Il messaggio del primo angelo di Apocalisse 14, che annunciava l’ora del giudizio di Dio e invocava gli uomini a temerlo e adorarlo, fu progettato per separare colui che si professa essere un fedele di Dio dalle influenze corruttrici del mondo e per svegliarlo nel vedere la loro vera condizione di mondanità e apostasia. In questo messaggio, Dio ha inviato alla chiesa un avvertimento che, se fosse stato accettato, avrebbe corretto i mali che la stavano allontanando da Lui. Se avessero ricevuto il messaggio dal Cielo, umiliando i loro cuori davanti al Signore e cercando sinceramente una preparazione per poter stare davanti alla Sua presenza, lo Spirito e il potere di Dio si sarebbero manifestati tra loro. La chiesa avrebbe di nuovo raggiunto quel benedetto stato di unità, fede e amore che esisteva nei giorni apostolici, quando i credenti “erano d’un sol cuore e di un’anima sola” e “proclamavano la parola di Dio con audacia”, mentre “il Signore aggiungeva al loro numero ogni giorno quelli che venivano salvati” {Atti 4: 31-32; 2: 47}.
Se le persone che professano Dio avessero accettato la luce che risplendeva su di loro dalla Sua Parola, avrebbero raggiunto quell’unità per cui Cristo pregava, ciò che l’apostolo descrive come “l’unità dello Spirito nel vincolo della pace”. Egli dice: “C’è un solo corpo e un solo Spirito, proprio come voi siete stato chiamati a un’unica speranza; V’è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo” {Efesini 4: 3-5}. Tali furono i benedetti risultati raggiunti da coloro che accettarono il messaggio dell’avvento. Provenivano da diverse denominazioni e le loro barriere denominazionali vennero abbattute; e credi contrastanti erano stati eliminati. La speranza non biblica di un millennio temporale fu abbandonata e vennero corrette le false visioni del secondo avvento. L’orgoglio e la conformità al mondo vennero spazzati via; i torti erano stati riparati e i cuori erano uniti nella più dolce comunione, e l’amore e la gioia regnavano sovrani. [379]
Se questo insegnamento produsse effetti così positivi su quei pochi che l’accettarono, avrebbe fatto sicuramente lo stesso per tutti gli altri se l’avessero ricevuto. Ma le chiese generalmente non accettavano l’avvertimento. I loro pastori, che come “sentinelle della casa d’Israele” avrebbero dovuto essere i primi a discernere i segni della venuta di Gesù, non avevano imparato la verità né dalla testimonianza dei profeti né dai segni dei tempi. Mentre le speranze e le ambizioni mondane riempivano il cuore, l’amore per Dio e la fede nella Sua Parola si erano raffreddati; e quando fu presentata la dottrina dell’avvento, suscitò solo pregiudizi e incredulità. Il fatto che il messaggio fosse, in larga misura, predicato dai membri laici, fu esortato come strumento contro di esso. Come già successo in passato, la testimonianza della Parola di Dio fu accolta con la domanda: “Qualcuno dei governanti o dei Farisei ci crede?”. Ed essendo consapevoli di quanto fosse difficile il compito di confutare gli argomenti presentati mediante i periodi profetici, molti scoraggiarono lo studio delle profezie, insegnando che i libri profetici erano sigillati e non dovevano essere compresi. Molti, confidando nei loro pastori, si rifiutarono di ascoltare l’avvertimento; e altri, benché convinti della verità, non osarono proclamarla, perché non volevano essere “espulsi dalla sinagoga”. Il messaggio che Dio aveva inviato per provare e purificare la chiesa rivelò fin troppo bene quanto fosse grande il numero di coloro che avevano impostato i loro affetti su questo mondo piuttosto che su Cristo. I legami con i quali erano legati alla terra erano molto più forti di quelli che gli attraevano al cielo. Scelsero quindi di ascoltare la voce della saggezza umana e si allontanarono dal messaggio della verità, assecondando così il loro cuore. Rifiutando l’avvertimento del primo angelo, respinsero i mezzi che il Cielo aveva previsto per la loro restaurazione. Respinsero il grazioso messaggero che avrebbe corretto i mali che li separavano da Dio, e con maggiore entusiasmo si voltarono per cercare l’amicizia del mondo. Questa era la causa di quella terribile condizione di mondanità, arretramento e morte spirituale che esisteva nelle chiese nel 1844. [380]
In Apocalisse 14 il primo angelo è seguito da una seconda proclamazione: “Caduta, caduta è Babilonia, la grande, perché ha fatto bere a tutte le nazioni il vino dell’ira della sua fornicazione” {Apocalisse 14: 8}. Il termine “Babilonia” deriva da “Babele” e significa confusione. Ed è impiegato nella Scrittura per designare le varie forme di religione falsa o apostata. In Apocalisse 17 Babilonia è rappresentata come una donna, figura che viene usata nella Bibbia come simbolo di una chiesa. La donna virtuosa rappresenta una chiesa pura, mentre la donna vile rappresenta una chiesa apostata. Nella Bibbia il carattere sacro e duraturo della relazione che esiste tra Cristo e la Sua chiesa è rappresentato dall’unione del matrimonio. Il Signore ha unito il Suo popolo a Sé stesso con un patto solenne, promettendo di essere il loro Dio, e loro impegnandosi ad essere esclusivamente Suoi. Dio dichiara: “Ti fidanzerò a me per sempre; sì, ti fidanzerò a me in rettitudine, in giudizio, in amorevole benignità e in misericordia” {Osea 2: 19}. E ancora: “Sono sposato con te” {Geremia 3:14 KJV}. Paolo impiega la stessa figura nel Nuovo Testamento quando dice: “Ti ho sposata con un marito, perché ti possa presentare come una vergine casta a Cristo” {2 Corinzi 11: 2}.
L’infedeltà della chiesa nei confronti di Cristo ha cancellato la loro fiducia e il loro affetto in Lui; e permettendo all’amore per le cose del mondo di occuparne il cuore, ciò viene paragonato alla violazione del voto di matrimonio. Il peccato di Israele nell’allontanarsi dal Signore è presentato sotto questa figura; il meraviglioso amore di Dio che essi disprezzavano è stato così descritto: “Ho giurato a te e sono entrato in un patto con te, dice il Signore Dio, e tu fosti mia”. “Tu diventasti bella e giungesti fino a regnare. La tua fama si sparse tra i pagani per la tua bellezza: perché eri perfetta nella bellezza, che Io ti avevo affidato… Ma tu confidasti nella tua stessa bellezza e ti prostituisti a causa della tua fama”. [381]
“Come una moglie infedele a suo marito, così tu Mi hai trattato slealmente, o casa d’Israele, dice il Signore”, “come una moglie che commette adulterio, che riceve estranei invece di suo marito!” {Ezechiele 16: 8, 13-15, 32; Geremia 3: 20}. Nel Nuovo Testamento, un linguaggio molto simile è rivolto a quei cosiddetti cristiani che cercano l’amicizia del mondo invece che il favore di Dio. L’apostolo Giacomo dice: “Voi gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia con Dio? Chiunque quindi sarà amico del mondo è nemico di Dio” {Giacomo 4: 4}. La donna (Babilonia) di Apocalisse 17 è descritta come “vestita di porpora e di colore scarlatto, addobbata con oro, pietre preziose e perle, con una coppa d’oro in mano piena di abominazioni e sporcizie… e sulla sua fronte era scritto un nome: Mistero, Babilonia la Grande, la madre delle prostitute”. Dice il profeta: “Ho visto la donna ubriacata con il sangue dei santi e con il sangue dei martiri di Gesù”. Babilonia è inoltre dichiarata essere “quella grande città, che regna sui re della terra” {Apocalisse 17: 4-6, 18}. Il potere che per tanti secoli ha mantenuto l’influenza dispotica sui monarchi della cristianità è Roma. Il colore porpora e scarlatto, l’oro, le pietre preziose e le perle, rappresentano vividamente la magnificenza e la pomposità regale che caratterizza la sede di Roma. Nessun altro potere potrebbe essere dichiarato così “ubriaco del sangue dei santi” come quella chiesa che ha perseguitato così crudelmente i seguaci di Cristo. Babilonia è anche accusata del peccato di adulterio e unione con “i re della terra”. Fu allontanandosi dal Signore, e alleandosi con i pagani, che la chiesa ebraica divenne una prostituta; e Roma, che si è corrotta in modo simile cercando il sostegno dei poteri terreni, ha ricevuto una condanna simile. La Bibbia dice che Babilonia è “la madre delle prostitute”. [382]
Le sue figlie devono essere intese, simbolicamente, come quelle chiese che si aggrappano alle sue dottrine e tradizioni, e seguono il suo esempio nel sacrificare la verità e l’approvazione di Dio, al fine di formare un’alleanza illecita con il mondo. Il messaggio di Apocalisse 14, che annuncia la caduta di Babilonia, deve applicarsi ai corpi religiosi che una volta erano puri e che ora si sono corrotti. Poiché questo messaggio segue l’avvertimento del giudizio, ciò significa che deve essere proclamato negli ultimi giorni; perciò non può riferirsi alla sola chiesa di Roma, poiché quella chiesa si trovava in questa condizione decaduta già molti secoli prima. Inoltre, nel diciottesimo capitolo dell’Apocalisse, il popolo di Dio è chiamato a uscire da Babilonia. Secondo questi versetti, molti del popolo di Dio sono ancora in Babilonia. E in quali settori religiosi si trova la maggior parte dei seguaci di Cristo? Senza dubbio, nelle varie chiese che professano la fede protestante. Quando sono sorte queste chiese presero una nobile posizione per Dio e per la verità, e la Sua benedizione fu con loro. Persino i non credenti erano costretti a riconoscere i benèfici risultati che seguivano l’accettazione dei principi del Vangelo. Le parole del profeta in Israele dicono: “La tua fama si sparse tra i pagani per la tua bellezza: perché eri perfetta nella bellezza, che Io ti avevo affidato, dice il Signore Dio”. Ma caddero a causa dello stesso errore che aveva portato la maledizione e la rovina su Israele: il desiderio di imitare le pratiche degli empi, godendo della loro amicizia. “Ma tu confidasti nella tua stessa bellezza e ti prostituisti a causa della tua fama” {Ezechiele 16: 14-15}. Molte delle chiese protestanti stanno seguendo l’esempio di Roma, commettendo adulterio con “i re della terra”: le chiese di stato, rapportandosi con i governi secolari e con le altre denominazioni, cercano il favore del mondo. Il termine “confusione” riferito a Babilonia può essere applicato appropriatamente a questi gruppi religiosi, che pur sostenendo di far derivare le loro dottrine dalla Bibbia, sono divisi in sette quasi innumerevoli, con credenze e teorie ampiamente contrastanti. Oltre a un’unione peccaminosa con il mondo, le chiese che si sono separate da Roma presentano altre sue caratteristiche. [383]
Un’opera cattolico romana sostiene che “se la Chiesa di Roma fosse mai stata colpevole di idolatria, sua figlia, la chiesa Anglicana lo è altrettanto, perché ha dieci chiese dedicate a Maria e nessuna che sia dedicata a Cristo” (Richard Challoner, The Catholic Christian Instructed, Prefazione, pagine 21, 22). Il dottor Hopkins, in “Un trattato del millennio”, dichiara: “Non vi è alcun motivo per considerare lo spirito e le pratiche anticristiane come se fossero da confinare a ciò che ora è chiamata Chiesa di Roma. Le chiese protestanti hanno molto dell’anticristo in loro, e sono lontane dall’essere completamente riformate da… corruzioni e malvagità” (Samuel Hopkins, Works, vol. 2, p. 328). Riguardo alla separazione della Chiesa presbiteriana da Roma, il dott. Guthrie scrive: “Trecento anni fa, la nostra chiesa, con una Bibbia aperta sul suo stendardo e con il motto “Investiga le Scritture!”, marciò fuori dalle porte di Roma. Poi si pone questa domanda significativa: “Ma sono venuti fuori pure da Babilonia?” (Thomas Guthrie, Il Vangelo di Ezechiele, pagina 237). “La Chiesa d’Inghilterra”, dice Spurgeon, “sembra essere divorata dal sacramentalismo; ma l’anticonformismo sembra essere altrettanto gravemente infarcito di infedeltà filosofica. Quelli da cui ci aspettavamo le cose migliori si stanno allontanando a uno a uno dai fondamenti della fede. Io credo che in tutto e per tutto il cuore stesso dell’Inghilterra sia pieno di una dannata infedeltà e osa ancora andare sul pulpito e chiamarsi cristiana”. Qual è stata l’origine della grande apostasia? In che modo la chiesa si è allontanata per la prima volta dalla semplicità del Vangelo? Conformandosi alle pratiche del paganesimo, per facilitare l’accettazione del cristianesimo da parte dei pagani. L’apostolo Paolo dichiarò, anche ai suoi tempi, che “il mistero dell’iniquità è già all’opera” {2 Tessalonicesi 2: 7}. Durante la vita degli apostoli la chiesa è rimasta relativamente pura. Ma “verso la fine del secondo secolo la maggior parte delle chiese assunse una nuova forma; [384]
La prima semplicità scomparve, e insensibilmente, mentre i vecchi discepoli si ritiravano nelle loro tombe, i loro figli, insieme a nuovi convertiti… si imposero modellando l’opera iniziale” (Robert Robinson, Ecclesiastical Researches, cap. 6, par. 17, p. 51). Per assicurarsi nuovi convertiti, l’alto livello della fede cristiana fu abbassato, e come risultato “un’alluvione pagana, che fluì nella chiesa, portò con sé i suoi costumi, le sue pratiche e i suoi idoli” (Gavazzi, Lectures, pagina 278). Quando la religione cristiana ottenne il favore e il sostegno dei sovrani secolari, fu nominalmente accettata dalle moltitudini; ma mentre apparivano cristiani, molti tra loro “rimasero in sostanza pagani, adorando segretamente i loro idoli” (Ibid., pagina 278). Non si è forse ripetuto lo stesso processo in quasi tutte le chiese che si definivano protestanti? Mentre i fondatori, coloro che possedevano il vero spirito di riforma, morirono, i loro discendenti si imponevano “modellando la loro causa”. Seppur si aggrappassero ciecamente al credo dei loro padri, rifiutando di accettare qualsiasi nuova verità, i figli dei riformatori si allontanarono da quell’esempio di umiltà, abnegazione e rinuncia al mondo che caratterizzava i loro padri. Così “la prima semplicità scomparve”. Un’ondata mondana inondò la chiesa e portò “con sé i suoi costumi, le sue pratiche e suoi idoli”. Ahimè, oggi, in che misura spaventosa si è diffusa quell’amicizia del mondo che è “inimicizia con Dio” tra coloro che si professano seguaci di Cristo! Quanto largamente le chiese popolari in tutta la cristianità si sono allontanate dallo standard della Bibbia di umiltà, abnegazione, semplicità e pietà! John Wesley, parlando del giusto uso del denaro, ha detto: “Non sprecare nessuna parte di un talento così prezioso, semplicemente gratificando il desiderio dell’occhio, con abiti superflui o costosi, o con ornamenti inutili. Non sprecare parte di esso adornando in modo stravagante la tua casa; in mobili superflui o costosi; in immagini costose o quadri preziosi… Non spendere nulla per gratificare l’orgoglio della vita, per ottenere l’ammirazione o la lode degli uomini… “Finché soddisferai te stesso, gli uomini parleranno bene di te”. [385]
Finché sarai vestito di porpora e di lino fino, e mangerai abbondantemente ogni giorno, senza dubbio molti applaudiranno la tua eleganza, la tua generosità e ospitalità. Ma non comprare il loro applauso ad un così caro prezzo. Piuttosto accontentati dell’onore che viene da Dio” (Wesley, Works, Sermon 50, The Use of Money). Ma in molte chiese del nostro tempo tale insegnamento viene ignorato. Una religione puramente apparente è ormai diventata popolare nel mondo. Capi di stato, politici, avvocati, medici e mercanti si uniscono alla chiesa come mezzo per assicurarsi il rispetto e la fiducia della società e far avanzare i propri interessi materiali. Così cercano di coprire tutte le loro transizioni ingiuste sotto una professione di cristianesimo. Le varie professioni religiose, rafforzate dalla ricchezza e dall’influenza di questi uomini del mondo battezzati, si impegnano ancora più nell’assicurarsi popolarità e prestigio. Splendide chiese, impreziosite nel modo più stravagante, sono erette su strade popolari. I fedeli si dispongono in abiti costosi e alla moda. Stipendi elevati vengono offerti ai pastori per intrattenere e attrarre l’attenzione della gente. Ovviamente, i suoi sermoni non devono denunciare i peccati comuni, ma devono essere resi piacevoli e gradevoli per le orecchie dei membri. Così i peccatori vengono iscritti nei registri della chiesa, e i peccati “alla moda” vengono nascosti sotto una finzione di presunta pietà. Commentando l’attuale atteggiamento dei cosiddetti cristiani verso il mondo, un importante giornale secolare dice: “Insensibilmente la chiesa ha ceduto allo spirito del tempo e ha adattato le sue forme di culto ai desideri moderni”. “Tutte queste cose, in effetti, aiutano a rendere attraente la religione e ora la chiesa le impiega come fossero suoi strumenti”. Uno scrittore nel “New York Independent” parla in questo modo dei metodisti: “La linea di separazione tra il divino e l’irreligioso svanisce in una sorta di penombra, e uomini zelanti da entrambe le parti si stanno dando da fare per cancellare ogni differenza tra i loro modi di agire e il divertimento”. “La popolarità della religione tende enormemente ad aumentare il numero di coloro che vogliono assicurarsi i suoi benefici senza però adempiere ai suoi doveri”. [386]
Howard Crosby dice: “È motivo di profonda preoccupazione notare che la chiesa di Cristo sta così poco soddisfacendo le direttive del Suo Signore. Proprio come gli antichi ebrei permisero ai loro familiari di avere un rapporto con le nazioni idolatriche, allontanando così i loro cuori a Dio… così, la chiesa di Gesù ora, con le sue false alleanze ad un mondo infedele, rinuncia ai metodi divini cedendo alle pericolose, sebbene spesso plausibili, abitudini di una società senza cristianesimo che si serve di argomentazioni e che raggiunge conclusioni estranee alla rivelazione di Dio, direttamente antagoniste a ogni crescita nella grazia” (The Healthy Christian: Un appello alla Chiesa, pagine 141, 142). In questa marea di mondanità e ricerca del piacere, l’abnegazione e il sacrificio di sé stessi per amore di Cristo sono quasi del tutto persi. “Alcuni degli uomini e delle donne che hanno una parte attiva nelle nostre chiese sono stati educati, quando erano bambini, a fare sacrifici per poter dare o fare qualcosa per Cristo”. Ma oggi “se la chiesa avesse bisogno di fondi… nessuno deve essere chiamato a dare. Oh, no! Si ricorrerà ad una fiera di beneficenza, una lotteria, una serata ricreativa, una cena a tema o qualsiasi cosa per divertire la gente”. Il governatore Washburn del Wisconsin nel suo messaggio annuale, il 9 gennaio 1873, dichiarò: “Dovrebbero essere fatte delle leggi per chiudere quelle scuole in cui vengono formati i giocatori d’azzardo. Questi sono ovunque, persino nella chiesa (sia pure senza rendersene conto) viene svolta l’opera del diavolo. I concerti, le varie iniziative e le lotterie, a volte organizzate per scopi religiosi o caritatevoli, spesso, sono solo espedienti per raccogliere denaro senza dare nulla in cambio. Niente è così inebriante, in modo particolare per i giovani, come l’acquisizione di denaro o proprietà senza dover lavorare. Poiché persone rispettabili si impegnano in queste iniziative e alleggeriscono le loro coscienze pensando che il ricavato andrà a favore di un buon progetto, non c’è poi da meravigliarsi che i giovani acquistino queste abitudini che sono provocate dall’eccitazione dei giochi d’azzardo”. [387]
Lo spirito di conformità mondana sta invadendo le chiese di tutta la cristianità. Robert Atkins, in un sermone predicato a Londra, tracciò un quadro piuttosto oscuro della decadenza spirituale che prevaleva in Inghilterra: “Gli uomini veramente giusti stanno scomparendo dalla faccia della terra, e nessuno sembra accorgersene. I professori di religione attuali, in ogni chiesa, sono amanti del mondo, conformi ad esso, amanti della comodità e aspirano pure alla rispettabilità. Sono chiamati a soffrire con Cristo, ma essi si allontanano da ogni forma di rimprovero… “Apostasia, apostasia, apostasia!” è incisa proprio sulla facciata di ogni chiesa; se lo avessero saputo e se ne fossero resi conto, ci sarebbe potuta ancora essere speranza; ma ahimè… gridano: “Siamo ricchi, ci siamo arricchiti e non abbiamo bisogno di nulla” (Seconda biblioteca dell’Avvento, tratto n. 39). Il grande peccato che viene attribuito a Babilonia è che “ha fatto bere a tutte le nazioni il vino dell’ira della sua fornicazione”. Questo calice che intossica il mondo rappresenta le false dottrine che Babilonia ha accettato come risultato della sua fornicazione con i grandi della terra. L’amicizia con il mondo corrompe la sua fede, e a sua volta esercita un’influenza corruttrice sul mondo insegnando dottrine che si oppongono alle più semplici dichiarazioni della Sacra Scrittura. Roma ha nascosto la Bibbia al popolo e, al suo posto, ha richiesto a tutti gli uomini di accettare i suoi insegnamenti. Fu l’opera della Riforma quella di restituire agli uomini la Parola di Dio; ma non è forse vero che nelle chiese del nostro tempo viene insegnato agli uomini di basare la fede del loro credo sugli insegnamenti della loro chiesa piuttosto che sulle Scritture? Charles Beecher, parlando delle chiese protestanti, disse: “Si astengono da ogni parola severa contro il loro credo con la stessa sensibilità con la quale i santi padri si sarebbero astenuti da ogni parola maleducata contro la crescente venerazione dei santi e dei martiri che stavano promuovendo… Le varie denominazioni evangeliche e protestanti si sono così legate le mani a vicenda, in modo tale che un uomo non possa diventare affatto un predicatore, ed essere accolto in nessun luogo, senza accettare anche qualche altro libro oltre la Bibbia. [388]
Non c’è nulla di immaginario nel dichiarare che il potere del credo sta iniziando a proibire la Bibbia proprio come fece Roma, anche se in modo più sottile” (Sermone su “La Bibbia un Credo sufficiente”, consegnato a Fort Wayne, Indiana, 22 Febbraio, 1846). Quando degli interpreti fedeli espongono la Parola di Dio, sorgono uomini di cultura e pastori che professano di comprendere le Scritture, che chiamano “la sana dottrina” eresia, e che quindi allontanano dalla verità tutti coloro che la ricercano. Se non fosse che il mondo è irrimediabilmente intossicato dal vino di Babilonia, moltitudini sarebbero convertite grazie alle incisive e chiare verità della Parola di Dio. Ma la fede religiosa appare così confusa e discorde che la gente non sa cosa credere come verità; e lo stesso peccato d’impenitenza del mondo sta alla porta della chiesa. Il secondo messaggio dell’angelo di Apocalisse 14 fu predicato per la prima volta nell’estate del 1844, e quindi ebbe un’applicazione più diretta nelle chiese degli Stati Uniti, dove l’avvertimento del giudizio era stato più ampiamente proclamato e più generalmente respinto, e dove il declino nelle chiese era stato più rapido. Ma il messaggio del secondo angelo non raggiunse il suo completo adempimento nel 1844. Le chiese allora sperimentarono una caduta morale, come conseguenza del loro rifiuto della luce del messaggio dell’avvento; ma quella caduta non era completa. Poiché hanno continuato a rifiutare le verità speciali per questo tempo, sono cadute sempre più in basso. Non ancora, tuttavia, si può dire che “Babilonia è caduta… perché ha fatto bere a tutte le nazioni il vino dell’ira della sua fornicazione”. Non l’ha ancora offerto da bere a tutte le nazioni. Uno spirito di conformismo al mondo e indifferenza nelle verità di prova per il nostro tempo esistono nelle nostre chiese protestanti in tutti i paesi della cristianità e ha guadagnato molto terreno; queste chiese sono incluse nella solenne e terribile denuncia del secondo angelo. Ma l’opera di apostasia non ha ancora raggiunto il suo culmine. [389]
La Bibbia dichiara che prima della venuta del Signore, Satana opererà “con ogni sorta di potere, di segni e di prodigi bugiardi; e con ogni sorta d’inganno d’iniquità” e coloro che “non hanno aperto il cuore all’amore della verità, affinché siano salvati” subiranno “efficacia d’errore, perché credano alla menzogna” {2 Tessalonicesi 2: 9-11}. Fino a quando questa condizione non sarà raggiunta, e l’unione della chiesa con il mondo non sarà pienamente compiuta in tutta la cristianità, solo allora la caduta di Babilonia sarà completa. Il cambiamento è progressivo e il perfetto adempimento di {Apocalisse 14: 8} deve ancora realizzarsi. Nonostante l’oscurità spirituale e l’allontanamento da Dio che esistono nelle chiese che costituiscono Babilonia, il grande corpo dei veri seguaci di Cristo si trova ancora nel loro mezzo. Ci sono molti di questi che non hanno mai visto le verità speciali per questo tempo. Non pochi sono insoddisfatti della loro condizione attuale e desiderano una luce più chiara e cercano invano l’immagine di Cristo nelle chiese a cui sono collegati. Mentre questi gruppi religiosi si allontanano sempre più dalla verità e si alleano più strettamente con il mondo, la differenza tra le due classi si allargherà, e alla fine porterà alla separazione. Verrà il tempo in cui coloro che amano Dio in modo supremo non potranno più rimanere in relazione con coloro che sono “amanti dei piaceri anziché di Dio; aventi l’apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza” {2 Timoteo 3: 4-5}.
Apocalisse 18 indica il momento in cui, come risultato del rifiuto del triplice avvertimento di {Apocalisse 14: 6-12}, la chiesa avrà pienamente raggiunto la condizione predetta dal secondo angelo, e il popolo di Dio ancora in Babilonia sarà chiamato a separarsi dal suo mezzo e a uscirne. L’ultimo messaggio che sarà dato al mondo sarà proprio questo; e porterà i suoi frutti. Quando quelli che “non hanno creduto alla verità, ma hanno avuto piacere nell’iniquità” {2 Tessalonicesi 2: 12}, saranno abbandonati alle loro forti illusioni e crederanno alla bugia, allora la luce della verità brillerà su tutti i cuori che sono aperti a riceverla e tutti i figli del Signore che sono in Babilonia, risponderanno alla chiamata: “Uscite da essa, o popolo mio” {Apocalisse 18: 4}. [390]
Quando fu trascorso il tempo in cui si aspettava la venuta del Signore, nella primavera del 1844, quelli che avevano atteso con fede la Sua apparizione, rimasero qualche tempo nel dubbio e nell’incertezza. Mentre il mondo li considerava completamente sconfitti, loro erano convinti di aver nutrito un’illusione, ma la loro fonte di consolazione rimase ancora una volta la Parola di Dio. Molti continuarono ad approfondire le Scritture, esaminando nuovamente le prove della loro fede e studiando attentamente le profezie per ottenere ulteriore luce. Le testimonianze bibliche a sostegno della loro posizione sembravano chiare e conclusive. Segni che non potevano essere fraintesi indicavano la venuta di Cristo il più vicino possibile. La speciale benedizione del Signore, sia nella conversione di peccatori che nella rinascita della vita spirituale tra i cristiani, aveva testimoniato che il messaggio proveniva dal Cielo. Sebbene i credenti non potessero spiegare la loro delusione, si sentirono sicuri che Dio li avesse guidati nella loro passata esperienza. Quelle profezie, che avevano considerato applicabili al tempo del secondo avvento, erano istruzioni specifiche ed utili, adattate al loro stato di incertezza e suspense, che gli incoraggiava ad attendere pazientemente nella fede: ciò che ora era oscuro alla loro comprensione si sarebbe chiarito a tempo debito. [391]
Tra queste profezie c’era quella di {Abacuc 2: 1-4}: “Io starò di guardia, mi metterò sulla torre, e osserverò per vedere ciò che Egli mi dirà, e a ciò che risponderò quando sarò rimproverato. Il Signore mi rispose e disse: Scrivi la visione, e incidila su delle tavole, affinché si possa leggere speditamente. Perché la visione è per un tempo già stabilito, ella s’affretta verso la fine, e non mentirà: sebbene tarderà, aspettala; perché verrà sicuramente, non tarderà. Ecco, la sua anima si è innalzata, non è retta in lui; ma il giusto vivrà secondo la sua fede”. Già nel 1842, l’ordine dato in questa profezia di “scrivere la visione affinché si possa leggere speditamente”, aveva suggerito a Charles Fitch la preparazione di una carta profetica per illustrare le visioni di Daniele e Apocalisse. La pubblicazione di questo grafico è stata considerata come l’adempimento del comando dato da Abacuc. Nessuno, tuttavia, notò un apparente ritardo, un tempo di attesa, nella realizzazione della visione che è presentato nella profezia stessa. Dopo la delusione, questa scrittura apparve molto significativa: “la visione è per un tempo già stabilito, ella s’affretta verso la fine, e non mentirà: sebbene tarderà, aspettala; perché verrà sicuramente, non tarderà… ma il giusto vivrà secondo la sua fede”. Una parte della profezia di Ezechiele fu anch’essa una fonte di conforto e incoraggiamento per i credenti: “La parola del Signore venne a me, dicendo: Figlio d’uomo, che cos’è quel proverbio che si sente nel paese d’Israele che dice: I giorni si prolungano e ogni visione fallisce? Di dunque loro: Così dice il Signore Dio… I giorni si avvicinano e si avvicina l’adempimento di ogni visione… Io parlerò e la parola che dirò si realizzerà e non sarà più prolungata… Quelli della casa d’Israele dicono: La visione che costui vede concerne molti giorni a venire, e profetizza per tempi lontani. Perciò di loro: Così dice il Signore Dio: Nessuna delle mie parole sarà prolungata, ma la parola che ho pronunciata sarà messa ad effetto” {Ezechiele 12: 21-25, 27-28}. [392]
I fedeli si rallegrarono, credendo che Colui che conosce la fine sin dall’inizio aveva guardato attraverso i secoli e, prevedendo la loro delusione, aveva dato loro parole di coraggio e speranza. Se non fosse stato per tali parti della Scrittura, che li ammoniva di attendere con pazienza e di mantenere alta la loro fiducia nella Parola di Dio, avrebbero fallito in quell’ora di prova. La parabola delle dieci vergini di Matteo 25 illustra anch’essa l’esperienza del popolo avventista. In Matteo 24, in risposta alla domanda dei Suoi discepoli riguardo ai segni della Sua venuta e della fine del mondo, Cristo aveva indicato alcuni dei più importanti eventi nella storia del mondo e della chiesa, dal Suo primo avvento al Suo secondo, ovvero: la distruzione di Gerusalemme, la grande tribolazione della chiesa sotto le persecuzioni pagane e papali, l’oscuramento del sole e della luna, e la caduta delle stelle. Dopo di ciò, parlò della venuta del Suo regno e riferì la parabola che descrive le due classi di servitori che aspettano il Suo ritorno. Il capitolo 25 si apre con le parole: “Allora il regno dei cieli sarà paragonato a dieci vergini”. Qui viene mostrata la chiesa che vive negli ultimi giorni, la stessa che viene indicata nella conclusione del capitolo 24. In questa parabola la loro esperienza è illustrata dagli avvenimenti di un matrimonio orientale. “Allora il regno dei cieli sarà paragonato a dieci vergini che presero le loro lampade e andarono incontro allo sposo. Cinque di loro erano avvedute e cinque stolte. Coloro che erano stolte presero le loro lampade, ma non presero olio con loro; le avvedute invece raccolsero l’olio nei loro vasi, insieme alle loro lampade. Mentre lo sposo tardava, tutte divennero assonnate e si addormentano. A mezzanotte si levò un grido: Ecco, lo sposo viene; Uscitegli incontro” {Matteo 25: 1-6}. La venuta di Cristo, come annunciato dal messaggio del primo angelo, fu interpretata come rappresentata dalla venuta dello sposo. [393]
Il diffuso movimento di riforma, formato sotto la proclamazione della Sua prossima venuta, corrispondeva all’uscita delle vergini per andargli incontro. In questa parabola, come in quella di Matteo 24, sono rappresentate due classi. Tutte avevano preso le loro lampade, la Bibbia, e con la sua luce erano uscite per incontrare lo Sposo. Ma mentre “quelle che erano stolte presero le loro lampade ma non presero l’olio con loro”, “le avvedute invece raccolsero l’olio nei loro vasi, insieme alle loro lampade”. Quest’ultima classe aveva ricevuto la grazia di Dio, il potere rigenerante e illuminante dello Spirito Santo, che rende la Sua Parola una lampada ai piedi e una luce sul sentiero {Salmo 119: 105}. Nel timore di Dio avevano studiato le Scritture per imparare la verità e avevano cercato sinceramente la purezza del cuore e della vita. Queste hanno avuto un’esperienza personale, una fede in Dio e nella Sua Parola, che non potevano essere rovesciati dalla delusione e dal ritardo. Le altre “hanno preso le loro lampade, ma non hanno preso l’olio con loro”. Si erano mosse dall’impulso. Le loro paure erano state eccitate dal messaggio solenne, ma dipendevano dalla fede delle altre, si erano accontentate della luce tremolante delle loro buone emozioni, senza però avere una profonda comprensione della verità o un’autentica opera della grazia nel loro cuore. Questi erano andati incontro al Signore, pieni di speranza nella prospettiva di una ricompensa immediata; ma non erano preparati per il ritardo e la delusione. Quando arrivarono le prove, la loro fede fallì e le loro luci si spensero. “Mentre lo sposo tardava, tutte divennero assonnate e si addormentano”. Attraverso il ritardo dello sposo vengono rappresentati il trascorrere del tempo nel quale si aspettava il Signore, la delusione e l’apparente ritardo. In questo momento di incertezza, l’interesse superficiale dei credenti parzialmente convertiti cominciò presto a vacillare e i loro sforzi iniziavano ad affievolirsi; ma quelli la cui fede era basata su una conoscenza personale della Bibbia avevano una roccia sotto i loro piedi che le onde della delusione non potevano portare via. “Tutte divennero assonnate e si addormentarono”; una classe nell’indifferenza e nell’abbandono della loro fede, l’altra classe nell’aspettare pazientemente che venisse data una luce più chiara. [394]
Eppure nella notte della prova sembrò che anche quest’ultima fosse destinata a perdere, in una certa misura, il loro zelo e la loro devozione. Colui che era convertito superficialmente non poteva più appoggiarsi alla fede dei suoi fratelli. Ognuno doveva stare in piedi o cadere per sé stesso. In quel periodo, il fanatismo cominciò ad apparire. Alcuni che avevano professato di essere zelanti credenti nel messaggio respinsero la Parola di Dio come unica guida infallibile e, sostenendo di essere guidati dallo Spirito, si misero sotto il controllo dei propri sentimenti, impressioni e immaginazioni. C’erano alcuni che manifestavano uno zelo cieco e bigotto, denunciando tutti coloro che non avrebbero approvato il loro modo di agire. Le loro idee ed il loro fanatismo non incontrò la simpatia dal grande corpo degli avventisti; ma servì tuttavia a suscitare il disprezzo per la causa della verità. Satana cercava in questo modo di opporsi e distruggere l’opera di Dio. La gente era stata fortemente stimolata dal movimento dell’avvento, migliaia di peccatori erano stati convertiti e uomini fedeli si stavano dando da fare per proclamare la verità, anche in questo tempo di attesa. Il principe del male stava perdendo i suoi sudditi; e per far disprezzare la causa di Dio, cercò di ingannare coloro che professavano la fede, portandoli così agli estremi. Allora i suoi agenti erano pronti a cogliere ogni errore, ogni fallimento, ogni atto disdicevole per presentarlo davanti alla gente nella luce più esagerata, per rendere odiosi gli avventisti e la loro fede. Quindi, maggiore era il numero di persone che esercitavano una professione di fede nel secondo avvento, continuando però a controllare i loro cuori, maggiore erano i vantaggi che Satana avrebbe ottenuto richiamando l’attenzione su di loro come rappresentanti di tutto il corpo dei credenti. Satana è “l’accusatore dei fratelli” ed è il suo spirito che ispira gli uomini a guardare gli errori e i difetti del popolo del Signore per poi sottolinearli, mentre le loro buone azioni passavano inosservate. È sempre attivo quando Dio è all’opera per la salvezza delle anime. Quando i figli di Dio vengono per presentarsi davanti al Signore, anche Satana viene tra loro. [395]
In ogni movimento di risveglio è pronto a introdurre coloro che non sono per davvero santificati nel cuore ed equilibrati nella mente. Quando questi hanno accettato alcuni punti della verità e hanno conquistato un posto con i credenti, egli lavora attraverso di loro per introdurre teorie che inganneranno gli incauti. Nessun uomo si dimostra un vero cristiano solo perché si trova in compagnia dei figli di Dio, anche se fossimo nella casa di culto o attorno alla tavola del Signore. Satana è spesso presente nelle occasioni più solenni nella forma di coloro che può usare come suoi agenti. Il principe del male contesta ogni centimetro di terreno sul quale il popolo di Dio avanza nel suo viaggio verso la città celeste. In tutta la storia della chiesa nessuna riforma è stata portata avanti senza incontrare seri ostacoli. Così era ai tempi di Paolo. Ovunque l’apostolo avesse eretto una chiesa, c’erano alcuni che professavano di ricevere la fede, ma che invece portavano eresie che, se ricevute, avrebbero infine eliminato l’amore per la verità. Anche Lutero soffrì di grandi perplessità e angoscia a causa di persone fanatiche che affermavano che Dio aveva parlato direttamente attraverso di loro, e che quindi consideravano le proprie idee e opinioni al di sopra della testimonianza delle Scritture. Molti di coloro che erano privi di fede ed esperienza, ma che avevano una considerevole autosufficienza e che amavano ascoltare e raccontare qualcosa di nuovo, furono ingannati dalle pretese dei nuovi insegnanti e si unirono agli agenti di Satana nella loro opera di distruzione di ciò che Dio aveva fatto costruire attraverso Lutero. I Wesley e altri, che hanno benedetto il mondo con la loro influenza e la loro fede, hanno incontrato ad ogni passo le insidie di Satana nello spingere molte persone zelanti, ma squilibrate e insoddisfatte nel fanatismo più profondo. William Miller non ebbe simpatie per quelle influenze che hanno portato al fanatismo. Ha dichiarato, come Lutero, che ogni spirito doveva essere messo alla prova dalla Parola di Dio. “Il diavolo”, disse Miller, “ha un grande potere sulle menti di alcuni al giorno d’oggi. [396]
Come possiamo distinguere che tipi di spiriti sono? La Bibbia risponde: “Dai loro frutti li riconoscerete”. Ci sono molti spiriti nel mondo; e ci viene comandato di mettere alla prova ogni spirito. Lo spirito che non ci fa vivere sobri, retti e devoti, in questo mondo presente, non è lo Spirito di Cristo. Sono sempre più convinta che Satana abbia molto da fare in questi strani movimenti… Molti tra noi che fingono di essere completamente santificati, stanno seguendo le tradizioni degli uomini e ignorano le verità come gli altri che non manifestano tali pretese” (Beatitudine, pagine 236, 237). “Lo spirito d’errore ci allontanerà dalla verità, mentre lo Spirito di Dio ci guiderà nella verità. Ma, ad esempio, un uomo potrebbe essere in errore e pensare di avere la verità? Ecco cosa rispondiamo: lo Spirito e la Parola sono d’accordo. Se un uomo giudica se stesso per mezzo della Parola di Dio e trova una perfetta armonia attraverso l’intera Parola, allora deve credere di avere la verità; ma se vede che lo spirito da cui è condotto non si armonizza con l’intero tenore della legge di Dio o della Bibbia, allora deve usare la massima attenzione per non essere preso nella trappola del diavolo” (L’Avvento e i Segni dell’Annunciazione Times Reporter, vol. 8, n. 23, 15 gennaio 1845). “Ho spesso ottenuto più prove di una pietà interiore da uno sguardo luminoso, una guancia umida e da un’espressione soffocata, che da tutto il rumore della cristianità” (Beatitudine, pagina 282). Ai tempi della Riforma, i suoi nemici attribuivano tutti i mali del fanatismo a quelli che stavano seriamente combattendo contro di esso. Un corso simile è stato perseguito dagli oppositori del movimento dell’avvento. Non contenti di travisare ed esagerare gli errori di estremisti e fanatici, hanno diffuso rapporti sfavorevoli che non avevano la minima parvenza di verità. Queste persone sono state attivate da pregiudizi e odio. La loro pace fu disturbata dalla proclamazione dell’imminente ritorno di Cristo. Temevano che potesse essere vero, ma speravano che non lo fosse; questo era il segreto della loro guerra contro gli avventisti e la loro fede. [397]
Il fatto che alcuni fanatici si siano fatti strada nelle fila degli avventisti non era un motivo valido per dichiarare che il movimento non venisse da Dio più di quanto non fosse, con la presenza di fanatici e ingannatori nella chiesa ai tempi di Paolo o di Lutero, una scusa sufficiente per condannare il loro lavoro. Lascia che il popolo di Dio si risvegli dal sonno e cominci sul serio la loro opera di pentimento e di riforma; lascia che essi scrutino le Scritture per apprendere la verità così com’è in Gesù; lascia che si consacrino a Dio; allora si vedrà che Satana è ancora attivo e vigile. Con ogni inganno possibile manifesterà il suo potere, chiamando in suo aiuto tutti gli angeli caduti del suo regno. Non è stata la proclamazione del secondo avvento a provocare fanatismo e divisione. Questi apparvero nell’estate del 1844, quando gli avventisti erano in uno stato di dubbio e perplessità riguardo alla loro reale posizione. La predicazione del messaggio del primo angelo e del “grido di mezzanotte” infatti tendevano direttamente a reprimere il fanatismo e il dissenso. Coloro che parteciparono a questi movimenti solenni erano in armonia; i loro cuori erano pieni d’amore gli uni per gli altri e per Gesù, che si aspettavano di vedere presto. L’unica fede, quella benedetta speranza, li sollevò al di sopra del controllo di ogni influenza umana e si dimostrò uno scudo contro gli assalti di Satana. “Mentre lo sposo tardava, tutte divennero assonnate e si addormentarono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco, lo sposo viene; Uscitegli incontro. Allora tutte quelle vergini si alzarono e rifilarono le loro lampade” {Matteo 25: 5-7}. Nell’estate del 1844, a metà strada tra il momento in cui si pensava per la prima volta che i 2300 giorni sarebbero finiti, e l’autunno dello stesso anno, in cui fu in seguito scoperto che si sarebbero estesi, il messaggio fu proclamato con le stesse parole di questa Scrittura: “Ecco, lo Sposo viene!”. Ciò che portò a questo movimento fu la scoperta del decreto di Artaserse per il restauro di Gerusalemme, che costituì il punto di partenza per il periodo dei 2300 giorni profetici. Esso entrò in vigore nell’autunno dell’anno 457 a.C., e non all’inizio dell’anno, come era stato precedentemente creduto. A partire dall’autunno del 457 a.C., i 2300 anni terminarono nell’autunno del 1844. [398]
Le argomentazioni tratte dai simboli dell’Antico Testamento hanno indicato l’autunno come il momento in cui l’evento, rappresentato dalla “purificazione del santuario”, doveva aver luogo. Ciò è stato reso molto chiaro poiché è stata prestata attenzione al modo in cui i tipi, o i simboli, relativi al primo avvento di Cristo erano stati adempiuti. L’uccisione dell’agnello pasquale era un’ombra della morte di Cristo. Paolo dice: “Cristo, la nostra Pasqua, è sacrificato per noi” {1 Corinzi 5: 7}. Il fascio di primizie, che al tempo della Pasqua veniva sventolato davanti al Signore, era un tipo della risurrezione di Cristo. Paolo dice, parlando della risurrezione del Signore e di tutto il Suo popolo: “Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta” {1 Corinzi 15: 23}. Come il fascio agitato, che era la primizia di grano maturo raccolto prima della mietitura, Cristo è la primizia (primo frutto) di quella raccolta immortale di redenti che alla futura risurrezione saranno raccolti nel granaio di Dio. Questi simboli sono stati soddisfatti, non solo per quanto riguardava l’evento, ma anche per quanto concerneva il tempo. Il quattordicesimo giorno del primo mese ebraico, lo stesso giorno e mese in cui per quindici lunghi secoli l’agnello pasquale era stato ucciso, Cristo, dopo aver mangiato la Pasqua con i Suoi discepoli, istituì quella festa che doveva commemorare la Sua morte come “l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo”. Quella stessa notte fu preso da mani malvagie per essere crocifisso e ucciso. Come l’antitipo della primizia di grano, il nostro Signore è risuscitato dai morti il terzo giorno, “primizia di quelli che dormono”, esempio di tutti i risuscitati, il cui “corpo ignobile” sarà cambiato e “trasformato” secondo il Suo corpo glorioso {1 Corinzi 15: 20; Filippesi 3: 21}. Allo stesso modo, i simboli che si riferiscono al secondo avvento, devono essere soddisfatti al momento indicato nel servizio cerimoniale. [399]
Sotto il sistema mosaico, la purificazione del santuario, o il grande giorno dell’Espiazione, avvenne il decimo giorno del settimo mese ebraico {Levitico 16: 29-34}, quando il sommo sacerdote, avendo fatto un’espiazione per tutto Israele, e così rimossi i loro peccati dal santuario, uscì e benedisse il popolo. Così si credeva che Cristo, il nostro grande Sommo Sacerdote, purificando la terra con la distruzione del peccato e dei peccatori, avrebbe benedetto il Suo popolo in attesa dell’immortalità. Il decimo giorno del settimo mese, il grande Giorno dell’Espiazione, il tempo della purificazione del santuario, che nel 1844 cadde il 22 Ottobre, venne considerato il momento della venuta del Signore. Ciò era in armonia con le prove già presentate, ovvero che i 2300 giorni sarebbero terminati in autunno, e la conclusione sembrava irresistibile. Nella parabola di Matteo 25 il tempo dell’attesa e del sonno è seguito dalla venuta dello sposo. Questo era in accordo con gli argomenti appena presentati, sia dalla profezia che dai simboli che hanno portato una forte convinzione sulla loro veridicità; il “grido di mezzanotte” fu infatti annunciato da migliaia di credenti. Come un’onda di maremoto, questo movimento ha investito tutto il paese. Di città in città, di villaggio in villaggio, in luoghi di campagna lontani, continuò fino a quando il popolo, in attesa di Dio, fu completamente sveglio. Il fanatismo scomparve durante questa proclamazione come la prima gelata scompare prima del sorgere del sole. I credenti videro i loro dubbi e le loro perplessità allontanarsi, mentre speranza e coraggio animavano i loro cuori. Quest’opera era libera da quegli estremismi che si manifestano sempre quando c’è un’eccitazione umana non influenzata dalla Parola e dallo Spirito di Dio. Infatti era simile nel carattere a quei periodi di umiliazione e di ritorno al Signore che nell’antico Israele seguiva ai messaggi di rimprovero dei Suoi profeti. Portava le chiare caratteristiche che segnarono l’opera di Dio in ogni epoca. C’era poca gioia estatica, ma piuttosto una ricerca profonda del cuore, una confessione dei peccati e un abbandono del mondo. [400]
La preparazione più grande era quella per incontrare il Signore. Quel periodo fu caratterizzato dalle preghiere perseveranti e dalla consacrazione senza riserve a Dio. Miller descrisse questo grande risveglio spirituale così: “Non c’è una grande espressione di gioia: poiché, per così dire, ci si riserva per un’occasione futura, quando tutto il cielo e la terra si rallegreranno insieme, in una gioia indicibile e piena di gloria. Non ci sono urla: anche queste sono riservate al momento in cui si udirà la voce dell’arcangelo che viene dal cielo. I cantanti tacciono: stanno aspettando di unirsi alle schiere angeliche, al coro celeste… Non vi è alcuno scontro di sentimenti: tutti sono di un solo cuore e di una sola mente” (Beatitudine, pagine 270, 271). Un altro che ha partecipato al movimento ha testimoniato: “L’attesa del ritorno di Cristo ha prodotto ovunque un profondo esame di coscienza e una grande umiliazione dell’anima davanti al Dio del cielo altissimo. Ciò causò uno svezzamento di affetti dalle cose di questo mondo, la fine delle controversie e delle animosità, una confessione di torti, un’obbedienza sincera a Dio e suppliche penitenti per il perdono e l’accettazione. Questo spirito di sottomissione e umiliazione si è manifestato come non abbiamo mai visto prima. Come il Signore comandò, tramite Gioele, che il grande giorno di Dio doveva essere vicino, ciò produsse uno stracciamento del cuore e non dei vestiti, e molti vennero al Signore per mezzo di digiuni, pianti e lutto. Come Dio disse a Zaccaria, uno spirito di grazia e di supplica fu riversato sui Suoi figli; allora essi guardarono Colui che avevano trafitto e ci fu un grande lutto nel paese… e quelli che stavano cercando il Signore affliggevano le loro anime davanti a Lui” (Bliss, in Advent Shield and Review, p. 271, gennaio 1845). Di tutti i grandi movimenti religiosi sin dai tempi degli apostoli, nessuno è stato più libero dall’imperfezione umana e dalle astuzie di Satana di quanto non fosse quello dell’autunno del 1844. Anche adesso, dopo molti anni, tutti coloro che hanno condiviso questo movimento e coloro che sono rimasti fermi sulla piattaforma della verità, sentono ancora la santa influenza di quell’opera benedetta e testimoniano che è venuta da Dio. [401]
Alla chiamata, “Ecco lo sposo, uscitegli incontro!”, coloro che aspettavano “sorsero e rifilarono le loro lampade”; essi studiarono la Parola di Dio con un’intensità di interesse prima d’ora sconosciuta. Gli angeli furono inviati dal cielo per suscitare quelli che si erano scoraggiati e per prepararli a ricevere il messaggio. Quest’opera non è stata sostenuta dalla saggezza o dall’apprendimento degli uomini, ma dal potere di Dio. Non era il più talentuoso, ma il più umile e devoto, che fu il primo a sentire e ad accettare la chiamata. Gli agricoltori lasciarono i loro raccolti nei campi, i meccanici posarono i loro attrezzi e con lacrime di gioia uscirono per dare l’avvertimento. Coloro che precedentemente guidavano la causa di Dio furono tra gli ultimi ad aderire a questo movimento. Le chiese in generale chiusero le loro porte a questo messaggio e una grande parte di coloro che lo ricevette si ritirò dalla loro comunità. Nella provvidenza di Dio questa proclamazione si unì al messaggio del secondo angelo e fu proprio questo che diede potere a quest’opera. Il messaggio “Ecco, lo Sposo viene!” non fu tanto una questione di discussione perché la base Scritturale era chiara e conclusiva. Ci fu un potere irresistibile che mosse l’anima. Non c’erano dubbi, nessuna domanda. In occasione dell’ingresso trionfale di Cristo in Gerusalemme, le persone che erano radunate da tutte le parti del paese per celebrare la festa si accalcarono sul monte degli Ulivi e, mentre si univano alla folla che scortava Gesù, catturarono l’ispirazione del momento innalzando il grido: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” {Matteo 21: 9}. Allo stesso modo i miscredenti che accorrevano alle riunioni Avventiste – alcuni per curiosità, altri semplicemente per ridicolizzare – sentirono il potere convincente che assisteva il messaggio: “Ecco, lo Sposo viene!”. A quel tempo esisteva una fede che suscitava delle risposte alle preghiere, una fede che contava sulla ricompensa della vita eterna. Come scrosci di pioggia sulla terra assetata, lo Spirito di grazia discendeva su coloro che ricercavano Dio con sincerità. [402]
Coloro che si aspettavano di trovarsi presto faccia a faccia con il loro Redentore provarono una gioia solenne che era indicibile. Lo Spirito Santo esercitava il Suo potere sensibilizzando i cuori e sottomettendoli con dolcezza man mano che la Sua benedizione veniva conferita in misura abbondante ai fedeli. Quelli che avevano ricevuto il messaggio si avvicinavano con solennità e attenzione al momento in cui speravano di incontrare il loro Signore. Ogni mattina sentivano che il loro primo dovere doveva essere quello di assicurarsi l’approvazione di Dio. I loro cuori erano strettamente uniti e pregavano molto insieme l’uno per l’altro. Spesso si incontravano in luoghi appartati per comunicare con Dio e la voce dell’intercessione saliva al cielo dai campi e dai boschetti. La certezza dell’approvazione del Salvatore era più necessaria per loro del cibo quotidiano; e se una nuvola oscurava le loro menti, non riposavano finché non veniva spazzata via. Mentre sentivano la grazia redentrice, desideravano vedere Colui che le loro anime amavano. Ma di nuovo erano destinati alla delusione. Il tempo dell’attesa passò e il loro Salvatore non apparve. Con incrollabile fiducia, avevano atteso con ansia la Sua venuta, e ora si sentivano come Maria quando, venendo alla tomba del Salvatore e trovandola vuota, esclamò in lacrime: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno adagiato” {Giovanni 20: 13}. Un sentimento di timore reverenziale che il messaggio potesse essere vero, servì per un certo periodo di tempo come freno per il mondo incredulo. Dopo il passare del tempo questo timore non scomparve immediatamente; all’inizio non osarono trionfare sui delusi; ma poiché non si vedevano i segni dell’ira di Dio, abbandonarono le loro paure e ripresero i loro scherni e sarcasmi. Un vasto numero di persone che aveva professato di credere nella venuta del Signore, rinunciò alla sua fede. Alcuni, che erano stati molto fiduciosi, erano così profondamente feriti nel loro orgoglio da sentirsi come se volessero fuggire dal mondo. Come Giona, si lamentavano di Dio e preferivano la morte alla vita. [403]
Coloro che avevano basato la loro fede sulle opinioni degli altri, e non sulla Parola di Dio, erano ora pronti di nuovo a cambiare le loro opinioni. Gli schernitori conquistarono i deboli e i codardi, e tutti si unirono nel dichiarare che ora non ci sarebbero più state altre paure o aspettative. Il tempo era passato, il Signore non era venuto e il mondo sarebbe potuto rimanere lo stesso per migliaia di anni. I credenti, ferventi e sinceri, avevano abbandonato tutto per Cristo. Avevano condiviso l’idea della Sua imminente presenza, come mai prima d’ora, erano convinti di dover dare l’ultimo messaggio di avvertimento al mondo; e, aspettandosi di essere presto accolti nel regno dal loro divino Maestro e dagli angeli celesti, in gran parte si erano ritirati dalla compagnia di coloro che non avevano ricevuto il messaggio. Con intenso desiderio avevano pregato: “Vieni, Signore Gesù, vieni presto”. Ma Lui non era venuto e, ora, riprendere il pesante fardello delle preoccupazioni e delle perplessità della vita, sopportando gli scherni e le critiche di un mondo beffardo, fu una terribile prova di fede e pazienza. Eppure questa delusione non era così grande come quella vissuta dai discepoli al tempo del primo avvento di Cristo. Quando Gesù cavalcò trionfalmente in Gerusalemme, i Suoi seguaci credettero che stava per salire sul trono di Davide e liberare Israele dai suoi oppressori. Con grandi speranze e gioiose anticipazioni, si sfidavano a vicenda mostrando onore al loro re. Molti hanno steso le loro vesti come un tappeto sul Suo cammino e sparso davanti a Lui i rami frondosi delle palme. Nella loro gioia entusiastica si unirono nella felice acclamazione: “Osanna al Figlio di Davide!”. Quando i farisei, turbati e irritati da questa esplosione di esultanza, chiesero a Gesù di rimproverare i Suoi discepoli, Egli rispose: “Vi dico che se costoro taceranno, griderebbero le pietre” {Luca 19: 40}. La profezia doveva adempiersi. I discepoli stavano compiendo lo scopo di Dio; tuttavia erano condannati ad un’amara delusione. Dovevano infatti passare solo alcuni giorni prima di assistere alla morte agonizzante del Salvatore, che poi fu deposto nella tomba. [404]
Le loro aspettative non si erano realizzate neanche in un singolo particolare e le loro speranze svanirono con Gesù. Finché il loro Signore non fosse uscito trionfante dalla tomba essi non poterono percepire che tutte queste cose erano state predette dalla profezia, e “che Cristo soffrisse e risuscitasse dai morti” {Atti 17: 3}. Cinquecento anni prima, il Signore aveva dichiarato mediante il profeta Zaccaria: “Esulta grandemente, figlia di Sion; grida, o figlia di Gerusalemme: ecco, il tuo re viene a te: è giusto e ha la salvezza; cavalcando umilmente un asino, sopra un puledro d’asina” {Zaccaria 9: 9}. Se i discepoli avessero capito che Cristo stava per essere giudicato ed ucciso, non si sarebbe potuta realizzare questa profezia. Allo stesso modo, Miller e i suoi associati, adempirono la profezia, annunciando il messaggio che l’Ispirazione aveva predetto che avrebbe dovuto essere dato al mondo, ma che non si sarebbe mai potuto dare se avessero compreso pienamente le profezie sottolineando la loro delusione e presentando un altro messaggio da predicare a tutte le nazioni prima che il Signore venisse. I messaggi del primo e del secondo angelo furono dati al momento giusto e portarono a compimento il lavoro che Dio aveva progettato di realizzare con loro. Il mondo, che stava seguendo gli eventi, era convinto che se il tempo fosse passato e Cristo non fosse apparso, l’intero sistema dell’Avventismo sarebbe stato abbandonato. Ma mentre molti, sotto forte tentazione, cedettero la loro fede, altri rimasero fermi. I frutti del movimento dell’avvento, lo spirito d’umiltà e di ricerca del cuore, la rinuncia al mondo e la riforma della vita avevano caratterizzato l’opera, testimoniando la presenza e l’intervento di Dio. Essi non osarono negare che il potere dello Spirito Santo aveva assistito la predicazione del secondo avvento, e non poterono riscontrare alcun errore nel calcolo dei periodi profetici. Il più abile dei loro avversari non era riuscito a rovesciare il loro sistema d’interpretazione profetica. Essi non potevano accettare, senza prove bibliche, di rinunciare a posizioni che erano state raggiunte attraverso uno studio serio e devoto delle Scritture, dalle menti illuminate dallo Spirito di Dio e dai cuori che bruciavano con la Sua forza vivente; [405]
Posizioni che avevano resistito alle critiche più scrupolose e all’opposizione più aspra da parte degli insegnanti religiosi popolari e degli uomini sapienti del mondo, e che erano rimaste ferme contro le forze combinate dell’apprendimento e dell’eloquenza, come anche davanti alle provocazioni e offese della gente di ogni classe sociale. È vero, c’era stato un fallimento in merito all’evento tanto atteso, ma anche questo non poteva scuotere la loro fede nella Parola di Dio. Quando Giona annunciò per le strade di Ninive che entro quaranta giorni la città sarebbe stata distrutta, il Signore accettò l’umiliazione dei Niniviti e prolungò il loro periodo di prova; tuttavia il messaggio di Giona fu mandato da Dio e Ninive fu messa alla prova secondo la Sua volontà. Gli Avventisti credevano che nello stesso modo Dio li aveva portati a dare l’avvertimento del giudizio. “Questo messaggio”, hanno dichiarato, “ha messo alla prova i cuori di tutti coloro che l’hanno ascoltato e ha risvegliato l’amore per l’apparizione del Signore; o ha suscitato un odio, più o meno visibile, ma noto a Dio, nella Sua venuta. Esso ha tracciato una linea di demarcazione poiché permise a coloro che esaminarono i loro cuori, di sapere da quale parte sarebbero stati trovati, se il Signore fosse ritornato. Essi avrebbero esclamato: “Ecco! Questo è il nostro Dio, l’abbiamo aspettato, e Lui ci salverà”; oppure avrebbero chiamato le rocce e le montagne a cadere su di loro per nasconderli dalla faccia di Colui che siede sul trono, e dall’ira dell’Agnello. Dio, così come crediamo, ha messo alla prova il Suo popolo, ha provato la loro fede, li ha provati e ha visto se si sarebbero ritirati nell’ora della prova, dalla posizione in cui Dio gli aveva collocati; o se rinunciando a questo mondo, avrebbero fatto affidamento, con un’implicita fiducia, alla Parola di Dio” (The Advent Herald e Signs of the Times Reporter, vol. 8, n. 14; 13 novembre 1844). I sentimenti di coloro che credevano ancora che Dio li avesse guidati nella loro passata esperienza sono espressi nelle parole di William Miller: “Se dovessi rivivere la mia vita, con le stesse prove che avevo allora, ad essere onesto con Dio e con gli uomini, rifarei ciò che ho fatto”. [406]
“Spero di aver purificato i miei indumenti dal sangue degli uomini. Sento che, per quanto mi riguarda, mi sono liberato da ogni colpa della loro condanna”. “Anche se sono stato deluso due volte”, scrisse quest’uomo di Dio, “non mi sono ancora abbattuto o scoraggiato. La mia speranza nella venuta di Cristo è più forte che mai. Ho fatto solo ciò che, dopo anni di solenne studio, ritenevo fosse il mio solenne dovere fare. Se ho sbagliato, è stato nel manifestare la carità, l’amore per i miei simili e nella convinzione del dovere verso Dio”. “Una cosa so, non ho predicato nient’altro che ciò in cui credevo; e Dio è stato con me; il Suo potere si è manifestato nell’opera e molto bene è stato fatto”. “Molte migliaia di persone sono state motivate nello studio delle Scritture attraverso la predicazione del tempo fissato per il ritorno di Cristo; e con questo mezzo, attraverso la fede e l’aspersione del sangue di Gesù, sono stati riconciliati con Dio”. (Beatitudine, pagine 256, 255, 277, 280, 281). “Non ho mai corteggiato i sorrisi dei superbi, né ho mai tremato davanti alla collera del mondo. Ora non acquisterò il loro favore e non andrò oltre tentando il loro odio. Non chiederò mai di risparmiare la mia vita dalle loro mani, né rifiuterò, lo spero, di perderla, se Dio nella Sua buona provvidenza dovesse chiedermelo” (J. White, vita di Wm. Miller, pagina 315). Dio non ha abbandonato il Suo popolo; il Suo Spirito rimase con coloro che non negarono avventatamente la luce che avevano ricevuto e che non denunciarono il movimento dell’avvento. Nell’Epistola agli Ebrei ci sono parole di incoraggiamento e di avvertimento per quelli provati, in attesa di questa crisi: “Non allontanate dunque la vostra fiducia, la quale ha una grande ricompensa. Poiché avete bisogno di pazienza, dopo aver fatto la volontà di Dio, potrete ricevere la promessa. Ancora un brevissimo tempo e Colui che ha da venire verrà e non tarderà. Il giusto vivrà per fede: ma se qualcuno si ritira, la mia anima non avrà alcun piacere in lui. Ma noi non siamo di quelli che si ritirano a loro perdizione; ma di quelli che credono per la salvezza dell’anima” {Ebrei 10: 35-39}. [407]
Che questo ammonimento sia rivolto alla chiesa negli ultimi giorni questo è evidente dalle parole che indicano la vicinanza della venuta del Signore: “Ancora un brevissimo tempo e Colui che ha da venire verrà e non tarderà”. Si nota chiaramente che ci sarebbe stato un ritardo apparente e che il Signore sembrerebbe trattenersi. Le istruzioni qui date sono adatte in modo particolare all’esperienza degli Avventisti in questo momento. Le persone in questione erano in pericolo di perdere la loro fede. Avevano fatto la volontà di Dio nel seguire la guida del Suo Spirito e della Sua Parola; tuttavia non potevano comprendere il Suo scopo nelle loro esperienze passate, né potevano discernere il sentiero da seguire e furono tentati di dubitare che Dio li avesse davvero guidati. In quel momento si potevano applicare queste parole: “Ora il giusto vivrà per fede”. Quando la luce splendente del “grido di mezzanotte” aveva brillato sul loro cammino, rendendogli chiare le profezie sigillate e i segni rapidamente adempiuti che dicevano che la venuta di Cristo era vicina, essi avevano camminato, per così dire, secondo “visione”. Ma ora, abbattuti a causa delle speranze deluse, potevano resistere solo per fede in Dio e nella Sua Parola. Il mondo beffardo stava dicendo: “Sei stato ingannato. Abbandona la tua fede e riconoscerai che il movimento dell’avvento proviene da Satana”. Ma la Parola di Dio dichiarò: “Se qualcuno si tira indietro, la mia anima non avrà alcun piacere in lui”. Rinunciare alla loro fede e negare il potere dello Spirito Santo che aveva assistito la predicazione del messaggio, significava tornare indietro verso la perdizione. Furono incoraggiati alla costanza dalle parole di Paolo: “Non gettate via dunque la vostra fiducia”; “avete bisogno di costanza”, “ancora un brevissimo tempo e Colui che ha da venire verrà e non tarderà”.
La loro unica possibilità era quella di amare la luce che avevano già ricevuto da Dio, attenersi saldamente alle Sue promesse e continuare a studiare le Scritture, attendere pazientemente e vigilare per ricevere ulteriore luce. [408]
Il passaggio biblico che al di sopra di ogni altro è sia il fondamento che la colonna portante della fede dell’avvento è la dichiarazione: “Fino a duemilatrecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato” {Daniele 8: 14}. Queste erano state parole familiari a tutti i credenti che aspettavano l’imminente ritorno del Signore. Le labbra di migliaia ripeterono questa profezia come fosse la parola d’ordine della loro fede. Tutti erano convinti che dall’evento qui predetto dipendessero le loro più brillanti aspettative e le loro più amate speranze. Questi giorni profetici furono dimostrati terminare nell’autunno del 1844. In comune con il resto del mondo cristiano, gli Avventisti sostenevano che la terra, o parte di essa, fosse il santuario. Compresero che la purificazione del santuario era la purificazione della terra mediante il fuoco dell’ultimo grande giorno e che questo avrebbe avuto luogo in occasione del secondo avvento. Da qui la conclusione che Cristo sarebbe tornato sulla terra nel 1844. Ma il tempo stabilito era passato e il Signore non era apparso. I credenti sapevano che la Parola di Dio non poteva fallire; la loro interpretazione della profezia doveva essere difettosa; ma dov’era l’errore? Molti si affrettarono a risolvere il problema dicendo che i 2300 giorni non finivano nel 1844 e l’unica ragione che davano era che Cristo non era venuto nel momento in cui essi Lo aspettavano. Sostenevano che se i giorni profetici fossero terminati nel 1844, Cristo sarebbe quindi tornato per purificare il santuario attraverso la purificazione della terra mediante il fuoco; e visto che non era venuto, i giorni profetici non sarebbero potuti finire in quella data. [409]
Accettare questa conclusione significava rinunciare al precedente calcolo dei periodi profetici. Era stato scoperto che le 2300 sere e mattine cominciarono quando entrò in vigore il decreto di Artaserse per il restauro e la ricostruzione di Gerusalemme, nell’autunno del 457 a. C. Prendendo questo come punto di partenza, vi è stata una perfetta armonia nell’applicazione di tutti gli eventi predetti nella spiegazione di quel periodo in {Daniele 9: 25-27}. Sessantanove settimane, ovvero i primi 483 dei 2300 anni, dovevano condurre al Messia, l’Unto; infatti il battesimo e l’unzione di Cristo da parte dello Spirito Santo nel 27 d.C. soddisfacevano pienamente la profezia. Nel mezzo della settantesima settimana, il Messia, doveva essere “soppresso”. Tre anni e mezzo dopo il Suo battesimo, Cristo fu crocifisso nella primavera del 31 d.C. Le settanta settimane, o i 490 anni, dovevano riguardare soprattutto gli ebrei. Alla scadenza di questo periodo, la nazione sigillò il suo rifiuto di Cristo con la persecuzione dei Suoi discepoli e gli apostoli si rivolsero ai Gentili: era il 34 d.C. Questi erano i primi 490 anni dei 2300, dopo la loro conclusione, rimasero ancora 1810 anni. Dal 34 d.C., i 1810 anni si estesero fino al 1844. “Allora”, disse l’angelo, “il santuario sarà purificato”. Tutte le precedenti previsioni della profezia erano state adempiute senza dubbio al momento stabilito. Con questo calcolo tutto era chiaro ed armonioso, ma nel 1844 sembrava non essersi verificato nessun evento riguardante la purificazione del santuario. Negare che quei giorni profetici fossero terminati in quella data, significava portare l’intera questione in una grande confusione, e quindi rinunciare alle posizioni che erano state stabilite dai chiari adempimenti della profezia. Ma Dio stesso aveva guidato il Suo popolo nel grande movimento dell’avvento; Il Suo potere e la Sua gloria avevano partecipato all’opera ed Egli non avrebbe permesso che finisse nell’oscurità e nella delusione, per poi essere rimproverata di una falsa esaltazione e di fanatismo. Non avrebbe lasciato la Sua Parola velata nel dubbio e nell’incertezza. [410]
Sebbene molti abbiano abbandonato il loro precedente calcolo dei periodi profetici e negato la nascita del movimento basato su di essi, altri non erano disposti a rinunciare ai punti di fede e di esperienza sostenuti dalle Scritture e dalla testimonianza dello Spirito di Dio. Credevano di aver adottato solidi principi interpretativi nel loro studio delle profezie, e che era loro dovere mantenere saldamente le verità già acquisite e continuare ad indagare nello stesso modo la Bibbia. Con uno spirito di preghiera sincera, riesaminando la loro posizione e studiando le Scritture cercavano di scoprire il loro errore. Non vedendo alcun errore nel loro calcolo dei periodi profetici, furono condotti ad esaminare più da vicino l’argomento del santuario. Nella loro indagine appresero che non esiste alcuna prova nella Scrittura che sostenga la visione popolare secondo cui la terra sia il santuario; ma trovarono invece, nella Bibbia, una spiegazione completa del soggetto del santuario: la sua natura, la sua posizione e i suoi servizi. La testimonianza degli scrittori sacri è così chiara ed ampia da non lasciare ombra di dubbio. L’apostolo Paolo, nella Lettera agli Ebrei, dice: “Or anche il primo patto aveva delle ordinanze per il servizio divino e un santuario terreno. Infatti fu preparato un primo tabernacolo, in cui si trovava il candelabro e la tavola dei pani della presentazione; che è chiamato Luogo Santo. Oltre il secondo velo vi era il tabernacolo chiamato Luogo Santissimo; che aveva l’incensiere d’oro e l’arca dell’alleanza rivestita d’oro, in cui c’era il vaso d’oro contenente la manna, la verga di Aronne che era fiorita e le tavole del patto; e sopra l’arca i cherubini della gloria ombreggiavano il propiziatorio” {Ebrei 9: 1-5}. Il santuario al quale si riferisce qui Paolo era il tabernacolo costruito da Mosè, secondo l’ordine datogli da Dio, come dimora terrena dell’Altissimo. “Che mi facciano un santuario; affinché io possa dimorare in mezzo a loro” {Esodo 25: 8}, fu l’ordine dato a Mosè mentre era sul monte con Dio. [411]
Gli israeliti stavano viaggiando attraverso il deserto perciò il tabernacolo era costruito in modo da poter essere trasportato da un luogo all’altro; tuttavia era una struttura di grande magnificenza. Le sue pareti erano costituite da assi verticali pesantemente placcate in oro e incastonate in prese d’argento, mentre il tetto era formato da una serie di tende o rivestimenti, l’esterno da pelli e l’interno con del lino finissimo splendidamente lavorato con figure di cherubini. Oltre al cortile esterno, che conteneva l’altare degli olocausti, il tabernacolo stesso consisteva in due stanze chiamate: Luogo Santo e Luogo Santissimo, separati da una ricca e bella tenda, o velo; un velo simile chiudeva l’ingresso alla prima stanza. Nel Luogo Santo vi era il candelabro, a sud, con le sue sette lampade che davano luce al santuario sia di giorno che di notte; a nord stava il tavolo dei pani della presentazione; e davanti al velo che separava il Luogo Santo dal Santissimo vi era l’altare d’oro dell’incenso, da cui la nuvola di fragranza soave si univa alle preghiere di Israele che venivano quotidianamente presentate dinanzi a Dio. Nel Luogo Santissimo stava l’arca, una cassa di legno prezioso rivestita d’oro, nella quale erano depositate le due tavole di pietra su cui Dio aveva inciso la legge dei Dieci Comandamenti. Sopra l’arca, come coperchio per il cofano sacro, vi era il propiziatorio, un magnifico oggetto artistico, sormontato da due cherubini, uno per ciascuna estremità ed entrambi lavorati in oro massiccio. In questo luogo la presenza divina si manifestava nella nuvola di gloria tra i due cherubini. Dopo l’insediamento degli ebrei in Canaan, il tabernacolo fu sostituito dal tempio di Salomone, che, sebbene fosse una struttura permanente e su scala più ampia, aveva le stesse misure, ed era arredato in modo simile. Il santuario rimase in questa nuova forma, tranne nel momento della sua rovina ai tempi di Daniele, e alla sua completa distruzione nel 70 d.C. ad opera dei Romani. Questo è l’unico santuario che sia mai esistito sulla terra e di cui la Bibbia fornisce informazioni. [412]
Questo fu dichiarato da Paolo come il santuario del primo patto. Ma il nuovo patto non ha un santuario? Tornando al libro di Ebrei, i ricercatori della verità hanno scoperto che l’esistenza di un secondo o di un nuovo santuario del patto era implicita nelle parole di Paolo già citate: “Or anche il primo patto aveva delle ordinanze per il servizio divino, e un santuario terreno”. L’uso della parola “anche” indica che Paolo aveva già menzionato questo santuario. Tornando all’inizio del capitolo precedente si può leggere: “Ora, delle cose di cui abbiamo parlato questa è la somma: abbiamo un Sommo Sacerdote, che si trova alla destra del trono della Maestà dei cieli; ministro del santuario e del vero tabernacolo, che il Signore, e non un uomo, ha eretto” {Ebrei 8: 1-2}. Qui è rivelato il santuario del nuovo patto. Il santuario del primo patto fu eretto dall’uomo, costruito da Mosè; ma questo è eretto dal Signore, non dall’uomo. In quel santuario i sacerdoti terreni eseguivano il loro servizio; in questo, Cristo, nostro grande Sommo Sacerdote, officia alla destra di Dio. Un santuario era presente sulla terra, l’altro invece in cielo. Inoltre, il tabernacolo costruito da Mosè fu realizzato secondo uno schema. Il Signore gli ordinò: “Secondo tutto ciò che ti mostro, secondo lo schema del tabernacolo e del modello con tutti i suoi arredi… così lo farai” {Esodo 25: 9, 40}. Paolo infatti dice che il primo tabernacolo “era una figura per il tempo allora presente, in cui venivano offerti sia doni che sacrifici”; e aggiunse che i suoi luoghi santi erano “modelli di cose nei cieli”, che i sacerdoti che offrivano doni secondo la legge servivano da “figure ed ombre delle cose celesti” e che “Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura del vero; ma nel cielo stesso, ora per apparire alla presenza di Dio per noi” {Ebrei 9: 9, 23; Ebrei 8: 5; Ebrei 9: 2}. [413]
Il santuario in cielo, nel quale Gesù officia per noi, è il grande originale del santuario costruito da Mosè come copia. Dio aveva posto il Suo Spirito sui costruttori del santuario terreno. L’abilità artistica mostrata nella sua costruzione era una manifestazione della saggezza divina. Le pareti erano d’oro massiccio e riflettevano in ogni direzione la luce delle sette lampade del candelabro d’oro. La tavola dei pani della presentazione e l’altare degli incensi brillavano come oro brunito. La splendida tenda che formava il soffitto, inondata di figure di angeli in blu, viola e scarlatto aggiungeva bellezza alla scena. Oltre il secondo velo c’era la santa “Shekinah”, la manifestazione visibile della gloria di Dio, davanti alla quale solo il sommo sacerdote poteva entrare e vivere. Lo splendore ineguagliabile del tabernacolo terreno mostrava alla visione umana le glorie di quel tempio celeste in cui Cristo, nostro precursore, officia per noi davanti al trono di Dio. Questo è il luogo dove dimora il Re dei re, dove “migliaia di migliaia” lo servono e “diecimila volte diecimila” stanno davanti a lui {Daniele 7: 10}; quel tempio, pieno della gloria del trono eterno, dove i serafini, i suoi guardiani splendenti, velano i loro volti in adorazione, potrebbe trovare, nella più magnifica struttura mai prodotta dalle mani dell’uomo, solo un debole riflesso della sua vastità e gloria. Tuttavia importanti verità riguardanti il santuario celeste e la grande opera che si svolgeva per la redenzione dell’uomo furono rivelate per mezzo del santuario terreno e dai suoi servizi. I luoghi sacri del santuario in cielo sono rappresentati dalle due stanze nel santuario terreno. Quando all’apostolo Giovanni fu concessa una visione del tempio di Dio in cielo egli vide “sette lampade di fuoco che ardevano davanti al trono” {Apocalisse 4: 5}. Vide anche un angelo “avere un incensiere d’oro; e gli fu dato molto incenso, affinché lo offrisse con le preghiere di tutti i santi sull’altare d’oro che era davanti al trono” {Apocalisse 8: 3}. [414]
Qui il profeta fu autorizzato a contemplare la prima stanza del santuario in cielo; e vide lì le “sette lampade di fuoco” e “l’altare d’oro”, rappresentato dal candelabro d’oro e dall’altare degli incensi nel santuario sulla terra. Di nuovo, “il tempio di Dio fu aperto” {Apocalisse 11: 19}, e guardò oltre il velo interiore, nel Luogo Santissimo. Qui vide “l’arca del patto”, rappresentato dall’arca costruita da Mosè per contenere la legge di Dio. Così coloro che stavano studiando questo soggetto trovarono una prova inconfutabile dell’esistenza di un santuario in cielo. Mosè realizzò il santuario terreno partendo da un modello che gli fu mostrato. Paolo sottolinea che quel modello era il vero santuario che si trova in cielo; e anche Giovanni testimonia di averlo visto in visione. Nel tempio in cielo, dimora di Dio… “il suo trono è stabilito in rettitudine per il giudizio” {Salmo 9: 7}. Nel Luogo Santissimo c’è la Sua legge, la grande norma di giustizia secondo la quale tutta l’umanità verrà messa alla prova. L’arca che custodisce le tavole della legge è coperta dal propiziatorio, davanti al quale Cristo, attraverso i meriti del Suo sangue, intercede per conto del peccatore. Così viene rappresentata l’unione della giustizia e della misericordia nel piano della redenzione umana. Solo la saggezza infinita poteva concepire questo equilibrio e solo il potere infinito poteva realizzarlo; questa è un’unione che riempie tutto il cielo di meraviglia e adorazione. I cherubini del santuario terreno, guardando con riverenza il propiziatorio, rappresentano l’interesse con cui le schiere celesti contemplano l’opera di redenzione. Questo è il mistero della misericordia che gli angeli desiderano tanto comprendere; ovvero, che Dio rimanendo giusto possa giustificare il peccatore pentito e rinnovare il Suo rapporto con la razza caduta, e di come Cristo si sia abbassato per sollevare migliaia di uomini dall’abisso della rovina e rivestirli con le vesti immacolate della Sua giustizia per unirsi con gli angeli che non sono mai caduti e dimorare per sempre alla presenza di Dio. L’opera di Cristo come intercessore dell’uomo è presentata in quella bella profezia di Zaccaria riguardante Gesù, “il cui nome è Germoglio”. [415]
Il profeta dice: “Costruirà il tempio del Signore; porterà le insegne della gloria, e siederà e regnerà sul suo trono; sarà sacerdote sul suo trono, e vi sarà fra i due un consiglio di pace” {Zaccaria 6: 12-13}. “Egli costruirà il tempio del Signore”. Con il suo sacrificio e la sua mediazione, Cristo è sia il fondamento che il costruttore della chiesa di Dio. L’apostolo Paolo Lo indica come “la pietra angolare; in cui tutto l’edificio ben collegato insieme diventa un sacro tempio nel Signore: in cui anche voi”, dice, “entrate a far parte dell’edificio, che ha da servire come abitazione di Dio attraverso lo Spirito” {Efesini 2: 20-22}. “Porterà le insegne della gloria”. A Cristo appartiene la gloria della redenzione della razza caduta. Attraverso le ere eterne, il canto dei riscattati sarà: “A Lui che ci ha amati e ci ha lavato dai nostri peccati nel Suo sangue… a Lui sia gloria e dominio per sempre” {Apocalisse 1: 5-6}. “Siederà e regnerà sul suo trono; e sarà un sacerdote sul suo trono”. Ora Gesù non si trova ancora “sul trono della sua gloria”, il regno della gloria infatti non è ancora stato inaugurato. Questo finché la Sua opera di mediatore non sarà terminata e Dio allora “darà a Lui il trono di Suo padre Davide”, un regno in cui “non ci sarà fine” {Luca 1: 32-33}. Come sacerdote però, Cristo è ora seduto con il Padre sul Suo trono {Apocalisse 3: 21}. Sul trono insieme all’Eterno – colui che esiste da Sé – c’è chi “ha portato le nostre sofferenze e i nostri dolori” {Isaia 53: 4}, che “era in tutti i punti tentato come noi, ma senza peccato” {Ebrei 4: 15}, che può “soccorrere quelli che sono tentati” {Ebrei 2: 18}; “e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre” {1 Giovanni 2: 1}. La Sua intercessione si fonda su quella di un corpo trafitto e di una vita senza macchia. Le mani ferite, il fianco trafitto, i piedi logorati, intercedono in favore dell’uomo caduto, la cui redenzione fu acquistata ad un costo così infinito. “Vi sarà fra i due un consiglio di pace”. L’amore del Padre, non meno di quella del Figlio, è la fonte della salvezza per la razza perduta. [416]
Gesù disse ai Suoi discepoli prima che se ne andasse: “e non vi dico che pregherò il Padre per voi, perché il Padre stesso vi ama” {Giovanni 16: 26-27}. Dio era “in Cristo, riconciliando il mondo a Sé stesso” {2 Corinzi 5: 19}. Nel ministero sacerdotale nel santuario celeste “vi sarà fra i due un consiglio di pace”. “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” {Giovanni 3: 16}. Alla domanda: “Che cos’è il santuario?” si trova una chiara risposta nelle Scritture. Il termine “santuario”, usato nella Bibbia, si riferisce, in primo luogo, al tabernacolo costruito da Mosè, come ombra delle cose celesti; e, in secondo luogo, al “vero tabernacolo” in cielo, di cui quello terreno era una raffigurazione. Alla morte di Cristo il servizio simbolico cerimoniale terminò. Il “vero tabernacolo” in cielo diviene quindi il santuario del nuovo patto. E poiché la profezia di {Daniele 8: 14} si è adempiuta in questa dispensazione, il santuario a cui si riferisce deve essere necessariamente il santuario del nuovo patto. Alla fine dei 2300 giorni, nel 1844, non si trovava alcun santuario sulla terra già da molti secoli. Così la profezia: “Fino a duemilatrecento sere e mattina; poi il santuario sarà purificato”, indica indiscutibilmente il santuario in cielo. Ma la domanda più importante è: “che cos’è la purificazione del santuario?”. Che ci fosse un tale servizio in connessione con il santuario terreno è affermato nelle Scritture dell’Antico Testamento. Ma può esserci qualcosa in cielo da purificare? In Ebrei 9 è chiaramente presentata la purificazione del santuario terreno e di quello celeste. “Quasi tutte le cose sono, secondo la legge, purificate con sangue; e senza spargimento di sangue non c’è perdono. Era quindi necessario che le cose raffiguranti quelle nei cieli fossero purificate con questi mezzi [il sangue degli animali]; ma le cose celesti stesse dovevano esserlo con sacrifici più eccellenti di questi” {Ebrei 9: 22-23}, cioè con il prezioso sangue di Cristo. La purificazione, sia nel servizio cerimoniale tipico che in quello reale, deve essere compiuta con il sangue: nel primo, col sangue degli animali; nel secondo, col sangue di Cristo. [417]
Paolo afferma che la ragione per cui questa purificazione deve essere eseguita con il sangue è che senza spargimento di sangue non vi è remissione. La remissione, o la rimozione del peccato, è proprio l’opera da compiere. Ma come potrebbe essere il peccato connesso sia al santuario celeste che a quello terreno? Questo può essere compreso facendo riferimento al servizio simbolico; poiché i sacerdoti che officiavano sulla terra servivano come “figura e ombra delle cose celesti” {Ebrei 8: 5}. Il ministero del santuario terreno consisteva in due fasi; i sacerdoti officiavano quotidianamente nel Luogo Santo, mentre una volta all’anno il Sommo Sacerdote eseguiva un’opera speciale di espiazione nel Luogo Santissimo, per la purificazione del santuario. Giorno dopo giorno il peccatore pentito portava la sua offerta alla porta del tabernacolo e, posando la mano sulla testa della vittima, confessava i suoi peccati, quindi trasferendoli simbolicamente da sé all’innocente sacrificio. L’animale poi veniva ucciso. “Senza spargimento di sangue”, dice l’apostolo, “non c’è remissione dei peccati”. “La vita della carne è nel sangue” {Levitico 17: 11}. La legge di Dio che veniva infranta richiedeva la vita del trasgressore. Il sangue rappresentava la vita perduta del peccatore, la cui colpa era portata dalla vittima, che veniva portato dal sacerdote nel Luogo Santo e spruzzato davanti al velo, dietro il quale c’era l’arca contenente la stessa legge che il peccatore aveva trasgredito. Con questa cerimonia e per mezzo del sangue, il peccato veniva trasferito simbolicamente nel santuario. In alcuni casi il sangue non veniva portato nel Luogo Santo; ma la carne doveva essere mangiata dal sacerdote, così come Mosè aveva ordinato ai figli di Aronne, dicendo: “Dio ve l’ha dato perché portiate l’iniquità della congregazione” {Levitico 10: 17}. Entrambe le cerimonie simboleggiavano il trasferimento del peccato, dal penitente al santuario. Tale era l’opera che andava avanti, giorno dopo giorno, durante tutto l’anno. I peccati di Israele venivano trasferiti nel santuario, quindi c’era bisogno di un’opera speciale per la loro rimozione. Dio comandò che fosse fatta l’espiazione per ciascuno dei Luoghi sacri. [418]
“Farà un’espiazione per il luogo santo, a causa dell’impurità dei figli d’Israele, e a causa delle loro trasgressioni e di tutti i loro peccati; così farà anche per il tabernacolo della congregazione, ch’è stabilito in mezzo a loro, in mezzo alle loro impurità”. Un’espiazione doveva essere fatta per l’altare degli incensi per “purificarlo e santificarlo dalle impurità dei figli d’Israele” {Levitico 16: 16, 19}. Una volta all’anno, nel grande giorno dell’Espiazione, il sacerdote entrava nel luogo più sacro per la purificazione del santuario. Quest’opera completava il ciclo del servizio annuale. Nel giorno dell’Espiazione, due capretti venivano portati alla porta del tabernacolo e si tirava a sorte “per vedere quale dei due debba essere dell’Eterno e quale di Azazel” {Levitico 16: 8}. Il capro su cui cadeva la sorte per il Signore doveva essere ucciso come offerta per il peccato del popolo. Il sacerdote doveva poi spruzzare il suo sangue oltre il velo e cospargerlo sul propiziatorio e davanti ad esso. Il sangue doveva anche essere spruzzato sull’altare degli incensi che si trovava prima del velo. “Aronne stenderà entrambe le sue mani sulla testa del capro vivo e confesserà su di lui tutte le iniquità dei figli d’Israele, tutte le loro trasgressioni e tutti i loro peccati, mettendoli sulla testa del capro, poi per mano di un uomo incaricato di questo, lo manderà via nel deserto; e il capro porterà su di lui tutte le loro iniquità in una terra non abitata” {Levitico 16: 21-22}. Il capro espiatorio non ritornava più nel campo d’Israele, e l’uomo che lo portava via era costretto a lavare sé stesso e i suoi vestiti con l’acqua prima di rientrare nel campo. L’intera cerimonia è stata progettata per impressionare gli israeliti della santità di Dio e la Sua avversione per i peccati; inoltre, essa doveva mostrare loro che non potevano entrare in contatto con il peccato senza essere contaminati. Ad ogni uomo era richiesto di fare un profondo esame di coscienza del cuore, mentre quest’opera di espiazione veniva svolta. [419]
Tutti gli affari dovevano essere messi da parte, e tutta la congregazione d’Israele doveva trascorrere la giornata in solenne umiliazione davanti a Dio, con preghiera, digiuno e una ricerca profonda del cuore. Verità importanti riguardanti l’espiazione ci sono insegnate mediante il servizio cerimoniale. Un sostituto fu accettato al posto del peccatore; ma il peccato non è stato cancellato dal sangue della vittima. È stato quindi fornito un mezzo con il quale è stato trasferito al santuario. Con l’offerta di sangue il peccatore riconosce l’autorità della legge, confessa la sua colpa ed esprime il suo desiderio di essere perdonato per fede, per mezzo di un Redentore che verrà; ma non era ancora del tutto liberato dalla condanna della legge. Nel giorno dell’Espiazione il Sommo Sacerdote riceveva un’offerta dalla congregazione, entrava nel Luogo Santissimo con il sangue di questa offerta, e lo spruzzava sul propiziatorio, direttamente sopra la legge, per soddisfare le sue pretese. Quindi, in qualità di mediatore, prendeva i peccati su di sé e li portava via dal santuario. Metteva poi le mani sulla testa del capro espiatorio, confessava su di lui tutti questi peccati, trasferendoli quindi simbolicamente da sé al capro. Il capro poi li portava via dal campo. Tutte le trasgressioni venivano considerate allontanate una volta per sempre via dal popolo. Questo era il servizio svolto come “figura e ombra delle cose celesti”. Ciò che veniva fatto simbolicamente nel ministero del santuario terreno, viene svolto nella realtà nel ministero del santuario celeste. Dopo la Sua ascensione il nostro Salvatore iniziò la Sua opera come nostro Sommo Sacerdote. Paolo dice: “Cristo non è entrato in un santuario fatto da mano d’uomo, che è figura del vero; ma nel cielo stesso, per apparire ora alla presenza di Dio per noi” {Ebrei 9: 24}. Il ministero del sacerdote durante il corso di tutto l’anno nella prima sezione del santuario, “al di là del velo”, che serviva come porta d’accesso e che separava il Luogo Santo dal cortile esterno, rappresenta l’opera iniziata da Cristo in cielo dopo la Sua ascensione. [420]
L’opera del sacerdote, nel servizio quotidiano, consisteva nel presentare davanti a Dio il sangue del sacrificio per il peccato insieme all’incenso che saliva con le preghiere d’Israele. Allo stesso modo Cristo presentava al Padre i meriti del Suo sangue in favore dei peccatori e faceva giungere fin davanti a Lui anche le preghiere dei credenti penitenti, accompagnate dal prezioso profumo della Sua stessa giustizia.Tale era il servizio nella prima sezione del santuario in cielo. Fu lì che la fede dei discepoli di Cristo Lo seguì quando scomparve dalla loro vista. Fu là che le loro speranze si concentrarono. “Quale speranza abbiamo”, disse Paolo, “come un’ancora dell’anima, sicura e ferma, che entra di là dal velo; dove Gesù è entrato per noi come precursore, essendo divenuto Sommo Sacerdote per sempre” {Ebrei 6: 19-20}. “Né per il sangue di capri e di vitelli, ma per il suo stesso sangue è entrato una volta nel santuario, avendo ottenuto per noi la redenzione eterna” {Ebrei 9: 12}. Per diciotto secoli quest’opera ha continuato ad essere svolta nella prima stanza del santuario. Il sangue di Cristo, versato in favore dei credenti penitenti, assicurava loro il perdono e l’accettazione del Padre, malgrado i loro peccati rimanessero ancora scritti nei libri. Così come nel servizio tipico esisteva un’opera di espiazione alla fine dell’anno, così prima che l’opera di Cristo per la redenzione degli uomini fosse stata completata c’era bisogno di un’opera di espiazione per la rimozione dei peccati dal santuario. Questo è il servizio iniziato quando i 2300 giorni profetici finirono. Al compimento del tempo stabilito, come predetto da Daniele, il profeta, il nostro Sommo Sacerdote entrò nel Luogo Santissimo, per compiere l’ultimo servizio della Sua solenne opera: purificare il santuario. Come anticamente i peccati del popolo erano per fede collocati sull’offerta per il peccato e attraverso il Suo sangue venivano trasferiti simbolicamente nel santuario terreno, così nel nuovo patto i peccati del pentito sono per fede posti su Cristo e trasferiti nel santuario celeste. Come la simbolica purificazione del santuario terreno veniva completata rimuovendo i peccati con cui era stato contaminato, così l’effettiva purificazione del santuario celeste deve essere compiuta con la rimozione, o la cancellazione, dei peccati che vi sono registrati. [421]
Ma prima che questo possa essere compiuto, in cielo ci deve essere un’esaminazione dei libri per determinare chi, attraverso il pentimento del peccato e della fede in Cristo, ha diritto ai benefici della Sua espiazione. La purificazione del santuario comporta quindi un’opera di investigazione, un giudizio. Quest’opera deve essere eseguita prima della venuta di Cristo per riscattare il Suo popolo; poiché quando viene, la Sua ricompensa è con Lui “per rendere ad ogni uomo secondo le sue opere” {Apocalisse 22: 12}. Così quelli che seguirono la luce della Parola profetica videro che, invece di venire sulla terra alla fine dei 2300 giorni nel 1844, Cristo entrò nel Luogo Santissimo del santuario celeste per compiere l’opera conclusiva dell’espiazione preparatoria alla Sua venuta. Si è visto inoltre che l’offerta per il peccato indicava Cristo come un sacrificio e che il Sommo Sacerdote rappresentava sempre Cristo come mediatore, mentre il capro espiatorio simboleggiava invece Satana, l’autore del peccato, sul quale saranno finalmente posti i peccati del vero penitente… Quando il Sommo Sacerdote, in virtù del sangue dell’offerta per il peccato, rimuoveva i peccati dal santuario, li trasferiva sul capro espiatorio. Quando Cristo, in virtù del Suo stesso sangue, rimuoverà i peccati del Suo popolo dal santuario celeste, alla fine del Suo ministero, li metterà su Satana, il quale, nell’esecuzione del giudizio, dovrà portare la pena finale. Il capro espiatorio fu mandato via in una terra non abitata, per non tornare più nella congregazione di Israele. Così Satana sarà bandito per sempre dalla presenza di Dio e del Suo popolo, e sarà cancellato dall’esistenza nella distruzione finale del peccato e dei peccatori. [422]
Il tema del santuario era la chiave che sbloccava il mistero della delusione del 1844 e che rivelava un sistema completo di verità, connesso e armonioso, il quale mostrava che la mano di Dio aveva diretto il grande movimento dell’avvento rivelando le responsabilità presenti e la posizione del Suo popolo. Come i discepoli di Gesù dopo la terribile notte della loro angoscia e delusione furono “contenti quando videro il Signore”, così si rallegravano ora anche quelli che guardavano con fiducia alla Sua seconda venuta. Essi si aspettavano che Lui apparisse in gloria per dare una ricompensa ai Suoi servi. Poiché le loro speranze erano deluse, avevano perso di vista Gesù e avevano esclamato come Maria al sepolcro: “Hanno portato via il mio Signore, e non so dove l’abbiano posto” {Giovanni 20: 2}. Ora nel Luogo Santissimo essi ritrovarono il loro compassionevole Sommo Sacerdote, che apparirà presto come il loro re e liberatore. La luce del santuario illuminava il passato, il presente e il futuro. Sapevano che Dio li aveva guidati con la Sua infallibile provvidenza. Sebbene, come i primi discepoli, non riuscirono a capire il messaggio che portavano, comunque esso era esatto sotto tutti gli aspetti. Nel proclamarlo avevano adempiuto lo scopo di Dio e la loro opera non era stata vana nel Signore. Rigenerati “di nuovo ad una speranza viva”, si rallegrarono “di una gioia indicibile e piena di gloria” {1 Pietro 1: 4}. [423]
Sia la profezia di {Daniele 8: 14} “Fino a duemilatrecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato” sia il messaggio del primo angelo “temete Dio e dategli gloria; perché è giunta l’ora del Suo giudizio” {Apocalisse 14: 7} indicarono il servizio di Cristo, nel Luogo Santissimo, del giudizio investigativo e non della Sua venuta per la redenzione del popolo e della distruzione dei malvagi. Non ci fu infatti un errore nel calcolo dei tempi profetici, ma sulla natura dell’evento che doveva verificarsi alla fine dei 2300 giorni. A causa di questo errore i credenti avevano sofferto una grande delusione, eppure tutto ciò che era predetto dalla profezia e tutto ciò che avevano promesso le Scritture si era adempiuto.Proprio nel momento in cui si lamentavano del fallimento delle loro speranze, si era verificato l’evento che era stato predetto dal messaggio, evento che doveva essere adempiuto prima del ritorno del Signore che avrebbe portato la ricompensa ai Suoi servi. Cristo era venuto, non sulla terra, come si aspettavano, ma, come prefigurato nel tipo, era entrato nel Luogo Santissimo del tempio di Dio che è in cielo. Ciò è rappresentato dal profeta Daniele che lo presenta mentre si dirige verso l’Antico di Giorni: “Io guardai nelle visioni notturne, ed ecco uno, come il Figlio d’uomo, venire sulle nuvole del cielo; egli giunse” – non sulla terra, ma – “all’Antico di Giorni, e fu fatto accostare vicino a Lui” {Daniele 7: 13}. Questa venuta è predetta anche dal profeta Malachia: “Il Signore, che cercate, il Messaggero del patto che voi bramate verrà improvvisamente nel suo tempio: ecco, viene, dice il Signore degli eserciti” {Malachia 3: 1}. La venuta del Signore nel Suo tempio fu improvvisa ed inaspettata per il Suo popolo. Loro infatti non Lo stavano cercando lì. Si aspettavano che Lui venisse sulla terra, “in un fuoco fiammeggiante e che si vendicasse di quelli che non conoscono Dio e che non obbediscono al Vangelo” {2 Tessalonicesi 1: 8}. Ma il popolo di Dio non era ancora pronto per incontrare il loro Signore. Bisognava compiere ancora un’opera di preparazione in loro. [424]
Doveva ancora essere data la luce che avrebbe diretto le loro menti al tempio di Dio in cielo; e che avrebbero dovuto seguire il loro Sommo Sacerdote, per fede, nel Suo ministero lassù, affinché gli fossero rivelate nuove responsabilità. Un altro messaggio di avvertimento e istruzione doveva essere dato alla chiesa. Il profeta dice: “Chi può resistere nel giorno della sua venuta? E chi starà in piedi quando apparirà? Poiché Egli è come il fuoco di un raffinatore, e come la potassa dei lavatori di panni. Egli si siederà come un raffinatore e un purificatore d’argento; purificherà i figli di Levi e li purificherà come l’oro e l’argento, affinché offrano al Signore offerte giuste” {Malachia 3: 2-3}. Coloro che vivono sulla terra quando l’intercessione di Cristo cesserà nel santuario celeste, dovranno stare davanti a un Dio santo senza mediatore. Le loro vesti devono essere immacolate, i loro caratteri devono essere purificati dal peccato mediante il sangue dell’aspersione. Attraverso la grazia di Dio e il loro diligente sforzo devono essere vincitori nella battaglia contro il male. Mentre il giudizio investigativo sta andando avanti in cielo, mentre i peccati dei credenti penitenti vengono rimossi dal santuario, ci deve essere un’opera speciale di purificazione, di eliminazione del peccato, tra il popolo di Dio sulla terra. Quest’opera è presentata più chiaramente nei messaggi di Apocalisse 14. Quando quest’opera sarà compiuta, i seguaci di Cristo saranno pronti per la Sua apparizione. “Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore, come ai tempi antichi e come negli anni precedenti” {Malachia 3: 4}. Quindi la chiesa che il nostro Signore riceverà alla Sua venuta sarà una “chiesa gloriosa, che non ha macchia, né ruga, o alcuna simile cosa” {Efesini 5: 27}. Essa sarà “come l’alba, bella come la luna, chiara come il sole, e terribile come un esercito a bandiere spiegate” {Cantico dei Cantici 6: 10}. Oltre alla venuta del Signore nel Suo tempio, Malachia predice anche il Suo secondo avvento, la Sua venuta per l’esecuzione del giudizio, con queste parole: [425]
“E io mi accosterò a voi per il giudizio; e senza indugio testimonierò contro gli stregoni, contro gli adulteri e contro quelli che giurano il falso, contro quelli che opprimono l’operaio nelle sue paghe, la vedova e l’orfano, e che fanno torto allo straniero; non temere, dice il Signore degli eserciti” {Malachia 3: 5}. Giuda a sua volta, si riferisce alla stessa scena quando dice: “Ecco, il Signore viene con le sue sante miriadi, per eseguire il giudizio su tutti, e per convincere tutti quelli che sono empi delle loro azioni empie” {Giuda 1: 14-15}. Questa seconda venuta e la venuta del Signore nel Suo tempio sono eventi distinti e separati. La venuta di Cristo come nostro Sommo Sacerdote nel Luogo Santissimo, per la purificazione del santuario, descritto nella visione in {Daniele 8: 14}; la venuta del Figlio dell’uomo davanti all’Antico di Giorni, come riportato in {Daniele 7: 13}; e la venuta del Signore nel Suo tempio, predetta da Malachia, sono descrizioni dello stesso evento; e questo è anche rappresentato dalla venuta dello sposo alle nozze, descritto da Cristo nella parabola delle dieci vergini, di Matteo 25. Nell’estate e nell’autunno del 1844 fu dato l’annuncio: “Ecco lo Sposo, uscitegli incontro!” {Matteo 25: 6}. Si formarono allora i due gruppi rappresentati dalle vergini sagge e da quelle stolte; un gruppo che guardava con gioia all’apparizione del Signore e che si era diligentemente preparato ad incontrarlo; e l’altro gruppo che, influenzato dalla paura e dall’agire impulsivo, era stato soddisfatto da una verità teorica, ma che era privo della grazia di Dio. Nella parabola, quando arrivò lo Sposo, “quelli che erano pronti andarono con lui alle nozze”. La venuta dello Sposo, qui rivelata, avviene prima delle nozze. Le nozze rappresentano il momento in cui Cristo entrerà in possesso del Suo regno. La Città Santa, la Nuova Gerusalemme, che è la capitale e la rappresentante del regno, è chiamata “la sposa, la moglie dell’Agnello” {Apocalisse 21: 9}. L’angelo disse a Giovanni: “Vieni qui, ti mostrerò la sposa, la moglie dell’Agnello”. “Mi trasportò in spirito”, dice il profeta, “e mi mostrò la grande città, la santa Gerusalemme, che scendeva dal cielo da Dio” {Apocalisse 21: 9-10}. [426]
Quindi, la sposa rappresenta chiaramente la Città Santa, e le vergini che escono per incontrare lo sposo sono un simbolo della chiesa. Nell’Apocalisse si dice che il popolo di Dio sia l’ospite della cena delle nozze {Apocalisse 19: 9}. Se sono gli ospiti, allora non possono essere rappresentati anche come la sposa. Cristo, come afferma il profeta Daniele, riceverà dall’Antico di Giorni, in cielo, “dominio, gloria e regno” {Daniele 7: 14}; riceverà la Nuova Gerusalemme, la capitale del Suo regno, “preparata come una sposa adorna per il suo sposo” {Apocalisse 21: 2}. Avendo ricevuto il regno, verrà nella Sua gloria, come Re dei re e Signore dei signori, per la redenzione del Suo popolo, che sarà invitato a “sedersi con Abramo, Isacco e Giacobbe” alla Sua mensa nel Suo regno {Matteo 8: 11; Luca 22: 30}, per prendere parte alla cena delle nozze dell’Agnello. La proclamazione: “Ecco, lo Sposo viene, uscitegli incontro!” nell’estate del 1844, portò migliaia di persone ad aspettarsi l’immediato avvento del Signore. All’ora stabilita lo Sposo venne, non sulla terra, come la gente si aspettava, ma davanti all’Antico di Giorni in cielo, per le nozze e per entrare in possesso del Suo regno. “Quelli che erano pronti andarono con lui alle nozze: e la porta fu chiusa”. Non potevano essere presenti di persona al matrimonio; poiché esso avviene in cielo, mentre essi sono sulla terra. I seguaci di Cristo devono “aspettare il loro padrone, quando tornerà dalle nozze” {Luca 12: 36}. Ma devono comprendere la Sua opera e seguirlo, per fede, mentre Egli si reca davanti a Dio. È in questo senso che essi entrano nella sala delle nozze. Nella parabola essi erano quelli che avevano l’olio nei loro vasi, oltre alle lampade per andare alle nozze. Coloro che, con la conoscenza della verità delle Scritture, avevano anche lo Spirito e la grazia di Dio, nella notte della loro prova più amara, avevano pazientemente atteso investigando la Bibbia per ricevere una luce più chiara, videro la verità riguardo al santuario celeste e allo spostamento del Salvatore e, per fede, lo seguirono nella Sua opera nel santuario in cielo. [427]
Tutti coloro che attraverso la testimonianza delle Scritture accettano le stesse verità, seguendo Cristo per fede mentre si presenta davanti a Dio per compiere l’ultima opera di mediazione, e poi per ricevere il Suo regno, sono rappresentati come i partecipanti alle nozze. Nella parabola di Matteo 22 viene introdotta la stessa figura delle nozze evidenziando che la fase del giudizio investigativo è chiaramente avvenuta prima delle nozze. Prima delle nozze, il re entra per vedere gli ospiti, per vedere se tutti sono vestiti dell’abito nuziale, la veste immacolata del carattere lavata e resa bianca nel sangue dell’Agnello {Matteo 22: 11; Apocalisse 7: 14}. Colui che viene trovato senza questo abito viene espulso, ma tutti coloro che vengono esaminati e trovati con l’abito nuziale sono accettati da Dio e considerati degni di partecipare al Suo regno e di sedersi sul Suo trono. Quest’opera di esaminazione del carattere, che determinerà chi si è preparato per il regno di Dio e chi no, è quello del giudizio investigativo, che conclude il servizio nel santuario celeste. Quando l’opera di investigazione sarà conclusa, quando i casi di coloro che in tutte le età hanno professato di essere seguaci di Cristo sono stati esaminati e decisi, allora, e non prima di allora, il tempo di grazia si chiuderà e la porta della misericordia sarà chiusa. Così, nella breve frase, “quelle che erano pronte entrarono con Lui alla cena nuziale: e la porta fu chiusa” illustra l’ultimo servizio di intercessione del nostro Salvatore, in quel momento la grande opera per la salvezza dell’uomo sarà completata. Nel servizio del santuario terreno, che, come abbiamo visto è un’ombra di quello celeste, quando il Sommo Sacerdote nel giorno dell’espiazione entrava nel Luogo Santissimo, il ministero nel Luogo Santo cessava. Dio comandò: “Non ci sarà nessuno nella tenda di convegno quando entrerà per fare l’espiazione nel luogo Santo, finché egli non sia uscito” {Levitico 16: 17}. Così quando Cristo entrò nel Luogo Santissimo per compiere l’opera conclusiva dell’espiazione, cessò il Suo servizio nel Luogo Santo. [428]
Ma quando finì il servizio nel Luogo Santo, iniziò il ministero nel Luogo Santissimo. Nel servizio tipico cerimoniale il Sommo Sacerdote lasciava il Luogo Santo nel giorno dell’Espiazione e andava davanti a Dio per presentare il sangue dell’offerta per il peccato a nome di tutto Israele che si pentiva veramente dei suoi peccati. Quindi Cristo aveva completato solo una parte della Sua opera come intercessore, per iniziarne un’altra, portando ancora il Suo sangue davanti al Padre in favore dei peccatori. Questo argomento non fu compreso dagli Avventisti nel 1844. Dopo che questa data, nella quale il Salvatore era atteso, passò, credevano ancora che il Suo ritorno fosse vicino; sostenevano che il tempo di grazia si fosse concluso e che l’opera di Cristo come intercessore dell’uomo davanti a Dio fosse cessata. Pensavano che la Bibbia insegnasse che il tempo di prova dell’uomo sarebbe terminato poco prima della reale venuta del Signore tra le nuvole del cielo. Questo sembrava evidente da quelle scritture che indicano un momento in cui gli uomini cercheranno, busseranno e piangeranno alla porta della misericordia, ma non gli verrà aperto. Si chiedevano se la data stabilita per il ritorno di Cristo non indicasse invece l’inizio di questo periodo che doveva immediatamente precedere la Sua venuta. Avendo dato l’avvertimento dell’imminente giudizio, sentirono che la loro opera nei confronti del mondo era completata, e non sentirono più alcuna responsabilità per la salvezza dei peccatori, mentre l’audace e blasfema derisione degli empi sembrava loro un’altra prova che lo Spirito di Dio si fosse ritirato da coloro che respinsero la Sua misericordia. Tutto ciò li ha rafforzati nella convinzione che la grazia fosse terminata, o, come hanno poi affermato, che “la porta della misericordia fosse chiusa”. Ma una luce più chiara arrivò studiando la questione del santuario. Ora compresero che avevano avuto ragione nel ritenere che alla fine dei 2300 giorni, cioè nel 1844, si sarebbe verificato un grande evento.
Ma, mentre era vero, che quella porta della speranza e della misericordia tramite cui gli uomini avevano avuto per milleottocento anni l’accesso a Dio era chiusa, era anche vero che un’altra porta fu aperta e che il perdono dei peccati fu offerto agli uomini tramite l’intercessione di Cristo nel Luogo Santissimo. [429]
Una parte del Suo ministero si era conclusa, solo per darne il posto ad un’altra. C’era ancora una “porta aperta” verso il santuario celeste, dove Cristo stava ministrando per conto del peccatore. Ora è stata vista l’applicazione di quelle parole di Cristo nel libro di Apocalisse indirizzate alla chiesa proprio di quel tempo: “Queste cose dice il santo, colui che è verace, colui che ha la chiave di Davide, Colui che apre, e che nessun uomo chiude; che chiude, e che nessun uomo apre; Conosco le tue opere: ecco, ti ho posto una porta aperta e nessuno può chiuderla” {Apocalisse 3: 7-8}. Sono coloro che, per fede, seguono Gesù nella grande opera dell’espiazione e ricevono i benefici della Sua mediazione in loro favore, mentre coloro che respingono la luce che porta a vedere quest’opera di intercessione non ne beneficiano. Gli ebrei che rifiutarono la luce data al primo avvento di Cristo e che rifiutarono di credere in Lui come Salvatore del mondo, non potevano ricevere perdono per mezzo di Lui. Quando Gesù, con la Sua ascensione, entrò con il proprio sangue nel santuario celeste per riversare sui Suoi discepoli le benedizioni della Sua mediazione, gli ebrei furono lasciati nelle tenebre e continuarono i loro inutili sacrifici ed offerte. L’epoca dei simboli e delle ombre era cessata. Quella porta attraverso la quale gli uomini avevano precedentemente trovato accesso a Dio non era più aperta. Gli ebrei si erano rifiutati di cercarlo nell’unico modo in cui avrebbe potuto essere trovato, attraverso il Suo ministero nel santuario in cielo. Perciò non hanno trovato alcuna comunione con Dio. Per loro la porta era chiusa. Non avevano conoscenza di Cristo come il vero sacrificio e l’unico mediatore davanti a Dio; quindi non potevano ricevere i benefici della Sua mediazione. La condizione degli ebrei non credenti illustra la condizione di coloro che, pur dicendosi cristiani, sono dubbiosi, negligenti e che volontariamente si fanno ignoranti dell’opera del nostro misericordioso Sommo Sacerdote. [430]
Nel servizio tipico, quando il Sommo Sacerdote entrava nel santuario, a Israele fu chiesto di radunarsi attorno al santuario e nel modo più solenne di umiliare le loro anime davanti a Dio, affinché ricevessero il perdono dei loro peccati e non fossero esclusi dalla congregazione. Quanto è ancora più essenziale per noi, in questo Giorno dell’Espiazione antitipico, comprendere l’opera del nostro Sommo Sacerdote e capire quali sono le responsabilità che ci sono richieste. Gli uomini non possono rigettare l’avvertimento che Dio manda, nella Sua grande misericordia, senza subirne delle conseguenze. Un messaggio fu mandato dal cielo al mondo ai giorni di Noè, e la loro salvezza dipese dal modo in cui trattarono quel messaggio. Poiché hanno respinto l’avvertimento, lo Spirito di Dio si ritirò dall’umanità colpevole che morì sommersa dalle acque del Diluvio. Al tempo di Abraamo, la misericordia cessò di implorare i colpevoli abitanti di Sodoma, e tutti tranne Lot, con la moglie e le due figlie, furono consumati dal fuoco mandato dal cielo. Ai giorni di Cristo, il Figlio di Dio dichiarò agli ebrei miscredenti di quella generazione: “La vostra casa sta per essere abbandonata alla desolazione” {Matteo 23: 38}. Guardando fino agli ultimi giorni, lo stesso Potere Infinito dichiara riguardo a coloro che “non hanno ricevuto l’amore della verità nel cuore, affinché possano essere salvati. Per questa ragione Dio invierà loro una forte illusione, affinché credano a una bugia: affinché tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno avuto piacere nell’ingiustizia, siano giudicati” {2 Tessalonicesi 2: 10-12}.
Mentre respingono gli insegnamenti della Sua Parola, Dio ritira il Suo Spirito e li lascia agli inganni che amano. Ma Cristo intercede ancora per conto dell’uomo e la luce sarà data a coloro che la cercano. Sebbene questo non sia stato inizialmente compreso dagli Avventisti, in seguito fu reso chiaro quando le Scritture che definiscono la loro vera posizione iniziarono ad aprirsi davanti a loro. La delusione del 1844 fu seguita da un periodo di grande crisi per coloro che ancora detenevano la fede dell’avvento. [431]
Il loro unico sollievo, per quanto riguardava la loro vera posizione, era che la luce dirigeva le loro menti verso il santuario celeste. Alcuni rinunciarono alla fede nel loro precedente calcolo dei periodi profetici e attribuirono ad agenti umani o satanici la potente influenza dello Spirito Santo che aveva partecipato al movimento dell’avvento. Un altro gruppo invece sosteneva fermamente che il Signore li aveva guidati nella loro passata esperienza; e mentre aspettavano, osservavano e pregavano per conoscere la volontà di Dio, videro che il loro grande Sommo Sacerdote era entrato in un’altra opera del Suo ministero e, seguendolo per fede, furono condotti a vedere anche quale fosse la missione finale della chiesa. Avevano una comprensione più chiara dei messaggi del primo e del secondo angelo, ed erano pronti a ricevere e dare al mondo il solenne avvertimento del terzo angelo di Apocalisse 14. [432]
“Il tempio di Dio che è in cielo fu aperto e nel suo tempio apparve l’arca del suo patto” {Apocalisse 11: 19}. L’arca del patto di Dio è nel Luogo Santissimo, nella seconda parte del santuario. Nel ministero del tabernacolo terreno, che era “figura e ombra delle cose celesti” {Ebrei 8: 5}, questa parte veniva aperta solo nel grande giorno dell’Espiazione, per la purificazione del santuario. Perciò l’annuncio che il tempio di Dio era stato aperto in cielo e che l’arca del Suo patto era visibile, segnò l’apertura del Luogo Santissimo del santuario celeste nel 1844, quando Cristo entrò lì per eseguire l’opera conclusiva dell’espiazione. Coloro che per fede seguirono il loro grande Sommo Sacerdote mentre entrava nel luogo Santissimo per svolgere il Suo ministero di intercessione, videro l’arca del Suo patto. Mentre studiavano il tema del santuario, erano arrivati a comprendere il cambiamento della funzione sacerdotale del Salvatore e videro che ora stava officiando davanti all’arca di Dio, intercedendo per mezzo del Suo sangue in favore dei peccatori. L’arca nel tabernacolo sulla terra conteneva le due tavole di pietra, sulle quali erano incisi i precetti della legge di Dio. L’arca era solo un contenitore delle tavole della legge e la presenza di questi precetti divini le conferiva il suo valore e la sua sacralità. Quando il tempio di Dio venne aperto in cielo, apparve l’arca del Suo patto. [433]
All’interno del Luogo Santissimo, nel santuario celeste, la legge divina è custodita in santità, legge che è stata pronunciata da Dio stesso tra i tuoni del Sinai e scritta con il proprio dito sulle tavole di pietra. La legge di Dio, custodita nel santuario in cielo, è il documento originale i cui precetti che sono stati inscritti sulle tavole di pietra e registrati da Mosè nel Pentateuco sono una trascrizione infallibile. Coloro che arrivarono alla comprensione di questo importante punto furono anche portati a vedere il carattere sacro e immutabile della legge divina. Videro, come mai prima d’ora, la forza delle parole del Salvatore: “Finché il cielo e la terra non passeranno, neppure uno iota o un apice della legge passerà” {Matteo 5: 18}. La legge di Dio, essendo una rivelazione della Sua volontà, una trascrizione del Suo carattere, deve durare per sempre “come un fedele testimone nel cielo”. Nessun comandamento è stato annullato; non uno iota o un apice è stato mutato. Il salmista dice: “Per sempre, o Signore, la tua parola è stabile in cielo” {Salmo 119: 89}. “Tutti i tuoi comandamenti sono fermi, stabili in eterno” {Salmo 111: 7-8}. Proprio nel centro stesso del Decalogo c’è il quarto comandamento, così come fu proclamato la prima volta: “Ricordati del giorno di Sabato, per santificarlo. Lavorerai sei giorni e farai tutto il tuo lavoro; ma il settimo giorno è il Sabato del Signore tuo Dio: in esso non farai alcuna opera, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né l’estraneo che è dentro alle tue porte: poiché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi e si è riposato il settimo giorno: pertanto il Signore ha benedetto il giorno di Sabato e lo ha santificato” {Esodo 20: 8-11}. Lo Spirito di Dio ha toccato i cuori di coloro che studiavano la Sua Parola. La convinzione fu loro inculcata che essi avevano trasgredito, per ignoranza, questo precetto, trascurando il giorno di riposo del Creatore. Cominciarono a esaminare le ragioni dell’osservanza del primo giorno della settimana invece del giorno che Dio aveva santificato. [434]
Non potevano trovare prove nelle Scritture che il quarto comandamento fosse stato abolito o che il Sabato fosse stato sostituito; la benedizione che ha santificato il settimo giorno non era mai stata annullata. Stavano cercando onestamente di conoscere e di fare la volontà di Dio; considerando loro stessi come trasgressori della Sua legge, la tristezza riempì i loro cuori e manifestarono la loro lealtà a Dio mantenendo santo il Suo Sabato. Sono stati fatti numerosi e intensi sforzi per rovesciare la loro fede. Nessuno, però, poteva fare a meno di comprendere che se il santuario terreno era una figura o un modello di quello celeste, allora anche la legge depositata nell’arca sulla terra doveva essere un’esatta trascrizione della legge nell’arca in cielo e che l’accettazione della verità riguardante il santuario celeste implicava il riconoscimento delle richieste della legge di Dio e l’obbligo dell’osservanza del Sabato, il quarto comandamento. Ciò suscitò un’amara e determinata opposizione nella spiegazione armoniosa delle Scritture che rivelava il ministero di Cristo nel santuario celeste. Gli uomini cercarono di chiudere la porta che Dio aveva aperto e di aprire la porta che Egli aveva chiuso, ma “Colui che apre e nessun uomo chiude; e chiude e nessuno apre” aveva dichiarato: “Ecco, Io ti ho posto una porta aperta e nessuno può chiuderla” {Apocalisse 3: 7-8}. Cristo aveva aperto la porta, o il ministero, del Luogo Santissimo, la luce brillava da quella porta aperta del santuario in cielo e il quarto comandamento fu mostrato come incluso nella legge, che è immutabile; ciò che Dio aveva stabilito, nessuno poteva modificare. Coloro che avevano accettato la luce riguardante la mediazione di Cristo e la continuità della legge di Dio hanno scoperto che queste erano le verità presentate in Apocalisse 14. I messaggi di questo capitolo costituiscono un triplice avvertimento che prepara gli abitanti della terra per la seconda venuta del Signore. L’annuncio: “l’ora del Suo giudizio è giunta” {Apocalisse 14: 7} indica l’opera conclusiva del ministero di Cristo per la salvezza degli uomini. [435]
Annuncia una verità che deve essere proclamata fino alla cessazione dell’intercessione del Salvatore e del Suo ritorno sulla terra per prendere il Suo popolo con Sé. L’opera del giudizio, iniziata nel 1844, deve continuare fino a che i casi di tutti saranno decisi, sia tra i vivi che tra i morti, perciò si estenderà fino alla fine del tempo di grazia per l’umanità. Affinché gli uomini siano pronti ad affrontare il giudizio, il messaggio comanda loro: “Temete Dio e dategli gloria” e “adorate Colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le fonti delle acque” {Apocalisse 14: 7}. Il risultato dell’accettazione di questi messaggi è confermato dalle parole: “Qui è la costanza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù” {Apocalisse 14: 12}. Per essere preparati durante il giudizio è necessario che gli uomini rispettino la legge di Dio. Questa legge sarà lo standard di carattere impiegato nel giudizio. L’apostolo Paolo dichiara: “Tutti quelli che hanno peccato avendo la legge saranno giudicati dalla legge… nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo”. E dice che “non coloro che ascoltano la legge saranno giustificati davanti a Dio, ma coloro che l’osservano saranno giustificati” {Romani 2: 12-16}. La fede è essenziale per l’osservanza della legge di Dio, poiché “senza fede è impossibile piacergli” {Ebrei 11: 6} e “tutto ciò che non viene dalla fede è peccato” {Romani 14: 23}. Il primo angelo invita gli uomini a temere Dio e a dargli gloria adorandolo come Creatore dei cieli e della terra. Per fare questo, devono però obbedire alla Sua legge. Il saggio Re Salomone dice: “Temete Dio e osservate i suoi comandamenti: perché questo è il tutto per l’uomo” {Ecclesiaste 12: 13}. Senza l’obbedienza ai Suoi comandamenti nessuna adorazione può essere gradita a Dio. “Questo è l’amore di Dio, che osserviamo i suoi comandamenti” {1 Giovanni 5: 3}. “Chi distoglie l’orecchio dall’udire la legge, anche la sua preghiera sarà un’abominazione” {Proverbi 28: 9}. Il dovere di adorare Dio è basato sul fatto che Egli è il Creatore e che a Lui tutti gli altri esseri devono la loro esistenza. Ogni volta che nella Bibbia viene presentata la Sua pretesa di riverenza e adorazione al di sopra degli dei pagani, viene presentata la prova del Suo potere creatore. [436]
“Tutti gli dei delle nazioni sono idoli vani; ma il Signore ha fatto i cieli” {Salmo 96: 5}. “A chi poi mi vorreste assomigliare perché io gli sia pari? dice il Santo. Alza gli occhi in alto ed ecco chi ha creato queste cose?” {Isaia 40: 25-26}. “Così dice il Signore che ha creato i cieli, il Dio che formò la terra e la fece… Io sono il Signore; e non c’è né alcun altro” {Isaia 45: 18}. Dice il salmista: “Sappi che il Signore è Dio: è Lui che ci ha creati e non noi stessi” {Salmo 100: 3}. “Venite, adoriamo e inchiniamoci: inginocchiamoci davanti al Signore nostro Creatore” {Salmo 95: 6}. Gli esseri santi che adorano Dio nei luoghi celesti indicano la ragione del loro omaggio: “Tu sei degno, o Signore, di ricevere gloria, onore e potere: poiché Tu hai creato tutte le cose” {Apocalisse 4: 11}. In Apocalisse 14, gli uomini sono chiamati ad adorare il Creatore; la profezia porta a vedere una classe che, come risultato del triplice messaggio, sta appunto osservando i comandamenti di Dio. Uno di questi comandamenti punta direttamente a Dio come Creatore. Il quarto comandamento dichiara: “Il settimo giorno è il Sabato del Signore tuo Dio… perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi e si è riposato il settimo giorno: pertanto il Signore ha benedetto il giorno di Sabato e lo ha santificato” {Esodo 20: 10-11}. Riguardo al Sabato il Signore dice che è “un segno… affinché possiate sapere che io sono il Signore Dio vostro che vi santifico” {Ezechiele 20: 20}. E la ragione data è che: “In sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il settimo giorno si è riposato” {Esodo 31: 17}. “L’importanza del Sabato come memoriale della creazione è che mantiene sempre presente la vera ragione per cui l’adorazione è dovuta a Dio”. Egli è il Creatore e noi siamo le Sue creature. “Il Sabato è quindi il fondamento del culto divino, perché insegna questa grande verità nel modo più incisivo possibile, così come nessun’altra istituzione riesce a fare. Il vero fondamento dell’adorazione divina, non soltanto il settimo giorno ma costantemente, si trova nella distinzione tra il Creatore e le Sue creature. [437]
Questo grande fatto non può mai diventare obsoleto e non deve mai essere dimenticato.” (J. N. Andrews, History of the Sabbath, capitolo 27). Era proprio per mantenere questa verità sempre presente nelle menti degli uomini che Dio istituì il Sabato nell’Eden; il fatto che Lui sia il nostro Creatore continua ad essere una ragione per cui dovremmo adorarlo e per cui dovremmo continuare a mantenere il Sabato come Suo segno e memoriale. Se il Sabato fosse stato universalmente mantenuto, i pensieri e gli affetti dell’uomo sarebbero stati condotti al Creatore come oggetto di riverenza e adorazione, e non ci sarebbe mai stato un idolatra, un ateo o un infedele. L’osservanza del Sabato è un segno di lealtà verso il vero Dio: “Colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le fonti delle acque” {Apocalisse 14: 7}. Il messaggio prosegue ordinando agli uomini di adorare Dio e di osservare i Suoi comandamenti che in modo particolare gli inviterà ad osservare il quarto comandamento. In contrasto con quelli che osservano i comandamenti di Dio e hanno la fede di Gesù, il terzo angelo indica un’altra classe, contro i cui errori viene emesso un avvertimento solenne e spaventoso: “Se qualcuno adora la bestia e la sua immagine e riceve il suo segno sulla sua fronte, o sulla sua mano, egli stesso berrà del vino dell’ira di Dio” {Apocalisse 14: 9-10}. Una corretta interpretazione dei simboli impiegati è necessaria per la comprensione di questo messaggio. Cosa rappresentano la bestia, l’immagine e il marchio? La linea di profezia in cui si trovano questi simboli inizia in Apocalisse 12 con il dragone che ha cercato di distruggere Cristo alla Sua nascita. Si dice che il dragone sia Satana {Apocalisse 12: 9}; fu lui che, influenzando Erode, cercò di far uccidere il Salvatore. Infatti l’agente principale di Satana nel fare guerra a Cristo e al Suo popolo durante i primi secoli dell’era cristiana fu proprio l’impero romano, in cui il paganesimo era la religione prevalente. Così, mentre il dragone in primo luogo rappresenta Satana, in un senso secondario è un simbolo della Roma pagana. [438]
Nel capitolo 13 {versetti 1-10} è descritta un’altra bestia, “simile a un leopardo”, a cui il dragone ha dato “il suo potere, la sua sede e grande autorità”. Questo simbolo, come hanno creduto molti protestanti, rappresenta il papato che si impadronì del potere, della sede e dell’autorità che una volta erano detenuti dall’antico impero romano. Della bestia-leopardo è dichiarato: “Gli fu data una bocca che pronunciava parole arroganti e bestemmie… E aprì la bocca per bestemmiare contro Dio, per bestemmiare il suo nome, il suo tabernacolo e coloro che dimorano nel cielo. E gli fu dato di fare la guerra con i santi e di vincerli; e il potere gli fu dato su tutte le tribù, le lingue e le nazioni”. Questa profezia, che è quasi identica alla descrizione del piccolo corno di Daniele 7, indica indiscutibilmente il papato. “Gli fu dato il potere di agire per quarantadue mesi”. Il profeta aggiunge: “vidi una delle sue teste come se fosse ferita a morte”. E ancora: “Colui che conduce in cattività andrà in cattività: se uno uccide con la spada deve essere ucciso anch’egli con la spada”. I quarantadue mesi corrispondono a “un tempo, dei tempi e la metà di un tempo”, tre anni e mezzo o 1260 giorni in Daniel 7, ovvero il tempo durante il quale il potere papale avrebbe dovuto opprimere il popolo di Dio. Questo periodo, come affermato nei precedenti capitoli, iniziò con la supremazia del papato nel 538 d.C. e terminò nel 1798. In quell’anno il papa fu fatto prigioniero dall’esercito francese e il potere papale ricevette la sua ferita mortale, adempiendo così la predizione: “colui che conduce in cattività andrà in cattività”.
A questo punto viene introdotto un altro simbolo. Il profeta dice: “Vidi un’altra bestia che saliva dalla terra; e aveva due corna come un agnello” {Apocalisse 13: 11}. Sia l’aspetto di questa bestia che la maniera della sua ascesa indicano che la nazione che rappresenta è diversa da quelle presentate dai simboli precedenti. I grandi regni che hanno governato il mondo sono stati presentati dal profeta Daniele come animali da preda, che si formano quando si scatenano “sul mar grande i quattro venti del cielo” {Daniele 7: 2}. [439]
In Apocalisse 17 un angelo spiega che le acque rappresentano “popoli, moltitudini, nazioni e lingue” {Apocalisse 17: 15}. I venti sono un simbolo di conflitto. I quattro venti del cielo che lottano contro il grande mare rappresentano le terribili scene di conquista e rivoluzione attraverso le quali i regni hanno raggiunto il potere. Ma la bestia con le corna simili a quelle di un agnello è stata vista salire “dalla terra”. Invece di rovesciare altri poteri per stabilirsi, la nazione così rappresentata deve sorgere in un territorio precedentemente non occupato e crescere gradualmente e pacificamente. Non poteva quindi sorgere tra le nazionalità affollate e in difficoltà del Vecchio Mondo, ovvero in quel mare turbolento di “popoli, moltitudini, nazioni e lingue”. Deve perciò essere cercata nel Continente Occidentale. Quale nazione del Nuovo Mondo nel 1798 stava salendo al potere, dando promessa di forza e grandezza, attirando l’attenzione del mondo? L’applicazione del simbolo non ammette dubbi. Una nazione, e solo una, soddisfa le specifiche di questa profezia; indicando inequivocabilmente gli Stati Uniti d’America. Il pensiero e le parole esatte dello scrittore sacro sono stati inconsciamente impiegati dall’oratore e dallo storico nel descrivere l’ascesa e la crescita di questa nazione. La bestia “saliva dalla terra” e, secondo i traduttori, questa parola “saliva” significa letteralmente “crescere o germogliare come una pianta”. E, come abbiamo visto, la nazione doveva sorgere in territorio precedentemente non occupato. Uno scrittore di spicco, che descrisse l’ascesa degli Stati Uniti, parla del “mistero della sua salita dal nulla” e dice: “Come un seme silenzioso noi siamo diventati un impero” (G. A. Townsend, Il nuovo mondo rispetto al vecchio, pagina 462). Una rivista europea nel 1850 parlava degli Stati Uniti come di un impero meraviglioso, che stava “emergendo nel silenzio della terra e che ogni giorno accresceva il suo potere e il suo orgoglio” (The Dublin Nation). [440]
Edward Everett, in un discorso sui Padri Pellegrini, fondatori di questa nazione, disse: “Cercavano un luogo appartato, tranquillo per la sua scarsa notorietà, al sicuro e lontano, dove la chiesetta di Leyda poteva godere della libertà di coscienza. Ecco, quindi, le potenti regioni sulle quali, in pacifica conquista… hanno sventolato le bandiere della croce!” (Discorso pronunciato a Plymouth, Massachusetts, 22 dicembre 1824, pagina 11). “Aveva due corna simili a quelle di un agnello”. Le corna di agnello indicano giovinezza, innocenza e gentilezza, rappresentando in modo appropriato il carattere degli Stati Uniti quando, presentati dal profeta, salivano nel 1798. Tra gli esuli cristiani che fuggirono per la prima volta in America e che cercarono asilo dall’oppressione reale e dall’intolleranza sacerdotale c’erano molti che decisero di istituire un governo sull’ampia base della libertà civile e religiosa. Le loro opinioni hanno trovato posto nella Dichiarazione di Indipendenza, che espone la grande verità che “tutti gli uomini sono creati uguali” e dotati del diritto inalienabile “alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità”. La Costituzione garantisce alla gente il diritto all’autogoverno, a condizione che i rappresentanti eletti dal voto popolare emanino e facciano rispettare le leggi. Anche la libertà di fede religiosa è stata concessa, permettendo a ogni uomo di adorare Dio secondo i dettami della sua coscienza. Il repubblicanesimo e il protestantesimo divennero i principi fondamentali della nazione. Questi principi sono il segreto del suo potere e della sua prosperità. Gli oppressi di tutta la cristianità si sono rivolti a questa terra con interesse e speranza. Milioni hanno cercato le sue coste e gli Stati Uniti sono diventati un posto tra le nazioni più potenti della terra. Ma la bestia con le corna simili ad un agnello “parlava come un dragone. Essa esercitava tutta la potenza della prima bestia davanti a lui e faceva sì che la terra e coloro che vi dimorano adorino la prima bestia, la cui ferita mortale fu guarita; dicendo a quelli che abitano sulla terra, che devono fare un’immagine alla bestia, che aveva ricevuto la ferita della spada e era tornata in vita” {Apocalisse 13: 11-14}. [441]
Le corna d’agnello e la voce da dragone indicano una contraddizione sorprendente tra le dichiarazioni e le pratiche della nazione così rappresentata. Il “parlare” della nazione è l’azione delle sue autorità legislative e giudiziarie. Con tali azioni smentirà quei principi liberali e pacifici che ha posto come fondamento della sua politica. La predizione secondo cui parlerà “come un dragone” ed eserciterà “tutto il potere della prima bestia” preannuncia chiaramente uno sviluppo dello spirito di intolleranza e persecuzione che è stato manifestato dalle nazioni rappresentate dal dragone e dalla bestia-leopardo. L’affermazione che la bestia con due corna “fa in modo che la terra e quelli che vi abitano adorino la prima bestia” indica che l’autorità di questa nazione deve essere esercitata nel far rispettare qualche regola di fede che sarà un atto di omaggio al papato. Tale azione sarebbe direttamente contraria ai principi di questo governo, contraria allo spirito delle sue libere istituzioni, alle dichiarazioni dirette e solenni della Dichiarazione di Indipendenza e della Costituzione. I fondatori della nazione cercarono saggiamente di evitare l’impiego del potere secolare da parte della chiesa, poiché i suoi inevitabili risultati sono intolleranza e persecuzione. La Costituzione prevede che “il Congresso non farà alcuna legge di carattere religioso, o ne proibirà il libero esercizio”, e che “nessun test religioso sarà mai richiesto come una qualifica per un qualsiasi ufficio o funzione pubblica negli Stati Uniti”. Solo violando queste salvaguardie alla libertà della nazione, l’imposizione di obblighi a carattere religioso potranno essere imposti dall’autorità civile. Ma l’incoerenza di tale azione non è maggiore di quella rappresentata nel simbolo. Infatti la bestia con le corna d’agnello – che si professa essere pura, gentile e innocua – parlerà come un dragone. “Dicendo a quelli che abitano sulla terra, che dovranno fare un’immagine della bestia”. [442]
Qui è chiaramente presentata una forma di governo in cui il potere legislativo spetta al popolo. Questa è una prova molto evidente che gli Stati Uniti sono proprio la nazione identificata nella profezia. Ma cos’è “l’immagine della bestia”? E come deve essere formata? L’immagine è fatta dalla bestia con due corna ed è un’immagine della prima bestia. Per questo si chiama immagine della bestia. Quindi per imparare come è l’immagine e come deve essere formata dobbiamo studiare le caratteristiche della bestia stessa: il papato. Quando la chiesa primitiva divenne corrotta abbandonando la semplicità del Vangelo e accettando i riti e le usanze pagane, perse lo Spirito e il potere di Dio; e per controllare le coscienze della gente, cercava il sostegno del potere temporale. Il risultato che ne derivò fu il papato, una chiesa che controllava il potere dello stato e che impiegò per promuovere i propri fini, specialmente per punire “l’eresia”. Affinché gli Stati Uniti possano formare un’immagine della bestia, il potere religioso deve controllare il governo civile, in modo tale che l’autorità dello stato sia impiegata dalla chiesa per raggiungere i propri fini. Ogni volta che la chiesa ottenne il potere temporale, lo impiegò per punire il dissenso verso le sue dottrine. Le chiese protestanti seguirono i passi di Roma formando alleanze con le potenze terrene e manifestando il desiderio analogo di limitare la libertà di coscienza. Un esempio di ciò fu la lunga persecuzione dei dissenzienti da parte della Chiesa d’Inghilterra. Durante il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, migliaia di pastori anticonformisti furono costretti a fuggire dalle loro chiese, e molti, sia laici che predicatori, furono sottoposti a multe, carcere, torture e martirio. Fu l’apostasia a indurre la chiesa primitiva a cercare l’aiuto del governo civile e questo preparò la strada allo sviluppo del papato: la bestia. Paolo disse: “Quel giorno non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione” {2 Tessalonicesi 2: 3}. [443]
Quindi l’apostasia nella chiesa preparerà la via all’immagine della bestia. La Bibbia dichiara che prima della venuta del Signore ci sarà uno stato di declino religioso simile a quello nei primi secoli. “Negli ultimi giorni verranno dei tempi difficili. Perché gli uomini saranno amanti di sé stessi, avidi, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, disubbidienti ai genitori, ingrati, empi, senza affetto naturale, falsi accusatori, intemperanti, feroci, senza amore per il bene, traditori, sconsiderati, di larghe vedute, amanti dei piaceri più che amanti di Dio; avendo una forma di pietà, ma negando la sua potenza” {2 Timoteo 3: 1-5}. “Ora lo Spirito dice espressamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando ascolto agli spiriti seducenti e alle dottrine di demoni” {1 Timoteo 4: 1}. Satana azionerà “con tutto il potere, i segni, le meraviglie e con ogni sorta d’inganno”. E tutti coloro che “non hanno ricevuto l’amore della verità, affinché possano essere salvati”, saranno spinti ad accettare una “forte illusione credendo a una bugia” {2 Tessalonicesi 2: 9-11}. Quando sarà raggiunto questo stato di empietà, gli stessi risultati seguiranno come nei primi secoli. L’ampia diversità di credenze nelle chiese protestanti è considerata da molti la prova decisiva che nessuno sforzo per assicurare un’uniformità forzata potrà mai essere fatto. Ma c’è stato per anni, nelle chiese della fede protestante, un sentimento forte e crescente a favore di un’unione basata su punti di dottrina comuni. Per assicurare tale unione, la discussione di argomenti sui quali non tutti sono d’accordo – per quanto importanti possano essere dal punto di vista biblico – deve essere necessariamente cancellata. Charles Beecher, in un sermone del 1846, dichiarò che il ministero delle “denominazioni evangeliche protestanti non solo si è formato sotto la tremenda pressione del timore umano, ma vivono, si muovono e respirano in uno stato di cose radicalmente corrotto, facendo sempre appello agli elementi di base della loro natura per mettere a tacere la verità e piegare il ginocchio al potere dell’apostasia. [444]
Non è così che andavano le cose a Roma? Non stiamo vivendo questa realtà? E cosa vediamo davanti a noi? Un altro concilio universale! Una convenzione mondiale! Alleanza evangelica e credo universale!” (Sermone su “The Bible a Sufficient Creed”, consegnato a Fort Wayne, Indiana, il 22 febbraio 1846). Quando sarà raggiunto questo punto, allora, nello sforzo di assicurare la completa uniformità, ci sarà solo un passo verso il ricorso alla forza. Quando le principali chiese degli Stati Uniti uniranno i loro punti di dottrina, influenzeranno lo stato per far rispettare i loro decreti e sostenere le loro istituzioni, allora l’America protestante avrà formato un’immagine della gerarchia romana e l’applicazione di sanzioni civili ai dissenzienti sarà inevitabilmente il risultato. La bestia con due corna “faceva si [comandava] che a tutti, sia piccoli che grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, fosse posto un marchio nella mano destra o sulla fronte senza il quale nessun uomo poteva comprare o vendere, salvo colui che aveva il marchio, o il nome della bestia, o il numero del suo nome” {Apocalisse 13: 16-17}. L’avvertimento del terzo angelo è: “Se qualcuno adora la bestia e la sua immagine e riceve il suo marchio sulla fronte o nella sua mano, egli stesso berrà il vino dell’ira di Dio” {Apocalisse 14: 9-10}. “La bestia” menzionata in questo messaggio, la cui adorazione è imposta dalla bestia con due corna, è la prima bestia-leopardo di Apocalisse 13, ovvero, il papato. “L’immagine alla bestia” rappresenta quella forma di protestantesimo apostata che si svilupperà quando le chiese protestanti cercheranno l’aiuto del potere civile per l’applicazione dei loro dogmi. Ora ci rimane da definire solo il “marchio della bestia”. Dopo l’avvertimento contro l’adorazione della bestia e della sua immagine la profezia dichiara: “Ecco coloro che osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù”. Poiché quelli che osservano i comandamenti di Dio sono messi in un contrasto così netto con quelli che adorano la bestia e la sua immagine e che ne ricevono il suo marchio, ne consegue che l’osservanza della legge di Dio, da un lato, e la sua violazione, dall’altro, farà la distinzione tra gli adoratori di Dio e gli adoratori della bestia. [445]
La caratteristica speciale della bestia e della sua immagine è la trasgressione dei comandamenti di Dio. Daniele parlando del piccolo corno, il papato, dice: “Penserà di mutare i tempi e la legge” {Daniele 7: 25}. Paolo definisce lo stesso potere dell’uomo del peccato come colui che doveva esaltare sé stesso al di sopra di Dio. Le due profezie si completano l’un l’altra. Solo cambiando la legge di Dio il papato potrebbe esaltarsi al di sopra di Dio; chiunque osservi consapevolmente la legge, così modificata, attribuirebbe un onore supremo a quel potere responsabile di questo cambiamento. Un tale atto di obbedienza alle leggi papali sarebbe un segno di fedeltà al papa anziché a Dio. Il papato ha tentato di cambiare la legge di Dio. Il secondo comandamento, che proibisce il culto dell’immagine è stato eliminato dalla legge e il quarto comandamento è stato modificato in modo da autorizzare l’osservanza del primo giorno della settimana invece del settimo, il Sabato. Ma i sostenitori del papa sollecitano, come motivo per omettere il secondo comandamento, che non è necessario, essendo incluso nel primo e che stanno continuando a presentare la legge esattamente come Dio aveva progettato che fosse capita. Questo però non può essere il cambiamento predetto dal profeta. Viene presentato un cambiamento intenzionale e deliberato: “Penserà di mutare i tempi e la legge”. Il cambiamento nel quarto comandamento invece corrisponde esattamente alla profezia. In questo cambiamento l’unica autorità rivendicata è quella della chiesa. Qui il potere papale si pone apertamente al di sopra di Dio. Mentre gli adoratori di Dio saranno particolarmente distinti dal loro rispetto per il quarto comandamento, poiché questo è il segno del Suo potere creatore e la testimonianza delle Sue pretese sulla riverenza e l’omaggio dell’uomo, gli adoratori della bestia saranno distinti dai loro sforzi per abbattere il memoriale del Creatore e per esaltare l’istituzione di Roma. [446]
Fu in nome della Domenica che il papato iniziò ad affermare le sue arroganti rivendicazioni; il suo primo ricorso al potere dello stato fu di obbligare l’osservanza della Domenica come “giorno del Signore”. Ma la Bibbia indica il settimo giorno, e non il primo, come il giorno del Signore. Cristo disse: “Il Figlio dell’uomo è Signore del Sabato” {Marco 2: 28}. Il quarto comandamento dichiara: “Il settimo giorno è il Sabato del Signore” {Esodo 20: 10}. Mediante il profeta Isaia il Signore dichiara: “… il Sabato… il mio santo giorno” {Isaia 58: 13}. L’affermazione, così spesso ripetuta, che Gesù abbia cambiato il Sabato, è smentita dalle Sue stesse parole. Nel Suo sermone sul Monte disse: “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti: non sono venuto per distruggere, ma per compiere. In verità, io vi dico: finché il cielo e la terra non passeranno, neppure uno iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto. Chiunque pertanto violerà uno di questi minimi comandamenti e insegnerà agli uomini così, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli, ma chiunque li metterà in pratica e li insegnerà, sarà chiamato grande nel regno dei cieli” {Matteo 5: 17-19}. È un fatto generalmente ammesso dai protestanti che le Scritture non danno alcuna autorità per il cambio del Sabato. Questo è chiaramente affermato nelle pubblicazioni emesse dall’American Tract Society e dall’American Sunday School Union. Una di queste opere riconosce “il completo silenzio del Nuovo Testamento per quanto riguarda qualsiasi comando esplicito per la Domenica, il primo giorno della settimana, o in favore di regole definite per la sua osservanza” (George Elliott, The Abiding Sabbath, pagina 184). Un altro dice: “Fino al tempo della morte di Cristo, nessun cambiamento era stato fatto nel giorno” e “per quanto risulta dalla documentazione, essi [gli apostoli] non hanno… dato alcun comando esplicito riguardante l’abbandono del Sabato, il settimo giorno, e la sua osservanza per il primo giorno della settimana” (A. E. Waffle, The Lord’s Day, pagine 186-188). I cattolici riconoscono che il cambio del Sabato è stato fatto dalla loro chiesa e dichiarano che i protestanti, osservando la Domenica, stanno riconoscendo il suo potere. [447]
Nel Catechismo Cattolico di religione cristiana, in risposta ad una domanda sul giorno da osservare in obbedienza al quarto comandamento, è stata fatta questa affermazione: “Nella vecchia legge, il Sabato era il giorno santificato; ma la chiesa, istruita da Gesù Cristo e diretta dallo Spirito di Dio, ha sostituito la Domenica al Sabato; così ora santifichiamo il primo, non il settimo giorno. La Domenica, quindi, ora è il giorno del Signore”. Come segno dell’autorità della Chiesa cattolica, gli scrittori papali dichiarano: “l’atto stesso di trasformare il Sabato in Domenica, che i protestanti stessi accettano; … essi, osservando la domenica, riconoscono il potere della chiesa di ordinare feste e di imporle, sotto pena di peccato.” (Henry Tuberville, Un’abrogazione della dottrina cristiana, pagina 58). Che cos’è allora il cambiamento del Sabato se non il segno, o il marchio, dell’autorità della Chiesa romana? Non è forse il marchio della bestia? La Chiesa romana non ha rinunciato alla sua pretesa di supremazia; e quando il mondo e le Chiese protestanti accetteranno un sabato falso, rifiutando il Sabato della Bibbia, virtualmente ammetteranno questa sua supremazia. Possono rivendicare l’autorità della tradizione e dei Padri per questo cambiamento, ma così facendo ignorano il principio stesso che li separa da Roma, ovvero: “la Bibbia e la Bibbia soltanto”, questa è la religione dei protestanti. I sostenitori del papa vedono chiaramente che si stanno ingannando chiudendo volontariamente gli occhi dinanzi all’evidenza. Mentre il movimento per l’imposizione della Domenica ottiene il favore, la Chiesa Romana si rallegra e si sente sicura del fatto che alla fine porterà l’intero mondo protestante sotto la sua bandiera. I cattolici dichiarano che “l’osservanza della Domenica da parte dei protestanti è un omaggio che offrono, loro malgrado, all’autorità della Chiesa [Cattolica]” (mons. Segur, Plain Discorso sul protestantesimo di oggi, pagina 213). L’imposizione dell’osservanza della Domenica da parte delle chiese protestanti è un rafforzamento del culto al papato, la bestia. [448]
Coloro che, comprendendo le pretese del quarto comandamento, scelgono di osservare il falso invece del vero Sabato, rendono così omaggio a quel potere che lo ordina. Infatti nell’atto stesso di imporre un dovere religioso al potere civile, le chiese protestanti formeranno esse stesse un’immagine della bestia; quindi, l’applicazione dell’osservanza della Domenica negli Stati Uniti sarebbe l’obbligo del culto alla bestia e alla sua immagine. I cristiani delle passate generazioni hanno osservato la Domenica, supponendo che così facendo stessero osservando il Sabato biblico. Oggi vi sono veri cristiani in ogni chiesa, compresa quella Cattolica Romana, i quali credono sinceramente che la Domenica sia il Sabato istituito da Dio. Dio accetta la sincerità delle loro intenzioni e la loro integrità davanti a Lui, ma quando l’osservanza domenicale sarà imposta dalla legge e il mondo sarà illuminato riguardo all’obbedienza del vero Sabato, allora chiunque trasgredirà il comandamento di Dio, per obbedire a un precetto che non ha un’autorità superiore a quella di Roma, renderà in questo modo un onore al papato superiore a quello che spetta a Dio; perché rendendo omaggio a Roma e al potere che impone l’istituzione ordinata da Roma, sta adorando la bestia e la sua immagine. Quando gli uomini respingono l’istituzione che Dio ha dichiarato essere il segno della Sua autorità e onorano al suo posto ciò che Roma ha scelto come pegno della sua supremazia, accetteranno così il segno di fedeltà a Roma: “il marchio della bestia”. Fino a quando il problema non sarà posto chiaramente davanti al popolo e solo quando saranno portati a scegliere tra i comandamenti di Dio e i comandamenti degli uomini, coloro che continuano a trasgredire riceveranno “il marchio della bestia”.
La minaccia più spaventosa mai rivolta ai mortali è contenuta nel messaggio del terzo angelo. Si tratta di un peccato terribile che provoca l’ira di Dio senza pietà. Gli uomini non devono essere lasciati nelle tenebre riguardo a questa importante questione; l’avvertimento contro questo peccato deve essere dato al mondo prima che si manifestino i giudizi di Dio, affinché tutti possano sapere perché vengono inflitti questi giudizi e quindi avere l’opportunità di sottrarvisi. [449]
La profezia dichiara che il primo angelo avrebbe proclamato il suo messaggio a “ogni nazione, tribù, lingua e popolo”. L’avvertimento del terzo angelo, che fa parte dello stesso triplice messaggio, non deve essere meno diffuso. Esso è rappresentato nella profezia come proclamato a gran voce da un angelo che vola in mezzo al cielo; e che raccoglierà l’attenzione del mondo intero. In questo ultimo conflitto l’intero pianeta sarà diviso in due grandi classi: quelli che osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù, e quelli che adorano la bestia e la sua immagine, e ricevono il suo marchio. Anche se la chiesa e lo stato uniranno il loro potere per costringere “tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi” {Apocalisse 13: 16} a ricevere “il marchio della bestia”, il popolo di Dio non lo riceverà. Il profeta di Patmos vide “quelli che hanno ottenuto la vittoria sulla bestia e sulla sua immagine, sul suo marchio e sul numero del suo nome, stavano sul mare di vetro, avendo le arpe di Dio” e cantando il canto di Mosè e dell’Agnello. {Apocalisse 15: 2-3}. [450]
L’opera che doveva essere compiuta negli ultimi giorni di riforma del Sabato è stata predetta nella profezia di Isaia in questo modo: “Così dice il Signore: Rispettate il diritto e fate ciò che è giusto, perché la mia salvezza sta per venire e la mia giustizia deve essere rivelata. Beato l’uomo che fa questo e il figlio dell’uomo che si attiene a questo; che osserva il Sabato astenendosi dal profanarlo, che trattiene la mano dal fare il male”. “I figli dello straniero, che si uniscono al Signore, per servirlo e per amare il nome del Signore, per essere suoi servi, tutti quelli che osservano il Sabato astenendosi dal profanarlo e che si attengono al mio patto; Io li porterò sul Mio santo monte e li renderò gioiosi nella mia casa di preghiera” {Isaia 56: 1-2, 6-7}. Queste parole si applicano all’era cristiana, come lo dimostra il contesto: “Il Signore Dio che raduna gli emarginati di Israele dice: Tuttavia raccoglierò altri intorno a lui, oltre a quelli dei suoi che si sono già radunati” {Isaia 56: 8}. Ecco prefigurato il raccoglimento dei Gentili predetto dal Vangelo. Su quelli che onorano il Sabato, viene poi pronunciata una benedizione. Perciò l’osservanza del quarto comandamento si estende oltre la crocifissione, la risurrezione e l’ascensione di Cristo, al tempo in cui i Suoi servi avrebbero dovuto predicare a tutte le nazioni il lieto messaggio della buona novella. [451]
Il Signore disse mediante lo stesso profeta: “Chiudi la testimonianza e sigilla la legge tra i Miei discepoli” {Isaia 8: 16}. Il sigillo della legge di Dio si trova nel quarto comandamento. Solo questo, tra tutti i dieci, mostra sia il nome che il titolo del Datore della legge. Esso Lo dichiara come il Creatore dei cieli e della terra, e quindi mostra la Sua pretesa di riverenza e adorazione al di sopra di tutti gli altri. All’infuori di questo precetto, non ce n’è nessun altro nel Decalogo che mostri quale autorità abbia dato la legge. Quando il Sabato fu mutato dal potere papale, il sigillo fu sottratto dalla legge. I discepoli di Gesù sono chiamati a restaurarla, esaltando il Sabato del quarto comandamento alla sua legittima posizione come memoriale del Creatore e come segno della Sua autorità. “Alla legge e alla testimonianza!”. Mentre abbondano dottrine contrastanti e varie teorie, la legge di Dio è l’unica regola infallibile attraverso la quale tutte le opinioni, le dottrine e le teorie devono essere testate. Il profeta dice: “Se il popolo non parla così, è perché in esso non c’è luce alcuna” {Isaia 8: 20}. Ancora una volta, viene dato l’ordine: “Piangi forte, non ti trattenere, alza la tua voce come una tromba, e mostra al mio popolo la loro trasgressione e alla casa di Giacobbe i loro peccati” {Isaia 58: 1}. Qui non si parla del mondo, che è malvagio, ma di quelli che il Signore designa come “il mio popolo”, che devono essere rimproverati a causa delle loro trasgressioni. Egli inoltre dichiara: “Eppure mi cercano ogni giorno, e si dilettano nel conoscere le Mie vie; come una nazione che avesse praticato la giustizia, e non avesse abbandonato la legge del loro Dio” {Isaia 58: 2}. Qui viene presentata una classe che pensa di ritenersi giusta e che apparentemente sembra manifestare un grande interesse per il servizio di Dio; ma il severo e solenne rimprovero di Colui che investiga i cuori dimostra che stanno trasgredendo i precetti divini. Il profeta sottolinea così la legge abbandonata: “Tu rialzerai le fondamenta gettate da molte generazioni; tu sarai chiamato, il riparatore delle brecce, il restauratore dei sentieri per rendere abitabile il paese. Se allontani il tuo piede dal violare il Sabato, facendo i tuoi piaceri nel mio santo giorno; se chiami il Sabato una delizia e venerabile ciò che è sacro al Signore; e se Lo onorerai, astenendoti dalle tue proprie vie, né trovando il tuo piacere, né pronunciando le tue parole: allora ti diletterai nel Signore” {Isaia 58: 12-14}. [452]
Questa profezia si applica anche ai nostri giorni. La violazione nella legge di Dio si ebbe quando il Sabato fu mutato dal potere Cattolico Romano. Ma è giunto il momento che l’istituzione divina venga restaurata. La frattura deve essere riparata e si devono innalzare le fondamenta che sono state gettate da molte generazioni. Consacrato dal riposo e dalla benedizione del Creatore, il Sabato fu osservato da Adamo nella sua prima innocenza, nel santo Eden; poi da quando Adamo, caduto ma pentito, fu strappato dai suoi giorni più felici, fu osservato da tutti i patriarchi: da Abele al giusto Noè, da Abramo a Giacobbe. Quando il popolo eletto era schiavo in Egitto, molti, in mezzo all’idolatria imperante, persero la conoscenza della legge di Dio; ma quando il Signore liberò Israele, proclamò la Sua legge mediante una tremenda grandezza alla moltitudine riunita, affinché potessero conoscere la Sua volontà, temerlo e obbedirgli per sempre. Da quel giorno fino ad oggi la conoscenza della legge di Dio è stata preservata sulla terra e il Sabato del quarto comandamento è stato mantenuto. Anche se “l’uomo del peccato” riuscì a calpestare il santo giorno di Dio, eppure anche nel periodo della sua supremazia vi furono, nascosti in luoghi segreti, anime fedeli che lo onorarono. Sin dalla Riforma, in ogni generazione, ci sono stati fedeli che osservarono il settimo giorno. Sebbene spesso, nel mezzo dei rimproveri e delle persecuzioni, una costante testimonianza fu resa alla perpetuità della legge di Dio e all’obbligo sacro del Sabato della creazione. Queste verità, come presentato in Apocalisse 14 in connessione al “vangelo eterno”, distinguerà la chiesa di Cristo al momento della Sua apparizione. [453]
Questo è il risultato delle parole annunciate dal triplice messaggio: “Ecco coloro che osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù” {Apocalisse 14: 12}. Questo messaggio è l’ultimo che deve essere dato prima della venuta del Signore. Subito dopo la sua proclamazione, il Figlio dell’uomo viene visto dal profeta, che viene nella Sua gloria per prendere il raccolto della terra. Coloro che hanno ricevuto la luce sul santuario e sull’immutabilità della legge di Dio sono stati colmati di gioia e meraviglia quando hanno visto la bellezza e l’armonia del sistema di verità che si apriva alla loro comprensione. Essi desideravano che la luce, che appariva loro così preziosa, potesse essere trasmessa a tutti i cristiani; e non potevano credere che non sarebbe stata accettata con gioia. Ma le verità che gli avrebbero messi in contrasto con il mondo non erano gradite a molti che sostenevano di essere seguaci di Cristo. L’obbedienza al quarto comandamento richiedeva un sacrificio da cui la maggioranza si ritirava. Quando furono presentate le prove sul Sabato, molti ragionarono da un punto di vista del mondo. Loro dicevano: “Abbiamo sempre osservato la Domenica, i nostri padri l’hanno osservata, e molti uomini buoni e pii sono morti felici mentre la osservavano. Se loro avevano ragione, l’abbiamo anche noi. Mantenere questo nuovo Sabato ci porterebbe fuori dall’armonia con il mondo e non avremmo alcuna influenza su di loro. Cosa può sperare di fare una piccola compagnia che desidera mantenere il settimo giorno, quando tutto il mondo che osserva la Domenica è contro di essa?”. Fu con argomentazioni simili che gli ebrei tentarono di giustificare il loro rifiuto di Cristo. I padri erano stati accettati da Dio nel presentare le offerte sacrificali; i loro figli non avrebbero potuto trovare la salvezza nel perseguire lo stesso corso? Così, ai tempi di Lutero, i sostenitori del papa ragionavano sul fatto che i veri cristiani erano morti nella fede cattolica, e quindi quella religione era sufficiente per la salvezza. Tale ragionamento si dimostra una barriera efficace per tutti i progressi nella fede o nella pratica religiosa. Molti hanno dichiarato che l’osservanza della Domenica fosse stata una dottrina consolidata e una consuetudine diffusa della chiesa per molti secoli. [454]
Contro questa argomentazione fu dimostrato che il Sabato e la sua osservanza erano molto più antichi e diffusi: erano antichi quanto il mondo stesso, e avevano l’approvazione sia degli angeli che di Dio. Quando furono gettate le fondamenta della terra, quando le stelle del mattino cantavano insieme e tutti i figli di Dio gridavano di gioia, allora fu posto il fondamento del Sabato {Giobbe 38: 6-7; Genesi 2: 1-3}. Questa istituzione quindi può esigere la nostra riverenza; poiché non è stata ordinata da nessuna autorità umana e non si basa su tradizioni umane; fu infatti stabilita dall’Antico di Giorni e comandata dalla Sua Parola eterna. Mentre l’attenzione della gente veniva richiamata sulla riforma del Sabato, i pastori popolari pervertivano la Parola di Dio, dando interpretazioni che mettessero a tacere le coscienze inquiete dei fedeli. Coloro che non studiavano da soli le Scritture si accontentavano di accettare conclusioni che erano in accordo con i loro desideri. Attraverso vari argomenti, sofismi, tradizioni dei Padri e autorità della chiesa, molti cercarono di rovesciare la verità. Per difendere la validità del quarto comandamento, i suoi sostenitori ricorsero alla Bibbia. Uomini umili, armati solo della Parola della verità, resistevano agli attacchi degli uomini di cultura che, con sorpresa e rabbia, trovavano impotenti i loro eloquenti sofismi contro il semplice e diretto ragionamento degli uomini che avevano approfondito le Scritture piuttosto che le sottigliezze delle scuole. In assenza di testimonianze bibliche in loro favore molti, con spiccata perseveranza, insistevano dimenticando che il loro stesso ragionamento venne stato usato contro Cristo e i Suoi apostoli: “Perché i nostri saggi non capiscono questa questione sul Sabato? Sono pochi quelli che credono come te. Non è possibile che tu abbia ragione e che tutti gli uomini di cultura nel mondo abbiano torto”. Per confutare tali argomenti era sufficiente citare gli insegnamenti delle Scritture e la storia dei rapporti del Signore con il Suo popolo in tutte le epoche. [455]
Dio opera attraverso coloro che ascoltano e obbediscono alla Sua voce, quelli che, se necessario, diranno verità sgradevoli, quelli che non temono di rimproverare i peccati del popolo. La ragione per cui Egli non sceglie spesso uomini di cultura e di alta posizione per dirigere i movimenti di riforma è perché essi confidano nel loro credo, nelle loro teorie e nei loro sistemi teologici, e non sentono il bisogno di essere istruiti da Dio. Solo coloro che hanno una connessione personale con la Fonte della saggezza sono in grado di comprendere o spiegare le Scritture. Gli uomini che hanno una scarsa cultura scolastica sono a volte chiamati ad annunciare la verità, non perché sono ignoranti, ma perché non sono troppo autosufficienti per essere istruiti da Dio. Imparano così nella scuola di Cristo e la loro umiltà ed obbedienza li rendono grandi. Nel dare a loro la conoscenza della Sua verità, Dio conferisce loro un onore, in confronto al quale l’onore terreno e la grandezza umana affondano nell’insignificanza. La maggioranza degli Avventisti respinse le verità riguardanti il santuario e la legge di Dio. Molti rinnegarono anche la loro fede nel movimento dell’avvento e adottarono opinioni non coerenti e conflittuali sulle profezie che si applicavano ad essi. Alcuni sono stati portati all’errore di fissare ripetutamente un momento preciso per la venuta di Cristo. La luce che ora illuminava il tema del santuario avrebbe dovuto mostrare loro che nessun altro periodo profetico si estende fino al secondo avvento e che l’ora esatta di questo avvento non può essere predetta.
Ma, allontanandosi dalla luce, continuarono a fissare date di volta in volta sul ritorno del Signore e ogni volta rimasero delusi. Quando la chiesa di Tessalonicesi ricevette opinioni errate sulla venuta di Cristo, l’apostolo Paolo consigliò loro di mettere alla prova le loro speranze e le loro attese all’esame della Parola di Dio. Citò le profezie che rivelavano gli eventi che sarebbero dovuti accadere prima del ritorno di Cristo e dimostrò che non avevano prove per aspettarsi che il Suo ritorno fosse nella loro epoca. “Che nessuno vi inganni in alcuna maniera” {2 Tessalonicesi 2: 3}, queste sono le sue parole di avvertimento. [456]
Se i credenti avessero concepito delle idee in contraddizione agli insegnamenti delle Scritture, avrebbero sbagliato e la loro delusione li avrebbe esposti alla derisione dei miscredenti, e sarebbero stati in pericolo di cedere allo scoraggiamento, essendo tentati di dubitare delle verità essenziali per la loro salvezza. L’ammonimento dell’apostolo ai Tessalonicesi contiene una lezione importante per coloro che vivono negli ultimi giorni. Molti Avventisti pensavano che, se non avessero potuto fissare la loro fede in una data precisa sulla venuta del Signore, non avrebbero potuto essere zelanti e diligenti nell’opera di preparazione. Ma poiché le loro speranze furono eccitate continuamente, solo per essere distrutte, la loro fede ricevette uno shock tale che divenne quasi impossibile per loro essere impressionati dalle grandi verità della profezia. La predicazione di un tempo fissato per il giudizio, in occasione del messaggio del primo angelo, fu ordinata da Dio. Il calcolo dei periodi profetici su cui si basava quel messaggio, ponendo la fine dei 2300 giorni nell’autunno del 1844, si confermava inattaccabile. Gli sforzi ripetuti per trovare nuove date per l’inizio e la fine dei periodi profetici e il ragionamento errato necessario per sostenere queste posizioni, non solo allontanarono le menti dalla verità presente, ma gettarono disprezzo su tutti gli sforzi per spiegare le profezie. Quanto più frequentemente è fissato un tempo definito per il secondo avvento, e quanto più ampiamente viene insegnato, tanto più può servire agli scopi di Satana. Dopo che il tempo è trascorso, eccita il ridicolo e il disprezzo per i suoi sostenitori, e quindi lancia un rimprovero al grande movimento dell’avvento del 1843 e 1844. Coloro che persistono in questo errore alla fine fisseranno una data troppo lontana nel futuro per la venuta di Cristo. Così saranno condotti a riposare in una falsa sicurezza e molti ne saranno delusi solo quando ormai sarà troppo tardi. La storia dell’antico Israele è una straordinaria illustrazione dell’esperienza passata del popolo Avventista. Dio guidò il Suo popolo nel movimento dell’avvento, proprio come guidò i figli d’Israele fuori dall’Egitto. Nella grande delusione la loro fede fu messa alla prova come quella degli Ebrei al Mar Rosso. Se avessero avuto ancora fiducia nella Guida che era stata con loro, nella loro esperienza passata, avrebbero visto la salvezza di Dio. [457]
Se tutti coloro che avevano lavorato insieme nell’opera del 1844, avessero ricevuto il messaggio del terzo angelo e lo avessero proclamato mediante il potere dello Spirito Santo, il Signore avrebbe operato potentemente attraverso i loro sforzi. Un’ondata di luce sarebbe stata riversata sul mondo. Molti anni fa gli abitanti della terra sarebbero già stati avvertiti, l’opera si sarebbe completata e Cristo sarebbe venuto per la redenzione del Suo popolo. Non era la volontà di Dio che Israele vagasse per quarant’anni nel deserto; desiderava condurli direttamente nella terra di Canaan, per stabilire lì un popolo santo e felice. Ma “non poterono entrare a causa dell’incredulità” {Ebrei 3: 19}. A causa della loro corruzione e apostasia sono morti nel deserto e soltanto una nuova generazione poté entrare nella terra promessa. Allo stesso modo, non era secondo la volontà di Dio che la venuta di Cristo fosse così a lungo ritardata e che il Suo popolo rimanesse così tanti anni in questo mondo di peccato e dolore. Ma l’incredulità li separò da Dio. Mentre si rifiutavano di svolgere l’opera che Dio aveva loro assegnato, altri vennero sollevati per proclamare il messaggio. Avendo misericordia per il mondo, Gesù ritarda la Sua venuta, affinché i peccatori abbiano l’opportunità di ascoltare l’avvertimento e di trovare in Lui un rifugio prima che l’ira di Dio sia riversata. Ora, come nei tempi passati, la presentazione di una verità che rimprovera i peccati e gli errori del nostro tempo ecciterà l’opposizione. “Chiunque fa il male odia la luce, né viene alla luce, perché le sue azioni non siano rimproverate” {Giovanni 3: 20}. Mentre gli uomini vedono che non possono mantenere la loro posizione con le Scritture, molti decidono di mantenerla a tutti i costi, e con uno spirito malvagio, assaltano il carattere e le motivazioni di coloro che difendono la verità impopolare. È la stessa politica perseguita in tutte le epoche. Elia fu accusato di turbare Israele, Geremia di essere un traditore e Paolo di contaminare il tempio. In ogni epoca, coloro che volevano rimanere fedeli alla verità sono stati denunciati come sediziosi, eretici o scismatici. [458]
Moltitudini che sono troppo incredule per accettare la sicura Parola della profezia porteranno avanti con indiscutibile credulità un’accusa contro coloro che osano rimproverare i peccati alla moda. Questo spirito aumenterà sempre di più. La Bibbia insegna chiaramente che ci si avvicina ad un tempo in cui le leggi dello stato entreranno in un conflitto così ampio con la legge di Dio che chiunque obbedirà a tutti i precetti divini dovrà ricevere il rimprovero e la punizione che spetta ai malfattori. Considerando tutto ciò, qual è il dovere del messaggero della verità? Non deve più presentare la verità, dal momento che spesso il suo unico effetto è quello di indurre gli uomini ad eludere o a resistere alle sue affermazioni? No! Non ha motivi per tacere la testimonianza della Parola di Dio, anche se essa suscita un’opposizione maggiore di quella che ebbero i primi Riformatori. La confessione di fede fatta dai santi e dai martiri è stata registrata a beneficio delle generazioni successive. Quegli esempi viventi di santità e di incrollabile integrità sono giunti fino a noi per ispirare coraggio a coloro che ora sono chiamati a testimoniare Dio. Ricevettero grazia e verità non solo per sé stessi, ma perché attraverso di loro, la conoscenza di Dio avrebbe potuto illuminare la terra. Dio ha dato luce ai Suoi servitori in questa generazione per farla risplendere nel mondo. Anticamente il Signore dichiarò al profeta che parlò nel Suo nome: “La casa d’Israele non ti darà ascolto; poiché non vogliono dare ascolto a Me” {Ezechiele 3: 7}. Tuttavia disse: “Dirai loro le mie parole, sia che ti ascoltino sia che non ti ascoltino” {Ezechiele 2: 7}. Ai collaboratori di Dio viene indirizzato questo comando: “Alza la tua voce come una tromba, e mostra al mio popolo la loro trasgressione, e alla casa di Giacobbe i loro peccati” {Isaia 58: 1}. Nella misura delle sue opportunità, chiunque abbia ricevuto la luce della verità, ha la stessa tremenda e solenne responsabilità del profeta d’Israele, al quale la Parola del Signore venne dicendo: “Figlio d’uomo, ti ho posto come sentinella alla casa d’Israele; perciò ascolta la parola alla mia bocca e avvertili da parte mia. [459]
Quando dico all’empio: – oh uomo malvagio, tu sicuramente morirai! – e tu non avrai parlato per avvertire l’empio che si ritragga dalla sua via, quell’empio morrà per la sua iniquità, ma io domanderò conto del suo sangue alla tua mano. Ma, se tu avverti l’empio che si ritragga dalla sua via, e quegli non se ne ritrae, esso morrà per la sua iniquità, ma tu avrai scampato l’anima tua” {Ezechiele 33: 7-9}. Il grande ostacolo che impedisce sia l’accettazione che la proclamazione della verità è il fatto che essa comporta disagio e rimprovero. Questo è l’unico argomento contro la verità che i suoi sostenitori non sono mai stati in grado di disconoscere. Ma ciò non scoraggia i veri seguaci di Cristo. Questi non aspettano che la verità diventi popolare. Essendo convinti del loro dovere, accettano deliberatamente la croce e insieme all’apostolo Paolo dicono “la nostra leggera afflizione, che è solo per un momento, opera per noi un peso di gloria molto più grande ed eterno” {2 Corinzi 4: 17}; come Mosè essi stimano “il rimprovero di Cristo maggiore dei tesori d’Egitto” {Ebrei 11: 26}. Qualunque sia la loro professione di fede, coloro che nella vita religiosa agiscono per interesse, piuttosto che secondo i principi, sono degli opportunisti. Noi, invece, dovremmo scegliere la giustizia perché è giusta e lasciare le conseguenze a Dio. Il mondo è debitore delle sue grandi riforme a uomini di principio, di fede e grande audacia. Da uomini di questo tipo dovrà essere portata avanti l’opera di riforma per questo tempo. Così dice il Signore: “Ascoltatemi, o voi che conoscete la giustizia, o popolo che hai nel cuore la mia legge! Non temete l’obbrobrio degli uomini, né siate sgomenti per i loro oltraggi. Poiché la tignola li divorerà come un vestito, e la tarma li roderà come la lana; ma la mia giustizia rimarrà in eterno, e la mia salvezza, per ogni età” {Isaia 51: 7-8}. [460]
Ovunque sia stata fedelmente predicata la Parola di Dio, ne sono derivati i risultati che hanno attestato la sua origine divina. Lo Spirito di Dio ha accompagnato il messaggio dei Suoi servi, dando alla Sua Parola un grande potere. I peccatori sentivano la propria coscienza risvegliata. La “luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo” {Giovanni 1: 10} illuminava le camere segrete delle loro anime e le cose nascoste dalle tenebre diventavano manifeste. La profonda convinzione si impadronì delle loro menti e dei loro cuori. Erano convinti del peccato, della giustizia e del futuro giudizio. Si rendevano conto della giustizia di Dio e sentivano il terrore di apparire, nella loro colpa e impurità, davanti a Colui che scruta i cuori. Nell’angoscia gridavano: “Chi mi libererà dal corpo di questa morte?” {Romani 7: 24}. Quando la croce del Calvario, con il suo sacrificio infinito per i peccati degli uomini, fu rivelata, videro che nient’altro oltre ai meriti di Cristo poteva bastare ad espiare le loro trasgressioni; solo questo poteva riconciliare l’uomo con Dio. Con fede e umiltà hanno accettato “l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo” {Giovanni 1: 29}. Attraverso il sangue di Gesù essi hanno ricevuto la remissione dei loro peccati. Queste anime hanno prodotto frutti degni di pentimento. Essi credettero e furono battezzati e si alzarono per camminare in novità di vita, come nuove creature in Cristo Gesù; non per modellarsi secondo le passate concupiscenze, ma per la fede del Figlio di Dio, per seguire i Suoi passi, per riflettere il Suo carattere e purificarsi come Egli è puro. [461]
Le cose che un tempo odiavano ora le amavano e le cose che un tempo amavano adesso le odiavano. Il presuntuoso e l’orgoglioso divenne mite e umile di cuore. Il vanitoso e superficiale divenne modesto e serio. Il profano divenne riverente, l’ubriaco sobrio e il dissoluto puro. Le vane mode del mondo furono messe da parte. I cristiani non cercavano “l’apparenza esteriore che consiste nell’intrecciatura dei capelli, nel mettersi attorno dei gioielli d’oro o nell’indossar vesti sontuose, ma quello che è intimo e nascosto nel cuore, la purezza incorruttibile dello spirito benigno e pacifico, che agli occhi di Dio è di gran prezzo” {1 Pietro 3: 3-4}. Questi risvegli portarono ad una profonda ricerca d’umiltà e di esaminazione del cuore. Erano caratterizzati da solenni e sinceri appelli al peccatore, fino alla struggente compassione per il riscatto ottenuto per mezzo del sangue di Cristo. Uomini e donne pregarono e lottarono con Dio per la salvezza delle loro anime. I frutti di tali risvegli furono visti in loro, manifestando abnegazione e sacrificio, e si rallegrarono del fatto che furono ritenuti degni di subire il disonore e le prove per amore di Cristo. Gli uomini videro una trasformazione nella vita di coloro che avevano professato il nome di Gesù e le comunità beneficiavano del loro influsso. Essi si radunavano per Cristo, seminavano per lo Spirito e raccoglievano per la vita eterna. Di loro si poteva dire: “Voi siete rattristati a ravvedimento… Poiché, la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla salvezza, e del quale non c’è mai da pentirsi; ma la tristezza del mondo produce la morte. Infatti, questo essere stati rattristati secondo Iddio, vedete quanta premura ha prodotto in voi! Anzi, quanta giustificazione, quanto sdegno, quanto timore, quanta bramosia, quanto zelo, qual punizione! In ogni maniera avete dimostrato d’esser puri in quest’affare” {2 Corinzi 7: 9-11}. Questo è il risultato dell’opera dello Spirito di Dio. Non c’è prova di un autentico pentimento a meno che non avvenga una riforma. [462]
Se il peccatore si pente, restituisce ciò che ha rubato, confessa i suoi peccati e ama Dio e i suoi simili, il peccatore può essere sicuro di aver trovato la pace con Dio. Tali erano gli effetti che negli anni passati seguivano le stagioni di risveglio religioso. Giudicati dai loro frutti, erano noti per essere benedetti da Dio sia per la salvezza degli uomini che per l’elevazione dell’umanità. Tuttavia molti risvegli dei tempi moderni hanno presentato un netto contrasto con quelle manifestazioni della grazia divina che nei primi giorni caratterizzavano gli sforzi dei servitori di Dio. È vero che si accese un interesse diffuso, molti professarono di essere convertiti e vi furono grandi adesioni alle chiese; ma i risultati non furono tali da giustificare la convinzione che vi fosse stato un corrispondente aumento della vera vita spirituale. La fiamma che si accende per un po’ si spegne presto, lasciando un’oscurità più densa di prima. I risvegli popolari, però, sono spesso provocati dagli appelli all’immaginazione; infatti, eccitando le emozioni si gratifica l’amore per ciò che è nuovo e sorprendente. Questa tipologia di convertiti ha ben poco desiderio di ascoltare la verità biblica, così poco interesse per la testimonianza dei profeti e degli apostoli. A meno che un servizio religioso non abbia qualcosa di sensazionale, non riesce ad attirarli. Un messaggio che faccia appello solo alla ragione non suscita alcuna risposta. I semplici avvertimenti della Parola di Dio, che riguardano direttamente i loro interessi eterni, non vengono ascoltati. Per ogni uomo veramente convertito, il grande obiettivo della vita è quello di relazionarsi con Dio e con le realtà che hanno un valore eterno. Ma dove possiamo trovare, nelle chiese popolari di oggi, uno spirito di tale consacrazione a Dio? I convertiti non rinunciano più al loro orgoglio e al loro amore per il mondo. Non sono più disposti a negare sé stessi, a prendere la croce e a seguire il mansueto e umile Gesù, più di quanto non lo fossero prima della loro conversione. La religione è diventata lo scherno degli infedeli e degli scettici perché ci sono così tante persone che ne usano il nome ignorandone i suoi principi. Il potere divino è quasi scomparso da molte delle chiese. [463]
Gite campestri, serate teatrali in chiesa, fiere di beneficenza, belle case, sfilate di abiti hanno allontanato il pensiero da Dio. Proprietà, beni e occupazioni mondane occupano la mente a tal punto che le realtà di interesse eterno vengono considerate con scarsa attenzione. Nonostante la diffusa declinazione della fede e della pietà, ci sono ancora veri seguaci di Cristo in queste chiese. Prima che si abbattano i giudizi di Dio sulla terra, nel popolo del Signore vi sarà un tale risveglio di quella pietà testimoniata nei tempi apostolici. Lo Spirito e il potere di Dio saranno riversati sui Suoi figli. A quel tempo molti si separeranno da quelle chiese in cui l’amore di questo mondo ha soppiantato l’amore per Dio e per la Sua Parola. Molti, sia pastori che membri, accetteranno volentieri le grandi verità che Dio ha fatto proclamare in questo momento per preparare un popolo per la seconda venuta del Signore. Il nemico delle anime desidera ostacolare questo lavoro; e prima che arrivi un tale movimento, cercherà di impedirlo introducendo una contraffazione. In quelle chiese che sono sotto il suo potere ingannevole farà credere che la benedizione speciale di Dio sia riversata; si manifesterà ciò che si pensa essere un grande risveglio religioso. Le moltitudini esulteranno pensando che Dio stia operando meravigliosamente in loro favore, quando invece quell’opera è prodotta da un altro spirito. Sotto l’aspetto religioso, Satana cercherà di estendere la sua influenza sul mondo cristiano. In molti risvegli avvenuti nel corso dell’ultimo mezzo secolo, queste influenze si sono messe all’opera, in misura maggiore o minore, così come lo si farà nei movimenti più estesi del futuro. Vi è un’eccitazione emotiva, una mescolanza del vero con il falso, che è ben adattata ad indurre nell’errore. Eppure nessuno deve essere ingannato. Alla luce della Parola di Dio non è difficile determinare la natura di questi movimenti. Ovunque gli uomini trascurino la testimonianza della Bibbia, allontanandosi da quelle chiare verità, che richiedono auto-abnegazione e rinuncia del mondo, possiamo essere certi che la benedizione di Dio non verrà concessa. [464]
Applicando la regola pronunciata da Gesù stesso: “li riconoscerete dai loro frutti” {Matteo 7: 16}, è evidente che questi movimenti non sono opera dello Spirito di Dio. Nelle verità della Sua Parola, Dio ha dato agli uomini una rivelazione di Sé stesso; per tutti coloro che le accettano, esse saranno uno scudo contro gli inganni di Satana. Trascurare queste verità aprirà la porta a quei mali che oggi stanno diventando così diffusi nel mondo religioso. La natura e l’importanza della legge di Dio sono state, in larga misura, perse di vista. Una concezione errata del carattere, della perpetuità e dell’obbligo della legge divina ha portato ad errori legati alla conversione e alla santificazione, abbassando così lo standard della pietà all’interno della chiesa. Questa è la causa della mancanza dello Spirito e del potere di Dio nei risvegli del nostro tempo. Ci sono, nelle varie denominazioni, uomini noti per la loro pietà, che hanno riconosciuto e deplorato questa realtà. Il professor Edwards A. Park, nel descrivere gli attuali pericoli religiosi, dice abilmente: “Una fonte di pericolo la si ha quando dal pulpito non si promuove il rispetto per la legge divina. Nei primi tempi il pulpito era un’eco della voce della coscienza… I nostri più illustri predicatori diedero una meravigliosa grandezza ai loro discorsi seguendo l’esempio del Maestro e dando risalto alla legge, ai Suoi precetti e ai Suoi avvertimenti. Ripetendo così queste due grandi massime: la legge è una trascrizione della perfezione divina e un uomo che non ama la legge non ama il Vangelo; la legge, così come il Vangelo, è uno specchio che riflette il vero carattere di Dio. Questo pericolo ne porta un altro, ovvero quello di sottovalutare la natura del peccato, la sua portata e la sua gravità. In proporzione alla legittimità del comandamento vi è la gravità nel disobbedirgli. Ai pericoli già nominati precedentemente vi è il pericolo di sottovalutare la giustizia di Dio. La tendenza del pulpito moderno è quella di separare la giustizia divina dalla benevolenza divina, facendo sprofondare la benevolenza in un semplice sentimento piuttosto che esaltarla come un principio. [465]
Il concezione della nuova teologia distrugge ciò che Dio ha unito. La legge divina è buona o cattiva? Essa è un bene. Ciò significa che la giustizia è buona; perché ha come obbiettivo l’osservanza della legge. Dall’abitudine di sottovalutare la legge e la giustizia divina, come anche la portata e la gravità della disobbedienza umana, gli uomini scivolano facilmente nell’abitudine di sottovalutare quella grazia che ha fornito un’espiazione per il peccato”. In questo modo il Vangelo perde il suo valore e la sua importanza nelle menti degli uomini, che si preparano così a mettere da parte la Bibbia stessa. Molti insegnanti religiosi affermano che Cristo con la Sua morte ha abolito la legge e che gli uomini sono ormai liberi dalle sue esigenze. Ci sono alcuni che la rappresentano come un giogo grave e, in contrasto alla schiavitù della legge, presentano la libertà di cui si gode con il Vangelo. Ma non è così che i profeti e gli apostoli consideravano la santa legge di Dio. Davide disse: “Camminerò con libertà: perché cerco i tuoi precetti” {Salmo 119: 45}. L’apostolo Giacomo, che scrisse dopo la morte di Cristo, si riferisce al Decalogo come “la legge reale” e “la legge perfetta della libertà” {Giacomo 2: 8; 1: 25}. Il profeta Giovanni, mezzo secolo dopo la crocifissione, pronuncia una benedizione per coloro che “osservano i Suoi comandamenti, affinché abbiano diritto all’albero della vita e possano entrare attraverso le porte della città” {Apocalisse 22: 14}. L’affermazione che Cristo, con la Sua morte, abbia abolito la legge di Suo Padre è priva di fondamento. Se fosse stato possibile cambiare o mettere da parte la legge, allora Cristo non sarebbe dovuto morire per salvare l’uomo dalla pena del peccato. La morte di Cristo, così lontana dall’abolire la legge, dimostra che essa è immutabile. Il Figlio di Dio venne per “magnificare la legge e renderla onorevole” {Isaia 42: 21}. Disse: “Non pensiate che io sia venuto per distruggere la legge; in verità vi dico che finché non siano passati il cielo e la terra, neppure uno iota o un apice della legge passerà” {Matteo 5: 17-18}. Riguardo a Sé stesso Egli dichiara: “O Dio mio, io prendo piacere nel fare la tua volontà: sì, la tua legge è nel mio cuore” {Salmo 40: 8}. [466]
La legge di Dio, per natura, è immutabile. È una rivelazione della volontà e del carattere del suo Autore. Dio è amore e la Sua legge è amore. I suoi due grandi principi sono l’amore per Dio e l’amore per il prossimo. “L’amore è l’adempimento della legge” {Romani 13: 10}. Il carattere di Dio è giustizia e verità; tale è la natura della Sua legge. Il salmista dice: “La tua legge è verità”, “tutti i tuoi comandamenti sono giusti” {Salmo 119: 142, 172}. L’apostolo Paolo dichiara: “La legge è santa, e il comandamento è santo, giusto e buono” {Romani 7: 12}. Una tale legge, essendo un’espressione della mente e della volontà di Dio, deve essere duratura quanto il suo Autore, ma è l’opera di conversione e santificazione a riconciliare gli uomini con Dio, mettendoli in accordo con i principi della Sua legge. All’inizio, l’uomo è stato creato a immagine di Dio. Egli era in perfetta armonia con la natura e la legge di Dio; i principi della rettitudine furono scritti nel suo cuore, ma il peccato lo ha alienato dal suo Creatore. Non rifletteva più l’immagine divina. Il suo cuore era in guerra contro i principi della legge di Dio. “La mente carnale è inimicizia contro Dio: poiché non è soggetta alla legge di Dio, né può esserlo” {Romani 8: 7}. Ma “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio”, affinché l’uomo potesse essere riconciliato a Dio. Attraverso i meriti di Cristo l’uomo può essere restaurato, tornando ad essere in armonia con il suo Creatore. Il suo cuore deve essere rinnovato dalla grazia divina; ricevendo così una nuova vita dall’alto. Questo cambiamento è la nuova nascita, senza la quale, dice Gesù, “nessuno può vedere il regno di Dio”. Il primo passo verso la riconciliazione con Dio è la convinzione di peccato. “Il peccato è la trasgressione della legge” {1 Giovanni 3: 4}. “Attraverso la legge è data la conoscenza del peccato” {Romani 3: 20}. Per vedere la sua colpevolezza, il peccatore deve mettere alla prova il suo carattere mediante il grande standard della giustizia di Dio. Esso è uno specchio che mostra la perfezione di un carattere virtuoso e gli consente di discernere i difetti nella propria vita. La legge rivela all’uomo i suoi peccati, ma non fornisce alcun rimedio. [467]
Mentre promette la vita a coloro che la osservano, essa dichiara che la morte è l’eredità dei trasgressori. Solo il Vangelo di Cristo può liberarlo dalla condanna o dalla contaminazione del peccato. Dev’essere esercitato il pentimento verso Dio, la cui legge è stata trasgredita; e bisogna avere fede in Cristo e nel Suo sacrificio espiatorio. Così il peccatore ottiene la “remissione dei suoi peccati” e diventa partecipe della natura divina. Ora è un figlio di Dio, avendo ricevuto lo spirito di adozione, per mezzo del quale grida: “Abba, Padre!”. Ma ora è libero di trasgredire la legge di Dio? Paolo dice: “Annulliamo noi la legge mediante la fede? Così non sia: anzi, stabiliamo la legge” {Romani 3: 31}. “Come potremo noi, che siamo morti al peccato, vivere ancora in esso?” {Romani 6: 2}. E Giovanni dichiara: “Questo è l’amore di Dio, che osserviamo i Suoi comandamenti: ed i Suoi comandamenti non sono gravosi” {1 Giovanni 5: 3}. Nella nuova nascita il cuore è portato in armonia con Dio, poiché è messo in accordo con la Sua legge. Quando questo potente cambiamento ha avuto luogo nel peccatore, è passato dalla morte alla vita, dal peccato alla santità, dalla trasgressione e dalla ribellione all’obbedienza e alla lealtà. La vecchia vita di alienazione da Dio è finita; la nuova vita di riconciliazione, di fede ed amore, è iniziata. Allora “la giustizia della legge” sarà “adempiuta in noi, che non camminiamo secondo la carne, ma secondo lo Spirito” {Romani 8: 4}. Il linguaggio dell’anima quindi sarà: “O come amo la tua legge! È la mia meditazione tutto il giorno” {Salmo 119: 97}. “La legge del Signore è perfetta, essa ristora l’anima” {Salmo 19: 7}. Senza la legge, gli uomini non avrebbero alcuna concezione della purezza e della santità di Dio o della propria colpa ed impurità. Non avrebbero una vera convinzione del peccato e non sentirebbero il bisogno di pentirsi. Non vedendo la loro condizione perduta come violatori della legge di Dio, non si renderebbero conto del loro bisogno del sangue espiatorio di Cristo. La speranza della salvezza è accettata senza un radicale cambiamento del cuore o dello stile di vita. Così le conversioni superficiali abbondano e moltitudini che non sono mai state unite a Cristo si uniscono alla chiesa. [468]
Anche le teorie errate sulla santificazione, che scaturiscono dalla negligenza o dal rifiuto della legge divina, hanno un posto di rilievo nei movimenti religiosi di questo tempo. Queste teorie sono sia false nella dottrina che pericolose nei risultati pratici; il fatto che siano così generalmente sostenute, ci fa capire doppiamente quanto sia essenziale che tutti abbiano una chiara comprensione di ciò che le Scritture insegnano su questo punto. La vera santificazione è una dottrina biblica. L’apostolo Paolo, nella sua lettera alla chiesa di Salonicco, dichiara: “Questa è la volontà di Dio, che vi santifichiate”. Poi prega: “Il Dio della pace vi santifichi Egli stesso completamente” {1 Tessalonicesi 4: 3; 5: 23}. La Bibbia insegna chiaramente cosa sia la santificazione e come deve essere raggiunta. Il Salvatore pregò per i Suoi discepoli: “Santificali nella tua verità: la tua parola è verità” {Giovanni 17: 17}. Paolo insegna che i credenti devono essere “santificati dallo Spirito Santo” {Romani 15: 16}. Qual è l’opera dello Spirito Santo? Gesù disse ai Suoi discepoli: “Quando Egli, lo Spirito di verità, verrà, Egli vi guiderà in tutta la verità” {Giovanni 16: 13}. Il salmista dice: “La tua legge è verità” {Salmo 119: 142}. Attraverso la Parola e lo Spirito di Dio i grandi principi della rettitudine, incarnati nella Sua legge, vengono presentati agli uomini. E poiché la legge di Dio è “santa, giusta e buona”, ovvero una trascrizione della perfezione divina, ne consegue che un carattere formato dall’obbedienza a quella legge sarà santo. Cristo è un perfetto esempio di un tale carattere. Egli dice: “Ho osservato i comandamenti del Padre mio”, “faccio sempre quelle cose che Gli sono gradite” {Giovanni 15: 10; 8: 29}. I seguaci di Cristo devono diventare come Lui, attraverso la grazia di Dio, per formare dei caratteri in armonia con i principi della Sua santa legge. Questa è la santificazione della Bibbia. Quest’opera può essere realizzata solo mediante la fede in Cristo e il potere dello Spirito di Dio. Paolo ammonisce i credenti: “compiete la vostra salvezza con timore e tremore; poiché Dio è Colui che opera in voi il volere e l’agire, per la sua benevolenza” {Filippesi 2: 12-13}. Il cristiano sentirà le tentazioni del peccato, ma manterrà una guerra costante contro di esso. [469]
In questo è necessario l’aiuto di Cristo. La debolezza umana si unisce alla forza divina e la fede esclama: “Ringraziato sia Dio, che ci dà la vittoria attraverso il nostro Signore Gesù Cristo” {1 Corinzi 15: 57}. Le Scritture mostrano chiaramente che l’opera di santificazione è progressiva. Quando nella conversione il peccatore trova la pace con Dio attraverso il sangue dell’espiazione, la vita cristiana è appena iniziata. Ora deve giungere alla perfezione crescendo “fino alla misura della statura della pienezza di Cristo” {Efesini 4: 13}. L’apostolo Paolo dice: “… faccio una cosa: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, proseguo la corsa verso la meta per ottenere il premio della suprema vocazione di Dio in Cristo Gesù” {Filippesi 3: 13-14}. Pietro ci presenta i passi attraverso i quali si deve raggiungere la santificazione della Bibbia: “Anche voi per questa stessa ragione usando ogni diligenza, aggiungete alla vostra fede la virtù; alla virtù la conoscenza; alla conoscenza la temperanza; alla temperanza la pazienza; alla pazienza la pietà; alla pietà l’amor fraterno; e all’amor fraterno la carità… facendo queste cose, non cadrete mai” {2 Pietro 1: 5-10}. Coloro che sperimentano la santificazione della Bibbia manifesteranno uno spirito di umiltà. Come Mosè, hanno avuto una visione della tremenda maestà della santità e vedono la loro indegnità in contrasto con la purezza e l’esaltata perfezione dell’Infinito. Il profeta Daniele fu un esempio di vera santificazione. La sua lunga vita fu consacrata al nobile servizio del suo Maestro. Era un uomo “molto amato” {Daniele 10: 11} dal Cielo. Eppure, invece di reclamare di essere puro e santo, questo onorato profeta si identificava con il vero peccatore di Israele mentre pregava davanti a Dio in favore del suo popolo: “noi umilmente presentiamo le nostre suppliche al tuo cospetto, fondati non sulle nostre opere giuste, ma sulle tue grandi compassioni… Noi abbiamo peccato, abbiamo operato malvagiamente”. Quindi aggiungeva: “… io parlavo ancora, pregando e confessando il mio peccato e il peccato del mio popolo…” {Daniele 9:18, 15, 20}. [470]
E quando in un secondo momento apparve il Figlio di Dio per dargli istruzioni, Daniele disse: “il mio viso mutò colore fino a rimanere sfigurato, e non mi restò alcuna forza” {Daniele 10: 8}. Quando Giobbe udì la voce del Signore nel turbine, esclamò: “Ritratto me stesso e mi pento sulla polvere e sulla cenere” {Giobbe 42: 6}. Quando Isaia vide la gloria del Signore udì i cherubini gridare: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti”, esclamò: “Guai a me! Poiché io sono perduto!” {Isaia 6: 3, 5}. Paolo, dopo essere stato portato nel terzo cielo e udito cose che non era possibile pronunciare ad alcun uomo {2 Corinzi 12: 2-4}, parla di sé stesso come se fosse da meno del “minimo di tutti i santi” {Efesini 3: 8}. E fu proprio l’amato Giovanni, che si appoggiò al petto di Gesù e vide la Sua gloria, che cadde come morto davanti ai piedi dell’angelo {Apocalisse 1: 17}. Coloro che camminano all’ombra della croce del Calvario non possono manifestare auto-esaltazione, o vantarsi di essere esenti dal peccato. Sentono che è stato il loro peccato a causare l’agonia che ha spezzato il cuore del Figlio di Dio e proprio questo pensiero li condurrà all’essere umili. Coloro che vivono più vicino a Gesù riconoscono più chiaramente la fragilità e il peccato dell’umanità e la loro unica speranza è nei meriti di un Salvatore crocifisso e risorto. La santificazione che sta guadagnando importanza nel mondo religioso porta con sé uno spirito di auto-esaltazione e un disprezzo per la legge di Dio, che la contraddistingue come estranea alla religione della Bibbia. I suoi sostenitori insegnano che la santificazione è un’opera istantanea, mediante la quale, attraverso la sola fede, raggiungono la santità perfetta. “Credete soltanto”, dicono loro, “e la benedizione sarà vostra”. Non è richiesto nessun ulteriore sforzo da parte del ricevente. Allo stesso tempo negano l’autorità della legge di Dio, sostenendo che siano liberati dall’obbligo di osservarne i comandamenti. Ma è possibile che gli uomini siano santi, secondo la volontà e il carattere di Dio, senza essere in armonia con i principi che sono espressione della Sua natura e volontà, e che mostrano ciò che Gli è gradito? [471]
Il desiderio di una religione facile che non richiede impegno, alcuna abnegazione e nessuna separazione dalle follie del mondo, ha fatto della fede, e della sola fede, una dottrina popolare; ma cosa dice la Parola di Dio? L’apostolo Giacomo dice: “A cosa serve, fratelli miei, se un uomo dice di avere fede e non ha opere? Può la fede salvarlo?… Vuoi sapere tu, o uomo vano, che la fede senza le opere è morta? Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì Isacco, suo figlio, sull’altare? Riesci a vedere come la fede operava insieme alle sue opere e che per le opere la sua fede fu resa perfetta?… Vedete, allora, che l’uomo è giustificato per le opere e non solo per fede” {Giacomo 2: 14-24}. La testimonianza della Parola di Dio è contro questa assurda dottrina di fede senza opere. La fede non rivendica il favore del Cielo senza conformarsi alle condizioni sulle quali la misericordia deve essere concessa; questa sarebbe presunzione! Perché la vera fede ha il suo fondamento nelle promesse e nelle disposizioni delle Scritture. Non dovrebbe illudersi credendo di poter diventare santo, violando volontariamente uno dei comandamenti di Dio. Commettere un peccato deliberatamente zittisce la voce di testimonianza dello Spirito e separa l’anima da Dio. “Il peccato è la trasgressione della legge” e “chiunque pecca [trasgredisce la legge] non l’ha visto né conosciuto” {1 Giovanni 3: 6}. Sebbene Giovanni nelle sue epistole si soffermi così pienamente sull’amore, tuttavia non esita a rivelare il vero carattere di quella classe che afferma di essere santificata mentre vive nella trasgressione della legge di Dio. “Chi dice, lo conosco e non osserva i Suoi comandamenti, è un bugiardo e la verità non è in lui. Ma chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto” {1 Giovanni 2: 4-5}. Ecco la prova della professione di fede di ogni uomo. Non possiamo accordare la santità a nessun uomo senza portarlo a confronto con l’unico standard di santità che Dio possiede sia in cielo che sulla terra. Se gli uomini non riconoscono l’importanza della legge morale, se sminuiscono e oscurano i precetti di Dio, se trasgrediscono uno di questi minimi comandamenti e insegnano agli uomini di fare ciò, non avranno alcuna stima agli occhi del Cielo e così si avrà la certezza che le loro affermazioni sono prive di fondamento. [472]
La pretesa di essere senza peccato è, di per sé, la prova che colui che fa questa affermazione è tutt’altro che santo. Poiché non ha una vera concezione della purezza infinita e della santità di Dio o di ciò che deve diventare per essere in armonia con il Suo carattere; quell’uomo può considerarsi santo poiché non ha una vera concezione della purezza e dell’amore infinito di Gesù e della malignità del peccato. Maggiore è la distanza tra sé stesso e Cristo, quanto più saranno inadeguate le sue concezioni del carattere e dei requisiti divini e tanto più apparirà giusto ai suoi stessi occhi. La santificazione esposta nelle Scritture abbraccia l’intero essere: spirito, anima e corpo. Paolo pregò per i Tessalonicesi affinché il loro “intero spirito, anima e corpo fossero preservati senza colpa fino alla venuta del nostro Signore Gesù Cristo” {1 Tessalonicesi 5: 23}. Scrisse ancora ai credenti dicendo: “Vi supplico dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, di presentare i vostri corpi come un sacrificio vivente, santo, gradito a Dio” {Romani 12: 1}. Al tempo dell’antico Israele ogni offerta che veniva portata come sacrificio a Dio doveva essere attentamente esaminata. Se veniva trovato qualche difetto nell’animale da sacrificare, esso veniva rifiutato; Dio aveva comandato che l’offerta fosse “senza difetto”. Allo stesso modo i cristiani sono invitati a presentare i loro corpi come “un sacrificio vivente, santo, gradito a Dio”. Per fare questo, tutti i loro poteri devono essere preservati nelle migliori condizioni possibili. Ogni pratica che indebolisce la forza fisica o mentale squalifica l’uomo che offre un servizio al suo Creatore. Dio sarà contento di qualcosa che è meno del meglio che noi possiamo offrire? Cristo disse: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore” {Matteo 22: 39}. Coloro che amano Dio con tutto il cuore desidereranno offrirgli il miglior servizio e cercheranno costantemente di sottoporre ogni potere del loro essere a quelle leggi che potenzieranno la loro capacità nel fare la Sua volontà. [473]
Non accetteranno alcuna indulgenza di appetito o passione, che possa indebolire o contaminare l’offerta che presentano al loro Padre celeste. Pietro dice: “Astieniti dalle concupiscenze carnali, che combattono contro l’anima” {1 Pietro 2: 11}. Ogni gratificazione peccaminosa tende a intorpidire le facoltà e ad attutire le percezioni mentali e spirituali, in questo modo la Parola e lo Spirito di Dio non possono operare alcuna impressione sul cuore. Paolo scrive ai Corinzi: “Purifichiamoci da ogni contaminazione della carne e dello spirito, perfezionando la nostra santità nel timore di Dio” {2 Corinzi 7: 1}. Ottenendo quelli che sono i frutti dello Spirito “amore, gioia, pace, pazienza, benignità, bontà, fedeltà, mansuetudine e autocontrollo” {Galati 5: 22-23}. Nonostante queste dichiarazioni ispirate, quanti cristiani professi stanno indebolendo i loro poteri nel perseguire il guadagno o l’adorazione della moda; quanti stanno abusando delle loro forze fisiche dategli da Dio per ingordigia, bevendo vino e commettendo piaceri proibiti. La chiesa, invece di rimproverare, incoraggia troppo spesso il male facendo appello all’appetito, al desiderio di guadagno o all’amore per il piacere, per alimentare il proprio tesoro, che il debole amore per Cristo non può fornire. Se Gesù entrasse nelle chiese di oggi e osservasse le feste e le vendite profane compiute in nome della religione, non caccerebbe via quei profanatori, così come ha bandito i cambiavalute dal tempio? L’apostolo Giacomo dichiara che la saggezza che viene dall’alto è in primo luogo pura {Giacomo 3: 17}. Se avesse incontrato coloro che pronunciavano il prezioso nome di Gesù mediante labbra contaminate dal tabacco, il cui alito e la cui persona sono contaminati dal suo cattivo odore, che inquinano l’aria del cielo e che forzano tutti quelli che stanno intorno a loro ad inalare veleno: se l’apostolo fosse entrato in contatto con una pratica così contraria alla purezza del Vangelo, non l’avrebbe forse denunciato come “terreno, sensuale e diabolico” {Giacomo 3: 15}? Schiavi del tabacco, reclamano la benedizione di tutta la santificazione e parlano della loro speranza nel cielo; ma la Parola di Dio dichiara chiaramente che “niente d’immondo e nessuno che commetta abominazione o falsità, vi entreranno” {Apocalisse 21: 27}. [474]
“Non sapete voi che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Poiché foste comprati a caro prezzo; glorificate dunque Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito che sono di Dio” {1 Corinzi 6: 19-20}. Colui il cui corpo è il tempio dello Spirito Santo non sarà schiavo di alcuna abitudine nociva. I suoi poteri appartengono a Cristo, che lo ha acquistato con il prezzo del Suo sangue. La sua proprietà appartiene al Signore. Come può essere innocente sprecando questo capitale affidatogli? I professi cristiani spendono annualmente una somma immensa per inutili e nocivi piaceri, mentre le anime stanno morendo senza conoscere la Parola della vita. Dio viene derubato nelle decime e nelle offerte, mentre si sacrifica per la propria lussuria più di quanto se ne offra per alleviare i poveri o per il sostegno del Vangelo. Se tutti quelli che professano di essere seguaci di Cristo fossero veramente santificati, le loro finanze, invece di essere spese in piaceri inutili e persino dolorosi, sarebbero impiegate nel tesoro del Signore; i cristiani darebbero così un grande esempio di temperanza, abnegazione ed altruismo.
Allora sarebbero la luce del mondo, ma essi si stanno abbandonando all’autoindulgenza. “La concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e l’orgoglio della vita” {1 Giovanni 2: 16} controllano le masse, ma i seguaci di Cristo hanno una chiamata più santa: “esci di mezzo a loro, e sii separato, dice il Signore, non toccare nulla d’immondo” {2 Corinzi 6: 17}. Alla luce della Parola di Dio siamo giustificati nel dichiarare che la santificazione non può essere genuina se non genera la totale rinuncia alle ambizioni peccaminose e alle gratificazioni del mondo. Per coloro che si conformano alle indicazioni: “esci di mezzo a loro e sii separato… non toccare nulla d’immondo”, la promessa di Dio è: “Io ti riceverò e sarò un Padre per te e voi sarete i miei figli e mie figlie, dice il Signore Onnipotente” {2 Corinzi 6: 18}. È il privilegio e il dovere di ogni cristiano avere una ricca e abbondante esperienza nelle realtà di Dio. [475]
“Io sono la luce del mondo”, disse Gesù. “Chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” {Giovanni 8: 12}. “Il sentiero del giusto è come la luce dell’aurora, che splende sempre di più finché sia giorno perfetto” {Proverbi 4: 18}. Ogni passo della fede e dell’obbedienza porta l’anima ad una più stretta connessione con la Luce del mondo, in cui “non c’è affatto oscurità”. I raggi luminosi del Sole della Rettitudine brillano sui servi di Dio, che devono riflettere i Suoi raggi. Come le stelle rivelano che nel cielo vi è un’immensa luce, di cui esse riflettono la gloria, così i cristiani devono rivelare a tutti che sul trono dell’universo esiste un Dio il cui carattere è degno di lode e imitazione. La grazia del Suo Spirito, la purezza e la santità del Suo carattere saranno manifestate nei Suoi testimoni. Paolo, nella sua lettera ai Colossesi, espone le ricche benedizioni concesse ai figli di Dio dicendo: “non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che siate ripieni della profonda conoscenza della volontà di Dio in ogni sapienza e intelligenza spirituale, affinché camminiate in modo degno nel Signore per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; essendo fortificati in ogni forza secondo la potenza della sua gloria, affinché possiate essere in tutto pazienti e benevoli” {Colossesi 1: 9-11}. Di nuovo scrive del suo desiderio che i fratelli di Efeso possano arrivare a comprendere l’altezza del privilegio cristiano. Apre davanti a loro, nel linguaggio più completo, il potere e la conoscenza meravigliosa che potrebbero possedere come figli e figlie dell’Altissimo. Era loro privilegio “essere rafforzati con forza dal Suo Spirito nell’uomo interiore”, essere “radicati e fondati nell’amore”, comprendere “con tutti i santi qual sia la larghezza, la lunghezza, la profondità e l’altezza dell’amore di Cristo; e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza”. Ma la preghiera dell’apostolo raggiunge il suo culmine quando prega affinché essi giungano “ad esser ripieni di tutta la pienezza di Dio” {Efesini 3: 16-19}. [476]
Qui vengono rivelate le vette del conseguimento che possiamo raggiungere attraverso la fede nelle promesse del nostro Padre celeste, quando adempiamo alle loro esigenze. Attraverso i meriti di Cristo abbiamo accesso al trono del Potere Infinito. “Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma l’ha dato per tutti noi, non ci donerà Egli anche liberamente tutte le cose con lui?” {Romani 8: 32}. Il Padre ha donato il Suo Spirito senza misura a Suo Figlio e anche noi possiamo prendere parte alla Sua pienezza. Gesù dice: “Se voi dunque, essendo malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli: quanto più il Padre celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono?” {Luca 11: 13}. “Se chiederete qualcosa nel mio nome, lo riceverete”. “Chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia completa” {Giovanni 14: 14; 16: 24}.
La vita del cristiano non dovrebbe essere contrassegnata dalla tristezza e dall’autosvalutazione, pur essendo caratterizzata dall’umiltà. È il privilegio di tutti possedere una vita che Dio possa approvare e benedire. Non è la volontà del nostro Padre celeste quella di essere sempre sotto la condanna e le tenebre. Non vi è prova di vera umiltà nell’andare con la testa china e il cuore pieno di sé stessi. Possiamo invece andare a Gesù e purificarci, stando davanti alla legge senza vergogna e rimorso. “Non c’è quindi nessuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù, che camminano non secondo la carne, ma secondo lo Spirito” {Romani 8: 1}. Per mezzo di Gesù i figli caduti di Adamo diventano “figli di Dio”. “Colui che santifica e quelli che sono santificati, provengono tutti da uno; per questo motivo egli non si vergogna di chiamarli fratelli” {Ebrei 2: 11}.
La vita del cristiano dovrebbe essere quella della fede, della vittoria e della gioia in Dio. “Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo: e questa è la vittoria che vince il mondo, la nostra fede” {1 Giovanni 5: 4}. Giustamente Dio poté dire a Neemia queste parole: “La gioia del Signore è la tua forza” {Neemia 8: 10}. Anche Paolo disse: “Rallegratevi sempre nel Signore. Di nuovo vi dico: Rallegratevi” {Filippesi 4: 4}. “Gioite sempre. Pregate incessantemente. In tutto rendete grazie: perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù riguardo a voi” {1 Tessalonicesi 5: 16-18}. [477]
Tali sono i frutti della conversione e della santificazione della Bibbia; ed è proprio perché i grandi principi della giustizia, enunciati nella legge di Dio, sono considerati con indifferenza dal mondo cristiano che questi frutti sono così raramente testimoniati. Questo è il motivo per cui si manifesta così poco di quell’opera profonda e duratura dello Spirito di Dio che ha segnato i risvegli negli anni precedenti. Guardando siamo trasformati. Quei sacri precetti attraverso i quali Dio ha rivelato agli uomini la perfezione e la santità del Suo carattere purtroppo oggi vengono trascurati e le menti del popolo sono attratte dagli insegnamenti e dalle teorie umane: non c’è quindi da stupirsi se ne è derivato un declino della spiritualità nella chiesa. Il Signore dice: “hanno abbandonato me, la fonte dell’acqua viva, e hanno scavato cisterne, cisterne rotte, che non possono contenere acqua” {Geremia 2: 13}.
“Beato l’uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi… il cui diletto è nella legge del Signore; e su quella legge medita giorno e notte. Egli sarà come un albero piantato vicino a fiumi d’acqua, che produce frutti nella sua stagione; le sue foglie non appassiranno; e tutto ciò che farà prospererà” {Salmo 1: 1-3}. Solo quando la legge di Dio viene ripristinata nella sua legittima posizione può esserci un vero risveglio della fede e della pietà tra i Suoi professi. “Così dice il Signore: fermatevi sulle vie, e guardate, e domandate quali siano i sentieri antichi, dove sia la buona strada, e incamminatevi per essa; e voi troverete riposo per le vostre anime!” {Geremia 6: 16}. [478]
Il profeta Daniele dice: “Io continuai a guardare finché furono collocati dei troni, e un Antico di giorni sedeva: le sue vesti erano bianche come la neve, i capelli della sua testa erano come pura lana; il suo trono era di fiamme ardenti, e le sue ruote erano di fuoco ardente. Un fiume di fuoco sgorgava e usciva dalla sua presenza: migliaia di migliaia lo servivano e diecimila volte diecimila stavano davanti a lui: il giudizio si tenne e i libri furono aperti” {Daniele 7: 9-10}. Così fu presentato al profeta, in visione, il grande e solenne giorno in cui il carattere e la vita degli uomini sarebbero passati in rassegna davanti al Giudice di tutta la terra e ogni uomo riceverà “secondo le sue opere”. L’Antico di giorni è Dio, il Padre. Il salmista dice: “Prima che le montagne fossero create, e che Tu avessi formato la terra e il mondo, dall’eternità dell’eternità, tu sei Dio” {Salmo 90: 2}. È Lui, la fonte di ogni essere e di ogni legge, a presiedere il giudizio. I santi angeli in qualità di assistenti e testimoni, in numero di “diecimila volte diecimila e di migliaia di migliaia”, si trovano in questo grande tribunale. “Ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figliuol d’uomo; egli giunse fino al vegliardo, e fu fatto accostare a lui. E gli furono dati dominio, gloria e regno, perché tutti i popoli, tutte le nazioni e lingue lo servissero; il suo dominio è un dominio eterno che non passerà” {Daniele 7: 13-14}. [479]
La venuta di Cristo qui descritta non è la Sua seconda venuta sulla terra. Egli viene all’Antico di giorni, in cielo, per ricevere “dominio, gloria e regno” che gli saranno dati alla fine della sua attività di mediatore. È questa venuta, e non il Suo secondo avvento sulla terra, che fu preannunciata dalla profezia che avrebbe avuto luogo alla fine dei 2300 giorni, nel 1844. Assistito dagli angeli celesti, il nostro grande Sommo Sacerdote entra nel Luogo Santissimo e lì appare alla presenza di Dio per impegnarsi nell’ultimo atto di intercessione in favore dell’uomo: eseguire il giudizio investigativo e fare l’espiazione per tutti coloro che hanno dimostrato di avere diritto ai Suoi benefici. Nel servizio tipico, solo coloro che erano venuti davanti a Dio per mezzo di confessione e pentimento e i cui peccati, attraverso il sangue del sacrificio, erano stati trasferiti nel santuario, potevano avere parte al servizio del giorno dell’Espiazione. Quindi nel grande giorno dell’Espiazione finale e del giudizio investigativo gli unici casi considerati saranno quelli di coloro che professano di fare parte del popolo di Dio. Il giudizio dei malvagi è un’opera distinta e separata, e si svolge in un secondo momento. “Il giudizio deve cominciare dalla casa di Dio: e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di coloro che non obbediscono al Vangelo?” {1 Pietro 4: 17}. I libri del cielo, in cui sono registrati i nomi e le opere degli uomini, determineranno le decisioni del giudizio. Il profeta Daniele dice: “Il giudizio si tenne e i libri furono aperti”. Giovanni, descrivendo la stessa scena, aggiunge: “Un altro libro fu aperto, che è il libro della vita: e i morti furono giudicati da quelle cose che sono state scritte nei libri, secondo le loro opere” {Apocalisse 20: 12}. Il libro della vita contiene i nomi di tutti coloro che si sono impegnati nel servire Dio. [480]
Gesù disse ai Suoi discepoli: “Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nei cieli” {Luca 10: 20}. Paolo invece parla dei suoi fedeli “compagni… i cui nomi sono nel libro della vita” {Filippesi 4: 3}. Daniele, guardando in visione “un momento d’angoscia, come non se ne ebbe mai”, dichiara che il popolo di Dio “sarà liberato; tutti quelli che si troveranno scritti nel libro” {Daniele 12: 1}. Il profeta Giovanni dice che solo coloro che entreranno nella città di Dio avranno i nomi “scritti nel libro della vita dell’Agnello” {Apocalisse 21: 27}. “Un libro dei ricordi è scritto davanti a Dio…”, nel quale sono riportate le buone azioni di “coloro che temono il Signore, e che rispettano il suo nome” {Malachia 3: 16}. Le loro parole di fede e i loro atti d’amore sono registrati in cielo. Nehemia si riferisce a questo quando dice: “Ricordati di me, o mio Dio… e non cancellare le mie buone azioni che ho fatto per la casa del mio Dio” {Nehemia 13: 14}. Nel libro dei ricordi di Dio ogni azione di giustizia è immortalata. Lì ogni tentazione respinta, ogni male vinto e ogni parola espressa di tenera pietà è fedelmente riportata. Ogni atto di sacrificio, ogni sofferenza e ogni dolore sopportato per amore di Cristo è registrato. Il salmista dice: “Tu conti i passi del mio vagare; metti le mie lacrime nella tuo otre; non sono esse registrate nel tuo libro?” {Salmo 56: 8}. In cielo c’è anche un libro che registra i peccati degli uomini. “Poiché Dio porterà ogni opera in giudizio, con ogni cosa segreta, sia essa buona o cattiva” {Ecclesiaste 12: 14}. “Ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini ne renderanno conto nel giorno del giudizio”. Il Salvatore dice: “…dalle tue parole sarai giustificato, e dalle tue parole sarai condannato” {Matteo 12: 36-37}. Gli scopi segreti e le motivazioni compaiono tutte quante nell’infallibile registro; poiché Dio “porterà alla luce le cose nascoste delle tenebre e renderà manifesti i consigli dei cuori” {1 Corinzi 4: 5}. “Ecco, tutto ciò sta scritto davanti a Me… le vostre iniquità e le iniquità dei vostri padri insieme, dice il Signore” {Isaia 65: 6-7}. [481]
Le opere di ogni uomo passano in rassegna davanti a Dio essendo registrate come un atto di fedeltà o infedeltà. Accanto a ciascun nome nei libri del cielo, ogni parola cattiva, ogni atto egoistico, ogni dovere incompiuto, ogni peccato segreto e ogni falsità, viene segnata con incredibile esattezza. Gli avvertimenti inviati dal cielo e i rimproveri trascurati, i momenti sprecati, le opportunità che non sono state colte, l’influenza esercitata nel bene e nel male e le sue conseguenze di vasta portata, sono tutti riportati dall’angelo che registra. La legge di Dio è lo standard con cui i caratteri e le vite degli uomini saranno messi alla prova nel giudizio. Il saggio Salomone dice: “Temete Dio e osservate i suoi comandamenti: perché questo è il tutto dell’uomo. Poiché Dio porterà ogni opera in giudizio” {Ecclesiaste 12: 13-14}. L’apostolo Giacomo ammonisce i suoi fratelli dicendo: “Parlate e agite come se foste giudicati secondo la legge della libertà” {Giacomo 2: 12}. Coloro che nel giudizio sono “reputati degni” avranno parte alla risurrezione dei giusti. Gesù disse: “Coloro che saranno reputati degni d’aver parte al secolo avvenire e alla risurrezione dai morti… sono simili agli angeli e son figliuoli di Dio, essendo figliuoli della risurrezione” {Luca 20: 35-36}. Di nuovo dichiara che “coloro che hanno fatto del bene” risorgeranno “in risurrezione di vita” {Giovanni 5: 29}. I morti giusti non saranno innalzati se non dopo il giudizio in cui sono considerati degni della “risurrezione di vita”. Quindi non saranno presenti di persona al tribunale quando i loro libri saranno esaminati e le loro cause decise. Gesù apparirà come loro avvocato, per difenderli dinanzi a Dio. “Se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo il giusto” {1 Giovanni 2: 1}. “Cristo non è entrato in un santuario fatto da mano d’uomo che era figura del vero; ma nel cielo stesso, per comparire ora, al cospetto di Dio, per noi” {Ebrei 9: 24}; “Affinché possa salvare appieno quelli che per mezzo di Lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro” {Ebrei 7: 25}. [482]
Mentre i libri vengono aperti nel giudizio, le vite di tutti coloro che hanno creduto in Gesù vengono esaminate davanti a Dio. Iniziando da quelli che hanno vissuto per primi sulla terra, il nostro Avvocato presenta i casi di ogni generazione successiva e conclude con i viventi. Ogni nome è citato, ogni caso investigato da vicino. Alcuni nomi sono accettati, altri nomi rifiutati. Quando qualcuno ha dei peccati, non pentiti e non perdonati, che rimangono segnati sui libri i loro nomi sono cancellati dal libro della vita e il registro delle loro buone azioni viene cancellato dal libro dei ricordi di Dio. Il Signore dichiarò a Mosè: “Chiunque ha peccato contro di me, io lo cancellerò dal mio libro” {Esodo 32: 33}. Il profeta Ezechiele dice: “Quando il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l’iniquità… nessuno dei suoi atti di giustizia sarà ricordato” {Ezechiele 18: 24}. Tutti coloro che si sono veramente pentiti del peccato e, per fede, hanno rivendicato il sangue di Cristo come loro sacrificio espiatorio, hanno ricevuto il perdono dei peccati che li condannavano nei libri del cielo; poiché sono diventati partecipi della giustizia di Cristo e i loro caratteri sono in armonia con la legge di Dio, i loro peccati saranno cancellati e loro stessi saranno considerati degni della vita eterna. Il Signore dichiara per mezzo del profeta Isaia: “… per amor di me stesso cancello le tue trasgressioni, e non mi ricorderò più dei tuoi peccati” {Isaia 43: 25}. Gesù disse: “Chi vince, sarà vestito di vesti bianche; e non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma confesserò il suo nome davanti al Padre Mio e davanti ai suoi angeli” {Apocalisse 3: 5}. “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli. Ma chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli” {Matteo 10: 32-33}. L’emozione più intensa che gli uomini possono manifestare nell’attesa delle decisioni di un tribunale terreno, può solo parzialmente descrivere l’interesse manifestato nelle corti celesti quando i nomi scritti nel libro della vita vengono esaminati davanti al Giudice di tutta la terra. [483]
L’intercessore divino presenta la supplica secondo la quale tutti quelli che hanno vinto attraverso la fede nel Suo sangue siano perdonati per le loro trasgressioni, che siano riportati alla loro dimora nell’Eden e incoronati come coeredi con Sé “dell’antico dominio” {Michea 4: 8}. Satana nei suoi sforzi per ingannare e tentare la nostra razza aveva pensato di impedire il piano divino in vista del quale Dio aveva creato l’uomo; ma Cristo ora chiede che questo piano sia attuato come se l’uomo non fosse mai caduto. Chiede per il Suo popolo non solo il perdono e la giustificazione piena e completa, ma una partecipazione alla Sua gloria e un posto sul Suo trono. Mentre Gesù implora questi argomenti, in favore di coloro che beneficiano della Sua grazia, Satana li accusa davanti a Dio come trasgressori. Il grande ingannatore ha cercato di condurli allo scetticismo, di farli perdere la fiducia in Dio, di separarsi dal Suo amore e di infrangere la Sua legge. Ora egli indica la registrazione delle loro vite, i difetti del loro carattere e la loro non somiglianza al carattere di Cristo dicendo che essi hanno disonorato il loro Redentore; insomma tutti i peccati che hanno commesso a causa delle sue tentazioni e per questo li rivendica come suoi sudditi. Gesù non scusa i loro peccati, ma in virtù della loro penitenza e fede, reclama in loro favore il perdono. Sollevando le mani ferite davanti al Padre e ai santi angeli, dice: “Li conosco per nome. Li ho scolpiti sui palmi delle mie mani” {Isaia 49: 16}. “I sacrifici di Dio sono uno spirito spezzato: o Dio, non disprezzare un cuore spezzato e contrito” {Salmo 51: 17}. All’accusatore del Suo popolo Egli dichiara: “Ti sgridi l’Eterno, o Satana! Ti sgridi l’Eterno che ha scelto Gerusalemme! Non è questi un tizzone strappato dal fuoco?” {Zaccaria 3: 2}. Cristo vestirà i Suoi fedeli con la Sua propria giustizia, affinché possa presentare a Suo Padre “una chiesa gloriosa, senza macchia, né ruga, o qualsiasi altra cosa di questo genere” {Efesini 5: 27}. I loro nomi sono iscritti nel libro della vita, e riguardo a loro è scritto: “Cammineranno con me in bianche vesti: perché ne sono degni” {Apocalisse 3: 4}. [484]
Così si realizzerà l’adempimento completo della promessa del nuovo patto: “Io perdonerò la loro iniquità, e non mi ricorderò più del loro peccato” {Geremia 31: 34}. “In quei giorni, e in quel tempo, dice il Signore, si cercherà l’iniquità di Israele, ma non si troverà; e i peccati di Giuda non si troveranno” {Geremia 50: 20}. “In quel giorno il germoglio del Signore sarà bello e glorioso, e il frutto della terra sarà eccellente e avvenente per gli scampati di Israele. E avverrà che chiunque sarà rimasto in Sion e in Gerusalemme, sarà chiamato santo: chiunque, cioè, in Gerusalemme, sarà iscritto tra i vivi” {Isaia 4: 2-3}. Il lavoro del giudizio investigativo e l’eliminazione dei peccati devono essere compiuti prima del secondo avvento del Signore. Poiché i morti devono essere giudicati dalle cose scritte nei libri, è impossibile che i peccati degli uomini vengano cancellati prima del giudizio in cui i loro casi devono essere investigati. Ma l’apostolo Pietro afferma distintamente che i peccati dei credenti saranno cancellati “quando dei tempi di refrigerio verranno dalla presenza del Signore; ed Egli manderà Gesù Cristo” {Atti 3: 19-20}. Quando il giudizio investigativo sarà concluso, Cristo verrà e la Sua ricompensa sarà con Lui, offrendola ad ogni uomo secondo le proprie opere. Nel servizio cerimoniale il Sommo Sacerdote, dopo aver fatto l’espiazione per Israele, venne per benedire la congregazione. Così Cristo, alla fine della sua opera di mediatore, apparirà, “senza peccato per la salvezza” {Ebrei 9: 28}, per benedire la Sua gente che attende la vita eterna. Come il sacerdote, nel rimuovere i peccati dal santuario, li confessava sulla testa del capro espiatorio, così Cristo metterà tutti questi peccati su Satana, il creatore e l’istigatore del peccato. Il capro espiatorio, che porta i peccati di Israele, fu mandato via “in una terra non abitata” {Levitico 16: 22}; quindi Satana, portando la colpa di tutti i peccati che ha fatto commettere al popolo di Dio, resterà per mille anni confinato sulla terra desolata, senza abitanti e alla fine subirà la piena punizione per il peccato nel fuoco che distruggerà tutti i malvagi. [485]
Così il grande piano di redenzione raggiungerà il suo compimento nella definitiva estirpazione del peccato e nella liberazione di tutti coloro che hanno volontariamente rinunciato al male. All’ora stabilita per il giudizio – la fine dei 2300 giorni, che è avvenuta nel 1844 – iniziò il servizio di investigazione e cancellazione dei peccati. Tutti coloro che si sono dichiarati cristiani dovranno sostenere il suo minuzioso esame. Sia i vivi che i morti devono essere giudicati “da quelle cose che sono state scritte nei libri, secondo le loro opere” {Apocalisse 20: 12}. I peccati di cui non ci si è pentiti e che non sono stati abbandonati non saranno perdonati e cancellati dai libri del cielo, ma rimarranno come testimonianza contro il peccatore nel giorno di Dio. Può aver commesso le sue cattive azioni alla luce del giorno o nell’oscurità della notte, ma tutto è chiaro e manifesto davanti agli occhi di Colui al quale dobbiamo rendere conto di tutto. Gli angeli di Dio assistettero a ogni peccato e lo registrarono infallibilmente nei registri del cielo. Il peccato può essere nascosto, negato, coperto da padre, madre, moglie, figli e amici; nessuno, all’infuori dei diretti interessati, può nutrire il minimo sospetto dell’errore; ma esso è messo a nudo davanti alle intelligenze del cielo. L’oscurità della notte più buia e gli inganni più sottili non sono sufficienti a velare un solo pensiero alla conoscenza dell’Eterno. Dio ha una registrazione esatta di ogni azione falsa e di ogni affare ingiusto. Dio non può essere ingannato dalle apparenze di pietà. Egli non fa errori nella valutazione del carattere. Gli uomini possono essere ingannati da coloro che hanno un cuore corrotto, ma Dio scopre tutti i travestimenti e legge la vita interiore. Quale pensiero solenne rendersi conto che, giorno dopo giorno, tutto quello che facciamo viene registrato nei libri del cielo. Le parole una volta pronunciate e le azioni una volta commesse non possono mai più essere modificate. Gli angeli hanno registrato sia il bene che il male. L’uomo più potente che abita sulla terra non può annullare le azioni di neanche un giorno soltanto. I nostri atti, le nostre parole e persino le nostre intenzioni più segrete, hanno tutto il loro peso nel decidere il nostro destino eterno. [486]
Sebbene possano essere dimenticati da noi, essi testimonieranno o per giustificarci o per condannarci. Come i lineamenti del volto sono riprodotti con precisione infallibile sulla pellicola del fotografo, così il carattere è fedelmente delineato nei libri celesti. Eppure, quanta poca preoccupazione si prova riguardo al fatto che quelle registrazioni sono accessibili dagli esseri celesti. Se si potesse togliere il velo che separa il mondo visibile da quello invisibile e se i figli degli uomini potessero vedere l’angelo che registra ogni parola e azione, di cui dovranno rendere conto nel giorno del giudizio, quante parole che vengono pronunciate ogni giorno rimarrebbero inespresse e quante azioni non verrebbero portate a compimento! Durante il giudizio verrà esaminato attentamente l’uso di ogni talento. Come abbiamo impiegato il capitale che ci ha prestato il Cielo? Il Signore, alla Sua venuta, lo riceverà con gli interessi? Abbiamo migliorato quei poteri fisici, mentali e spirituali che ci ha affidato alla gloria di Dio e per la benedizione del mondo? Come abbiamo usato il nostro tempo, la nostra penna, la nostra voce, i nostri soldi, la nostra influenza? Che cosa abbiamo fatto per Cristo nella persona dei poveri, degli afflitti, degli orfani o della vedova? Dio ci ha resi i depositari della Sua santa Parola; cosa abbiamo fatto con la luce e la verità che ci ha dato per rendere gli uomini saggi per quanto riguarda la salvezza? Nessun valore può essere collegato a una semplice professione di fede in Cristo; solo l’amore che viene mostrato dalle opere è considerato genuino. Eppure, agli occhi del Cielo, solo l’amore dona valore alle nostre azioni. Tutto ciò che viene fatto per mezzo dell’amore, per quanto piccolo possa apparire agli occhi degli uomini, è accettato e ricompensato da Dio. L’egoismo nascosto degli uomini si rivela nei libri del cielo. Lì è presente la registrazione di ogni dovere incompiuto sia verso i propri simili, sia verso le richieste del Salvatore. Lì vedranno quante volte diedero a Satana il loro tempo, pensiero e forza che sarebbero dovute appartenere a Cristo. Gli angeli portano in cielo una terribile resoconto. Gli esseri intelligenti, professi seguaci di Cristo, sono assorbiti dall’acquisizione di beni terreni o nel godimento dei piaceri mondani. [487]
Il denaro, il tempo e la forza sono sacrificati per l’esibizionismo e l’autoindulgenza; pochi sono i momenti dedicati alla preghiera, allo studio delle Scritture, all’umiliazione dell’anima e alla confessione del peccato. Satana inventa migliaia di tattiche per occupare le nostre menti, affinché non ci soffermiamo su ciò che dovrebbe interessarci maggiormente. Il seduttore odia le grandi verità che portano in evidenza un sacrificio espiatorio e un onnipotente Mediatore. Satana sa che tutto dipende da lui e da come distoglierà le loro menti da Gesù e dalla Sua verità. Coloro che condividono i benefici della mediazione del Salvatore non dovrebbero permettere che nulla interferisca con il loro dovere di perfezionare la loro santità nel timore di Dio. Le ore preziose, invece di essere impiegate nel soddisfare i propri piaceri, il lusso o la ricerca del denaro, dovrebbero essere dedicate alla preghiera e ad uno studio serio della Parola di verità. I soggetti del santuario e del giudizio investigativo dovrebbero essere chiaramente compresi dal popolo di Dio. Tutti hanno bisogno di una conoscenza personale della posizione e dell’opera del loro grande Sommo Sacerdote. Altrimenti sarà impossibile per loro esercitare la fede che è essenziale in questo momento od occupare la posizione che Dio ha loro assegnato. Ogni individuo può salvare o perdere la propria vita. Ognuno di noi ha una sentenza aperta nel tribunale di Dio. Ognuno dovrà incontrare faccia a faccia il grande Giudice. Quanto è importante, quindi, che ogni mente contempli spesso la scena solenne di quando si terrà il giudizio e i libri saranno aperti, quando, con Daniele, ogni individuo dovrà stare in piedi, alla fine dei giorni. Tutti quelli che hanno ricevuto luce su questi argomenti dovranno testimoniare delle grandi verità che Dio ha affidato loro. Il santuario in cielo è il vero centro dell’opera di Cristo in favore degli uomini. Riguarda ogni anima che vive sulla terra. Esso ci presenta il piano della redenzione, ci porta alla fine dei tempi e ci rivela il trionfante epilogo della contesa tra la giustizia e il peccato. È della massima importanza che tutti investighino a fondo questi argomenti, affinché siano in grado di dare una risposta a tutti coloro che chiedono spiegazioni della speranza che è in loro {1 Pietro 3: 15}. [488]
L’intercessione di Cristo per conto dell’uomo nel santuario celeste è essenziale per il piano di salvezza come lo fu la Sua morte sulla croce. Dopo la risurrezione, Gesù andò a completare in cielo l’opera iniziata sulla croce. Per fede, noi dobbiamo entrare al di là del velo “dove Gesù è entrato per noi come precursore” {Ebrei 6: 20}. Lì si riflette la luce della croce del Calvario. Lì potremmo ottenere una visione più chiara dei misteri della redenzione. La salvezza dell’uomo è avvenuta ad un costo infinito per il cielo; il sacrificio fatto soddisfa le più ampie esigenze della legge di Dio che era stata infranta. Gesù ha aperto la via al trono del Padre e così, attraverso la Sua mediazione, il sincero desiderio di tutti coloro che si rivolgono a Lui nella fede può essere presentato davanti a Dio. “Chi copre i suoi peccati non prospererà, ma chi li confesserà e li abbandonerà otterrà misericordia” {Proverbi 28: 13}. Se quelli che nascondono e scusano le loro colpe potessero vedere come Satana esulta a causa loro e come deride il Cristo e i santi angeli per questa ragione, si affretterebbero a confessare i loro peccati e ad abbandonarli. Attraverso i difetti di carattere, Satana opera per ottenere il controllo di tutta la mente, e sa che se questi difetti saranno mantenuti, egli ci riuscirà. Perciò cerca costantemente di ingannare i seguaci di Cristo con i suoi sofismi fatali che sembrano impossibili da superare per loro. Ma Gesù alza le Sue mani ferite e mostra il Suo corpo ferito in loro favore; e dichiara a tutti coloro che Lo seguono: “La mia grazia ti basta…” {2 Corinzi 12: 9}. “Prendi il Mio giogo su di te e impara da Me; poiché io sono mite e umile di cuore: e troverai riposo per la tua anima. Perché il mio giogo è facile, e il mio carico è leggero” {Matteo 11: 29-30}. Nessuno, quindi, consideri i propri difetti incurabili. Dio darà fede e grazia per vincerli. [489]
Ora viviamo nel grande giorno dell’Espiazione. Nel servizio tipico, mentre il sommo sacerdote stava facendo l’espiazione per Israele, tutti erano tenuti ad affliggere le loro anime mediante il pentimento dal peccato e l’umiliazione dinanzi al Signore, affinché non venissero esclusi dal popolo. Allo stesso modo, tutti coloro che desiderano mantenere il loro nome nel libro della vita devono proprio ora, nei pochi giorni di grazia che rimangono, affliggere le loro anime davanti a Dio con dolore per il peccato, dimostrando un sincero pentimento. Ci deve essere una scrupolosa e profonda esaminazione del cuore. Lo spirito di leggerezza e frivolezza, praticato da tanti cristiani professi, deve essere messo da parte. Si profila una guerra molto seria per tutti coloro che desiderano sottomettere le tendenze malvagie e che lottano per dominarle.
L’opera di preparazione è un’opera individuale. Non siamo salvati in gruppo. La purezza e la devozione di una persona non compenseranno la mancanza di queste qualità in un’altra. Sebbene tutte le nazioni debbano passare in giudizio davanti a Dio, tuttavia Egli esaminerà il caso di ogni persona in modo attento e accurato, come se non ci fosse alcun altro essere sulla terra. Tutti devono essere verificati e trovati senza macchia o rughe o altre cose simili {Efesini 5: 27}. Le scene connesse all’opera conclusiva dell’espiazione sono solenni. Gli interessi coinvolti sono della massima importanza. Il giudizio si sta ora svolgendo nel santuario celeste. Per molti anni quest’opera è andata avanti. Presto – nessuno sa quanto presto – si passerà ai casi dei viventi. Nella solenne presenza di Dio, le nostre vite devono essere esaminate. In questo momento, più di qualsiasi altro, è necessario che ogni anima metta in pratica l’ammonizione del Salvatore: “Vegliate e pregate: poiché non sapete quando sarà quel tempo” {Marco 13: 33}. “Se tu non veglierai, io verrò su di te come un ladro, e tu non saprai a quale ora verrò su di te” {Apocalisse 3: 3}.
Quando l’opera del giudizio investigativo finisce, il destino di tutti sarà deciso o per la vita o per la morte. Il tempo di grazia finirà poco prima dell’apparizione del Signore tra le nuvole del cielo. Cristo nel libro di Apocalisse, in attesa di quel momento, dichiara: “Chi è ingiusto, sia ingiusto ancora; e colui che è contaminato, si contamini ancora; e chi è giusto, pratichi ancora la giustizia; e chi è santo, si santifichi ancora. Ecco, vengo presto; e la mia ricompensa è con me, per dare a ciascuno secondo le proprie opere” {Apocalisse 22: 11-12}. [490]
I giusti e i malvagi continueranno a vivere sulla terra nel loro stato mortale; gli uomini semineranno e costruiranno, mangeranno e berranno, tutti inconsapevoli del fatto che la decisione definitiva ed irrevocabile è stata pronunciata nel santuario celeste. Prima del Diluvio, dopo che Noè entrò nell’arca, Dio chiuse fuori gli empi; per sette giorni la gente, non sapendo che il loro destino era già stato deciso, continuò la sua vita disinteressata e amante del piacere, continuando a deridere gli avvertimenti di un giudizio imminente. “Così”, dice il Salvatore, “sarà anche alla venuta del Figlio dell’uomo” {Matteo 24: 39}. Silenziosamente e inosservata, come il ladro di mezzanotte, arriverà l’ora decisiva che segnerà il destino di ogni uomo, l’ora in cui la grazia offerta all’uomo colpevole verrà ritirata definitivamente. “Vegliate dunque… affinché, venendo egli all’improvviso, non vi trovi addormentati” {Marco 13: 35-36}. Pericoloso è lo stato di coloro che, stancandosi di vegliare, si rivolgono alle attrazioni del mondo. Mentre l’uomo d’affari è immerso nella ricerca del guadagno, mentre l’amante del piacere ricerca l’autoindulgenza, mentre la figlia della moda sta sistemando i suoi ornamenti, potrebbe essere che proprio in quell’ora il Giudice di tutta la terra pronunci la frase: “tu sei stato pesato sulla bilancia, e sei stato trovato mancante” {Daniele 5: 27}. [491]
Per molte menti l’origine del peccato e la ragione della sua esistenza sono fonte di grande perplessità. Vedono l’opera del male, con i suoi terribili risultati di tristezza e desolazione, e mettono in dubbio come tutto ciò possa esistere sotto la sovranità di Colui che è infinito in saggezza, in potere e in amore. Ecco un mistero al quale non trovano spiegazioni. Nella loro incertezza e nel loro dubbio non percepiscono le verità chiaramente rivelate nella Parola di Dio ed essenziali per la salvezza. Ci sono quelli che, nelle loro inchieste sull’esistenza del peccato, si sforzano di comprendere ciò che Dio non ha mai rivelato; perciò non trovano soluzioni alle loro difficoltà; tali sono attivati da una disposizione al dubbio e al cavillo che usano come scusa per respingere le parole della Sacra Scrittura. Altri, tuttavia, non riescono a comprendere in modo soddisfacente il grande problema del male, dal momento che la tradizione e l’interpretazione errata hanno oscurato l’insegnamento della Bibbia riguardo al carattere di Dio, alla natura del Suo governo e ai principi del Suo rapporto nei confronti del peccato. È impossibile spiegare l’origine del peccato in modo da dare una ragione alla sua esistenza. Tuttavia, si può comprendere abbastanza sia l’origine che la disposizione finale del peccato per rendere pienamente manifeste la giustizia e la benevolenza di Dio in tutti i Suoi rapporti nei confronti del male. [492]
Dio non è affatto responsabile dell’ingresso del peccato nel mondo e questo è chiaramente insegnato nella Scrittura; non ci fu alcun ritiro arbitrario della grazia divina e nessuna deficienza nel tipo di governo divino che potesse motivare la ribellione. Il peccato è un intruso, della cui presenza non può essere data alcuna ragione. È misterioso, inspiegabile; scusarlo significherebbe difenderlo. Se si potesse trovare una scusa per la sua presenza, o una motivazione della sua esistenza, esso cesserebbe di essere peccato. La nostra unica definizione di peccato è quella data nella Parola di Dio che è “la trasgressione della legge” {1 Giovanni 3: 4}, esso è la manifestazione di un principio in contrasto con la grande legge dell’amore di Dio che è il fondamento del governo divino. Prima dell’ingresso del male c’era pace e gioia in tutto l’universo. Tutto era in perfetta armonia con la volontà del Creatore. L’amore per Dio era supremo, reciproco ed imparziale. Cristo, la Parola, l’Unigenito di Dio, era uno con l’eterno Padre, uno in natura, carattere e scopo, l’unico essere in tutto l’universo che potesse entrare in tutti i consigli e progetti divini. Tramite Cristo il Padre ha operato la creazione di tutti gli esseri celesti. “Per mezzo di lui sono state create tutte le cose, che sono nei cieli… che siano troni, o domini, principati o potenze” {Colossesi 1: 16}; e a Cristo, così come lo è per il Padre, tutto il cielo ha offerto la propria fedeltà. La legge dell’amore è il fondamento del governo di Dio, la felicità di tutti gli esseri creati dipendeva dal loro perfetto accordo con i Suoi grandi principi di rettitudine. Dio desidera da tutte le Sue creature un servizio di amore spontaneo, che scaturisce da un intelligente apprezzamento del Suo carattere. Non si compiace di una fedeltà forzata e a tutti Egli concede il libero arbitrio, affinché possano servirlo volontariamente. Ma ci fu qualcuno che ha scelto di pervertire questa libertà. Il peccato ha avuto origine da colui che, dopo Cristo, era stato il più onorato da Dio in potere e gloria tra gli abitanti del cielo. [493]
Prima della sua caduta, Lucifero era il primo dei cherubini protettori, sacri e incontaminati. “Così parla il Signore, l’Eterno: Tu mettevi il sigillo alla perfezione, eri pieno di saggezza, di una bellezza perfetta; eri in Eden il giardino di Dio; eri coperto da ogni sorta di pietre preziose… Eri un cherubino dalle ali distese, un protettore. Io ti avevo stabilito, tu stavi sul monte santo di Dio, camminavi in mezzo a pietre di fuoco. Tu fosti perfetto nelle tue vie dal giorno che fosti creato, finché non si trovò in te la perversità” {Ezechiele 28: 12-15}.
Lucifero avrebbe potuto godere del favore di Dio, essere amato e onorato da tutti gli eserciti angelici, esercitando i suoi nobili poteri per benedire gli altri e per glorificare il Suo Creatore. Ma, il profeta dice: “Il tuo cuore è stato innalzato a causa della tua bellezza, hai corrotto la tua sapienza a motivo del tuo splendore” {Ezechiele 28: 17}. A poco a poco Lucifero cedette, soddisfacendo il suo desiderio di autoesaltazione: “tu ti sei fatto un cuore come un cuore di Dio” {Ezechiele 28: 6}. “Tu dicevi in cuor tuo: «Io… eleverò il mio trono al disopra delle stelle di Dio; io mi siederò sul monte dell’assemblea… salirò sulle sommità delle nuvole; sarò come l’Altissimo»” {Isaia 14: 13-14}. Invece di impegnarsi affinché Dio occupasse un posto supremo nell’affetto e nella lealtà delle Sue creature, Lucifero si sforzò di ottenere il loro servizio e di rendere omaggio a sé stesso. Desiderando l’onore che l’infinito Padre aveva donato a Suo Figlio, questo principe degli angeli aspirava al potere che spettava solamente a Cristo. Tutti i cieli si sono rallegrati nel riflettere la gloria del Creatore e nell’offrirgli lode. Mentre Dio era così onorato, tutto era in uno stato di pace e gioia. Ma una nota stonata ora guastava l’armonia celeste. Il servizio e l’esaltazione di sé stesso, contrariamente al piano del Creatore, risvegliavano presagi di malvagità nelle menti degli angeli, che precedentemente consideravano la gloria di Dio essere suprema. Gli angeli celesti supplicarono Lucifero. Il Figlio di Dio gli presentò la grandezza, la bontà, la giustizia del Creatore e la natura sacra e immutabile della Sua legge. [494]
Dio stesso aveva stabilito l’ordine dei cieli; contestandolo, Lucifero disonorava il suo Creatore e faceva cadere la rovina su sé stesso. Ma l’avvertimento, dato nell’infinito amore e misericordia, suscitò solo uno spirito di resistenza. Lucifero permise alla gelosia per Cristo di prevalere e divenne ancora più determinato. L’orgoglio per la propria gloria nutriva un desiderio di supremazia. Gli alti onori conferiti a Lucifero non erano più apprezzati come un dono da parte di Dio e non reclamavano più alcuna gratitudine nei confronti del Creatore. Si gloriava ed esaltava nel suo splendore e aspirava ad essere uguale a Dio. Esso era amato e riverito dalle creature celesti. Gli angeli erano felici di eseguire i suoi ordini, Satana era rivestito di saggezza e gloria superiore a tutti loro. Eppure il Figlio di Dio era riconosciuto come Sovrano del Cielo, uno in potere e autorità con il Padre. Il Cristo partecipava a tutti i consigli di Dio, mentre a Lucifero questo non era permesso. “Perché” si interrogò questo possente angelo, “Cristo dovrebbe avere la supremazia? Perché è molto più onorato di me?”. Lasciando il suo posto dalla presenza di Dio, Lucifero andò avanti diffondendo uno spirito di malcontento tra gli angeli. Operando in segreto e nascondendo per un certo tempo il suo vero scopo, sotto l’apparenza di una venerazione nei confronti di Dio, cercò di suscitare insoddisfazione riguardo alle leggi che governavano gli esseri celesti, persuadendoli a sbarazzarsi di queste così inutili restrizioni. Poiché la loro natura era santa, egli esortò gli angeli ad obbedire ai dettami della propria volontà. Cercò di creare simpatia per sé stesso, rappresentando Dio come Colui che lo aveva trattato ingiustamente nel conferire un onore supremo a Cristo. Sosteneva che nell’aspirare a maggior potere e onore non mirava all’autoesaltazione, ma che stava cercando di ottenere la libertà per tutti gli abitanti del cielo e che attraverso questo mezzo avrebbero potuto raggiungere uno stato di esistenza più elevato.
Dio nella Sua grande misericordia sopportò a lungo Lucifero. Non fu immediatamente allontanato dalla sua posizione elevata quando, per la prima volta, assecondò lo spirito del malcontento e nemmeno quando iniziò a presentare le sue false affermazioni davanti ai fedeli angeli. [495]
Lucifero fu tollerato a lungo in cielo. Varie volte gli fu offerto il perdono a condizione di pentimento e sottomissione. Tali sforzi, come solo la saggezza e l’amore infinito potevano escogitare, furono fatti per convincerlo del suo errore. Lo spirito di malcontento non era mai stato conosciuto in cielo. All’inizio Lucifero non vide che stava andando alla deriva; non capiva la vera natura dei suoi sentimenti. Ma poiché la sua insoddisfazione si dimostrò priva di fondamento, Lucifero si convinse di essere nel torto, che le pretese divine fossero giuste e che avrebbe dovuto riconoscerle come tali davanti a tutto il cielo. Se l’avesse fatto, avrebbe potuto salvare sé stesso e molti angeli. In quel momento non aveva completamente abbandonato la sua fedeltà a Dio. Sebbene avesse abbandonato la sua posizione di cherubino protettore, tuttavia, se fosse stato disposto a ritornare a Dio, riconoscendo la saggezza del Creatore e essendo soddisfatto di occupare il posto designato nel grande piano di Dio, sarebbe stato reintegrato nelle sue funzioni originali. Ma l’orgoglio gli proibiva di sottomettersi. Ha difeso ostinatamente la sua causa, ha sostenuto di non aver bisogno di pentirsi e si è impegnato pienamente, nella grande controversia, contro il suo Creatore. Tutti i poteri della sua mente eccellente erano ora impiegati nell’opera d’inganno per assicurarsi la simpatia degli angeli che erano stati sotto il suo comando. Egli non esitò a falsificare il significato degli avvertimenti e dei consigli del Cristo, nell’interesse dei suoi progetti malvagi. A coloro che erano uniti strettamente a lui, mediante legami di amorevole fiducia, Satana aveva dichiarato di essere stato giudicato ingiustamente, che la sua posizione non era stata rispettata e che la sua libertà era stata limitata. Dalla falsa dichiarazione delle parole di Cristo egli passò alla prevaricazione e alla falsità diretta, accusando il Figlio di Dio di volerlo umiliare davanti agli abitanti del cielo. Cercò anche di creare un falso pretesto tra sé e gli angeli che erano rimasti fedeli. Tutti quelli che non riuscì a sovvertire e a portare completamente al suo fianco vennero accusati di indifferenza negli interessi degli esseri celesti. Egli attribuì addirittura la responsabilità dell’opera che stava svolgendo a coloro che erano rimasti fedeli a Dio. [496]
Per sostenere la sua accusa di ingiustizia da parte di Dio nei suoi confronti, travisò le parole e gli atti del Creatore. La sua tattica era quella di confondere gli angeli con argomenti sottili riguardanti i piani di Dio. Tutto ciò che era semplice veniva avvolto nel mistero e con un’abile perversione dubitava delle più semplici dichiarazioni di Geova. La sua posizione elevata, in stretta connessione con l’amministrazione divina, diede maggiore forza alle sue dichiarazioni e molti furono indotti a unirsi a lui in una ribellione contro l’autorità del Cielo. Dio nella Sua saggezza permise a Satana di portare avanti la sua opera finché lo spirito di scontentezza non maturò in una rivolta aperta. Era necessario che i suoi piani fossero pienamente sviluppati, che la loro vera natura e tendenza potessero essere viste da tutti. Lucifero, come cherubino, era stato altamente esaltato; era molto amato dagli esseri celesti e la sua influenza su di loro era forte. Il governo di Dio includeva non solo gli abitanti del cielo, ma di tutti i mondi che Egli aveva creato; quindi Satana pensò che se fosse riuscito a portare gli angeli del cielo in rivolta con lui, avrebbe potuto coinvolgere anche gli altri mondi. Aveva abilmente presentato la sua versione dei fatti, impiegando sofismi e frodi per raggiungere i suoi scopi. Il suo potere ingannatore era molto grande e, camuffandosi in un manto di menzogna, aveva ottenuto un grande vantaggio. Persino gli angeli fedeli non potevano discernere completamente il suo vero carattere o vedere a cosa stava conducendo la sua opera. Satana era stato grandemente onorato e tutti i suoi atti erano così avvolti dal mistero, che era difficile rivelare agli angeli la vera natura della sua opera. Fino a quando non fu completamente sviluppato, il peccato non apparve come qualcosa di malvagio. Fino ad allora non aveva avuto alcun posto nell’universo di Dio e gli esseri santi non conoscevano la sua natura e la sua malignità. Non potevano discernere le terribili conseguenze che sarebbero derivate dall’annullamento della legge divina. Satana, all’inizio, aveva nascosto la sua opera sotto un’apparente professione di lealtà verso Dio. Sosteneva di promuovere l’onore di Dio, la stabilità del suo governo e il bene di tutti gli abitanti del cielo. [497]
Mentre instillava il malcontento nelle menti degli angeli che erano sotto i suoi ordini, faceva credere di voler rimuovere le cause dell’insoddisfazione. Quando ha proposto di fare dei cambiamenti nell’ordine e nelle leggi del governo di Dio, ciò era sotto il pretesto che questi erano necessari per preservare l’armonia in cielo. Nella Sua lotta contro il peccato, Dio poteva ricorrere solo alla giustizia e alla verità. Satana, invece, poteva ricorrere a ciò che Dio non avrebbe mai potuto impiegare: l’adulazione e l’inganno. Aveva cercato di falsificare la Parola di Dio e di travisare il Suo governo davanti agli angeli, sostenendo che Dio non stava solo imponendo leggi e regole agli abitanti del cielo; ma che, nel richiedere sottomissione e obbedienza alle Sue creature, stava cercando semplicemente l’esaltazione di Sé stesso. Perciò doveva essere dimostrato agli abitanti del cielo, come a quelli di tutti gli altri mondi, che il governo di Dio era giusto e che la Sua legge era perfetta. Satana si stava presentando come colui che cercava di promuovere il bene dell’universo. Il vero carattere dell’usurpatore e il suo vero scopo dovevano ancora essere compresi da tutti; serviva ancora del tempo affinché si manifestassero le sue opere malvagie. La discordia che il suo comportamento aveva causato in cielo, Satana la attribuì alla legge e al governo di Dio e dichiarò che tutto il male causato era il chiaro risultato dell’amministrazione divina. Affermò che era suo scopo migliorare gli statuti di Dio. Perciò era necessario che egli dimostrasse la natura delle sue affermazioni e che mostrasse le prove evidenti dei risultati che sarebbero derivati dai cambiamenti proposti nella legge divina. Le sue stesse opere lo avrebbero condannato. Satana aveva affermato fin dall’inizio di non essere in rivolta. L’intero universo doveva vedere l’ingannatore smascherato. Anche quando fu deciso che non poteva più rimanere in cielo, la Saggezza Infinita non distrusse Satana. Poiché Dio accetta solo un servizio dettato dall’amore: la fedeltà delle Sue creature doveva basarsi solamente su una convinzione della Sua giustizia e benevolenza. Gli abitanti del cielo e degli altri mondi, essendo impreparati a comprendere la natura o le conseguenze del peccato, non avrebbero potuto vedere la giustizia e la misericordia di Dio nella distruzione di Satana. [498]
Se fosse stato immediatamente eliminato dall’esistenza, gli angeli avrebbero servito Dio per paura e non più per amore. L’influenza dell’ingannatore non sarebbe stata completamente distrutta, né lo spirito di ribellione sarebbe stato completamente sradicato. Il male doveva arrivare alla sua maturità. Per il bene dell’intero universo, Satana doveva sviluppare pienamente i suoi principi, affinché le sue accuse contro il governo divino potessero essere viste nella loro vera luce da tutti gli esseri creati; affinché la giustizia, la misericordia e l’immutabilità della legge di Dio non fossero mai più messe in discussione. La ribellione di Satana doveva servire di lezione all’universo nel corso di tutte le ere successive, come testimonianza perpetua della natura e dei terribili risultati del peccato. La realizzazione del dominio di Satana, i suoi effetti sugli uomini e sugli angeli, avrebbero dimostrato qual era il frutto di mettere da parte l’autorità divina, testimoniando così che il governo di Dio e la Sua legge sono legati al benessere di tutte le creature che Egli ha creato. Perciò questa terribile storia della ribellione doveva essere una salvaguardia perpetua per tutte le intelligenze sante, per impedire loro di essere ingannati sulla natura della trasgressione, per salvarli dal commettere peccato e subirne le conseguenze. Alla fine della controversia in cielo, il grande usurpatore continuò a giustificarsi. Quando fu annunciato che lui e tutti i suoi simpatizzanti sarebbero stati espulsi dalle dimore della beatitudine, allora il leader ribelle dichiarò coraggiosamente il suo disprezzo per la legge del Creatore. Ribadì l’affermazione secondo cui gli angeli non avevano bisogno di controllo, ma che dovevano essere lasciati liberi di seguire la propria volontà, in quanto essa li avrebbe guidati sempre correttamente. Denunciò gli statuti divini come una restrizione della loro libertà e dichiarò che era suo scopo assicurare l’abolizione della legge; liberate da queste limitazioni, le schiere del cielo sarebbero potute entrare in uno stato di esistenza più elevato e glorioso. Di comune accordo, Satana e i suoi seguaci gettarono la colpa della loro ribellione interamente su Cristo, dichiarando che se non fossero stati ripresi, non si sarebbero mai ribellati. [499]
Testardi e ribelli nella loro slealtà, cercando invano di rovesciare il governo di Dio, rivendicavano in modo blasfemo di essere loro stessi le vittime innocenti del potere oppressivo; perciò Satana e tutti i suoi simpatizzanti vennero infine banditi dal cielo. Lo stesso spirito che ha suscitato la ribellione in cielo ispira ancora oggi la ribellione sulla terra. Satana ha continuato con gli uomini la stessa politica che ha perseguito con gli angeli. Il suo spirito regna proprio ora nei figli della disobbedienza. Come lui, essi cercano di abbattere le restrizioni della legge di Dio e promettono agli uomini la libertà attraverso la trasgressione dei Suoi precetti. La condanna del peccato suscita ancora oggi uno spirito di resistenza e odio. Quando le coscienze degli uomini vengono avvertite dai messaggi di Dio, Satana guida gli uomini a giustificarsi e a cercare la compassione degli altri per continuare a peccare. Invece di correggere i loro errori, essi eccitano l’indignazione contro coloro che gli hanno rimproverati, come se questi ultimi fossero l’unico male da vincere. Dai giorni del giusto Abele fino al nostro tempo, tale è lo spirito che è stato manifestato nei confronti di coloro che osano condannare il peccato. Con la stessa falsa rappresentazione del carattere di Dio, presentandolo severo e tirannico, Satana, così come aveva già fatto in cielo, indusse l’uomo a peccare. Avendo ottenuto questo successo, dichiarò che le ingiuste restrizioni di Dio avevano portato la caduta dell’uomo e provocato la sua stessa ribellione. Ma l’Eterno stesso proclama il Suo carattere in questo modo: “Il Signore Dio, misericordioso e clemente, lento all’ira e abbondante in bontà e verità, che conserva la sua benignità fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma che non terrà il colpevole per innocente” {Esodo 34: 6-7}. Nel bandire Satana dal cielo, Dio dichiarò la sua giustizia e mantenne l’onore del suo trono. Ma quando l’uomo peccò cedendo agli inganni di questo spirito apostata, Dio diede una prova del Suo amore, cedendo il Suo Figlio unigenito affinché morisse per salvare la razza caduta. [500]
Nel piano della salvezza viene rivelato il carattere di Dio. La possente argomentazione della croce dimostra all’intero universo che il peccato e la ribellione di Lucifero non potevano essere, in nessun modo, imputabili al governo di Dio. Nella disputa tra Cristo e Satana, durante il ministero terreno del Salvatore, il carattere del grande ingannatore fu smascherato. Nulla avrebbe potuto così efficacemente sradicare Satana dagli affetti degli angeli celesti e dell’intero universo come fece la sua crudele guerra contro il Redentore del mondo. L’irriverente bestemmia della sua richiesta a Cristo di rendergli omaggio, la presuntuosa audacia nel portarlo sulla cima della montagna e sul pinnacolo del tempio, la perfidia che dimostrò invitandolo a gettarsi giù da quella altezza vertiginosa, l’instancabile cattiveria con la quale braccava il Redentore da una città all’altra, ispirando i cuori dei sacerdoti e delle persone a respingere il Suo amore e alla fine ad urlare: “Crocifiggilo! Crocifiggilo!”, tutto ciò eccitò lo stupore e l’indignazione dell’intero universo. Fu Satana che spinse il mondo a rifiutare Cristo. Il principe del male esercitò tutta la sua potenza e astuzia per distruggere Gesù; poiché vedeva che la misericordia e l’amore del Salvatore, la Sua compassione e tenerezza, mostravano al mondo il vero carattere di Dio. Satana contestò ogni pretesa avanzata dal Figlio di Dio e impiegò degli uomini come suoi agenti per riempire la vita del Salvatore di sofferenza e dolore. Il sofisma e la menzogna con cui aveva cercato di ostacolare l’opera di Gesù, l’odio manifestato attraverso i figli della disobbedienza, le sue crudeli accuse contro Colui la cui vita era di una bontà infinita, scaturivano tutte da un profondo sentimento di vendetta. Il fuoco dell’invidia e della malizia, dell’odio e della vendetta, esplosero sul Calvario contro il Figlio di Dio, mentre tutto il cielo guardava la scena con silenzioso orrore. Quando il grande sacrificio fu consumato, Cristo ascese al cielo, rifiutando l’adorazione degli angeli finché non avesse presentato la seguente richiesta: “io voglio che dove sono io, siano anche quelli che tu mi hai dato” {Giovanni 17: 24}. [501]
Allora, con amore inesprimibile e grande potenza, giunse la risposta dal trono del Padre: “Che tutti gli angeli di Dio Lo adorino” {Ebrei 1: 6}. Gesù era senza peccato. La Sua umiliazione si è conclusa, il Suo sacrificio è stato completato e Gli è stato dato un nome che è al di sopra di qualsiasi altro. Ora la colpa di Satana appariva senza scuse. Aveva rivelato il suo vero carattere come bugiardo e assassino. Si è visto chiaramente che lo stesso spirito con cui governava i figli degli uomini, che erano sotto il suo potere, si sarebbe manifestato se gli fosse stato permesso di controllare gli abitanti del cielo.
Aveva affermato che la trasgressione della legge di Dio avrebbe portato libertà ed esaltazione; ma si vide chiaramente che invece provocava schiavitù e degrado. Le false accuse di Satana contro il carattere e il governo divino apparvero nella loro vera luce. Aveva accusato Dio di ricercare l’esaltazione di Sé stesso nel richiedere sottomissione ed obbedienza dalle Sue creature, e aveva dichiarato che, mentre il Creatore esigeva l’abnegazione degli altri, Egli stesso non praticava alcuna rinuncia e non compiva alcun sacrificio. Ora si poteva vedere che per la salvezza di una razza caduta e peccaminosa, il Sovrano dell’universo aveva fatto il più grande sacrificio che l’amore potesse compiere; “Dio era in Cristo, riconciliando il mondo a Sé” {2 Corinzi 5: 19}. Si è visto, inoltre, che mentre Lucifero aveva aperto la porta per l’ingresso del peccato con il suo desiderio di onore e di supremazia, Cristo, umiliandosi e diventando obbediente fino alla morte, aveva distrutto il peccato. Dio, in questo modo, aveva manifestato la Sua avversione ai principi della ribellione. Tutto il cielo ha visto la Sua giustizia rivelata, sia nella condanna di Satana che nella redenzione dell’uomo. Lucifero aveva dichiarato che se la legge di Dio era immutabile e la sua pena non poteva essere perdonata, ogni trasgressore doveva essere escluso per sempre dal favore del Creatore. Aveva affermato che la razza peccaminosa non poteva essere redenta e quindi essa era la sua legittima preda. Ma la morte di Cristo in favore dell’uomo fu un argomento che non poteva essere rovesciato. [502]
La pena prevista della legge cadde su Colui che era uguale a Dio e l’uomo fu libero di accettare la giustizia di Cristo. Con una vita di penitenza e umiliazione trionfante, il Figlio di Dio aveva vinto il potere di Satana. In questo modo Dio è giusto e può giustificare tutti coloro che credono in Gesù. Non fu solo per realizzare la redenzione dell’uomo che Cristo venne sulla terra per soffrire e morire. Egli venne per “rendere magnifica e onorevole la legge di Dio” non soltanto davanti agli abitanti di questo mondo, ma per dimostrare anche a tutti i mondi dell’universo che la legge di Dio è immutabile. Se le Sue chiare affermazioni fossero state abolite, allora il Figlio di Dio non avrebbe dovuto rinunciare alla Sua vita per espiare la nostra trasgressione. La stessa morte di Cristo dimostra l’immutabilità della legge. Il sacrificio consentito è stato spinto dall’infinito amore del Padre e del Figlio, affinché i peccatori possano essere riscattati. Esso dimostra a tutto l’universo – cosa che solo il piano della salvezza poteva realizzare – che la giustizia e la misericordia sono il fondamento della legge e del governo di Dio. Nell’esecuzione finale del giudizio si vedrà che non esiste alcuna scusa per il peccato. Quando il Giudice di tutta la terra chiederà a Satana: “Perché ti sei ribellato contro di Me e Mi hai derubato dei sudditi del Mio regno?”, il creatore del male non potrà rispondere. Ogni bocca sarà chiusa e tutte le schiere della ribellione rimarranno senza parole. La croce del Calvario, che dichiara immutabile la legge, proclama all’universo intero che il salario del peccato è la morte. Il grido del Salvatore morente: “È compiuto!”, rappresentò la campana funebre di Satana. La grande controversia che era stata così a lungo in corso fu quindi decisa e la definitiva estirpazione del male fu assicurata. Il Figlio di Dio passò attraverso la porta del soggiorno dei morti affinché “attraverso la morte, distruggesse colui che aveva il potere della morte, cioè il diavolo” {Ebrei 2: 14}. Il desiderio di Lucifero di autoesaltazione lo aveva portato a dire: “Io esalterò il mio trono al di sopra le stelle di Dio: … Io sarò come l’Altissimo” {Isaia 14: 13-14}. [503]
Dio dichiara: “Ti ridurrò in cenere sulla terra… e non esisterai mai più” {Ezechiele 28: 18-19}. Quando il giorno verrà “ardente come una fornace; tutti i superbi e chiunque opera empiamente saranno come stoppia; il giorno che viene li divamperà, dice l’Eterno degli eserciti, e non lascerà loro né radice né ramo” {Malachia 4: 1}. L’intero universo sarà testimone della natura e dei risultati del peccato. Il suo totale sterminio, che all’inizio avrebbe portato paura negli angeli e disonore a Dio, ora rivendicherà il Suo amore e stabilirà il Suo onore dinanzi all’universo degli esseri che si dilettano nel fare la Sua volontà e nei cui cuore è presente la Sua legge. Il male non si manifesterà mai più. La Parola di Dio dice: “L’afflizione non sorgerà una seconda volta” {Naum 1: 9}. La legge di Dio, che Satana ha rimproverato essere il giogo della schiavitù, sarà onorata come la legge della libertà. Il creato, rimasto fedele, dopo essere stato collaudato e provato, non sarà più portato a disubbidire a Colui il cui carattere è stato pienamente manifestato davanti a loro mediante un amore insondabile e una saggezza infinita. [504]
“Io porrò inimicizia tra te e la donna, e tra la tua discendenza e il suo seme; esso ti schiaccerà il capo e tu schiaccerai il suo tallone” {Genesi 3: 15}. La sentenza divina pronunciata contro Satana dopo la caduta dell’uomo fu anche una profezia che abbraccia tutte le epoche fino alla fine dei tempi e che prefigura il grande conflitto che coinvolge tutti gli uomini che vivono sulla terra. Dio dichiara: “Metterò inimicizia”. Questa ostilità non è qualcosa di naturale. Quando l’uomo ha trasgredito la legge divina la sua natura è diventata malvagia, in armonia e non in contrasto con Satana. Infatti non esiste, in modo naturale, nessuna inimicizia tra l’uomo peccatore e l’autore del peccato. Entrambi divennero malvagi a causa dell’apostasia. L’apostata non è mai a riposo, tranne quando ottiene simpatia e sostegno inducendo gli altri a seguire il suo esempio. Per questo motivo gli angeli caduti e gli uomini malvagi si uniscono in una terribile coalizione. Se Dio non fosse intervenuto appositamente, Satana e l’uomo sarebbero entrati in un’alleanza contro il Cielo; e invece di coltivare l’inimicizia contro Satana, tutta la famiglia umana sarebbe stata unita in opposizione a Dio. Satana indusse l’uomo a peccare, come già aveva fatto con gli angeli spingendoli a ribellarsi, così da poter assicurarsi la loro cooperazione nella sua guerra contro il Cielo. Non c’era dissenso tra sé e gli angeli caduti riguardo al loro odio per Cristo; mentre su tutti gli altri punti vi era discordia, loro erano fermamente uniti nell’opporsi all’autorità del Sovrano dell’universo. [505]
Ma quando Satana udì la dichiarazione dell’inimicizia che sarebbe dovuta esistere tra lui e la donna, e tra la sua discendenza e quella di lei, si rese conto che i suoi sforzi per depravare la natura umana sarebbero stati interrotti; che in un qualche modo l’uomo sarebbe stato in grado di resistere al suo potere. L’odio di Satana contro la razza umana si è accesa perché, attraverso Cristo, essa è diventata l’oggetto dell’amore e della misericordia di Dio. Egli desidera contrastare il piano divino per la redenzione dell’uomo, per gettare disonore su Dio, imbrattando e contaminando la Sua opera; Satana, riempendo la terra di dolore, avrebbe causato in questo modo sofferenza e desolazione in cielo ed avrebbe indicato questo male come il risultato dell’opera di Dio nel creare l’uomo. È la grazia di Cristo, penetrante nel cuore umano, che crea nell’uomo l’inimicizia contro Satana. Senza questa grazia di conversione e il potere di rinnovamento, l’uomo avrebbe continuato ad essere il prigioniero di Satana, un servitore sempre pronto ad eseguire i suoi ordini. Ma questo nuovo principio del cuore crea un conflitto dove fino ad allora c’era la pace. Il potere impartito da Cristo consente all’uomo di resistere al tiranno e all’usurpatore. Chiunque odia il peccato invece di amarlo, chiunque resista e vinca quelle passioni che dominano dentro, mostra l’azione di un principio che viene interamente dall’alto. L’antagonismo che esiste tra lo spirito di Cristo e lo spirito di Satana è stato manifestato in modo molto sorprendente nella rivelazione di Gesù da parte del mondo. Non era affatto perché appariva senza ricchezza mondana, sfarzo o grandezza che gli Ebrei furono portati a rifiutarlo. Videro che possedeva un potere che avrebbe più che compensato la mancanza di questi vantaggi esteriori. Ma la purezza e la santità di Cristo suscitarono contro di lui l’odio degli empi. La Sua vita di abnegazione e devozione senza peccato era un rimprovero perpetuo per le persone orgogliose e sensuali. Era proprio questo ciò che evocava l’inimicizia contro il Figlio di Dio. Satana e gli angeli caduti si unirono ai malvagi. Tutte le energie di apostasia cospirarono contro il Campione della verità. [506]
La stessa inimicizia si manifesta nei confronti dei seguaci di Cristo come si manifestava nei confronti del loro Maestro. Chiunque veda il carattere ripugnante del peccato, e con la forza che viene dall’alto resiste alla tentazione, sicuramente susciterà l’ira di Satana e dei suoi sudditi. L’odio per i puri principi di verità, il rimprovero e la persecuzione dei suoi sostenitori, esisterà finché rimarranno il peccato e i peccatori. I seguaci di Cristo e i servi di Satana non possono armonizzarsi. L’offesa della croce non è ancora cessata. “Tutti coloro che vivranno piamente in Cristo Gesù subiranno persecuzioni” {2 Timoteo 3: 12}. Gli agenti di Satana lavorano costantemente sotto la sua direzione per stabilire la sua autorità e costruire il suo regno in opposizione al governo di Dio. A tal fine cercano di ingannare i seguaci di Cristo e di sedurli dalla loro fedeltà. Come il loro capo, interpretano erroneamente e pervertono le Scritture per realizzare i loro progetti. Mentre Satana cerca di rimproverare Dio, i suoi agenti cercano di calunniare il popolo di Dio. Lo spirito che ha messo a morte Cristo muove i malvagi per distruggere i Suoi seguaci. Tutto ciò è stato profetizzato in quella prima profezia: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua discendenza e il suo seme”. Ciò continuerà fino alla fine del tempo. Satana convoca tutte le sue forze e concentra tutto il suo potere nel combattimento. Perché non incontra una maggiore resistenza? Perché i soldati di Cristo sono così assonnati e indifferenti? Perché hanno una così poca connessione con Cristo; perché sono privi del Suo Spirito. Il peccato non è per loro ripugnante e aberrante, come lo era per il loro Maestro. Non lo affrontano così come ha fatto Cristo, ovvero con una resistenza decisa e determinata. Non si rendono conto del male e della malvagità del peccato, sono accecati sia dal carattere che dal potere del principe delle tenebre. C’è poca inimicizia contro Satana e le sue opere. Perché c’è una così grande ignoranza riguardo al suo potere, alla sua malizia e riguardo alla vasta portata della sua guerra contro Cristo e la Sua chiesa? Le moltitudini sono sedotte su questo punto. [507]
Non si rendono conto che il loro nemico è un potente generale che controlla le menti degli angeli malvagi e che, con piani ben escogitati e mosse astute, combatte contro Cristo per impedire la salvezza delle anime. Tra i professi cristiani, e persino tra i pastori, si sente raramente qualche riferimento a Satana, tranne forse per quanto riguarda una menzione accidentale dal pulpito. Trascurando le prove della sua continua attività e successo, e trascurando i molti avvertimenti della sua sottigliezza, sembrano quasi ignorare la sua stessa esistenza. Mentre gli uomini ignorano le sue macchinazioni, questo nemico vigile è sulla loro strada in ogni momento. Sta introducendo la sua presenza in ogni camera delle case, in ogni strada delle nostre città, nelle chiese, nei consigli nazionali, nelle corti di giustizia, sconcertando, ingannando, seducendo, rovinando ovunque le menti e i corpi di uomini, donne e bambini, distruggendo le famiglie, seminando odio, emulazione, conflitto, sedizione ed omicidio. Il mondo cristiano sembra che consideri tutte queste cose come provenienti da Dio e che quindi siano inevitabili. Satana cerca continuamente di vincere il popolo di Dio abbattendo le barriere che lo separano dal mondo. L’antico Israele fu indotto a peccare quando si avventurarono in un’unione proibita con i pagani. In modo simile l’Israele moderno è fuorviato: “il Dio di questo mondo ha accecato le menti di coloro che non credono, affinché la luce del glorioso vangelo di Cristo, che è l’immagine di Dio, non risplenda in loro” {2 Corinzi 4: 4}. Tutti coloro che non sono seguaci di Cristo sono servitori di Satana. Nel cuore non rigenerato è presente un amore per il peccato e una disposizione a scusarlo. Nel cuore rinnovato invece c’è odio per il peccato e una resistenza decisa contro di esso. Quando i cristiani scelgono la compagnia degli empi e degli increduli si espongono alla tentazione. Satana rimane invisibile offuscando furtivamente la loro sensibilità con i suoi inganni. Non possono vedere che tale compagnia è calcolata per far loro del male; in questo modo stanno conformando continuamente il loro carattere a quello del mondo per quanto riguarda parole e azioni, diventando sempre più ciechi. [508]
La conformità alle usanze mondane converte la chiesa al mondo; e mai il mondo a Cristo. La familiarità con il peccato lo farà inevitabilmente sembrare meno ripugnante. Chi sceglie di unirsi ai servitori di Satana cesserà presto di temere il loro Padrone. Quando svolgiamo il nostro dovere e siamo messi alla prova, come lo fu Daniele alla corte del re, possiamo essere certi che Dio ci proteggerà; ma se ci esponiamo alla tentazione, prima o poi cadremo. Il tentatore opera spesso con successo attraverso coloro che sono meno sospettati di essere sotto il suo controllo. I possessori di talenti ed educazione sono ammirati e onorati come se queste qualità potessero supplire l’assenza del timore di Dio o assicurare agli uomini il Suo favore. Il talento e la cultura, considerati in sé stessi, sono doni da parte di Dio; ma quando si pensa che questi siano fatti per prendere il posto della spiritualità, quando invece di portare l’anima più vicina a Dio, essi la portano lontano da Lui, questi doni diventano una maledizione e una trappola. Molti pensano che tutto ciò che appare cortese o raffinato deve, in un certo senso, appartenere a Cristo. Non c’è mai stato un errore più grande. Queste qualità dovrebbero adattarsi al carattere di ogni cristiano, poiché eserciterebbero una potente influenza a favore della vera religione; ma devono essere consacrati a Dio perché, se no, diventeranno solo una forza al servizio del male. Molti uomini con un intelletto colto e di buone maniere, che non si abbassano a ciò che è comunemente considerato un atto immorale, non sono altro che uno strumento raffinato nelle mani di Satana. Il carattere insidioso e ingannevole della sua influenza e del suo esempio lo rende un nemico più pericoloso per la causa di Cristo di quanto lo siano coloro che sono ignoranti e incolti. Con preghiera sincera e dipendenza nei confronti di Dio, Salomone ottenne la saggezza che suscitò lo stupore e l’ammirazione del mondo. Ma quando si allontanò dalla Sorgente della sua forza, e andò avanti affidandosi a sé stesso, cadde in preda alla tentazione. Allora i meravigliosi poteri conferiti a questo saggio re lo resero solo un agente efficace nelle mani dell’avversario degli uomini. [509]
Mentre Satana cerca costantemente di accecare le loro menti, i cristiani non dovrebbero mai dimenticare che la loro lotta “non è contro la carne e il sangue, ma contro i principati, contro le potestà, contro i governanti delle tenebre di questo mondo e contro gli spiriti malvagi che sono negli alti luoghi” {Efesini 6: 12}. L’avvertimento ispirato sta risuonando lungo i secoli fino ai nostri giorni: “Sii sobrio, sii vigilante; perché il tuo avversario, il diavolo, come un leone ruggente, se ne va, cercando chi possa divorare” {1 Pietro 5: 8}. “Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché voi possiate resistere alle insidie del diavolo” {Efesini 6: 11}. Dai tempi di Adamo fino ai nostri giorni, il nostro grande nemico ha esercitato il suo potere nell’opprimere e nel distruggere. Ora si sta preparando per la sua ultima lotta contro la chiesa. Tutti quelli che cercano di seguire Gesù saranno coinvolti nel grande conflitto con questo nemico implacabile. Più il cristiano imita il modello divino, più sicuramente sarà il bersaglio degli attacchi di Satana. Tutti coloro che sono attivamente impegnati nella causa di Dio, cercando di svelare gli inganni del malvagio e di presentare Cristo davanti al popolo, potranno unirsi alla testimonianza di Paolo, nella quale parla di servire il Signore con tutta l’umiltà della mente, con molte lacrime e sopportando le prove {Atti 20: 19}. Satana assalì Cristo con le sue più feroci e sottili tentazioni, ma fu sempre respinto. Quelle battaglie furono combattute in nostro favore; quelle vittorie ci permettono di vincere. Cristo darà forza a tutti quelli che Lo cercano. Nessuno può esseresopraffatto da Satana senza il proprio consenso. Il tentatore non ha il potere di controllare la volontà o di costringere l’uomo a peccare. Satana può angosciare e causare dolore, ma non può contaminare. Il fatto che Cristo abbia vinto dovrebbe ispirare i Suoi seguaci con coraggio a combattere vigorosamente la battaglia contro il peccato e Satana. [510]
La connessione del mondo visibile con quello invisibile, la missione degli angeli di Dio e l’azione degli spiriti malvagi, sono chiaramente rivelate nelle Scritture e intrecciate inseparabilmente con la storia umana. C’è una crescente tendenza all’incredulità nell’esistenza degli spiriti maligni, mentre i santi angeli che “coloro che hanno da ereditare la salvezza” {Ebrei 1: 14} sono considerati da molti come spiriti di morti. Ma le Scritture non solo insegnano l’esistenza degli angeli, sia buoni che cattivi, ma presentano prove indiscutibili del fatto che questi non sono spiriti disincarnati di uomini morti. Prima della creazione dell’uomo, esistevano gli angeli; poiché, quando furono gettate le fondamenta della terra, “le stelle del mattino cantavano insieme e tutti i figli di Dio alzavano grida di gioia” {Giobbe 38: 7}. Dopo la caduta dell’uomo, gli angeli furono mandati a proteggere l’albero della vita e questo prima che un essere umano fosse morto. Gli angeli sono di natura superiore agli uomini; il salmista dice che l’uomo fu creato “di poco inferiore agli angeli” {Salmo 8: 5}. La Scrittura ci informa sul numero, sul potere e sulla gloria degli esseri celesti, della loro connessione con il governo di Dio e anche del loro compito nell’opera di redenzione. “Il Signore ha stabilito il suo trono nei cieli e il suo regno domina su tutto” {Salmo 103: 19}. E in più il profeta dice: “udii la voce di molti angeli attorno al trono” {Apocalisse 5: 11}. [511]
Nella sala della presenza del Re dei re vi sono “angeli, potenti e forti”, i “suoi ministri, che fanno ciò che Egli gradisce, ubbidendo alla voce della sua parola” {Salmo 103: 19-21}. Mille migliaia e diecimila miriadi erano i messaggeri celesti che vennero visti dal profeta Daniele {Daniele 7: 10}. L’apostolo Paolo li dichiarò come “una compagnia innumerevole” {Ebrei 12: 22}. Come messaggeri di Dio essi vanno avanti “simili al fulmine” {Ezechiele 1: 14}, tanto abbagliante è la loro gloria e rapido è il loro volo. L’angelo che apparve sulla tomba del Salvatore il cui aspetto era “simile a un fulmine e il suo abito bianco come la neve” fece spaventare le guardie che “rimasero come morte” {Matteo 28: 3-4}. Quando Sennacherib, il re Assiro, rimproverò e bestemmiò Dio, minacciando Israele di distruzione, “quella stessa notte l’angelo del Signore uscì e colpì nell’accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini”. Furono “annientati tutti gli uomini potenti e valorosi, i capi e i capitani” dell’esercito di Sennacherib. Così il re tornò con vergogna al suo paese {2 Re 19: 35; 2 Cronache 32: 21}. Gli angeli sono inviati nello svolgere missioni di misericordia nei confronti dei figli di Dio. Furono inviati ad Abramo con promesse di benedizione; alle porte di Sodoma, per salvare il giusto Lot dalla distruzione della città; ad Elia, mentre stava per morire di stanchezza e di fame nel deserto; ad Eliseo, con carri e cavalli di fuoco che circondavano la piccola città nella quale era assediato dai suoi nemici; a Daniele, mentre cercava la saggezza divina nella corte di un re pagano, o quando fu gettato nella fossa come preda dei leoni; a Pietro, condannato a morte nella prigione di Erode; ai prigionieri di Filippi; a Paolo e ai suoi compagni nella notte della tempesta sul mare; nell’aprire la mente di Cornelio per ricevere il Vangelo; per inviare a Pietro il messaggio della salvezza allo straniero Gentile; così i santi angeli, in tutte le epoche, si sono impegnati nei confronti del popolo di Dio. Ogni seguace di Cristo ha un angelo custode. Questi osservatori celesti proteggono i giusti dal potere del malvagio. [512]
Lo stesso Satana lo riconobbe quando disse: “è forse per nulla che Giobbe teme Dio? Non lo hai forse circondato di un riparo, lui, la sua casa e tutto ciò che possiede?” {Giobbe 1: 9-10}. La rappresentanza mediante la quale Dio protegge il Suo popolo è presentata nelle parole del salmista: “L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li libera” {Salmo 34: 7}. Il Salvatore parlando di quelli che credono in Lui disse: “Prestate attenzione a non disprezzare nessuno di questi piccoli poiché io vi dico che, nel cielo, i loro angeli osservano sempre il volto del Padre mio” {Matteo 18: 10}. Gli angeli, designati a servire i figli di Dio, hanno sempre accesso alla presenza di Dio. Così il popolo di Dio, esposto al potere ingannatore e alla cattiveria incessante del principe delle tenebre e sempre in conflitto contro tutte le forze del male, è rassicurato dall’incessante protezione degli angeli celesti. Grande, infatti, è il bisogno di una tale certezza. Se Dio ha concesso ai Suoi figli la promessa della Sua grazia e della Sua protezione è perché ci sono potenti rappresentanze del male da affrontare; numerose rappresentanze determinate e instancabili, la cui malvagità e potenza non devono essere sottovalutate da nessuno. Gli spiriti maligni, all’inizio creati senza peccato, erano uguali in natura, potere e gloria agli esseri santi che ancora oggi sono i messaggeri di Dio. Ma caduti nel peccato si sono uniti insieme per disonorare Dio e annientare gli uomini. Si sono uniti a Satana nella sua ribellione e sempre con lui sono stati cacciati dal cielo. Essi hanno attraversato tutte le età successive cooperando con lui nella sua guerra contro l’autorità divina. La Scrittura ci parla della loro confederazione, del loro governo, dei loro vari ordini, della loro intelligenza e sottigliezza e dei loro disegni malvagi contro la pace e la felicità degli uomini. La storia dell’Antico Testamento presenta occasionalmente la loro esistenza e il loro modo di agire, ma durante il tempo in cui Cristo fu sulla terra gli spiriti maligni manifestarono il loro potere nel modo più sorprendente. [513]
Cristo era venuto a realizzare il piano concepito per la redenzione dell’uomo e Satana decise di affermare il suo diritto di controllare il mondo. Era riuscito a stabilire l’idolatria in ogni parte della terra tranne nella terra della Palestina. Questo territorio non si era ancora completamente arreso all’influenza del tentatore e Cristo venne per riversare su questo popolo la luce del cielo. Qui le due potenze rivali rivendicavano la loro supremazia. Gesù stendeva le braccia dell’amore invitando tutti a trovare pace e perdono in Lui. Le schiere delle tenebre videro che non possedevano un potere illimitato e capirono che se la missione di Cristo avesse avuto successo, il loro dominio sarebbe presto finito. Satana, furioso come un leone incatenato, esibiva in modo provocatorio il suo potere sui corpi e sulle anime degli uomini. Il fatto che gli uomini fossero posseduti da demoni è chiaramente affermato nel Nuovo Testamento. Le persone afflitte in questo modo non erano semplicemente sofferenti di malattie dovute a cause naturali. Cristo aveva una perfetta comprensione di ciò che stava trattando, riconobbe quindi la presenza e l’azione diretta degli spiriti malvagi. Un esempio eclatante del loro numero, potere e malignità e anche della potenza e della misericordia di Cristo, è dato nel racconto delle Scritture della guarigione degli indemoniati di Gadara. Quei miserabili maniaci che respingevano ogni intervento, si contorcevano, si infuriavano, schiumavano, riempivano l’aria con le loro grida, facevano violenza a sé stessi e mettevano in pericolo tutti quelli che volevano avvicinarsi a loro. I loro corpi erano sanguinanti e sfigurati e le loro menti sconvolte presentavano uno spettacolo ben gradito al principe delle tenebre. Uno dei demoni che controllava i sofferenti dichiarò: “Il mio nome è Legione: perché siamo molti” {Marco 5: 9}. Nell’esercito romano una legione era composta da tre a cinquemila uomini. Anche le schiere dei demoni di Satana sono disposte in compagnie, ciascuna delle quali non è meno numerosa di una legione. Al comando di Gesù gli spiriti maligni si allontanarono dalle loro vittime, lasciandole tranquillamente sedute ai piedi del Salvatore, sottomesse, intelligenti e gentili. [514]
Ai demoni fu permesso di far precipitare un branco di porci in mare; ciò per gli abitanti di Gadara fu una grande perdita che superò di gran lunga le benedizioni che Cristo aveva donato e il divino Guaritore fu supplicato di andarsene via. Questo fu il risultato che Satana progettò di conseguire. Facendo ricadere la colpa della loro perdita su Gesù, ha suscitato le paure egoistiche della gente e ha impedito loro di ascoltare le Sue parole. Satana accusa costantemente i cristiani di essere la causa delle perdite, delle sofferenze e della sfortuna, invece di lasciare che il rimprovero ricada su chi se lo merita, ovvero su sé stesso e sui suoi agenti. Ma i piani di Cristo non furono contrastati. Permise agli spiriti malvagi di distruggere il branco di porci come rimprovero per quegli ebrei che stavano allevando queste bestie impure per ottenerne un guadagno. Se Cristo non avesse trattenuto i demoni sarebbero precipitati in mare, non solo i maiali, ma anche i loro custodi e proprietari. La protezione di entrambi, i custodi e i proprietari, era dovuta solo al Suo potere misericordiosamente esercitato per la loro liberazione. Inoltre, questo evento fu permesso affinché i discepoli potessero essere testimoni del potere crudele di Satana sia sull’uomo che sulla bestia. Il Salvatore desiderava che i Suoi seguaci avessero una conoscenza del nemico che dovevano incontrare per non essere ingannati e sopraffatti dai suoi stratagemmi. Era anche Sua volontà che la gente di quella regione vedesse che il Suo potere aveva la forza di rompere la schiavitù di Satana e di liberare i suoi prigionieri. Sebbene Gesù stesso se ne andò, quegli uomini così meravigliosamente liberati rimasero ad annunciare la misericordia del loro Benefattore. Altri esempi di natura simile sono registrati nelle Scritture. La figlia della donna siro-fenicia fu gravemente tormentata da un demone, che Gesù scacciò con la Sua Parola {Marco 7: 26-30}. “Un’indemoniato, cieco e muto” {Matteo 12: 22}; un giovane che aveva uno spirito muto, che spesso veniva gettato “nel fuoco e nelle acque per distruggerlo” {Marco 9: 17-27}; il maniaco che, tormentato da “uno spirito di un diavolo impuro” {Luca 4: 33-36}, disturbava il silenzio del Sabato nella sinagoga di Capernaum: tutti furono liberati dal compassionevole Salvatore. [515]
In quasi ogni caso Cristo si rivolse al demone come fosse un’entità intelligente, ordinandogli di uscire dalla sua vittima e di non tormentarlo più. Gli adoratori di Capernaum, contemplando il Suo grande potere “furono tutti sbalorditi e ragionavano tra di loro, dicendo: Che parola è questa? Con autorità e potenza Egli comanda agli spiriti immondi, e loro escono” {Luca 4: 36}. Coloro che sono posseduti da demoni sono generalmente rappresentati come in una condizione di grande sofferenza; eppure c’erano delle eccezioni a questa regola. Per ottenere un potere soprannaturale, alcuni accolsero l’influenza satanica. Questi ovviamente non avevano alcun conflitto con i demoni. Di questa classe facevano parte quelli che possedevano lo spirito di divinazione come Simon Mago, Elima, lo stregone, e la serva che seguì Paolo e Sila a Filippi. Nessuno corre maggior pericolo di subire l’influenza degli spiriti maligni di coloro che, nonostante la diretta e chiara testimonianza delle Scritture, negano l’esistenza e l’azione del diavolo e dei suoi angeli. Finché ignoriamo le loro astuzie, essi hanno un vantaggio quasi insormontabile; molti dando ascolto ai loro suggerimenti pensano di seguire i dettami della propria saggezza. Questo è il motivo per cui, mentre ci avviciniamo alla fine dei tempi, Satana lavorerà con il suo più grande potere per ingannare, distruggere e cercare di diffondere ovunque la convinzione che lui non esista. Rientra nei suoi piani nascondere sé stesso e il suo modo di lavorare. Non c’è nulla che il grande ingannatore teme tanto, quanto che noi conosciamo le sue ingegnosità. Per mascherare meglio il suo vero carattere e i suoi scopi, si è fatto rappresentare in modo tale da non suscitare emozioni più forti del ridicolo o del disprezzo. È ben lieto di essere dipinto in modo ridicolo, disgustoso, deforme oppure metà animale e metà umano. È contento di sentire il suo nome pronunciato per divertimento o per scherno da quelli che si sentono intelligenti e ben informati. [516]
Poiché si è mascherato con così grande abilità, viene ampiamente formulata la domanda: “Un tale essere esiste davvero?”. Una prova del suo successo sono tutte quelle teorie che negano le più evidenti testimonianze delle Scritture e che vengono accettate dal mondo religioso. Ed è per questo motivo che Satana può controllare le menti di coloro che sono inconsapevoli della sua influenza. La Parola di Dio ci dà tanti esempi della sua opera maligna, svelandoci le sue forze segrete e mettendoci così in guardia contro i suoi assalti. Il potere e la malvagità di Satana e delle sue forti schiere potrebbero giustamente allarmarci se non fosse che possiamo trovare rifugio e liberazione nel potere superiore del nostro Redentore. Mettiamo accuratamente in sicurezza le nostre case con bulloni e serrature per proteggere le nostre proprietà e le nostre vite da uomini malvagi, ma raramente pensiamo ai demoni che cercano costantemente di accedere a noi e contro i cui attacchi noi, con le nostre forze, non abbiamo alcuna possibilità di difesa. Se permesso, potrebbero distrarre le nostre menti, disturbare e tormentare i nostri corpi, distruggere i nostri beni e le nostre vite. La loro unica gioia è nella miseria e nella distruzione. La condizione di coloro che resistono alle pretese divine è terribile; cedono alle tentazioni di Satana fino a quando Dio non li lascia al controllo degli spiriti malvagi. Coloro che però seguono Cristo sono sempre al sicuro sotto la Sua sorveglianza. Gli angeli che eccellono in forza vengono inviati dal cielo per proteggerli. Il diavolo non può sfondare la barriera protettiva che Dio ha posto sul Suo popolo. [517]
La grande controversia tra Cristo e Satana, che è stata portata avanti per quasi seimila anni, si concluderà presto; e il maligno sta raddoppiando i suoi sforzi per sconfiggere l’opera di Cristo in favore dell’uomo e per tenere strette le anime nelle sue trappole. Il suo scopo è quello di tenere gli uomini nell’impenitenza fino alla fine della mediazione del Salvatore, quando non ci sarà più alcun sacrificio per il peccato. Quando non viene fatto alcuno sforzo per resistere al suo potere, quando l’indifferenza prevale nella chiesa e nel mondo, Satana può stare tranquillo; perché non corre il pericolo di perdere quelli che ha condotto in cattività. Ma quando l’attenzione è richiamata alle cose eterne, e le anime iniziano a chiedere: “Cosa devo fare per essere salvato?”, allora entra in azione cercando di opporre il suo potere a quello di Cristo, contrastando l’influenza dello Spirito Santo. Le Scritture dichiarano che un giorno, quando gli angeli di Dio vennero per presentarsi davanti al Signore, anche Satana venne tra loro {Giobbe 1: 6}, non per inchinarsi davanti al Re Eterno, ma per promuovere le sue accuse malvagie contro i giusti. Animato dalle stesse intenzioni sarà presente quando gli uomini si raduneranno per adorare Dio. Sebbene nascosto alla vista, sta lavorando con ogni diligenza per controllare le menti degli adoratori. Come un abile generale, prepara i suoi piani in anticipo. Quando vede il messaggero di Dio che studia le Scritture, egli prende nota dell’argomento che pensa di presentare alla gente. [518]
Quindi impiega tutta la sua abilità e astuzia per controllare le circostanze affinché il messaggio non raggiunga proprio coloro che sta ingannando su quel punto. Colui che ha più bisogno dell’avvertimento sarà sollecitato in qualche vendita commerciale che richiede la sua presenza, o sarà impedito in qualsiasi altro modo affinché non oda le parole che sarebbero per lui “un odore di vita, a vita” {2 Corinzi 2: 16}. Nuovamente Satana vede i servitori del Signore oppressi a causa dell’oscurità spirituale che avvolge il popolo. Sente le loro preghiere sincere per poter ricevere la grazia divina e il potere di rompere l’incantesimo dell’indifferenza, della noncuranza e dell’indolenza. Poi, con rinnovato zelo, prepara i suoi tranelli. Egli tenta gli uomini attraverso i piaceri dell’appetito o mediante qualche altra forma di autogratificazione, e così assilla la loro sensibilità in modo che non riescano a sentire le cose di cui hanno più bisogno di imparare. Satana sa bene, che tutti coloro, che egli può indurre a trascurare la preghiera e lo studio delle Scritture, saranno sopraffatti dai suoi attacchi. Perciò inventa ogni possibile mezzo per assorbire la loro mente. C’è sempre stata una classe che pur professando la pietà, invece di seguire la verità, manifestava la propria religione cercando difetti di carattere o errori di fede di coloro con i quali non sono d’accordo. Questi sono la mano destra di Satana. Gli accusatori dei fratelli non sono pochi, e sono sempre attivi quando Dio è all’opera e i Suoi servi gli stanno rendendo un vero omaggio. Daranno una falsa colorazione alle parole e agli atti di coloro che amano e obbediscono alla verità. Rappresenteranno i servitori di Cristo più seri, zelanti e altruisti, come ingannatori e seduttori. È la loro opera quella di travisare i motivi di ogni vera e nobile azione, di far circolare insinuazioni e destare sospetti nelle menti degli inesperti. Cercheranno in tutti i modi di far sì che ciò che è puro e retto sia considerato come falso e ingannevole. Ma nessuno, però, deve lasciarsi ingannare riguardo a loro. Si può facilmente riconoscere di chi sono figli, a quale esempio si ispirano e di chi sono i collaboratori. [519]
“Li riconoscerete dai loro frutti” {Matteo 7: 16}. Il loro comportamento assomiglia a quello di Satana, l’infamante calunniatore, “l’accusatore dei nostri fratelli” {Apocalisse 12: 10}. Il grande ingannatore ha molti agenti pronti a presentare ogni tipo di errore per ingannare le anime; eresie preparate per soddisfare i vari gusti e tendenze di coloro che vuole portare alla rovina. È il suo piano quello di portare nella chiesa persone non sincere, persone non spiritualmente rinate, che incoraggiano il dubbio e l’incredulità; egli ostacola tutti coloro che desiderano vedere l’opera di Dio avanzare e che desiderano progredire con essa. Molti che non hanno una vera fede in Dio o nella Sua Parola, accettando alcuni principi di verità, passano come cristiani e quindi sono abilitati a introdurre i loro errori come dottrine scritturali. Uno degli inganni più efficaci di Satana è l’idea secondo la quale ciò che gli uomini credono ha poca importanza. Sa che la verità santifica il cuore di colui che la riceve con amore; perciò cerca costantemente di sostituirla a teorie false, favole o ad un altro vangelo. Fin dall’inizio i servi di Dio hanno conteso contro falsi insegnanti, che non solo erano uomini malvagi, ma anche inculcatori di menzogne che sono state fatali per l’anima. Elia, Geremia e Paolo si opposero fermamente e senza paura contro quelli che stavano sviando gli uomini dalla Parola di Dio. Il liberalismo, che considera una fede religiosa corretta come non importante, non incontrò alcun favore da parte di questi santi difensori della verità. Le vaghe e fantasiose interpretazioni della Scrittura e le molte teorie contrastanti sulla fede religiosa, che si trovano nel mondo cristiano, sono opera del nostro grande avversario per confondere le menti in modo da non discernere la verità. La discordia e la divisione che esistono tra le chiese della cristianità sono in gran parte dovute all’usanza prevalente di allontanare le Scritture per sostenere una teoria preferita. Invece di studiare attentamente la Parola di Dio con umiltà di cuore, per ottenere una conoscenza della Sua volontà, molti cercano solo di scoprire qualcosa di strano o originale. [520]
Per sostenere dottrine errate o pratiche non cristiane, alcuni usano passaggi della Scrittura separati dal loro contesto, citando la metà di un singolo versetto come prova della loro tesi, quando il resto del versetto mostrerebbe un significato del tutto diverso. Con l’astuzia del serpente si nascondono dietro ad espressioni discordanti, costruite per soddisfare i desideri carnali. Così molti pervertono volontariamente la Parola di Dio. Altri, che invece hanno un’immaginazione attiva, usano le figure e i simboli della Sacra Scrittura, interpretandoli secondo la loro fantasia, con poco riguardo alla testimonianza della Scrittura come interprete, e così presentano le loro false argomentazioni come insegnamenti della Bibbia. Ogni volta che si intraprende uno studio delle Scritture senza uno spirito di preghiera, umile e che si lasci insegnare, si traviseranno i passaggi più chiari e semplici, e anche quelli più difficili. Le autorità papali scelgono, come abbiamo visto, alcune parti della Scrittura che meglio rispondono al loro scopo, interpretandole per adattarle a sé stessi e poi, le presentano alla gente mentre negano loro il privilegio di studiare la Bibbia e di comprenderne le sacre verità. La Bibbia dovrebbe essere data alla gente nella sua globalità. Sarebbe meglio per le persone, piuttosto che ricevere un’istruzione biblica falsa, non ricevere alcuna istruzione sulle Scritture da loro. La Bibbia è stata progettata per essere una guida per tutti coloro che desiderano conoscere la volontà del loro Creatore. Dio ha dato agli uomini la sicura parola profetica {2 Pietro 1: 19}; gli angeli e persino Cristo stesso sono venuti per far conoscere a Daniele e a Giovanni le cose che devono avvenire in breve tempo {Apocalisse 1: 1}. Le questioni importanti che riguardano la nostra salvezza non sono rimaste avvolte nel mistero né sono state pensate in modo tale da confondere e fuorviare colui che ricerca onestamente la verità. Il Signore disse al profeta Abacuc: “Scrivi la visione, e rendila chiara… perché si possa leggere speditamente” {Abacuc 2: 2}. La Parola di Dio è chiara per tutti coloro che la studiano con uno spirito di preghiera. [521]
Ogni uomo veramente onesto verrà alla conoscenza della verità. “La luce è seminata per il giusto” {Salmo 97: 11}. Nessuna chiesa può avanzare nella santità a meno che i suoi membri non cerchino sinceramente la verità come lo si farebbe con un tesoro nascosto. Attraverso il liberalismo gli uomini sono accecati dalle trappole del loro avversario, mentre continua ad operare costantemente per la realizzazione del suo scopo. Quando riesce a sostituire la Bibbia con le speculazioni umane, la legge di Dio viene messa da parte e le chiese, mentre pretendono di essere libere, si trovano sotto la schiavitù del peccato. Per molti, la ricerca scientifica è diventata una maledizione. Dio ha permesso che un’ondata di luce si riversasse sul mondo nelle scoperte della scienza e dell’arte; ma anche le più grandi menti, se non sono guidate dalla Parola di Dio nella loro ricerca, diventano confuse nei loro tentativi di investigare le relazioni fra scienza e rivelazione. La conoscenza umana delle cose materiali e spirituali è parziale e imperfetta; quindi molti non sono in grado di armonizzare le loro opinioni della scienza con le affermazioni della Scrittura. Molti accettano mere teorie e speculazioni come fatti scientifici e pensano che la Parola di Dio debba essere messa alla prova dagli insegnamenti di “quella che falsamente viene chiamata scienza” {1 Timoteo 6: 20}. Il Creatore e le Sue opere sono al di là della loro comprensione; e poiché non possono spiegare queste leggi naturali, la storia della Bibbia è considerata inaffidabile. Coloro che dubitano dell’affidabilità delle registrazioni dell’Antico e del Nuovo Testamento troppo spesso fanno un passo avanti dubitando dell’esistenza di Dio e attribuiscono un potere infinito alla natura. Dopo aver lasciato andare la loro àncora, essi finiscono a sbattere sulle rocce dell’infedeltà. Così molti sono sedotti dal diavolo e si allontanano dalla fede. Gli uomini hanno cercato di essere più saggi del loro Creatore; la filosofia umana ha tentato di spiegare i misteri che non saranno mai rivelati attraverso le ere eterne. Se gli uomini cercassero di comprendere ciò che Dio ha fatto conoscere di Sé e dei Suoi propositi, otterrebbero una simile visione della gloria, della maestà e del potere di Geova; in questo modo si renderebbero conto della loro piccolezza e si accontenterebbero di ciò che è stato rivelato per loro e per i loro figli. [522]
Uno dei capolavori dell’inganno di Satana consiste nell’indurre gli uomini a indagare e a far congetture su ciò che Dio non ci ha fatto conoscere e che non vuole che noi comprendiamo. Fu così che Lucifero perse il suo posto in cielo. Divenne insoddisfatto perché non gli erano stati confidati tutti i segreti dei propositi di Dio ed ignorò del tutto ciò che gli era stato rivelato riguardo alla sua missione nella posizione elevata assegnatagli. Suscitando lo stesso malcontento tra gli angeli sotto il suo comando, causò la loro caduta. Ora cerca di impregnare le menti degli uomini con lo stesso spirito e di condurli anche a ignorare i comandi diretti di Dio. Coloro che si rifiutano di accettare le verità taglienti della Bibbia nel loro insieme, sono continuamente alla ricerca di favole che plachino la loro coscienza. Meno le dottrine che presenta sono spirituali, meno esigono rinuncia ed umiltà, tanto maggiore sarà il favore con cui vengono ricevute.
Queste persone degradano i poteri intellettuali per servire i loro desideri carnali. Troppi saggi, nella propria presunzione, per studiare le Scritture con umiltà di cuore e preghiera sincera per la guida divina, non hanno alcuno scudo dall’illusione. Satana è pronto a fornire ogni desiderio che richiede il loro cuore, presentando i suoi inganni al posto della verità. Fu così che il papato ottenne il suo potere sulle menti degli uomini; rifiutando la verità perché essa implica la croce, i protestanti stanno seguendo gli stessi passi. Tutti coloro che trascurano la Parola di Dio per convenienza e per non essere in contrasto con il mondo, finiranno per ricevere un’odiosa eresia al posto della verità. Coloro che respingono volontariamente la verità, accetteranno ogni forma d’errore che può essere concepita; colui che respinge con orrore un solo inganno, ne riceverà prontamente un altro. L’apostolo Paolo, parlando di una classe che “non hanno ricevuto l’amore per la verità, affinché possano essere salvati”, dichiara: “Per questa ragione Dio invierà loro efficacia d’errore, affinché credano ad una bugia: affinché tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno avuto piacere nell’iniquità, siano giudicati” {2 Tessalonicesi 2: 10-12}. [523]
Con un simile avvertimento è necessario stare in guardia di fronte alle dottrine che riceveremo. Tra i metodi di maggior successo del grande ingannatore ci sono gli insegnamenti illusori e le menzogne dello spiritismo. Travestito da angelo di luce, diffonde le sue reti dove meno sono sospettate. Se gli uomini studiassero il Libro di Dio con preghiere sincere, sarebbero in grado di poterlo capire e non sarebbero lasciati nelle tenebre, ricevendo così false dottrine. Mentre rifiutano la verità cadono preda dell’inganno. Un altro errore pericoloso è la dottrina che nega la divinità di Cristo, sostenendo che non aveva esistenza prima della Sua venuta in questo mondo. Questa teoria è accolta favorevolmente da una grande classe che dichiara di credere nella Bibbia; tuttavia contraddice direttamente le più semplici dichiarazioni del nostro Salvatore riguardo alla Sua relazione con il Padre, il Suo carattere divino e la Sua preesistenza. La dottrina che nega la divinità di Cristo non la si può sostenere senza travisare arbitrariamente le Sacre Scritture. Tale dottrina non solo riduce le concezioni dell’opera di redenzione agli occhi degli uomini, ma mina la fede nella Bibbia come rivelazione di Dio. Quest’ultimo fatto la rende ancora più pericolosa e più difficile da confutare in quanto, se gli uomini respingono la testimonianza delle Scritture ispirate in relazione alla divinità del Cristo, è inutile discutere di questo tema con loro; nessuna argomentazione, per quanto valida possa essere, potrebbe convincerli. “L’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio: perché sono follia per lui; né le può conoscere, perché si giudicano spiritualmente” {1 Corinzi 2: 14}. Nessuno che accetta questo errore può avere una vera concezione del carattere o della missione di Cristo, o del grande piano di Dio per la redenzione dell’uomo. Ancora un altro errore, sottile e malizioso, è la credenza, in rapida espansione, secondo cui Satana non esista come essere personale; che il nome è usato nella Scrittura solo per rappresentare i cattivi pensieri e i desideri degli uomini. [524]
L’insegnamento così ampiamente presentato dai pulpiti, secondo cui il secondo avvento di Cristo è in realtà la Sua venuta alla morte di ogni individuo, è un espediente per distogliere le menti degli uomini dalla Sua venuta personale tra le nuvole del cielo. Da anni Satana ha ripetuto: “Ecco, Egli è nelle camere segrete” {Matteo 24: 23-26}; e molte anime sono andate perse accettando questo inganno. La saggezza mondana insegna, inoltre, che la preghiera non è essenziale. Gli uomini di scienza affermano che non ci può essere una vera risposta alla preghiera; che questa sarebbe una violazione delle leggi naturali, un miracolo, e che i miracoli non esistono. L’universo, dicono, è governato da leggi fisse e Dio stesso non può fare nulla contro queste leggi. Così rappresentano Dio come vincolato dalle sue stesse leggi, come se l’applicazione di queste leggi potessero restringere la libertà divina. Tale insegnamento è contrario alla testimonianza delle Scritture. Non furono operati miracoli da Cristo e dai Suoi apostoli? Lo stesso compassionevole Salvatore vive oggi, ed è disposto ad ascoltare la preghiera della fede come quando camminava visibilmente tra gli uomini. Il naturale collabora con il soprannaturale. Fa parte del piano di Dio concederci, in risposta alla preghiera della fede, ciò che non darebbe se non chiedessimo in tal modo. Innumerevoli sono le dottrine erronee e le idee fantasiose che prendendo piede tra le chiese della cristianità. È impossibile stimare i cattivi risultati della rimozione di uno dei punti di riferimento fissati dalla Parola di Dio. Pochi sono coloro che si accontentano di rigettare una singola verità: la maggior parte continua a rimuovere un principio di verità dopo l’altro, finché non diventano veri infedeli. Gli errori della teologia popolare hanno spinto molte persone allo scetticismo che altrimenti avrebbero potuto credere nelle Scritture. Impossibilitati nell’accettare dottrine che oltraggiano il loro senso di giustizia, misericordia e benevolenza, e che vengono fatte passare come insegnamenti biblici, molti rifiutano di accettare la Bibbia come Parola di Dio. [525]
Questo è lo scopo che Satana cerca di realizzare. Non c’è nulla che desideri più che distruggere la fiducia in Dio e nella Sua Parola. Satana sta alla testa del grande esercito di scettici, impiegando al massimo il suo potere per ingannare le persone dalla sua parte. Sta diventando di moda dubitare. Esiste una grande numero di persone che nutre una certa diffidenza nella Parola di Dio e dalla quale si allontana perché, come il suo Autore, essa rimprovera e condanna il peccato. Coloro che non sono disposti ad obbedire alle Sue esigenze si sforzano di rovesciare la sua autorità. Leggono la Bibbia, o ne ascoltano gli insegnamenti presentati dal pulpito, solo per trovare da ridire sulle Scritture o sul sermone. Non pochi diventano increduli unicamente per giustificarsi o per scusarsi delle loro negligenze. Altri adottano questi principi scettici a causa dell’orgoglio e dell’indolenza. Troppo disinvolti nel distinguersi realizzando qualcosa degno di onore, che richiede sforzo e abnegazione, mirano ad ottenere una reputazione di saggezza superiore criticando la Bibbia. Vi sono molte cose che la mente finita, non illuminata dalla saggezza divina, è incapace di comprendere; così ne approfittano per criticare. Non mancano, poi, quelli che ritengono sia una vera e propria virtù sostenere l’incredulità, lo scetticismo e l’ateismo. Ma sotto un’apparenza di candore, si scoprirà che tali persone sono motivate dalla fiducia in loro stessi e dall’orgoglio. Molti si dilettano nel trovare qualcosa nelle Scritture per confondere le menti degli altri. Alcuni in un primo momento criticano e ragionano da un punto di vista sbagliato, da un semplice amore per le polemiche. Non si rendono conto di essersi così invischiati nella trappola del nemico. Avendo apertamente espresso incredulità, sentono che devono mantenere la loro posizione. Così si uniscono con gli empi e chiudono a sé stessi le porte del Paradiso. Dio ha dato nella Sua Parola prove sufficienti del suo carattere divino. Le grandi verità che riguardano la nostra redenzione sono presentate chiaramente. Con l’aiuto dello Spirito Santo, che è promesso a tutti coloro che lo cercano in sincerità, ognuno può comprendere queste verità per sé stesso. [526]
Dio ha concesso agli uomini una solida base su cui appoggiare la loro fede. Eppure le menti limitate degli uomini sono inadeguate a comprendere pienamente i piani e gli scopi dell’Infinito. Noi non potremo mai scrutare i misteri della natura di Dio e quindi non dobbiamo cercare di sollevare con mano presuntuosa il velo che nasconde la maestà divina. L’apostolo esclama: “Quanto imperscrutabili sono i suoi giudizi e incomprensibili le sue vie!” {Romani 11: 33}. Finora quello che possiamo comprendere per quanto riguarda i Suoi rapporti con noi e i motivi che Lo inducono ad azionare, sono il Suo amore e la Sua misericordia senza confini uniti a un potere infinito. Il Padre nostro che è nei cieli ordina ogni cosa con saggezza e giustizia, e non dobbiamo essere insoddisfatti e diffidenti, ma inchinarci con riverente sottomissione. Egli ci rivelerà molti dei Suoi propositi, nella misura in cui naturalmente è utile conoscerli: in ogni caso dobbiamo però confidare nella Sua onnipotenza e nel Suo amore. Mentre Dio ha dato ampie prove per sostenere la nostra fede, Egli non rimuoverà mai tutti i pretesti per non credere. Tutti quelli che cercano degli appigli per motivare i loro dubbi li troveranno. E quelli che si rifiutano di accettare e di obbedire alla Parola di Dio finché ogni obiezione sarà rimossa e non esisterà più alcuna opportunità di dubbio, non verranno mai alla luce. La sfiducia in Dio è la conseguenza naturale del cuore non rinnovato, che è inimicizia contro di Lui. Ma la fede è ispirata dallo Spirito Santo e prospererà solo se è coltivata. Nessun uomo può diventare forte nella fede senza uno sforzo determinato. L’incredulità si rafforza quando viene incoraggiata; se gli uomini, invece di soffermarsi sulle prove che Dio ha dato per sostenere la loro fede, si permettono di interrogarsi e di cavillare, troveranno i loro dubbi sempre più confermati. Ma quelli che dubitano delle promesse di Dio e diffidano della certezza della Sua grazia Lo stanno disonorando; e la loro influenza, invece di attirare altri a Cristo, tende a respingerli da Lui. [527]
Essi sono come alberi improduttivi, che allargano i loro rami scuri in lungo e in largo, impedendo alla luce del sole di arrivare alle altre piante, facendole così declinare e morire sotto l’ombra agghiacciante. La vita di queste persone apparirà come una testimonianza incessante contro di loro. Stanno seminando il dubbio e lo scetticismo che produrrà un inevitabile raccolto. C’è solo una cosa da fare per coloro che desiderano essere liberati dai dubbi: invece di interrogarsi e di cavillare riguardo a quello che non capiscono, approfittare della luce che già brilla su di loro ed essi riceveranno una luce più grande. Se assolveranno tutti quei doveri che sono stati resi evidenti alla loro comprensione, allora saranno in grado di comprendere ed eseguire quelli sui quali hanno ancora dei dubbi. Satana può presentare una contraffazione, che assomiglia molto alla verità, che inganna coloro che sono disposti ad essere ingannati, che desiderano evitare l’abnegazione e il sacrificio richiesti dalla verità; ma è impossibile per lui tenere sotto il suo potere un’anima che onestamente desidera, a qualunque costo, conoscere la verità. Cristo è la verità e la “luce che illumina ogni uomo” {Giovanni 1: 9}. Lo Spirito di verità è stato inviato per guidare gli uomini in tutta la verità. Sull’autorità del Figlio di Dio è dichiarato: “Cercate e troverete” {Matteo 7: 7}. “Se qualcuno vuol fare la sua volontà, conoscerà se questa dottrina è da Dio” {Giovanni 7: 17}. I fedeli di Cristo conoscono poco dei complotti che Satana e i suoi seguaci stanno formando contro di loro. Ma Colui che siede nei cieli annullerà tutti questi complotti per realizzare i Suoi profondi disegni. Il Signore permette che il Suo popolo sia sottoposto alla dura prova della tentazione, non perché si compiace delle sue sofferenze e delle sue afflizioni, ma perché questo processo è essenziale per la loro vittoria finale. Non poteva, coerentemente con la Sua stessa gloria, proteggerli dalla tentazione; poiché l’oggetto stesso della prova è prepararli a resistere a tutte le lusinghe del male. [528]
Se i credenti si affidano alle promesse di Dio, con un cuore sottomesso e contrito, confessando e mettendo da parte i loro peccati, né i malvagi né i demoni potranno ostacolare l’opera di Dio, escludendo la Sua presenza dal Suo popolo. Ogni tentazione, ogni influenza sia essa opposta, evidente o segreta, può essere efficacemente contrastata “non per forza, né per potenza, ma per il Mio Spirito, dice il Signore degli eserciti” {Zaccaria 4: 6}. “Gli occhi del Signore sono sui giusti e le sue orecchie sono aperte alle loro preghiere… chi è colui che vi farà del male, se siete zelanti nel bene?” {1 Pietro 3: 12-13}. Quando Balaam, allettato dalla promessa di ricche ricompense, praticò incantesimi contro Israele, e attraverso sacrifici offerti al Signore cercò di invocare una maledizione sul Suo popolo, lo Spirito di Dio proibì il male che desiderava pronunciare, e Balaam fu costretto ad esclamare: “Come potrei maledire chi non ha maledetto Dio? O come potrò sfidare chi non ha sfidato il Signore?… Possa io morire della morte dei giusti, e la mia fine possa essere simile alla loro!” {Numeri 23: 8, 10}. Quando il sacrificio fu di nuovo offerto, l’empio profeta dichiarò: “Ecco, io ho ricevuto l’ordine di benedire; Egli ha benedetto; e non posso revocare la benedizione. Egli non scorge l’iniquità in Giacobbe, né ha visto la perversità in Israele. Il Signore suo Dio è con lui, e Israele lo acclama re in mezzo a loro… non vi è magia contro Giacobbe, non vi è alcuna divinazione contro Israele; ora bisogna dire di Giacobbe e d’Israele che cosa Dio ha compiuto” {Numeri 23: 20-21, 23}. Eppure per la terza volta Balaam fece costruire degli altari per maledire. Ma dalle labbra involontarie del profeta, lo Spirito di Dio dichiarò la prosperità dei Suoi eletti, e rimproverò la follia e la malvagità dei loro nemici: “Benedetto colui che ti benedice e maledetto colui che ti maledice” {Numeri 24: 9}. Il popolo d’Israele era in questo momento fedele a Dio; e fintanto che continuarono nell’obbedienza della Sua legge, nessun potere terreno o infernale poteva prevalere contro di loro. Ma la maledizione che Balaam non era stato in grado di pronunciare contro il popolo di Dio, alla fine riuscì ad attirarla su di lui inducendolo a peccare. [529]
Quando gli Israeliti trasgredirono i comandamenti di Dio, allora si separarono da Lui e subirono il potere del distruttore. Satana è ben consapevole che l’uomo più debole che dimora in Cristo è un temibile avversario per le schiere delle tenebre, e che, se si rivelassero apertamente, sarebbero affrontate e sconfitte. Perciò Satana cerca di allontanare i soldati della croce dalla loro fortezza, preparandogli un’imboscata, egli è pronto a distruggere tutti quelli che si avventano sul suo terreno. Solo nell’umile fiducia in Dio e nell’obbedienza a tutti i Suoi comandamenti, possiamo essere sicuri. Nessun uomo è al sicuro per un giorno o un’ora senza preghiera. Invochiamo Dio, in modo speciale, per ricevere quella sapienza che permette di comprendere la Sua Parola. Qui vengono rivelate le astuzie del tentatore e i mezzi con cui si può resistergli con successo. Satana è un esperto nel citare la Scrittura, egli pone la propria interpretazione sui passaggi, con la quale spera di farci inciampare. Dovremmo studiare la Bibbia con umiltà di cuore, senza mai perdere di vista la nostra dipendenza da Dio. Dobbiamo costantemente difenderci dalle trappole di Satana, dovremmo pregare continuamente con fede: “Non ci indurre in tentazione”. [530]
Con la creazione dell’uomo, Satana iniziò i suoi sforzi per ingannare la nostra razza. Colui che aveva incitato la ribellione in cielo desiderava unire gli abitanti della terra a lui nella sua guerra contro il governo di Dio. Adamo ed Eva erano stati perfettamente felici nell’obbedienza alla legge di Dio, e questo fatto era una costante testimonianza contro l’affermazione che Satana aveva esortato in cielo, ovvero che la legge di Dio era oppressiva e contraria al bene delle Sue creature. Inoltre, l’invidia di Satana accresceva mentre guardava la bella casa preparata per la coppia senza peccato. Decise quindi di causare la loro caduta e dopo averli separati da Dio li avrebbe portati sotto il suo potere, in questo modo sarebbe divenuto il possessore del mondo e avrebbe stabilito qui il suo regno in opposizione a quello dell’Altissimo. Se Satana si fosse rivelato mediante il suo vero carattere, sarebbe stato respinto immediatamente, perché Adamo ed Eva erano stati avvertiti contro questo pericoloso nemico; ma lavorava nell’oscurità, nascondendo il suo scopo perché così avrebbe potuto realizzare più efficacemente il suo obbiettivo. Impiegando come suo tramite il serpente, quindi una creatura dall’apparenza affascinante, si rivolse ad Eva dicendo: “Dio vi ha detto: Non mangerete del frutto di ogni albero del giardino?” {Genesi 3: 1}. Se Eva avesse evitato di entrare in discussione con il tentatore, sarebbe stata al sicuro; ma lei si azzardò a parlargli e cadde vittima delle sue astuzie. [531]
È così che molti, ancora oggi, sono ingannati. Dubitano e mettono in discussione la volontà di Dio; invece di obbedire ai comandi divini, accettano le teorie umane che nascondono le trappole di Satana. “La donna disse al serpente: Possiamo mangiare del frutto degli alberi del giardino; ma del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino, Dio ha detto: Non ne mangerete e non lo toccherete, che non abbiate a morire. E il serpente disse alla donna: Non morirete affatto, perché Dio sa che nel giorno in cui ne mangerete, allora i vostri occhi saranno aperti e voi sarete come Dio, conoscendo il bene e il male” {Genesi 3: 2-5}. Egli dichiarò che sarebbero diventati come Dio, possedendo una maggiore saggezza rispetto a prima e sarebbero giunti ad uno stato superiore di esistenza. Eva cedette alla tentazione; e attraverso la sua influenza, Adamo fu condotto nel peccato. Hanno accettato le parole del serpente, secondo le quali Dio non intendeva fare ciò che aveva detto. Diffidarono del loro Creatore e immaginarono che limitasse la loro libertà e che potessero ottenere una grande saggezza ed esaltazione trasgredendo la Sua legge. Ma dopo il suo peccato, che cosa significarono per Adamo le parole: “Nel giorno che ne mangerai, per certo morirai”? Pensò forse che volesse dire, così come Satana lo aveva indotto a credere, che sarebbe entrato in uno stato d’esistenza più elevato? In tal caso, c’era molto da ottenere con la trasgressione, e Satana quindi si dimostrò un benefattore della razza umana. Ma Adamo non ritenne che questo fosse il significato della frase divina. Dio dichiarò che come punizione per il suo peccato, l’uomo doveva tornare alla terra da cui era stato tratto: “Polvere sei e polvere tornerai” {Genesi 3: 19}. Le parole di Satana: “I vostri occhi saranno aperti”, si sono dimostrate essere vere solo in questo senso: dopo che Adamo ed Eva avevano disobbedito a Dio, i loro occhi erano aperti per discernere la loro follia; ora conoscevano il male e assaggiavano il frutto amaro della trasgressione. Nel mezzo dell’Eden cresceva l’albero della vita, il cui frutto aveva il potere di perpetuare la vita. [532]
Se Adamo fosse rimasto obbediente a Dio, avrebbe continuato a godere del libero accesso a questo albero e avrebbe vissuto per sempre. Ma quando ebbe peccato, gli fu proibito di avvicinarsi all’albero della vita e divenne soggetto alla morte. La frase divina: “polvere sei e polvere tornerai”, indica la completa estinzione della vita. L’immortalità, promessa all’uomo a condizione di obbedienza, era stata confiscata dalla trasgressione. Adamo non poteva trasmettere ai suoi posteri ciò che non possedeva; e non poteva esserci alcuna speranza per la razza caduta, se Dio, con il sacrificio di Suo Figlio, non avesse portato l’immortalità alla loro portata. Mentre “la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” {Romani 5: 12} Cristo “ha portato alla luce la vita e l’immortalità attraverso il Vangelo” {2 Timoteo 1: 10}. Solo attraverso Cristo si può ottenere l’immortalità. Gesù disse: “Chi crede nel Figlio ha vita eterna; e colui che non crede al Figlio non vedrà la vita” {Giovanni 3: 36}. Ogni uomo può entrare in possesso di questa inestimabile benedizione se si conformerà alle condizioni. Tutti “coloro che cercano gloria, onore e immortalità, perseverando nelle opere di bene” riceveranno “la vita eterna” {Romani 2: 7}. L’unico che ha promesso ad Adamo la vita, nonostante la disobbedienza, è stato il grande ingannatore. La dichiarazione del serpente a Eva nell’Eden fu: “Non morirete affatto”, fu il primo sermone che predicò sull’immortalità dell’anima. Eppure questa dichiarazione, che si basa esclusivamente sull’autorità di Satana, è predicata dai pulpiti della cristianità ed è accolta dalla maggioranza dell’umanità con la stessa prontezza con cui è stata ricevuta dai nostri primi genitori. La sentenza divina che dice: “L’anima che pecca, morirà” {Ezechiele 18: 20}, viene trasformata in: “L’anima che pecca, non morirà, ma vivrà in eterno”. Non possiamo che meravigliarci della strana infatuazione che rende gli uomini così creduloni riguardo alle parole di Satana e allo stesso tempo così increduli riguardo alle parole di Dio. [533]
Se l’uomo dopo la sua caduta avesse avuto libero accesso all’albero della vita, sarebbe vissuto per sempre, e quindi il peccato sarebbe stato immortale. Ma i cherubini, con una spada fiammeggiante, custodivano “la via dell’albero della vita” {Genesi 3: 24}, e nessuno della famiglia di Adamo è stato autorizzato a superare quella barriera e a prendere parte al frutto vivificante. Quindi non esiste alcun peccatore immortale. Ma dopo la caduta, Satana ordinò ai suoi angeli di compiere uno sforzo speciale per inculcare la dottrina della naturale immortalità dell’uomo; avendo indotto le persone a ricevere questo errore, doveva guidarle a concludere che il peccatore avrebbe vissuto nell’eterna sofferenza. Ora il principe delle tenebre, lavorando attraverso i suoi agenti, rappresenta Dio come un tiranno vendicativo, dichiarando che Egli immerge nell’inferno tutti quelli che non Gli piacciono e fa subire loro la Sua ira implacabile; e aggiunge che, mentre soffrono in un’angoscia indicibile e si contorcono nelle fiamme eterne, il loro Creatore li guarda con soddisfazione. In questo modo l’acerrimo nemico veste con i suoi attributi il Creatore e benefattore dell’umanità. La crudeltà è satanica. Dio è amore; e tutto ciò che Egli creò fu puro, santo e amabile, finché il peccato non fu introdotto dal primo grande ribelle. Satana stesso è il nemico che tenta l’uomo affinché pecchi e poi, se può, lo distrugge; e quando si è assicurato la sua vittima, allora esulta nella rovina che ha provocato. Se gli fosse permesso, Satana metterebbe l’intera razza umana nella sua rete. Se non fosse per l’interposizione del potere divino, nessun figlio o figlia di Adamo sfuggirebbe. Satana sta cercando di vincere gli uomini oggi, così come vinse i nostri primi genitori, scuotendo la loro fiducia nel loro Creatore e portandoli a dubitare della saggezza del Suo governo e della giustizia delle Sue leggi. Satana e i suoi emissari rappresentano Dio come peggiore di loro stessi, per giustificare la loro stessa malvagità e ribellione. Il grande ingannatore cerca di spostare la sua orribile crudeltà di carattere sul nostro Padre celeste, affinché possa apparire come una vittima che è stata espulsa ingiustamente dal cielo perché non si sottometteva a un sovrano così scorretto. [534]
Presentando al mondo la “libertà” di cui possono godere sotto la sua influenza, in contrasto con la “schiavitù” imposta dai decreti di Dio, riesce a distogliere le anime dalla loro fedeltà a Dio. Quant’è ripugnante, per quel valore di amore e misericordia, e anche per il nostro senso di giustizia, la dottrina secondo la quale i malvagi morti sono tormentati con fuoco e zolfo in un inferno eternamente infuocato; per i peccati di una breve vita terrena dovranno subire torture finché Dio vivrà. Tuttavia questa dottrina è stata ampiamente insegnata ed è ancora incarnata in molti dei credi della cristianità. Un dotto professore di teologia diceva: “La vista dei tormenti dell’inferno esalterà per sempre la felicità dei santi. Quando essi vedranno altri, della loro stessa natura e nati nelle loro stesse circostanze, vittime di tale sofferenza, mentre essi godono di una sorte tanto diversa, comprenderanno meglio quanto sono felici”. Un altro usò queste parole: “Mentre il decreto di condanna si estenderà eternamente su coloro che sono oggetto dell’ira di Dio, il fumo del loro tormento salirà eternamente davanti a coloro che beneficiarono della sua misericordia, i quali, invece di provare pietà per quei miserabili, diranno: Amen, Alleluia! Lodate il Signore!”. Dove, nelle pagine della Parola di Dio, si trova questo insegnamento? I redenti in cielo perderanno tutti i loro sentimenti di pietà, compassione e di comune umanità? Queste sono da scambiare con l’indifferenza di chi sa affrontare fermamente e accettare con rassegnazione il dolore o le sventure, o la crudeltà del selvaggio? No, no! Tale non è l’insegnamento del Libro di Dio. Coloro che presentano le opinioni espresse nelle citazioni di cui sopra riportato possono essere anche uomini onesti e intelligenti, ma sono ingannati dai sofismi di Satana. Li conduce a fraintendere le forti espressioni della Scrittura, dando al loro linguaggio la colorazione dell’amarezza e della malignità che appartiene a loro stessi, ma non al nostro Creatore. “Com’è vero che io vivo, dice il Signore, l’Eterno, io non mi compiaccio della morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via e viva; convertitevi, convertitevi dalle vostre vie malvagie! Perché morreste?” {Ezechiele 33: 11}. [535]
Cosa guadagnerebbe Dio se ammettessimo che Egli si diletta in incessanti torture; che è compiaciuto dei gemiti e delle grida e delle imprecazioni delle creature sofferenti che tiene nelle fiamme dell’inferno? Questi suoni orridi possono essere forse musica per l’orecchio di Colui che è Amore Infinito? Si afferma che infliggere infinita sofferenza ai malvagi mostrerebbe l’odio di Dio nei confronti del peccato, come un male che è rovinoso per la pace e l’ordine dell’universo. Oh, che terribile bestemmia! Come se l’odio di Dio per il peccato fosse la ragione per cui è perpetuato. Poiché, secondo gli insegnamenti di questi teologi, la tortura eterna, senza speranza di misericordia, fa impazzire le sue misere vittime, che mentre riversano la loro rabbia in maledizioni e bestemmie, crescono costantemente il carico della loro colpa. La gloria di Dio non viene quindi esaltata dal perpetuarsi del peccato perché esso continua nell’eternità. È al di là dell’immaginazione della mente umana stimare il male che è stato causato dall’eresia del tormento eterno. La religione della Bibbia, piena di amore, di bontà e ricca di compassione, è oscurata da questa superstizione rivestita di terrore. Quando consideriamo in quali falsi colori Satana ha dipinto il carattere di Dio, c’è da stupirsi se il nostro misericordioso Creatore è temuto e perfino odiato? Le terribili idee su Dio che si sono diffuse nel mondo dagli insegnamenti dal pulpito hanno creato migliaia, se non milioni, di scettici e infedeli. La teoria del tormento eterno è una delle false dottrine che costituiscono il vino dell’abominazione di Babilonia che fa bere a tutte le nazioni {Apocalisse 14: 8; Apocalisse 17: 2}. Come alcuni ministri di Cristo abbiano accettato questa eresia e l’abbiano proclamata dal pulpito è davvero un mistero. La ricevettero da Roma, quando ricevettero il falso sabato. È vero, è stata insegnata da grandi e buoni uomini; ma la luce su questo argomento non era arrivata a loro come è arrivata a noi. Erano responsabili solo della luce che brillava nel loro tempo; mentre noi siamo responsabili di ciò che brilla nei nostri giorni. [536]
Se ci allontaniamo dalla testimonianza della Parola di Dio e accettiamo false dottrine solo perché i nostri padri ce le hanno insegnate, cadremo sotto la condanna pronunciata su Babilonia; bevendo così il vino del suo abominio. Una grande classe che si sta opponendo alla dottrina del tormento eterno però si sta spingendo verso l’errore opposto. Vedono che le Scritture rappresentano Dio come un essere di amore e compassione, e non possono credere che Egli abbandonerà le Sue creature nel fuoco eterno dell’inferno. Ma ritenendo che l’anima sia immortale, non vedono altra alternativa che concludere che tutta l’umanità sarà salvata alla fine. Molti considerano le minacce della Bibbia come concepite semplicemente per spaventare gli uomini a tal punto da portarli all’obbedienza e non per essere letteralmente adempiute. Così il peccatore può vivere nel piacere egoistico, ignorando le esigenze di Dio, e tuttavia aspettarsi di essere finalmente ricevuto nel Suo favore. Tale dottrina, presumendo la misericordia di Dio, ignora la Sua giustizia; piace al cuore carnale e incoraggia i malvagi nella loro iniquità. Per mostrare come i credenti nella salvezza universale distorcano le Scritture per sostenere i loro dogmi sull’anima, è necessario solo citare le loro stesse affermazioni. Al funerale di un giovane irreligioso, che era stato ucciso all’istante in un incidente, un pastore universalista scelse come testo la dichiarazione scritturale riguardante Davide, che dice: “Fu confortato della morte di Amnon” {2 Samuele 13: 39}. “Spesso mi viene chiesto”, disse l’oratore, “quale sarà il destino di coloro che lasceranno il mondo nel peccato, che muoiono in uno stato di ubriachezza, o con le macchie di sangue del crimine non lavate dalle loro vesti, o come questo giovane, non avendo mai fatto una professione di fede o goduto di un’esperienza religiosa? Rivolgiamoci alle Scritture; la loro risposta risolverà il terribile problema. Amnon era estremamente peccatore; era impenitente, era ubriaco e proprio mentre si trovava ubriaco venne ucciso. Davide era un profeta di Dio; doveva sapere perciò se Amnon sarebbe stato male o bene nel mondo a venire. Ebbene, quali furono le espressioni del suo cuore? [537]
“L’anima del re Davide desiderava ardentemente andare contro Absalom; perché fu confortato della morte di Amnon” {2 Samuele 13: 39}. Qual è la conclusione che potremmo dedurre da questo linguaggio? Non è forse quella che le pene eterne non hanno fatto parte della sua fede religiosa? Ecco un argomento in favore dell’ipotesi più gradita, più luminosa e consolante dell’ultimo e universale trionfo della purezza e della pace. Fu confortato, vedendo che suo figlio era morto. E perché? Perché con l’occhio della profezia poteva guardare al futuro glorioso e vedere quel figlio lontano da tutte le tentazioni, liberato dalla schiavitù e purificato dalla corruzione del peccato, e dopo essere stato reso sufficientemente santo e illuminato, essere ammesso all’assemblea dei beati. Il suo unico conforto era che, essendo stato rimosso dallo stato attuale di peccato e sofferenza, il suo amato figlio era andato dove gli influssi più elevati dello Spirito Santo si sarebbero potuti riversare sulla sua anima oscurata, dove la sua mente sarebbe stata aperta alla saggezza del cielo, alle dolci estasi dell’amore immortale e così preparato, con una natura santificata, a godersi il riposo e il mondo dell’eredità celeste. Con questo vorrei dire che la salvezza celeste non dipende da ciò che possiamo fare in questa vita, sia che si tratti di un cambiamento del cuore, della fede o di una professione religiosa”. Così il professo ministro di Cristo ripete la menzogna pronunciata dal serpente nell’Eden: “Non morirete affatto”. “Nel giorno in cui ne mangerete, allora i vostri occhi saranno aperti e voi sarete come Dio”. Egli dichiara che il più vile dei peccatori – l’assassino, il ladro e l’adultero – dopo la morte sia pronto ad entrare nella beatitudine immortale. E da che cosa deriva questo pervertimento delle Scritture? Da una singola frase che esprime la sottomissione di Davide ai decreti della provvidenza divina. [538]
“L’anima del re Davide desiderava ardentemente andare contro Absalom; perché fu confortato della morte di Amnon”. L’intensità del suo dolore era stata attenuata dal tempo, volse i suoi pensieri dal figlio morto a quello vivente, auto-esiliato per la paura della giusta punizione del suo crimine. Questa sarebbe la prova che Amnon, ubriaco e incestuoso, fu immediatamente trasportato dalla morte alle dimore della beatitudine per essere purificato e preparato per la compagnia degli angeli senza peccato? Una favola piacevole, adatta a gratificare il cuore carnale! Questa è la dottrina di Satana e funziona in modo molto efficace. Dovremmo essere sorpresi che, con tali istruzioni, la malvagità abbondi? Il corso perseguito da questo falso insegnante illustra quello di molti altri. Alcune parole della Scrittura sono separate dal loro contesto, che in molti casi mostrerebbe il loro significato, essendo esattamente opposto alle interpretazioni che le sono state attribuite; questi brani sconnessi sono pervertiti e usati nella dimostrazione di dottrine che non hanno fondamento nella Parola di Dio. La testimonianza citata come prova che l’ubriaco Amnon sia in paradiso è una semplice deduzione direttamente contraddetta dalla semplice e positiva affermazione delle Scritture secondo cui nessun ubriacone erediterà il regno di Dio {1 Corinzi 6: 10}. È così che i dubbiosi, i non credenti e gli scettici trasformano la verità in una bugia. Moltitudini sono state ingannate dai loro sofismi e cullate per dormire nella sicurezza carnale. Se fosse vero che le anime di tutti gli uomini passano direttamente in cielo al momento della morte, allora potremmo desiderare la morte piuttosto che la vita. Molti sono stati guidati da questa convinzione per porre fine alla loro esistenza. Quando si è sopraffatti da problemi, perplessità e delusioni, sembra una cosa facile spezzare il fragile filo della vita e librarsi nella beatitudine del mondo eterno. Dio però ha detto chiaramente nella Sua Parola che punirà i trasgressori della Sua legge. [539]
Coloro che si lusingano all’idea che Egli sia troppo misericordioso per eseguire giustizia sul peccatore, devono solo guardare alla croce del Calvario. La morte dell’immacolato Figlio di Dio testimonia che “il salario del peccato è la morte” {Romani 6: 23}, che ogni violazione della legge di Dio deve ricevere la sua giusta punizione. Cristo, l’innocente, è diventato peccato per l’uomo. Sopportò la colpa della trasgressione e fu separato del volto di Suo Padre, finché il Suo cuore non si spezzò e la Sua vita fu stroncata. Tutto questo sacrificio fu fatto affinché i peccatori potessero essere redenti. In nessun altro modo l’uomo può essere liberato dalla pena del peccato. Ogni persona che rifiuta di diventare partecipe dell’espiazione fornita a tale costo deve portare nella sua persona la colpa e la punizione della trasgressione. Prendiamo in considerazione ciò che la Bibbia insegna ulteriormente riguardo agli empi e agli impenitenti, che gli universalisti pongono in cielo come angeli santi e felici. “A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita” {Apocalisse 21: 6}. Questa promessa è solo per coloro che hanno sete. Nessuno, tranne quelli che sentono il loro bisogno dell’acqua della vita e lo cercheranno anche a costo della perdita di tutte le altre cose, la otterranno. “Chi vince erediterà tutte queste cose; e io sarò il suo Dio, ed egli sarà mio figlio” {Apocalisse 21: 7}. Qui vengono specificate anche le condizioni. Per ereditare tutte queste cose, dobbiamo resistere e vincere il peccato. Il Signore dichiara attraverso il profeta Isaia: “Dite al giusto che avrà del bene… Guai all’empio! Il male lo coglierà, perché gli sarà data la ricompensa delle sue mani” {Isaia 3: 10-11}. Il saggio Salomone dice: “Anche se un peccatore fa il male cento volte e pur prolunga i suoi giorni, pure io so che il bene è per quelli che temono Dio, che provano timore nel suo cospetto. Ma non v’è bene per l’empio” {Ecclesiaste 8: 12-13}. Paolo attesta che il peccatore “accumula un tesoro d’ira, per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio; che renderà ad ogni uomo secondo le sue opere… tribolazione e angoscia su ogni anima dell’uomo che fa il male” {Romani 2: 5-6, 9}. [540]
“Nessun fornicatore, né uomo impuro, né uomo avaro, che è un idolatra, ha alcuna eredità nel regno di Cristo e di Dio” {Efesini 5: 5}. “Cerca la pace con tutti gli uomini e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà il Signore” {Ebrei 12: 14}. “Beati quelli che osservano i suoi comandamenti, affinché abbiano diritto all’albero della vita e possano entrare attraverso le porte della città. Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli assassini, gli idolatri e chiunque ama e commette falsità” {Apocalisse 22: 14-15}. Dio ha rivelato agli uomini il Suo carattere e il Suo metodo per trattare il peccato. “Il Signore Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà, che conserva la sua benignità fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente” {Esodo 34: 6-7}. “L’Eterno distruggerà tutti i malvagi” {Salmo 145: 20}. “I trasgressori saranno distrutti insieme: la posterità degli empi sarà sterminata” {Salmo 37: 38}. Il potere e l’autorità del governo divino saranno impiegati per reprimere la ribellione; tuttavia tutte le manifestazioni della giustizia retributiva saranno perfettamente coerenti con il carattere di Dio come essere misericordioso, longanime e benevolo. Dio non forza la volontà o il giudizio di nessuno. Non si compiace di un’obbedienza passiva. Egli desidera che le creature delle Sue mani lo amino perché Lui è degno di essere amato e che Gli ubbidiscano come conseguenza del loro intelligente apprezzamento della Sua saggezza, giustizia e benevolenza. Tutti coloro che hanno una giusta concezione di queste qualità lo ameranno perché sono attratti verso di Lui ammirando i Suoi attributi. I principi di gentilezza, misericordia e amore, insegnati ed esemplificati dal nostro Salvatore, sono una trascrizione della volontà e del carattere di Dio. Cristo dichiarò che non insegnava nulla tranne quello che aveva ricevuto da Suo Padre. I principi del governo divino sono in perfetta armonia con il precetto del Salvatore “amate i vostri nemici” {Matteo 5: 44}. [541]
Dio esegue la giustizia sui malvagi per il bene dell’universo e anche per il bene di coloro che sono oggetto dei Suoi giudizi. Egli vorrebbe renderli felici secondo le leggi del Suo governo e la giustizia del Suo carattere. Li circonda con i segni del Suo amore, Egli concede loro la conoscenza della Sua legge e li segue con le offerte della Sua misericordia; ma essi disprezzano il Suo amore, annullano la Sua legge e rifiutano la Sua misericordia. Pur ricevendo costantemente i Suoi doni, essi disonorano il Donatore; odiano Dio perché sanno che aborrisce i loro peccati. Il Signore sopporta a lungo la loro perversione; ma l’ora decisiva verrà finalmente, quando il loro destino sarà deciso. Incatenerà a sé questi ribelli? Li costringerà a fare la Sua volontà? Coloro che hanno scelto Satana come loro capo essendo stati controllati dal suo potere, non sono pronti a entrare nella presenza di Dio. L’orgoglio, l’inganno, la dissolutezza e la crudeltà si sono radicati nel loro carattere. Potranno entrare nel cielo per dimorare per sempre con coloro che hanno disprezzato e odiato sulla terra? La verità non sarà mai gradita ad un bugiardo; la mansuetudine non soddisfa l’autostima e l’orgoglio; la purezza non è accettabile per i corrotti; l’amore disinteressato non appare attraente per gli egoisti. Quale fonte di divertimento potrebbe offrire il paradiso a coloro che sono interamente assorbiti da interessi terreni ed egoistici? Coloro che sono vissuti in aperta ribellione contro Dio, potrebbero essere trasportati improvvisamente in cielo e testimoniare la santità e perfezione che vi regna? Scoprire, così, che ogni anima è piena d’amore, che ogni volto risplende di gioia; udire un’incantevole musica che diffonde le sue note melodiose in onore di Dio e dell’Agnello e contemplare la luce che emana dal volto di Colui che siede sul trono e che avvolge i rendenti? Coloro che hanno il cuore pieno di odio nei confronti di Dio, della verità e della santità potrebbero mescolarsi alle schiere celesti nei loro inni di lode? Potrebbero sopportare la gloria di Dio e dell’Agnello? [542]
Certamente no! Furono concessi molti anni di grazia per formare caratteri adeguati al cielo; ma non hanno mai allenato la mente ad amare la purezza; non hanno mai imparato la lingua del paradiso ed ora è troppo tardi. Una vita di ribellione contro Dio non li ha resi adatti al cielo. La Sua purezza, santità e pace sarebbero torture per loro; la gloria di Dio sarebbe un fuoco divorante. Vorrebbero tanto fuggire da un luogo santo come quello. Avrebbero gradito sicuramente la distruzione, pur di potersi nascondere dal volto di Colui che è morto per riscattarli. Il destino dei malvagi è fissato da loro stessi. La loro esclusione dal cielo è voluta da loro stessi, e ciò manifesta giustizia e misericordia da parte di Dio. Come le acque del Diluvio, i fuochi del grande giorno del Signore dichiareranno il verdetto di Dio che i malvagi sono senza speranze. Non hanno nessuna disposizione per sottomettersi all’autorità divina. La loro volontà è stata esercitata in modo sbagliato; e quando la vita è finita, è troppo tardi per trasformare la corrente dei loro pensieri nella direzione opposta, troppo tardi per passare dalla trasgressione all’obbedienza, dall’odio all’amore. Nel risparmiare la vita a Caino, l’assassino, Dio ha dato al mondo un esempio di ciò che potrebbe accadere permettendo al peccatore di vivere, per continuare un corso d’iniquità sfrenata. Attraverso l’influenza dell’insegnamento e dell’esempio di Caino, moltitudini di suoi discendenti furono condotte nel peccato, fino a quando “la malvagità dell’uomo fu grande sulla terra” e “ogni immaginazione dei pensieri del suo cuore non era altro che male in ogni tempo… La terra era corrotta davanti a Dio ed era piena di violenza” {Genesi 6: 5, 11}. Nella Sua misericordia per il mondo, Dio ha cancellato gli abitanti malvagi dei tempi di Noè. Nella Sua misericordia, distrusse gli abitanti corrotti di Sodoma. Attraverso il potere ingannatore di Satana gli operai d’iniquità ottengono simpatia ed ammirazione, e quindi conducono costantemente altri alla ribellione. Era così nei giorni di Caino e di Noè, ai tempi di Abraamo e di Lot; ed è così anche nel nostro tempo. È proprio così che Dio alla fine distruggerà coloro che respingono la Sua grazia. [543]
“Il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore” {Romani 6: 23}. Mentre la vita è l’eredità dei giusti, la morte è la parte dei malvagi. Mosè dichiarò a Israele: “Oggi ho presentato davanti a te la vita e il bene, la morte e il male” {Deuteronomio 30: 15}. La morte menzionata in queste Scritture non è quella pronunciata su Adamo, poiché tutta l’umanità subisce le conseguenze della sua trasgressione. Questa è “la seconda morte”, posta in contrasto con la vita eterna. In conseguenza del peccato di Adamo, la morte passò sull’intero genere umano. Tutti, allo stesso modo, scendono nella tomba e, attraverso le disposizioni del piano di salvezza, tutti devono essere portati fuori dalle loro tombe. “Ci sarà una risurrezione dei morti, sia dei giusti che degli ingiusti” {Atti 24: 15}; “poiché come in Adamo tutti muoiono, anche così in Cristo tutti saranno resi vivi” {1 Corinzi 15: 22}. Ma viene fatta una distinzione tra le due classi che vengono portate in vita: “tutti quelli che sono nei sepolcri, udranno la sua voce e ne verranno fuori: quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; e quelli che hanno operato male, in risurrezione di perdizione” {Giovanni 5: 28-29}. Coloro che sono stati “considerati degni” della risurrezione per la vita sono definiti benedetti e santi. “Su loro non ha potere la seconda morte” {Apocalisse 20: 6}. Ma coloro che non hanno ottenuto il perdono, attraverso il pentimento e la fede, devono ricevere la pena della trasgressione: “il salario del peccato”. Subiscono una punizione di durata e intensità variabile, “secondo le loro opere”, ma alla fine finisce con la seconda morte. Poiché è impossibile per Dio, coerentemente con la Sua giustizia e misericordia, salvare il peccatore nei suoi peccati; perciò lo priva di un’esistenza alla quale non ha diritto e di cui si è dimostrato indegno. Dice uno scrittore ispirato: “Ancora un po’, e il malvagio non sarà più: sì, tu considererai diligentemente il suo luogo ed egli non vi sarà più” {Salmo 37: 10}. E un altro dichiara: “Saranno come se non fossero mai stati” {Abdia 16}. [544]
Coperti di infamia, sprofondano in un disperato, eterno oblio. Così sarà fatto alla fine del peccato, con tutto il dolore e la rovina che ne sono derivati. Il salmista dice: “Hai distrutto il malvagio, hai cancellato il loro nome nei secoli dei secoli. È finita per il nemico! Le distruzioni giungono ad una fine perpetua” {Salmo 9: 5-6}. Giovanni, nell’Apocalisse, in attesa dell’eterna beatitudine, ascoltò un inno universale di lode, senza che una sola nota disturbasse il tutto. Si udì ogni creatura in cielo e in terra che attribuiva gloria a Dio {Apocalisse 5: 13}. Non ci saranno anime perdute che bestemmiano Dio e che si contorcono in un tormento senza fine; non ci sarà nessun essere disgraziato all’inferno che mescolerà i suoi strilli con le canzoni dei salvati. Sull’errore fondamentale dell’immortalità naturale dell’anima si accosta la dottrina della coscienza nella morte, ovvero una dottrina, come il tormento eterno, che è contraria agli insegnamenti delle Scritture, ai dettami della ragione e ai nostri sentimenti di umanità. Secondo la credenza popolare, i redenti in paradiso conoscono tutto ciò che accade sulla terra e specialmente le vite degli amici che hanno lasciato dietro di sé. Ma come potrebbe essere una fonte di felicità per i morti conoscere i problemi dei vivi, assistere ai peccati commessi dai propri cari e vederli sopportare tutti i dispiaceri, le delusioni e le angosce della vita? Quanta della beatitudine del cielo sarebbe goduta da coloro che seguono la vita dei loro amici sulla terra? E quanto è rivoltante la convinzione che non appena il respiro lascia il corpo, l’anima dell’impenitente sia consegnata alle fiamme dell’inferno! A quali profondità di angoscia devono essere immersi quelli che vedono i loro amici passare alla tomba impreparati, entrare in un’eternità di dolore e di peccato! Molti sono stati spinti alla follia da questo pensiero straziante. Cosa dicono le Scritture riguardo a ciò? Davide dichiara che l’uomo non è cosciente nella morte. “Il suo fiato se ne va, ed egli torna alla sua terra; in quel giorno i suoi pensieri periscono” {Salmo 146: 4}. [545]
Salomone porta la stessa testimonianza: “I vivi sanno che moriranno; ma i morti non sanno nulla”. “Il loro amore, il loro odio e la loro invidia sono ora periti; non hanno più alcuna parte per sempre in tutto ciò che viene fatto sotto il sole”. “Non c’è lavoro, né conoscenza, né saggezza nella tomba dove vai” {Ecclesiaste 9: 5-6, 10}. Quando, in risposta alla sua preghiera, la vita di Ezechia fu prolungata di quindici anni, il grato re rese a Dio un tributo di lode per la Sua grande misericordia. In questa canzone dice la ragione per cui si rallegra così: “La tomba non può lodarti, la morte non può celebrarti: quelli che scendono nella fossa non possono più sperare nella tua verità. Il vivente, il vivente ti loderà come faccio io oggi” {Isaia 38: 18-19}. La teologia popolare presenta i giusti morti come già in cielo, nel soggiorno della beatitudine, lodando Dio con una lingua immortale; ma Ezechia non vedeva una prospettiva così gloriosa nella morte. Con le sue parole è d’accordo alla testimonianza del salmista: “Nella morte non vi è alcun ricordo di Te: nella tomba chi ti ringrazierà?” {Salmo 6: 5}. “I morti non lodano il Signore, né quelli che scendono nel luogo del silenzio” {Salmo 115: 17}. Pietro nel giorno della Pentecoste dichiarò che il patriarca Davide “è morto e sepolto, e il suo sepolcro è con noi fino ad oggi” {Atti 2: 29}. “Perché Davide non è asceso nei cieli” {Atti 2: 34}. Davide rimarrà nella tomba fino a quando la risurrezione dimostrerà che i giusti non vanno in paradiso alla loro morte. È solo attraverso la risurrezione, e in virtù del fatto che Cristo è risorto, che Davide potrà finalmente sedere alla destra di Dio. Paolo disse: “Se i morti non risuscitano, allora Cristo non è risuscitato; e se Cristo non fosse risuscitato, la tua fede è vana; voi siete ancora nei vostri peccati. Anche quelli che si sono addormentati in Cristo sono periti” {1 Corinzi 15: 16-18}. Se per quattromila anni i giusti fossero andati direttamente in cielo alla morte, come avrebbe potuto Paolo dire che se non c’è risurrezione, “anche quelli che si sono addormentati in Cristo sono periti”? Nessuna risurrezione sarebbe necessaria. [546]
Il martire Tyndale, riferendosi allo stato dei morti, dichiarò: “Confesso apertamente, che non sono persuaso di essere già nella piena gloria in cui Cristo è, o in quella degli angeli eletti di Dio. Questo non è per me un articolo di fede, perché se così fosse sarebbe inutile predicare la risurrezione della carne” (William Tyndale, Prefazione al Nuovo Testamento, 1534. Ristampato in Riformatori Britannici-Tindal, Frith, Barnes, pagina 349). È un fatto innegabile che la speranza dell’eterna beatitudine, subito dopo la morte, ha portato ad una diffusa negligenza della dottrina biblica della risurrezione. Questa tendenza è stata osservata dal Dr. Adam Clarke, che ha detto: “La dottrina della risurrezione sembra essere stata insegnata con maggior successo tra i cristiani primitivi di quanto lo sia ora! Com’è che gli apostoli continuavano a insistere su di essa e ad entusiasmare i seguaci di Dio per la diligenza, l’obbedienza e l’allegria mediante questa dottrina? I loro successori, ai nostri giorni, la menzionano raramente! Così predicavano gli apostoli, e così credevano i primi cristiani; così predichiamo noi e così credono oggi i nostri ascoltatori. Non c’è una dottrina nel Vangelo su cui si ponga così tanto l’accento; e non c’è una dottrina nell’attuale sistema di predicazione che viene trattato con più negligenza!” (Commento, osservazioni su 1 Corinzi 15, paragrafo 3). Ciò è continuato fino a quando la gloriosa verità della risurrezione è stata quasi completamente oscurata e persa di vista nel mondo cristiano. Uno scrittore religioso di rilievo, commentando le parole di Paolo in {1 Tessalonicesi 4: 13-18}, dichiara: “Da un punto di vista pratico di conforto, la dottrina dell’immortalità dei giusti prende il posto dell’incerta dottrina del secondo avvento del Signore. Per noi Gesù ritorna alla nostra morte. Questo è ciò che aspettiamo ed è per questo che noi vegliamo. I morti sono già passati nella gloria. Non devono aspettare la tromba del giudizio per entrare nella felicità eterna”. [547]
Ma quando stava per lasciare i Suoi discepoli, Gesù non disse loro che sarebbero presto venuti da Lui. Egli disse: “Vado a preparare un posto per voi… E se vado a preparare un posto per voi, verrò di nuovo e vi accoglierò presso di Me” {Giovanni 14: 2-3}. Paolo ci dice, inoltre, che “il Signore stesso scenderà dal cielo con potente grido, con la voce d’Arcangelo e con la tromba di Dio e i morti in Cristo risusciteranno per primi; allora noi che siamo vivi saremo rapiti insieme a loro nelle nuvole, per incontrare il Signore nell’aria: così saremo sempre con il Signore”. E aggiunge: “Consolatevi l’un l’altro con queste parole” {1 Tessalonicesi 4: 16-18}. Quanto è ampio il contrasto tra queste parole di conforto e quelle del pastore universalista citate in precedenza! Quest’ultimo consolò gli amici in lutto con la certezza che, per quanto peccaminoso potesse essere stato il morto, esalando il suo ultimo respiro terreno, sarebbe stato accolto tra gli angeli. Mentre Paolo indica ai suoi fratelli la futura venuta del Signore, quando le catene del sepolcro saranno spezzate e i “morti in Cristo” saranno elevati alla vita eterna. Prima che chiunque possa entrare nelle dimore dei beati, i loro casi devono essere investigati, i loro caratteri e le loro azioni devono passare in rassegna davanti a Dio. Tutti devono essere giudicati in base alle cose scritte nei libri ed essere ricompensati secondo le loro opere. Questo giudizio non ha luogo alla morte. Appunta le parole di Paolo: “Egli ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia, per mezzo dell’uomo ch’Egli ha stabilito; di ciò ha dato prova a tutti, avendolo risuscitato dai morti” {Atti 17: 31}. Qui l’apostolo dichiarò chiaramente che era stato fissato un tempo specifico, quindi futuro, per il giudizio del mondo. Giuda fa riferimento allo stesso periodo: “Gli angeli che non mantennero il loro primo stato, ma lasciarono la loro dimora… Egli gli ha riservati in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio nel grande giorno”. E ancora cita le parole di Enoch: “Ecco, il Signore viene con le sue sante miriadi, per eseguire il giudizio su tutti” {Giuda 1: 6, 14-15}. [548]
Giovanni dichiara di aver visto “i morti, piccoli e grandi in piedi davanti a Dio; e i libri furono aperti… e i morti furono giudicati da quelle cose che furono scritte nei libri” {Apocalisse 20: 12}. Ma se i morti stanno già godendo la beatitudine del paradiso o si contorcono tra le fiamme dell’inferno, che bisogno c’è di un giudizio futuro? Gli insegnamenti della Parola di Dio su questi punti importanti non sono né oscuri né contraddittori; infatti possono essere capiti in modo chiaro da menti comuni. Ma quale mente, non prevenuta, può vedere saggezza o giustizia in questa teoria corrente? I giusti, dopo essere stati investigati dal grande Giudice, riceveranno l’elogio: “Ben fatto, servo buono e fedele… entra nella gioia del tuo Signore”, quando? Dopo aver dimorato alla Sua presenza, forse per lunghi secoli? I malvagi sarebbero convocati dal luogo del tormento per ricevere la sentenza dal Giudice di tutta la terra: “Via da me, maledetti, nel fuoco eterno” {Matteo 25: 21, 41} ? Oh no! Sarebbe uno scherno atroce! Una vergognosa smentita della saggezza e della giustizia di Dio! La teoria dell’immortalità dell’anima era una di quelle false dottrine che Roma, prendendo in prestito dal paganesimo, incorporò nella religione della cristianità. Martin Lutero la classificò con le “favole mostruose che fanno parte del letamaio romano delle decretali” (E. Petavel, Il problema dell’immortalità, pagina 255). Commentando le parole di Salomone in Ecclesiaste, che i morti non sanno nulla, il Riformatore dice: “Ecco un altro passaggio che dimostra che i morti non hanno sentimenti: “non c’è nessun dovere, nessuna scienza, nessuna conoscenza, nessuna saggezza lì”. Salomone giudica che i morti dormono e non sentono nulla. Poiché i morti giacciono lì, non hanno nessuna notizia né dei giorni né degli anni, ma quando sono svegliati, sembreranno che abbiano dormito solo un minuto” (Martin Lutero, Esposizione dell’Ecclesiaste di Salomone, pagina 152). [549]
Da nessuna parte nelle Sacre Scritture si trova la dichiarazione che i giusti ottengano la loro ricompensa o che i malvagi ottengano la loro punizione alla morte. I patriarchi e i profeti non hanno lasciato nessuna affermazione del genere. Cristo e i Suoi apostoli non ne hanno accennato. La Bibbia insegna chiaramente che i morti non vanno immediatamente in paradiso. Sono rappresentati come dormienti fino alla risurrezione {1 Tessalonicesi 4: 14; Giobbe 14: 10-12}. Il giorno in cui “il cordone d’argento si stacca e il vaso d’oro si spezza” {Ecclesiaste 12: 6} anche i pensieri dell’uomo periscono. Quelli che scendono nella tomba rimangono in silenzio. Non sanno più nulla di ciò che viene fatto sotto il sole {Ecclesiaste 9: 6}. Beato riposo per i giusti affaticati! Il tempo, che sia lungo o breve, è solo un momento per loro. Essi dormono e sono risvegliati dalla tromba di Dio per una gloriosa immortalità. “Perché la tromba suonerà, e i morti saranno innalzati… Così quando questo corruttibile avrà rivestito l’incorruttibilità e questo mortale avrà rivestito l’immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta: La morte è stata sommersa nella vittoria” {1 Corinzi 15: 52-54}. Quando saranno richiamati dal loro profondo sonno continueranno il corso dei loro pensieri da dove l’hanno lasciato. L’ultima sensazione era l’angoscia della morte; l’ultimo pensiero era che stavano cadendo sotto il potere della morte. Quando si alzeranno dalla tomba, il loro primo pensiero lieto sarà echeggiato nel loro grido trionfale: “O morte, dov’è il tuo dardo? O tomba, dov’è la tua vittoria?” {1 Corinzi 15: 55}. [550]
La missione dei santi angeli, come presentata nelle Scritture, è una verità molto confortante e preziosa per ogni seguace di Cristo. Ma l’insegnamento biblico su questo punto è stato oscurato e pervertito dagli errori della teologia popolare. La dottrina della naturale immortalità dell’anima, prima attinta dalla filosofia pagana, e poi, nell’oscurità della grande apostasia incorporata nella fede cristiana, ha sostituito la verità che così chiaramente è insegnata nelle Scritture, dove ci viene detto che “i morti non sanno nulla” {Ecclesiaste 9: 5}. Moltitudini hanno iniziato a credere che gli spiriti dei morti siano quegli “spiriti inviati a servire per coloro che saranno eredi della salvezza” {Ebrei 1: 14}. E questo, nonostante la testimonianza della Scrittura sull’esistenza degli angeli celesti e la loro connessione con la storia dell’uomo, molto prima della morte di un essere umano.
L’insegnamento dello stato cosciente dell’uomo nella morte, ed in particolare la convinzione che gli spiriti dei morti tornino a servire i vivi, ha preparato la strada allo spiritismo moderno. Se i morti sono ammessi alla presenza di Dio e dei santi angeli e sono privilegiati con la conoscenza che superano di gran lunga ciò che possedevano prima, perché non dovrebbero ritornare sulla terra per illuminare e istruire i viventi? Se, come insegnano i teologi popolari, gli spiriti dei morti si aggirano intorno ai loro amici sulla terra, perché non dovrebbe essere permesso di comunicare con loro, di metterli in guardia contro il male o di confortarli nel dolore? [551]
In che modo coloro che credono nella coscienza dell’uomo nella morte, potrebbero rigettare ciò che viene a loro come luce divina comunicata da spiriti glorificati? Ecco, questo canale considerato sacro, è quello attraverso il quale Satana lavora per il raggiungimento dei suoi scopi. Gli angeli caduti che eseguono i suoi ordini appaiono come messaggeri dal mondo degli spiriti. Mentre dichiarano di poter mettere in comunicazione i viventi con i morti, il principe del male esercita la sua influenza ammaliante sulle loro menti. Ha il potere di portare davanti agli uomini l’aspetto dei loro amici defunti. La contraffazione è perfetta; l’aspetto familiare, le parole, il tono, sono riprodotti con estrema perfezione. Molti sono confortati dalla certezza che i loro cari godano della beatitudine del paradiso e, senza sospettare alcun pericolo, danno ascolto “agli spiriti seduttori e alle dottrine dei demoni” {1 Timoteo 4:1}. Quando sono stati portati a credere che i morti tornino effettivamente a comunicare con loro, Satana fa apparire loro quelli che sono entrati nella tomba impreparati. Sostengono di essere felici in cielo e persino di occupare posizioni elevate lì e quindi l’errore ampiamente insegnato è che non viene fatta alcuna differenza tra il giusto e il malvagio. I finti visitatori del mondo degli spiriti, a volte, pronunciano avvertimenti e consigli che si dimostrano corretti. Poi, quando si acquisisce sicurezza, presentano dottrine che minano direttamente la fede nelle Scritture. Con un’apparenza di profondo interesse per il benessere dei loro amici sulla terra insinuano gli errori più pericolosi. Il fatto che affermino alcune verità e siano in grado talvolta di prevedere gli eventi futuri, conferisce alle loro affermazioni un’apparenza di affidabilità; i loro falsi insegnamenti sono accettati dalle moltitudini con prontezza e creduti implicitamente come se fossero le verità più sacre della Bibbia. La legge di Dio è messa da parte, lo Spirito di grazia disprezzato e il sangue del patto considerato inutile. Gli spiriti negano la divinità di Cristo e si pongono persino allo stesso livello del Creatore. [552]
Così, sotto un nuovo travestimento, il grande ribelle porta ancora avanti la sua guerra contro Dio, iniziata in cielo e per quasi seimila anni continuata sulla terra. Molti si sforzano di spiegare le manifestazioni spirituali attribuendole interamente a frodi e giochi di prestigio da parte dei medium. Ma se è vero che i risultati degli inganni vengono fatti passare spesso come manifestazioni genuine e reali, ci sono state anche esibizioni di potere soprannaturale. Il misterioso colpo con cui lo spiritualismo moderno ha avuto inizio non era il risultato di un inganno o un’astuzia umana, ma era ad opera diretta degli angeli malvagi che hanno così introdotto uno dei più riusciti inganni che porta alla perdizione dell’uomo. Molti sono convinti che lo spiritismo sia una pura e semplice impostura umana, ma quando avvengono manifestazioni di questo tipo non possono che considerarle soprannaturali; essendo così ingannati saranno portati ad accettarle come se fosse il segno del grande potere di Dio. Queste persone trascurano la testimonianza delle Scritture riguardo ai miracoli operati da Satana e dai suoi agenti. Fu grazie all’aiuto satanico che i maghi del faraone furono abilitati a contraffare l’opera di Dio. Paolo testimonia che prima del secondo avvento di Cristo ci saranno manifestazioni simili di potere satanico. La venuta del Signore deve essere preceduta dall’opera di “Satana con ogni potere, i segni e le meraviglie, e con ogni sorta di inganno dell’iniquità” {2 Tessalonicesi 2: 9-10}. L’apostolo Giovanni, descrivendo il miracoloso potere che si manifesterà negli ultimi giorni, dichiara: “E operava grandi prodigi, fino a far scendere fuoco dal cielo sulla terra in presenza degli uomini. E seduceva quelli che abitano sulla terra per mezzo di quei miracoli che le era dato di fare…” {Apocalisse 13: 13-14}. Non sono qui predette semplici imposture. Gli uomini sono ingannati dai miracoli che gli agenti di Satana hanno il potere di fare e non da quello che fingono di fare. Il principe delle tenebre, che da lungo tempo ha dedicato tutte le risorse del suo intelletto all’inganno, adatta abilmente le sue tentazioni agli uomini di tutte le classi e condizioni. [553]
Alle persone raffinate e di cultura presenta lo spiritismo nei suoi aspetti più raffinati e intellettuali e quindi riesce a trascinarne molti nella sua trappola. La saggezza che lo spiritismo impartisce è quella descritta dall’apostolo Giacomo che “non discende dall’alto, ma è terrena, sensuale, diabolica” {Giacomo 3: 15}. Tuttavia il grande ingannatore si nasconde se ciò si adatta meglio al suo scopo. Colui che apparve vestito della luminosità dei serafini celesti davanti a Cristo nel deserto della tentazione, viene agli uomini nel modo più attraente: come un angelo di luce. Fa appello alla ragione presentando temi elevati, delizia la fantasia con scene estenuanti e si assicura il loro affetto con i suoi eloquenti ritratti di amore e carità. Egli eccita l’immaginazione con scene straordinarie portando gli uomini ad avere così grande orgoglio nella propria saggezza disprezzando l’Eterno nei loro cuori. Questo essere così possente che riuscì a portare il Redentore del mondo su una montagna straordinariamente alta e che portò davanti a Lui tutti i regni della terra e la loro gloria, presenterà le sue tentazioni agli uomini in tal modo da pervertire i sensi di tutti coloro che non sono protetti dal potere divino. Satana oggi seduce gli uomini così come ha fatto con Eva nell’Eden: con l’adulazione, accendendo il desiderio di ottenere quella conoscenza proibita, eccitando l’ambizione dell’autoesaltazione. Egli era affezionato a questi mali che causarono la sua caduta, e attraverso di essi egli mira a conquistare la rovina degli uomini. “Voi sarete come dei”, dichiara, “conoscendo il bene e il male” {Genesi 3: 5}. Lo spiritismo insegna che “l’uomo è una creatura che tende alla progressione; il suo destino dalla nascita è il progresso fino all’eternità verso la Divinità”. E ancora: “Ogni mente è giudice di sé stessa e non di altri”. “Il giudizio sarà giusto, perché è il giudizio dell’io… Il trono è dentro di te”. Disse un maestro spiritista mentre la “coscienza spirituale” si risveglia in lui: “I miei simili, erano tutti degli esseri celesti immortali”. E un altro dichiara: “Ogni essere giusto e perfetto è Cristo”. [554]
Così al posto della giustizia e della perfezione del Dio infinito (il vero oggetto dell’adorazione); al posto della perfetta giustizia della Sua legge (il vero livello di realizzazione umana), Satana ha fatto della natura peccaminosa e fallibile dell’uomo l’unico oggetto di adorazione, l’unica regola di giudizio o standard di carattere. Questo è un progresso, non in rialzo, ma in ribasso. Una legge sia di natura intellettuale sia spirituale è che contemplando noi veniamo trasformati. La mente si adatta gradualmente ai soggetti sui quali è permesso di soffermarsi. Diventa simile a ciò che è abituata ad amare e a rispettare. L’uomo non si innalzerà mai più in alto del suo ideale di purezza, bontà o verità. Se il suo io è l’ideale più alto che possiede, non otterrà mai nulla di più elevato. Piuttosto affonderà costantemente sempre più in basso. Solo la grazia di Dio ha il potere di esaltare l’uomo. Abbandonato a sé stesso il suo corso deve inevitabilmente essere diretto verso la rovina.
All’autoindulgente, al dilettevole e al sensuale lo spiritismo si presenta sotto un travestimento meno sottile di quello riservato a coloro che sono più raffinati e intellettuali; nelle sue forme più grossolane trovano ciò che è in armonia con le loro inclinazioni. Satana studia ogni indicazione della fragilità della natura umana, segna i peccati che ogni individuo è incline a commettere e poi si assicura che siano presenti opportunità sufficienti affinché cada nella sua trappola. Egli tenta gli uomini a eccedere in ciò che è di per sé lecito causando loro, attraverso l’intemperanza, l’indebolimento del potere fisico, mentale e morale. Ha distrutto e sta distruggendo migliaia attraverso l’indulgenza delle passioni sfigurando così l’intera natura dell’uomo. E poi, per completare la sua opera, dichiara attraverso gli spiriti che “la vera conoscenza pone l’uomo sopra ogni legge”, che “tutto ciò che esiste è giusto”, che “Dio non condanna” e che “tutti i peccati commessi sono privi di conseguenza”. “Quando le persone sono portate a credere che il desiderio sia la legge più alta, che la libertà è sinonimo di licenza e che l’uomo è responsabile solo nei confronti di sé stesso, perché stupirsi se la corruzione e la depravazione brillano ovunque? [555]
Moltitudini accettano con entusiasmo insegnamenti che permettono loro di obbedire ai suggerimenti del cuore carnale. Le redini dell’autocontrollo sono poste sul collo della lussuria, i poteri della mente e dell’anima sono resi soggetti alle inclinazioni degli animali e Satana spinge esultante nella sua rete migliaia di persone che professano di essere seguaci di Cristo. Ma nessuno deve essere ingannato dalle menzogne e dalle rivendicazioni dello spiritismo. Dio ha dato al mondo luce sufficiente per consentire di scovare questa trappola. Come già mostrato la teoria che costituisce il fondamento stesso dello spiritismo è in conflitto con le più semplici affermazioni della Scrittura. La Bibbia dichiara che i morti non sanno nulla, che i loro pensieri sono morti con loro; non hanno alcuna parte in tutto ciò che viene fatto sotto il sole; non sanno nulla delle gioie o dei dolori dei loro cari sulla terra. Inoltre, Dio ha espressamente vietato ogni presunta comunicazione con gli spiriti defunti. Ai tempi degli Ebrei c’era una classe di persone che affermava, come fanno gli spiritisti di oggi, di mantenere la comunicazione con i morti. Ma gli “spiriti familiari”, come venivano chiamati questi visitatori di altri mondi, sono dichiarati dalla Bibbia essere “gli spiriti dei demoni” {Numeri 25: 1-3; Salmo 106: 28; 1 Corinzi 10: 20; Apocalisse 16: 14}. L’azione di relazionarsi con gli “spiriti familiari” fu dichiarata come se fosse un abominio per il Signore, e fu solennemente proibita con la pena di morte {Levitico 19: 31; 20: 27}. La stregoneria è ancora oggi disprezzata. La pretesa che gli uomini possano entrare in contatto con gli spiriti maligni è considerata una favola dei secoli bui. Ma lo spiritismo, che conta i suoi convertiti a centinaia di migliaia, per non dire milioni, si è fatto strada negli ambienti scientifici, ha invaso le chiese e ha trovato il favore negli organi legislativi e persino nelle corti dei re; questo inganno gigantesco non è che un risveglio in un nuovo travestimento della stregoneria condannata e proibita tempo fa. [556]
Se non ci fossero altre prove del vero carattere dello spiritismo dovrebbe essere sufficiente per il cristiano sapere che gli spiriti non fanno differenza tra la giustizia e il peccato, tra il più nobile e il più puro degli apostoli di Cristo e il più corrotto dei servi di Satana. Rappresentando il più perfido degli uomini in cielo e altamente onorato, Satana dice al mondo: “Non importa quanto sei malvagio; non importa se credi o non credi a Dio e alla Bibbia. Vivi come vuoi, il cielo sarà la tua casa”. Gli insegnanti spiritisti dichiarano virtualmente: “Chiunque fa il male è buono agli occhi del Signore e Lui si diletta in loro”; oppure, “Dov’è il Dio del giudizio?” {Malachia 2: 17}. La Parola di Dio dice: “Guai a quelli che chiamano il male bene e il bene male; che mutano le tenebre in luce e la luce in tenebre” {Isaia 5: 20}. Gli apostoli, personificati da questi spiriti bugiardi, hanno contraddetto proprio ciò che hanno scritto guidati dallo Spirito Santo quando erano sulla terra. Negano l’origine divina della Bibbia e quindi strappano le fondamenta della speranza del cristiano e spengono la luce che rivela la via per il paradiso. Satana sta facendo credere al mondo che la Bibbia sia una semplice finzione, o almeno un libro adatto all’infanzia della razza umana, ma che ora deve essere considerato alla leggera, oppure messo da parte come obsoleto. E per prendere il posto della Parola di Dio si mostra attraverso manifestazioni spiritiche. Ecco, questo è un canale interamente sotto il suo controllo; in questo modo può far credere al mondo ciò che vuole. Il Libro che giudica lui e i suoi seguaci viene messo in ombra, proprio come vuole lui; e fa passare il Salvatore del mondo come se fosse un uomo qualsiasi. Come le guardie romane che custodivano la tomba di Gesù diffondevano la menzogna che gli era stata suggerita dai sacerdoti e dagli anziani nel negare la risurrezione del Cristo, così i credenti nelle manifestazioni spiritistiche cercano di far credere che nella vita di Gesù non ci sia niente di miracoloso. Dopo aver cercato così di affondare il Cristo, richiamano l’attenzione sui loro miracoli, dichiarando che questi superano di gran lunga le opere di Gesù. Ed è anche vero che lo spiritismo oggi sta cambiando forma e sta mascherando alcuni dei suoi aspetti più discutibili, assumendo una veste cristiana. [557]
Ma le sue dichiarazioni, pubbliche e mediante la stampa, sono state per molti anni davanti al pubblico e proprio in queste il suo vero carattere è stato svelato. Questi insegnamenti non possono essere negati o nascosti. Anche nella sua forma attuale, non più innocua come prima, è davvero molto più pericolosa perché più sottile e ingannevole. Mentre in precedenza denunciava Cristo e la Bibbia ora dichiara di accettarli entrambi. Ma la Bibbia è interpretata in un modo che è gradito al cuore non rinnovato mentre le sue verità solenni e vitali sono rese senza alcun effetto. L’amore è considerato l’attributo principale di Dio, ma è degradato a un debole sentimentalismo, facendo poca distinzione tra bene e male. La giustizia di Dio, le Sue denunce contro il peccato e i requisiti della Sua santa legge hanno tutte perso il loro valore. Alle persone viene insegnato a osservare il Decalogo come se fosse una lettera morta. Favole piacevoli e ammalianti incantano i sensi e portano gli uomini a rifiutare la Bibbia come fondamento della loro fede. Cristo è negato in verità come prima; ma Satana ha così accecato gli occhi della gente che l’inganno non si distingue. Ci sono solo pochi che hanno una giusta concezione del potere ingannevole dello spiritismo e comprendono il pericolo di stare sotto la sua influenza. Molti vi si accostano solo per gratificare la loro curiosità. Non hanno una vera fede in esso e sarebbero addirittura pieni di orrore al pensiero di essere sottoposti al controllo degli spiriti. Ma si avventano su un terreno proibito e il possente distruttore esercita il suo potere su di loro contro la loro volontà. Lascia che siano indotti a sottomettere le loro menti alla sua guida e le tiene prigioniere. Ed è impossibile, con le loro sole forze, staccarsi da quel incantesimo seducente. Solo il potere di Dio, concesso in risposta alla preghiera sincera della fede, può liberare queste anime schiave. Tutti coloro che vengono dominati dai loro tratti peccaminosi di carattere, o amano deliberatamente un peccato conosciuto come tale, stanno invitando le tentazioni di Satana. [558]
Si separano da Dio e dalla sorveglianza dei Suoi angeli; quando il malvagio presenta i suoi inganni sono senza difesa e diventano una preda facile. Coloro che si mettono così in suo potere non si rendono conto di quale sarà la loro fine. Essendo riuscito a dominarli il tentatore li impiegherà come suoi agenti per attirare gli altri alla rovina. Dice il profeta Isaia: “Quando ti diranno, cerca quelli che evocano gli spiriti e i maghi, quelli che sussurrano e quelli che bisbigliano” voi rispondete: “il popolo non dovrebbe cercare il loro Dio? Si rivolgerà forse ai morti in favore dei vivi? Alla legge e alla testimonianza: se non parlano secondo questa parola, è perché non c’è luce in loro” {Isaia 8: 19-20}. Se gli uomini fossero disposti a ricevere la verità così chiaramente esposta nelle Scritture riguardo alla natura dell’uomo e alla condizione dei morti, vedrebbero nelle rivendicazioni e nelle manifestazioni dello spiritismo l’opera di Satana accompagnata da potere, segni e menzogne. Ma invece di rinunciare a questa pretesa libertà e di rinunciare ai peccati che amano, le moltitudini chiudono gli occhi alla luce e continuano a camminare per la loro via, indipendentemente dagli avvertimenti, mentre Satana tesse le sue insidie su di loro che diventano la sua preda. “Perché non hanno ricevuto l’amore della verità, affinché possano essere salvati”, quindi, “Dio invierà loro una forte illusione, affinché credano alla bugia” {2 Tessalonicesi 2: 10-11}. Coloro che si oppongono agli insegnamenti dello spiritismo stanno combattendo, non soltanto con gli uomini, ma anche contro Satana e i suoi angeli. Sono entrati in una competizione contro principati, poteri e spiriti malvagi che si trovano nei luoghi alti. Satana non cederà finché non verrà respinto dal potere dei messaggeri celesti. Il popolo di Dio dovrebbe essere in grado di affrontarlo, come fece il nostro Salvatore, con le parole: “Sta scritto”. Satana può citare la Scrittura oggi così come ha fatto ai giorni di Cristo e pervertire i suoi insegnamenti per sostenere le sue menzogne. Coloro che vogliono rimanere saldi in questi tempi difficili devono comprendere da soli e in modo corretto la testimonianza delle Scritture. [559]
Molti entreranno in relazione con spiriti di demoni che personificano parenti amati o amici e dichiareranno le eresie più pericolose. Questi visitatori faranno appello ai nostri più dolci affetti e opereranno miracoli per sostenere le loro dichiarazioni. Dobbiamo essere pronti a resistere con la verità biblica che i morti non sanno nulla e che quelli che appaiono sono quindi spiriti di demoni. Davanti a noi si prospetta “l’ora della prova, che verrà su tutto il mondo, per provare quelli che abitano sulla terra” {Apocalisse 3: 10}. Tutti coloro la cui fede non è stabilmente fondata sulla Parola di Dio saranno ingannati e vinti. Satana “opera con ogni sorta d’inganno d’iniquità” per ottenere il controllo dei figli degli uomini e i suoi inganni aumenteranno continuamente. Ma potrà portare a compimento il suo scopo solo quando gli uomini cedono volontariamente alle sue tentazioni. Coloro che cercano sinceramente la verità e si sforzano di purificare le loro anime attraverso l’obbedienza, facendo così tutto il possibile per prepararsi al conflitto, troveranno, nel Dio della verità, una difesa sicura. “Poiché hai custodito la parola della mia costanza, anch’io ti custodirò…” {Apocalisse 3: 10}, è la promessa del Salvatore. Dio manderebbe sulla terra ogni angelo presente in cielo per poter proteggere il Suo popolo piuttosto che lasciare un’anima che si fida di Lui essere sopraffatta da Satana. Il profeta Isaia ha mostrato l’inganno spaventoso che verrà sui malvagi facendogli credere di essere al sicuro dai giudizi di Dio: “Abbiamo stretto un patto con la morte e siamo d’accordo con l’inferno; quando il flagello traboccante passerà, non verrà a noi, poiché abbiamo fatto di menzogne il nostro rifugio e sotto la falsità ci siamo nascosti” {Isaia 28: 15}. Nella classe qui descritta sono inclusi coloro che nella loro ostinazione si consolano con la certezza che non ci deve essere alcuna punizione per il peccatore; che tutta l’umanità, non importa quanto corrotta essa sia, deve essere esaltata in cielo diventando come gli angeli di Dio. [560]
Ma ancora più enfaticamente coloro che fanno un patto con la morte e un accordo con l’inferno, che rinunciano alle verità – che il Cielo ha fornito come difesa per i giusti nel giorno della sofferenza – e accettano il rifugio delle menzogne offerte da Satana al suo posto, sono illusi dalle pretese dello spiritismo. Inconcepibilmente oltre ogni espressione è la cecità delle persone di questa generazione. Migliaia di persone rigettano la Parola di Dio come indegna di fede e accettano invece con fiducia gli inganni di Satana. Scettici e schernitori denunciano il bigottismo di coloro che combattono per la fede di profeti e apostoli, si divertono ridicolizzando le solenni dichiarazioni delle Scritture su Cristo, sul piano della salvezza e sulla punizione riservata ai respingenti della verità. Essi manifestano una grande compassione per quelle menti che considerano strette, deboli e superstiziose perché riconoscono i diritti di Dio e obbediscono ai requisiti della Sua legge. Essi manifestano una grande certezza come se avessero fatto per davvero un’alleanza con la morte e un accordo con l’inferno, come se avessero eretto una barriera invalicabile e impenetrabile tra loro e la vendetta di Dio. Niente può suscitare le loro paure. Hanno così pienamente ceduto al tentatore, si sono uniti così vicini a lui e si sono così profondamente imbevuti del suo spirito che non hanno alcun potere e nessun desiderio di rompere questa sua trappola. Satana si è a lungo preparato per il suo ultimo sforzo di ingannare il mondo. Il fondamento della sua opera fu gettato dall’assicurazione data ad Eva nell’Eden: “Sicuramente non morirete”. “Nel giorno in cui ne mangerete, allora i vostri occhi saranno aperti e sarete come dei, conoscendo il bene e il male” {Genesi 3: 4-5}. A poco a poco ha preparato la via per il suo capolavoro d’inganno nello sviluppo dello spiritismo. Non ha ancora raggiunto il pieno compimento dei suoi progetti; ma lo raggiungerà alla fine dei tempi. [561]
Il profeta dice: “Vidi tre spiriti immondi simili a rane; sono gli spiriti di demoni che operano miracoli, che vanno dai re del mondo intero, per radunarli nella battaglia di quel grande giorno del Dio Onnipotente” {Apocalisse 16: 13-14}. Tranne coloro che sono protetti dal potere di Dio attraverso la fede nella Sua Parola, il resto del mondo intero sarà travolto da questa illusione. Le persone sono rapidamente cullate da una sicurezza fatale che sarà strappata solo dallo sfogo dell’ira di Dio. Dice il Signore: “Io prenderò il diritto per livello e la giustizia per piombino; la grandine spazzerà via il rifugio di menzogne, e le acque inonderanno il nascondiglio. Il tuo patto con la morte sarà annullato, e il tuo accordo con l’inferno non reggerà; quando l’inondante flagello passerà, allora sarete calpestati da esso” {Isaia 28: 17-18}. [562]
Il Cattolicesimo ora è considerato in modo favorevole dai protestanti molto più di quanto lo sia stato negli anni passati. In quei paesi in cui il Cattolicesimo è una minoranza, i sostenitori del papa stanno assumendo un atteggiamento di conciliazione per ottenere influenza; ed è presente una crescente indifferenza riguardo alle dottrine che separano le chiese riformate dalla gerarchia papale. Sta prendendo piede l’opinione che, dopo tutto, non differiamo così ampiamente sui punti dottrinali come è stato supposto e che una piccola concessione da parte nostra ci porterà ad una migliore comprensione con Roma. Un tempo i protestanti attribuivano un valore elevato alla libertà di coscienza che era costata così cara. Insegnavano ai loro figli a detestare il papato e affermavano che cercare l’armonia con Roma sarebbe stato equivalente ad un atto sleale verso Dio. Ma ora, invece, quanto sono diversi i sentimenti che sono espressi! I difensori del papato sostengono che la chiesa è stata calunniata e il mondo protestante è ora incline ad accettare la dichiarazione. Molti insistono sul fatto che è ingiusto giudicare la chiesa di oggi dalle abominazioni e dalle assurdità che hanno segnato il suo regno durante i secoli di ignoranza ed oscurità. Scusano la sua orribile crudeltà come se fossero il risultato della barbarie di quei tempi e sostengono che l’influenza della civiltà moderna abbia cambiato i suoi sentimenti. [563]
Queste persone hanno forse dimenticato la pretesa di infallibilità avanzata per ottocento anni da questo potere altezzoso? Invece di abbandonare questa affermazione, essa fu riaffermata nel XIX secolo in modo così perentorio come non mai. Siccome Roma dichiara che la “chiesa non ha mai sbagliato; e secondo le Scritture né sbaglierà mai” (John L. von Mosheim, Istituti di storia ecclesiastica, libro 3, secolo II, parte 2, capitolo 2, sezione 9, nota 17), come potrebbe rinunciare a quei principi che hanno governato il suo corso in epoche passate? La chiesa papale non rinuncerà mai alla sua pretesa d’infallibilità. Essa considera legittimo tutto ciò che ha fatto durante le persecuzioni contro coloro che rifiutarono i suoi dogmi e il fatto che lei avesse ragione. Essa non potrebbe ripetere gli stessi atti commessi se solo le fosse concessa un’opportunità? Lasciate che le restrizioni imposte dai governi secolari siano rimosse e che Roma sia reintegrata nel suo antico potere; ciò condurrebbe presto ad un risveglio della sua tirannia e persecuzione. Un noto scrittore parla così dell’atteggiamento, della gerarchia papale, in materia di libertà di coscienza e dei pericoli, che minacciano in particolare gli Stati Uniti, a causa del successo della sua politica: “Ci sono molti, che tendono ad attribuire la paura nei confronti del Cattolicesimo romano negli Stati Uniti al bigottismo o all’infantilismo. Essi non vedono nulla nel carattere e nell’atteggiamento del Cattolicesimo che sia ostile alle nostre istituzioni libere e non trova nulla di preoccupante nella sua crescita. Cerchiamo, quindi, di confrontare prima alcuni dei principi fondamentali del nostro governo, con quelli della Chiesa Cattolica. La Costituzione degli Stati Uniti garantisce la libertà di coscienza. Niente è più cara o più fondamentale. Papa Pio IX, nella sua Enciclica del 15 agosto 1854, disse: “Le assurde ed errate dottrine o deliri in difesa della libertà di coscienza sono un errore pestilenziale, un parassita che si dovrebbe temere in uno stato”. Lo stesso papa, nella sua Lettera enciclica dell’8 dicembre 1864, colpì con un anatema “coloro che affermano la libertà di coscienza e di culto religioso” e anche “tutti quelli che sostengono che la chiesa non può ricorrere alla forza”. [564]
“Il tono pacifico di Roma nei confronti degli Stati Uniti non implica un cambiamento del cuore. Lei è tollerante dov’è indifesa”. Il Vescovo O’Connor affermò: “La libertà religiosa è semplicemente sopportata fino a quando il contrario non può essere attuato senza pericolo per il mondo cattolico”. L’Arcivescovo di St. Louis una volta disse: “L’eresia e l’incredulità sono crimini; nei paesi cristiani, come in Italia e in Spagna, per esempio, dove tutta la gente è cattolica e dove la religione cattolica è una parte essenziale della legge del paese, sono puniti come altri crimini. Ogni cardinale, arcivescovo e vescovo nella Chiesa Cattolica deve fare un giuramento di fedeltà al papa nel quale si pronunciano le seguenti parole: “Io perseguiterò e mi opporrò con tutte le mie forze agli eretici, agli scismatici e ai ribelli del nostro signore (il papa), o dei suoi suddetti successori” (Josiah Strong, Il nostro Paese, cap. 5, par. 2-4).
È anche vero che ci sono veri cristiani nella Chiesa Cattolica Romana. Migliaia di membri in quella chiesa stanno servendo Dio secondo la miglior luce che hanno ricevuto. Non essendogli permesso l’accesso alla Parola di Dio non possono discernere la verità. Non hanno mai visto il contrasto che esiste tra un culto spontaneo e un sistema di forme e riti religiosi. Dio guarda con compassionevole tenerezza queste anime, che sono state educate ad una fede che è illusoria e insoddisfacente. Dio farà penetrare raggi di luce nell’oscurità densa che li circonda. Gli sarà rivelata la verità così come è in Gesù e molti prenderanno una posizione assieme al Suo popolo. Il Cattolicesimo, come sistema, ora non è in armonia con il Vangelo di Cristo più di quanto non lo fosse stato in qualsiasi altro periodo precedente della sua storia. Le chiese protestanti sono in una grande oscurità, se no, avrebbero sicuramente compreso i segni dei tempi. La Chiesa romana ha vasti obbiettivi da svolgere nei suoi piani e modi operativi. Sta impiegando ogni dispositivo per estendere la sua influenza e aumentare il suo potere nella preparazione di un conflitto feroce e determinato per riprendere il controllo del mondo, per ristabilire la persecuzione e per annullare tutto ciò che il Protestantesimo ha fatto. [565]
Il Cattolicesimo sta guadagnando terreno da ogni parte. Guarda il numero crescente delle sue chiese e delle sue cappelle nei paesi protestanti. Guarda la popolarità delle sue scuole e dei suoi seminari così largamente frequentati dai protestanti americani. Guarda la crescita del ritualismo in Inghilterra e le frequenti defezioni nei ranghi protestanti verso quelli cattolici. Queste cose dovrebbero risvegliare una certa preoccupazione in tutti coloro che danno importanza ai puri princìpi del Vangelo. I protestanti hanno stretto la mano e fraternizzato con il papato; hanno fatto compromessi e concessioni che i Cattolici stessi sono sorpresi di vedere e che non riescono a capire. Gli uomini stanno chiudendo gli occhi sul vero carattere del Cattolicesimo e sui pericoli che ne derivano dalla sua supremazia. La gente ha bisogno di essere risvegliata per poter resistere all’avanzata di questo pericoloso nemico della libertà civile e religiosa. Molti protestanti suppongono che la religione cattolica sia poco attraente e che la sua adorazione consista in cerimonie noiose e senza significati. Qui sbagliano. Sebbene il Cattolicesimo è basato sull’inganno, esso però, non è un’impostura grossolana e maldestra. Il servizio religioso della Chiesa romana è un cerimoniale molto impressionante. Il suo magnifico spettacolo e i riti solenni affascinano i sensi della gente e zittiscono la voce della ragione e della coscienza. L’occhio rimane affascinato. Magnifiche chiese, processioni imponenti, altari dorati, santuari ingioiellati, dipinti scelti e squisita scultura attraggono l’amore per la bellezza. Anche l’orecchio è affascinato. La musica è insuperabile. Le ricche note dell’organo dai toni profondi, che si fondono con la melodia di molte voci che si gonfiano attraverso le alte cupole e le navate a colonne delle sue grandi cattedrali, non possono che impressionare la mente con timore e riverenza. Questo splendore esteriore, sfarzo e cerimonia che appagano solo i desideri dell’anima malata dal peccato è una prova della corruzione interiore. La religione di Cristo non ha bisogno di tali attrazioni per essere rappresentata. Nella luce che brilla dalla croce, il vero cristianesimo appare così puro e adorabile che nessuna decorazione esterna può valorizzarne il vero valore. [566]
La bellezza della santità e uno spirito mansueto hanno un grande valore davanti a Dio. La brillantezza dello stile non è necessariamente l’indice di un pensiero puro ed elevato. Le alte concezioni dell’arte e la delicata raffinatezza del gusto spesso esistono nelle menti che sono terrene e sensuali. Sono spesso impiegate da Satana per condurre gli uomini a dimenticare le necessità dell’anima, a perdere di vista il futuro, la vita immortale, a voltare le spalle al loro Aiuto infinito e a vivere solo per questo mondo. È attraente, per il cuore non rinnovato, una religione esteriore. Il fasto e la cerimonia del culto cattolico hanno un potere seducente e ammaliante; molti infatti sono così ingannati che arrivano a considerare la Chiesa romana come la vera porta del paradiso. Solo quelli che hanno piantato saldamente i piedi sul fondamento della verità e il cui cuore è rinnovato dallo Spirito di Dio sono una prova contro la sua influenza. Migliaia che non hanno una conoscenza personale di Cristo saranno portate ad accettare forme di pietà prive di potere. Una tale religione è proprio ciò che desiderano le moltitudini. La rivendicazione, della chiesa, del diritto al perdono dei peccati, porta il cattolico, a sentirsi libero di peccare. La confessione, senza la quale il suo perdono non è concesso, tende anche ad autorizzare a fare il male. Colui che si inginocchia davanti all’uomo caduto e apre in confessione i propri pensieri e le immaginazioni segrete del cuore, sta svilendo la sua individualità e degradando ogni nobile istinto della sua anima. Nel dispiegare i peccati della sua vita a un prete, un mortale peccatore che molto spesso è corrotto dal vino e dalla licenziosità, il suo livello caratteriale si abbassa e di conseguenza viene contaminato. Il suo pensiero di Dio è degradato a somiglianza dell’umanità caduta, poiché il sacerdote si erge come rappresentante di Dio. Questa confessione degradante, da uomo a uomo, è la sorgente segreta da cui è scaturita gran parte del male che sta contaminando il mondo e lo sta preparando per la distruzione finale. [567]
Tuttavia, per chi ama l’autoindulgenza, è più piacevole confessarsi a un compagno mortale che aprire il cuore a Dio. È più gradito alla natura umana fare penitenza che rinunciare al peccato; è più facile mortificare la carne vestendosi di sacco, ricoprendosi di ortiche e catene irritanti che crocifiggere le concupiscenze carnali. Pesante è il giogo che il cuore carnale è disposto a sopportare piuttosto che piegarsi al giogo di Cristo. C’è una sorprendente somiglianza tra la Chiesa di Roma e la Chiesa Ebraica al tempo del primo avvento di Cristo. Mentre gli Ebrei segretamente calpestavano ogni principio della legge di Dio, erano esteriormente rigorosi nell’osservanza dei Suoi precetti, caricandola di espressioni e tradizioni che rendevano la sua obbedienza dolorosa e gravosa. Così come gli Ebrei professavano di venerare la legge, i Cattolici pretendono di riverire la croce. Esaltano il simbolo delle sofferenze di Cristo, mentre nelle loro vite negano Colui che rappresentano. I Cattolici collocano croci sulle loro chiese, sui loro altari e sulle loro vesti. Ovunque sono visibili le insegne della croce. Ovunque, Dio, è esteriormente onorato ed esaltato. Ma gli insegnamenti di Cristo sono sepolti sotto una massa di tradizioni insensate, interpretazioni errate e rigorose imposizioni. Le parole del Salvatore riguardo agli Ebrei bigotti si applicano con ancora maggiore forza ai dirigenti della Chiesa Cattolica Romana: “Legano fardelli pesanti e gravi da sopportare, li posano sulle spalle degli uomini; ma loro stessi non li vogliono muovere neanche con una delle loro dita” {Matteo 23: 4}. Le anime coscienti sono tenute in un costante terrore temendo l’ira di un Dio offeso, mentre molti dei dignitari della chiesa vivono nel lusso e nel piacere sensuale. L’adorazione delle immagini e delle reliquie, l’invocazione dei santi e l’esaltazione del papa sono espedienti di Satana per allontanare le menti del popolo da Dio e da Suo Figlio. Per realizzare la loro rovina, si sforza nel distogliere la loro attenzione da Dio, il solo, attraverso il quale possono trovare la salvezza. Li dirigerà verso qualsiasi oggetto che possa essere un sostituto di Colui che ha detto: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo” {Matteo 11: 28}. [568]
Lo sforzo costante di Satana è quello di falsificare il carattere di Dio, la natura del peccato e le vere questioni in gioco nella grande controversia. Il suo sofisma diminuisce l’obbligo dell’osservanza della legge divina e dà agli uomini la licenza di peccare. Allo stesso tempo offre false concezioni di Dio, così da considerarlo con timore e odio piuttosto che con amore. Inoltre la crudeltà inerente al suo carattere è attribuita al Creatore; è incarnato in sistemi di religione ed espresso in riti di culto. Così le menti degli uomini sono accecate e Satana le protegge come suoi agenti per la guerra contro Dio. Con concezioni perverse degli attributi divini, le nazioni pagane furono portate a credere ai sacrifici umani necessari per assicurare il favore della Divinità; e orribili crudeltà sono state perpetrate sotto le varie forme di idolatria. La Chiesa Cattolica Romana, unendo le forme di paganesimo al cristianesimo, ha travisato il carattere di Dio facendo ricorso a pratiche non meno crudeli e rivoltanti. Ai tempi della supremazia di Roma esistevano strumenti di tortura per costringere ad accettare le sue dottrine. Il rogo era per coloro che non cedevano ai suoi insegnamenti. Ci furono massacri di una tale portata che non sarà resa conosciuta se non quando sarà rivelata nel giudizio. I dignitari della chiesa studiarono, sotto la guida del loro maestro Satana, per inventare mezzi che avrebbero causato la più grande tortura possibile senza dover porre fine alla vita della vittima. In molti casi il processo infernale è stato ripetuto fino all’estremo limite della resistenza umana, finché non ha abbandonato la lotta e sofferente, ha accolto la morte come una dolce liberazione. Tale era il destino degli avversari di Roma, mentre i suoi seguaci subivano la disciplina del flagello, della fame e delle penitenze fisiche in ogni forma immaginabile. Per assicurarsi il favore del Cielo, i penitenti trasgredivano le leggi di Dio violando le leggi della natura. Fu loro insegnato a distruggere i legami che Dio aveva formato per benedire e allietare il soggiorno terreno dell’uomo. [569]
I cimiteri contenevano milioni di vittime che hanno trascorso le loro vite in inutili sforzi per sopprimere i loro affetti naturali e nel reprimere ogni pensiero e sentimento di simpatia per i loro simili, come se fossero offensivi per Dio. Se desideriamo comprendere la vera crudeltà di Satana, che è stata manifestata per centinaia di anni, non soltanto tra coloro che non hanno mai sentito parlare di Dio, ma nel cuore stesso e in tutta l’estensione della cristianità, basta guardare solo alla storia del Cattolicesimo. Attraverso questo gigantesco sistema di inganni, il principe del male raggiunse il suo scopo: disonorare Dio e rendere misero l’uomo. Vedendo come riesce a camuffarsi e ad eseguire il suo lavoro attraverso i capi della chiesa, possiamo capire meglio perché abbia così tanta antipatia per la Bibbia. Se quel libro venisse letto rivelerebbe la misericordia e l’amore di Dio e si capirebbe che non obbliga a mettere in pratica alcuno di questi pesanti fardelli. Tutto ciò che chiede è un cuore spezzato e contrito ed uno spirito umile e obbediente. Cristo non dà alcun esempio nella Sua vita che ci mostri che per essere adatti per il cielo uomini e donne debbano chiudersi nei monasteri. Non ha mai insegnato che l’amore e la simpatia devono essere repressi. Il cuore del Salvatore traboccò d’amore. Più l’uomo si avvicina alla perfezione morale, più la sua sensibilità si affina, più acuta diventa la sua percezione del peccato e più profonda è la sua comprensione per gli afflitti. Il papa afferma di essere il vicario di Cristo; ma come si può comparare il suo carattere a quello del nostro Salvatore? Cristo ha forse mai mandato uomini in prigione o sul rogo perché non gli hanno reso omaggio come Re del cielo? Si è forse mai sentita la Sua voce condannare a morte coloro che non l’hanno accettato? Quando fu offeso dal popolo di un villaggio samaritano, l’apostolo Giovanni fu pieno di indignazione e chiese: “Signore, vuoi che diciamo che scenda fuoco dal cielo e li consumi, proprio come fece Elia?” {Luca 9: 54}. Gesù guardando con pietà il Suo discepolo lo rimproverò per il suo spirito aspro dicendo: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per distruggere la vita degli uomini, ma per salvarla” {Luca 9: 56}. [570]
Quanto è diverso lo spirito manifestato da Cristo e quello di colui che si definisce il suo vicario! La Chiesa Cattolica Romana ora presenta una bella visione al mondo coprendo con scuse il suo enorme numero di orribili crudeltà. Si è vestita degli abiti di Cristo, ma lei è rimasta invariata. Ogni principio del papato, esistito nelle epoche passate, è ancora presente oggi. Le dottrine ideate nelle epoche più buie sono ancora attuali. Che nessuno si inganni da solo! Il papato, che i protestanti ora sono così pronti ad onorare, è lo stesso che governava il mondo ai tempi della Riforma, quando gli uomini di Dio si ribellavano a rischio della loro vita per esporre la sua corruzione. Possiede lo stesso carattere orgoglioso e arrogante che comandava i re e i principi e che rivendicava le prerogative di Dio. Il suo spirito non è meno crudele e dispotico di quello che ha distrutto la libertà umana e ucciso i santi dell’Altissimo. Il papato è proprio ciò che la profezia ha dichiarato che sarebbe stata l’apostasia di questi ultimi tempi {2 Tessalonicesi 2: 3-4}. Fa parte della sua politica assumere l’aspetto che meglio realizza il suo scopo; ma sotto l’aspetto variabile del camaleonte nasconde il veleno invariabile del serpente. “Non si è tenuti a mantener fede agli eretici, né alle persone sospettate di eresia” (Lenfant, volume 1, pagina 516). Questa potenza, la cui storia, per mille anni è stata scritta dal sangue dei santi, deve essere ora riconosciuta come parte della chiesa di Cristo? Oggi, nei paesi protestanti, è stata avanzata l’affermazione che il cattolicesimo differisce meno dal protestantesimo che in passato. Si, c’è stato un cambiamento, ma il cambiamento non è nel papato. Il cattolicesimo somiglia molto al protestantesimo che esiste oggi, perché è proprio il protestantesimo che è degenerato molto dai tempi dei riformatori. Mentre le chiese protestanti hanno cercato il favore del mondo, la falsa carità ha accecato i loro occhi. Essi dicono: “Non dovrebbe scaturire il bene dal male?” e come risultato inevitabile, alla fine, crederanno male tutto ciò che è bene. [571]
Invece di difendere la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre, ora si scusano con Roma per la loro opinione ingiusta e negativa espressa nei suoi confronti, chiedendo perdono per il loro bigottismo. Una classe numerosa di coloro che non apprezzano il Sistema Cattolico non si rende conto del pericolo proveniente dal suo potere e dalla sua influenza. Molti insistono sul fatto che l’oscurità intellettuale e morale prevalente durante il Medioevo favorì la diffusione dei suoi dogmi, superstizioni e oppressione, e che la maggiore intelligenza dei tempi moderni, mediante la diffusione generale della conoscenza e la crescente liberalità in materia di religione, proibisce una rinascita di intolleranza e tirannia. Il solo pensiero che un tale stato di cose possa esistere per davvero in quest’epoca è ridicolizzato. È vero che una grande luce intellettuale, morale e religiosa brilla su questa generazione; è vero che nelle pagine della Santa Parola di Dio la luce dal Cielo è stata versata sul mondo. Ma va ricordato che maggiore è la luce conferita, maggiore è l’oscurità di coloro che la pervertono e la respingono. Lo studio della Bibbia, con spirito di preghiera, mostrerebbe ai protestanti il vero carattere del papato e gli indurrebbe a deplorarlo e ad evitarlo; ma molti sono così saggi nella loro stessa presunzione che non sentono il bisogno di cercare umilmente Dio, di essere guidati nella verità. Pur essendo orgogliosi della loro illuminazione, ignorano sia le Scritture che il potere di Dio. Ovviamente devono avere qualche mezzo per tranquillizzare le loro coscienze, ricorrendo a ciò che è meno spirituale e umiliante. Ciò che desiderano è un metodo che faccia dimenticare Dio, ma che passi come un metodo che Lo ricordi. Il papato si è ben adattato per soddisfare i desideri di tuttw queste persone. Si è ben preparato per i due gruppi dell’umanità che abbracciano quasi tutto il mondo: coloro che vogliono essere salvati per mezzo dei loro meriti e coloro che vogliono essere salvati nei loro peccati. Ecco il segreto del suo potere. [572]
Un’era di grande oscurità intellettuale si è dimostrata favorevole al papato offrendogli il successo, ma si è dimostrato che anche un’era di grande luce intellettuale può essere ugualmente favorevole al suo successo. In epoche passate, quando gli uomini erano senza la Parola di Dio e senza la conoscenza della verità, i loro occhi erano bendati e migliaia erano intrappolati, non vedendo la trappola sotto i loro piedi. In questa generazione ci sono molti i cui occhi sono abbagliati dal bagliore delle speculazioni umane, di “… quella che falsamente viene chiamata scienza” {1 Timoteo 6: 20}. Non discernono la rete della trappola e vi entrano prontamente come se fossero bendati. Dio ha progettato i poteri intellettuali dell’uomo come se fossero un dono proveniente dal suo Creatore e quindi dovrebbero essere impiegati nel servizio della verità e della giustizia; ma quando gli uomini si abbandonano all’orgoglio e all’ambizione ed esaltano le loro stesse teorie al di sopra della Parola di Dio, allora l’intelligenza può compiere un danno maggiore dell’ignoranza. La falsa scienza del presente che mina la fede nella Bibbia si rivelerà un successo nel preparare la via all’accettazione del papato, con le sue forme piacevoli, come ha fatto la mancanza di conoscenza nel Medioevo aprendo la strada per la sua esaltazione. Nei movimenti attualmente in corso negli Stati Uniti per assicurare alle istituzioni e alle tradizioni della chiesa il sostegno dello stato, i protestanti stanno seguendo gli stessi passi dei sostenitori del papa. Anzi, stanno aprendo le porte al papato per riconquistare nell’America protestante, la supremazia che ha perso in Europa. Ciò che dà maggiore significato a questo movimento, è il fatto che il suo obbiettivo principale contemplato è quello di applicare l’osservanza domenicale: un’usanza originata dalla chiesa di Roma che lei stessa afferma essere il marchio della sua autorità. Lo spirito del papato – spirito di conformità ai costumi del mondo, venerazione delle tradizioni umane al di sopra dei comandamenti di Dio – sta permeando le chiese protestanti e le sta conducendo a fare lo stesso lavoro di esaltazione della domenica che il papato ha fatto prima di loro. Se il lettore vuole capire quali saranno gli agenti impiegati nella prossima battaglia, non deve fare altro che vedere quali mezzi impiegò Roma per lo stesso scopo in epoche passate. [573]
Se sapesse che il papato e i protestanti si uniranno contro quelli che rigettano i loro dogmi, vedrebbe chiaramente lo spirito che Roma manifestò nei confronti del Sabato e dei suoi difensori. Editti reali, consigli generali e ordinanze ecclesiastiche sostenute dal potere secolare, furono i passi attraverso i quali, la festività pagana, raggiunse la sua posizione d’onore nel mondo cristiano. La prima misura pubblica, che applicava l’osservanza domenicale, fu la legge emanata da Costantino (321 d.C.). Questo editto richiedeva ai cittadini di riposare durante il “venerabile giorno del sole”, tuttavia consentiva ai contadini di continuare le loro attività agricole. Sebbene fosse praticamente uno statuto pagano, esso fu imposto dall’imperatore dopo la sua accettazione nominale del cristianesimo. Visto che un editto reale non poteva dimostrarsi un valido sostituto all’autorità divina, Eusebio, un vescovo che cercava il favore dei principi e che era l’amico speciale e adulatore di Costantino, avanzò l’idea che Cristo aveva trasferito il Sabato alla domenica. Non una singola testimonianza delle Scritture fu data come prova della nuova dottrina. Eusebio stesso riconobbe, quasi inconsapevolmente, la sua falsità e indicò proprio i veri autori di questo cambiamento, dicendo: “Tutte quelle cose che erano doverose da fare durante il Sabato, queste le abbiamo trasferite nel Giorno del Signore”. (Robert Cox, Sabbath Laws and Sabbath Duties, pagina 538). L’argomentazione sulla domenica però, infondata com’era, servì soltanto a incoraggiare gli uomini a calpestare il Sabato del Signore. Tutti coloro che desideravano essere onorati dal mondo accettarono la festività popolare. Con il consolidarsi del papato, proseguì l’opera dell’esaltazione domenicale. Per un certo periodo, in quel giorno, le persone si impegnavano nel lavoro agricolo quando non frequentavano la chiesa, mentre il settimo giorno era ancora considerato il Sabato. Poi, però, gradualmente è stato effettuato un cambiamento. Ai magistrati fu proibito di esprimere alcun giudizio, in ogni tipo di controversia civile, la domenica. Poco dopo, a tutte le persone, di qualsiasi ceto, fu comandato di astenersi dalle comuni attività sotto la pena di una multa per gli uomini liberi e di fustigazione nel caso di servi. [574]
Più tardi fu decretato che i ricchi dovevano essere puniti con la perdita di metà delle loro proprietà; e infine, se avessero continuato nella loro ostinazione, sarebbero stati resi schiavi. Le classi inferiori, invece, avrebbero subito l’esilio per sempre. Anche i miracoli furono chiamati in causa. Fra i tanti prodigi è stato riferito che un contadino, che stava per arare il suo campo di domenica, ha ripulito il suo aratro con un ferro e quel ferro gli si attaccò alla mano e per due anni se lo portò dietro con “grande dolore e vergogna” (Francis West, Discorso storico e pratico sul Giorno del Signore, pagina 174).
Più tardi il papa diede istruzioni ai parroci di ammonire i violatori della domenica e di esortarli ad andare in chiesa a recitare le loro preghiere, per timore che portassero qualche grande calamità su di loro e sui vicini. Un consiglio ecclesiastico portò avanti l’argomentazione, così largamente impiegata persino dai protestanti più tardi, che poiché le persone erano state colpite da un fulmine mentre lavoravano di domenica, quel giorno doveva essere il Sabato, il giorno di riposo. Il prelato disse: “È evidente quanto sia grande il dispiacere di Dio a causa della loro negligenza di questo giorno”. Fu allora fatto appello affinché sacerdoti e ministri, re e principi e tutte le persone fedeli “usassero i loro più grandi sforzi e cure affinché a quel giorno fosse restituito il suo onore e, per il bene futuro del cristianesimo, fosse osservato con più devozione” (Thomas Morer, La nozione e l’osservanza del giorno del Signore, pagina 271). I decreti dei consigli, dimostrandosi inutili, costrinsero le autorità secolari a emanare un editto che avrebbe colpito di terrore i cuori della popolazione e li avrebbe obbligati ad astenersi dal lavoro la domenica. In un sinodo tenuto a Roma, tutte le precedenti decisioni furono riaffermate con maggiore forza e solennità, furono anche incorporate nella legge ecclesiastica e fatte rispettare dalle autorità civili in quasi tutta la cristianità (Heylyn, History of the Sabbath, punto 2, capitolo 5, sezione 7). [575]
Tuttavia l’assenza dell’autorità biblica in favore della domenica ha provocato molto imbarazzo. Le persone ponevano in dubbio il diritto dei loro insegnanti di mettere da parte questa dichiarazione esplicita di Dio: “Il settimo giorno è il Sabato del Signore Dio tuo” per onorare il giorno del sole. Per sopperire alla mancanza di testimonianze bibliche, erano necessari altri espedienti. Uno zelante difensore della domenica, che circa verso la fine del XII secolo visitò le chiese d’Inghilterra, fu contraddetto dai fedeli testimoni della verità. I suoi sforzi furono così infruttuosi che egli lasciò il paese per una stagione affinché potesse trovare qualcosa che sosteneva i suoi insegnamenti. Al suo ritorno, riscosse un grande successo. Portò con sé un rotolo che pretendeva di essere venuto da Dio stesso, questo conteneva il comandamento necessario per l’osservanza domenicale, accompagnato da terribili minacce per terrorizzare i disobbedienti. Si affermò che questo prezioso documento (contraffatto come l’istituzione che sosteneva) fosse caduto dal cielo e fosse stato trovato a Gerusalemme, sull’altare di San Simeone, sul Golgota. In realtà, la fonte da cui proveniva era però il palazzo pontificio di Roma. La frode e la falsificazione per promuovere il potere e la prosperità della chiesa sono sempre state stimate legali in tutte le epoche dalla gerarchia papale. Il rotolo proibiva il lavoro dall’ora nona (tre del sabato pomeriggio), fino all’alba del lunedì; e fu dichiarato che la sua autorità venne confermata da molti miracoli. È stato riferito che le persone che lavoravano oltre l’ora stabilita sono state colpite da paralisi. Un mugnaio che tentava di macinare il suo grano, vide, invece nella farina, un fiume di sangue venire fuori, e la ruota del mulino, nonostante la forte ondata d’acqua, si fermò. Una donna che ha messo l’impasto nel forno l’ha trovato crudo quando è stato tolto, anche se il forno era molto caldo. Un altro che aveva preparato un impasto per cuocere alla nona ora, invece, decise di metterlo da parte fino a lunedì e il giorno dopo scoprì che era stato trasformato in pane, cotto dal potere divino. [576]
Un uomo che ha infornato il pane dopo l’ora nona di Sabato, quando l’ha spezzato il mattino dopo, ha visto uscirne del sangue. Con assurde e superstiziose fabbricazioni, i sostenitori della domenica si sforzarono di stabilire la sua sacralità. (Vedi Roger de Hoveden, Annals, vol. 2, pp. 526-530). In Scozia, come in Inghilterra, si verificò un grande rispetto per la domenica unendone una parte all’antico Sabato. Ma, ovviamente, variava il tempo richiesto per essere osservato come santo. Un editto del re di Scozia dichiarò che “il Sabato, dalle dodici di mezzogiorno, doveva essere considerato santo” e che nessun uomo, da quel momento fino a lunedì mattina, doveva impegnarsi in affari mondani (Morer, pagine 290, 291). Ma nonostante tutti gli sforzi per stabilire la sacralità domenicale, gli stessi sostenitori del papa confessarono pubblicamente l’autorità divina del Sabato e l’origine umana dell’istituzione della domenica che l’aveva soppiantata. Nel sedicesimo secolo un consiglio papale dichiarò chiaramente: “Tutti i cristiani ricordino che il settimo giorno, consacrato da Dio, è stato ricevuto e osservato, non solo dagli Ebrei, ma da tutti gli altri che fingono di adorare Dio; sebbene noi cristiani abbiamo cambiato il loro Sabato nel giorno del Signore” (Ibid.; pagine 281, 282). Coloro che stavano manomettendo la legge divina non ignoravano il carattere della loro opera. Essi si stavano deliberatamente ponendo al di sopra di Dio. Un’impressionante illustrazione della politica di Roma nei confronti di coloro che non sono d’accordo con lei è stata data nella lunga e sanguinosa persecuzione dei Valdesi, alcuni dei quali erano osservatori del Sabato, come molti altri che hanno sofferto in modo simile per la loro fedeltà al quarto comandamento. La storia delle chiese dell’Etiopia e dell’Abissinia è particolarmente significativa. Nell’oscurità del Medioevo, i cristiani dell’Africa centrale furono persi di vista e dimenticati dal mondo e per molti secoli godettero della libertà nell’esercizio della loro fede. Ma alla fine Roma apprese della loro esistenza e l’imperatore d’Abissinia fu presto ingannato riconoscendo il papa come vicario di Cristo. Seguirono altre concessioni. [577]
Fu emanato un editto che proibiva l’osservanza del Sabato sotto le più severe pene (Vedi Michael Geddes, Church History of Ethiopia, pagine 311, 312). Ma la tirannia papale divenne presto un giogo così irritante che gli Abissini decisero di infrangere. Dopo una terribile lotta, i Cattolici furono banditi dai loro domini e l’antica fede fu restaurata. Le chiese si rallegrarono della loro libertà e non dimenticarono mai la lezione che avevano appreso riguardo all’inganno, al fanatismo e al potere dispotico di Roma. Nel loro regno solitario erano contenti di rimanere sconosciuti al resto della cristianità. Le chiese dell’Africa hanno osservato il Sabato così come la chiesa papale lo osservava prima della sua completa apostasia. Mentre osservavano il settimo giorno in obbedienza al comandamento di Dio, si astenevano però dal lavoro la domenica in conformità all’usanza della chiesa. Dopo aver ottenuto il potere supremo, Roma, aveva calpestato il Sabato di Dio per esaltare il suo giorno di riposo; ma le chiese dell’Africa, nascoste da quasi mille anni, non condividevano questa apostasia. Quando furono sotto l’influenza di Roma, furono costretti a mettere da parte il vero ed esaltare il falso sabato; ma, non appena ebbero riacquistato la loro indipendenza, tornarono all’obbedienza del quarto comandamento. Queste registrazioni del passato rivelano chiaramente l’inimicizia di Roma verso il vero Sabato e i suoi difensori, e i mezzi che lei impiega per onorare la sua nuova istituzione. La Parola di Dio ci insegna che queste scene devono essere ripetute e che i cattolici e i protestanti saranno uniti nell’esaltazione della domenica. La profezia di Apocalisse 13 dichiara che il potere rappresentato dalla bestia con le corna “come di un agnello” farà in modo che “la terra e coloro che vi dimorano” adorino il papato qui simboleggiato da una bestia “come un leopardo”. [578]
La bestia con due corna dice “a quelli che abitano sulla terra di fare un’immagine alla bestia” e inoltre, comanderà a tutti quanti “piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi” di ricevere il marchio della bestia {Apocalisse 13: 11-16}. È stato dimostrato che gli Stati Uniti sono il potere rappresentato dalla bestia con le corna come d’agnello e che questa profezia si realizzerà quando gli Stati Uniti imporranno l’osservanza domenicale che Roma rivendica come riconoscimento speciale della sua supremazia. Ma in questo omaggio al papato gli Stati Uniti non saranno soli. L’influenza di Roma nei paesi che una volta riconoscevano il suo dominio è ancora lontana dall’essere distrutta. La profezia predice una restaurazione del suo potere. “Ho visto una delle sue teste che è stata ferita a morte; e la sua ferita mortale fu guarita: e tutto il mondo meravigliato andò dietro alla bestia” {Apocalisse 13: 3}. La ferita mortale di cui si parla indica la caduta del papato nel 1798. Dopo questo, il profeta dice: “la sua ferita mortale fu guarita: e tutto il mondo meravigliato andò dietro alla bestia”. Paolo afferma chiaramente che l’uomo del peccato continuerà la sua opera fino al secondo avvento {2 Tessalonicesi 2: 3-8}. Fino alla fine dei tempi egli porterà avanti la sua opera d’inganno. Il rivelatore Giovanni, riferendosi al papato, dichiara: “Tutti quelli che abitano sulla terra lo adoreranno, i cui nomi non sono scritti nel libro della vita” {Apocalisse 13: 8}. Sia nel Vecchio che nel Nuovo Mondo, il papato riceverà omaggio mediante l’onore conferito all’istituzione domenicale, che si basa esclusivamente sull’autorità della Chiesa romana. Dalla metà del diciannovesimo secolo, gli studenti della profezia negli Stati Uniti hanno presentato questa testimonianza al mondo. Negli eventi ora in corso, si vede un rapido avanzamento verso il compimento della predizione. Nei paesi protestanti, i capi religiosi affermano la stessa pretesa di autorità divina per il mantenimento della domenica senza nessuna prova biblica, così come hanno fatto anche i leader papali inventando miracoli per fornire un pretesto dal momento che non esistevano ordini divini a riguardo. L’affermazione che i giudizi di Dio si abbatteranno sugli uomini per la loro violazione della domenica, sarà ripetuta; anzi, già comincia ad essere sollecitata. [579]
Un movimento per rafforzare l’osservanza della domenica sta rapidamente guadagnando terreno. La Chiesa Cattolica Romana è straordinariamente acuta nella sua astuzia. Essa può comprendere ciò che deve venire. Essa può tranquillamente aspettare vedendo che le chiese protestanti stanno prestando il loro omaggio nell’accettazione del falso sabato e che si stanno preparando a farlo rispettare con gli stessi mezzi che lei stessa impiegava nei secoli passati. Coloro che respingono la luce della verità ricorreranno all’aiuto di questo sedicente potere, considerato infallibile, per esaltare un’istituzione che ha la sua origine in lei stessa. Non è difficile immaginare con quanta prontezza darà un aiuto ai protestanti. Del resto, chi meglio dei leader papali capisce come trattare coloro che sono disobbedienti alla chiesa? La Chiesa Cattolica Romana, con tutte le sue ramificazioni in tutto il mondo, forma una vasta organizzazione sotto il suo controllo, progettata per servire gli interessi della sede papale. I suoi milioni di comunicanti, in ogni paese del mondo, sono incaricati di ritenersi legati al papa sotto un patto di fedeltà. Qualunque sia la loro nazionalità o il loro governo, devono considerare l’autorità della chiesa al di sopra di ogni altra. Anche se hanno giurato, promettendo la loro lealtà allo stato, il voto di obbedienza a Roma gli assolve da ogni altro impegno ostile ai suoi interessi. La storia testimonia dei suoi sforzi astuti e persistenti per insinuarsi negli affari delle nazioni; il papato è diventato un buon punto d’appoggio per perseguire i propri scopi, anche se a danno dei princìpi e dei popoli. Nell’anno 1204 papa Innocenzo III strappò a Pietro II, re d’Aragona, il seguente giuramento straordinario: “Io, Pietro, re degli Aragonesi, professo e prometto di essere sempre fedele e obbediente al mio signore, papa Innocenzo, ai suoi successori, alla Chiesa Romana e di preservare fedelmente il mio regno nella sua obbedienza, difendendo la fede cattolica e perseguitando la peste dell’eresia” (John Dowling, The History of Romanism, b. 5, cap. 6, sec. 55). Ciò è in armonia con le affermazioni riguardanti il potere del pontefice romano “che è lecito per lui deporre gli imperatori” e “che può assolvere i sudditi dalla loro fedeltà ai sovrani ingiusti” (Mosheim, b. 3, cent. 11, pt. 2, cap. 2, sec. 9, nota 17). [580]
Ricordiamoci che il Sistema Cattolico Romano si vanta di non cambiare mai. I princìpi di Gregorio VII e Innocenzo III sono ancora i princìpi della Chiesa Cattolica Romana. Se solo ne avesse il potere li metterebbe in pratica adesso con lo stesso vigore dei secoli passati. I protestanti non sanno cosa stanno facendo quando propongono di accettare l’aiuto di Roma nell’opera dell’esaltazione domenicale. Mentre sono decisi a realizzare il loro scopo, Roma mira a ristabilire il suo potere e a recuperare la sua supremazia perduta. Se negli Stati Uniti d’America prevarrà il principio che la chiesa può impiegare o controllare il potere dello stato e che le osservanze religiose possono essere applicate alle leggi statali; in breve, l’autorità della chiesa e dello stato dominerà la coscienza e il trionfo di Roma in questo paese sarà assicurato. La Parola di Dio ci ha avvertito del pericolo imminente; se ciò non sarà ascoltato e se il mondo protestante non si renderà conto di quelli che sono realmente gli scopi di Roma non potrà più sfuggire dalla sua trappola. Il potere di Roma sta silenziosamente crescendo e le sue dottrine esercitano la loro influenza nelle sale legislative, nelle chiese e nei cuori degli uomini. Sta innalzando le sue strutture, alte e massicce, nei cui ambiti più segreti si prevede di ripetere le sue precedenti persecuzioni. In modo furtivo e insospettabile sta rafforzando le sue forze per perseguire i suoi scopi quando verrà il momento in cui lei dovrà colpire. Tutto ciò che desidera è un’occasione favorevole e questa le è già stata praticamente concessa. Vedremo e sentiremo presto qual è lo scopo del Sistema Romano. Colui che crederà e obbedirà alla Parola di Dio dovrà affrontare lo scherno e la persecuzione. [581]
Fin dall’inizio del grande conflitto in cielo, lo scopo di Satana è stato quello di rovesciare la legge di Dio. Fu per realizzare ciò che egli iniziò la sua ribellione contro il Creatore, e sebbene fosse cacciato dal cielo, egli continuò la stessa guerra sulla terra. Ingannare gli uomini, e quindi portarli a trasgredire la legge di Dio; questo è lo scopo che ha costantemente perseguito. Sia che ciò avvenga, abbandonando del tutto la legge, sia rifiutando uno solo dei Suoi comandamenti, il risultato finale sarà lo stesso. Colui che trasgredisce “un punto”, manifesta disprezzo per l’intera legge; la sua influenza e il suo esempio fanno parte della trasgressione e diventa così “colpevole di tutti i punti della legge” {Giacomo 2: 10}. Nel cercare di gettare il disprezzo sugli statuti divini, Satana ha pervertito le dottrine della Bibbia, e gli errori sono stati così incorporati nella fede di migliaia di persone che professano di credere nelle Scritture. L’ultimo grande conflitto tra verità ed errore costituirà la battaglia finale contro la legge di Dio. Noi stiamo entrando proprio ora in questa battaglia; una battaglia tra le leggi degli uomini e i comandamenti di Dio, tra la religione della Bibbia e la religione delle favole e delle tradizioni. Le forze che si uniranno contro la verità e la rettitudine in questo contesto sono ora attivamente al lavoro. La santa Parola di Dio, che ci è stata tramandata a un tale costo di sofferenza e di sangue, oggi è così poco apprezzata. [582]
La Bibbia è alla portata di tutti, ma pochi la accettano davvero come guida di vita. L’infedeltà prevale in misura allarmante, non solo nel mondo, ma anche nella chiesa. Molti sono giunti a negare le dottrine che sono i veri pilastri della fede cristiana. I grandi fatti della creazione, presentati dagli scrittori ispirati, la caduta dell’uomo, l’espiazione e la perpetuità della legge di Dio, sono praticamente respinti, totalmente o in parte, da una grande parte del mondo che si professa cristiano. Migliaia, vantandosi della loro saggezza e indipendenza, pensano che avere una fede implicita nella Bibbia sia un segno di debolezza, mentre considerano sia un talento superiore quello di imparare a cavillare sulle Scritture, a spiritualizzare e a spiegare le loro verità più importanti. Molti pastori stanno insegnando ai loro seguaci, così come fanno anche molti professori e insegnanti istruendo i loro studenti, che la legge di Dio è stata cambiata o addirittura abrogata; e coloro che considerano le sue esigenze come valide, da obbedire letteralmente, sono ritenuti meritevoli solo di sdegno o disprezzo. Nel rifiutare la verità, gli uomini rifiutano il suo Autore. Nel calpestare la legge di Dio, negano l’autorità del Legislatore. Farsi un idolo di false dottrine e teorie è facile quanto farsi un idolo di legno o di pietra. Travisando gli attributi di Dio, Satana guida gli uomini a concepirlo con un falso carattere. Per molti, un idolo filosofico è collocato sul trono al posto di Dio; mentre il Dio vivente, com’è rivelato nella Sua Parola, in Cristo e nelle opere della creazione, è adorato da pochi. Migliaia divinizzano la natura mentre negano il Dio della natura. Sebbene in una forma diversa, l’idolatria è presente oggi nel mondo cristiano tanto quanto esisteva nell’antico Israele ai tempi di Elia. Il dio di uomini che si dichiarano essere saggi, filosofi, poeti, politici, giornalisti; il dio dei raffinati circoli della moda, di molte scuole e università, persino di alcune istituzioni teologiche; non è superiore a Baal, il dio del sole della Fenicia. [583]
Nessun errore, accettato dal mondo cristiano, colpisce più audacemente l’autorità del Cielo, nessuno è più direttamente opposto ai dettami della ragione, nessuno è più pericoloso nei suoi risultati della dottrina moderna, che così rapidamente ha guadagnato terreno, secondo la quale la legge di Dio non è più in vigore per gli uomini. Ogni nazione ha le sue leggi, che comandano il rispetto e l’obbedienza; nessun governo potrebbe esistere senza di esse; è possibile supporre che il Creatore dei cieli e della terra non ha legge per governare gli esseri che ha creato? Supponiamo che gli eminenti predicatori insegnino pubblicamente che gli statuti che governano la loro terra e proteggono i diritti dei suoi cittadini non sono più obbligatori – che limitano le libertà del popolo – e quindi non devono più essere rispettati; per quanto tempo questi uomini verrebbero tollerati sul pulpito? Quale offesa è più grave: ignorare le leggi degli stati e delle nazioni o trasgredire quei precetti divini che sono il fondamento di ogni governo? Le nazioni avrebbero molte più ragioni per abolire i loro statuti e permettere al popolo di fare ciò che vogliono, rispetto al Sovrano dell’universo di annullare la Sua legge e lasciare così il mondo senza uno standard per condannare il colpevole o giustificare l’obbediente. Qual è il risultato di rendere nulla la legge di Dio? L’esperimento è già stato fatto. Terribili furono le scene messe in atto in Francia quando l’ateismo divenne il credo dominante. Fu allora dimostrato al mondo intero che eliminare le restrizioni che Dio ha imposto, significa accettare le regole del più crudele tiranno. Quando il livello della giustizia è messo da parte, la via è aperta affinché il principe del male stabilisca il suo potere sulla terra. Ovunque i precetti divini sono rigettati, il peccato cessa di apparire odioso e la rettitudine cessa di apparire desiderabile. Coloro che rifiutano di sottomettersi al governo di Dio sono del tutto inadatti a governare sé stessi. Attraverso i loro pericolosi insegnamenti, lo spirito di insubordinazione viene impiantato nel cuore dei bambini e dei giovani, che sono per natura insofferenti a ogni disciplina; ne risulta così uno stato sociale senza leggi e senza morale. Mentre gli uomini scherniscono la credulità di coloro che obbediscono alle esigenze della legge di Dio, d’altra parte accettano con entusiasmo le delusioni di Satana. [584]
Essi si lasciano dominare dalla lussuria e praticano gli stessi peccati che hanno portato i giudizi di Dio sui pagani. Coloro che insegnano alla gente a considerare con leggerezza i comandamenti di Dio seminano disobbedienza per raccogliere disobbedienza. Lasciate che la moderazione imposta dalla legge divina sia interamente messa da parte e presto anche le leggi umane saranno ignorate. Poiché Dio proibisce le pratiche disoneste, l’avidità, la menzogna e la frode, gli uomini saranno pronti a calpestare i Suoi comandamenti e a considerarli come un ostacolo alla loro prosperità mondana; ma i risultati dell’eliminazione di questi precetti saranno più terribili di quanto possiamo immaginare. Infatti, se la legge non fosse più valida, perché si dovrebbe avere paura di trasgredirla? La proprietà non sarebbe più al sicuro. Gli uomini otterrebbero le proprietà dei loro vicini con la violenza, e il più forte diventerebbe il più ricco. La vita stessa non sarebbe rispettata. Il voto matrimoniale non sarebbe più un baluardo sacro che protegge la famiglia. Colui che ha il potere, potrebbe, se lo desidera, prendere la moglie del suo vicino con la violenza. Il quinto comandamento sarebbe messo da parte assieme al quarto. I figli non si tirerebbero indietro dall’uccidere i loro genitori se così facendo potessero ottenere il desiderio dei loro cuori corrotti. Il mondo civilizzato diventerebbe un’orda di ladri e assassini; e la pace, il riposo e la felicità sarebbero banditi dalla terra. La dottrina secondo cui gli uomini sono liberi dall’obbedienza alle esigenze di Dio ha indebolito la forza dell’obbligo morale e ha aperto le porte dell’ingiustizia al mondo. L’illegalità, la dissipazione e la corruzione ci investono come una marea travolgente. Nella famiglia, Satana è al lavoro. Il suo vessillo ondeggia, persino nelle famiglie cristiane professe. C’è invidia, malizia, ipocrisia, estraniamento, emulazione, conflitto, tradimento dei doveri sacri e indulgenza alla concupiscenza. L’intero sistema di principi e dottrine religiose, che dovrebbero costituire il fondamento e la struttura della vita sociale, sembra essere una massa vacillante, pronta a cadere in rovina. I vilissimi criminali, quando vengono gettati in prigione per i loro reati, sono spesso divenuti destinatari di doni e attenzioni come se avessero raggiunto un’invidiabile distinzione. [585]
Grande pubblicità è stata fatta al loro carattere e ai loro crimini. La stampa pubblica i dettagli rivoltanti del vizio, dando così il via ad altre frodi, rapine e omicidi; Satana esulta nel successo dei suoi schemi infernali. L’infatuazione del vizio, la presa in giro della vita, il terribile aumento di intemperanza e iniquità di ogni ordine e grado, dovrebbero destare tutti quelli che temono Dio, per indagare su cosa si può fare per arginare questa corrente di malvagità. Le corti di giustizia sono corrotte. I governanti sono attivati dal desiderio di ottenere denaro e dall’amore per il piacere sensuale. L’intemperanza ha oscurato le facoltà di molti in modo tale che Satana ne ha acquisito un controllo quasi completo. I giuristi sono immorali, corrotti e illusi. Ubriachezza e baldoria, passione, invidia e disonestà di ogni tipo sono rappresentati tra coloro che amministrano le leggi. “La rettitudine si è allontanata e la giustizia è rimasta lontana, perché la verità è venuta meno sulla strada e l’equità non può entrarvi” {Isaia 59: 14}. L’iniquità e l’oscurità spirituale che prevalevano sotto la supremazia di Roma furono il risultato inevitabile della soppressione delle Scritture; ma dove trovare la causa della diffusa infedeltà, del rifiuto della legge di Dio e della conseguente corruzione sotto il pieno bagliore della luce del Vangelo in un’epoca di libertà religiosa? Ora che Satana non può più tenere il mondo sotto il suo controllo trattenendo le Scritture, ricorre ad altri mezzi per realizzare lo stesso risultato. Distruggere la fede nella Bibbia serve al suo scopo proprio come distruggere la Bibbia stessa. Introducendo la convinzione che la legge di Dio non è vincolante, egli conduce efficacemente gli uomini a trasgredirla come se fossero completamente ignoranti dei suoi comandamenti. E ora, come nei tempi passati, Satana opera attraverso la chiesa per promuovere i suoi progetti. Le organizzazioni religiose del tempo si sono rifiutate di ascoltare le verità impopolari chiaramente riportate nelle Scritture, che per combatterle hanno adottato interpretazioni e preso posizioni che hanno seminato il seme dello scetticismo. Aggrappati all’errore papale dell’immortalità dell’anima e della coscienza dell’uomo nella morte, hanno respinto l’unica difesa contro le delusioni dello spiritismo. [586]
La dottrina del tormento eterno ha portato molti a non credere alla Bibbia. Quando poi viene considerata la questione del quarto comandamento, che rivela l’obbligo dell’osservanza del Sabato, il settimo giorno della settimana, allora, molti insegnanti popolari presentano come unico modo per liberarsi da un dovere che non sono disposti ad adempiere, che la legge di Dio non è più vincolante. Così gettano via sia la legge che il Sabato. Mentre l’opera della riforma del Sabato si estende, questo rifiuto della legge divina di evitare le affermazioni del quarto comandamento diventerà quasi universale. Gli insegnamenti dei leader religiosi hanno aperto la porta all’infedeltà, allo spiritismo e al disprezzo per la santa legge di Dio; su questi capi religiosi riposa una terribile responsabilità dell’iniquità che esiste nel mondo cristiano. Eppure proprio questa classe ha sostenuto ampiamente che la corruzione in così rapida diffusione è in gran parte attribuibile alla profanazione del cosiddetto “sabato cristiano”, e che l’applicazione dell’osservanza della domenica migliorerebbe notevolmente la morale della società. Questa affermazione è particolarmente urgente in America, dove la dottrina del vero Sabato è stata più ampiamente predicata. Qui l’opera della temperanza, una delle più importanti riforme morali, è spesso combinata con il movimento domenicale, e i sostenitori di quest’ultimo si dimostrano laboriosi per promuovere il più alto interesse della società; e quelli che rifiutano di unirsi a loro sono denunciati come nemici della temperanza e della riforma. Ma il fatto che un movimento che diffonde un’idea sbagliata sia connesso a un’opera che è di per sé buona, non è un buon argomento a favore dell’errore. Possiamo camuffare il veleno mescolandolo a cibi sani, ma non ne possiamo cambiare la natura. Al contrario, è reso più pericoloso, poiché è più probabile che venga assunto senza accorgersene. Questo è proprio uno degli stratagemmi di Satana: combinare la menzogna alla verità in modo sufficiente da dargli plausibilità. [587]
I leader del movimento domenicale possono sostenere riforme di cui il popolo ha bisogno, principi che sono in armonia con la Bibbia; ma finché mescolano ad essi elementi contrari alla legge di Dio, i servi di Dio non possono unirsi a loro. Nulla può giustificarli dal mettere da parte i comandamenti di Dio per la tradizione degli uomini. Attraverso due grandi errori: l’immortalità dell’anima e la sacralità della domenica, Satana porterà le persone sotto i suoi inganni. Mentre il primo getta le basi dello spiritismo, quest’ultimo crea un legame di simpatia con Roma. I protestanti degli Stati Uniti saranno in prima linea nello stendere le mani attraverso l’abisso per stringere la mano dello spiritismo; essi quindi stenderanno le mani attraverso l’abisso per poi stringere la mano del potere Romano; sotto l’influenza di questa triplice unione, questo paese seguirà i passi di Roma nel calpestare i diritti della coscienza. Lo spiritismo, quindi, imitando più da vicino il cristianesimo popolare, avrà maggior potere per poter ingannare e sedurre. Satana stesso, adattandosi alle realtà attuali, apparirà come un angelo di luce. Attraverso l’azione dello spiritismo, miracoli verranno compiuti, malati saranno guariti e molti prodigi saranno innegabili. E poiché anche gli spiriti professano la fede nella Bibbia e manifestano il rispetto per le istituzioni della chiesa, le loro opere saranno accettate come una manifestazione del potere divino. La linea di distinzione tra chi si professa cristiano e gli empi ora non è facilmente distinguibile. I membri della chiesa amano ciò che il mondo ama e sono pronti ad unirsi a loro; Satana, determinato a riunirli in un solo corpo, rafforza così la sua causa attraverso tutti i ranghi dello spiritismo. I sostenitori del papa, che considerano i miracoli come un segno della vera chiesa, saranno prontamente ingannati da questa potenza che opera meraviglie; i protestanti, avendo gettato via lo scudo della verità, saranno anch’essi delusi. I fedeli del papa, i protestanti e i mondani accettando allo stesso modo questa forma di pietà senza potere vedranno in questa unione un grande movimento per la conversione del mondo e per l’inaugurazione del millennio da lungo tempo atteso. [588]
Attraverso lo spiritismo, Satana appare come un benefattore della razza umana, guarendo le malattie del popolo e professando di presentare un nuovo e più elevato sistema di fede religiosa; ma allo stesso tempo opera come un distruttore. Le sue tentazioni stanno conducendo moltitudini alla rovina. L’intemperanza detronizza la ragione e seguono così indulgenza sensuale, conflitto e spargimento di sangue. Satana si diverte nella guerra, perché eccita le peggiori passioni dell’anima e poi spinge verso la morte eterna le sue vittime immerse nel vizio e nel sangue. È suo scopo incitare le nazioni a combattere l’una contro l’altra, poiché così può distogliere le menti della gente dall’opera di preparazione per poter rimanere in piedi nel giorno di Dio. Satana lavora anche attraverso gli elementi naturali per conquistare il suo raccolto di anime impreparate. Ha studiato i segreti dei laboratori della natura e usa tutti i suoi poteri per controllare gli elementi per quanto lo consente Dio. Quando gli fu permesso di affliggere Giobbe, furono presto spazzati via greggi, mandrie, case, domestici e bambini; una calamità si succedeva rapidamente all’altra, ma Dio è Colui che protegge le Sue creature dal potere del distruttore. Il mondo cristiano però ha mostrato disprezzo per la legge di Dio e il Signore farà proprio ciò che aveva promesso: ritirerà le Sue benedizioni dalla terra e rimuoverà le sue cure protettive da coloro che si ribellano contro la Sua legge, insegnando e costringendo gli altri a fare lo stesso. Satana ha il controllo di tutti coloro che Dio non custodisce. Egli favorirà e farà prosperare alcuni al fine di promuovere i propri disegni, porterà guai ad altri e farà credere agli uomini che Dio è colui che li sta affliggendo. Mentre appare ai figli degli uomini come un grande medico che può guarire tutte le loro malattie, porterà malattie e disastri, le città popolose saranno ridotte alla rovina e alla desolazione. Anche adesso è all’opera provocando incidenti e calamità per mare e per terra: incendi, violenti tornado e disastrose grandinate, tempeste, inondazioni, cicloni, maremoti e terremoti; in ogni luogo e in mille forme, Satana esercita il suo potere. Spazzando via i raccolti quasi maturi e provocando carestie, seguono tremende angosce e povertà. [589]
Inquina l’aria con sostanze mortali e migliaia periscono a causa di pestilenze. Queste calamità diventeranno sempre più frequenti e disastrose. La distruzione riguarderà sia l’uomo che gli animali. “La terra piange ed è spossata”, “il popolo langue. La terra è contaminata (profanata) dai suoi abitanti; perché hanno trasgredito le leggi, hanno violato il comandamento, hanno rotto il patto eterno” {Isaia 24: 4-5}.
Allora il grande ingannatore persuaderà gli uomini che i figli di Dio stanno causando questi mali. La classe che ha provocato il dispiacere del Cielo caricherà tutte le loro colpe su coloro che obbediscono ai comandamenti di Dio perché sono un rimprovero perpetuo per i trasgressori. Si affermerà che gli uomini stanno offendendo Dio violando la domenica; che questo peccato provocherà calamità che non cesseranno fino a che l’osservanza domenicale non sarà eseguita rigorosamente; e che coloro che presentano le pretese del quarto comandamento, distruggendo così la riverenza della domenica, sono dei disturbatori della gente, che impediscono la loro restaurazione al favore divino e alla prosperità temporale. Così l’accusa che un tempo venne rivolta contro i servi di Dio sarà ripetuta, basandosi sugli stessi motivi: “Quando Acab vide Elia, Acab gli disse: Sei tu quello che turba Israele? Ed egli rispose: Io non ho turbato Israele; ma tu e la casa di tuo padre, perché avete abbandonato i comandamenti del Signore, e siete andati dietro ai Baali” {1 Re 18: 17-18}. Queste false accuse provocheranno l’ira della gente che, eccitata e incitata da queste dichiarazioni, perseguiterà gli ambasciatori di Dio, in modo molto simile a come ha fatto l’apostata Israele nei confronti di Elia. [590]
Il potere miracoloso manifestato attraverso lo spiritismo eserciterà la sua influenza contro coloro che scelgono di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Varie comunicazioni da parte degli spiriti dichiareranno che Dio li ha mandati a convincere coloro che rifiutano di osservare la domenica del loro errore, affermando che le leggi del paese devono essere osservate come la legge di Dio. Si lamenteranno della grande malvagità nel mondo e sosterranno gli insegnanti religiosi che affermano che lo stato è moralmente degradato a causa della profanazione domenicale e l’indignazione sarà grandemente eccitata contro tutti coloro che rifiutano di accettare la loro testimonianza. La tattica di Satana in questo conflitto finale contro il popolo di Dio è la stessa che ha impiegato nell’apertura della grande controversia in cielo. Affermando di promuovere la stabilità del governo divino, egli segretamente impiegava ogni sforzo per assicurarne il rovesciamento; e proprio quell’opera che stava tentando di portare a termine, lui l’attribuiva ai fedeli angeli. La stessa politica di inganno ha segnato la storia della Chiesa Cattolica Romana. Professando di agire come vicario del Cielo, Satana cercava di elevarsi al di sopra di Dio e di cambiare la Sua legge. Sotto il dominio di Roma, coloro che hanno sofferto la morte per la loro fedeltà al Vangelo sono stati denunciati come malfattori; furono dichiarati essere alleati di Satana e ogni mezzo possibile veniva impiegato contro di loro per farli apparire agli occhi della gente e persino a loro stessi, come i più vili dei criminali. Questo scenario si ripeterà. Mentre Satana cerca di distruggere coloro che onorano la legge di Dio, li farà accusare di essere trasgressori della legge, di essere uomini che disonorano Dio e che giudicano il mondo. Dio non forza mai la volontà o la coscienza, ma Satana invece fa costante ricorso alla crudeltà e alla violenza per ottenere il controllo su coloro che non potrebbe sedurre altrimenti. Attraverso la paura o la forza desidera governare la coscienza e rendere omaggio a sé stesso. Per ottenere ciò, opera attraverso le autorità religiose e civili, sollecitandole ad applicare leggi umane che violano la legge di Dio. [591]
Coloro che onorano il Sabato della Bibbia saranno denunciati come nemici della legge e dell’ordine che vogliono abbattere le restrizioni morali della società, causando anarchia e corruzione e invocando così i giudizi di Dio sulla terra. I loro scrupoli di coscienza saranno pronunciati come ostinazione, testardaggine e disprezzo delle autorità. Saranno accusati di ostilità nei confronti del governo. I pastori che negano l’obbligo della legge divina presenteranno dal pulpito il dovere dell’obbedienza alle autorità civili come ordinato da Dio. Nei padiglioni legislativi e nei tribunali gli osservatori dei comandamenti saranno travisati e condannati. Verrà dato un falso significato alle loro parole; e alle loro motivazioni verranno attribuite le peggiori intenzioni. Mentre le chiese protestanti respingono gli argomenti chiari e scritturali in difesa della legge di Dio, desidereranno ardentemente mettere a tacere coloro la cui fede non possono rovesciare mediante la Bibbia. Anche se non se ne rendono conto, ora stanno adottando un atteggiamento che porterà alla persecuzione di coloro che si rifiutano coscienziosamente di fare ciò che il resto del mondo cristiano sta facendo, ovvero sostenere il giorno di riposo papale. I dignitari della chiesa e dello stato si uniranno per corrompere, persuadere e obbligare tutte le classi sociali ad onorare la domenica. La mancanza dell’autorità divina sarà rimpiazzata da decreti oppressivi. La corruzione politica sta distruggendo l’amore per la giustizia e il rispetto della verità; anche nella libera America, governanti e legislatori, al fine di ottenere il favore del pubblico, cederanno alla richiesta popolare di una legge che imponga l’osservanza domenicale. La libertà di coscienza, che è costata un così grande sacrificio, non sarà più rispettata. Nel conflitto imminente vedremo esemplificate le parole del profeta: “Il dragone si adirò con la donna e andò a far guerra con il rimanente della sua discendenza che osserva i comandamenti di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo” {Apocalisse 12: 17}. [592]
“Alla legge e alla testimonianza: se il popolo non parla secondo questa parola, è perché non c’è luce in esso” {Isaia 8: 20}. Le Scritture sono la salvaguardia del popolo di Dio contro l’influenza di falsi insegnanti e il potere illusorio degli spiriti delle tenebre. Satana impiega ogni possibile tattica per impedire agli uomini di ottenere una conoscenza profonda della Bibbia; poiché le sue semplici affermazioni rivelano i suoi inganni. Ad ogni risveglio dell’opera di Dio, il principe del male viene suscitato ad un’attività più intensa; ora sta facendo i suoi più grandi sforzi per la battaglia finale contro Cristo e i Suoi seguaci. L’ultima grande delusione verrà presentata presto davanti a noi. L’anticristo deve eseguire le sue meravigliose opere davanti ai nostri occhi. Le sue imitazioni assomiglieranno così tanto al vero che sarà impossibile distinguerle se non per mezzo delle Sacre Scritture. Deve essere testata ogni affermazione ed ogni miracolo, con la loro testimonianza. Coloro che si sforzano di obbedire a tutti i comandamenti di Dio saranno respinti e derisi. Essi potranno resistere solamente confidando in Dio. Per sopportare la prova davanti a loro, devono comprendere la volontà di Dio rivelata nella Sua Parola; potranno onorarlo solo se hanno una giusta concezione del suo carattere, governo e scopo, agendo proprio in accordo a questi principi. Nessuno, tranne quelli che hanno fortificato la loro mente con le verità della Bibbia, resisteranno nell’ultimo grande conflitto. [593]
Ognuno dovrà chiedersi: “Devo obbedire agli uomini piuttosto che a Dio?”. L’ora decisiva sta per scoccare. I nostri piedi sono saldamente piantati sulla roccia della Parola immutabile di Dio? Siamo preparati a difendere fermamente i comandamenti di Dio e la fede di Gesù? Prima della Sua crocifissione il Salvatore spiegò ai Suoi discepoli che doveva essere messo a morte e risorgere dal sepolcro; gli angeli erano lì presenti per imprimere le Sue parole nella loro mente e nel loro cuore. Ma i discepoli stavano cercando la liberazione temporale dal giogo romano e non potevano tollerare il pensiero che Colui nel quale avevano posto tutte le loro speranze dovesse subire una morte così indegna. Le parole che dovevano ricordare furono però allontanate dalle loro menti; e quando arrivò il momento della prova, li trovò impreparati. La morte di Gesù ha completamente distrutto le loro speranze, come se Egli non gli avesse mai preavvisati. Allo stesso modo le profezie future si aprono davanti ai nostri occhi con la stessa chiarezza con cui sono state aperte ai discepoli mediante le parole di Cristo. Gli eventi relativi alla chiusura del tempo della grazia e l’opera di preparazione per il momento della “grande distretta”, sono presentati chiaramente, ma le moltitudini non riescono a comprendere queste importanti verità, quasi non fossero mai state rivelate. Satana veglia per distruggere ogni impressione che li renderebbe saggi per la salvezza affinché il “tempo di distretta” li trovi impreparati. Quando Dio manda agli uomini avvertimenti così importanti da essere rappresentati come proclamati da santi angeli che volano in mezzo al cielo, Egli richiede ad ogni persona dotata di capacità intellettuali di prestare attenzione al messaggio. I terribili giudizi denunciati contro l’adorazione della bestia e la sua immagine {Apocalisse 14: 9-11} dovrebbero condurre tutti quanti a uno studio diligente delle profezie per poter comprendere qual è il marchio della bestia e come evitare di riceverlo. Ma le masse allontanano le loro orecchie dall’udire la verità e si rivolgono alle favole. L’apostolo Paolo dichiarò, guardando negli ultimi giorni: “Verrà il tempo in cui non sopporteranno la sana dottrina” {2 Timoteo 4: 3}. [594]
Quel tempo è giunto. Le moltitudini non vogliono la verità biblica, perché interferisce con i desideri del cuore peccaminoso e amante del mondo; in questo modo Satana fornisce quegli inganni che loro amano ascoltare. Dio però avrà un popolo sulla terra che manterrà la Bibbia, e la Bibbia soltanto, come unico standard per tutte le dottrine e come unica base per tutte le riforme. Le opinioni degli uomini dotti, le deduzioni della scienza, i credo o le decisioni dei consigli ecclesiastici, tanto discordanti quanto numerose come sono le chiese che rappresentano e la voce della maggioranza, non una di tutte queste dovrebbero essere prese in considerazione per quanto riguarda qualsiasi punto di fede religiosa. Prima di accettare qualsiasi dottrina o precetto, dovremmo chiedere che sia sostenuto da un chiaro “così dice il Signore” a suo favore. Satana cerca costantemente di attirare l’attenzione sull’uomo al posto di Dio. Guida le persone a rivolgersi ai vescovi, ai pastori e ai professori di teologia, come guide invece di cercare nelle Scritture quale sia il loro dovere come fedeli. Quindi, controllando le menti di questi leader, Satana può influenzare facilmente le moltitudini secondo la sua volontà. Quando Cristo venne per pronunciare parole di vita, la gente comune lo ascoltò volentieri; e molti, perfino sacerdoti e governanti, credettero in Lui. Ma il sommo sacerdote e gli uomini importanti, a servizio della nazione, erano determinati a condannare e ripudiare i Suoi insegnamenti. Nonostante l’inutilità di tutti i loro sforzi per trovare accuse contro di Lui e pur non potendo fare a meno di sentire l’influenza del potere divino e della saggezza che assistevano le Sue parole, tuttavia essi si trinciarono nei loro pregiudizi; hanno respinto le prove più chiare della Sua Messianicità per non dover essere costretti a diventare Suoi discepoli. Questi oppositori di Gesù erano uomini che insegnarono il popolo fin dalla loro infanzia alla riverenza, alla cui autorità erano stati abituati implicitamente ad inchinarsi. “Come mai”, hanno chiesto: “che i nostri governanti e gli scribi istruiti non credono in Gesù? Questi uomini pii, non lo riceverebbero se fosse il Cristo?”. [595]
Fu l’influenza di tali insegnanti che portò la nazione ebraica a rifiutare il loro Redentore. Lo spirito che animava quei sacerdoti e capi è manifestato ancora oggi da molti che manifestano un’alta professione di pietà, rifiutando di esaminare la testimonianza delle Scritture riguardo alle verità speciali per questo tempo. Indicano il loro numero, la loro ricchezza e popolarità, e guardano con disprezzo i difensori della verità come fossero pochi, poveri e impopolari, con una fede che li separa dal mondo. Cristo previde che l’indebita assunzione di autorità, che si attribuivano gli scribi e i farisei, non sarebbe cessata con la dispersione degli Ebrei. Egli vide in una visione profetica l’opera di esaltazione dell’autorità umana che avrebbe governato la coscienza e che sarebbe stata una maledizione così terribile per la chiesa in tutte le epoche. Le sue paurose denunce nei confronti degli scribi e dei farisei, e i suoi ammonimenti alla gente di non seguire questi ciechi leader, sono stati registrati come un monito per le future generazioni. La Chiesa Cattolica Romana riserva al clero il diritto di interpretare le Scritture. Sulla base del fatto che solo gli ecclesiastici sono competenti nello spiegare la Parola di Dio, le Scritture sono sottratte alla gente comune. Sebbene la Riforma abbia offerto la Bibbia a tutti, tuttavia il principio che è stato mantenuto dalla Chiesa Romana impedisce alle moltitudini, anche nelle chiese protestanti, di studiare le Scritture per sé stessi. Viene insegnato ad accettare i suoi insegnamenti come interpretati dalla chiesa; ci sono migliaia che non osano accettare nulla che sia contrario al loro credo o all’insegnamento stabilito dalla loro chiesa, anche se la dottrina in questione fosse chiaramente rivelata dalle Scritture. Nonostante la Bibbia sia piena di avvertimenti contro i falsi insegnanti, molti sono pronti a donare la custodia delle loro anime al clero. Oggi ci sono migliaia di professori di religione che non possono citare, in favore delle proprie credenze religiose, nessun’altra autorità se non quella dei loro capi religiosi. Davanti a loro passano quasi inosservati gli insegnamenti del Salvatore e pongono una fiducia cieca nelle parole dei loro pastori. [596]
Ma i pastori sono infallibili? Come possiamo affidare le nostre anime alla loro guida, se ci rendiamo conto, mediante la Parola di Dio, che essi non sono portatori di luce? La mancanza di coraggio morale che li farebbe uscire dai sentieri battuti del mondo, porta molti a seguire i passi di questi uomini istruiti; e dalla loro riluttanza ad investigare da soli, stanno diventando irrimediabilmente allacciati alle catene dell’errore. Vedendo che la verità questa volta è chiaramente portata alla luce mediante la Bibbia; e sentendo il potere dello Spirito Santo che partecipa alla sua proclamazione; permetteranno lo stesso all’opposizione del clero di allontanarli dalla luce. Sebbene la ragione e la coscienza siano convincenti, queste anime deluse non osano pensare diversamente dal proprio pastore; e il loro giudizio individuale, i loro interessi eterni, sono sacrificati all’incredulità, l’orgoglio e il pregiudizio di qualcun altro. Sono molti i modi con cui Satana opera attraverso l’influenza umana per legare i suoi prigionieri. Attira a sé intere folle legandole con le corde di seta dell’affetto, a coloro che sono nemici della croce di Cristo. Qualunque sia questo attaccamento, genitoriale, filiale, coniugale o sociale, l’effetto sarà lo stesso; gli oppositori della verità esercitano il loro potere di controllare la coscienza, e le anime detenute sotto il loro dominio non hanno sufficiente coraggio o indipendenza per obbedire alle proprie convinzioni di dovere. La verità e la gloria di Dio sono inseparabili; è impossibile per noi, con la Bibbia alla nostra portata, onorare Dio con opinioni errate. Molti sostengono che non importa ciò che unocrede, se la sua vita è giusta. Ma la vita è modellata dalla fede. Se la conoscenza e la verità sono alla nostra portata, e trascuriamo il privilegio di apprezzarle e ascoltarle, praticamente le rifiutiamo e stiamo scegliendo l’oscurità piuttosto che la luce. “C’è una via che sembra giusta per l’uomo, ma le sue vie sono vie di morte” {Proverbi 16: 25}. L’ignoranza non è più una scusa per l’errore o il peccato, quando si ha l’opportunità di conoscere la volontà di Dio. [597]
Un uomo sta viaggiando e arriva ad un incrocio dove ci sono diverse strade, li trova degli indicatori che gli mostrano dove conduce ciascuna. Se trascura la guida degli indicatori e prende la strada che gli sembra giusta, pur essendo sincero, con ogni probabilità si troverà sulla strada sbagliata. Dio ci ha dato la Sua Parola affinché possiamo conoscere i Suoi insegnamenti e capire ciò che Egli richiede da noi. Quando un dottore della legge venne da Gesù con la domanda: “cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” il Salvatore lo indirizzò alle Scritture, dicendo: “Cosa c’è scritto nella legge?” {Marco 10: 17-19}. L’ignoranza non scuserà i giovani o gli anziani, né li libererà dalla punizione dovuta per la trasgressione della legge di Dio; perché nelle loro mani è presente una presentazione fedele di quella legge, dei suoi principi e delle sue pretese. Non è sufficiente avere buone intenzioni; non è sufficiente fare ciò che un uomo pensa sia giusto o ciò che il pastore gli dice sia giusto. La salvezza della sua anima è in gioco, e dovrebbe studiare le Scritture per sé stesso. Per quanto forti possano essere le sue convinzioni, per quanto possa essere fiducioso che il pastore sappia cosa sia la verità, questa non è una base sufficiente. Noi disponiamo di una cartina stradale che indica ogni passo da fare nel viaggio verso il cielo, e non dobbiamo indovinare nulla. Il primo e il più alto dovere di ogni essere razionale è quello di imparare dalle Scritture cosa sia la verità, e quindi di camminare nella luce e incoraggiare gli altri a seguire il suo esempio. Dovremmo studiare giorno per giorno la Bibbia diligentemente, soppesando ogni pensiero e confrontando versetto con versetto. Con l’aiuto divino dobbiamo formare le nostre convinzioni personali, sapendo che un giorno risponderemo di noi stessi davanti a Dio. Le verità più chiaramente rivelate nella Bibbia sono state coperte dal dubbio e dall’oscurità di uomini istruiti, i quali, con una finzione di grande saggezza, insegnano che le Scritture hanno un significato mistico, segreto e spirituale che non appartiene al linguaggio comunemente usato. Questi uomini sono falsi insegnanti. [598]
Gesù si rivolse ad un gruppo simile quando affermò: “Voi non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio” {Marco 12: 24}. La lingua della Bibbia dovrebbe essere spiegata in base al suo più immediato significato, a meno che non venga impiegato un simbolo o una figura. Cristo ha dato la promessa: “Se qualcuno farà la sua volontà, conoscerà se la dottrina è da Dio” {Giovanni 7: 17}. Se gli uomini volessero accettare la Bibbia così com’è, se non ci fossero falsi maestri che ingannano e confondono le menti, si compirebbe un’opera che renderebbe felici gli angeli e che porterebbe nel regno di Dio migliaia e migliaia di persone che ora stanno vagando nell’errore. Dovremmo esercitare tutti i poteri della mente nello studio delle Scritture e dovremmo incaricare la nostra comprensione di conoscere, per quanto ci è possibile a noi comuni mortali, le cose profonde di Dio; tuttavia non dobbiamo dimenticare che la docilità e la sottomissione di un bambino sono il vero spirito dello studente. Le difficoltà scritturali non possono mai essere dominate dagli stessi metodi usati per affrontare problemi filosofici. Non dovremmo impegnarci nello studio della Bibbia con quella fiducia in noi stessi con cui tanti entrano nei domini della scienza, ma con una devota dipendenza a Dio e un sincero desiderio di imparare la Sua volontà. Dobbiamo venire con uno spirito umile e disposti a lasciarci guidare, per ottenere la conoscenza dal grande IO SONO. Altrimenti, gli angeli malvagi accecheranno così le nostre menti, induriranno i nostri cuori e non saremo più impressionati dalla verità. Molte delle Scritture, che gli uomini dotti hanno interpretato come se fossero un mistero o come se fossero senza importanza, sono invece piene di conforto e di istruzione per chi ha imparato alla scuola di Cristo. Una delle ragioni per cui molti teologi non hanno una comprensione più chiara della Parola di Dio è che chiudono gli occhi su verità che non desiderano praticare. Poiché la comprensione della verità biblica non dipende tanto dal potere dell’intelletto di chi la studia quanto dalla sincerità dello scopo e dal desiderio ardente di giustizia. [599]
La Bibbia non dovrebbe mai essere studiata senza preghiera. Solo lo Spirito Santo può farci sentire l’importanza di quelle cose facili da capire, o impedirci di travisare quelle verità difficili da comprendere. È compito degli angeli celesti preparare il cuore in modo tale da comprendere la Parola di Dio ed essere incantati dalla sua bellezza, rimproverati dai suoi ammonimenti e animati o rafforzati dalle sue promesse. Dovremmo fare nostra la petizione del salmista: “Apri i miei occhi, affinché io possa contemplare le cose meravigliose della Tua legge” {Salmo 119: 18}. Le tentazioni appaiono spesso irresistibili perché, trascurando la preghiera e lo studio della Bibbia, il tentato non può facilmente ricordare le promesse di Dio e incontrare Satana con le armi della Scrittura. Ma gli angeli sono attorno a coloro che desiderano essere istruiti nelle cose divine; e nel tempo del grande bisogno porteranno al loro ricordo quelle verità così necessarie. Così “quando il nemico entrerà come una fiumana, lo Spirito del Signore alzerà uno stendardo contro di lui” {Isaia 59: 19}. Gesù promise ai Suoi discepoli “il Consolatore, che è lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel Mio nome, vi insegnerà ogni cosa e porterà ogni cosa al vostro ricordo, qualunque cosa vi abbia detto” {Giovanni 14: 26}. Ma gli insegnamenti di Cristo devono essere precedentemente immagazzinati nella mente affinché lo Spirito di Dio li porti al nostro ricordo nel tempo del pericolo. “Io ho riposto la Tua parola nel mio cuore”, disse Davide, “per non peccare contro di Te” {Salmo 119: 11}. Tutti coloro che apprezzano i loro interessi eterni dovrebbero essere in guardia contro le incursioni dello scetticismo. Verranno assaliti gli stessi pilastri della verità e sarà impossibile restare al di fuori della portata degli attacchi dei sarcasmi, dei sofismi, degli insegnamenti insidiosi e ingannevoli e dell’incredulità moderna. Satana adatta le sue tentazioni a tutte le classi. Colpisce l’analfabeta con beffe e scherni, mentre incontra l’educato con obiezioni scientifiche e ragionamenti filosofici, allo stesso modo in cui eccita la sfiducia o il disprezzo per le Scritture. [600]
Anche i giovani di poca esperienza si permettono di insinuare dubbi sui principi fondamentali del cristianesimo. Questa infedeltà giovanile, per quanto superficiale, ha la sua influenza. Molti sono quindi portati a scherzare con la fede dei loro padri e a disprezzare lo Spirito di grazia {Ebrei 10: 29}. Molte vite che promettevano di essere un onore per Dio e una benedizione per il mondo sono state rovinate dal folle respiro dell’incredulità. Tutti coloro che confidano nelle vane decisioni della ragione umana e immaginano di poter spiegare i misteri divini e di arrivare alla verità senza l’aiuto della saggezza di Dio, sono catturati nella trappola di Satana. Viviamo nel periodo più solenne della storia di questo mondo. Il destino delle moltitudini che affollano la terra sta per essere deciso. Il nostro futuro benessere e anche la salvezza delle altre anime dipendono dal corso che ora perseguiamo. Abbiamo bisogno di essere guidati dallo Spirito di verità. Ogni seguace di Cristo dovrebbe seriamente chiedersi: “Signore, che cosa vuoi che io faccia?”. Abbiamo bisogno di umiliarci davanti al Signore, con digiuno e preghiera, e di meditare molto sulla Sua Parola, specialmente sulle scene del giudizio. Dovremmo cercare di acquisire, ora, un’esperienza profonda e vivente nelle cose di Dio. Non abbiamo un momento da perdere. Eventi di vitale importanza si stanno svolgendo intorno a noi; siamo sul terreno incantato di Satana. Non dormite, sentinelle di Dio; il nemico è in agguato, pronto in qualsiasi momento a saltarvi addosso e a rendervi la sua preda al primo accenno di confusione o sonnolenza.
Molti sono ingannati riguardo alla loro vera condizione di fronte a Dio. Si congratulano con sé stessi per non aver commesso azioni sbagliate e dimenticano di elencare le buone e nobili azioni che Dio richiede loro, ma che hanno trascurato di compiere. Non è sufficiente che siano alberi nel giardino di Dio. Devono rispondere alle Sue aspettative portando frutto. Dio li ritiene responsabili per il loro fallimento nel realizzare tutto il bene che avrebbero potuto fare, attraverso la Sua grazia che li avrebbe rafforzati. Nei libri del cielo sono registrati come alberi che occupano inutilmente del terreno. Eppure il caso di questa categoria di persone non è completamente senza speranza. A coloro che hanno offeso la misericordia di Dio e abusato della Sua grazia, Egli continua a rivolgere quest’ultimo appello: [601]
“Svegliati tu che dormi e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà. Vedete quindi di camminare diligentemente… riscattando il tempo, perché i giorni sono malvagi” {Efesini 5: 14-16}. Quando verrà il momento della prova, coloro che hanno reso della Parola di Dio la loro regola di vita saranno rivelati. In estate non c’è differenza evidente tra i sempreverdi e gli altri alberi; ma quando arrivano le tempeste invernali, i sempreverdi rimangono invariati, mentre gli altri alberi vengono privati delle loro foglie. Perciò colui che professa con un cuore falso non può essere distinto ora dal vero cristiano, ma il tempo è vicino quando la differenza sarà evidente. Lascia sorgere l’opposizione, lascia che il bigottismo e l’intolleranza mostrino nuovamente il loro potere, lascia che la persecuzione sia accenda, e che la voluta e ipocrita volontà vacilli e ceda la fede; il vero cristiano rimarrà fermo come una roccia, la sua fede sarà più forte e la sua speranza sarà più luminosa, che nei giorni di prosperità. Il salmista dice: “Le tue testimonianze sono la mia meditazione… Attraverso i tuoi precetti ottengo comprensione: perciò odio ogni strada falsa” {Salmo 119: 99, 104}. “Beato l’uomo che trova la saggezza” {Proverbi 3: 13}, “Sarà come un albero piantato vicino alle acque, che distende le sue radici lungo il fiume e non si accorge di quando viene il caldo, la sua foglia sarà verde; e non sarà in affanno nell’anno della siccità e non cesserà di dare frutti” {Geremia 17: 8}. [602]
“Vidi un altro angelo scendere dal cielo, avendo un grande potere; e la terra fu illuminata dalla sua gloria. E gridò con voce potente, dicendo: caduta, caduta è Babilonia la grande, ed è diventata l’abitazione di demoni, e ricettacolo di ogni spirito immondo, e una gabbia d’ogni uccello impuro e abominevole… Ed io udì un’altra voce dal cielo, che diceva: Uscite da essa, o popolo mio, affinché tu non sia partecipe dei suoi peccati e tu non abbia parte alle sue piaghe” {Apocalisse 18: 1-2, 4}.
Questo passaggio delle Scritture indica un momento in cui l’annuncio della caduta di Babilonia, come fatto dal secondo angelo di {Apocalisse 14: 8}, dovrà essere ripetuto, con la menzione aggiuntiva delle varie corruzioni che si sono introdotte nelle varie organizzazioni che costituiscono Babilonia, dopo l’annuncio del primo messaggio nell’estate del 1844. Una terribile condizione del mondo religioso è qui descritta. Ogni volta che rifiutano la verità, le menti degli uomini diventeranno sempre più oscure e i loro cuori sempre più testardi, finché non si lasceranno andare ad un’incredulità incontrollata. A dispetto degli avvertimenti che Dio ha dato, continueranno a trasgredire uno dei comandamenti del Decalogo, finché non saranno portati a perseguitare coloro che lo ritengono sacro. Disprezzare la Parola di Dio e il Suo popolo significherà di fatto rigettare Gesù. Mentre gli insegnamenti dello spiritismo sono accettati dalle chiese, la moderazione imposta al cuore carnale viene rimossa e la professione di religione diventerà un mantello per nascondere le iniquità più degradate. [603]
La fede nelle manifestazioni spiritiche apre la porta agli spiriti seduttori e alle dottrine di demoni, e così l’influenza degli angeli malvagi si farà sentire nelle chiese. Di Babilonia, al tempo riportato in questa profezia, è dichiarato: “I suoi peccati sono giunti fino al cielo, e Dio si è ricordato delle sue iniquità” {Apocalisse 18: 5}. Essa ha colmato la misura della sua colpevolezza e la distruzione sta per cadere su di lei. Ma Dio ha ancora un popolo in Babilonia; e prima della venuta dei Suoi giudizi, questi fedeli devono essere chiamati fuori, affinché non prendano parte ai suoi peccati e “non abbia parte alle sue piaghe”. Ecco quindi l’avvertimento simboleggiato dall’angelo che scende dal cielo, illuminando la terra con la sua gloria e gridando potentemente con voce forte, annunciando i peccati di Babilonia. In connessione con il suo messaggio si sente la chiamata: “Uscite da essa, o popolo mio”. Queste dichiarazioni, unendosi al messaggio del terzo angelo, costituiscono l’ultimo avvertimento da dare agli abitanti della terra. Il mondo dovrà affrontare una crisi terribile come mai prima d’ora. Le nazioni della terra, unite nella guerra contro i comandamenti di Dio, decreteranno che “tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi” {Apocalisse 13: 16} debbano conformarsi alle usanze della chiesa nell’osservanza di un falso sabato. Tutti coloro che rifiuteranno tale conformità saranno passibili di sanzioni civili e alla fine verrà dichiarato che meritano la morte. D’altra parte, la legge di Dio che ordina l’osservanza del giorno di riposo del Creatore, richiede obbedienza e proclama che l’ira di Dio si manifesterà contro tutti coloro che trasgrediscono i Suoi precetti. Ponendo la questione in modo così chiaro, chiunque trasgredirà la legge di Dio per obbedire ad un ordine umano, riceverà il marchio della bestia; accettando il segno di fedeltà ad un potere diverso da quello di Dio. [604]
L’avvertimento che viene dal cielo è: “Se qualcuno adora la bestia e la sua immagine, e ne riceve il suo marchio sulla sua fronte, o sulla sua mano, egli stesso berrà il vino dell’ira di Dio, che è versato puro nel calice della sua ira” {Apocalisse 14: 9-10}. Ma nessuno, però, sarà soggetto all’ira di Dio finché non gli sarà presentata l’occasione di conoscere la verità e di respingerla. Ci sono molti che non hanno mai avuto l’opportunità di ascoltare le verità speciali per questi tempi. L’obbligo del quarto comandamento non è mai stato posto dinanzi a loro nella sua vera luce. Colui che legge ogni cuore e prova ogni motivo, non permetterà che, chi vuole conoscere la verità, rimanga all’oscuro riguardo alle questioni della grande controversia. Il decreto non sorprenderà nessuno. Ognuno riceverà luce sufficiente per prendere una decisione in modo intelligente. Il Sabato sarà la grande prova della lealtà, perché è il punto della verità che più è contestato. Quando la prova finale sarà portata sugli uomini, allora la linea di distinzione sarà tracciata tra coloro che servono Dio e coloro che non Lo servono. Da un lato l’osservanza del falso sabato, in conformità alla legge dello stato e contraria al quarto comandamento, sarà una dichiarazione di fedeltà a un potere che è in opposizione a Dio, dall’altro l’osservanza del vero Sabato, in obbedienza alla legge di Dio, è una prova della lealtà al Creatore. Mentre un gruppo, accettando il segno della sottomissione ai poteri terreni, riceverà il marchio della bestia, l’altro sceglierà il segno di fedeltà all’autorità divina, ricevendo così il sigillo di Dio. Fino ad ora quelli che hanno presentato le verità del messaggio del terzo angelo sono stati spesso considerati semplici allarmisti. Le loro previsioni, secondo cui l’intolleranza religiosa avrebbe preso il controllo negli Stati Uniti quando la chiesa e lo stato si sarebbero uniti per perseguitare coloro che osservano i comandamenti di Dio, sono state dichiarate infondate e assurde. È stato dichiarato con sicurezza che questo paese non sarebbe mai diventato diverso da quello che è stato in passato, ovvero, il difensore della libertà religiosa. [605]
Ma poiché la questione dell’imposizione dell’osservanza domenicale è ampiamente sollevata, l’evento così a lungo messo in dubbio e considerato impossibile si sta avvicinando, il terzo messaggio produrrà un effetto che non avrebbe potuto avere prima. In ogni generazione Dio ha mandato i suoi servitori a rimproverare il peccato, sia nel mondo che nella chiesa. Ma le persone desiderano udire parole piacevoli e non accettano la pura e semplice verità. Molti riformatori, entrando in quest’opera, decisero di esercitare una grande prudenza nell’attaccare i peccati della chiesa e della nazione. Speravano, con l’esempio di una pura vita cristiana, di riportare la gente alle dottrine della Bibbia. Ma lo Spirito di Dio scese su di loro, così come era sceso su Elia per spingerlo a rimproverare i peccati di un re malvagio e di un popolo apostata; ed essi non poterono astenersi dal predicare le semplici espressioni della Bibbia che erano stati riluttanti a presentare. Furono spinti a dichiarare con zelo la verità e il pericolo che minacciava le anime. Le parole che il Signore ha dato loro di pronunciare, senza paura per le conseguenze, diede alla gente la possibilità di ascoltare l’avvertimento. Nello stesso modo sarà proclamato il messaggio del terzo angelo. Quando verrà il momento in cui esso verrà trasmesso con più potere, il Signore opererà attraverso strumenti umili, guidando le menti di coloro che si consacrano al Suo servizio. Questi messaggeri saranno qualificati piuttosto dall’unzione del Suo Spirito, che dalla formazione delle istituzioni scolastiche. Gli uomini di fede e di preghiera si sentiranno spinti ad andare avanti da un santo zelo, dichiarando le parole che Dio ispirerà loro. I peccati di Babilonia saranno denunciati. Gli spaventosi risultati derivanti dall’osservanza delle leggi della chiesa da parte dell’autorità civile, l’incursione dello spiritismo e il progresso insidioso ma rapido del potere papale, sarà tutto quanto smascherato. Con questi solenni avvertimenti, le persone saranno agitate. Migliaia e migliaia udranno parole mai ascoltate prima. [606]
Con stupore apprenderanno che Babilonia è la chiesa caduta a causa dei suoi errori, dei suoi peccati e del suo rifiuto della verità che le è stata inviata dal cielo. Mentre le persone chiederanno ai loro insegnanti spirituali: “Queste cose stanno per davvero così?”, i pastori presenteranno favole e profetizzeranno cose piacevoli per calmare le loro paure e la loro coscienza risvegliata. Ma poiché molti rifiuteranno di accontentarsi della semplice autorità degli uomini, chiedendo un chiaro e preciso “così dice il Signore”, questi pastori popolari, come i farisei di un tempo pieni di rabbia mentre la loro autorità è messa in discussione, denunceranno il messaggio come proveniente da Satana e susciteranno le moltitudini amanti del peccato ad insultare e perseguitare coloro che lo proclamano.
Mentre la polemica si estende in nuove regioni e le menti della gente sono richiamate alla legge di Dio, Satana opererà in modo astuto. Il potere che accompagna il messaggio non farà altro che inasprire chi si oppone ad esso. Il clero produrrà sforzi quasi sovrannaturali per spegnere la luce affinché non brilli sui loro fedeli. Con ogni mezzo a loro disposizione si sforzeranno di sopprimere la discussione di queste domande di vitale importanza. La chiesa farà appello al braccio forte del potere civile e, in quest’opera, i sostenitori del papa e i protestanti si uniranno. Così il movimento per l’applicazione della domenica diventerà sempre più audace e deciso, e il decreto sarà invocato contro chi osserva i comandamenti. Saranno minacciati con multe e reclusione, mentre ad altri saranno offerte posizioni di influenza e altri premi come vantaggi ed incentivi affinché rinuncino alla loro fede. Ma la loro risposta dovrà essere lo stesso appello fatto da Lutero in circostanze simili: “Mostrateci dalla Parola di Dio che noi sbagliamo”. Quelli che saranno condannati davanti ai tribunali faranno una forte rivendicazione della verità, e alcuni che li ascolteranno saranno portati a prendere posizione nell’osservare tutti i comandamenti di Dio. Così questa luce illuminerà migliaia che altrimenti non avrebbero saputo nulla di queste verità. [607]
L’obbedienza coscienziosa alla Parola di Dio sarà trattata come ribellione. Accecati da Satana, i genitori eserciteranno durezza e severità nei confronti dei figli credenti; il padrone o la padrona opprimeranno i dipendenti che osservano i comandamenti. L’affetto sarà alienato; i bambini saranno diseredati e cacciati di casa. Le parole di Paolo saranno letteralmente adempiute: “Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù subiranno persecuzioni” {2 Timoteo 3: 12}. Mentre i difensori della verità rifiutano di onorare la domenica come giorno di riposo, alcuni di loro saranno gettati in prigione, alcuni saranno esiliati, alcuni saranno trattati come schiavi. Per la saggezza umana tutto ciò sembra ora impossibile; ma poiché lo Spirito di Dio sarà ritirato dagli uomini e il mondo si ritroverà sotto il controllo di Satana, che odia i precetti divini, ci saranno strani sviluppi. Il cuore può essere molto crudele quando viene rimosso il timore e l’amore di Dio. All’avvicinarsi della tempesta, una grande classe che ha professato la fede nel messaggio del terzo angelo, ma che non è stata santificata attraverso l’obbedienza alla verità, abbandonerà la propria posizione per unirsi ai ranghi dell’opposizione. Unendosi al mondo e condividendo il suo spirito, arriveranno a vedere le cose quasi alla stessa maniera; e quando saranno messi alla prova, saranno pronti a scegliere la via più facile e popolare. Uomini di talento ed eloquenti, che una volta gioirono della verità, impiegheranno i loro poteri per ingannare e fuorviare le anime. Diventeranno i nemici più acerrimi dei loro ex fratelli. Quando gli osservatori del Sabato saranno portati davanti ai tribunali per rispondere della loro fede, questi apostati saranno gli agenti più efficienti di Satana per travisarli e accusarli con false denunce e insinuazioni per suscitare contro di loro le autorità. In questo tempo di persecuzione sarà provata la fede dei servi del Signore che hanno fedelmente dato l’avvertimento, guardando solamente verso Dio e verso la Sua Parola. Lo Spirito di Dio, muovendosi nei loro cuori, li ha spinti a parlare. [608]
Stimolati da santo zelo e con un forte impulso divino su di loro, adempirono i loro doveri, senza calcolare freddamente le conseguenze che ne derivarono, di comunicare la parola che il Signore aveva dato loro. Non hanno consultato i loro interessi temporali, né cercato di preservare la loro reputazione o le loro vite. Tuttavia, quando la tempesta di opposizione e di rimprovero irrompe su di loro, alcuni, sopraffatti dalla costernazione, saranno pronti ad esclamare: “Se avessimo previsto le conseguenze delle nostre parole, avremmo mantenuto il silenzio”. Circondati dalle difficoltà, verranno assaliti da Satana con terribili tentazioni. L’opera che hanno intrapreso sembra molto al di là della loro capacità, più di quanto possano realizzare. Minacciati di distruzione, l’entusiasmo che li ha animati scomparirà; eppure non potranno tornare indietro. Quindi, sentendo la loro totale impotenza, si rifugeranno nell’Onnipotente per ricevere forza. Si ricordano che le parole che hanno pronunciato non erano le loro, ma di Colui che li aveva spinti a dare l’avvertimento. Dio mise la verità nei loro cuori ed essi non potevano fare a meno di proclamarla. Le stesse prove sono state affrontate dagli uomini di Dio in epoche passate. Wycliffe, Huss, Lutero, Tyndale, Baxter e Wesley esortarono che tutte le dottrine dovessero essere verificate dalla Bibbia e dichiararono che avrebbero rinunciato a tutto ciò che essa condannava. Contro questi uomini la persecuzione si abbatteva con implacabile furia; eppure non smisero di proclamare la verità. Diversi periodi della storia della chiesa sono stati contrassegnati dallo sviluppo di alcune verità speciali, adattate alle necessità del popolo di Dio in quel momento. Ogni nuova verità si è fatta strada contro l’odio e l’opposizione; e tutti quelli che furono benedetti con la sua luce furono tentati e provati. Quando il Signore dà una verità speciale al popolo in caso di emergenza, chi osa rifiutarsi di proclamarla? Egli comanda ai Suoi servitori di presentare l’ultimo invito di misericordia al mondo. Essi non possono rimanere in silenzio, se non a rischio della loro stessa salvezza. [609]
Gli ambasciatori di Cristo non devono pensare alle conseguenze. Devono compiere il loro dovere e lasciare la responsabilità di tutto il resto a Dio. Mentre l’opposizione si fa sempre più feroce, i servi di Dio saranno nuovamente perplessi, perché sembrerà che siano proprio loro la causa che ha portato la crisi. Ma la loro coscienza e la Parola di Dio gli assicureranno che la loro vita è giusta; e sebbene i processi continuino, saranno rafforzati per poterli superare. La lotta diventerà più intensa e aspra, ma la loro fede e il loro coraggio aumenteranno in proporzione con l’emergenza. La loro testimonianza sarà: “Non osiamo manomettere la Parola di Dio, né dividere la Sua santa legge; definendone una parte essenziale e un’altra non essenziale, per ottenere il favore del mondo. Il Signore che serviamo è in grado di liberarci. Cristo ha vinto i poteri di questa terra; perché dovremmo avere paura di un nemico già sconfitto?”. La persecuzione, nelle sue varie forme, è lo sviluppo di un principio che esisterà fintanto che esisteranno Satana e il cristianesimo. Nessun uomo può servire Dio senza arruolare contro sé stesso l’opposizione delle schiere delle tenebre. Angeli malvagi lo assaliranno, allarmati dal fatto che la sua influenza stia prendendo la preda dalle loro mani. Gli uomini malvagi, rimproverati dal suo esempio, si uniranno a loro nel cercare di separarlo da Dio con allettanti tentazioni. Quando questi non riusciranno, verrà usata la violenza per forzare la sua coscienza. Ma finché Gesù rimarrà l’intercessore dell’uomo nel santuario celeste, l’influenza dello Spirito Santo verrà avvertita sia dai governanti che dal popolo. Essa si esprime ancora, in una certa misura, mediante le leggi dello stato. Se non fosse per queste leggi, la condizione del mondo sarebbe molto peggiore di quanto lo sia ora. Mentre molti dei nostri governanti sono agenti attivi di Satana, anche Dio ha i Suoi agenti tra i principali uomini della nazione. Il nemico si muove attraverso i suoi servi per proporre misure che ostacolerebbero enormemente l’opera di Dio; ma gli uomini di stato che temono il Signore sono influenzati dai santi angeli per opporsi a tali proposizioni con argomentazioni inconfutabili. [610]
In questo modo pochi uomini terranno sotto controllo la potente corrente del male. L’opposizione dei nemici della verità sarà trattenuta affinché il messaggio del terzo angelo possa svolgere il suo lavoro. Quando sarà dato l’avvertimento finale, esso attirerà l’attenzione di questi uomini guida attraverso i quali il Signore sta ora lavorando, e alcuni di loro accetteranno il messaggio e si uniranno al popolo di Dio nel tempo di disdetta. L’angelo che si unisce nella proclamazione del messaggio del terzo angelo ha il compito di illuminare tutta la terra con la sua gloria. Qui è predetta un’opera di portata mondiale e di potere insolito. Il movimento dell’avvento del 1840-44 fu una manifestazione gloriosa del potere di Dio; il messaggio del primo angelo fu portato in ogni sede missionaria del mondo, e in alcuni paesi vi fu il più grande interesse religioso che si sia mai verificato dopo la Riforma del XVI secolo; ma questi saranno superati dal potente movimento sotto l’ultimo avvertimento del terzo angelo. Quest’opera sarà simile a quella del giorno della Pentecoste. Come la “prima pioggia” è stata data, nell’effusione dello Spirito Santo all’apertura della proclamazione del Vangelo, per far germogliare il seme prezioso, così “l’ultima pioggia” sarà data alla sua chiusura per la maturazione del raccolto. “Conosciamo il Signore, sforziamoci di conoscerlo! Il suo levarsi è certo, come quello dell’aurora: egli verrà a noi come la pioggia, come la pioggia di primavera che annaffia la terra” {Osea 6: 3}. “Rallegratevi dunque, figli di Sion, e rallegratevi nel Signore vostro Dio, poiché Egli vi ha dato la prima pioggia moderatamente, e farà scendere per voi la pioggia, la pioggia d’autunno e quella di primavera, come nel primo mese” {Gioele 2: 23}. “Negli ultimi giorni, dice Dio, spanderò il mio Spirito su ogni carne… E avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato” {Atti 2: 17, 21}. La grande opera della predicazione del Vangelo concluderà con una manifestazione del potere di Dio non inferiore a quella che segnò il suo inizio. [611]
Le profezie che si sono adempiute durante l’effusione della prima pioggia, all’apertura della predicazione del Vangelo, si adempiranno nuovamente durante la seconda pioggia, al suo termine. Qui troveremo “i tempi di refrigerio” di cui parlava l’apostolo Pietro quando disse: “Ravvedetevi dunque e siate convertiti, affinché i vostri peccati siano cancellati, affinché vengano dalla presenza del Signore dei tempi di refrigerio e che Egli vi mandi Gesù” {Atti 3: 19-20}. I servi di Dio, con i loro volti illuminati e brillanti di santa consacrazione, si affretteranno da un luogo all’altro per proclamare il messaggio celeste. In tutto il mondo, migliaia di voci trasmetteranno l’avvertimento. Miracoli saranno compiuti, i malati saranno guariti e segni prodigiosi seguiranno i credenti. Anche Satana opera per mezzo di meravigliose menzogne, fino a far scendere fuoco dal cielo in presenza degli uomini {Apocalisse 13: 13}. Così gli abitanti della terra saranno portati a prendere una posizione. Il messaggio sarà proclamato non tanto dalle argomentazioni quanto dalla profonda convinzione dello Spirito di Dio. Gli argomenti sono stati presentati. Il seme è stato seminato e ora germoglierà, dando i suoi frutti. Le pubblicazioni distribuite dai lavoratori missionari hanno esercitato la loro influenza. Molte persone che non erano riuscite a comprendere la verità, la comprenderanno pienamente e l’accetteranno ubbidendole. Ora i raggi della luce penetrano dappertutto, la verità è vista nella sua chiarezza, e i figli onesti di Dio spezzano le catene che li hanno tenuti prigionieri. I legami familiari e i rapporti con la chiesa non possono più fermarli ora.
La verità è più preziosa di tutto il resto. Nonostante l’unione degli agenti satanici contro la verità, un gran numero si metterà dalla parte del Signore. [612]
“In quel tempo Michele si leverà in piedi, il grande Principe, il difensore dei figliuoli del tuo popolo; e sarà un tempo d’angoscia, quale non se n’ebbe mai da quando esistono le nazioni fino a quell’epoca; e in quel tempo, il tuo popolo sarà salvato; tutti quelli, cioè, che saranno trovati iscritti nel libro” {Daniele 12: 1}. Quando la proclamazione del messaggio del terzo angelo si concluderà i peccatori, che abitano sulla terra, non potranno più supplicare la misericordia divina. Il popolo di Dio ha compiuto la sua missione. Essi hanno ricevuto l’ultima pioggia, ovvero quei “tempi di refrigerio dalla presenza del Signore” {Atti 3: 20} e sono preparati per l’ora della prova che è davanti a loro. Gli angeli si stanno affrettando avanti e indietro nel cielo. Un angelo che ritorna dalla terra annuncia che la sua opera è finita; la prova finale è stata portata sul mondo e tutti coloro che si sono dimostrati fedeli ai precetti divini hanno ricevuto “il sigillo del Dio vivente” {Apocalisse 7: 2}. Gesù, quindi, cessa la sua intercessione nel santuario celeste. Solleva le sue mani e a gran voce dice: “È compiuto” e mentre tutti gli angeli depongono le loro corone si sente il solenne annuncio: “Chi è ingiusto, sia ingiusto ancora; e chi è contaminato si contamini ancora; e colui che è giusto pratichi ancora la giustizia; e colui che è santo, si santifichi ancora” {Apocalisse 22: 11}. Ogni caso è stato deciso per la vita o la morte. Cristo ha fatto l’espiazione per il Suo popolo e ha cancellato i loro peccati. [613]
Il numero dei suoi sudditi è completo; “il dominio, il regno e la gloria” {Daniele 7: 14} stanno per essere dati agli eredi della salvezza; e Gesù regnerà come Re dei re e Signore dei signori. Quando lascerà il santuario, l’oscurità coprirà gli abitanti della terra. In quel tempo spaventoso i giusti devono vivere agli occhi di un Dio santo e senza un intercessore. Il freno che era presente sui malvagi è stato rimosso e Satana ha il controllo totale sulla mente impenitente. La pazienza di Dio è finita. Il mondo ha respinto la Sua misericordia, disprezzato il Suo amore e calpestato la Sua legge. Gli empi hanno oltrepassato i limiti del tempo di grazia loro concesso e lo Spirito di Dio, a cui hanno sempre resistito, alla fine si ritirerà. Non essendo più protetti dalla grazia divina, non hanno alcuna protezione dal maligno. Satana quindi immergerà gli abitanti della terra in un’ultima e grande tribolazione. Mentre gli angeli di Dio cessano di tenere a bada i violenti venti delle passioni umane, tutti gli elementi del conflitto si scateneranno. Il mondo intero sarà coinvolto in una rovina più terribile di quella che è accaduta nell’antica Gerusalemme. Un solo angelo distrusse tutti i primogeniti degli egiziani e riempì la terra di lutto. Quando Davide offese Dio, facendo il censimento del popolo, un solo angelo causò quella terribile distruzione che colpì Israele, attraverso la quale il suo peccato è stato punito. Lo stesso potere distruttivo esercitato dai santi angeli, per ordine di Dio, verrà esercitato dagli angeli malvagi quando Egli lo permetterà loro. Ci sono forze ora pronte, che sono solo in attesa del permesso divino, per diffondere ovunque la desolazione. Coloro che onorano la legge di Dio sono stati accusati di portare i giudizi sul mondo e saranno considerati come la causa degli spaventosi disastri naturali, delle lotte e degli spargimenti di sangue tra gli uomini che stanno riempendo la terra di dolore. Il potere che ha accompagnato l’ultimo avvertimento ha fatto infuriare i malvagi; la loro rabbia si è accesa contro tutti coloro che hanno ricevuto il messaggio e Satana ecciterà ancora più intensamente lo spirito di odio e persecuzione. [614]
Quando la presenza di Dio si ritirò dalla nazione ebraica, i sacerdoti e il popolo non se ne accorsero. Sebbene sotto il controllo di Satana, ed influenzati dalle passioni più orribili e vili, loro si consideravano ancora il popolo scelto di Dio. Il servizio nel tempio continuava; i sacrifici venivano offerti sui suoi altari contaminati ed ogni giorno la benedizione divina veniva invocata su un popolo colpevole del sangue del caro Figlio di Dio, dei Suoi discepoli e apostoli. Quindi, quando la decisione irrevocabile sarà pronunciata nel santuario e il destino del mondo sarà stato deciso per sempre, gli abitanti della terra non se ne renderanno conto. Le forme religiose saranno portate avanti da un popolo ormai privo dello Spirito di Dio; e nel quale lo zelo satanico, con cui il principe del male li ispirerà per il compimento dei suoi disegni maligni, porterà l’apparenza di uno zelo che appartiene a Dio. Poiché il Sabato è diventato il punto speciale di controversia in tutta la cristianità, e poiché le autorità religiose e laiche si sono unite per far rispettare l’osservanza della domenica, il persistente rifiuto di una piccola minoranza di cedere alla richiesta popolare la renderà oggetto del disprezzo universale. Si verrà esortati a non tollerare i pochi che si oppongono a un’istituzione della chiesa e una legge dello stato; è preferibile infatti farli soffrire piuttosto che lasciare l’intera nazione in preda alla confusione e all’illegalità. Lo stesso argomento di molti secoli fa è stato portato contro Cristo dai “governanti del popolo”. “È opportuno per noi”, disse l’astuto Caiafa, “che un uomo solo muoia per il popolo, e non perisca l’intera nazione” {Giovanni 11: 50}. Questo argomento sarà determinante; un decreto, infatti, sarà emanato contro coloro che santificano il Sabato del quarto comandamento, denunciandoli come meritevoli della più severa punizione e dando alla gente la libertà, dopo un certo tempo, di metterli a morte. [615]
Il Cattolicesimo nel Vecchio mondo e il Protestantesimo apostata nel Nuovo seguiranno lo stesso percorso verso coloro che onorano tutti i precetti divini. Il popolo di Dio sarà quindi immerso in quelle scene di afflizione e angoscia descritte dal profeta come “il tempo della distretta di Giacobbe”. “Così parla l’Eterno: Noi udiamo un grido di terrore, di spavento, e non di pace… Perché tutte le facce son diventate pallide? Ahimè, perché quel giorno è grande; non ve ne fu mai altro di simile; è un tempo di distretta per Giacobbe; ma tuttavia egli sarà salvato” {Geremia 30: 5-7}. La notte dell’angoscia di Giacobbe, quando lottò in preghiera per la sua liberazione dalla mano di Esaù {Genesi 32: 24-30}, rappresenta l’esperienza che deve avere il popolo di Dio nei momenti difficili. A causa dell’inganno praticato per assicurarsi la benedizione di suo padre, destinata ad Esaù, Giacobbe era fuggito per salvarsi la vita, allarmato dalle minacce mortali di suo fratello. Dopo essere rimasto per molti anni in esilio, era partito, secondo l’ordine di Dio, per ritornare con le sue mogli e figli, i suoi greggi e le sue mandrie nel suo paese natio. Raggiungendo i confini della terra, fu pieno di terrore dalla notizia che Esaù, alla testa di una banda di guerrieri, si stava avvicinando a lui, senza dubbio, incline alla vendetta. La compagnia di Giacobbe, disarmata e indifesa, sembrava sul punto di cadere vittima delle violenze e dei massacri. Al peso dell’ansia e della paura si aggiunse il peso schiacciante del rimprovero, perché era il suo stesso peccato che aveva portato questo pericolo. La sua unica speranza era nella misericordia di Dio; la sua unica difesa sarebbe stata la preghiera. Eppure, non lasciò nulla di intentato per riparare al torto fatto a suo fratello e per scongiurare il pericolo che lo minacciava. Così i seguaci di Cristo, nel momento in cui si avvicinano alla prova, devono impiegare ogni sforzo per collocarsi in una luce adeguata davanti al popolo, per disarmare i pregiudizi e per scongiurare il pericolo che minaccia la libertà di coscienza. Avendo mandato via la sua famiglia, per non assistere alla sua angoscia, Giacobbe rimase solo per intercedere presso Dio. [616]
Confessando il suo peccato riconobbe con gratitudine la misericordia di Dio verso di lui, mentre con profonda umiliazione, egli ricordava a Dio il patto fatto con i suoi padri e le promesse fatte a lui stesso nella visione notturna a Betel e nella terra del suo esilio. La crisi della sua vita è arrivata; è tutto in gioco. Nell’oscurità e nella solitudine, continua a pregare e a umiliarsi davanti a Dio. All’improvviso una mano si posa sulla sua spalla. Egli pensa che un nemico stia cercando di ucciderlo, e con tutta l’energia proveniente dalla disperazione combatte contro il suo assalitore. Mentre il giorno comincia a spuntare, lo straniero manifesta il suo potere sovrumano; al suo tocco l’uomo forte (Giacobbe) sembra paralizzato e cade; abbandonatosi sul collo del suo misterioso antagonista, si lascia andare in una supplica impotente e piangente. Giacobbe ora si rende conto che Colui con il quale è entrato in conflitto è l’Angelo del patto. Sebbene zoppicante e sofferente di un dolore sempre più acuto, non rinuncia al suo scopo. A lungo ha sopportato la perplessità e i rimorsi a causa del suo peccato; ora vuole avere la certezza di essere perdonato. Il visitatore divino sembra in procinto di partire; ma Giacobbe si aggrappa a Lui, invocando una benedizione. L’angelo lo esorta dicendo: “Lasciami andare, perché spunta l’alba”, ma il patriarca esclama: “Non ti lascerò andare prima che tu m’abbia benedetto” {Genesi 32: 26}. Che confidenza, quale fermezza e perseveranza sono state qui dimostrate! Se questa fosse stata una richiesta presuntuosa, Giacobbe sarebbe stato immediatamente distrutto; ma la sua era la certezza di un uomo che confessa la sua debolezza e indegnità, e che si affida alla misericordia di un Dio che tiene fede al Suo patto. “Lottò con l’angelo e restò vincitore” {Osea 12: 4}. Attraverso l’umiliazione, il pentimento e l’abbandono di sé stesso, questo mortale peccatore errante prevalse sulla Maestà del cielo. Tremando aveva afferrato le promesse di Dio e il cuore dell’Amore Infinito non poteva respingere l’appello di questo peccatore. Come prova del suo trionfo e di incoraggiamento agli altri nell’imitare il suo esempio, il nome di Giacobbe che ricordava il suo peccato fu cambiato con uno che commemorava la sua vittoria. [617]
Il fatto che Giacobbe avesse prevalso con Dio era la certezza che avrebbe prevalso anche con gli uomini. Non temeva più di incontrare la rabbia di suo fratello, perché il Signore era la sua difesa. Satana aveva accusato Giacobbe di fronte agli angeli di Dio, rivendicando il diritto di distruggerlo a causa del suo peccato; egli aveva influenzato Esaù nel marciare contro Giacobbe; e durante la lunga notte di lotta del patriarca, Satana cercò di imporgli un senso di colpa per scoraggiarlo e fargli perdere la fiducia in Dio. Giacobbe fu spinto quasi alla disperazione; egli sapeva che senza l’aiuto del Cielo sarebbe morto. Si era sinceramente pentito del suo grande peccato e si appellò alla misericordia di Dio. Non si sarebbe più allontanato dal suo scopo, ma si sarebbe tenuto aggrappato all’Angelo e avrebbe sollecitato la sua richiesta con forti grida angoscianti fino a quando non avrebbe ottenuto la vittoria. Come Satana influenzò Esaù a marciare contro Giacobbe, così egli susciterà i malvagi per distruggere il popolo di Dio nel “tempo di distretta”. Come ha accusato Giacobbe, così solleciterà le sue accuse contro il popolo di Dio. Egli ritiene gli abitanti del mondo suoi sudditi; ma la piccola compagnia che osserva i comandamenti di Dio sta resistendo alla sua supremazia. Se potesse cancellarli dalla terra, il suo trionfo sarebbe completo. Satana vede che i santi angeli li proteggono, e deduce che i loro peccati sono stati perdonati; ma non sa che i loro casi sono già stati decisi nel santuario celeste. Ha un’accurata conoscenza dei peccati nei quali li ha indotti a cadere e li presenta davanti a Dio nella luce più esagerata, rappresentando questo popolo meritevole, come sé stesso, di essere escluso dal favore divino. Satana dichiara che il Signore non può nella Sua giustizia perdonare i loro peccati e tuttavia distruggere lui e i suoi angeli. Li rivendica come sua preda e chiede che vengano dati nelle sue mani per distruggerli. Visto che Satana accusa il popolo di Dio a causa dei loro peccati, il Signore gli concede il permesso di provarli al massimo. La loro fiducia in Dio, la loro fede e fermezza sarà severamente messa alla prova. [618]
Mentre riesaminano il loro passato, le loro speranze affondano; perché vedono che nella loro intera vita hanno fatto solo poco bene. Sono pienamente consapevoli della loro debolezza e indegnità. Satana si sforza di terrorizzarli con il pensiero che i loro casi sono senza speranza, che la macchia della loro contaminazione non sarà mai lavata via. Spera così di distruggere la loro fede, facendoli quindi cedere alle sue tentazioni e di allontanarli dalla loro fedeltà a Dio. Sebbene il popolo di Dio sarà circondato da nemici che desiderano distruggerli, tuttavia l’angoscia che provano non deriva dalla persecuzione per la verità, ma piuttosto temono di non essersi pentiti di ogni peccato e che per colpa di loro stessi non riusciranno a realizzare l’adempimento della promessa del Salvatore: “Ti preserverò dall’ora della prova, che sta per venire sul mondo intero” {Apocalisse 3: 10}. Se potessero avere la certezza del perdono, non si ritirerebbero dalla tortura o dalla morte; ma se dovessero rivelarsi indegni e perdere la vita a causa dei loro difetti di carattere, allora il santo nome di Dio sarebbe disonorato. I credenti odono ovunque parlare di complotti e tradimenti, e vedono realizzarsi le conseguenze della ribellione; questo fa nascere in loro un intenso desiderio, un ardente desiderio dell’anima, che questa grande apostasia possa essere finalmente interrotta e che la malvagità degli empi possa finire. Ma mentre loro supplicano Dio di porre un freno a quest’opera di ribellione, è con un acuto senso di auto rimprovero che loro stessi non hanno più la forza di resistere e di respingere la potente marea del male. Sentono che se avessero costantemente impiegato tutte le loro capacità nel servizio di Cristo, avanzando sempre di più, le forze di Satana non avrebbero prevalso contro di loro. Affliggendo i loro cuori davanti a Dio, indicando il loro passato pentimento per i molti peccati commessi e implorando la promessa del Salvatore: “Arresterebbe alcuno la mia forza? Faccia pur pace con me, faccia pur pace con me” {Isaia 27: 5}. La loro fede non si indebolisce anche se le loro preghiere non ricevono immediatamente una risposta. [619]
Pur soffrendo l’angoscia, il terrore e la paura più acuta, non cessano le loro preghiere. Afferrano con forza Dio così come Giacobbe si aggrappò all’Angelo e ripetono con lui: “Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto”. Se Giacobbe non si fosse pentito in precedenza del suo peccato, commesso per ottenere il diritto di primogenitura con l’inganno, Dio non avrebbe ascoltato la sua preghiera e non lo avrebbe preservato in vita. Allo stesso modo se il popolo di Dio, nel momento di “distretta”, mentre è torturato dal timore e dall’angoscia, vedesse presentarsi davanti a sé dei peccati non confessati, sarebbe sopraffatto; la sua fede crollerebbe ed egli non potrebbe più rivolgersi a Dio fiducioso di essere liberato. Ma mentre ha un profondo senso di indegnità, non ha peccati nascosti da rivelare. I suoi peccati sono già passati in giudizio e sono stati cancellati; ed esso non può più portarne il ricordo.
Satana induce molti a credere che Dio trascurerà la loro infedeltà negli affari minori della vita; ma il Signore mostra nel Suo rapporto con Giacobbe che Egli non intende approvare o tollerare il male. Tutti quelli che si sforzano di scusare o nascondere i propri peccati non confessati, e quindi non perdonati, e che allo stesso tempo desiderano rimanere nei libri del cielo, saranno sopraffatti da Satana. Quanto più esaltata è la loro professione di fede e quanto più onorevole è la posizione che detengono, tanto più doloroso è il loro comportamento agli occhi di Dio e più sicuro è il trionfo del loro grande avversario. Coloro che ritardano la preparazione per il giorno di Dio non potranno ottenerla nel “tempo di distretta” o in qualsiasi altro momento successivo; il caso di tutti questi sarà senza speranza. Quei cristiani professi che arrivano a quell’ultimissimo conflitto impreparati, nella loro disperazione, confesseranno i loro peccati con parole di bruciante angoscia, mentre i malvagi esulteranno per la loro sofferenza. Queste confessioni sono simili a quelle di Esaù o di Giuda. Coloro che le fanno, si rammaricano del risultato della trasgressione, ma non della loro colpa. [620]
Essi non sentono una sincero pentimento e nessuna avversione al male. Riconoscono il loro peccato, attraverso la paura della punizione; ma, come il faraone, se fosse loro risparmiato il giudizio sfiderebbero nuovamente il Cielo. La storia di Giacobbe ci mostra anche la certezza che Dio non scaccerà coloro che sono stati ingannati, tentati e trascinati nel peccato ma che sono tornati a Lui sinceramente pentiti. Mentre Satana cerca di distruggere questo gruppo, Dio manderà i Suoi angeli a confortarli e proteggerli nel momento del pericolo. Gli assalti di Satana sono feroci e determinati, le sue seduzioni sono terribili; ma l’occhio del Signore è sul Suo popolo e il Suo orecchio ascolta le loro grida. La loro afflizione è grande, le fiamme della fornace sembrano sul punto di consumarli; ma il Raffinatore li tirerà fuori come l’oro purificato nel fuoco. L’amore di Dio per i Suoi figli durante il periodo della loro più dura prova è forte e tenero come nei giorni della loro migliore prosperità; ma è necessario che essi siano posti nella fornace di fuoco; la loro natura terrena deve essere consumata, affinché l’immagine di Cristo possa essere perfettamente riflessa in loro. Il periodo di sofferenza e angoscia richiederà una fede che possa sopportare la stanchezza, il ritardo e la fame; una fede che non svanirà seppur severamente provata. Il periodo di prova è concesso a tutti per prepararsi per quel tempo. Giacobbe ha prevalso perché era perseverante e determinato. La sua vittoria è una prova del potere della preghiera. Tutti coloro che reclameranno le promesse di Dio, così come ha fatto Giacobbe, e saranno tanto seri e perseveranti come lo era lui, riusciranno ad essere vittoriosi. Coloro che non vogliono rinnegare loro stessi, agonizzando davanti a Dio, pregando a lungo e seriamente per la Sua benedizione, non la otterranno. Lottare con Dio: pochi sanno di cosa si tratta! Infatti sono pochi coloro che si lasciano attirare da Dio e che Lo cercano con tutta l’intensità di cui sono capaci! Quando ondate di disperazione, che nessuna parola può esprimere, spazzeranno via i supplicanti, solo pochi si aggrapperanno con inflessibile fede alle promesse di Dio. [621]
Coloro che adesso esercitano poca fede allora saranno nel più grande pericolo di cadere sotto il potere delle delusioni sataniche e di accettare il decreto che limiterà le coscienze. Anche se fossero in grado di sopportare la prova, saranno immersi in angosce particolarmente profonde, perché non si sono mai formati l’abitudine di avere piena fiducia in Dio. Le lezioni di fede che hanno trascurato di apprendere, saranno costretti ad impararle sotto una terribile pressione di scoraggiamento. Dovremmo fin da ora familiarizzare con le promesse di Dio. Gli angeli registrano ogni preghiera sincera e fervente. Dovremmo rinunciare alle gratificazioni egoistiche piuttosto che trascurare la comunione con Dio. La povertà più profonda e la più grande abnegazione accompagnate dalla rispettiva approvazione, sono preferibili alle ricchezze, agli onori, alla comodità e alle amicizie. Dobbiamo prenderci del tempo per pregare. A coloro che permettono alle proprie menti di essere assorbite da interessi mondani, il Signore darà loro ancora poco tempo per rimuovere gli idoli d’oro, di case o di terre fertili. I giovani non si lascerebbero sedurre dal peccato se rifiutassero di entrare in qualsiasi sentiero, salvo quello su cui potrebbero chiedere la benedizione di Dio. Se i messaggeri che portano l’ultimo avvertimento solenne al mondo pregassero per la benedizione di Dio, non in modo freddo, svogliato e pigro, ma con fervore e fede, come faceva Giacobbe, avrebbero trovato molti posti in cui poter dire: “Ho visto Dio faccia a faccia e la mia vita è stata risparmiata” {Genesi 32: 30}. Sarebbero considerati in paradiso come principi, avendo il potere di vincere con Dio e con gli uomini. “Il tempo d’angoscia, come non è mai stato prima” si sta avvicinando rapidamente; e avremo bisogno di un’esperienza che ora non possediamo e che molti sono troppo indolenti per ottenere. Accade spesso che le difficoltà sono considerate maggiori di quanto non lo siano in realtà, ma questo non sarà vero per la crisi che ci attende. L’immaginazione più vivida non potrà comprendere la grandezza della prova. In quel tempo di distretta, ogni persona dovrà resistere da sola davanti a Dio. “Sebbene Noè, Daniele e Giobbe” fossero nel paese, “com’è vero che Io vivo, dice il Signore Dio, non salverebbero né figlio né figlia; non salverebbero che sé stessi, per la loro giustizia” {Ezechiele 14: 20}. [622]
Ora, mentre il nostro grande Sommo Sacerdote sta facendo l’espiazione per noi, dovremmo cercare di diventare perfetti in Cristo. Il nostro Salvatore non ha mai ceduto alla tentazione, neppure con un solo pensiero. Satana, invece, riesce a trovare nei cuori umani un punto debole che gli consente di penetrare; un desiderio peccaminoso accarezzato costa caro, perché attraverso di esso le sue tentazioni si affermano con potere. Ma Cristo dichiarò di sé stesso: “Il principe di questo mondo viene e non ha nulla in Me” {Giovanni 14: 30}. Satana non poteva trovare nulla nel Figlio di Dio che gli avrebbe permesso di ottenere la vittoria. Aveva mantenuto i comandamenti di Suo Padre e in Lui non c’era alcun peccato che Satana potesse usare a suo vantaggio. Questa è la condizione in cui devono essere trovati coloro che dovranno resistere nel “tempo di distretta”. È in questa vita che dobbiamo separare il peccato da noi, attraverso la fede nel sangue espiatorio di Cristo. Il nostro prezioso Salvatore ci invita ad unirci a Lui, ad unire la nostra debolezza alla Sua forza, la nostra ignoranza alla Sua saggezza, la nostra indegnità ai Suoi meriti. La provvidenza di Dio è la scuola in cui impariamo la mansuetudine e l’umiltà di Gesù. Il Signore ce le pone sempre davanti, ma non come vorremmo noi, nel modo che sembra più facile e più piacevole, ma in quello che conduce ai veri obiettivi della vita. Spetta a noi cooperare con gli agenti che il Cielo impiega nell’opera di conformare i nostri caratteri al modello divino. Nessuno può trascurare o differire quest’esperienza, ciò significherebbe un temibile pericolo per la propria vita. L’apostolo Giovanni in visione udì una forte voce in cielo esclamare: “Guai agli abitanti della terra e del mare! Poiché il diavolo è disceso a voi avendo grande ira, perché sa di non avere che un breve tempo” {Apocalisse 12: 12}. Le scene che provocano questa esclamazione sono spaventose. L’ira di Satana aumenta man mano che il suo tempo diminuisce e la sua opera di inganno e distruzione raggiungerà il suo culmine nel momento della distretta. [623]
Fenomeni soprannaturali appariranno in cielo e proveranno la potenza miracolosa dei demoni. Gli spiriti satanici andranno davanti ai re della terra e al mondo intero per ingannarli e spronarli a unirsi a Satana nella sua ultima battaglia contro il governo dei cieli. Per mezzo di questi agenti sia governanti che sudditi saranno ingannati allo stesso modo. Le persone sorgeranno fingendo di essere Cristo in persona e reclamando il titolo e l’adorazione che appartengono al Redentore del mondo. Eseguiranno meravigliosi miracoli di guarigione e professeranno di avere rivelazioni dal cielo in contraddizione con la testimonianza delle Scritture. Come atto culminante nel grande dramma dell’inganno, Satana stesso incarnerà Cristo. La chiesa ha da tempo professato di guardare all’avvento del Salvatore come il compimento delle sue speranze. Ora il grande ingannatore farà credere che Cristo sia già venuto. In diverse parti della terra, Satana si manifesterà tra gli uomini come un essere maestoso di splendore abbagliante, simile alla descrizione del Figlio di Dio dato da Giovanni in {Apocalisse 1: 13-15}. La gloria che lo circonda non può essere superata da tutto ciò che gli occhi mortali abbiano mai potuto vedere. Il grido di trionfo risuona nell’aria: “Cristo è venuto! Cristo è venuto!”. La gente si prostra in adorazione davanti a lui, mentre Satana alza le mani e pronuncia una benedizione su di loro, come Cristo benedisse i Suoi discepoli quando era sulla terra. La sua voce è dolce e sommessa, ma piena di melodia. Con toni gentili e compassionevoli presenta alcune delle stesse amorevoli verità celesti pronunciate dal Salvatore; guarisce le malattie della gente, e quindi, nel suo travestimento da Cristo, afferma di aver cambiato il Sabato in domenica e ordina a tutti di santificare il giorno che ha benedetto. Dichiara che coloro che persistono nel mantenere santo il settimo giorno stanno bestemmiando il suo nome rifiutando di ascoltare i suoi angeli, inviati a loro con questo messaggio di luce e verità. Questa sarà un’illusione forte, quasi suprema. [624]
Come i Samaritani furono ingannati da Simon Mago, anche le moltitudini, dal più piccolo al più grande, prestarono attenzione a queste stregonerie, dicendo: Questo è “il grande potere di Dio” {Atti 8: 10}. Ma il popolo di Dio non sarà fuorviato. Gli insegnamenti di questo falso Cristo non sono conformi alle Scritture. La sua benedizione è pronunciata sugli adoratori della bestia e della sua immagine, lo stesso gruppo su cui la Bibbia dichiara che l’ira incontrollabile di Dio sarà versata. Inoltre a Satana non sarà permesso di contraffare il modo in cui l’avvento di Cristo avrà luogo. Il Salvatore ha avvertito il Suo popolo contro l’inganno su questo punto e ha chiaramente predetto il modo in cui si manifesterà alla Sua seconda venuta. “Sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e mostreranno grandi segni e prodigi; da sedurre, se fosse possibile, persino gli stessi eletti… Pertanto se vi diranno: Ecco, Egli è nel deserto; non vi andate; Ecco, Egli è nelle camere segrete; non crederci poiché come il lampo esce dall’oriente e risplende fino all’ovest; così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo” {Matteo 24: 24-27, 31; Matteo 25: 31; Apocalisse 1: 7; 1 Tessalonicesi 4: 16-17}. Questo avvento non può essere contraffatto. Sarà universalmente conosciuto, assistito dal mondo intero. Solo coloro che sono stati diligenti studenti delle Scritture e hanno ricevuto l’amore della verità saranno protetti dalla potente illusione che porta il mondo in cattività. Con la testimonianza della Bibbia questi rileveranno l’ingannatore nel suo travestimento. L’ora della prova verrà per tutti e con il vaglio della tentazione, il vero cristiano sarà rivelato. Il popolo di Dio sarà così fermamente stabile sulla Sua Parola da non cedere alle prove dei loro sensi? Si aggrapperebbero, in una tale crisi, alla Bibbia e alla Bibbia soltanto? Satana farà tutto il possibile per impedire loro di ottenere una preparazione per stare in piedi quel giorno. Egli organizzerà le cose in modo tale da ostacolare la loro strada, intrecciandola con i tesori terreni, facendogli portare un fardello pesante e faticoso, affinché i loro cuori siano sovraccaricati delle preoccupazioni di questa vita e che il giorno della prova possa venire su di loro come un ladro. [625]
Quando i vari governi del mondo cristiano avranno emanato contro gli osservatori dei comandamenti un decreto che li priverà della protezione del governo per consegnarli nelle mani di coloro che desiderano la loro distruzione, il popolo di Dio fuggirà dalle città e dai villaggi e si unirà in gruppi, dimorando nei luoghi più desolati e solitari. Molti troveranno rifugio nelle fortezze delle montagne. Come i cristiani delle valli piemontesi, trasformeranno i luoghi elevati della terra nei loro santuari e renderanno grazie a Dio per le “rocche fortificate” {Isaia 33: 16}. Ma molti, fra tutte le nazioni e fra tutte le classi, alte e basse, ricche e povere, bianche e nere, saranno gettati nella schiavitù più ingiusta e crudele. Gli amati di Dio passeranno giorni nella stanchezza, legati in catene, chiusi da sbarre di prigione, condannati ad essere uccisi ed alcuni apparentemente lasciati morire di fame in oscure e disgustose segrete. Nessun orecchio umano è aperto a sentire i loro lamenti; nessuna mano umana è pronta a dare loro aiuto. Il Signore dimenticherà il Suo popolo in quest’ora di prova? Ha dimenticato il fedele Noè quando i giudizi sono stati visitati sul mondo antidiluviano? Ha dimenticato Lot quando il fuoco è sceso dal cielo per consumare le città della pianura? Ha dimenticato Giuseppe circondato da idolatri in Egitto? Ha forse dimenticato Elia quando il giuramento di Izebel lo ha minacciato della stessa fine che hanno fatto i profeti di Baal? Ha dimenticato Geremia nell’oscura e lugubre buca della sua prigione? Ha dimenticato i tre giovani nella fornace ardente? O Daniele nella fossa dei leoni? Sion ha detto: “Il Signore mi ha abbandonato e il mio Signore mi ha dimenticato”. Può una donna dimenticare il suo bambino che allatta, cessando di avere compassione del figlio del suo grembo? Quand’anche le madri dimenticassero, Io non mi dimenticherò di te. Ecco, io ti ho inciso sui palmi delle mie mani” {Isaia 49: 14-16}. Il Signore degli eserciti ha detto: “Chi tocca voi, tocca la pupilla del suo occhio” {Zaccaria 2: 8}. [626]
Sebbene i nemici possano spingerli in prigione, tuttavia i muri delle segrete non possono interrompere la comunicazione tra loro e Cristo. Colui che vede ogni loro debolezza, che conosce ogni loro prova è superiore alle potenze terrene; gli angeli verranno a loro in celle solitarie, portando luce e pace dal cielo. La prigione sarà come un palazzo, poiché in esso abita chi è ricco nella fede; e le cupe mura saranno illuminate dalla luce celeste come quando Paolo e Sila pregarono e cantarono lodi a mezzanotte nella prigione di Filippi. I giudizi di Dio saranno riversati su coloro che cercano di opprimere e distruggere il Suo popolo. La Sua lunga pazienza nei confronti dei malvagi incoraggia gli uomini alla trasgressione, ma la loro punizione è tuttavia certa e terribile perché è a lungo ritardata. “Il Signore si leverà come al monte Perazim, Egli si adirerà come nella valle di Gabaon, affinché compia la sua opera, la sua singolare opera; e porti a compimento il Suo atto, il Suo atto inaudito” {Isaia 28: 21}. Per il nostro Dio misericordioso l’atto di punizione è qualcosa di strano. “Come vivo, dice il Signore Dio, non ho alcun piacere nella morte dei malvagi” {Ezechiele 33: 11}. Il Signore è “misericordioso e clemente, lento all’ira e ricco in bontà e in fedeltà… perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato”. Eppure “non terrà in alcun modo il colpevole per innocente” {Esodo 34: 6-7}. “Il Signore è lento all’ira, e grande in potenza, ma non tiene il colpevole per innocente” {Nahum 1: 3}. Attraverso castighi giusti Egli rivendicherà l’autorità della Sua legge calpestata. La severità della punizione, in attesa del trasgressore, può essere valutata dalla riluttanza del Signore ad eseguire giustizia. La nazione che Egli ha sopportato a lungo, e che non colpirà fino a quando non avrà riempito la misura della sua iniquità nei confronti di Dio, alla fine berrà il calice dell’ira senza misericordia. Quando Cristo cessa la Sua intercessione nel santuario, l’ira della Sua collera, minacciata contro coloro che adorano la bestia e la sua immagine e ricevono il suo marchio {Apocalisse 14: 9-10}, sarà versata. Le piaghe dell’Egitto, quando Dio stava per liberare Israele, erano di una natura simile a quei giudizi più terribili e vasti che devono cadere sul mondo proprio prima della liberazione finale del popolo di Dio. [627]
Il profeta Giovanni nel descrivere quei terribili flagelli disse: “un’ulcera maligna e dolorosa colpì gli uomini che avevano il marchio della bestia e che adoravano la sua immagine”. Il mare “divenne come il sangue di un uomo morto: ed ogni essere vivente morì nel mare… i fiumi e le fonti delle acque… divennero sangue”. Per quanto siano terribili, questi flagelli sono del tutto giustificati. L’angelo di Dio dichiara: “Tu sei giusto, o Signore… per aver giudicato così. Poiché hanno versato il sangue dei santi e dei profeti, e tu hai dato loro da bere sangue; perché ne sono degni” {Apocalisse 16: 2-6}. Condannando a morte il popolo di Dio, essi si sono effettivamente resi colpevoli del suo sangue come se fosse stato versato dalle loro mani. Allo stesso modo, Cristo dichiarò gli Ebrei del suo tempo colpevoli di tutto il sangue degli uomini santi che era stato versato dai giorni di Abele in poi; perché essi erano animati dallo stesso spirito e si preparavano a imitare gli uccisori dei profeti. Nella piaga che segue, il potere è dato al sole “per bruciare gli uomini con il fuoco. E gli uomini furono bruciati con grande calore” {Apocalisse 16: 8-9}. I profeti descrivono così la condizione della terra in questo tempo spaventoso: “La terra langue… perché la messe del campo è perita… Tutti gli alberi del campo sono appassiti: perché la gioia è avvizzita dai figli degli uomini… Il seme è marcio sotto le loro zolle, i granai sono lasciati desolati… Oh! Come geme il bestiame! Le mandrie sono perplesse, perché non hanno pascolo… I fiumi d’acqua sono prosciugati, e il fuoco ha divorato i pascoli del deserto” {Gioele 1: 10-12, 17-20}. “In quel giorno, dice il Signore Dio: I canti del tempio diventeranno urla, ci saranno molti corpi morti in ogni luogo; saranno gettati dappertutto in silenzio” {Amos 8: 3}. Queste piaghe non saranno universali, perché altrimenti morirebbero tutti gli abitanti della terra. [628]
Eppure saranno i flagelli più terribili che siano mai stati conosciuti dai mortali. Tutti i giudizi sugli uomini, prima della fine della prova, sono stati mescolati con misericordia. Il sangue supplicante di Cristo ha protetto il peccatore dal ricevere la piena misura della sua colpevolezza; ma nel giudizio finale, l’ira viene versata senza misericordia. In quel giorno, moltitudini desidereranno ricevere la misericordia di Dio che hanno disprezzato per tanto tempo. “Ecco, vengono i giorni, dice il Signore, l’Eterno, ch’io manderò la fame nel paese, non fame di pane o sete d’acqua, ma fame e sete d’udire le parole dell’Eterno. Allora, errando da un mare all’altro, dal settentrione al levante, correranno qua e là in cerca della parola dell’Eterno, ma non la troveranno” {Amos 8: 11-12}. Il popolo di Dio non sarà esente dalla sofferenza; ma mentre sono perseguitati e angosciati, mentre sopportano le privazioni e soffrono per la mancanza di cibo, non saranno lasciati perire. Quel Dio che si prese cura di Elia non passerà oltre ad alcuno dei Suoi figli che si sacrificano. Colui che numera i capelli della loro testa si prenderà cura di loro e in tempo di carestia saranno saziati. Mentre i malvagi muoiono di fame e pestilenza, gli angeli proteggono i giusti e provvederanno alle loro necessità. A “colui che cammina giustamente” viene fatta la promessa: “il suo pane gli sarà dato; la sua acqua gli sarà assicurata” {Isaia 33: 15-16}. “Quando il povero e il bisognoso cercano l’acqua, e non ce n’è; la loro lingua si secca per la sete, Io il Signore li ascolterò, Io l’Iddio d’Israele non li abbandonerò” {Isaia 41:17}. “Poiché il fico non fiorirà, non ci sarà più frutto nelle vigne; il prodotto dell’ulivo fallirà, i campi non daranno più cibo, i greggi verranno a mancare negli ovili, e non ci saranno più buoi nelle stalle; ma io mi rallegrerò nell’Eterno, esulterò nell’Iddio della mia salvezza” {Abacuc 3: 17-18}. [629]
“L’Eterno è colui che ti protegge; l’Eterno è la tua ombra; egli sta alla tua destra. Di giorno il sole non ti colpirà, né la luna di notte. L’Eterno ti proteggerà da ogni male; egli proteggerà l’anima tua” {Salmo 121: 5-7}. “Certo Egli ti libererà dal laccio dell’uccellatore e dalla peste mortifera. Egli ti coprirà con le sue penne, e sotto le sue ali troverai rifugio. La sua fedeltà ti è scudo e corazza. Tu non temerai lo spavento notturno, né la saetta che vola di giorno, né la peste che va attorno nelle tenebre, né lo sterminio che infierisce in pieno mezzodì. Mille te ne cadranno al fianco, e diecimila alla destra; ma tu non ne sarai colpito. Solo contemplerai coi tuoi occhi e vedrai la retribuzione degli empi. Poiché tu hai detto: Oh Eterno, tu sei il mio rifugio; tu hai preso l’Altissimo come tuo riparo, male alcuno non ti coglierà, né piaga alcuna s’accosterà alla tua tenda” {Salmo 91: 3-10}. Tuttavia da un punto di vista umano sembrerà che il popolo di Dio debba presto sigillare la loro testimonianza con il proprio sangue come fecero i martiri prima di loro. Loro stessi cominciano a temere che il Signore li abbia lasciati cadere per mano dei loro nemici. È un momento di angoscia spaventosa. Giorno e notte gridano a Dio per la liberazione.
Il malvagio esulta e si sente il grido beffardo: “Dov’è la tua fede ora? Perché Dio non ti libera dalle nostre mani se tu fai parte per davvero del Suo popolo?”. Ma essi si ricorderanno che Gesù morì sulla croce del Calvario e che i capi sacerdoti e governanti urlavano in scherno: “Ha salvato gli altri e non può salvare Sé stesso! Se Lui è il Re d’Israele, scenda ora dalla croce e noi crederemo in Lui” {Matteo 27: 42}. Come Giacobbe, tutti stanno lottando con Dio. I loro volti esprimono la loro lotta interiore. Il pallore si posa su ogni faccia. Eppure non cessano la loro sincera intercessione. Se gli uomini potessero vedere con gli occhi dello spirito, vedrebbero schiere di angeli, che eccellono in forza, accampati intorno a coloro che sono rimasti fedeli osservando la Parola della pazienza di Cristo. Con tenera simpatia questi angeli vedono la loro angoscia e odono le loro preghiere. Essi aspettano l’ordine del loro Comandante per strapparli dal pericolo. Ma devono aspettare ancora un po’. [630]
Il popolo di Dio deve bere il calice di Gesù ed essere battezzato con il Suo battesimo. Il ritardo, così doloroso per loro, è la migliore risposta alle loro preghiere. Mentre si sforzano di attendere fiduciosamente che il Signore operi, sono portati ad esercitare fede, speranza e pazienza, che sono state esercitate troppo poco durante la loro esperienza religiosa. Eppure, per gli eletti, il tempo di distretta sarà abbreviato. “Dio non vendica i suoi eletti, che piangono giorno e notte per Lui?… Io vi dico che li vendicherà prontamente” {Luca 18: 7-8}. La fine arriverà più rapidamente di quanto gli uomini si aspettino. Il grano sarà raccolto e legato in fasci per il granaio di Dio; mentre le zizzanie, saranno legate in fasci per il fuoco della distruzione. Le sentinelle celesti, fedeli alla loro speranza, continuano il loro turno. Sebbene un decreto generale abbia fissato il tempo in cui gli osservatori dei comandamenti potranno essere messi a morte, i loro nemici in alcuni casi anticiperanno il decreto e, prima che venga fissata quella data, tenteranno di togliere loro la vita. Ma nessuno potrà passare oltre i potenti guardiani che si trovano intorno ad ogni fedele. Alcuni sono assaliti nella fuga dalle città e dai villaggi; ma le spade sollevate contro di loro si spezzeranno e cadranno impotenti come un fil di paglia. Altri, invece, saranno difesi da angeli sotto forma di guerrieri. In tutte le epoche, Dio ha operato attraverso i santi angeli per il soccorso e la liberazione del Suo popolo. Gli esseri celesti si sono impegnati attivamente negli affari degli uomini. Sono apparsi vestiti con indumenti che brillavano come il lampo; sono venuti come uomini nella veste di viandanti. Gli angeli sono apparsi in forma umana agli uomini di Dio. Si sono riposati, come se fossero stanchi, sotto le querce a mezzogiorno. Hanno accettato l’ospitalità delle case umane. Hanno fatto le guide ai viaggiatori che avevano smarrito la strada. Hanno, con le loro stesse mani, acceso fuochi sull’altare. Hanno aperto le porte delle prigioni e liberato i servi del Signore. Vestiti della gloria celeste, vennero per rotolare via la pietra dalla tomba del Salvatore. [631]
Sotto forma di uomini, gli angeli, sono spesso nelle assemblee dei giusti; ma anche in quelle dei malvagi, come successe mentre andavano a Sodoma, per registrare le loro azioni, per determinare se hanno superato il confine della tolleranza di Dio. Il Signore nella misericordia e per il bene di pochi che Lo servono veramente, riduce le calamità e prolunga la tranquillità delle moltitudini. Pochi peccatori si rendono conto di essere debitori della propria vita ai pochi fedeli che amano ridicolizzare ed opprimere. Sebbene i governanti di questo mondo non lo sappiano, eppure, spesso nei loro consigli gli angeli sono stati portavoce. Gli occhi umani li hanno visti; le orecchie umane hanno ascoltato i loro appelli; le labbra umane si sono opposte ai loro suggerimenti e hanno ridicolizzato i loro consigli; le mani umane li hanno perfino maltrattati. Nella sala del consiglio e nella corte di giustizia, questi messaggeri celesti hanno mostrato un’intima conoscenza della storia umana; si sono dimostrati più capaci di difendere la causa degli oppressi, di quanto non lo fossero i loro sostenitori più abili ed eloquenti. Hanno impedito progetti e hanno fermato mali che avrebbero ritardato enormemente il lavoro di Dio e che avrebbero causato grandi sofferenze al Suo popolo. Nell’ora del pericolo e dell’angoscia “l’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che Lo temono e li libera” {Salmo 34: 7}. Con un sincero desiderio, il popolo di Dio attende i segni della venuta del loro Re. Quando alle sentinelle viene chiesto: “A che punto è la notte?”, la risposta viene data in modo infallibile: “La mattina viene, e viene anche la notte” {Isaia 21: 11-12}. La luce brilla sulle nuvole sopra le cime delle montagne. Presto ci sarà una rivelazione della sua gloria. Il Sole della giustizia sta per brillare. Il mattino e la notte sono entrambi a portata di mano; l’inizio del giorno senza fine per i giusti, l’assestamento della notte eterna per i malvagi. Mentre i combattenti rivolgono le loro preghiere a Dio, il velo che li separa dall’invisibile sembra quasi ritirato. I cieli si illuminano con l’alba del giorno eterno e, simili alla melodia di un cantico angelico, risuonano all’orecchio le parole: “Rimani fedele, l’aiuto viene”. [632]
L’aiuto sta arrivando. Cristo, l’onnipotente Vincitore, offre ai Suoi stanchi soldati una corona di gloria immortale; dalle porte socchiuse del cielo si sente la Sua voce: “Ecco, io sono con te. Non essere spaventato. Conosco tutti i tuoi dolori; Io ho sopportato i tuoi dolori. Non stai combattendo contro nemici inesperti. Io ho combattuto la battaglia per te e nel Mio nome tu sei più che vincitore”. Il prezioso Salvatore invierà l’aiuto proprio quando ne avremo più bisogno. La via del cielo è consacrata dalle Sue orme. Ogni spina che ferisce i nostri piedi ha ferito anche i Suoi. Ogni croce che siamo chiamati a sopportare, Lui l’ha già portata prima di noi. Il Signore permette che ci siano lotte, per preparare l’anima alla pace. “Il tempo di distretta” è una prova terribile per il popolo di Dio; ma questo sarà il momento per ogni vero credente di alzare lo sguardo e, per fede, vedere l’arcobaleno della promessa che lo circonda. “I riscattati dell’Eterno torneranno, verranno con canti di gioia a Sion, e un’allegrezza eterna coronerà il loro capo; otterranno letizia, allegrezza, il dolore e il gemito fuggiranno. Io, Io son colui che vi consola; chi sei tu che tu tema l’uomo che deve morire, e il figliuol dell’uomo che passerà come erba; che tu dimentichi l’Eterno, che t’ha fatto… che tu tremi continuamente… dinanzi al furore dell’oppressore, quando s’appresta a distruggere? Dov’è dunque il furore dell’oppressore? Colui ch’è curvo nei ceppi sarà presto liberato; non morirà nella fossa, e non gli mancherà il pane. Poiché io sono l’Eterno, il tuo Dio, che solleva il mare, e ne fa muggire le onde; il cui nome è: l’Eterno degli eserciti. Ed Io ho messo le mie parole nella tua bocca, e t’ho coperto con l’ombra della mia mano” {Isaia 51: 11-16}. “Perciò, ascolta ora questo, o infelice e ubriaca, ma non di vino! Così parla il tuo Signore, l’Eterno, il tuo Dio, che difende la causa del suo popolo: Ecco, io ti tolgo di mano la coppa di stordimento, il calice, la coppa del mio furore; tu non la berrai più! Io la metterò in mano dei tuoi persecutori, che dicevano all’anima tua: “Chinati, che ti passiamo addosso!”, tu facevi del tuo dosso un suolo, una strada per i passanti!” {Isaia 51: 21-23}. [633]
L’occhio di Dio, guardando lungo i secoli, era fissato sulla crisi che il Suo popolo doveva incontrare, quando le potenze terrene si sarebbero schierate contro di loro. Come il prigioniero esiliato, avranno paura della morte a causa della fame o della violenza. Ma il Santo che ha diviso il Mar Rosso davanti a Israele, manifesterà la Sua potenza e trasformerà la loro prigionia. “Saranno miei, dice il Signore degli eserciti, in quel giorno saranno la mia proprietà particolare; e li risparmierò, come un uomo risparmia il suo stesso figlio che lo serve” {Malachia 3: 17}. Se il sangue dei testimoni fedeli di Cristo fosse versato in questo momento, esso non sarebbe, come invece lo fu il sangue dei martiri, il seme di un raccolto alla gloria di Dio. La loro fedeltà non sarebbe più una testimonianza per convincere gli altri della verità; poiché il cuore inflessibile ha respinto le onde della misericordia fino a non poter più tornare indietro. Se i giusti fossero ora lasciati cadere in preda dei loro nemici, sarebbe un trionfo per il principe delle tenebre. Il salmista dice: “Nel tempo della difficoltà Egli mi nasconderà nella Suo tenda: nel segreto del suo tabernacolo Egli mi nasconderà” {Salmo 27: 5}. Cristo ha detto: “Vieni, popolo mio, entra nelle tue stanze e chiudi le tue porte dietro di te: nascondi te stesso per un breve momento, finché l’indignazione non si esaurisca. Poiché, ecco, il Signore viene dalla sua dimora per punire gli abitanti della terra a causa della loro iniquità” {Isaia 26: 20-21}. Gloriosa sarà la liberazione di coloro che hanno pazientemente atteso la Sua venuta e i cui nomi sono scritti nel libro della vita. [634]
Quando la protezione delle leggi umane sarà ritirata da coloro che onorano la legge di Dio, ci saranno movimenti simultanei in diversi paesi che avranno come scopo la loro distruzione. Mentre il tempo stabilito dal decreto si avvicina, la gente cospirerà per sradicare la setta tanto odiata. Verrà fissata una notte nella quale sarà inferto un colpo decisivo, che metterà a tacere completamente la voce del rimprovero e del dissenso. Il popolo di Dio – alcuni nelle celle delle prigioni, alcuni nascosti in rifugi solitari, nelle foreste e nelle montagne – invocano ancora la protezione divina. In ogni quartiere gruppi di uomini armati, incalzati da schiere di angeli malvagi, si preparano per compiere la loro opera di sterminio. È proprio ora, nel momento più critico, che il Dio di Israele si interpone per la liberazione dei Suoi eletti. Il Signore dice: “Allora intonerete canti, come la notte quando si celebra una festa; e avrete la gioia nel cuore, come colui che cammina… per andare al monte dell’Eterno, alla Rocca d’Israele. L’Eterno farà udire la sua voce maestosa, e mostrerà come colpisce col suo braccio nel furore della sua ira, tra le fiamme d’un fuoco divorante, in mezzo alla tempesta, a un diluvio di pioggia, a un uragano di sassi” {Isaia 30: 29-30}. Con grida di trionfo, scherno e imprecazione, folle di uomini malvagi stanno per precipitarsi sopra la loro preda, quand’ecco, una densa oscurità, più profonda delle tenebre della notte, scende sulla terra. [635]
Poi un arcobaleno, risplendente della gloria del trono di Dio, sembra abbracciare i cieli e attorniare ogni gruppo di persone che prega. Le moltitudini arrabbiate si fermano improvvisamente. Le loro grida di scherno si estinguono. Gli oggetti della loro rabbia omicida sono dimenticati. Con timorosi presentimenti fissano il simbolo dell’alleanza di Dio e desiderano essere protetti dal Suo splendore travolgente. Per il popolo di Dio si ode una voce chiara e melodiosa che dice: “Guardate in alto” e, alzando gli occhi al cielo, vedono l’arcobaleno della promessa. Le nuvole nere e rabbiose che coprivano il firmamento si dividono e come Stefano, essi guardano risolutamente in cielo vedendo la gloria di Dio e il Figlio dell’uomo seduto sul Suo trono. Nella forma divina di Gesù essi discernono i segni della Sua umiliazione; e dalle Sue labbra ascoltano la richiesta presentata al Padre Suo e ai santi angeli: “Padre, io voglio che dove sono io, siano meco anche quelli che tu m’hai dati” {Giovanni 17: 24}. Di nuovo si sente una voce, sonora e trionfante, che dice: “Arrivano! Arrivano! Santi, innocenti e incontaminati. Hanno mantenuto la parola della Mia pazienza; essi cammineranno fra gli angeli”. Le labbra pallide e tremanti di coloro che hanno mantenuto la loro fede emettono un grido di vittoria. È a mezzanotte che Dio manifesta il Suo potere per la liberazione del Suo popolo. Il sole appare splendente nella sua massima forza. Segni e prodigi seguono in rapida successione. I malvagi guardano con terrore e stupore la scena, mentre i giusti vedono con solenne gioia i segni della loro liberazione. Tutto nella natura sembra uscito dal suo normale corso. I fiumi cessano di fluire. Nuvole scure e pesanti si avvicinano e si scontrano l’una contro l’altra. Nel mezzo dei cieli vi è uno spazio chiaro di gloria indescrivibile, da dove viene la voce di Dio come il suono di molte acque, che dice: “È compiuto” {Apocalisse 16: 17}. Quella voce scuote i cieli e la terra. [636]
Ecco un potente terremoto “un gran terremoto, tale, che da quando gli uomini sono stati sulla terra, non si ebbe mai un terremoto così grande e così forte” {Apocalisse 16: 17-18}. Il firmamento sembra aprirsi e chiudersi. La gloria del trono di Dio sembra lampeggiare. Le montagne si scuotono come una canna al vento e le rocce frastagliate sono sparse da ogni lato. C’è un ruggito come di una tempesta in arrivo. Il mare è sferzato dalla furia. Il fragore dell’uragano è simile a voci di demoni che compiono un’opera di distruzione. Tutta la terra si gonfia e si abbassa come le onde del mare. La sua superficie si schianta. Le sue stesse fondamenta sembrano cedere. Le catene montuose affondano. Le isole abitate scompaiono. I porti marittimi che sono diventati come Sodoma per la malvagità vengono inghiottiti dalle acque adirate. Dio si è ricordato di Babilonia la grande “per darle il calice del vino del furore della sua ira”. Grandine “del peso di circa un talento” stanno svolgendo la loro opera di distruzione {Apocalisse 16: 19-21}. Le città più orgogliose della terra sono in rovina. I palazzi signorili, sui quali i grandi uomini del mondo hanno profuso le loro ricchezze per glorificarsi, si stanno sgretolando in rovina davanti ai loro occhi. Le mura delle prigioni sono squarciate e il popolo di Dio, che è stato tenuto in schiavitù per la loro fede, ora viene liberato. Le tombe sono aperte e “molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: alcuni per la vita eterna, altri per la vergogna e il disprezzo eterno” {Daniele 12: 2}. Tutti coloro che sono morti nella fede del messaggio del terzo angelo escono dalla tomba glorificati, per ascoltare il patto di pace di Dio con coloro che hanno osservato la Sua legge. “Anche coloro che lo trafissero” {Apocalisse 1: 7}, coloro che derisero e disprezzarono il Cristo morente e gli oppositori più violenti della Sua verità e del Suo popolo, sono risuscitati per contemplare la Sua gloria e per vedere l’onore dato a quelli che sono stati fedeli e obbedienti.
Le nuvole spesse coprono ancora il cielo; tuttavia il sole ogni tanto irrompe, apparendo come l’occhio vendicatore di Geova. [637]
I lampi prevalgono nel cielo, avvolgendo la terra in un lenzuolo di fiamme. Al di sopra del terrificante rombo dei tuoni, voci misteriose e terribili, dichiarano il destino dei malvagi. Le parole pronunciate non sono comprese da tutti; ma sono chiaramente capite dai falsi insegnanti. Coloro che poco prima erano così spericolati, così vanagloriosi e provocatori, così esultanti nella loro crudeltà verso gli osservatori dei comandamenti di Dio, ora sono sopraffatti dalla costernazione e tremanti di paura. I loro lamenti si sentono più del frastuono degli elementi. I demoni riconoscono la divinità di Cristo e tremano davanti al Suo potere, mentre gli uomini supplicano pietà e si struggono in preda al terrore. Ecco come i profeti dell’antichità videro in una visione santa il giorno di Dio: “Urlate, poiché il giorno dell’Eterno è vicino; esso viene come una devastazione dell’Onnipotente” {Isaia 13: 6}. “Entra nella roccia, e nasconditi nella polvere per sottrarti al terrore dell’Eterno e allo splendore della sua maestà. Lo sguardo altero dell’uomo sarà abbassato, e l’orgoglio dei mortali sarà umiliato; l’Eterno solo sarà esaltato in quel giorno. Poiché l’Eterno degli eserciti ha un giorno contro tutto ciò che è orgoglioso ed altero, e contro chiunque s’innalza, per abbassarlo… In quel giorno, gli uomini getteranno ai topi e ai pipistrelli gl’idoli d’argento e gl’idoli d’oro, che s’erano fatti per adorarli; ed entreranno nelle fessure delle rocce e nei crepacci delle rupi per sottrarsi al terrore dell’Eterno e allo splendore della sua maestà, quando Egli si leverà per far tremar la terra” {Isaia 2: 10-12, 20-21}. Attraverso una spaccatura tra le nuvole si affaccia una stella la cui brillantezza è quadruplicata in contrasto all’oscurità. Proclama speranza e gioia ai fedeli, ma severità ed ira ai trasgressori della legge di Dio. Coloro che hanno sacrificato tutto per Cristo sono ora al sicuro, nascosti e protetti dal Signore. Sono stati messi alla prova e, davanti al mondo e a quanti hanno disprezzato la verità, hanno dimostrato la loro fedeltà a Colui che è morto per loro. [638]
Un meraviglioso cambiamento è avvenuto in coloro che hanno tenuto salda la loro integrità proprio davanti alla morte. Sono stati improvvisamente liberati dall’oscura e terribile tirannia di uomini trasformati in demoni. Le loro facce che un tempo erano pallide, ansiose e spaventate, sono ora piene di meraviglia, fede e amore. Le loro voci si innalzano in un canto trionfante: “Dio è per noi un rifugio ed una forza, un aiuto sempre pronto nelle distrette. Perciò noi non temeremo, anche quando fosse sconvolta la terra, quando i monti fossero smossi in seno ai mari, quando le acque del mare muggissero e schiumassero, e per il loro gonfiarsi tremassero i monti” {Salmo 46: 1-3}. Mentre queste parole di santa fiducia salgono a Dio, le nuvole si dissipano e i cieli stellati tornano ad essere visti, indicibilmente gloriosi, in contrasto con il firmamento nero e minaccioso sull’altra parte dell’orizzonte. La gloria della città celeste scorre dalle porte socchiuse. Poi appare in cielo una mano che regge due tavole di pietra piegate insieme. Il profeta dice: “I cieli dichiarano la sua giustizia: poiché Dio stesso sta per giudicare” {Salmo 50: 6}. Quella santa legge, la giustizia di Dio, che tra il tuono e la fiamma venne proclamata dal Sinai come guida di vita, ora è rivelata all’umanità come l’unica regola del giudizio. La mano apre le tavole, e si vedono i precetti del Decalogo, tracciati come con una penna di fuoco. Le parole sono così semplici che tutti possono leggerle. La memoria è risvegliata, l’oscurità della superstizione e dell’eresia viene spazzata via da ogni mente, e le dieci parole di Dio, brevi, complete e autorevoli, sono presentate alla vista di tutti gli abitanti della terra. È impossibile descrivere l’orrore e la disperazione di coloro che hanno calpestato i sacri comandamenti di Dio. Il Signore aveva dato loro la Sua legge: essi avrebbero potuto meditarla e rendersi conto dei propri limiti mentre c’era ancora il tempo per pentirsi e riformarsi; ma invece, per assicurarsi il favore del mondo, misero da parte i Suoi precetti e insegnarono agli altri a trasgredirli. [639]
Si sono anche sforzati di costringere il popolo di Dio a profanare il Suo Sabato. Ora sono condannati da quella legge che hanno tanto disprezzato. Con terribile chiarezza si rendono conto di essere senza scuse. Essi hanno ormai scelto chi avrebbero servito e adorato. “E voi vedrete di nuovo la differenza che v’è fra il giusto e l’empio, fra colui che serve Dio e colui che non lo serve” {Malachia 3: 18}.
I nemici della legge di Dio, dai pastori fino ai più semplici, hanno una nuova concezione della verità e del dovere. Si sono accorti troppo tardi che il Sabato del quarto comandamento è il sigillo del Dio vivente. Hanno visto troppo tardi la vera natura del loro falso sabato e si rendono conto di aver costruito su un terreno sabbioso. Scoprono così di aver combattuto contro Dio. Gli insegnanti religiosi hanno condotto le anime alla perdizione mentre professavano di guidarli verso le porte del Paradiso. Solo nel giorno del giudizio finale si saprà quanto sia stata grande la responsabilità di uomini che occupavano posizioni di sacra responsabilità e quanto siano stati gravi i risultati della loro infedeltà. Solo nell’eternità potremo correttamente stimare la perdita di una singola anima. Sarà il destino di colui al quale Dio dirà: “Allontanati, servo malvagio!”. La voce di Dio viene ascoltata dal cielo, essa dichiara il giorno e l’ora della venuta di Gesù e proclama il patto eterno al Suo popolo. Come i rintocchi del tuono più potente le Sue parole percorrono la terra. L’Israele di Dio è in ascolto, con gli occhi fissi verso l’alto. Il loro volto è illuminato dalla Sua gloria e risplende come il viso di Mosè quando scese dal Sinai. I malvagi non possono sopportare la loro vista. Quando la benedizione viene pronunciata su coloro che hanno onorato Dio mantenendo santo il Suo Sabato, si sente un potente grido di vittoria. Presto appare ad est una piccola nuvola nera, grande circa la metà della mano di un uomo. È la nuvola che circonda il Salvatore e che sembra in lontananza essere avvolta nell’oscurità. Il popolo di Dio sa che questo è il segno del Figlio dell’uomo. [640]
In un silenzio solenne la guardano mentre si avvicina alla terra, diventando più luminosa e più gloriosa, fino a diventare come una grande nuvola bianca; la sua base è di gloria come fosse divorata dal fuoco e sopra di essa l’arcobaleno del patto. Gesù la cavalca come un potente conquistatore. Non più come un “uomo di dolori”, per bere l’amaro calice della vergogna e della sventura, ma Egli viene, vincitore in cielo e in terra, per giudicare i vivi e i morti. “Fedele e veritiero… nella giustizia Egli giudica e fa guerra” seguito dagli “eserciti che sono in cielo” {Apocalisse 19: 11, 14). Con gli inni della melodia celeste dei santi angeli, una vasta folla innumerevole, Lo segue sulla Sua via. Il firmamento sembra riempito di forme raggianti: “mille migliaia e diecimila miriadi”. Nessuna penna umana può descrivere la scena; nessuna mente mortale è adeguata a concepire il Suo splendore. “La Sua gloria copre i cieli, e la terra è piena delle Sue lodi. Il Suo splendore è come la luce” {Abacuc 3: 3-4}. Mentre la nuvola vivente si avvicina sempre di più, ogni occhio vede il Principe della vita. Nessuna corona di spine orna quella testa sacra; ma un diadema di gloria riposa sulla Sua santa fronte. Il Suo volto eclissa lo splendore abbagliante del sole di mezzogiorno. “E ha sulla sua veste e sulla sua coscia un nome scritto: Re dei re e Signore dei signori” {Apocalisse 19: 16}. In Sua presenza “tutti i volti sono trasformati in pallidi” {Geremia 30: 6}, coloro che respingono la misericordia di Dio cadono nel terrore della disperazione eterna. “Il cuore si strugge e le ginocchia tremano… le loro facce impallidiscono” {Nahum 2: 10}. Il giusto grida vacillando: “Chi può stare in piedi?”. La canzone degli angeli cessa e c’è un periodo di tremendo silenzio. Quindi si sente la voce di Gesù che dice: “La mia grazia ti basta”. I volti dei giusti sono illuminati e la gioia riempie ogni cuore. Gli angeli intonano una nota più in alta e continuano a cantare mentre si avvicinano ancora di più alla terra. Il Re dei re scende sulla nuvola, avvolto nel fuoco fiammeggiante. I cieli sono arrotolati come un rotolo, la terra trema davanti a Lui e “ogni montagna e isola viene spostata dal suo luogo” {Apocalisse 6: 14}. [641]
“Il nostro Dio viene e non se ne starà cheto: lo precede un fuoco divorante, lo circonda una fiera tempesta. Egli chiama i cieli di sopra e la terra per assistere al giudizio del suo popolo” {Salmo 50: 3-4}. “E i re della terra e i grandi e i capitani e i ricchi e i potenti e ogni servo e ogni libero si nascosero nelle spelonche e nelle rocce dei monti; e dicevano ai monti e alle rocce: Cadeteci addosso e nascondeteci dal cospetto di Colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello; perché è venuto il gran giorno della sua ira, e chi può stare in piedi?” {Apocalisse 6: 15-17}. Le beffe derisorie sono ormai cessate. Le labbra bugiarde sono ridotte al silenzio. Lo scontro di armi, il tumulto della battaglia, ogni “rumore confuso e le vesti rotolate nel sangue” {Isaia 9: 5}, si sono placati. Ora non si sente più nulla, se non la voce della preghiera e il suono del pianto e del lamento. Dalle labbra, che fino a poco prima si aprivano per schernire, esce il grido: “È venuto il gran giorno della sua ira e chi può stare in piedi?” {Apocalisse 6: 17}. I malvagi pregano di essere sepolti sotto le rocce delle montagne piuttosto che incontrare il volto di Colui che hanno disprezzato e respinto. Essi conoscono bene quella voce che giunge fino alle orecchie dei morti. Quante volte i Suoi toni dolci e teneri li hanno chiamati al pentimento. Quante volte sono stati toccati dalle invocazioni di un amico, un fratello, e del Redentore stesso. Per coloro che hanno rifiutato la Sua grazia, nessuna voce potrebbe essere più severa, più terribile di quella che per tanto tempo ha esortato: “convertitevi dalle vostre vie malvagie! Perché dovreste voi morire, o casa d’Israele?” {Ezechiele 33: 11}. Oh, se questa voce fosse per loro quella di un estraneo! Dice Gesù: “Ho chiamato, e voi non avete ascoltato; ho steso la mia mano e nessun uomo vi ha badato; anzi avete respinto ogni mio consiglio e della mia correzione non ne avete voluto sapere” {Proverbi 1: 24-25}. Quella voce risveglia i ricordi che vorrebbero essere cancellati: avvertimenti disprezzati, inviti rifiutati e privilegi respinti. [642]
Vi sono coloro che hanno deriso Cristo nella Sua umiliazione. Con irrefrenabile potenza ritornano alla loro mente le parole di Gesù sofferente, quando, scongiurato dal sommo sacerdote, dichiarò: “da ora innanzi vedrete il Figliuol dell’uomo sedere alla destra della Potenza, e venire sulle nuvole del cielo” {Matteo 26: 64}. Ora Lo vedono nella Sua gloria, ma devono ancora vederlo seduto alla destra del Potere. Coloro che hanno deriso la Sua pretesa di essere il Figlio di Dio ora sono senza parole. Tra questi vi è presente l’altezzoso Erode che si è beffato del Suo titolo regale e ha ordinato ai soldati beffardi di incoronarlo. Ci sono gli stessi uomini che con le loro empie mani lo rivestirono di una veste viola, che posero sulla sua sacra fronte la corona spinosa e che poi misero nella Sua mano debole lo scettro, per inchinarsi davanti a Lui in una beffarda derisione. Gli uomini che hanno colpito e sputato sul Principe della vita ora si sottraggono al Suo sguardo penetrante e cercano di fuggire dalla gloria travolgente della Sua presenza. Coloro che hanno piantato i chiodi nelle Sue mani e nei Suoi piedi e il soldato che ha trafitto il Suo fianco osservano questi segni con terrore e rimorso. Con terribile chiarezza sacerdoti e sovrani ricordano gli eventi del Calvario. Con orrore rabbrividente ricordano come, scuotendo la testa nell’esultanza satanica, hanno esclamato: “Ha salvato altri e non può salvare sé stesso! Da che è il re d’Israele, scenda giù ora dalla croce, e noi crederemo in lui. S’è confidato in Dio; lo liberi ora, se Egli lo gradisce” {Matteo 27: 42-43}. Ricordano vividamente la parabola del Salvatore dei vignaioli che si rifiutarono di rendere al loro signore il frutto della vigna, che abusarono dei suoi servitori e che uccisero suo figlio. Ricordano anche la frase che essi stessi hanno pronunciato: “il signore della vigna… distruggerà miseramente quegli uomini malvagi” {Matteo 21: 40-41}. Proprio in quel peccato e in quella punizione di quegli uomini infedeli, i sacerdoti e gli anziani vedono il loro corso e il loro stesso destino. Allora si sente un grido di agonia mortale. Più alto del grido: “Crocifiggilo! crocifiggilo!”, che risuonava per le strade di Gerusalemme, sale l’orribile e disperato lamento: “È il Figlio di Dio! Lui è il vero Messia!” [643]
Cercano di fuggire dalla presenza del Re dei re. Nelle profonde caverne della terra, lacerate dalla furia degli elementi, cercano invano di nascondersi. Nella vita di tutti coloro che rifiutano la verità ci sono momenti in cui la coscienza si risveglia, quando la memoria presenta il raccapricciante ricordo di una vita di ipocrisia e l’anima che è tormentata da vani rimpianti. Ma che cosa sono questi rispetto al rimorso di quel giorno in cui “lo spavento vi piomberà addosso come una tempesta, quando la sventura v’investirà come un uragano” {Proverbi 1: 27}. Coloro che avrebbero voluto distruggere il Cristo e il Suo popolo fedele, ora sono testimoni della gloria che riposa su di loro. Nel mezzo del loro terrore sentono le voci dei santi esclamare: “Ecco, questo è il nostro Dio; Lo abbiamo aspettato e Lui ci salverà” {Isaia 25: 9}. Tra il turbine della terra, il bagliore del lampo e il rombo del tuono, la voce del Figlio di Dio chiama i santi che dormono. Guarda le tombe dei giusti, poi, alzando le mani al cielo, grida: “Svegliatevi, svegliatevi, svegliatevi voi che dormite nella polvere, e alzatevi!”. Per tutta la lunghezza e la larghezza della terra i morti udranno quella voce, e quelli che la ascoltano vivranno. Tutta la terra risuonerà dei passi della folla immensa che proviene da ogni nazione, tribù, lingua e popolo. Tornano dalla prigione della morte vestiti di gloria immortale, gridando: “Oh morte, dov’è il tuo dardo? Oh tomba, dov’è la tua vittoria?” {1 Corinzi 15: 55}. A quel punto i giusti viventi e i santi risorti uniranno le loro voci in un lungo grido di vittoria. Tutti escono dalle loro tombe con la statura che avevano quando ci entrarono. Adamo, che sta in mezzo alla folla risuscitata, è di nobile altezza e maestosa forma, di statura poco al di sotto del Figlio di Dio. Presenta un netto contrasto con la gente delle generazioni successive; e proprio questo rivela la grande degenerazione della razza umana. Ma tutti sorgono con la freschezza e il vigore dell’eterna giovinezza. [644]
All’inizio, l’uomo è stato creato a somiglianza di Dio, non solo nel carattere, ma anche nella forma e nell’apparenza. Il peccato ha deturpato e quasi cancellato l’immagine divina; ma Cristo è venuto per ripristinare ciò che era stato perso. Egli cambierà i nostri corpi vili e li modellerà secondo il Suo corpo glorioso. La forma mortale, corruttibile e priva di bellezza che una volta era inquinata dal peccato diventa perfetta, bella e immortale. Tutti i difetti e le deformità sono lasciati nella tomba. Ristabilito l’albero della vita nell’Eden, che da lungo tempo era perduto, i redenti “cresceranno” {Malachia 4: 2} fino a raggiungere la statura perfetta della struttura originale. Le ultime tracce provocate dalla maledizione del peccato saranno rimosse e le persone fedeli a Cristo appariranno nella “bellezza del Signore nostro Dio”, riflettendo nella mente, nell’anima e nel corpo l’immagine perfetta del loro Signore. Oh, meravigliosa redenzione! Così a lungo discussa, a lungo sperata, contemplata con ansiosa attesa, ma mai pienamente compresa. I giusti viventi sono cambiati “in un momento, in un batter d’occhio”. Alla voce di Dio saranno glorificati; ora sono resi immortali e con i santi risorti si innalzano per incontrare il loro Signore nell’aria. Gli angeli “radunano i Suoi eletti dai quattro venti, da un capo all’altro del cielo”. I bambini piccoli sono portati dai santi angeli nelle braccia delle loro madri. Amici a lungo separati dalla morte sono uniti per non separarsi più, e con canti di gioia ascendono insieme verso la Città di Dio. Su ogni lato del carro nuvoloso ci sono ali e sotto di esso ci sono le ruote viventi; mentre il carro rotola verso l’alto, le ruote e le ali esclamano: “Santo!”; mentre si muovono, gridano: “Santo!”, e il seguito degli angeli esclama: “Santo, santo, santo, Signore Dio Onnipotente!”. I redenti gridano: “Alleluia!” mentre il carro si sposta verso la Nuova Gerusalemme. Prima di entrare nella Città di Dio, il Salvatore dona ai Suoi seguaci gli emblemi della vittoria e li investe con le insegne del loro stato regale. Le schiere scintillanti sono disposte nella forma di un quadrato attorno al loro Re, che si eleva maestosamente al di sopra dei santi e degli angeli, il cui volto si irradia su di loro pieno di benevolo amore. [645]
In tutta l’innumerevole schiera dei redenti ogni sguardo è fisso su di Lui, ogni occhio vede la Sua gloria il cui “volto era così rovinato… più di quello di alcun uomo, e il suo aspetto era tale da non parer più un figlio degli uomini” {Isaia 52: 14}. Sulla testa dei vincitori, Gesù con la Sua stessa mano destra colloca la corona della gloria. Per ognuno c’è una corona, recante il proprio “nuovo nome” {Apocalisse 2: 17}, e l’iscrizione “Santità al Signore”. In ogni mano è posta la palma di vittoria e un’arpa splendente. Poi, mentre gli angeli danno la nota, ogni mano muove le corde dell’arpa con un tocco abile, risvegliando la musica dolce di melodie ricche e armoniose. Ogni cuore esulta e ogni voce esprime lodi e ringraziamenti: “A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue, e ci ha fatti essere un regno e sacerdozio all’Iddio e Padre suo, a lui siano la gloria e il dominio nei secoli dei secoli. Amen” {Apocalisse 1: 5-6}.
La folla riscattata è giunta alla santa città. Gesù spalanca le porte perlate e le nazioni che hanno mantenuto la verità vi entrano. Lì contemplano il Paradiso di Dio, la casa di Adamo nella sua innocenza. Allora quella voce, più ricca di qualsiasi musica che sia mai stata ascoltata da alcun orecchio mortale, viene udita, dicendo: “I vostri conflitti sono terminati”. “Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v’è stato preparato sin dalla fondazione del mondo” {Matteo 25: 34}. In questo momento si è adempiuta la preghiera del Salvatore per i Suoi discepoli: “Voglio che anche loro, che Tu mi hai dato, siano con Me dove sono anch’io” {Giovanni 17: 24}. “Irreprensibili dinanzi alla presenza della Sua gloria con eccelsa gioia” {Giuda 24}, Cristo presenta al Padre i riscattati del Suo sangue, dichiarando: “Ecco me e i figli che Tu mi hai dato. Quelli che Tu mi hai dati Io li ho custoditi” {Giovanni 18: 9}. Oh, ecco le meraviglie dell’amore redentore! Che sensazioni straordinarie si proveranno nel momento in cui l’infinito Padre, guardando il riscatto, vedrà in essi la Sua immagine, perché la discordia del peccato è stata bandita, la sua piaga rimossa e l’umano, ancora una volta, ha ritrovato l’armonia con il divino! [646]
Con un amore indicibile, Gesù accoglie i Suoi fedeli nella gioia del loro Signore. La gioia del Salvatore è nel vedere, nel regno della gloria, le anime che sono state salvate dalla Sua agonia e umiliazione. I redenti saranno partecipi della Sua gioia, poiché osservano tra i beati coloro che sono stati vinti a Cristo attraverso le loro preghiere, le loro fatiche e il loro sacrificio d’amore. Mentre si radunano attorno al grande trono bianco, una gioia indicibile riempirà i loro cuori, quando vedranno quelli che essi hanno vinto per Cristo, a loro volta hanno guadagnato altri, e questi ancora altri. Tutti hanno ricevuto il dono della vita eterna: essi posano le loro corone ai piedi di Gesù e Lo lodano durante le epoche infinite dell’eternità. Mentre i riscattati sono accolti nella Città di Dio, risuona nell’aria un grido di esultanza e di adorazione. I due Adamo stanno per incontrarsi. Il Figlio di Dio sta con le braccia tese per ricevere il padre della nostra razza, l’essere che Egli ha creato, che ha peccato contro il suo Creatore e il cui errore ha lasciato sul corpo del nostro Salvatore i segni della crocifissione. Come Adamo scorge le cicatrici di quei chiodi crudeli, non si getta fra le braccia del suo Signore, ma in umiliazione si getta ai suoi piedi, gridando: “Degno è l’Agnello che è stato immolato” {Apocalisse 5: 12}. Il Salvatore lo solleva teneramente e lo invita a visitare ancora una volta la casa dell’Eden da cui è stato per tanto tempo esiliato. Dopo la sua espulsione dall’Eden, la vita di Adamo sulla terra fu piena di dolore. Ogni foglia morente, ogni vittima del sacrificio, ogni degrado sul bel volto della natura, ogni macchia sulla purezza dell’uomo, era un ulteriore ricordo del suo peccato. L’angoscia del rimorso fu terribile quando vide l’iniquità che abbondava e, in risposta ai suoi avvertimenti, parole di rimprovero e di disprezzo gli rinfacciavano di essere la causa del peccato. Con paziente umiltà portò, per quasi mille anni, la pena della trasgressione. Fedelmente si pentì dei suoi peccati e confidò nei meriti del Salvatore promesso; egli morì nella speranza di una risurrezione. Il Figlio di Dio ha redento il fallimento e la caduta dell’uomo; e ora, attraverso l’opera dell’espiazione, Adamo viene reintegrato nel suo primo dominio. [647]
Con gioia, egli vede gli alberi che un tempo erano la sua gioia, gli stessi alberi di cui frutti lui stesso aveva raccolto nei giorni della sua innocenza e gioia. Vede le viti che le sue mani avevano coltivato e quegli stessi fiori che un tempo amava curare. La sua mente afferra la realtà della scena; egli comprende che questo è in effetti l’Eden restaurato, molto più bello ora di quando egli lo aveva lasciato. Il Salvatore lo conduce all’albero della vita, coglie il frutto glorioso e gli ordina di mangiarlo. Si guarda intorno e vede la moltitudine della sua famiglia redenta, che sta nel paradiso di Dio. Poi getta la sua corona scintillante ai piedi di Gesù e, cadendo sul Suo petto, abbraccia il Redentore. Poi fa vibrare l’arpa d’oro, e le volte del cielo risuonano della canzone trionfante: “Degno, degno, degno è l’Agnello che è stato immolato e che è ritornato in vita!”. La famiglia di Adamo si unisce nel canto e getta le loro corone ai piedi del Salvatore mentre si inchinano davanti a Lui in adorazione. Questa riunione è testimoniata dagli angeli che piansero alla caduta di Adamo e che gioirono quando Gesù, dopo la Sua risurrezione, ascese al cielo avendo aperto la tomba per tutti coloro che avrebbero creduto nel Suo nome. Ora possono osservare l’opera della redenzione compiuta e uniscono così le loro voci nel canto di lode. Sul mare di cristallo davanti al trono, quel mare di vetro mescolato al fuoco splendente come la gloria di Dio, si sono riuniti coloro che hanno “ottenuto la vittoria sulla bestia e sulla sua immagine, sul suo marchio e sul numero del suo nome” {Apocalisse 15: 2}. Con l’Agnello sul monte Sion, “avendo le arpe di Dio”, stanno in piedi i 144.000 che furono riscattati tra gli uomini. Si sente: “una voce dal cielo come rumore di molte acque e come rumore di gran tuono; e la voce che udii era come il suono prodotto da arpisti che suonano le loro arpe. E cantavano un cantico nuovo davanti al trono”. [648]
Essi cantano “un cantico nuovo” davanti al trono, una canzone che nessun uomo può imparare tranne i 144.000. È la canzone di Mosè e dell’Agnello, ovvero una canzone di liberazione. Nessuno, tranne i 144.000, può imparare quella canzone; perché è la canzone della loro esperienza, un’esperienza come nessun altro ha mai avuto. “Questi sono quelli che seguono l’Agnello ovunque egli vada” {Apocalisse 14: 4}. Questi, essendo stati traslati dalla terra tra i vivi, sono contati come “primizia a Dio e all’Agnello”. “Questi sono quelli che sono usciti dalla grande tribolazione” {Apocalisse 7: 14} hanno attraversato il “tempo di distretta”, come mai è stato da quando esistono le nazioni; hanno sopportato l’angoscia del tempo di tribolazione di Giacobbe; sono rimasti senza un intercessore attraverso lo sfogo finale dei giudizi di Dio. Ma sono stati liberati, perché “hanno lavato le loro vesti, e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello” {Apocalisse 7: 14}. “Nella loro bocca non è stato trovato alcun inganno: perché sono senza colpa” {Apocalisse 14: 5} davanti a Dio. “Perciò sono davanti al trono di Dio e lo servono giorno e notte nel suo tempio: e colui che siede sul trono dimorerà tra loro”. Hanno visto la terra devastata dalla carestia e dalla pestilenza, il sole che ha avuto il potere di bruciare gli uomini con grande calore, e loro stessi hanno sopportato la sofferenza, la fame e la sete. Ma “non avranno più fame e non avranno più sete, non li colpirà più il sole né alcuna arsura; perché l’Agnello che è in mezzo al trono li pasturerà e li guiderà alle sorgenti delle acque della vita; e Iddio asciugherà ogni lacrima dagli occhi loro” {Apocalisse 7: 14-17}. In tutte le epoche, gli eletti del Salvatore sono stati istruiti e disciplinati nella scuola della prova. Essi hanno camminato in stretti sentieri sulla terra, essendo stati purificati nella fornace dell’afflizione. Per amore di Gesù hanno sopportato l’opposizione, l’odio e la calunnia. Hanno seguito Gesù attraverso lotte dolorose; hanno sopportato l’abnegazione e sperimentato amare delusioni. [649]
Con la loro dolorosa esperienza hanno compreso il male che proviene dal peccato, il suo potere, la sua colpa, il suo dolore; e lo guardano con orrore. La consapevolezza del sacrificio infinito, affrontato per redimerli, li rende umili e riempie i loro cuori di quella gratitudine che non potrebbe provare chi non ha mai peccato. Amano molto perché sono stati perdonati molto. Essendo stati partecipi delle sofferenze di Cristo, ora sono preparati ad essere partecipi con Lui della Sua gloria. Gli eredi di Dio provengono dalle soffitte, dai tuguri, dalle segrete, dai patiboli, dalle montagne, dai deserti, dalle caverne della terra e dalle profondità del mare. Sulla terra erano “indigenti, afflitti e tormentati”. Milioni scesero nella tomba carichi di infamia perché si rifiutarono fermamente di cedere alle ingannevoli dichiarazioni di Satana. I tribunali umani li giudicarono come i più vili dei criminali. Ma ora “Dio stesso sta per giudicare” {Salmo 50: 6}. Ora il verdetto della terra viene invertito. “Il Signore porterà via il rimprovero del suo popolo” {Isaia 25: 8}. “Quelli saranno chiamati, il popolo santo, i redenti del Signore” {Isaia 62: 12}. Egli dirà loro “di dare loro la bellezza per la cenere, l’olio della gioia per il lutto, la veste di lode per lo spirito abbattuto” {Isaia 61: 3}. Non sono più deboli, afflitti, dispersi e oppressi. D’ora in poi saranno sempre con il Signore. Stanno in piedi davanti al trono vestiti con gli abiti più ricchi di quelli che gli uomini più importanti della terra abbiano mai indossato. Sono incoronati con diademi più gloriosi di quelli che furono mai posti sulla fronte dei monarchi terreni. I giorni di dolore e pianto sono finiti per sempre. Il Re della gloria ha asciugato le lacrime da tutti i volti; ogni causa del dolore è stata rimossa. Tra l’ondeggiare dei rami delle palme essi elevano un canto di lode, chiaro, dolce e armonioso; ogni voce si unisce al suono, finché l’inno si diffonde attraverso le volte del cielo: “La salvezza appartiene al nostro Dio che siede sul trono e all’Agnello”. E tutti gli abitanti del cielo rispondono alle parole: “Amen. Al Dio nostro la benedizione, la gloria, la saggezza, il rendimento di grazie, l’onore, la potenza e la forza, nei secoli dei secoli, Amen!” {Apocalisse 7: 10-12}. [650]
In questa vita possiamo solo cominciare a capire il meraviglioso tema della redenzione. Con la nostra comprensione limitata possiamo considerare più seriamente la vergogna e la gloria, la vita e la morte, la giustizia e la misericordia, che si incontrano alla croce; malgrado il nostro massimo impegno delle facoltà mentali non possiamo coglierne appieno il significato. La lunghezza e la larghezza, la profondità e l’altezza dell’amore che riscatta sono compresi solo vagamente. I salvati non capiranno perfettamente il piano della redenzione neppure quando vedranno come sono stati visti e conosceranno come sono stati conosciuti; ma attraverso i secoli eterni la nuova verità si dispiegherà continuamente alla mente rapita e meravigliata. Sebbene le sofferenze, i dolori e le tentazioni della terra siano finiti e la causa rimossa, il popolo di Dio avrà sempre una conoscenza distinta e intelligente di ciò che è costata la loro salvezza. La croce di Cristo sarà la scienza e il canto dei redenti attraverso l’eternità. In Cristo glorificato vedranno il Cristo crocifisso. Essi non dimenticheranno mai che Colui, che con la Sua potenza ha creato e sostiene i mondi nell’immenso regno dello spazio, il Figlio diletto di Dio, la Maestà del cielo, Colui che i cherubini e i serafini adorano con gioia, si umiliò per rialzare l’uomo caduto; che portava la colpa e la vergogna del peccato, che subì l’occultamento del volto di Suo Padre, finché i dolori di un mondo perduto spezzarono il Suo cuore e schiacciarono la Sua vita sulla croce del Calvario. Il pensiero che il Creatore di tutti i mondi, l’Arbitro di tutti i destini, abbia acconsentito a rinunciare alla Sua gloria e umiliarsi per amore dell’uomo, susciterà sempre la meraviglia e l’adorazione dell’universo. Mentre le nazioni dei salvati guardano al loro Redentore e osservano la gloria eterna del Padre che risplende nel Suo volto; mentre osservano il Suo trono e il Suo regno, che di eternità in eternità non avrà mai fine, proromperanno nel cantico: “Degno, è l’Agnello che è stato immolato, e che ci ha riscattati a Dio con il Suo prezioso sangue!” [651]
Il mistero della croce spiega tutti gli altri misteri. Nella luce che fluisce dal Calvario tutti i tratti di carattere di Dio che ci avevano riempito di timore e di soggezione appaiono belli e attraenti. La misericordia, la tenerezza e l’amore paterno si vedono fondersi con la santità, la giustizia e la potenza. Mentre osserviamo la maestà del Suo trono, alto ed eccelso, vediamo il Suo carattere nelle sue diverse manifestazioni misericordiose e comprendiamo, come mai prima d’ora, il significato di quel titolo affettuoso “Padre nostro”. Si vedrà che Colui che è infinito nella saggezza non poteva escogitare altro piano per la nostra salvezza se non quello del sacrificio di Suo Figlio. La ricompensa per questo sacrificio sarà la gioia di poter popolare la terra con esseri riscattati, santi, felici e immortali. Il risultato del conflitto del Salvatore con i poteri delle tenebre è la felicità dei redenti, che renderà completa la gloria di Dio per tutta l’eternità. Così grande è il valore dell’uomo che il Padre sarà soddisfatto del prezzo pagato; e Cristo stesso, osservando i frutti del Suo grande sacrificio, sarà anche Lui appagato. [652]
“I suoi peccati sono giunti fino al cielo, e Dio si è ricordato delle sue iniquità… Nella coppa in cui lei ha riempito ad altri, riempitele il doppio. Quanto ella si è glorificata e ha vissuto deliziosamente, tanto datele il tormento e il dispiacere; poiché lei dice nel suo cuore: io sono una regina, non sono vedova e non vedrò alcun dolore. Perciò le sue piaghe verranno in un solo giorno: morte, lutto e carestia; e lei sarà completamente bruciata dal fuoco, perché forte è il Signore Dio che la giudica. I re della terra, che hanno commesso fornicazione e hanno vissuto deliziosamente con lei, la piangeranno e faranno cordoglio per lei dicendo: Ahimè, ahimè Babilonia la grande città, la potente città! Il tuo giudizio verrà in un momento!” {Apocalisse 18: 5-10}. “I mercanti della terra”, che “si sono arricchiti grazie all’abbondanza delle sue prelibatezze… staranno lontani per la paura del suo tormento, piangendo e facendo cordoglio dicendo: Ahimè, ahimè la grande città, che era vestita in lino fine e porpora, scarlatto, ornato d’oro, pietre preziose e perle! Così grandi ricchezze sono venute meno in un solo momento” {Apocalisse 18: 11, 3, 15-17}. Tali sono i giudizi che cadranno su Babilonia nel giorno della visita dell’ira di Dio. Ha riempito la misura della sua iniquità; il suo tempo è giunto e lei è ormai matura per la distruzione. [653]
Quando la voce di Dio proclama la liberazione del Suo popolo, ci sarà un terribile risveglio di coloro che hanno perso tutto nella grande controversia della vita. Durante il tempo di grazia, erano accecati dagli inganni di Satana e giustificavano i loro peccati. I ricchi, che avevano ottenuto le loro ricchezze violando la legge di Dio, si vantavano della loro superiorità verso coloro che erano meno favoriti. Avevano trascurato di dare da mangiare agli affamati, di vestire i nudi, di vivere in modo giusto e di amare la misericordia. Avevano cercato di esaltare sé stessi e ottenere l’omaggio dei loro simili. Ora sono spogliati di tutto ciò che li ha resi grandi e sono lasciati indigenti e indifesi. Guardano con terrore la distruzione degli idoli che avevano messo davanti al loro Creatore. Hanno venduto sé stessi per ricchezze e godimenti terreni e non hanno cercato di diventare ricchi in Dio. Il risultato è che le loro vite sono un fallimento, i loro piaceri ora si sono trasformati in amarezza ed i loro tesori in corruzione. Il guadagno di una vita viene spazzato via in un attimo. I ricchi si lamentano della distruzione delle loro grandi case, della dispersione del loro oro e argento. Ma i loro lamenti sono messi a tacere dalla paura che essi stessi periscano con i loro idoli. I malvagi sono pieni di rimpianti, non a causa della loro negligenza peccaminosa nei confronti di Dio e dei loro simili, ma perché Dio ha vinto. Si lamentano vedendo che il risultato è quello che è; ma non si pentono della loro malvagità. Se potessero, non lascerebbero alcun mezzo intentato pur di assicurarsi la vittoria. Il mondo vede ora lo stesso gruppo che aveva deriso e schernito, e che desiderava sterminare, passare incolume attraverso la pestilenza, la tempesta e il terremoto. Colui che è per i trasgressori della Sua legge come un “fuoco divorante” {Isaia 33: 14}, è per il Suo popolo un rifugio sicuro. Il pastore che ha sacrificato la verità per ottenere il favore degli uomini ora può discernere il vero carattere e l’influenza dei suoi insegnamenti. In questo momento si rende conto che l’Occhio Onnisciente lo stava seguendo mentre era seduto alla scrivania, mentre camminava per le strade, mentre si mescolava agli uomini nelle varie scene della vita. [654]
Ogni emozione del cuore, ogni riga scritta, ogni parola pronunciata, ogni atto che portava gli uomini a riposare in un rifugio di menzogna, ha disseminato un seme; e ora, nelle miserabili persone perse attorno a lui, ne vede il raccolto. Il Signore dice: “Hanno guarito leggermente la ferita della figlia del Mio popolo, dicendo: Pace, pace; quando pace non c’è” {Geremia 8: 11}, “Con le bugie avete reso triste il cuore del giusto, quando io non lo rendevo triste; avete rafforzato le mani dei malvagi, affinché non si convertisse dalla sua via malvagia per ottenere la vita” {Ezechiele 13: 22}. “Guai ai pastori che distruggono e disperdono le pecore del mio pascolo! Ecco, io visiterò su di te il male delle tue azioni” {Geremia 23: 1-2}. “Urlate, voi pastori e piangete; adunatevi nelle ceneri, voi guide del gregge, perché i vostri giorni di macello e di dispersioni si sono compiuti; i pastori non avranno modo di fuggire, né le guide del gregge di scappare” {Geremia 25: 34-35}. I pastori e i fedeli vedono che non hanno avuto una relazione corretta con Dio. Vedono che si sono ribellati all’Autore di ogni legge buona e giusta. L’accantonamento dei precetti divini ha dato origine a migliaia di focolai di malvagità, discordia, odio, iniquità, fino a che la terra non è diventata un vasto campo di lotte, un covo di corruzione. Questa è la visione che ora appare a coloro che hanno rifiutato la verità e hanno scelto di amare l’errore. Nessuna parola può esprimere il desiderio che il disobbediente e lo sleale provano per ciò che hanno perso per sempre, ovvero, la vita eterna. Gli uomini che il mondo ha adorato per i loro talenti ed eloquenza ora vedono la realtà nella sua vera luce. Comprendendo ciò a cui hanno rinunciato a causa della trasgressione e cadendo ai piedi di coloro che hanno disprezzato e deriso la fedeltà, riconosceranno che Dio li ha amati. Le folle, accorgendosi di essere stati ingannati, si accuseranno a vicenda di averli condotti alla distruzione; ma tutti si uniranno nell’ammassare la loro amara condanna sui pastori. Pastori infedeli hanno profetizzato cose piacevoli; hanno condotto i loro ascoltatori a rendere nulla la legge di Dio e a perseguitare coloro che volevano santificarla. [655]
Ora, nella loro disperazione, questi insegnanti confessano davanti al mondo la loro opera di inganno. Le moltitudini sono piene di furia. “Siamo perduti!”, gridano, “e tu sei la causa della nostra rovina”, rivolgendosi ai falsi pastori. Proprio quelli che una volta li ammiravano di più, ora pronunciano le più terribili maledizioni su di loro. Le stesse mani che una volta li incoronarono con gli allori saranno innalzate per la loro distruzione. Le spade che dovevano uccidere il popolo di Dio sono ora impiegate per distruggere i loro nemici. Ovunque regnano conflitti e spargimenti di sangue. “Il rumore verrà fino alle estremità della terra; poiché il Signore ha una lite contro le nazioni, Egli entra in giudizio contro ogni carne e darà in balia della spada quelli che sono malvagi” {Geremia 25: 31}. La grande controversia è in atto ormai da seimila anni; il Figlio di Dio e i Suoi messaggeri celesti hanno lottato contro il potere del maligno, per avvertire, illuminare e salvare i figli degli uomini. Ora tutti hanno preso le loro decisioni e i malvagi si sono pienamente uniti a Satana nella sua guerra contro Dio. È giunto il momento per Dio di rivendicare l’autorità della Sua legge calpestata. Ora il conflitto non interessa solo Satana, ma tutti gli uomini. “Il Signore ha una lite contro le nazioni”, “Egli darà in balia della spada quelli che sono malvagi”. Il segno della liberazione è stato posto su quelli “che sospirano e gemono a causa di tutte le abominazioni che si commettono”. Ora giunge l’angelo della morte, rappresentato nella visione di Ezechiele dagli uomini con le armi da macello, a cui viene dato il comando: “Uccidi completamente vecchi e giovani, sia vergini che bambine e donne: ma non avvicinarti a nessun uomo sul quale sia il segno; inizia dal Mio santuario”. Il profeta dice: “Essi cominciarono dagli anziani che stavano davanti alla casa” {Ezechiele 9: 1-6}. L’opera di distruzione inizia tra coloro che hanno professato di essere i guardiani spirituali del popolo e le false sentinelle sono le prime a cadere. Non c’è nessuno che venne risparmiato per pietà. Uomini, donne, fanciulle e bambini piccoli muoiono insieme. [656]
“Il Signore viene dalla Sua dimora per punire l’iniquità degli abitanti della terra; la terra rivelerà il sangue che ha bevuto e non coprirà più gli uccisi” {Isaia 26: 21}. “E questa sarà la piaga con cui il Signore colpirà tutto il popolo che ha combattuto contro Gerusalemme. La loro carne si consumerà mentre essi stanno in piedi, i loro occhi si consumeranno nelle loro orbite e la loro lingua si consumerà nella loro bocca. E avverrà in quel giorno che un grande tumulto, prodotto dal Signore, sarà tra loro; prenderanno tutti la mano del proprio vicino e la mano dell’uno si leverà contro la mano del suo vicino” {Zaccaria 14: 12-13}. Nella folle lotta delle loro feroci passioni e dall’orribile effusione dell’ira non mescolata di Dio, cadranno i malvagi abitanti della terra: sacerdoti, governanti, ricchi e poveri, grandi e piccoli. “Gli uccisi del Signore saranno in quel giorno da un’estremità della terra fino all’altra estremità della terra: non ci saranno rimpianti, né raccolti né seppelliti” {Geremia 25: 33}. Alla venuta di Cristo, i malvagi verranno cancellati dalla faccia di tutta la terra, consumati dal soffio della sua bocca e distrutti dallo splendore della Sua gloria. Cristo porterà il Suo popolo nella Città di Dio e la terra verrà svuotata dei suoi abitanti. “Ecco, il Signore rende la terra vuota, e la distrugge, e la rovescia, e ne disperde gli abitanti… Il paese sarà completamente svuotato e completamente rovinato, poiché il Signore ha detto questa parola… Perché hanno trasgredito le leggi, hanno violato il comandamento e rotto l’alleanza eterna. Perciò la maledizione ha divorato la terra, e quelli che vi dimorano sono desolati: perciò gli abitanti della terra sono consumati” {Isaia 24: 1, 3, 5-6}. L’intera terra appare come una desolata natura selvaggia. Le rovine di città e villaggi distrutti dal terremoto, alberi sradicati, rocce spezzate, proiettate dal mare o strappate dalla terra stessa sono sparse sulla sua superficie mentre vasti precipizi segnano il punto in cui le montagne sono state rimosse dalle loro fondamenta. [657]
L’evento prefigurato nell’ultimo solenne servizio del giorno dell’Espiazione si sta svolgendo proprio ora. Quando il ministero nel luogo Santissimo era stato completato e i peccati di Israele erano stati rimossi dal santuario in virtù del sangue dell’offerta per il peccato, allora il capro espiatorio era presentato vivo dinanzi al Signore; e alla presenza della congregazione il sommo sacerdote confessava su di lui “tutte le iniquità dei figli d’Israele e tutte le loro trasgressioni e tutti i loro peccati, mettendoli sulla testa del capro” {Levitico 16: 21}. Allo stesso modo, quando l’opera di espiazione nel santuario celeste sarà completata, allora alla presenza di Dio, degli angeli celesti e delle schiere dei redenti, i peccati del popolo di Dio saranno posti su Satana, che sarà dichiarato colpevole di tutto il male che ha fatto loro commettere. Come il capro espiatorio fu mandato via in una terra non abitata, così Satana sarà bandito sulla terra desolata, simile a un cupo deserto. Il veggente di Patmos predisse la messa al bando di Satana e la condizione di caos e desolazione a cui la terra dovrà essere ridotta, e dichiara che questa condizione esisterà per mille anni. Dopo aver presentato le scene della seconda venuta del Signore e la distruzione dei malvagi, la profezia continua: “Vidi un angelo scendere dal cielo, avere la chiave del pozzo senza fondo e una grande catena in mano. Ed egli prese il dragone, il serpente antico, che è il diavolo e Satana, e lo legò per mille anni, lo gettò nella fossa senza fondo, e lo chiuse con un sigillo su di lui, onde non ingannasse più le nazioni, fino a che i mille anni non si adempiranno; e dopo di ciò deve essere sciolto per un po’ di tempo” {Apocalisse 20: 1-3}. Che l’espressione “pozzo senza fondo” rappresenti la terra in uno stato di confusione e di oscurità è evidente da altri passaggi biblici. Riguardo alle condizioni della terra “all’inizio”, la Bibbia riporta che “era senza forma e vuota; e l’oscurità era sulla faccia dell’abisso” {Genesi 1: 2}. [658]
La profezia insegna che essa sarà riportata, almeno in parte, a questa condizione. In attesa del grande giorno di Dio, il profeta Geremia dichiara: “Vidi la terra, ed ecco, era senza forma e vuota; e il cielo era senza luce. Vidi i monti, ed ecco, loro tremarono e tutte le colline si mossero leggermente. Vidi, ed ecco, non c’era uomo, e tutti gli uccelli dei cieli erano fuggiti. Vidi, ed ecco, il luogo fecondo era un deserto, e tutte le sue città erano distrutte” {Geremia 4: 23-26}. Qui, Satana e i suoi angeli malvagi, vi abiteranno per mille anni. Limitato alla terra, non avrà accesso ad altri mondi per tentare e infastidire quelli che non sono mai caduti. È in questo senso che è legato: non è rimasto nessuno su cui possa esercitare il suo potere. È completamente isolato dalla sua opera d’inganno e di rovina che per tanti secoli è stata la sua unica gioia. Il profeta Isaia, in attesa del momento del rovesciamento di Satana, esclama: “Come mai sei caduto dal cielo, o Lucifero, figlio del mattino! Come mai sei ridotto a terra, tu che calpestavi le nazioni!?… Tu hai detto nel tuo cuore, io salirò in cielo, esalterò il mio trono sopra le stelle di Dio… Io sarò come l’Altissimo. Invece sei stato portato giù nel soggiorno dei morti, nelle profondità della fossa. Quelli che ti vedranno ti guarderanno attentamente e ti considereranno dicendo: È questo l’uomo che fece tremare la terra, che fece tremare regni; che ha reso il mondo un deserto e ha distrutto le sue città e che non ha aperto la casa ai suoi prigionieri?” {Isaia 14: 12-17}. Per seimila anni, l’opera di ribellione di Satana ha “fatto tremare la terra”. Egli aveva “reso il mondo come un deserto e distrutto le sue città” e “non ha aperto la casa ai suoi prigionieri”. Per seimila anni la sua prigione ha ricevuto il popolo di Dio e li avrebbe tenuti prigionieri per sempre, se il Cristo non avesse rotto i suoi legami e liberato i prigionieri. [659]
Anche i malvagi, ora, sono liberi dall’influsso del potere di Satana. Egli, con i suoi angeli malvagi, rimane solo per rendersi conto dell’effetto della maledizione che il peccato ha portato. “I re delle nazioni, anche tutti loro, giacciono nella gloria, ognuno nella propria tomba. Ma tu sei cacciato dalla tua tomba come un ramo abominevole… Non ti unirai a loro nella sepoltura, perché hai distrutto il tuo paese e hai ucciso il tuo popolo” {Isaia 14: 18-20}. Per mille anni, Satana vagherà avanti e indietro nella terra desolata per vedere i risultati della sua ribellione contro la legge di Dio. Durante questo periodo le sue sofferenze saranno intense. Dalla caduta, la sua vita di incessante attività non gli ha permesso di riflettere; ma ora è privato del suo potere e lasciato a contemplare il ruolo che ha assunto da quando si è ribellato contro il governo del Cielo. Con timore e terrore guarda al suo terribile futuro, quando dovrà soffrire per tutto il male che ha fatto e quando verrà punito per i peccati che ha fatto commettere. Per il popolo di Dio la prigionia di Satana porterà una gioia incommensurabile. Il profeta dice: “Avverrà il giorno in cui Dio ti darà riposo dalla tua tristezza, e dalla tua pena, e dal duro servizio in cui tu eri destinato a servire; tu pronuncerai questa parabola contro il re di Babilonia [che qui rappresenta Satana] e dì: Come! L’oppressore ha cessato?… L’Eterno ha spezzato il bastone dei malvagi, lo scettro dei governanti; colui che furiosamente colpiva i popoli con un colpo continuo, che governò le nazioni con rabbia, con una persecuzione che nessuno frenò” {Isaia 39: 3-6}. Durante i mille anni tra la prima e la seconda risurrezione avverrà il giudizio dei malvagi. L’apostolo Paolo indica questo giudizio come un evento che segue il secondo avvento. “Non giudicare nulla prima del tempo, finché sia venuto il signore, il quale porterà alla luce le cose nascoste dalle tenebre e manifesterà i consigli dei cuori” {1 Corinzi 4: 5}. [660]
Daniele dichiara che quando venne l’Antico di giorni “il giudizio fu dato ai santi dell’Altissimo” {Daniele 7: 22}. In quel momento i giusti regneranno come re e sacerdoti per Dio. Giovanni nell’Apocalisse dice: “Poi vidi dei troni, e a coloro che si sono seduti fu dato il potere di giudicare… Essi saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui mille anni” {Apocalisse 20: 4, 6}. È in quel momento che, come predetto da Paolo, “i santi giudicheranno il mondo” {1 Corinzi 6: 2}. In unione con Cristo, giudicheranno i malvagi, confrontando i loro atti con i comandamenti della Bibbia e decidendo ogni caso secondo le azioni compiute nel corpo. Allora la pena che i malvagi devono soffrire viene decretata secondo le loro opere; ed è registrata accanto ai loro nomi nel libro della morte. Anche Satana e gli angeli cattivi sono giudicati da Cristo e dal Suo popolo. Paolo dice: “Non sapete voi che giudicheremo gli angeli?” {1 Corinzi 6: 3}. Giuda dichiara che “gli angeli che non mantennero la loro prima dignità, ma lasciarono la loro propria dimora, Egli gli ha riservati in catene eterne nelle tenebre per il gran giorno del giudizio” {Giuda 6}. Alla fine dei mille anni avrà luogo la seconda risurrezione. Allora i malvagi saranno risuscitati dai morti e appariranno davanti a Dio per l’esecuzione del “giudizio scritto”. Giovanni, dopo aver descritto la risurrezione dei giusti, dice: “Il resto dei morti non tornò più in vita finché i mille anni fossero compiuti” {Apocalisse 20: 5}. Isaia dichiarò riguardo ai malvagi: “Saranno radunati, come i prigionieri sono raccolti nella fossa e saranno rinchiusi nella prigione, e dopo molti giorni saranno visitati” {Isaia 24: 22}. [661]
xAlla fine dei mille anni, Cristo tornerà di nuovo sulla terra accompagnato dai redenti e assistito da un seguito di angeli. Mentre scende nella Sua gloriosa maestà, ordina ai malvagi morti di risorgere e di ricevere il loro destino. Gli empi vengono avanti, come un potente esercito, innumerevoli come la sabbia del mare. Che contrasto con coloro che furono risorti alla prima risurrezione! I giusti erano vestiti di gioventù e bellezza immortale. I malvagi, invece, portano le tracce della malattia e della morte. Ogni occhio in quella vasta moltitudine è volto a contemplare la gloria del Figlio di Dio. Tutti insieme i malvagi esclamano: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”, ma non è l’amore per Gesù ad ispirare quest’espressione. È la potenza della verità che strappa involontariamente alle loro labbra questa esclamazione. Come i malvagi entravano nelle loro tombe, allo stesso modo vengono risorti, ovvero con la stessa inimicizia nei confronti di Cristo e con lo stesso spirito di ribellione. Essi non avranno un nuovo tempo di grazia per rimediare ai difetti della loro vita passata. Di fatto non servirebbe a nulla, come non è stata sufficiente una vita di trasgressione ad ammorbidire i loro cuori. Anche se fosse loro concessa una seconda possibilità, essi se ne servirebbero, come della prima, per sottrarsi alle esigenze di Dio e per suscitare la ribellione contro di Lui. [662]
Il Cristo discende sul Monte degli Ulivi, da dove, dopo la Sua risurrezione, era asceso e dove gli angeli ripeterono la promessa del Suo ritorno. Il profeta dice: “Il Signore mio Dio verrà e tutti i santi con Lui… i suoi piedi staranno in quel giorno sul monte degli Ulivi, che è di fronte a Gerusalemme ad est, e il Monte degli Ulivi si spaccherà nel suo mezzo… e ci sarà una valle molto grande… Il Signore sarà re su tutta la terra: in quel giorno ci sarà un solo Signore e il suo nome sarà unico” {Zaccaria 14: 4-5, 9}. Come la Nuova Gerusalemme, nel suo splendore abbagliante, scenderà dal cielo e si poserà sul luogo purificato e pronto a riceverla, così anche il Cristo, con il Suo popolo e gli angeli, entrerà nella Città Santa. Ora Satana si prepara ad affrontare l’ultima potente lotta per la supremazia. Quando era privato del suo potere e impossibilitato nella sua opera di inganno, il principe del male era miserabile e abbattuto; ma mentre i malvagi morti si alzano, vedendo le vaste moltitudini dalla sua parte, le sue speranze si rianimano e decide di non cedere alla grande controversia. Egli riunirà tutto l’esercito dei perduti sotto il suo stendardo e attraverso di loro cercherà di eseguire i suoi piani. I malvagi sono prigionieri di Satana. Nel rifiutare Cristo hanno accettato gli ordini del ribelle capo. Essi sono pronti a ricevere i suoi suggerimenti e a mettere in pratica i suoi comandi. Eppure, rimanendo fedele al suo inganno, non riconosce di essere Satana. Egli sostiene di essere il vero principe, di essere il legittimo proprietario del mondo, la cui eredità gli è stata illegalmente strappata da Gesù. Egli si presenta ai suoi sudditi, da lui ingannati, come un redentore, assicurandoli che è stata la sua potenza a risuscitarli e che ora li sottrarrà a una crudele tirannia. Essendo stata rimossa la presenza di Cristo, Satana fa miracoli per sostenere le sue affermazioni. Rende forte il debole e ispira tutti con il suo spirito e la sua energia. Propone di guidarli contro i santi e di prendere possesso della Città di Dio. Con un’esultanza diabolica indica gli innumerevoli milioni che sono stati risuscitati dai morti e dichiara che, essendo loro capo, egli stesso è in grado di rovesciare la città e riconquistare il suo trono e il suo regno. [663]
In quella vasta moltitudine ci sono molti appartenenti alla longeva razza umana che esisteva prima del Diluvio; uomini di gigantesca statura e di straordinario intelletto che, cedendo al controllo degli angeli caduti, dedicarono tutta la loro abilità e conoscenza all’esaltazione di sé stessi; uomini le cui meravigliose opere d’arte hanno portato il mondo a idolatrarne il genio, ma le cui crudeltà e invenzioni malvagie, contaminando la terra e sfigurando l’immagine di Dio, Lo spinsero a cancellarli dalla faccia del Suo creato. Ci sono re e generali che hanno conquistato nazioni, uomini valorosi che non hanno mai perso una battaglia, guerrieri orgogliosi e ambiziosi il cui approccio ha fatto tremare i regni. Nella morte questi non hanno subito cambiamenti. Uscendo dalla tomba essi riprendono il corso dei loro pensieri là dove lo avevano interrotto e sono animati dallo stesso desiderio di conquista che avevano quando morirono. Satana si consulta prima con i suoi angeli e poi con questi re, conquistatori e uomini potenti. Osservano la forza e il numero dalla loro parte, dichiarano che l’esercito all’interno della città è piccolo rispetto al loro e che può essere facilmente conquistato. Elaborano i loro piani per prendere possesso delle ricchezze e della gloria della Nuova Gerusalemme. Tutti immediatamente iniziano a prepararsi per la battaglia. Abili artigiani costruiscono strumenti di guerra e i capi militari, famosi per il loro successo, schierano le folle di uomini bellicosi in reggimenti e divisioni. Alla fine viene dato l’ordine di avanzare e l’innumerevole esercito si muove. È un esercito che nessun conquistatore aveva mai riunito prima, come le forze combinate di tutte le età da quando sono iniziate le guerre sulla terra, un esercito senza eguali. Satana, il più potente dei guerrieri, marcia in avanguardia, e i suoi angeli uniscono le loro forze per questa battaglia finale. Re e guerrieri stanno davanti e le moltitudini seguono in vaste compagnie, ciascuna sotto il suo capo designato. Con precisione militare i ranghi serrati avanzano sulla superficie spezzata e irregolare della terra verso la Città di Dio. Per ordine di Gesù, le porte della Nuova Gerusalemme si chiudono e gli eserciti di Satana circondano la città e si preparano per l’attacco. [664]
Ora Cristo appare di nuovo alla vista dei Suoi nemici. Molto al di sopra della città, su una base d’oro brunito, su un trono innalzato. Su questo trono siede il Figlio di Dio e intorno a Lui ci sono i sudditi del Suo regno. Il potere e la maestà di Cristo non possono essere descritti da nessuna lingua, nessuna penna può trascriverli. La gloria dell’Eterno Padre avvolge Suo Figlio. La luminosità della Sua presenza riempie la Città di Dio, e fluisce oltre le porte, inondando tutta la terra con il Suo splendore. Più vicini al trono sono quelli che una volta erano zelanti nella causa di Satana, ma che, come tizzoni strappati dal fuoco, hanno seguito il loro Salvatore con profonda ed intensa devozione. Poi, ci sono quelli che hanno perfezionato il loro carattere cristiano nel mezzo della falsità e dell’infedeltà; quelli che hanno onorato la legge di Dio quando tutto il mondo cristiano l’ha dichiarata annullata; e i milioni, di tutte le età, che sono stati martirizzati per la loro fede. Oltre a questi vi si trova la “grande moltitudine, che nessun uomo poteva contare, di tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue… davanti al trono e davanti all’Agnello, vestiti di vesti bianche e con le palme nelle loro mani” {Apocalisse 7: 9}. La loro guerra è finita, la loro vittoria è giunta. Hanno corso la gara e hanno raggiunto il premio. Il ramo di palma nelle loro mani è un simbolo del loro trionfo, la veste bianca è un emblema della giustizia immacolata di Cristo che ora appartiene a loro. I redenti sollevano un canto di lode che echeggia attraverso le volte del cielo: “Salvezza al nostro Dio che siede sul trono e all’Agnello” {Apocalisse 7: 10}. L’angelo e il serafino uniscono le loro voci in adorazione. I redenti hanno visto il potere e la malvagità di Satana, hanno visto, come mai prima d’ora, che nessun altro potere se non quello di Cristo avrebbe potuto renderli vincitori. In tutta quella folla luminosa non si trova nessuno che possa attribuire la salvezza a sé stesso, come se avesse prevalso attraverso il proprio potere e la propria bontà. Nulla è detto di ciò che hanno fatto o sofferto, ma l’essenza di ogni canzone, la nota chiave di ogni inno è: “Salvezza al nostro Dio e all’Agnello”. [665]
Alla presenza degli abitanti della terra e del cielo avviene l’incoronazione finale del Figlio di Dio. Ora, investito di suprema maestà e potere, il Re dei re pronuncia una sentenza sui ribelli contro il Suo governo e che sia fatta giustizia su coloro che hanno trasgredito la Sua legge e oppresso il Suo popolo. Il profeta di Dio dice: “Vidi un gran trono bianco e Colui che vi sedeva sopra, dalla cui presenza fuggirono terra e cielo; e non fu più trovato posto per loro. E vidi i morti, grandi e piccoli, che stavano dritti davanti al trono; ed i libri furono aperti; e un altro libro fu aperto, che è il libro della vita; e i morti furono giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le loro opere” {Apocalisse 20: 11-12}. Non appena i libri vengono aperti e l’occhio di Gesù guarda i malvagi, essi sono consapevoli di ogni peccato che hanno commesso. Vedono chiaramente in quale momento della loro vita si sono allontanati dal sentiero della purezza e della santità e fino a quale punto l’orgoglio e la ribellione li hanno portati nella violazione della legge di Dio. Le seducenti tentazioni che incoraggiavano a indulgere nel peccato, a pervertire le benedizioni, a disprezzare i messaggeri di Dio, a respingere gli avvertimenti e a rigettare le ondate di misericordia mediante un cuore ostinato e impenitente, sembrano tutte quante scritte in lettere di fuoco. Sopra il trono è rivelata la croce; e come una vista panoramica compaiono le scene della tentazione e della caduta di Adamo, e i passi successivi nel grande piano della redenzione. La nascita dell’umile Salvatore; la Sua vita di semplicità e obbedienza; il Suo battesimo nel Giordano; il digiuno e la tentazione nel deserto; il Suo ministero pubblico, che mostrò agli uomini le più preziose benedizioni del Cielo; i giorni pieni di gesti d’amore e di misericordia, le notti di preghiera e di veglia nella solitudine delle montagne; i disegni d’invidia, odio e malizia che ripagavano i Suoi benefici; l’orribile e misteriosa agonia nel Getsemani sotto il peso schiacciante dei peccati di tutto il mondo; [666]
Il Suo tradimento nelle mani della folla omicida; gli eventi spaventosi di quella notte di orrore; il prigioniero che non opponeva resistenza, abbandonato dai Suoi discepoli più amati e trascinato brutalmente per le strade di Gerusalemme; il Figlio di Dio apparve esultante davanti ad Anna, accusato nel palazzo del sommo sacerdote, nel tribunale di Pilato, davanti al codardo e crudele Erode, deriso, insultato, torturato e condannato a morire; tutti sono vividamente ritratti. E ora, davanti alla moltitudine si rivelano le scene finali; il paziente martire percorre la strada per il Calvario; il Principe del cielo è inchiodato alla croce; i sacerdoti altezzosi e la marmaglia schernitrice deridono la Sua agonia; l’oscurità soprannaturale; la terra trema, le rocce si smuovono e le tombe si aprono segnando il momento in cui il Redentore del mondo ha ceduto la Sua vita. Questo terribile spettacolo appare così com’era. Satana, i suoi angeli e i suoi sudditi non hanno il potere di allontanarsi dall’immagine della propria opera. Ogni attore di questo dramma ricorda la parte che ha eseguito. Erode, che uccise i figli innocenti di Betlemme per distruggere il re di Israele; l’infame di Erodiade, sulla cui anima colpevole riposa il sangue di Giovanni il Battista; il debole e opportunista Pilato; i soldati beffardi; i sacerdoti, i governanti e la folla esasperata che gridavano: “Il suo sangue sia su di noi e sui nostri figli!”; tutti osservano l’enormità della loro colpa. Cercano invano di nascondersi dalla divina maestà del Suo volto, eclissando la gloria del sole, mentre i redenti gettano le loro corone ai piedi del Salvatore, esclamando: “Egli morì per me!”. Tra la folla riscattata ci sono gli apostoli di Cristo, l’eroico Paolo, l’ardente Pietro, l’amato Giovanni, i loro sinceri fratelli e con loro la vasta schiera di martiri; mentre fuori dalle mura, insieme ad ogni cosa odiosa e abominevole, ci sono quelli che li perseguitarono, imprigionarono e uccisero. C’è Nerone, quel mostro di crudeltà e vizio, che contempla la gioia e l’esaltazione di coloro che una volta torturò e nella cui più estrema angoscia trovò una delizia satanica. [667]
Sua madre è lì per testimoniare il risultato del proprio lavoro; vedere come il malefico tratto di carattere trasmesso a suo figlio, le passioni incoraggiate e sviluppate dalla sua influenza e dal suo esempio, hanno dato frutti nei crimini che hanno fatto tremare il mondo. Vi sono i sacerdoti e i prelati dei papi, che sostenevano di essere gli ambasciatori di Cristo, ma impiegavano la ruota, la prigione e il patibolo per controllare la coscienza del popolo. Ci sono gli orgogliosi pontefici che si sono innalzati al di sopra di Dio e che hanno cambiato la legge dell’Altissimo. Quei presunti padri della chiesa dovranno presentare a Dio un grosso conto, dal quale preferirebbero essere dispensati. Troppo tardi capiranno che l’Onnisciente è geloso della Sua legge e che non considererà il colpevole per innocente. Capiscono solo ora che Cristo identifica il Suo interesse con quello del Suo popolo sofferente; adesso sentono la forza delle Sue stesse parole: “In quanto l’avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, voi l’avete fatto a me” {Matteo 25: 40}. Tutti gli empi sono convocati davanti al tribunale di Dio, sotto l’accusa di alto tradimento nei confronti del governo del cielo. Non hanno nessuno che difenda la loro causa: sono senza scuse; e la sentenza di morte eterna è pronunciata contro di loro. Ora è evidente a tutti che il salario del peccato non è l’indipendenza nobile e la vita eterna, ma la schiavitù, la rovina e la morte. I malvagi vedono ciò che hanno perso con la loro vita di ribellione. Essi hanno disprezzato quella gloria eccellente e straordinaria che era stata loro offerta; ma ora quanto appare desiderabile! “Tutto questo”, grida l’anima perduta, “potrei averlo avuto; ma ho scelto di mettere queste cose lontane da me. Oh, terribile infatuazione! Ho scambiato la pace, la felicità e l’onore per la miseria, l’infamia e la disperazione”. Tutti vedono che la loro esclusione dal Paradiso è giusta. Con le loro vite hanno dichiarato: “Non vogliamo che quest’uomo [Gesù] regni su di noi!”. Come se fossero incantati, i malvagi hanno visto l’incoronazione del Figlio di Dio. Essi osservano nelle Sue mani le tavole della legge divina e gli statuti che hanno disprezzato e trasgredito. [668]
Assistono alla manifestazione di meraviglia, estasi e adorazione dei salvati; e mentre odono il canto, la cui melodia arriva fino alle moltitudini fuori dalla città, tutti all’unisono esclamano: “Grandi e meravigliose sono le tue opere, Signore Dio Onnipotente; giuste e veritiere sono le tue vie, o Re dei santi” {Apocalisse 15: 3}; e, cadendo prostrati, adorano il Principe della vita. Satana sembra paralizzato mentre contempla la gloria e la maestà di Cristo. Colui che era un cherubino protettore si ricorda da dove è caduto. Un serafino splendente, “figlio del mattino”, quanto è cambiato, quanto è degradato! Escluso per sempre dal consiglio in cui una volta era stato onorato. Ora vede un altro vicino al Padre, velando la Sua gloria. Ha visto il momento in cui la corona è stata collocata sulla testa di Cristo da un angelo di alta statura e maestosa presenza, e sa che la posizione esaltata di questo angelo avrebbe potuto essere la sua. La memoria richiama al momento della sua innocenza e purezza, la pace e la gioia che erano sue fino a quando non si è lasciato andare a mormorare contro Dio e a invidiare Cristo. Le sue accuse, la sua ribellione, i suoi inganni per ottenere la simpatia e il sostegno degli angeli e la sua tenace perseveranza nel non fare sforzi per recuperare quando Dio gli avrebbe concesso il perdono; tutto quanto gli viene vividamente mostrato. Rivede la sua opera tra gli uomini e i suoi risultati: l’ostilità dell’uomo nei confronti del suo prossimo, la terribile distruzione della vita, l’ascesa e la caduta dei regni, il rovesciamento dei troni, la lunga successione di tumulti, conflitti e rivoluzioni. Ricorda i suoi sforzi costanti per opporsi all’opera di Cristo e affondare l’uomo sempre più in basso. Vede che le sue trame infernali sono state impotenti nel distruggere coloro che hanno riposto la loro fiducia in Gesù. Mentre Satana guarda il suo regno, frutto della sua fatica, vede solo fallimento e rovina. Ha guidato le moltitudini a credere che la Città di Dio sarebbe stata una facile preda; ma lui sa che questo è falso. Ancora e ancora, nel corso della grande controversia, è stato sconfitto e costretto a cedere. Conosce troppo bene il potere e la maestà dell’Eterno. [669]
L’obiettivo del grande ribelle è sempre stato quello di giustificare sé stesso e dimostrare che il governo divino era responsabile della sua ribellione. A tal fine ha impiegato tutta la potenza del suo grandissimo intelletto. Ha lavorato deliberatamente e sistematicamente, con un successo incredibile, conducendo vaste moltitudini ad accettare la sua versione della grande controversia che è stata così a lungo in corso. Per migliaia di anni questo capo della cospirazione ha presentato la falsità come verità. Ma è giunto il momento in cui la ribellione verrà finalmente sconfitta e il carattere di Satana rivelato. Nel suo ultimo grande sforzo per detronizzare Cristo, distruggere il Suo popolo e prendere possesso della Città di Dio, il seduttore è stato completamente smascherato. Coloro che si sono uniti a lui vedono il fallimento totale della sua causa. I seguaci di Cristo e gli angeli fedeli contemplano tutta la portata delle sue macchinazioni contro il governo di Dio. Satana è diventato l’oggetto dell’aberrazione universale. Satana vede che la sua ribellione volontaria non lo ha reso adatto per il cielo. Ha addestrato i suoi poteri per fare guerra contro Dio; la purezza, la pace e l’armonia del paradiso sarebbero per lui una tortura suprema. Le sue accuse contro la misericordia e la giustizia di Dio sono ora messe a tacere. Il rimprovero che ha tentato di gettare su Geova dipende interamente da sé stesso. Ora Satana si inchina e confessa la giustizia della sentenza che lo condanna. “Chi non ti temerà, o Signore, e glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo; tutte le nazioni verranno e adoreranno davanti a te; perché i tuoi giudizi sono stati manifestati” {Apocalisse 15: 4}. Ogni domanda sulla verità e sull’errore sollevata nel corso di questa lunga controversia è stata ora chiarita. I risultati della ribellione e i frutti dell’annullare gli statuti divini sono stati mostrati alla visione di tutte le intelligenze create. Gli effetti del dominio di Satana in contrasto con il governo di Dio sono stati presentati davanti all’intero universo. Le opere di Satana lo hanno condannato. La saggezza di Dio, la Sua giustizia e la Sua bontà sono state pienamente riabilitate. Si è visto che tutti i Suoi rapporti nella grande controversia sono stati condotti rispetto al bene eterno del Suo popolo e al bene di tutti i mondi che Egli ha creato. [670]
“Tutte le tue opere ti loderanno, o Signore; e i tuoi santi ti benediranno” {Salmo 145: 10}. La storia del peccato rimarrà per l’eternità come testimonianza che l’esistenza della legge di Dio è legata alla felicità di tutti gli esseri che Egli ha creato. Considerando tutti i fatti della grande controversia, l’intero universo, sia leale che ribelle, dichiara all’unisono: “Giuste e veritiere sono le tue vie, o Re dei santi”. Davanti all’universo viene presentato chiaramente il grande sacrificio fatto dal Padre e dal Figlio in favore dell’uomo. L’ora è venuta quando Cristo occupa la Sua legittima posizione ed è glorificato sopra principati, poteri e ogni nome che viene nominato. Fu per “la gioia che gli era stata posta davanti”, che avrebbe potuto portare molti figli alla gloria, “che sopportò la croce e disprezzò la vergogna” {Ebrei 12: 2}. Se l’infamia e il dolore sono stati inconcepibilmente grandi, tanto di più lo saranno la gioia e la gloria. Egli guarda i redenti rinnovati alla Sua stessa immagine, ogni cuore porta la perfetta impronta del divino, ogni volto riflette la somiglianza con il loro Re. Egli vede in loro il risultato del travaglio della Sua anima, ed è soddisfatto. Quindi, con una voce che raggiunge le moltitudini riunite dei giusti e dei malvagi, dichiara: “Ecco i riscattati dal Mio sangue! Per essi ho sofferto, per essi ho dato la Mia vita. Io voglio che vivano in Mia presenza per l’eternità”. E il canto di lode che sale da quelli vestiti di bianco intorno al Suo trono è: “Degno è l’Agnello che è stato ucciso per ricevere potere, ricchezza, saggezza, forza, onore, gloria e benedizione” {Apocalisse 5: 12}. Nonostante Satana sia stato costretto a riconoscere la giustizia di Dio e ad inchinarsi alla supremazia di Cristo, il suo carattere rimane invariato. Lo spirito di ribellione, come un potente torrente, esplode di nuovo. Pieno di frenesia, decide di non cedere alla grande controversia. È giunto il momento per un’ultima lotta disperata contro il Re dei cieli. [671]
Si precipita in mezzo ai suoi sudditi e si sforza di ispirarli con la sua stessa furia a indurli in una nuova battaglia. Ma di tutti gli innumerevoli milioni che ha portato alla ribellione, nessuno vuole riconoscere la sua supremazia. Il suo potere è svanito. I malvagi pur essendo pieni dello stesso odio per Dio che era stato ispirato da Satana, si rendono conto che il loro caso è senza speranza, che non possono prevalere contro Dio. La loro rabbia ora è accesa contro Satana e contro coloro che sono stati i suoi agenti nell’inganno ed è con una furia demoniaca che si scagliano su di loro. Il Signore dice: “Poiché tu ti sei fatto un cuore come un cuore di Dio, ecco, io faccio venire contro di te degli stranieri, i più violenti tra le nazioni; ed essi sguaineranno le loro spade contro lo splendore della tua saviezza, e contamineranno la tua bellezza; ti trarranno giù nella fossa… e ti farò sparire, o cherubino protettore, di mezzo alle pietre di fuoco… io ti getto a terra, ti do in spettacolo ai re… ti riduco in cenere sulla terra, in presenza di tutti quelli che ti guardano… tu sei diventato oggetto di terrore e non esisterai mai più” {Ezechiele 28: 6-8, 16-19}. “Poiché ogni calzatura portata dal guerriero nella mischia, ogni mantello rotolato nel sangue, saranno dati alle fiamme, saranno divorati dal fuoco” {Isaia 9: 4}. “Poiché l’Eterno è indignato contro tutte le nazioni, è adirato contro tutti i loro eserciti; Lui le vota allo sterminio, le dà in balìa al massacro” {Isaia 34: 2}. “Egli farà piovere sull’empio carboni accesi; zolfo e vento infuocato sarà la parte del loro calice” {Salmo 11: 6}. Il fuoco scende dal cielo, mandato da Dio. La terra è sconvolta. Gli elementi distruttori, nascosti nelle sue profondità, fuoriescono. Fiamme divoranti esplodono da ogni baratro. Le stesse rocce sono in fiamme. È arrivato il giorno in cui la terra brucerà come in un forno {Malachia 4: 1-2}. Gli elementi infiammati si dissolveranno, anche la terra e le opere che vi sono bruceranno {2 Pietro 3: 10}. La superficie terrestre sembra una massa fusa, un vasto e ribollente lago di fuoco. [672]
È il tempo del giudizio e della perdizione degli empi, “il giorno della vendetta del Signore, e l’anno delle retribuzioni per la causa di Sion” {Isaia 34: 8}. I malvagi ricevono la loro ricompensa sulla terra {Proverbi 11: 31}. Essi “saranno come stoppie e il giorno che verrà li brucerà, dice il Signore degli eserciti” {Malachia 4: 1}. Alcuni sono distrutti in un momento, mentre altri soffriranno molti giorni. Tutti sono puniti “secondo le loro azioni”. I peccati dei giusti sono stati trasferiti a Satana, perciò egli soffrirà non solo per la sua stessa ribellione, ma per tutti i peccati che ha fatto commettere al popolo di Dio. La sua punizione è di gran lunga superiore a quella di coloro che ha ingannato. Dopo che tutti coloro che ha ingannati sono morti, egli è ancora vivo e soffre. Nelle fiamme purificatrici i malvagi sono distrutti, sia radice che ramo; Satana è la radice mentre i suoi seguaci sono i rami. Le sanzioni della legge sono state assolte e le esigenze della giustizia sono state soddisfatte; e il cielo e la terra, osservando, dichiarano la giustizia di Dio. L’opera di rovina di Satana è finita per sempre. Per seimila anni ha operato secondo la sua volontà, riempiendo la terra di dolore e causando dolore in tutto l’universo. L’intera creazione ha gemuto e si è dimenata a causa del dolore subito. Ora le creature di Dio sono liberate per sempre dalla sua presenza e dalle sue tentazioni. “Tutta la terra è a riposo, ed è silenziosa: essi [i giusti] mandano grida di gioia” {Isaia 14: 7}. Un grido di lode e trionfo sale da tutto l’universo leale. “La voce di una grande moltitudine… come la voce di molte acque e come la voce di potenti tuoni”, si sente che dice: “Alleluia: perché il Signore Dio onnipotente regna” {Apocalisse 19: 6}. Mentre la terra era avvolta nel fuoco della distruzione, i giusti dimoravano sani e salvi nella Città Santa. Su quelli che hanno partecipato alla prima risurrezione, la seconda morte non ha avuto potere. Mentre Dio è per i malvagi un fuoco consumante, Egli è per il Suo popolo un sole e uno scudo. {Apocalisse 20: 6; Salmo 84: 11}. [673]
“Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra: perché il primo cielo e la prima terra erano passati” {Apocalisse 21: 1}. Il fuoco che consuma i malvagi purifica la terra. Ogni traccia della maledizione viene spazzata via. Nessun inferno, che arde in eterno, ricorderà agli eletti le terribili conseguenze del peccato. Rimarrà un solo ricordo: il nostro Redentore porterà per sempre i segni della Sua crocifissione. Sulla Sua testa ferita, sul Suo costato, sulle Sue mani e sui Suoi piedi ci saranno le uniche tracce dell’opera crudele che il peccato ha commesso. Il profeta dice, osservando Cristo nella Sua gloria: “Aveva raggi luminosi che uscivano dalla Sua mano: qui si nasconde il Suo potere” {Abacuc 3: 4}. Quelle mani, quel fianco ferito, da cui sgorgò il sangue che ha riconciliato l’uomo con Dio, rappresentano la gloria del Salvatore, là “si nasconde il Suo potere”. “Potente a salvare” {Isaia 63: 1}, attraverso il sacrificio della redenzione, Egli ha anche la forza di eseguire la giusta sentenza su coloro che hanno disprezzato la misericordia di Dio. I segni della Sua umiliazione sono il Suo più alto onore; attraverso le ere eterne, le ferite del Calvario mostreranno la Sua lode e dichiareranno il Suo potere. “Oh tu, torre del gregge, la fortezza della figlia di Sion, a Te verrà l’antico dominio” {Michea 4: 8}. È giunto il momento atteso con nostalgia dagli uomini santi, fin dal giorno in cui la spada fiammeggiante ha sbarrato l’accesso alla prima coppia dall’Eden, il tempo per la “piena redenzione di quelli che Dio si è acquistato” {Efesini 1: 14}. La terra, in origine affidata all’uomo come suo regno e detenuta per tanto tempo da Satana, è stata riconquistata grazie al grande piano della redenzione. Tutto ciò che è stato perso a causa del peccato è stato restaurato. “Così dice il Signore… che formò la terra e la fece; l’ha stabilita, non l’ha creata invano, l’ha formata per essere abitata” {Isaia 45: 18}. Lo scopo originale di Dio nella creazione della terra è adempiuto poiché essa è resa l’eterna dimora dei redenti. “I giusti erediteranno il paese e vi abiteranno per sempre” {Salmo 37: 29}. [674]
La paura di rendere l’eredità futura troppo materiale ha portato molti a spiritualizzare le verità che ci portano a considerarla come la nostra casa. Cristo ha assicurato ai Suoi discepoli che è andato a preparare delle dimore per loro nella casa del Padre. Coloro che accettano gli insegnamenti della Parola di Dio non saranno completamente ignoranti riguardo alla dimora celeste. Eppure “le cose che occhio non ha vedute, e che orecchio non ha udite e che non son salite in cuor d’uomo, sono quelle che Dio ha preparate per coloro che l’amano” {1 Corinzi 2: 9}. Il linguaggio umano è inadeguato per descrivere la ricompensa dei giusti. Sarà noto solo a coloro che la vedranno. Nessuna mente finita può comprendere la gloria del Paradiso di Dio. Nella Bibbia l’eredità dei salvati si chiama “patria” {Ebrei 11: 14-16}.
Lì il Pastore celeste guida il Suo gregge alla fonte dell’acqua viva. L’albero della vita produce i suoi frutti ogni mese e le foglie dell’albero servono al servizio delle nazioni. Ci sono fiumi sempre in movimento, limpidi come cristallo e accanto a loro gli alberi ondeggianti proiettano le loro ombre sui sentieri preparati per i redenti del Signore. Lì, le pianure sparse si gonfiano in colline di bellezza e le montagne di Dio innalzano le loro alte vette. Su quelle pacifiche pianure, accanto a quei fiumi viventi, il popolo di Dio, così a lungo pellegrino e senza fissa dimora, troverà una casa. “Il mio popolo abiterà in un soggiorno di pace, in dimore sicure, in quieti luoghi di riposo” {Isaia 32: 18}. “Non si udrà più parlar di violenza nel tuo paese, di devastazione e di rovina entro i tuoi confini; ma chiamerai le tue mura: Salvezza, e le tue porte: Lode” {Isaia 60: 18}. “Essi costruiranno case e le abiteranno; pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto. Non costruiranno più perché un altro le abiti, non pianteranno più perché un altro ne mangi… i miei eletti godranno a lungo dell’opera delle loro mani” {Isaia 65: 21-22}. Là “il deserto e la terra arida si rallegreranno, la solitudine gioirà e fiorirà come la rosa” {Isaia 35: 1}. “Nel luogo del pruno si eleverà il cipresso, nel luogo del rovo crescerà il mirto” {Isaia 55: 13}. “Il lupo abiterà con l’agnello, e il leopardo giacerà col capretto… un bambino li condurrà… Non si farà né male né distruzione su tutto il mio monte santo” dice il Signore {Isaia 11: 6-9}. [675]
Il dolore non può esistere nell’atmosfera del Paradiso. Non ci saranno più lacrime, alcun carro funebre, nessun segno di lutto. “Non ci sarà più morte, né dolore, né pianto… perché le cose precedenti sono passate” {Apocalisse 21: 4}. “L’abitante non dirà: io sono malato. Il popolo che dimora in esso ha ottenuto il perdono della loro iniquità” {Isaia 33: 24}. La Nuova Gerusalemme è la metropoli della nuova terra glorificata, “una corona di gloria nella mano del Signore e un diadema regale nella mano del tuo Dio” {Isaia 62: 3}. “La sua luce era come una pietra preziosa, come una pietra di diaspro, chiara come cristallo… le nazioni di coloro che sono salvati cammineranno nella sua luce; i re della terra porteranno in essa la loro gloria e il loro onore” {Apocalisse 21: 11, 24}. Il Signore dice: “Mi rallegro a motivo di Gerusalemme e gioirò del mio popolo” {Isaia. 65: 19}. “Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini, Egli dimorerà con loro, ed essi saranno il suo popolo, e Dio stesso sarà con loro, e sarà il loro Dio” {Apocalisse 21: 3}. Nella città di Dio “non ci sarà notte”. Nessuno avrà il bisogno o il desiderio di riposare. Non ci sarà stanchezza nel fare la volontà di Dio e nell’offrire lode al Suo nome. Sentiremo sempre la freschezza del mattino e non ci allontaneremo mai da questa condizione. “Non hanno bisogno di candele, né di luce del sole; poiché il Signore Dio sarà la loro luce” {Apocalisse 22: 5}. La luce del sole sarà sostituita da una luminosità che non è così dolorosamente abbagliante, ma che allo stesso tempo sorpassa incommensurabilmente la luminosità del sole a mezzogiorno. La gloria di Dio e dell’Agnello inonda la Città Santa di luce immutabile. I redenti camminano nella gloria senza sole del giorno perpetuo. “Non ho visto alcun tempio al suo interno, poiché il Signore Dio l’Onnipotente e l’Agnello ne sono il tempio” {Apocalisse 21: 22}. Il popolo di Dio ha il privilegio di tenere aperta la comunione con il Padre e il Figlio. “Ora vediamo attraverso un vetro, in modo oscuro” {1 Corinzi 13: 12}. [676]
Vediamo l’immagine di Dio riflessa, come in uno specchio, nelle opere della natura e nei Suoi rapporti con gli uomini; ma allora Lo vedremo faccia a faccia, senza nessun velo oscurato di separazione. Noi staremo alla Sua presenza ed osserveremo la gloria del Suo volto. Lì i redenti “conosceranno come sono stati conosciuti”. Gli amori e le simpatie che Dio stesso ha piantato nella nostra anima si esprimeranno in modo molto più sincero e dolce. La pura comunione con i santi esseri, l’armoniosa vita sociale con gli angeli benedetti e con i fedeli di tutte le epoche, che hanno lavato le loro tuniche e le hanno rese bianche nel sangue dell’Agnello, questi sacri legami uniscono “ogni famiglia in cielo e sulla terra” {Efesini 3: 15} e tutto ciò aiuterà a costituire la felicità dei redenti. Lì, le menti immortali contempleranno con delizia inesauribile le meraviglie del potere creativo e i misteri dell’amore redentore. Non ci sarà alcun nemico crudele e ingannatore che ci tenterà facendoci dimenticare Dio. Ogni facoltà sarà sviluppata è ogni capacità sarà aumentata. L’acquisizione della conoscenza non affaticherà la mente o esaurirà le energie. Lì le più grandi imprese possono essere portate avanti, le più alte aspirazioni raggiunte, le più alte ambizioni realizzate; e ancora sorgeranno nuove vette da superare, nuove meraviglie da ammirare, nuove verità da comprendere, nuovi obbiettivi che chiameranno in causa i poteri della mente, dell’anima e del corpo. Tutti i tesori dell’universo saranno proposti allo studio dei redenti di Dio. Non più indeboliti dalla mortalità, salpano per la loro instancabile fuga verso mondi lontani, verso quei mondi che tremavano vedendo il dolore umano e che cantavano inni di gioia alla notizia di un’anima riscattata. Con delizia indicibile, i figli della terra entrano nella gioia e nella saggezza degli esseri non caduti. Condividono quei tesori di conoscenza e comprensione acquisiti attraverso epoche passate in contemplazione dell’opera di Dio. Con la visione non oscurata guardano la gloria del sole, delle stelle e dei sistemi del creato, tutti nel loro ordine stabilito che circonda il trono della Divinità. [677]
Su tutte le cose, dalla più piccola alla più grande, è scritto il nome del Creatore, e in tutte sono mostrate le ricchezze del Suo potere. Mentre trascorrono gli anni dell’eternità, essi porteranno rivelazioni sempre più ricche e sempre più gloriose di Dio e di Cristo. Poiché la conoscenza è progressiva, anche l’amore, la riverenza e la felicità aumenteranno. Più gli uomini imparano da Dio, maggiore sarà la loro ammirazione per il Suo carattere. Mentre Gesù apre davanti a loro le ricchezze della redenzione e le incredibili conquiste nella grande controversia con Satana, i cuori dei riscattati abbonderanno di sempre più fervente devozione e con gioia sempre più estatica faranno vibrare le loro arpe d’oro; “mille migliaia e diecimila miriadi” di voci si uniranno in un coro di lode. “E ogni creatura che è nei cieli, e sulla terra, e sotto la terra, e quelli che sono nel mare, e tutte le cose che sono in essi, le udii che dicevano: Benedizione e onore, gloria e potere, siano a Colui che siede sul trono e all’Agnello nei secoli dei secoli” {Apocalisse 5: 13}.
La grande controversia è finita. Il peccato e i peccatori non ci sono più. L’intero universo è stato purificato. Un impulso di armonia e gioia palpita attraverso la vasta creazione. Da Colui che ha creato tutto, scorre la vita, la luce e la felicità attraverso i regni dello spazio illimitato. Dal più piccolo atomo al più grande dei mondi, tutte le cose, animate e inanimate, nella loro straordinaria bellezza e nella loro perfetta gioia, dichiarano che Dio è amore. [678]
Copyright © 2023 All Rights Reserved.